Ambiente, inquinamento acqua e protezione uccelli: l’Europa verde nasce negli anni 70

Green Deal e transizione sostenibile, energia rinnovabili, riduzione delle emissioni a gas serra e mobilità elettrica. La politica dell’Ue si tinge di verde, sulla spinta di un’agenda fortemente voluta dall’attuale presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Per qualcuno una svolta, anche se l’impegno dell’Unione europea per ambiente e sostenibilità è una storia lunga quasi 50 anni. L’anno ‘zero’ è il 1973, quando viene approvato il primo programma di azione ambientale, che pone l’accento sul rischio inquinamento delle acque e stabilisce principi, obiettivi e misure da prendere per tutelare il patrimonio comune. La strategia si rese necessaria all’indomani della moria di pesci nel Reno nel 1969, prodotta dall’inquinamento delle acque del fiume. Fu questo l’inizio di un percorso tortuoso, non semplice, e pur destinato a proseguire nel tempo.

Altro momento chiave è il 1979, anno in cui la Commissione europea presenta la proposta di direttiva per la tutela e la protezione dell’avi-fauna. E’ la normativa più nota come ‘direttiva uccelli’ a segnare il vero punto di svolta e l’inizio delle politiche ambientali di un’Unione europea allora ancora Comunità economica europea e composta da appena nove Stati membri (Italia, Francia, Germania ovest, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda e Regno Unito). Il Parlamento europeo non aveva ancora i poteri che ha oggi, si chiamava Assemblea parlamentare con funzione sostanzialmente consultivi. Eppure sono proprio i membri del Parlamento a spingere per una normativa in materia, di fronte a una Commissione restia a prendere iniziativa.

L’attrito inter-istituzionale si spiega con gli assetti dell’epoca. Nella Cee di allora, gli aspetti internazionali della conservazione della natura, inclusi gli uccelli migratori, ricadevano tra le competenza del Consiglio d’Europa, e dunque degli Stati membri. Per questa ragione la Commissione ritenne di non dover intervenire in un ambito riservato ai governi nazionali. L’Europa aveva provato, timidamente, a darsi delle regole. Nel 1967 il Consiglio varò due risoluzioni, una a sostegno della salvaguardia degli habitat naturali dell’avifauna e un’altra sui limiti alla caccia dei volatili, in particolare le specie migratorie. Un primo passo, a cui si oppose la comunità delle associazioni ambientaliste ed ecologiste. Servirà un’armonizzazione delle regole, troppo nazionali e quindi troppo diverse. Il dibattito era stato avviato e il percorso normativo avviato e fu in questo momento che il Parlamento europeo iniziò a insistere per una normativa europea in materia.

Nel 1970 l’allora commissario per l’Agricoltura, Sicco Mansholt, nel corso del primo dibattito d’Aula di sempre sull’inquinamento dell’acqua, riconobbe “il massacro degli uccelli” in atto nel territorio della Cee, aprendo alla possibilità di esplorare la possibilità di agire oltre i limiti della Commissione. Ci volle del tempo, ma nel 1976 la proposta di direttiva per la protezione degli uccelli venne messa sul tavolo, per essere approvata nel 1979. Oggi gli addetti ai lavori non hanno dubbi: il ruolo del Parlamento europeo fu decisivo, nel senso che senza quella pressione e determinazione non si sarebbe mai giunti alla direttiva in vigore tutt’oggi.
Le iniziative del 1973 e del 1979 sono considerate come l’inizio della storia delle politiche ambientali e sostenibile dell’Unione di oggi. Ciò è vero soprattutto per la ‘direttiva uccelli’, la prima vera iniziativa della Commissione europea. Un risultato allora non scontato, in una Cee per nome, definizione e mandato, concentrata quasi esclusivamente all’integrazione economica.

