Al Vertice Ue i leader cercano accordo sul bilancio ma puntano al ribasso

Sbloccata l’impasse sull’allargamento, al Vertice europeo di Bruxelles i capi di Stato e governo tornano a discutere di revisione intermedia del bilancio a lungo termine sperando di chiudere in poche ore la partita. “E’ un dibattito complesso, ma sono fiducioso che riusciremo a trovare un accordo sulle modifiche al quadro finanziario”, confida ai cronisti il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sceso irritualmente nella sala stampa per annunciare l’accordo sull’avvio dei negoziati di adesione con Ucraina e Moldova.

“Vogliamo sostenere l’Ucraina con maggiori finanziamenti ma anche tener conto delle priorità dell’Unione europea e adattare il nostro bilancio a lungo termine”, ha sintetizzato ai giornalisti.

I Ventisette tornano a discutere di bilancio, dopo aver “messo in pausa” le discussioni nel corso del primo pomeriggio, dando ai tecnici il compito di definire gli ultimi dettagli. A quanto si apprende, c’è un “sostanziale consenso” a 26 (con l’Ungheria ancora contraria) sul testo di compromesso messo questa mattina dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che prevede tra le priorità della revisione i “finanziamenti prevedibili e continui per l’Ucraina, le migrazioni, il fondo di solidarietà e i pagamenti di interessi”.

La base del compromesso è il pacchetto negoziale (in gergo ‘negobox’) che questa mattina Michel ha messo sul tavolo dei governi prima delle discussioni. Cifre, soprattutto in termini di risorse fresche, che il capo del Consiglio europeo rivede al ribasso, mantenendo circa un terzo delle risorse che la Commissione europea a giugno aveva proposto di stanziare per circa 66 miliardi di euro. Secondo la proposta di Michel, l’aumento di budget arriverebbe a un totale di circa 31,6 miliardi di euro, di cui circa 22 miliardi di euro di fondi freschi e 9,1 miliardi di euro di riassegnazione dalle risorse del quadro finanziario esistente.

Michel propone di mantenere le risorse per l’Ucraina a 50 miliardi di euro (di cui 17 miliardi di euro di sussidi) e si propone un ulteriore miliardo di euro per le spese di gestione della migrazione, per un totale di quasi 10 miliardi di euro. Ma il premier magiaro nelle ore scorse si è messo contro l’idea di usare le risorse del bilancio per il sostegno dell’Ucraina, quindi a Bruxelles guadagna terreno l’ipotesi di ‘staccare’ in uno strumento finanziario separato il sostegno a Kiev e lasciare alla revisione del bilancio solo la copertura delle priorità Ue. In questo modo, si potrebbe superare anche l’ostacolo dell’unanimità richiesta per il via libera alle materie finanziarie, spianando la strada a un accordo a 26 sul nuovo strumento per Kiev.

Sospese le discussioni, la premier Giorgia Meloni a pochi minuti dalle 20 ha partecipato a una riunione ristretta sul bilancio con Francia, Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per cercare di risolvere le discussioni prima di ritornare al tavolo. L’Italia al Vertice si contrappone a Paesi come i Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Austria e anche Germania che vorrebbero mettere risorse fresche solo per lo strumento di sostegno finanziario all’Ucraina. Perché, per l’Italia, ci sono altre priorità, prima fra tutte l’immigrazione. I frugali che chiedono di dirottare risorse da programmi esistenti (ricerca, investimenti) per le necessità individuate dalla Commissione.

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Dal vertice di Belem Alleanza contro la deforestazione dell’Amazzonia

Photo credit: AFP

Nel summit di Belem, i Paesi sudamericani dell’Amazzonia hanno deciso di formare una “alleanza” contro la deforestazione. Non sono stati fissati obiettivi concreti, ma il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva saluta l’iniziativa come un “punto di svolta“.
La creazione di un’entità denominata “Alleanza amazzonica per la lotta alla deforestazione” è contenuta in una dichiarazione congiunta firmata da Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela.

