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Balzano le ibride a gennaio: in Europa superano la vendita delle auto a benzina

Le immatricolazioni di auto ibride a gennaio 2025 hanno superato quelle dei veicoli a benzina in Europa, rappresentando il 34,9% del mercato (+18,4% su base annua). Lo ha annunciato l’Associazione dei costruttori europei (Acea). I veicoli a benzina hanno iniziato a seguire la strada già intrapresa dal diesel e hanno subito un forte calo nel mese di gennaio (-18,9%), soprattutto in Francia e Germania. I modelli a benzina rappresentano ora il 29,4% del mercato e il diesel, un tempo onnipresente, il 10% (-27% su base annua). Gli ibridi, un po’ più sobri e meno inquinanti dei modelli a benzina e molto meno costosi di quelli elettrici, riprendono così il controllo del mercato europeo dopo averlo dominato per la prima volta per tre mesi, da settembre a novembre 2024. I modelli completamente elettrici sono in forte crescita su base annua (+34%), in particolare in Belgio, Germania e Italia (+126%), ma rimangono stabili rispetto a dicembre 2024, con grandi differenze tra i vari paesi. A livello europeo, le auto elettriche rappresentano ora il 15% delle immatricolazioni, ancora molto lontano dagli obiettivi fissati dalla Commissione Europea per i costruttori, pari al 25% per il 2025 e al 100% nel 2035.

Le vendite del pioniere dell’elettrico Tesla sono dimezzate a gennaio, frenate da un cambiamento in corso nella gamma e anche, potenzialmente, dalle prese di posizione del suo capo Elon Musk al fianco del presidente americano Donald Trump.

“È chiaro che l’Europa deve ancora lavorare per evitare di ristagnare”, spiega la direttrice generale dell’Acea, Sigrid de Vries. L’Associazione chiede un allentamento delle norme europee sulle emissioni di CO2, da cui derivano gli obiettivi di vendita di auto elettriche. “L’Ue deve fare tutto il possibile per rendere il Dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica (in corso a Bruxelles, ndr) un successo, consentire una transizione efficace verso una mobilità a emissioni zero preservando al contempo la nostra competitività globale”, spiega Sigrid de Vries.

Il successo delle auto ibride ha già portato benefici nel 2024 al gruppo Toyota, pioniere di questa tecnologia, che rimane a un alto livello di vendite nonostante un leggero calo a gennaio (-4,9%). Ne beneficia anche Renault (+5%), che raggiunge il 10,9% di quota di mercato. Considerando tutti i tipi di alimentazione, il mese di gennaio 2025 non smentisce un 2024 che è rimasto molto debole, con un mercato che non è mai tornato ai volumi precedenti l’epidemia di Covid. Le vendite sono diminuite del 2,6% nel mese di gennaio rispetto a gennaio 2024. I principali mercati europei (Germania, Francia, Italia) hanno registrato un calo, mentre la Spagna ha segnato una leggera ripresa.

Il gruppo Stellantis ha subito un forte calo, con un -17,9% su base annua. Ma il gruppo sottolinea che le cose stanno andando meglio dopo un difficile 2024 e l’addio dell’amministratore delegato Carlos Tavares. Stellantis è tornata al 17,1% di quota di mercato, la sua migliore performance dal giugno 2024, come spiega Luca Napolitano, responsabile delle vendite europee di Stellantis. Tuttavia, rimane molto indietro rispetto al leader di mercato Volkswagen, che continua a crescere (+5,6% a gennaio per il 27,7% del mercato), compensando i cali dei suoi marchi Skoda o Audi con un aumento per il suo marchio principale VW e per i modelli sportivi di Cupra.

Auto elettrica

Byd, Tesla, Volkswagen e Stellantis nel mirino dell’Antitrust sulle auto elettriche

Byd, Tesla, Volkswagen e Stellantis sono finite nel mirino dell’Antitrust per possibili pratiche commerciali scorrette. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato quattro istruttorie che riguardano le informazioni fornite ai consumatori sulla autonomia di percorrenza chilometrica dei veicoli elettrici, sulla perdita di capacità della batteria e sulle informazioni relative alle limitazioni di operabilità della garanzia convenzionale sulle batterie, “in possibile violazione del Codice del consumo”. Giovedì i funzionari dell’Autorità hanno svolto un’ispezione presso le sedi delle quattro società coinvolte con l’ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza.