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Vivere in una strada ‘verde’ aiuta a dormire più a lungo

Vivere in una strada più verde o avere una vista sulla costa o sul fiume dalla propria casa aiuta a dormire più a lungo. Una nuova ricerca condotta in 18 Paesi dal Centro europeo per l’ambiente e la salute umana dell’Università di Exeter ha scoperto che vivere in strade più verdi – quelle con prati, alberi e vegetazione visibili – è legato a un sonno migliore. Sebbene già in passato alcune ricerche abbiano riscontrato questo legame, è la prima volta che vengono analizzati diversi tipi di ambienti naturali in diversi Paesi.

La mancanza di sonno, definita tale quando si dorme meno di sei ore a notte, è un importante problema di salute pubblica nei Paesi industrializzati, che colpisce, ad esempio, circa il 16% degli adulti del Regno Unito. La carenza di sonno è legata a una serie di esiti negativi per la salute e il benessere, tra cui malattie non trasmissibili come l’obesità, il diabete e le patologie cardiovascolari, oltre a un maggiore rischio di mortalità.

L’autrice principale, la dottoressa Leanne Martin del Centro europeo per l’ambiente e la salute umana dell’Università di Exeter, spiega che, durante la ricerca “le persone che vivevano in strade più verdi hanno riportato una migliore salute mentale, che è stata il fattore trainante di un sonno migliore”. Le iniziative di rinverdimento delle strade esistono già nelle città urbane per affrontare i rischi ambientali come le inondazioni e gli effetti dell’isola di calore, “ma i nostri risultati suggeriscono che i responsabili politici dovrebbero estenderle alle aree residenziali per sostenere la salute pubblica promuovendo abitudini di sonno più sane”.

Per lo studio sono stati utilizzati i dati di oltre 16.000 persone in 14 Paesi europei, oltre che in Australia, Canada, Stati Uniti e Hong Kong, nell’ambito della BlueHealth International Survey (BIS), un’indagine trasversale coordinata dal Centro europeo per l’ambiente e la salute umana di Penryn. Agli intervistati è stato chiesto di indicare la quantità di verde presente nella loro strada, se da casa avevano una vista su fiumi, laghi e coste (cioè spazi blu), quanto tempo libero trascorrevano in spazi naturali, nonché la loro salute mentale e quante ore dormivano a notte.

Dalla ricerca è emerso che gli individui che vivevano in strade più verdi o che avevano una vista sugli spazi blu dalla loro casa tendevano a dichiarare una migliore salute mentale, che a sua volta era associata a una quantità di sonno più sana. Anche gli individui che trascorrevano più tempo libero in spazi verdi e blu riferivano una migliore salute mentale e una durata del sonno più sana.

Complessivamente, i risultati hanno rilevato che il 17% delle persone che vivevano in strade verdi ha riferito di dormire meno di sei ore a notte, rispetto al 22% di coloro che non vivevano in strade verdi.

La principale fonte di finanziamento di questo progetto è stato il programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea.

Le ‘donne della transizione’ rompono il soffitto di cristallo

La parità di genere, quella vera, è ancora lontana. Ma negli ultimi anni la società civile ha fatto comunque dei passi avanti notevoli, così come la politica e il mondo dell’impresa. Dalle istituzioni alle grandi aziende, oggigiorno ci sono molte più donne ai posti di vertice rispetto a un passato anche recente, ma il percorso è lungo. E chissà se il processo che dovrà portare al compimento delle transizioni, ecologica, energetica e digitale, possa dare quella spinta che serve per frantumare definitivamente il soffitto di cristallo. Non solo perché Greta Thunberg è diventata ormai un simbolo mondiale dell’attivismo per il clima e la decarbonizzazione.

La riflessione emerge se, con santa pazienza, si prova a scorrere negli elenchi di Camera, Senato, Palazzo Chigi, management delle imprese chi sono attualmente i vertici. L’esempio più concreto è sicuramente quello del governo, dove Giorgia Meloni è entrata a far parte della storia del Paese come prima donna presidente del Consiglio. Nelle sue mani passano tutti i dossier più importanti, compresi quelli del Green Deal ovviamente. Oltre alla premier, tra le ‘donne della transizione‘ c’è di sicuro Vannia Gava, che per la seconda volta ricopre il ruolo di vice ministro dell’Ambiente, dicastero al quale da questa legislatura viene affiancata anche la delega alla Sicurezza energetica.