L’alleanza “mira a promuovere la cooperazione regionale nella lotta contro la deforestazione, per evitare che l’Amazzonia raggiunga il punto di non ritorno“. Se questo punto di non ritorno venisse raggiunto, l’Amazzonia emetterebbe più carbonio di quanto ne assorbe, aggravando il riscaldamento globale.

Ma, contrariamente alle aspettative delle organizzazioni ambientaliste, la dichiarazione congiunta pubblicata al termine della prima delle due giornate del vertice non definisce alcun obiettivo comune per l’eliminazione totale della deforestazione, come il Brasile ha promesso di fare entro il 2030.

Il documento, in 113 punti, definisce in dettaglio le tappe fondamentali della cooperazione tra gli otto Paesi membri dell’Organizzazione del Trattato di Cooperazione Amazzonica (OTCA), per promuovere lo sviluppo sostenibile in questa vasta regione che ospita circa il 10% della biodiversità mondiale.

È un primo passo, ma non ci sono decisioni concrete, è solo un elenco di promesse“, sostiene Marcio Astrini, responsabile dell’Osservatorio sul clima, ONG brasiliana.
In un momento in cui i record di temperatura vengono battuti ogni giorno, è impensabile che i leader dei Paesi amazzonici non siano in grado di mettere nero su bianco in una dichiarazione che la deforestazione deve essere ridotta a zero“, denuncia.
Il vertice si è aperto nel giorno in cui il servizio europeo Copernicus ha confermato che luglio è stato il mese più caldo mai registrato sulla Terra.

Non è mai stato così urgente riprendere ed estendere la nostra cooperazione“, ribadisce Lula in apertura, facendo riferimento a un “nuovo sogno amazzonico“.

Il suo omologo colombiano Gustavo Petro, da parte sua, chiede che le parole si traducano al più presto in azioni concrete. “Se siamo sull’orlo dell’estinzione, se questo è il decennio in cui si devono prendere decisioni, cosa stiamo facendo, a parte i discorsi?“, domanda.

Lula e Gustavo Petro saranno raggiunti a Belem dai loro omologhi di Bolivia, Colombia e Perù.
L’Ecuador, la Guyana e il Suriname sono rappresentati da ministri, mentre il presidente venezuelano Nicolas Maduro, affetto da un’infezione all’orecchio, è stato sostituito con breve preavviso dal suo vicepresidente Delcy Rodriguez.

Il vertice di Belém è una prova generale per questa città portuale di 1,3 milioni di abitanti nel nord del Brasile, che ospiterà la conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP30 nel 2025.

Tornato al potere a gennaio, Lula si è impegnato a fermare la deforestazione, che è aumentata notevolmente sotto il suo predecessore di estrema destra Jair Bolsonaro, entro il 2030. I terreni deforestati vengono spesso trasformati in pascoli per il bestiame, ma la distruzione è causata anche dai cercatori d’oro e dai trafficanti di legname.

Per Petro però la “deforestazione zero” sarebbe “insufficiente“. “La scienza ci ha dimostrato che anche se copriamo tutto il mondo di alberi, non sarà sufficiente ad assorbire le emissioni di CO2. Dobbiamo abbandonare i combustibili fossili“, insiste. A suo avviso, questa responsabilità ricade principalmente sui “Paesi del Nord“, mentre “noi (i Paesi amazzonici) dobbiamo proteggere la spugna“, come descrive la foresta tropicale.
Ma la transizione energetica è una questione più delicata per i principali produttori di idrocarburi della regione amazzonica, come Venezuela e Brasile.

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Superbonus, vertice governo-imprese-banche: apertura su F24 per crediti pregressi

L’intervento più veloce per sterilizzare gli effetti negativi sull’edilizia delle nuove norme è confermare le detrazioni d’imposta dalla dichiarazione dei redditi. E’ quanto emerge dalla riunione convocata da Palazzo Chigi con le imprese e le banche, per trovare una soluzione al problema della cessione dei crediti, di fatto stoppata (almeno verso gli enti locali) dal decreto varato la settimana scorsa in Cdm.

