Epitaffio di Draghi per l’Europa di Ursula che ora deve cambiare

“Grazie Mario”, ha ripetuto con enfasi Ursula von der Leyen. Grazie per tutto quello che hai detto e costruito per l’Europa. Insomma, grazie di esistere. Poi, però, Mario, nella fattispecie Draghi, ex presidente della Bce, ex premier, una luce nel buio di questi tempi, ha smontato pezzo dopo pezzo tutto quello che l’Unione europea ha fatto, anzi non ha fatto, (proprio) durante la gestione passata e presente della presidente tedesca. Perché il discorso di Draghi sullo stato di salute malandatissimo del vecchio Continente è stato molto crudo e diretto, partendo dal presupposto che “a distanza di un anno, l’Europa si trova quindi in una situazione più difficile” e che “l’inazione non minaccia solo la nostra competitività ma anche la nostra sovranità”. Liofilizzando il concetto: vi avevo avvertito ma le mie parole sono cadute nel vuoto. E adesso sono grane.

In un (per niente tranquillo) martedì di metà settembre, Draghi ha messo a nudo i difetti della Ue targata Ursula: lenta, avvitata su se stessa, incapace di decidere, imbolsita dalla burocrazia e dalla smania regolamentare, non ancora del tutto convinta che il green deal come era stato pensato da Frans Timmermans debba essere profondamente rivisitato. Giusto un anno fa l’ex premier aveva presentato il suo rapporto, un’istantanea che riscosse consensi ma che in concreto non ha spostato di un millimetro il baricentro della Ue, ormai bersaglio di critiche diffuse proprio da parte dei più europeisti tra gli europeisti. Antonio Tajani, ad esempio, ministro degli Esteri ed ex presidente del Parlamento, pochi minuti prima che Draghi si prendesse la scena aveva assestato un paio di ceffoni a Bruxelles, parlando della necessità urgente di cambiare registro, del bisogno di dire basta all’unanimità del voto, dell’imperativo di arrivare a una Difesa europea. Non proprio peanuts.

Il paragone di Draghi è quello con gli Stati Uniti e la Cina. Che sono giganti ma che agiscono velocemente, mentre l’Europa sta deludendo i cittadini per “la lentezza e la sua incapacità di muoversi con la stessa rapidità”. Il punto, ancora più grave, è che i governi che compongono l’Europa non sono consapevoli – stigmatizza l’ex commissario – della gravità della situazione. Intanto che si discute e ci si accapiglia, il “modello di crescita sta svanendo”, “la vulnerabilità sta aumentando” e “non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”.

Una pietra tombale, un epitaffio su ‘questa’ Europa, quella di von der Leyen. Che ha incassato la scarica di cazzotti senza (quasi) fare una piega e promesso un cambio di passo su energia (nucleare), Difesa e intelligenza artificiale. Ecco: conviene che, rispetto alla prima volta, ‘questa’ volta Ursula faccia sul serio, ritrovi l’Unione (U rigorosamente maiuscola) e metta a terra promesse e sogni. A Strasburgo, una settimana fa, il suo discorso è stato coniugato sempre e solo al tempo futuro, conviene che viri sul presente oppure tra un anno saranno inutili anche le scosse di Mario.

Stellantis appoggia l’Ue sulle piccole e-car: “Ora trasformare ambizione in azione”

“Stellantis accoglie con grande favore l’annuncio della presidente von der Leyen relativo a un’iniziativa per la promozione di auto piccole e convenienti in Europa. Auto piccole e convenienti significano aria più pulita, strade più sicure, aumento della produzione industriale e decarbonizzazione più rapida”. Lo afferma il gruppo, commentando l’annuncio della presidente della Commissione europea, durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione in plenaria a Strasburgo. Von der Leyen ha parlato di una collaborazione con l’industria nell’ambito di una iniziativa “per le auto elettriche piccole ed economiche”, che siano “pulite, efficienti e leggere”, ma anche accessibili per le persone”.  Auto, ha ricordato von der Leyen, che devono essere “costruite in Europa, con catene di fornitura europee. Perché non possiamo permettere alla Cina e ad altri di conquistare questo mercato”

Ma oggi l’Europa, dice Stellantis, “si trova ad affrontare una sfida: le auto piccole e convenienti (con un prezzo inferiore a 15.000 euro) sono quasi scomparse dal mercato, con un conseguente forte calo della produzione (da 1 milione di unità e 49 modelli disponibili sul mercato nel 2019 a meno di 100.000 unità e un solo modello nel 2025) e un parco auto sempre più vecchio che circola sulle strade europee”.