In Parlamento, invece, Chiara Braga, capogruppo del Partito democratico alla Camera, e Luana Zanella, presidente dei deputati di Avs, portano avanti la bandiera dell’ambientalismo nelle istituzioni. Tra i banchi di Montecitorio siede anche Elly Schlein, prima segretaria del Pd, sempre in prima linea sulle battaglie per il clima.

In Europa, poi, entra di fatto e di diritto nel pantheon la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Non foss’altro perché, anche nel suo caso, la responsabilità dei temi passa comunque tutta dalle sue mani. Nella squadra di Bruxelles, poi, ci sono la vicepresidente esecutiva, Margrethe Vestager, che si occupa di Digitale, Kadri Simson, che ha il compito di gestire la delega all’Energia, e Iliana Ivanova, commissaria a Innovazione, ricerca, cultura, istruzione e gioventù.

Nel mondo economico e finanziario è Christine Lagarde, attuale presidente della Banca centrale europea ed ex direttrice del Fondo monetario internazionale, il volto più conosciuto sul palcoscenico mondiale. Mentre sta iniziando a ritagliarsi il suo spazio anche Nadia Calvino, nominata lo scorso 1 gennaio presidente della Banca europea per gli investimenti: prima donna a ricoprire questo ruolo dalla fondazione della Bei, nel 1958.

Tornando in Italia, la situazione inizia a cambiare anche nei board delle principali società partecipate. Sebbene la strada sia ancora faticosamente lunga, visto che la prima e unica donna (della storia) a capo di una delle più grandi aziende italiane è l’amministratrice delegata e direttrice generale di Terna, Giuseppina Di Foggia, nominata il 9 maggio di un anno fa. Nel gruppo Eni, invece, Rita Marino è presidente di Plenitude, mentre tra i manager figurano Chiara Ficeti per l’Energy Management, Giorgia Molajoni per Digital, Information Technology & Communication, Giovanna Bianchi Health, Safety, Environment and Quality e Simona Napoli Internal Audit.

Rimanendo nel campo energetico, Francesca Gostinelli è Head of Enel X Global Retail, Silvia Fiori direttrice della funzione Audit di Enel, Elisabetta Colacchia è Head of People and Organization, Margherita Mezzacapo, Marina Lombardi e Donata Susca rispettivamente responsabili di Audit, Innovazione e Health, Safety, Environment and Quality di Enel Green Power & Thermal Generation, la business line di Enel che si occupa della generazione di energia elettrica.

Spostando l’obiettivo verso la parte più economica, Silvia Maria Rovere è presidentessa di Poste Italiane dal maggio 2023, Alessandra Ricci è amministratrice delegata e direttrice generale di Sace, che molto spesso investe in progetti relativi alla transizione ecologica e la sostenibilità. Altro nome di rilievo è quello di Silvia Massaro, presidentessa di Sace Srv, la società specializzata nel recupero dei crediti e gestione del patrimonio informativo. Regina Corradini D’Arienzo, inoltre, è ad e dg di Simest e Alessandra Bruni presidentessa di Enav.

Spostando l’attenzione sul mondo associazionistico, le donne con ruoli apicali diventano ancora di meno. Perché tra le grandi sigle ricoprono incarichi di vertice Annamaria Barrile, direttrice generale di Confagricoltura, Maria Letizia Gardoni, presidentessa di Coldiretti Bio, Maria Grazia Mammuccini, presidentessa di FederBio, Barbara Nappini e Serena Milano, rispettivamente presidentessa e direttrice generale Slow Food Italia, e Nicoletta Maffini, presidentessa di AssoBio. Infine, c’è molto da rivedere nel mondo sindacale, se solo Daniela Piras ha un incarico di vertice come segretaria generale della Uiltec.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Turismo, Italia terzo Paese in Europa per estensione delle coste

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA sono classificati i Paesi europei per lunghezza delle coste. L’Italia si posiziona al terzo posto, dopo Grecia e Regno Unito, con i suoi quasi 8.000 km di costa. In ultima posizione il Principato di Monaco con appena 4 km di litorale.
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INFOGRAFICA INTERATTIVA Smog, i livelli di PM2.5 e PM10 a Milano negli ultimi 10 giorni

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati di Arpa Lombardia, sono indicati i livelli di particolato (PM2.5 e PM10) presenti nell’aria di Milano dal 9 febbraio al 18 febbraio. Per quanto riguarda il PM10 il livello è andato a crescere costantemente fino al record di 136 microgrammi per metro cubo quando il limite da non superare nella giornata sarebbe di 50.