Il sistema delle imprese italiano è in fibrillazione, ma alla fine dell’incontro le varie associazioni escono un po’ meno preoccupate. “Abbiamo avuto un confronto franco e una grande consapevolezza, da parte del governo, che vanno sbloccati i crediti pregressi“, dice la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio. Spiegando che c’è stata “un’apertura agli F24, una delle sue misure proposte da noi e dall’Abi, e un tavolo tecnico immediato anche per il futuro, quindi, possiamo dire di essere soddisfatti“.

Per l’esecutivo sono il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a tenere le file del tavolo assieme il vice ministro al Mef, Maurizio Leo, e la vice ministra delle Imprese e del Made in Italy, Fausta Bergamotto. Per Abi, invece, è il direttore generale, Giovanni Sabatini, a prendere parte alla riunione, così come l’amministratore delegato Dario Scannapieco per Cassa depositi e prestiti, il ceo Alessandra Ricci per Sace e il direttore Ernesto Maria Ruffini per l’Agenzia delle entrate. L’obiettivo comune è individuare una soluzione immediata per i cosiddetti ‘crediti incagliati’, oltre a una strutturalità per evitare che in futuro possano esserci altri intoppi. C’è “la ferma determinazione” del governo “a porre rimedio agli effetti negativi della cessione del credito correlata ai bonus edilizi“, fa sapere Palazzo Chigi in una nota. Ribadendo che, a partire dal decreto legge approvato lo scorso 16 febbraio, l’impegno è quello di “trovare le soluzioni più adeguate per quelle imprese del settore edilizio che hanno agito correttamente nel rispetto delle norme“. Mettendo in chiaro che si tratta di una situazione, che l’esecutivo Meloni “ha ereditato” sui crediti maturati e che il sistema bancario ha difficoltà ad assorbire.

Per questo il governo assicura che la questione “verrà esaminata al più presto, in un tavolo tecnico al quale saranno presenti i rappresentanti delle associazioni di categoria intervenuti” e che servirà a individuare “norme transitorie al fine di fornire soluzioni nel passaggio dal regime antecedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle imprese di piccole dimensioni e di quelle che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma“. Problema, quest’ultimo, sollevato da tutte le sigle convocate. Ma c’è anche chi, come Confapi, tiene il punto su altri aspetti della vicenda: “Abbiamo caldeggiato l’intervento di Cassa depositi e prestiti perché i lavori che noi andiamo a realizzare come artigiani sono di piccolo importo – spiega il presidente, Marco Granelli -, che sono poco appetibili al sistema bancario essendo di scarsa rigenerazione per loro. Questo mi si dice che non è possibile in questo momento, ma noi continueremo a chiederlo“.

In mattinata, parlando a margine di un convegno, Pichetto aveva spiegato che “sul Superbonus non era possibile fare diversamente”, ma “adesso il governo valuterà anche rispetto a quelle situazioni che hanno determinato circa un 15 miliardi di crediti incagliati: le aziende falliscono non perché abbiamo bloccato la cessione del credito, ma perché nessuno gli comprava il credito“.

Anche se la cifra di cui parlano le aziende al termine del vertice è circa 19,8 miliardi. La riunione di Palazzo Chigi abbraccia diversi fattori, come quelli sollevati da Cna: “Abbiamo avuto disponibilità a discutere, come proponeva lo stesso premier, di binari nuovi e diversi per il futuro degli incentivi“, dice il presidente di Cna, Dario Costantini. Sottolineando di aver chiesto “di continuare questo tavolo, che deve diventare tecnico, urgente, immediato per dare una risposta alle pressioni che ci arrivano delle imprese: parliamo di un comparto in fibrillazione di 600mila imprese, di cui 540mila sono rappresentate da artigiani e pmi“. Non è escluso che possano esserci altri incontri, anche se al momento non è in vista una nuova convocazione. Ma il primo passo è fatto.