Inoltre, “l’eccessiva regolamentazione ha fatto aumentare i costi, rendendo quasi impossibile la produzione redditizia di queste auto”.
Ecco perché, per Stellantis, l’iniziativa della presidente von der Leyen “è sia visionaria che urgente. Ora è il momento di trasformare l’ambizione in azione”. Da qui una serie raccomandazioni presentate dal gruppo, a partire dai supercrediti per i piccoli veicoli elettrici a batteria (BEV), per “adeguare la regolamentazione che favorisce i veicoli elettrici a batteria di grandi dimensioni e premiare quelli con un impatto ambientale minore”. Inoltre, il gruppo chiede una regolamentazione semplificata: “eliminare i vincoli inutili per migliorare l’accessibilità economica senza compromettere la sicurezza e la connettività”. Infine, come già ribadito da Stellantis in passato, si chiede la creazione di “una nuova categoria di auto piccole europee: ispirata al concetto giapponese di kei-car, ma con un design e un fascino europei, costruita su piattaforme comuni per garantire scalabilità e competitività”. Per il gruppo, infatti, “non si tratta solo di automobili, ma di garantire che nessun europeo venga lasciato indietro nella transizione verso la mobilità verde. Stellantis non vede l’ora di continuare a plasmare il futuro della mobilità europea”.

Von der leyen

Interferenze russe su Gps aereo von der Leyen: atterraggio in Bulgaria con mappe cartacee

Domenica 31 agosto l’aereo su cui viaggiava la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è stato vittima di una interferenza Gps – frequente in questa parte dell’Europa orientale – al suo arrivo in Bulgaria, tanto da costringere i piloti ad atterrare utilizzando mappe cartacee. Lo ha confermato la Commissione europea dopo le anticipazioni pubblicate dal Financial Times.

“Le autorità bulgare ci hanno informato che sospettano che la causa sia stata una palese interferenza da parte della Russia”, ha spiegato la portavoce della Commissione, Arianna Podestà. In ogni caso, ha assicurato, l’areo – che era un volo charter – è atterrato “senza difficoltà” in Bulgaria. “Siamo ovviamente consapevoli, e in un certo senso abituati, alle minacce e alle intimidazioni che sono parte integrante del comportamento ostile della Russia”, tanto è vero che a giugno 13 Stati membri hanno inviato una lettera alla Commissione per “chiederci di sollevare la questione in sede di Consiglio per discuterne”, ha spiegato un’altra portavoce Anna-Kaisa Itkonen. “Stiamo già lavorando a un piano specifico per l’aviazione in collaborazione con l’AESA – ha aggiunto – Eurocontrol, ovviamente anche con i nostri Stati membri, i fornitori di servizi di navigazione aerea e l’industria manifatturiera. Quindi, in questi casi, la collaborazione, lo scambio di informazioni e la cooperazione tra gli Stati membri sono ovviamente fondamentali”

Venerdì la presidente della Commissione ha iniziato un tour dei paesi dell’Ue confinanti o situati non lontano dalla Bielorussia e dalla Russia per esprimere la “piena solidarietà” dell’Ue nei loro confronti. Il suo viaggio in Bulgaria si è svolto luogo domenica, dopo tappe in Lettonia, Finlandia, Estonia e Polonia e l’attacco non ha modificato il suo programma.

“Durante l’avvicinamento per l’atterraggio all’aeroporto di Plovdiv, il segnale Gps è scomparso”, ha dichiarato il governo bulgaro. “Al fine di garantire la sicurezza del volo, i servizi di controllo del traffico aereo hanno immediatamente proposto un approccio alternativo per l’atterraggio utilizzando mezzi di navigazione terrestri”, ha precisato. In Bulgaria, Ursula von der Leyen ha visitato una fabbrica di munizioni destinate all’Ucraina e al rafforzamento della sicurezza del continente europeo.

“Naturalmente – ha detto Podestà – questo non farà altro che rafforzare ulteriormente il nostro incrollabile impegno a potenziare le capacità di difesa e il sostegno all’Ucraina. Questo incidente sottolinea in realtà l’urgenza della missione che la presidente sta svolgendo in questi giorni negli Stati membri in prima linea. Lì ha potuto constatare di persona le sfide quotidiane rappresentate dalle minacce provenienti dalla Russia e dai suoi alleati. E naturalmente l’Ue continuerà a investire nella spesa per la difesa e nella preparazione dell’Europa ancora di più dopo questo incidente”.

