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Consiglio Energia al voto su auto inquinanti. Salvi efuels, fuori Italia con biocarburanti

Italia chiama e Bruxelles non risponde. Alla riunione dei 27 ambasciatori dell’Ue che si è tenuta questa mattina, il governo italiano ha chiesto di far rinviare ancora il voto sullo stop ai motori a combustione, diesel e benzina, dal 2035 ma senza successo. Dopo l’accordo annunciato nel fine settimana tra Commissione Ue e Germania per esentare i carburanti sintetici dal divieto, Roma ha tentato questa mattina un nuovo rinvio per prendere ancora tempo e negoziare sui biocarburanti. Ma proprio l’accordo tra Bruxelles e Berlino dovrebbe garantire il via libera all’accordo sul dossier del ‘Fit for 55’ senza grandi sorprese.

Il regolamento sulle emissioni CO2 delle nuove auto sarà dunque domani in agenda al Consiglio Energia come punto ‘A’, che tecnicamente significa che i ministri voteranno senza una discussione anche se questo non gli impedirà di prendere la parola. Caduto il veto di Berlino, la presidenza svedese alla guida dell’Ue sa che non dovrebbe esserci margine per creare una minoranza di blocco in seno al Consiglio e ha annunciato il dossier al voto domani dopo la riunione degli ambasciatori. L’accordo con la Germania chiarisce i termini del ‘considerando 11’ del regolamento per l’immatricolazione dopo il 2035 di veicoli che funzionano con i carburanti sintetici, gli efuels. La Commissione europea dovrebbe presentare ai governi una dichiarazione scritta sui prossimi passi per l’attuazione di questa parte del regolamento in cui si impegna a presentare una “proposta per l’immatricolazione dopo il 2035 dei veicoli alimentati esclusivamente con carburanti neutri”, per quanto riguarda le emissioni di CO2. Su questo ha fatto pressione la Germania per far considerare alla Commissione europea i carburanti sintetici tra i carburanti a zero emissioni, dal momento che si tratta di carburanti realizzati con elettricità rinnovabile e anidride carbonica catturata dall’atmosfera, che compensano dunque le emissioni emesse. L’accordo offre alla Germania maggiori dettagli su come l’Ue intende attuare la disposizione sugli efuels. L’Italia ha chiesto a Bruxelles la stessa apertura sui biocarburanti, che però non danno la stessa garanzia in termini di emissioni zero.

Alla riunione di questa mattina, l’Italia avrebbe chiesto più tempo per studiare l’accordo, dal momento che l’intesa con la Germania sebbene non alteri formalmente il testo normativo del nuovo regolamento, “cambierebbe le condizioni per la sua interpretazione ed attuazione”. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, l’Italia avrebbe sottolineato nel corso della riunione che una interpretazione restrittiva dei carburanti neutri in termini di CO2 (che include cioè efuels ma esclude altri carburanti rinnovabili come i biocarburanti) “non è accettabile” in quanto non in linea con il principio di neutralità tecnologica. Bruxelles ha in più occasioni chiarito di non volere e non potere (dal momento che sul dossier c’è già un accordo tra Parlamento e Consiglio) rinegoziare i termini dell’accordo ma solo chiarire la parte relativa al considerando 11. Alla conta domani al Consiglio Energia a votare contro dovrebbero rimanere l’Italia e la Polonia – a meno di cambiamenti dell’ultima ora -, mentre la Bulgaria ha deciso di astenersi. Con i soli voti contrari di Roma e Varsavia e l’astensione di Sofia l’accordo avrebbe ottenuto comunque il via libera con voto a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55 % degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue. Con l’astensione o l’opposizione della Germania (che rappresenta circa il 18 per cento della popolazione europea) si era creata una minoranza di blocco in seno al Consiglio Ue, costringendo la presidenza svedese dell’Ue a rimandare finora il voto. Il problema della minoranza di blocco ora non dovrebbe esserci più.

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Auto, nel 2030 -42% occupati. Ma per Motus-E boom filiera elettrica porterà saldo positivo

Motus-E ha presentato alla fiera K.EY 2023 di Rimini il primo volume di ricerca dell’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano (Osservatorio Tea), realizzato insieme al Cami (il Center for Automotive and Mobility Innovation del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia). Lo studio analizza le possibili evoluzioni delle quattro ruote verso l’elettrificazione, spinta anche dalla direttiva europea che dal 2035 vorrebbe mettere fuori mercato i motori endotermici. Un obiettivo che già nel 2030 potrebbe avere effetti tangibili su produzione e occupazione in Italia.

Secondo il report Boston Consulting Group su dati Ihs Markit/Standard & Poor, fra 7 anni gli occupati legati ai motori endotermici diminuiranno di circa il 42%, mentre cresceranno quelli operanti nel mondo elettrico di circa il 10% “includendo il rischio di contrazione del mercato e di automazione tecnologica”, si legge nel volume presentato da Motus-E. La produzione europea si ridurrà poi del 4% e le vendite dell’8%. Infine la quota di Bev (cento per cento elettriche) prodotte in Europa sarà del 59%.