Ponte sullo Stretto, via libera alla relazione sul progetto finale. Salvini: “In funzione nel 2032”

Il Ponte sullo Stretto prende corpo. Con il via libera del Consiglio di amministrazione della Stretto di Messina spa alla Relazione del progettista di aggiornamento al progetto definitivo del 2011, può completarsi l’iter ministeriale, con l’invio al Mit (che dovrà indire la Conferenza dei servizi) e al ministero dell’Ambiente della documentazione completa, per poi arrivare alla tappa finale del Cipess, che avrà il compito di approvare il progetto finale e il piano economico-finanziario, che si stima possa arrivare già alla metà del 2024.

Il Cda, inoltre, ha approvato l’aggiornamento della documentazione ambientale, in particolare lo Studio di impatto ambientale (Sia), lo Studio di incidenza ambientale (Sinca) e la Relazione di ottemperanza e della relazione paesaggistica; l’analisi costi-benefici, che ha evidenziato come il progetto sia in grado di generare un Valore attuale netto economico (Vane) ampiamente positivo con un Saggio di rendimento interno del 4,5% superiore al livello minimo previsto dalla normativa vigente (3%); l’aggiornamento del Piano degli espropri e il programma di opere anticipate.

È un grande risultato ottenuto in pochi mesi grazie all’impegno del governo, in particolare del ministro Salvini, e al lavoro del Contraente generale Eurolink, della società Stretto di Messina e dei nostri altri contraenti ed esperti nelle diverse discipline ingegneristiche legate al Ponte“, commenta l’amministratore delegato della Sdm, Pietro Ciucci. “Si conferma un progetto straordinario, tecnicamente all’avanguardia e di riferimento a livello internazionale. Dopo i molti ponti ‘Messina Style’ costruiti nel mondo, è il momento di realizzarlo nello Stretto di Messina“.

Intanto, il ministero di Porta Pia è già al lavoro. Il vicepremier, Matteo Salvini, ha subito convocato l’incontro istituzionale per presentare la relazione del progettista, al quale hanno preso parte, oltre a Ciucci e al presidente della Stretto di Messina spa, Giuseppe Recchi, anche i presidenti della Regione Siciliana, Renato Schifani, della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, e i sindaci di Villa San Giovanni, Giuseppina Caminiti, e Messina, Federico Basile. Poche parole in apertura di confronto: “Per me è una grande soddisfazione, vi ringrazio“, viene riferito da fonti del Mit. Sulle tempistiche è ancora Salvini, ma al question time del Senato, a confermare le date: “L’intenzione è aprire i cantieri entro quest’anno e aprire al traffico stradale e ferroviario entro il 2032“.

Il tema ‘Ponte’ resta comunque caldo nel dibattito pubblico. Tra le prime reazioni c’è quella del Wwf, contraria all’opera, che definisce l’approvazione del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina “una fuga in avanti che ricade sulle spalle del Paese, visto che ad oggi il Governo ha immobilizzato sino al 2032 ingenti risorse senza avere stime credibili sull’entità dei costi finali dell’opera, sulla sua redditività dal punto di vista economico-finanziario, sulle pesantissime ricadute sull’ambiente e il territorio“. Nei giorni scorsi, invece, i leader di Pd, Europa verde e Sinistra italiana, Elly Schlein, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, avevano annunciato di aver presentato un esposto in Procura per la poca trasparenza sull’infrastruttura. In particolare per il mancato accesso alla documentazione, negata – denunciano – anche ai parlamentari. “Attendiamo ora di esaminare i documenti per una valutazione approfondita, inclusa un’analisi costi-benefici che evidenzi l’impatto positivo del progetto“, commenta Bonelli. Accusa, però, che fonti della società Stretto di Messina hanno più volte respinto al mittente, spiegando che non c’è stato alcun diniego ma solo un rinvio per aspettare che l’iter interno fosse completato, come prescrive la legge. Ma che una volta approvato tutto sarebbe stato pubblico. Cosa che, dopo il via libera del Cda, dovrebbe avvenire a stretto giro di posta.