Gli europei stanno cercando con ogni mezzo di influenzare le discussioni sulla sicurezza dell’Ucraina e del Vecchio Continente. Sono in corso intense trattative tra gli alleati di Kiev per determinare quale tipo di garanzie di sicurezza offrire al Paese in caso di accordo di pace con Mosca, al fine di prevenire nuovi attacchi russi. Queste trattative hanno subito una netta accelerazione dopo il vertice del 15 agosto tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska, seguito da un incontro alla Casa Bianca tra il presidente americano, il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky e sette leader europei. La settimana scorsa, gli uffici dell’Unione Europea a Kiev sono stati danneggiati dai bombardamenti russi.

Ucraina, addestratori Ue sul campo dopo cessate fuoco. VdL: “Dobbiamo essere pronti”

L’Unione europea è pronta ad addestrare l’esercito ucraino a Kiev, dopo un cessate il fuoco o un accordo di pace che ponga fine ai combattimenti con le forze russe. Dopo il consiglio informale con i ministri degli Esteri e della Difesa di Copenaghen, Kaja Kallas non ci gira intorno: “Finora abbiamo addestrato più di 80.000 soldati e dobbiamo essere pronti a fare di più”, spiega. Il che, potrebbe includere l’invio di istruttori dell’Ue in Ucraina, ma solo dopo il ritiro delle truppe.

L’Alta rappresentante Ue si dice soddisfatta dell’ “ampio sostegno” dei 27 paesi membri a questa estensione dell’attuale mandato della missione militare dell’Ue in Ucraina. Tutti i paesi dell’Unione europea sono favorevoli, a eccezione dell’Ungheria. Gli europei lavorano sulle garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina dopo un’eventuale cessazione dei combattimenti e Bruxelles prevede di contribuire, in particolare rafforzando la sua missione di addestramento dei militari ucraini. Gli Stati Uniti, a lungo titubanti, hanno promesso in agosto di contribuire, ma senza inviare truppe americane sul suolo ucraino, sottolineando anche la necessità che gli europei garantiscano l’essenziale di queste garanzie di sicurezza per Kiev.

E mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede all’Ue più velocità per il programma di acquisto delle armi americane, Kallas suggerisce che il Fondo europeo per la pace possa “fornire finanziamenti a sostegno di questo impegno”. “Può rimborsare agli Stati membri le armi acquistate per l’Ucraina, anche a sostegno delle iniziative Purl della Nato”. Pertanto, il continuo blocco dello European Peace Facility, insiste, “non è giustificato”: “Risolvere rapidamente la questione è importante per il lavoro tra l’Europa e gli Stati Uniti a sostegno dell’Ucraina, e le questioni bilaterali non devono ostacolare gli aiuti”, scandisce Kallas. “Gli aiuti all’Ucraina salvano vite umane. Dobbiamo continuare a intensificare i nostri sforzi”, precisa.

Intanto, da Riga, Ursula von der Leyen ricorda che se nel nuovo bilancio europeo appena proposto si parla di una spesa quintuplicata per la difesa, è perché è “giunto il momento di essere pronti”. In conferenza stampa insieme alla prima ministra Evika Silina, la presidente della Commissione europea sostiene che l’Europa è sulla “strada giusta”, ma il lavoro da fare è ancora lungo. Al Consiglio europeo di ottobre si farà ancora il punto sulla tabella di marcia al 2030. Su Putin, von der Leyen non fa sconti: “E’ un predatore”, attacca: “I suoi rappresentanti hanno preso di mira le nostre società per anni con attacchi ibridi e attacchi informatici, l’uso dei migranti come arma è un altro esempio”.

A Tolone, dopo un consiglio dei ministri franco-tedesco, Parigi e Berlino fanno sapere che continueranno a esercitare “pressioni” perché vengano imposte nuove sanzioni alla Russia. “Siamo pronti a farlo, ma anche da parte degli Stati Uniti d’America per costringere la Russia a tornare al tavolo delle trattative”, spiega Emmanuel Macron in conferenza stampa con Friedrich Merz. Il 18 agosto, Putin si era impegnato con Trump a incontrare Zelensky. Se questo incontro bilaterale non si terrà entro lunedì, ”credo che ancora una volta significherà che il presidente Putin si sarà preso gioco di Trump“ e ”questo non può restare senza risposta”, afferma Macron. Merz confessa di non farsi illusioni: “È possibile che questa guerra duri ancora molti mesi“, deplora. I due leader parleranno separatamente con il presidente americano ”questo fine settimana”. La prossima settimana terranno anche una nuova riunione della coalizione dei volontari con i loro omologhi di 30 paesi pronti a fornire garanzie di sicurezza a Kiev per evitare una ripresa del conflitto una volta che questo sarà terminato. Nel frattempo, in una dichiarazione congiunta, annunciano l’intenzione di fornire all’Ucraina ulteriori sistemi di difesa antiaerea, “alla luce dei massicci attacchi russi” sul Paese nelle ultime settimane. Il presidente francese si difende inoltre dall’accusa di essere “grossolano e volgare” mossa da Mosca per aver definito Putin un ‘orco’. Nega qualsiasi insulto ma giustifica gli epiteti assegnati a “un uomo che ha deciso di intraprendere una deriva autoritaria, autocratica e di condurre un imperialismo revisionista dei confini internazionali”.