“In particolare, gli operatori, sui relativi siti internet, avrebbero fornito informazioni generiche – e talvolta contraddittorie – sull’autonomia di percorrenza chilometrica dei veicoli elettrici commercializzati, senza chiarire quali siano i fattori che incidono sul chilometraggio massimo pubblicizzato e a quanto ammonti questa incidenza sul chilometraggio effettivo”, afferma l’Antitrust.

Inoltre, gli operatori, sempre sui propri siti web, “non avrebbero indicato al consumatore in maniera chiara e completa le informazioni sulla perdita di capacità delle batterie che deriva dall’uso normale delle vetture, né le condizioni/limitazioni applicate alla garanzia convenzionale sulle batterie”. 

Stellantis, conferma di “aver collaborato pienamente ieri con il personale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, presente a Torino insieme al personale del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, e di aver fornito le risposte, le informazioni e le documentazioni necessarie in merito all’oggetto dell’indagine”. Stellantis Europe S.p.A., spiega il gruppo in una nota, “è convinta di aver fornito risposte adeguate, precise ed esaustive alle domande poste dai funzionari presenti a Torino e continuerà a collaborare per approfondire ogni ulteriore aspetto rilevante relativo all’oggetto dell’indagine. Stellantis pone al centro di tutte le proprie attività le esigenze e la soddisfazione dei propri clienti e ritiene che l’istruttoria in corso potrà confermare tale circostanza”.

Per il Codacons in tema di auto elettriche, ricariche, autonomia delle batterie e chilometri percorribili “le informazioni rilasciate ai consumatori sono troppo spesso poco trasparenti se non addirittura ingannevoli. Indicazioni errate o poco chiare su aspetti che sono alla base delle scelte d’acquisto dei consumatori alterano le decisioni dei consumatori creando un danno economico evidente”. “Per tale motivo riteniamo fondamentale l’indagine avviata dall’Antitrust e, se saranno accertati illeciti e irregolarità, siamo pronti ad avviare azioni risarcitorie in favore di tutti i proprietari dei veicoli coinvolti, spinti all’acquisto delle auto elettriche sulla base di informazioni non veritiere”, conclude il Codacons.

“L’autonomia di percorrenza chilometrica che viene indicata ai consumatori deve essere reale, così come i tempi di ricarica, che variano moltissimo a seconda della potenza dell’infrastruttura di ricarica” dice Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

auto elettrica

La Norvegia è sempre più green: elettrico il 96% delle nuove auto immatricolate a gennaio

Quasi il 96% delle immatricolazioni di auto nuove in Norvegia a gennaio è rappresentato da veicoli elettrici. Un dato che avvicina sempre di più il Paese scandinavo all’obiettivo di vendere solo auto a emissioni zero a partire da quest’anno. Secondo il Consiglio per l’informazione sul traffico stradale (OFV), le auto completamente elettriche hanno rappresentato il 95,8% delle vendite di utilitarie nuove nel regno il mese scorso. Se si includono i modelli ibridi plug-in, la quota di veicoli elettrificati è stata del 96,8%. Dei 50 modelli più venduti, solo due sono auto non elettriche, e il primo si è piazzato solo al 33° posto.

“Non abbiamo mai visto nulla di simile (…) Se il resto dell’anno continuerà come a gennaio, ci avvicineremo molto rapidamente all’obiettivo del 2025”, dice Øyvind Solberg Thorsen, direttore dell’OFV. “Ma se vogliamo tagliare il traguardo con auto 100% elettriche, dobbiamo mantenere gli incentivi che rendono conveniente sceglierle rispetto ad altri modelli”, precisa.

In Norvegia, le nuove auto elettriche sono in gran parte esenti da imposte, mentre i modelli a combustione sono pesantemente tassati, il che rende economicamente interessante il loro acquisto. Oltre a questo vantaggioso sistema di bonus-malus, le auto elettriche godono da tempo di privilegi come il pedaggio gratuito in città, la sosta nei parcheggi pubblici o la guida nelle corsie riservate agli autobus. Alcuni di questi vantaggi sono stati erosi nel tempo, ma l’auto elettrica fa ormai parte del mainstream.

Questo è stato il risultato di una campagna di disobbedienza civile condotta negli anni ’90 da un attivista ambientale, Frederic Hauge, cofondatore dell’Ong Bellona, e dal cantante del gruppo A-ha, Morten Harket, autore della hit ‘Take on me’. A bordo di una Fiat Panda elettrica riconvertita e con l’obiettivo di promuovere mezzi di trasporto ecologici, i due si sono ostinatamente rifiutati di pagare i pedaggi e i parcheggi, accumulando una montagna di multe. Il loro veicolo fu sequestrato, ma qualche anno dopo le autorità concessero finalmente il libero accesso ai veicoli elettrici, che all’epoca erano ancora una rarità.