 

Photo credit: ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

INFOGRAFICA INTERATTIVA Ue, crescita economica e tutela dell’ambiente vanno di pari passo

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati Eurostat diffusi oggi, si può vedere come crescita economica e inquinamento non debbano necessariamente essere legati. Nei tre trimestri del 2023 presi in considerazione, come si vede, il Pil dei Paesi Ue è rimasto stabile, mentre le emissioni di CO2 in atmosfera dovute ai vari settori economici sono costantemente scese.

Vajont, Papa: “Casa comune si sgretola per deliri onnipotenza uomo”

Poco più di 60 anni fa, il 9 ottobre 1963, 260 milioni di metri cubi di roccia franarono dal Monte Toc nell’invaso della diga costruito a ridosso del torrente Vajont. Un’onda alta 70 metri oltrepassò la diga a 100 chilometri orari, spazzando via la località di Longarone e facendo in una sola notte 1.910 morti.

Vittime non di un errore di progettazione, ma dell'”avidità dell’uomo“, riflette Papa Francesco, ricevendo in udienza una rappresentanza della popolazione colpita da una delle tragedie più note della storia d’Italia. “Voi portate a Roma un pesantissimo carico di memoria e di sofferenza“, afferma, sottolineando come a quell’ondata di “annientamento e distruzione” la popolazione abbia risposto con il coraggio della memoria e della ricostruzione.

Pensando al disastro del Vajont, Bergoglio si confessa colpito da un aspetto: a causare la tragedia non furono sbagli di realizzazione della diga, ma il fatto stesso di voler costruire un bacino artificiale nel luogo sbagliato. Tutto per aver, denuncia, “anteposto la logica del guadagno alla cura dell’uomo e dell’ambiente in cui vive; così che, se la vostra ondata di speranza è mossa dalla fraternità, quell’ondata che portò disperazione era provocata dall’avidità. E l’avidità distrugge, mentre la fraternità costruisce“. La cura del creato, ripete il Pontefice, non è un fattore semplicemente ecologico, ma una “questione antropologica”: ha a che fare, spiega, “con la vita dell’uomo, così come il Creatore l’ha pensata e disposta, e riguarda il futuro di tutti, della società globale in cui siamo immersi”. Ancora oggi, la casa comune si sgretola e il motivo è sempre lo stesso: “L’avidità di profitto, un delirio di guadagno e di possesso che sembra far sentire l’uomo onnipotente”.

Ma è un grande inganno, avverte il Papa: “Perché siamo creature e la nostra natura ci chiede di muoverci nel mondo con rispetto e con cura, senza annullare, anzi custodendo il senso del limite, che non rappresenta una diminuzione, ma è possibilità di pienezza“.

Meloni non parla di ambiente nella conferenza di fine anno: tema citato 212 volte in 135 discorsi

Nelle 42 domande fatte giovedì alla presidente del consiglio Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di inizio anno, sono stati diversi i temi assenti. Scuola, sanità, ma anche Sud, fisco e, fra tutti, ambiente.

In tre ore di conferenza sono state citate, una volta sola, “energia pulita”, “sostenibilità ambientale” e “transizione verde. Migranti e immigrazione, al contrario, 25 volte in totale.

Questo dato stride soprattutto se si considera che Mattarella, nel discorso di fine anno, ha parlato chiaramente di “una crisi ambientale sempre più minacciosa. Il peso dato al tema dai principali rappresentanti dello stato è diverso, e non solo in questo singolo episodio.