Da domenica il presidente russo sarà in Cina, dove incontrerà anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a margine del vertice dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai. “La Turchia svolge un ruolo importante nel processo di risoluzione” del conflitto, spiega il consigliere diplomatico russo, Yuri Ushakov. La Turchia ha ospitato tre sessioni di colloqui tra Russia e Ucraina quest’anno, che però non hanno portato a progressi reali verso la pace.

Trump (per ora) vince e Pichetto riavvolge il nastro: Ci fosse Kamala…

L’Europa è spaccata, il Parlamento è spaccato, nel mondo delle imprese non tutti sono uniti. L’effetto Trump, al riparo dalla reazioni di pancia sui dazi imposti al 15%, è questo. Ed è anche piuttosto preoccupante. Germania e Italia sono considerati i Paesi più ‘deboli’ di fronte alle minacce del Tycoon americano, da più parti si chiedono le dimissioni della presidente Ursula von der Leyen, qualcuno (Renzi) azzarda addirittura dell’intera Commissione, il commissario Sefcovic viene considerato un lacchè, né più né meno del segretario della Nato Rutte, prono di fronte al presidente americano quando il tavolo negoziale era quello della Difesa. E si potrebbe continuare così, perché ci sono reazioni di tutti i tipi all’intesa raggiunta nella club house di un campo da golf (esclusivo) in Scozia, tra chi dice che poteva andare molto peggio e chi sostiene che si poteva fare molto meglio usando il famigerato bazooka contro il capo della casa Bianca. Su tutte le riflessioni ne enucleiamo una: quella di Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energia. “Avesse vinto Kamala Harris forse questo problema non lo avremmo avuto”.

La riflessione di Pichetto è banale e geniale al tempo stesso e, di rimbalzo, attribuisce a Trump una valenza superiore ai dazi al 15%. E’ vero che se si ascoltano i pareri di illuminati economisti la tassazione coatta si ritorcerà contro l’economia americani e gli americani medesimi, però la realtà dei fatti, al momento, è che il presidente Usa con il suo comportamento indecifrabile, con la sua capacità strategica di cambiare idea dalla sera alla mattina, ha messo in ginocchio più di un Paese. Allargando il concetto, addirittura un continente, quello europeo, vittima delle proprie debolezze e soffocato dalla mania di regolamentare tutto, anche l’irregolamentabile. Così, mentre tra Bruxelles e Strasburgo ci si parla addosso , a Washington si finge di essere matti per ottenere qualcosa di più e di diverso dal passato.

Tornando a Pichetto, non è scritto da nessuna parte che con la signora Harris sarebbe andata più morbida, però è un dato di fatto che la presidentessa si sarebbe mossa con andamento più felpato e non avrebbe squassato la quiete di molti dormienti (Canada, Giappone, Europa) con dichiarazioni e minacce che qualcuno ha accostato ai bulli di periferia, però è fuori discussione che Trump ha messo a segno il primo colpo, anche se (forse) la lotta è ancora lunga.

Agricoltura, protesta Coldiretti a Roma e Bruxelles: “Tecnocrazia Ue è peggio dei dazi”

Coldiretti scende in piazza per denunciare “il tentativo dei tecnocrati europei, guidati da Ursula Von der Leyen, di distruggere l’agricoltura, la produzione di cibo e la sicurezza alimentare in Europa, mettendo a rischio le fondamenta stesse della democrazia”. Una protesta che arriva a pochi giorni dall’annuncio della stangata sui dazi “che vede ancora una volta la Von der Leyen indiziata numero uno di un immobilismo che sta affossando l’economia europea con rischi ora per l’agricoltura dieci volte più gravi dei danni che potrebbero causare i dazi di Trump. Questi potrebbero essere gli effetti delle nuove proposte di bilancio che la Commissione presenterà domani, a partire da un fondo unico tra politiche di coesione e politica agricola. Per la prima volta dal 1962 l’Europa non avrebbe più un budget destinato con chiarezza al sostegno della produzione di cibo e alla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari”. Così, con un messaggio chiaro “Abbiamo bisogno dell’Europa come il pane, ma questa non è l’Europa che vogliamo”, Coldiretti ha dato vita ad un’azione coordinata da Bruxelles a Roma, per dare il benvenuto a “Vonderland, una landa autocratica che vede un’Europa sempre più distante dalla realtà, dai cittadini e dalla terra”.