Secondo l’OFV, a gennaio le auto diesel hanno rappresentato solo l’1,5% delle nuove immatricolazioni nel Paese e i modelli a benzina lo 0,4%. Nello stesso sono state vendute 9.343 nuove auto, tra cui 8.954 modelli completamente elettrici.

Il modello più venduto è stato il bZ4X di Toyota, davanti all’ID.4 di Volkswagen e alla Nissan Ariya. A titolo di confronto, la quota di auto elettriche in Europa era del 13,6% nel 2024 (15,9% a dicembre), in calo per la prima volta da quando le vendite sono decollate nel 2020, secondo l’Acea, l’associazione europea dei costruttori di automobili.

Industria dell’auto a Bruxelles per affrontare la crisi: a febbraio le prime misure Ue

Le case automobilistiche europee stanno convergendo a Bruxelles questa settimana per i colloqui con l’Unione Europea, che dovrà conciliare i suoi ambiziosi obiettivi ambientali con le richieste di aiuto del settore. Data “l’urgenza e la gravità della situazione”, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aprirà il dialogo strategico giovedì.

L’industria automobilistica europea è stata duramente colpita dalla concorrenza cinese. E l’ascesa al potere di Donald Trump negli Stati Uniti ha fatto temere un’esplosione dei dazi doganali sulle auto europee. Negli ultimi mesi in Europa si sono moltiplicati gli annunci di tagli di posti di lavoro. Ad esempio, lo stabilimento Audi di Bruxelles (Gruppo Volkswagen) si prepara a cessare la produzione alla fine di febbraio. L’impianto produceva un’auto elettrica di alta gamma, ma le vendite suv sono in calo e la dirigenza ha lanciato l’allarme sugli “alti costi di produzione” nella capitale belga.

Di fronte alla crisi, la Commissione promette di sostenere il settore automobilistico, che impiega 13 milioni di persone nell’Ue e rappresenta circa il 7% del suo Pil. Le prime misure potrebbero essere annunciate alla fine di febbraio per sostenere l’acquisto di auto elettriche per le flotte aziendali o per cercare di garantire le catene di approvvigionamento delle materie prime. I produttori, da parte loro, chiedono “flessibilità” sulle norme ambientali europee. Il precedente mandato di Ursula von der Leyen è stato caratterizzato dalle ambiziose misure del Green Deal e dal suo emblema: il divieto di vendita di nuovi veicoli a combustione entro il 2035. Fino ad allora, i produttori dovranno continuare a ridurre le emissioni di CO2. La traiettoria, finora generalmente rispettata, ha raggiunto un nuovo livello a gennaio, con regole e sanzioni più severe.

Le case automobilistiche europee rischiano pesanti multe se non raggiungono gli obiettivi di emissione entro il 2025. L’Acea, la lobby europea dell’industria automobilistica, si è opposta con forza a queste potenziali sanzioni, perché il mercato europeo sta rallentando. La quota di vendite delle auto elettriche è diminuita per la prima volta da quando il mercato è decollato nel 2020: 13,6% nel 2024 rispetto al 14,6% nel 2023. “Dobbiamo rimanere competitivi”, ha dichiarato Ola Källenius, responsabile di Mercedes e Acea. Ha scritto a Ursula von der Leyen: “In una fase critica della trasformazione, pesanti multe per il mancato rispetto degli standard di CO2” potrebbero privare l’industria europea dei fondi necessari per innovare e investire.

La Commissione prende tempo. Bruxelles aspetta di vedere i dati del 2025 e le emissioni effettive dei produttori, per evitare che le multe vengano posticipate a vantaggio di chi ha fatto meno sforzi.

Le organizzazioni ambientaliste sono preoccupate. Lucien Mathieu di Transport et Environnement (T&E), una federazione di Ong, ritiene che la rinuncia alle multe invierebbe un segnale sbagliato perché darebbe alle case automobilistiche europee l’impressione “di poter rallentare”, anche se “sono già in ritardo” per quanto riguarda i veicoli elettrici, ha dichiarato.

Mentre i veicoli elettrici rallentano in Europa, la Cina, pioniere mondiale, continua a guidare il mercato, con 11 milioni di veicoli venduti nel 2024, una cifra che è aumentata del 40% in un anno. L’Europa è impegnata in una battaglia commerciale con Pechino, che accusa di aver incrementato artificialmente l’industria dei veicoli elettrici con sussidi pubblici. Nonostante l’ostilità della Germania, a fine ottobre Bruxelles ha deciso di aggiungere una sovrattassa fino al 35% sulle auto a batteria cinesi, oltre alla tassa del 10% già in vigore.