Se confrontati, infatti, gli interventi pubblici fatti da gennaio 2023 a oggi dalla premier e dal presidente della Rebubblica evidenziano una differenza decisa riguardo alle tematiche ambientali.

Prendendo in analisi i 99 discorsi raccolti nel sito del Quirinale, il capo sello stato cita direttamente termini come “ambiente”, “transizione energetica” e “sostenibilità” 495 volte. “Cambiamento climatico” è stato quello che è apparso di più, con un totale di 119 citazioni.

Gli interventi pubblici di Meloni (che si trovano invece sul sito del governo) sono in totale 135, ma contengono solamente 212 citazioni a termini e tematiche ambientali. Trentasei discorsi in più, quindi, ma meno della metà delle occorrenze.

Se per ogni discorso di Mattarella ci sono 4,8 parole o piccole frasi legate all’ambiente, quelli di Meloni si fermano a 1,6.

Mattarella preferisce riferirsi direttamente al problema (i termini più utilizzati sono “cambiamento climatico”, appunto, “ambiente”, con 72 occorrenze e “sostenibilità”, con 59), mentre la premier sceglie per lo più di occuparsi di “transizione verde” (30 occorrenze) e “transizione energetica” (15).

Mattarella: “Giovani disorientati da mondo debole nel contrastare crisi ambientale sempre più minacciosa”

Guerre, ascolto, pace, lavoro, diritti, unità. Sono alcune delle parole chiave utilizzate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio consegnato agli italiani nell’ultimo giorno dell’anno, il nono tra il primo mandato e l’inizio del secondo. Dallo studio della sala della Vetrata, al Quirinale, con alle spalle l’albero di Natale e le bandiere italiana, europea e della Repubblica, il capo dello Stato guarda al 2024 ricordando che “non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo”.

Perché “sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità”. Ma allo stesso tempo il presidente sottolinea: “Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana. La violenza. Anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso; e di quelle evocate e minacciate”.

Il pensiero corre alle “devastazioni che vediamo nell’Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla”. E alla “orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d’Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità. La reazione del governo israeliano, con un’azione militare che provoca anche migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti”.

Il monito di Mattarella è chiaro: “La guerra, ogni guerra, genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti”.

Il presidente della Repubblica lancia un messaggio semplice, ma potente. “È indispensabile – dice – fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace”. Mattarella aggiunge: “Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità”. Ma “sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace”. E “per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi”.

Il capo dello Stato si rivolge, poi, come spesso accade, direttamente ai giovani, con i quali costruisce fin dal suo primo mandato un filo diretto. “L’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità. Penso alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella rete”.

Mattarella mette in luce che “rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento – continua – che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale”. Ma “in una società così dinamica, come quella di oggi, vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo”.

Un passaggio importante del suo discorso, il presidente della Repubblica lo dedica all’importanza di “ascoltare”, a cui attribuisce anche il significato di “saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Mutamenti che possono recare effetti positivi sulle nostre vite. La tecnologia ha sempre cambiato gli assetti economici e sociali. Adesso, con l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali”.

Mattarella afferma: “Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona – e nella sua dignità – il pilastro irrinunziabile”. Per il capo dello Stato “viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto” per “definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social”. Perché “la democrazia è fatta di esercizio di libertà” che “quanti esercitano pubbliche funzioni, a tutti i livelli, sono chiamati a garantire” e che sia “indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento”.

Mattarella, infine, ricorda, a tutti, che “la forza della Repubblica è la sua unità”, ma “non come risultato di un potere che si impone”. L’unità della Repubblica “è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace”. Valori che ha incontrato “nella composta pietà della gente di Cutro”, nella “operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall’alluvione, spalavano il fango; e cantavano Romagna mia” o “negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a Pizza aut. Promossa da un gruppo di sognatori. Che cambiano la realtà”.

Il presidente della Repubblica, prima di augurare buon anno alle italiane e agli italiani, lascia un ultimo messaggio: “Uniti siamo forti”.

 

 

Photo credit: sito Presidenza della Repubblica