L’iniziativa ha coinvolto centinaia di giovani agricoltori di Coldiretti, che hanno esposto striscioni raffiguranti Ursula Von der Leyen nella sua “Vonderland” appunto, accompagnati da messaggi come: “non spegnere la democrazia!”, “non spegnere la salute” “non spegnere l’agricoltura”.

Gli striscioni, oltre ad essere stati esposti dal palazzo di Farm Europe a Bruxelles a pochi passi da quello di Berlaymont sede della Commissione Europea, sono stati alzati in cielo anche in alcuni luoghi iconici di Roma come il Colosseo, Fontana di Trevi e Piazza Navona, e con valore anche politico come il Senato.

“Siamo scesi in piazza perché è in gioco molto più del nostro futuro: è in gioco la democrazia e la stessa idea di Europa – dichiara da Bruxelles il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini –. Di fronte all’arroganza di una burocrazia europea che, sotto la guida della presidente Von der Leyen, calpesta ogni giorno il lavoro degli agricoltori e ignora sistematicamente la volontà dei cittadini”. “Noi auspichiamo che von der Leyen esca dal palazzo di cristallo nel quale le piace stare e inizi a dialogare da un lato con i settori produttivi per capire le esigenze che questi hanno, ma anche iniziando a fare una politica vera di diplomazia nei confronti di quei Paesi che sono strategici per dare continuità alla crescita economica dell’intero sistema e comunità europea”, ha aggiunto Prandini durante un punto stampa.

Meloni e von der Leyen a Roma per vertice su Piano Mattei e Global Gateway

Domani Giorgia Meloni vedrà Ursula von der Leyen a Roma. L’appuntamento è programmato, la premier e la presidente della Commissione europea co-presiederanno un vertice sul Piano Mattei e il Global Gateway per l’Africa. Ma è ragionevole pensare che le due leader faranno anche un punto sulle tensioni geopolitiche mondiali e sulla strategia da tenere nel caso in cui Donald Trump decidesse di entrare in guerra contro l’Iran, al fianco di Israele.

A Villa Pamphilj, Meloni e von der Leyen accoglieranno i leader dell’Unione Africana, dell’Angola, dello Zambia, della Repubblica Democratica del Congo, della Tanzania e i vertici delle Istituzioni finanziarie multilaterali, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca Africana di Sviluppo e l’Africa Finance Corporation.

Il passaggio servirà a consolidare la sinergia tra il piano italiano e quello europeo per il continente oltre Mediterraneo, per approfondire la rotta operativa e monitorare l’avanzamento delle iniziative comuni. Più volte infatti Meloni ha dichiarato di voler allargare il Piano Mattei, “europeizzarlo”, per potenziare la collaborazione con le iniziative internazionali che hanno un focus sull’Africa.

Tra i progetti più imponenti, spicca il ‘Corridoio di Lobito’, infrastruttura ferroviaria da 830 chilometri, che collegherà Angola e Zambia tramite la Repubblica Democratica del Congo, che in prospettiva potrà essere estesa fino al porto di Dar es Salaam, in Tanzania. Il progetto – di cui si è già parlato lo scorso anno, nel corso del G7 sotto presidenza italiana a Borgo Egnazia – punta a creare un asse logistico regionale per il trasporto non solo di minerali strategici, ma anche di prodotti agricoli e input energetici, in un’ottica di sviluppo integrato.

In agenda anche il potenziamento dell’interconnessione digitale ‘Blue-Raman’ – che oggi prevede il collegamento tra India, Europa e Medio Oriente -, il sostegno alle filiere produttive agroalimentari del Continente africano e il rafforzamento delle catene di approvvigionamento. Il vertice è stato anticipato a livello tecnico lo scorso 27 marzo da un evento che si svolto a Roma e che ha riunito oltre 400 attori pubblici e privati italiani, africani ed europei, per definire priorità settoriali e piattaforme di investimento congiunte. Le intese maturate nel corso di questa iniziativa si tradurranno, a livello istituzionale in occasione del Vertice del 20 giugno, in accordi politici e finanziari multilaterali.