L’industria europea delle batterie è “in ritardo”, con “meno del 10% della capacità mondiale”, secondo un rapporto della Corte dei Conti europea dell’aprile 2024. E la rete di punti di ricarica in Europa “non è ancora abbastanza fitta”.

Auto elettrica

Le auto elettriche risalgono a ottobre: +2,4% delle vendite nell’Ue. Quota mercato a 14,4%

Le immatricolazioni di nuove auto elettriche a ottobre sono cresciute leggermente nell’Unione Europea (+2,4% su base annua), mentre le vendite di modelli ibridi hanno registrato un consistente aumento (+17,5%), secondo i dati pubblicati giovedì dall’Associazione dei costruttori di automobili (ACEA). Con quasi 125.000 unità vendute, le auto elettriche hanno subito una flessione in ottobre sui principali mercati (Germania, Francia, Italia), ma hanno tenuto bene nei Paesi già ben elettrificati (Paesi Bassi, Danimarca, Belgio). Al di fuori dell’Europa, il Regno Unito continua a registrare un numero sempre maggiore di auto elettriche (+24,5% in ottobre).A livello mondiale, ottobre 2024 è stato un nuovo mese record per le vendite di auto elettriche, con 1,7 milioni di veicoli venduti (+50% rispetto all’anno precedente), due terzi dei quali in Cina, secondo l’azienda britannica Rho Motion.

Secondo l’ACEA, i dati europei “sottolineano la necessità urgente e critica di intensificare gli sforzi per sostenere la transizione verso i veicoli a emissioni zero”. Sebbene i produttori abbiano incrementato l’offerta di veicoli elettrici, l’acquisto è ancora molto più costoso rispetto agli equivalenti a combustione e ibridi. Tesla, il pioniere delle auto elettriche e numero due del settore in Europa dopo Stellantis, ha visto le sue vendite diminuire del 21% rispetto all’anno precedente. Secondo l’ACEA, l’aumento dei costi dell’energia, la mancanza di sovvenzioni all’acquisto e una rete inadeguata di punti di ricarica impediscono agli europei di passare alle auto elettriche.

I modelli ibridi, più economici, continuano a conquistare il mercato (+17,5%): per il secondo mese consecutivo rimangono i modelli più venduti in Europa, con un terzo del mercato, davanti ai modelli a benzina e diesel che sono in calo (rispettivamente -6,8 e -7,6%). La continua crescita delle vendite di ibridi ha avvantaggiato soprattutto Toyota e Renault.

Considerando tutti i tipi di alimentazione, dopo tre mesi di calo, il mercato europeo è tornato in lieve crescita (con un modesto aumento dell’1,1%), con una ripresa delle vendite in particolare in Spagna e Germania. Tuttavia, il mercato europeo è rimasto a un livello molto basso dall’inizio del 2024, con 8,9 milioni di auto immatricolate (+0,7% su base annua).

Il numero uno europeo Volkswagen ha tenuto bene e ha difeso la sua quota di mercato (28,7% a ottobre, +16,7% su base annua), mentre il numero due Stellantis ha avuto un altro mese negativo (15,1% del mercato, -16,9%), frenato dal calo delle immatricolazioni di Fiat e Citroën in particolare.

 

Continua il calo delle auto elettriche: -12,3% immatricolazioni da gennaio a oggi

Se il 2023 si chiudeva con quasi un’auto elettrica su quattro immatricolate in Europa (23,4%), in ulteriore lieve aumento rispetto al 2022 (+0,5%) e in crescita anche in termini assoluti – 3 milioni di nuove auto elettriche (+16%) tra full electric (67%) e ibride plug-in – nonostante un campione come la Germania abbia segnato -6,2%, i primi otto mesi del 2024 mostrano un’inversione di tendenza: l’incidenza di nuove auto elettriche infatti è scesa a 21,2%, calo che si riscontra in tutti i principali mercati Auto europei tranne il Regno Unito. Anche in Italia, dove purtroppo la decrescita non si ferma e ci relega, insieme alla Spagna, agli ultimi posti per vetture elettriche circolanti: -0,2% di immatricolazioni nel 2023 sul 2022, anno già di stagnazione, e un ulteriore -12,3% tra gennaio e agosto 2024 rispetto allo stesso periodo precedente, nonostante il potenziamento delle infrastrutture di ricarica e le innovazioni tecnologiche.

Sono le principali evidenze emerse dallo Smart Mobility Report 2024, realizzato da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato oggi in un convegno a cui hanno partecipato le molte aziende partner della ricerca. Un vero boom, però, si è registrato in Italia a giugno grazie all’Ecobonus: +38,7% di nuove auto elettriche rispetto allo stesso mese 2023. Purtroppo non basta, per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 bisognerebbe immatricolarne più di 800.000 all’anno, una cifra decisamente poco realistica visto che nel triennio 2021-2023 si sono attestate a circa 130.000 annue.

“Gli alti costi d’acquisto iniziali, pur con gli incentivi, e una percezione ancora limitata dei benefici a lungo termine della mobilità elettrica, che invece andrebbero spiegati all’opinione pubblica con specifiche campagne di informazione, hanno rallentato le immatricolazioni – commenta Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy -. A questo si aggiunga una politica di sostegni economici discontinua, che ha contribuito a rendere incerto lo sviluppo del mercato. Per colmare il gap con gli altri Paesi europei e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030, l’Italia dovrà immatricolare in media più di 800.000 veicoli elettrici all’anno, un numero drasticamente superiore ai livelli attuali”.

Nemmeno la crescita delle infrastrutture di ricarica (+35% rispetto al 2022 quelle ad accesso privato, salite a 500.000 anche grazie al Superbonus e ora pari a un decimo di quelle ad accesso pubblico) ha convinto gli italiani a passare all’elettrico: “Se questo divario persiste – continua Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e responsabile dell’Osservatoriosi rischia di avere una rete di ricarica sottoutilizzata che non potrà supportare pienamente la transizione elettrica. Per garantire lo sviluppo coordinato del mercato e delle infrastrutture occorre una pianificazione strategica a lungo termine e vanno adottate politiche pubbliche più incisive e continuative per favorire concretamente l’acquisto di veicoli elettrici, anche sotto il profilo della semplificazione burocratica, e promuovere la fiducia dei consumatori. Diversamente, l’Italia non sarà mai protagonista della transizione verso la mobilità sostenibile”.

Le case automobilistiche, dal canto loro, continuano però a potenziare l’offerta di auto elettriche: anche in Italia, dove i modelli full electric nel primo semestre 2024 sono ormai oltre 100, il 20% in più rispetto al 2023, con un prezzo medio rimasto pressoché costante a fronte di significativi miglioramenti delle performance in termini sia di autonomia (una consistente quota di veicoli supera i 350 km) sia di potenza di ricarica.

Purtroppo, il costo di acquisto rimane lo scoglio che ancora blocca lo sviluppo delle auto elettriche nel nostro Paese, nonostante l’aumento del livello di incentivi disponibili. L’indagine svolta all’interno del rapporto ha modellizzato il Total Cost of Ownership per 5 diverse tipologie di utenti, caratterizzati da differenti percorrenze (da 7.000 a 23.000 km annui) e strategie di ricarica (prevalentemente pubblica o prevalentemente privata), a cui sono stati “assegnati” veicoli di varie categorie, dal segmento A al segmento D, arrivando a valutare 10 possibili combinazioni.

In generale, le determinanti più significative della competitività dei veicoli elettrici sono la percorrenza annua, cruciale per ammortizzare più rapidamente l’elevato costo di acquisto, le abitudini di ricarica degli utenti e il prezzo dell’energia ricaricata: la possibilità di ricaricare il veicolo a casa o sul posto di lavoro, a costi vantaggiosi o addirittura nulli, rappresenta ovviamente un significativo vantaggio economico.

La difficoltà a trovare un adeguato razionale economico nell’acquisto delle auto elettriche è evidente anche nel mondo delle flotte aziendali, che è stato approfondito nell’ambito del rapporto. La survey condotta su 300 imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, distribuite sull’intera penisola, rivela come le autovetture elettriche oggi giochino un ruolo ancora marginale, anche perché nelle flotte aziendali il parco auto è caratterizzato da alti tempi di permanenza (più di 6,5 anni) e da percorrenze annue maggiori di 35.000 km. Le autovetture più diffuse nelle flotte sono quelle a combustione interna, benché il numero di BEV sia in aumento in medie e grandi imprese. In particolare, le auto diesel sono preponderanti: dal 70,8% del totale nelle grandi imprese all’82,8% nelle piccole imprese. Seguono le auto a benzina, dal 7,8% del totale nelle medie imprese al 16,1% nelle piccole imprese, mentre tutti gli altri tipi hanno una diffusione molto limitata.