Dazi, Ue: Dialogo con Usa per accelerare negoziati, proposta ‘0 per 0’ su tavolo

Proroga fino al 9 luglio e avanti con i negoziati. I presidenti della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, hanno trovato un punto di convergenza nel voler mettere velocità alle trattative in corso per risolvere la questione dei dazi commerciali e nel rimanere in contatto. La telefonata intercorsa tra i due leader, ieri, “è stata positiva”, ha commentato oggi la portavoce della Commissione europea, Paula Pinho, nel briefing quotidiano con la stampa. E anche se Bruxelles “non entra nei dettagli” della discussione, comunica che von der Leyen e Trump “hanno concordato di far avanzare velocemente i negoziati commerciali e di restare in stretto contatto”. Palazzo Berlaymont prende tempo: “Stiamo parlando della relazione commerciale più ampia e più stretta al mondo – ha precisato Pinho -, quindi questi negoziati sono complessi e richiederanno tempo”. Ma sottolinea pure che “con questa chiamata c’è un nuovo impeto per i negoziati e da lì partiremo” e che “è positivo vedere che c’è impegno anche a livello di presidenti”. Se “questo era il momento di contatti a livello di presidenti”, dall’altro lato non c’è tempo da perdere e “le discussioni andranno avanti già da questo pomeriggio quando il commissario Sefcovic avrà una telefonata con il segretario per il commercio Lutnick”, ha annunciato la portavoce. Intanto, dalla Commissione chiariscono che, nell’ambito del suo colloquio con Trump, ieri von der Leyen, ha avuto anche delle telefonate di aggiornamento con diversi leader Ue, tra cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. E mettono in chiaro che la proposta ‘zero per zero’ dazi è “ancora ampiamente” sul tavolo. “Riteniamo che sia un punto di partenza molto interessante per un buon negoziato che potrebbe portare benefici su entrambe le sponde dell’Atlantico, e certamente lo sosterremo con forza”, ha aggiunto il portavoce della Commissione Ue per il Commercio, Olof Gill. Intanto, a dirsi “fiducioso” rispetto ai colloqui tra Ue e Usa è stato il presidente francese Emmanuel Macron. “Le discussioni stanno procedendo bene. C’è stato un proficuo scambio tra il presidente Trump e la presidente von der Leyen, e spero che possiamo proseguire su questa strada, che dovrebbe portarci a tornare ai dazi più bassi possibili”, ha aggiunto. Mentre dal Consiglio Agricoltura e Pesca dell’Unione europea, il commissario Ue, Christophe Hansen, esprime il desiderio che si usi “saggiamente la nuova scadenza, fino al 9 luglio, per negoziare con gli Stati Uniti” e si possa “evitare qualsiasi dazio che sarebbe dannoso per gli agricoltori e i produttori alimentari su entrambe le sponde dell’Atlantico”.

E il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, osserva che “l’Europa deve parlare a una voce unica” e che “la prima affermazione che si deve fare è evitare ad ogni costo un qualcosa che possa somigliare a una guerra commerciale”. Infine, da un evento ospitato dalla Hertie School a Berlino, la presidente della Banca centrale europea (BCE), Christine Lagarde, ricorda che “l’economia globale ha prosperato grazie all’apertura e al multilateralismo, sostenuti dalla leadership americana” e che “qualsiasi cambiamento nell’ordine internazionale che porti a un declino del commercio mondiale o alla frammentazione in blocchi economici sarebbe dannoso”. Ma, allo stesso tempo, rileva come questi sviluppi potrebbero “aprire la strada a un ruolo internazionale più importante per l’euro”. E migliorare il ruolo internazionale dell’euro potrebbe “stimolare la domanda europea”, “proteggere l’Europa da flussi di capitali più volatili” e consentire all’Europa di “controllare meglio il proprio destino”.

Mattarella: “Momento storico decisivo, serve Ue efficace”. VdL: “Ascoltato suo ‘Nessun Dorma’”

Un’Europa più forte, coesa e protagonista in un contesto internazionale delicato e di transizione, che sappia colmare i ritardi accumulati nel passato e proiettarsi al futuro con un’azione per la pace e la prosperità. E’ l’appello lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, direttamente da Bruxelles. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, risponde immediatamente alla ‘chiamata’: “Abbiamo ascoltato il suo ‘Nessun Dorma’, discuteremo su come possiamo rispondere”.

E’ ricca l’agenda degli appuntamenti della missione di Mattarella, iniziata martedì incontrando prima la Rappresentanza italiana presso l’Unione europea, poi il vice presidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, e il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Mercoledì, invece, accompagnato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, le tappe prima in Commissione, dove si svolge il bilaterale con von der Leyen, poi al Parlamento europeo, il colloquio con la presidente, Roberta Metsola, e lo scambio con gli eurodeputati italiani.