In termini assoluti, le immatricolazioni di auto elettriche in Italia si sono attestate a poco più di 130.000 unità annue nel triennio 2021-2023 (115.000 nel 2022 anche a causa della carenza di materie prime post-covid) e questo significa che per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione bisognerebbe immettere nel mercato circa 800.000 auto all’anno da qui al 2030: una sfida decisamente ardua.

Nello scenario di sviluppo “inerziale” delineato nel Report (BAU, cioè proseguendo alle condizioni attuali) si raggiungeranno al 2030 a mala pena 2,8 milioni di auto elettriche (cui vanno sommati 4,3 milioni di vetture ad alimentazione alternativa), contro i 7,7 milioni dello scenario “full decarbonization” (FD) che addirittura oltrepasserebbe i target europei. Un obiettivo possibile è quello intermedio, identificato nello scenario “policy driven” (PD), che vedrebbe 6,6 milioni di auto elettriche al 2030 nel nostro Paese ma richiederebbe un insieme di misure normative, economiche e culturali – individuate insieme ai partner della ricerca – capaci di guidare l’azione politica dei prossimi anni.

Auto elettrica

Vendite auto ko in Europa. Acea chiede misure urgenti e cambia posizione su target CO2

L’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) cambia posizione e non insiste più per un rinvio di due anni degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 dell’Ue entro il 2025. Ora chiede che Bruxelles adotti misure urgenti per affrontare le crescenti sfide nel raggiungimento di questi obiettivi, poiché la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria continua a diminuire in tutta l’Unione. In una nota mette in luce una serie di preoccupazioni significative riguardo alla transizione verso una mobilità a zero emissioni e la sostenibilità del settore automobilistico europeo nel suo complesso.

Un aspetto fondamentale sottolineato da Acea è che la tecnologia dei veicoli e la disponibilità di modelli a zero emissioni non rappresentano più un collo di bottiglia per l’industria. Ci sono però criticità lungo la transizione: spicca l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica elettrica e di rifornimento di idrogeno, che rappresentano un freno alla diffusione di massa dei veicoli elettrici. La scarsità di queste infrastrutture crea una notevole incertezza tra i consumatori, che esitano ad abbandonare i veicoli tradizionali per passare a soluzioni più ecologiche, spiega Acea, come emerge dalle immatricolazioni di agosto. Le vendite di nuove auto nell’Ue hanno registrato un forte calo (-18,3%) con risultati negativi nei quattro principali mercati della regione: perdite a due cifre sono state registrate in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), con il mercato spagnolo in calo del 6,5%. In particolare le immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono diminuite del 43,9% a 92.627 unità (rispetto alle 165.204 dello stesso periodo dell’anno scorso), con la loro quota di mercato totale scesa al 14,4% dal 21% dell’anno precedente.

Oltre a questo, l’associazione dei produttori di autoveicoli europei richiama l’attenzione sul problema della competitività dell’industria automobilistica del Vecchio Continente, che ha subito una forte erosione negli ultimi anni, un fenomeno confermato anche dal rapporto redatto dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi. Le preoccupazioni non riguardano solo le infrastrutture fisiche, ma anche la fornitura di energia verde, che non è sufficientemente accessibile e a costi competitivi, e la necessità di incentivi fiscali e agevolazioni per l’acquisto di veicoli elettrici, strumenti cruciali per stimolare il mercato e incentivare i consumatori a scegliere soluzioni a basse emissioni. Un altro punto fondamentale evidenziato da Acea riguarda la fornitura di materie prime come le batterie e l’idrogeno, che non è ancora garantita in modo adeguato per sostenere l’aumento della produzione di veicoli elettrici.

Di fronte a questi ostacoli, Acea esprime preoccupazione per la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni previsti entro il 2025. Le normative attuali, secondo l’associazione, non tengono conto dei cambiamenti significativi intervenuti nel contesto geopolitico ed economico globale negli ultimi anni. La rigidità di queste regole, che non riescono ad adattarsi agli sviluppi del mondo reale, rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà di un settore già sotto pressione. Questo scenario solleva la prospettiva di multe multimiliardarie, evidenzia Acea, che potrebbero essere invece reinvestite per accelerare la transizione verso zero emissioni. Se le sanzioni non saranno evitate, il settore potrebbe essere costretto a ridurre inutilmente la produzione, con conseguenti perdite di posti di lavoro e un indebolimento della catena di fornitura europea.

La preoccupazione maggiore di Acea è, dunque, che l’industria automobilistica europea non possa permettersi di attendere la prevista revisione delle normative sulle emissioni, che è in programma per il 2026 o 2027. La nota dei produttori europei sottolinea che è necessaria “un’azione urgente” e concreta già nell’immediato per invertire la tendenza negativa attuale e per ripristinare la competitività dell’industria dell’Ue. Particolarmente importante, secondo Acea, sarà anche una “revisione anticipata delle normative per i veicoli pesanti”, in modo da garantire che le infrastrutture necessarie per camion e autobus siano ampliate tempestivamente, affinché anch’essi possano contribuire agli obiettivi di riduzione delle emissioni. Acea, quindi, chiede una discussione per un “pacchetto di misure di sostegno a breve termine” che possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di CO2 per auto e furgoni entro il 2025. Inoltre, l’associazione ribadisce l’importanza di una “revisione rapida, completa e solida delle normative sulla CO2” sia per auto che per veicoli pesanti, oltre a una legislazione secondaria mirata, al fine di avviare in modo deciso la transizione verso una mobilità a emissioni zero e assicurare un futuro industriale sostenibile per l’Europa.

La Via della Meta: portare in Italia le aziende cinesi dell’auto (elettrica)

Il viaggio della premier Giorgia Meloni a Pechino segna una (nuova) svolta nei rapporti tra Italia e Cina dopo lo strappo della Via della Seta, là dove i rapporti con una delle grandi potenze del mondo non è mai stato agevole in passato e pare resti comunque delicato nel presente. Però, pur con tutte le tutele del caso, è quasi un passaggio ineludibile guardare alla Cina per dare ossigeno al made in Italy e per capire quali ricadute (positive) possano scaturire da alcune sinergie industriali che riguardano il nostro Paese, segnatamente nel settore dell’automotive. Nell‘accordo quadro (triennale) strutturato in sei punti, l’auto elettrica e la possibilità da parte di aziende cinesi di impiantare fabbriche in Italia è forse lo snodo più importante, assieme a un accordo sulle rinnovabili, in particolare l’eolico offshore, e all’eventualità di scansare i dazi sulle merci importate dalla Ue, in risposta ai dazi imposti dall’Europa sulle auto cinesi.

La Cina, assieme all’India, è uno dei grandi inquinatori del Pianeta. Eppure sull’elettrico è anni luce avanti rispetto a tutti i potenziali competitor. E l’Italia, che attualmente ha un solo produttore di automobili, potrebbe/vorrebbe accogliere aziende cinesi. Sembra che ce ne siano sei pronte a sbarcare da noi, agevolate dall’ok del governo e dal dialogo che sta portando avanti da mesi Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy. Se da un lato è fondamentale la stabilità del sistema delle regole che sta alla base di una cooperazione non solo commerciale, dall’altro è indispensabile una certa flessibilità interpretativa per non irrigidire le posizioni. “Solo i cinesi possono produrre un’utilitaria elettrica”, ha detto Federico Visentin, presidente di Federmeccanica, certificando la superiorità tecnologica di Pechino. Tutto questo anche se il mercato dell’elettrico è in stallo per una questione di prezzo (elevato) delle autovetture, di autonomia delle stesse e di carenze di strutture, le agognate colonnine di ricarica. Rimane un dato inconfutabile: il 20% delle auto elettriche acquistate entro i confini dell’Unione europea è cinese e persino Tesla costruisce in Cina dove il costo della manodopera è inferiore.

Tornando all’Italia, il paradosso è che attualmente importiamo di più dalla Cina di quanto esportiamo in Cina (47 miliardi a fronte di 19 miliardi) e la missione della premier a Pechino va vista anche sotto questo aspetto non proprio trascurabile. Dalla Via della Seta si è passati alla Via della Meta, con l’obiettivo dichiarato di intensificare le relazioni commerciali. Meloni si è anche offerta come facilitatore dei rapporti tra la Cina e la Ue, proprio perché alcune rigidità di Bruxelles sono state mal digerite da Pechino, ma aggettivamente gli equilibri della nuova Ue non legittimano a ottimismi assortiti.

Urso da oggi in missione in Cina: focus su tecnologia green e auto elettriche

Chiuso l’accordo sulla via della Seta, il governo italiano torna in Cina. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al termine del Consiglio dei ministri di oggi, partirà per Pechino per una missione ufficiale di due giorni. L’obiettivo del viaggio, spiega il Mimit, è quello di favorire un “bilanciamento dei rapporti” tra i due Paesi, ponendo le basi per un nuovo corso sulle “sinergie industriali“.