Il capo dello Stato incontra anche il collegio dei commissari europei. E’ un “momento storico, davvero decisivo per la nostra Unione”, sottolinea il presidente, invitando a “ripercorrere la strada compiuta in questi decenni e, pur consapevoli di lacune e di ritardi, avvertire l’orgoglio della costruzione europea che tutti abbiamo contribuito a edificare”. Da questo punto fisso esorta a “riflettere sul futuro del progetto di integrazione continentale in un frangente storico così inquieto e così esposto a molteplici e anche impreviste perturbazioni dell’ordine internazionale”. Perché, è la convinzione di Mattarella, “tanto più le istituzioni comunitarie si dimostrano trasparenti ed efficienti, efficaci nel fornire risposte rapide e razionali alle esigenze e alle fondate preoccupazioni dei nostri concittadini dell’Unione, tanto più se ne rafforza l’indispensabile consenso sociale”.

Sensibilità e bisogni che riguardano temi cruciali come la prosperità economica, lo Stato di diritto, la difesa dell’ambiente, l’aspirazione di una società equa, bene istruita, coesa, ma anche la regolarizzazione dei fenomeni migratori e sistemi di welfare efficienti, ma nella fase che viviamo “acquisisce rilievo crescente la dimensione della sicurezza rispetto a possibili minacce esterne”. E qui, l’appello della prima carica dello Stato è a “colmare con urgenza i ritardi accumulati nel corso di decenni in cui gli Stati membri non hanno saputo convergere su scelte condivise per rafforzare la capacità di difesa comune”.

La Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc), dunque, deve “non essere adeguatamente sviluppata” e ciò rappresenta “una sfida cruciale per una Unione europea che voglia affermarsi quale soggetto geopolitico capace di incidere su scala planetaria”. Ma i compiti delineati da Mattarella per l’Ue non si esauriscono qui. Innanzitutto, partendo dagli strumenti già esistenti dell’Ue, il dialogo e la cooperazione con regioni del pianeta – in particolare il vicinato meridionale e l’Africa – su cui potrebbe crescere la concorrenza di altri attori. “Ricordo gli esempi del ‘Global gateway’ o del futuro ‘Patto per il Mediterraneo’: siamo chiamati a contemperare gli impegni politici con la disponibilità di adeguate risorse finanziarie, per tenere testa alla concorrenza internazionale anche nei partenariati di cooperazione, e per dare concretezza a queste importanti iniziative in materia di energia, migrazione, sviluppo umano”, ha affermato Mattarella. Lanciando l’allarme: “Se l’Unione europea sarà assente o inefficace in questi scacchieri, altri attori prenderanno il sopravvento in queste aree del mondo”.

Poi la partita dell’allargamento, visto come strumento geopolitico di stabilità e pace. Il processo di adesione all’Unione è uno “storico e ineluttabile orizzonte geostrategico dell’Europa per il quale, come per la Difesa comune, ci troviamo oggi a pagare ritardi del passato”. Ma, pur in un processo basato “su gradualità e merito, è oggi nostra responsabilità accelerare i concreti progressi per i Paesi candidati” o “l’alternativa, di cui purtroppo già si vedono alcuni segnali, è quella di un affievolimento della spinta europeista nelle opinioni pubbliche, e quindi nei governi, di quei Paesi”.

La terza sfida per l’Ue è “compiere un vero e proprio salto di qualità per una riforma complessiva dell’Unione, in grado di trovare l’equilibrio nell’attuazione delle priorità europee e in un rafforzamento della struttura istituzionale”. Compito che, rimarca Mattarella, “spetta a questo importante ciclo istituzionale dell’Unione”.

Sullo sfondo c’è una crescita da perseguire, nonostante gli ostacoli, ad esempio la guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump. Per Mattarella “in un periodo di dichiarata sfiducia da diverse parti sul valore dell’apertura dei mercati”, le intese commerciali con altri grandi mercati “come è avvenuto con il Ceta e l’accordo con il Mercosur, e come può avvenire con altre grandi aree, realizzano una rete di cooperazione globale di cui l’Unione è protagonista”. Tutto questo senza “perdere di vista i diritti e il benessere degli europei” dove l’impegno è a “lottare contro la disoccupazione, la povertà e la discriminazione, per offrire pari opportunità ai giovani e alle persone vulnerabili per una Europa sempre più equa”. Ma “per tradurre in fatti concreti” tali obiettivi “sarà indispensabile anche rivedere i metodi negoziali relativi al bilancio comune per perseguire le nuove priorità che i tempi ci impongono, potenziando al contempo il sistema finanziario dell’Unione anche attraverso il completamento del mercato unico”, ha osservato Mattarella.

Infine, l’impegno in prima linea dell’Italia per e nell’Ue. In ogni cantiere “l’Italia e il suo governo è pronta a lavorare con responsabilità e concretezza a fianco delle Istituzioni europee”, dice ai commissari. Mentre ai deputati italiani Mattarella evidenzia “la responsabilità di un momento così complicato nella dimensione internazionale” e “la proiezione europea del nostro impegno perché è il veicolo con cui possiamo contribuire nella vita internazionale a ripristinare regole di pace e convivenza”. Messaggi chiari, quelli consegnati dal presidente della Repubblica a Bruxelles: “E’ un momento storico particolare” e “l’Unione è chiamata ad essere protagonista nel definire alcune nuove regole di convivenza nel mondo, di cui vi è chiaramente bisogno, nella ricerca, come sempre ha fatto l’Unione, di stabilità, di pace, di collaborazione internazionale”. Ora spetta all’Ue rispondere.

Meloni in missione da Trump per conto dell’Ue: “Fase complessa, serve lucidità”

La trattativa è delicata e sarà fatta per conto dell’Unione europea. A poche ore dalla sua partenza per Washington, dove domani Donald Trump la attende alla Casa Bianca, Giorgia Meloni sente la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Al centro del colloquio il nodo dei dazi che il tycoon americano ha annunciato anche per i prodotti provenienti dall’Unione europea e poi messo in pausa per 90 giorni.

L’incontro è un bilaterale, ma Roma e Bruxelles confermano che la premier parla in stretto contatto e per conto di tutta l’Ue. La Commissione non divulga nessuna “lettura specifica” della telefonata tra Meloni e von der Leyen, ma assicura che “i messaggi sono in linea con quanto detto nei giorni precedenti, hanno coordinato questa visita”. Di certo, il viaggio della premier italiana non è visto come una spaccatura all’interno dell’Unione: “Qualsiasi azione di contatto con l’amministrazione statunitense è più che benvenuta”, chiarisce la portavoce della Commissione Arianna Podestà, ricordando però che la competenza negoziale è soltanto di Bruxelles.

In questa fase tanto complessa quanto in rapida evoluzione è necessario ragionare con lucidità, lavorare con concretezza, lavorare con pragmatismo“, commenta Meloni in un videomessaggio inviato all’Assemblea Generale del Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano.

Ieri sera, sul tema, la presidente del Consiglio ha convocato un vertice di governo con i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Sul tavolo con Trump, ci sarà anche la possibilità di un aumento dei volumi di Gnl acquistati dagli Stati Uniti, grandi esportatori di gas. Lo scorso anno, ricorda il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto, l’Europa ha acquistato la metà del Gnl da Washington: “L’interesse c’è”, conferma, ribadendo però che “il negoziato con le controparti è condotto dalla Commissione Europea, con il supporto e sotto il controllo degli Stati membri”.

E anche se per il momento la Casa Bianca sembra respingere la proposta dell’Ue per i dazi zero sull’industria, l’obiettivo del governo resta quello di “riunificare” l’Occidente, ridurre le tensioni e aprire la strada a una grande area di libero scambio tra Nord America, Stati Uniti, Canada, Messico e Unione europea. Perché, mentre davanti allo spettro dei dazi l’Italia ha guardato a Est per rafforzare i rapporti commerciali sulla via del Cotone con l’India, con i Paesi del Golfo e con il Giappone, ora la guerra commerciale si profila soprattutto su due blocchi: Washington e Pechino.

Trump chiede al mondo di isolare la Cina, per avere dei dazi più leggeri. Il faro italiano però, garantisce il governo, è puntato sull’area atlantica. “Quando c’è la tempesta, l’Italia guarda i valori fondamentali della nostra civiltà e manteniamo salda la bussola che va verso Occidente”, spiega il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. “Altri invece – punta il dito – perdono il senso di marcia, o di navigazione, e finiscono a Oriente”. Poi la denuncia si fa più esplicita: “Sono preoccupato dalle reazioni che si possono innescare, come l’invasione anomala di prodotti nel nostro continente. Su questo, abbiamo già sollecitato nelle forme dovute la Commissione Ue per predisporre le misure di salvaguardia a fronte della strategia Usa per arginare i prodotti cinesi”. L’inquilino di Palazzo Piacentini si dice certo che la missione di Meloni a Washington possa facilitare confronto Usa-Ue : “La strada maestra è il dialogo, la nostra proposta strategica è un’area atlantica di libero scambio in modo da creare, quando ci saranno le condizioni, il più grande bacino commerciale del pianeta”, scandisce.

La presidente del Consiglio resterà a Washington solo una manciata di ore. Già domani sera ripartirà per Roma, dove venerdì la attende l’incontro con il vice di Trump, J.D. Vance.