Giovedì 4 luglio scatteranno i dazi provvisori dell’Unione europea sui veicoli elettrici Made in China, compresi tra il 17,4% e il 38,1%, oltre alla tariffa standard del 10% per le importazioni di auto. Una misura presa per limitare la concorrenza sleale nel comparto. La Commissione europea ha annunciato i risultati preliminari di un’indagine ancora in corso sulle sovvenzioni concesse dalla autorità di Pechino ai produttori cinesi di veicoli elettrici. Secondo il dossier, i principali marchi cinesi ricevono sussidi definiti come “ingiusti e dannosi per la concorrenza dei produttori europei“.

La visita di Urso si concentrerà su una serie di dossier riguardanti le partnership industriali negli ambiti della tecnologia green e, appunto, della mobilità elettrica, degli accordi riguardanti la proprietà intellettuale e sulla cooperazione tra le Pmi. Nella due giorni, il titolare di Palazzo Piacentini incontrerà il ministro dell’Industria e delle Tecnologie per l’Informazione della Repubblica Popolare Cinese, Jin Zhuanglong e terrà diverse riunioni con player industriali. Tra queste, gli incontri annunciati sono con il presidente di CCIG (China City Industrial Group), Gu Yifeng; il presidente della società automobilistica Chery, Yin Tongyue; il presidente di Ming Yang, Zhang Chuanwei; il presidente di Weichai, Tan Xuguang e i vertici della società JAC.

Urso conosce bene la Cina, dove è stato più volte dal 2001. Nel corso di questo mandato ha avuto un bilaterale con il segretario del Partito Comunista Cinese in seno alla municipalità di Pechino e numero quattro del Politburo, Yin Li, e ha incontrato più volte l’ambasciatore cinese in Italia Jia Guide, con il quale ha condiviso il programma della missione. Negli ultimi mesi il ministro ha inoltre ricevuto a Roma decine di imprese cinesi, tra le quali Chery, Dongfeng Motor, CCIG. Nei suoi precedenti incarichi di governo Urso è stato più volte in missione in Cina con le imprese italiane e ha incontrato i rappresentanti del governo di Pechino nelle loro frequenti missioni in Italia e in tanti vertici internazionali, sin dalla ministeriale di Doha nel Qatar del 2001, quando la Cina fu accolta nel WTO.

Contromossa della Cina dopo dazi su auto elettriche: “Inchiesta anti dumping su importazione di carne suina europea”

La Cina ha annunciato lunedì di aver avviato un’indagine antidumping sulle importazioni di carne suina e prodotti derivati dall’Unione Europea. Il ministero del Commercio “ha avviato un’indagine antidumping sulle importazioni di carne di maiale e prodotti derivati dall’Unione Europea”, ha dichiarato in un comunicato.

L’annuncio arriva nel contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. La scorsa settimana l’Ue ha dichiarato che avrebbe imposto ulteriori dazi doganali sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi a partire dal mese prossimo, a seguito di un’indagine antisovvenzioni avviata nel settembre 2023. I veicoli prodotti nelle fabbriche cinesi sono stati finora tassati nell’Ue con un’aliquota del 10%. Bruxelles prevede di aggiungere dazi compensativi del 17,4% per il produttore cinese BYD, del 20% per Geely e del 38,1% per SAIC, al termine di quasi nove mesi di indagine.

Pechino ha immediatamente denunciato il “comportamento puramente protezionistico” degli europei, avvertendo che avrebbe preso “tutte le misure per difendere fermamente i suoi diritti legittimi”. A gennaio aveva già aperto un’indagine antidumping sui brandy europei, compreso il cognac francese. Avviata in seguito a un reclamo dei professionisti cinesi del settore alcolico, questa procedura è vista dagli osservatori anche come una misura di ritorsione nei confronti dell’indagine europea sui sussidi alle auto elettriche prodotte in Cina, ampiamente sostenuta dalla Francia.

Contestualmente, il Paese asiatico ha reagito con forza alla dichiarazione finale del G7, definendola “piena di arroganza, pregiudizi e bugie”. I leader riuniti a Borgo Egnazia hanno espresso la loro “preoccupazione per le politiche e le pratiche non di mercato” che stanno portando a “conseguenze globali, distorsioni del mercato e dannose sovraccapacità in un numero crescente di settori”. Il G7 ha inoltre esortato Pechino ad “astenersi da misure di controllo delle esportazioni, in particolare sui minerali critici, che potrebbero generare interruzioni significative nella catena di approvvigionamento globale”, dal momento che il Paese impone restrizioni alle esportazioni di minerali cruciali per settori come i veicoli elettrici e le telecomunicazioni.