Nel dettaglio, “volendo analizzare in dettaglio la composizione dei circa 43.000 occupati in aziende che producono almeno un componente specifico per l’endotermico si nota una concentrazione, come prevedibile, per i 2/3 in Piemonte e Lombardia”, si legge nello studio. Poi, “analizzando le 199 imprese coinvolte, dal punto di vista dimensionale, risulta che quasi il 40% degli occupati afferisce a quelle con fatturato superiore ai 250 milioni”. Di quanto valore aggiunto parliamo? “Per quanto riguarda il fatturato, le 199 aziende che producono almeno un componente specifico per i veicoli endotermici hanno generato al 2020 un fatturato complessivo di quasi 11 miliardi”.

Scendendo ulteriormente nel dettaglio, e analizzando i 14mila occupati in aziende attualmente esposte unicamente, per via della loro attività, al powertrain endotermico – spiega lo studio – si nota una forte riduzione percentuale della concentrazione degli occupati impattati in Lombardia compensata da un incremento più omogeneo nelle restanti regioni e, soprattutto, da quello del Piemonte che raccoglie la metà degli occupati a rischio. Gli occupati a rischio in questo perimetro sono impiegati per oltre il 60% in imprese con fatturato superiore ai 100 milioni; questa distribuzione è molto simile a quella mostrata per il raggruppamento precedente mostrando solo una riduzione nella fascia 50-100 milioni”.

Considerando le due dimensioni aziendali, “le imprese considerate a rischio in Piemonte, pur essendo numericamente il 30% in meno rispetto a quelle della Lombardia”, generano un “fatturato 8 volte superiore con 3,5 volte il numero degli occupati di quest’ultima”. Nello specifico sono 19 le aziende piemontesi a rischio, imprese che danno lavoro a 7.070 impiegati per un giro d’affari di 2,9 miliardi.

Tuttavia, sottolinea Motus-E, “con i tre quarti degli occupati della filiera dedicati oggi a produzioni non esclusive per i powertrain endotermici, dall’analisi emerge che sarebbe sufficiente al 2030 un marginale incremento di queste attività trasversali per compensare anche un dimezzamento dei lavoratori destinati unicamente ai motori tradizionali”. Inoltre, “approfondendo il ragionamento con ipotesi di reattività” del sistema economico, l’impatto occupazionale complessivo al 2030 risulta addirittura positivo, con un incremento del 6% degli occupati totali della filiera. Numeri a cui si potrebbero peraltro sommare i circa 7mila nuovi posti di lavoro al 2030 stimati da Bcg per il comparto infrastrutture ed energia al servizio della mobilità elettrica, che per chiarezza si è deciso però di contabilizzare a parte”.

Asse Roma-Parigi sul nucleare. E Meloni cerca la sponda di Macron sulle auto

A Meloni servono alleati europei sul dossier migranti. A Macron servono alleati sul dossier nucleare. Ed è anche sull’energia e la transizione che la premier a Bruxelles in occasione del Vertice Ue cerca di ricucire lo strappo degli ultimi mesi con il presidente francese, Emmanuel Macron. I due leader hanno avuto ieri sera un tête-à-tête di un’ora e quaranta al termine della prima giornata di Vertice, in cui – secondo quanto si apprende da fonti dell’Eliseo – avrebbero ribadito la necessità di continuare a lavorare per la sovranità europea, sia in termini di politica industriale, per garantire la competitività dell’Unione, che di energia, per assicurare la decarbonizzazione delle loro economie.

E poco dopo la fine del Vertice e dell’Eurosummit è Meloni a confermare pieno sostegno alla linea di Macron sul nucleare, che secondo la premier rispetta il principio di neutralità tecnologica e può contribuire a raggiungere gli obiettivi di neutralità al 2050 dell’Ue. “Condivido la posizione della neutralità tecnologica, quindi penso che tutte le tecnologie che possono garantire di raggiungere gli obiettivi che l’Unione europea si è posta devono essere considerate, indipendentemente da quello che i singoli Stati intendono fare dell’uso di quella tecnologia, e indipendentemente dalla scelta italiana“, ha chiarito la premier in un punto stampa al termine Vertice Ue, rispondendo a una domanda sulle richieste della Francia sul Nucleare. “Se le altre nazioni vogliono usare una tecnologia che rispetta quei target, allora è giusto che possano farlo“.

Soprattutto da quando la crisi energetica connessa alla guerra di Russia in Ucraina ha costretto i Paesi Ue a ripensare il proprio mix energetico, Parigi fa pressioni a Bruxelles per il riconoscimento di un ruolo di primo piano dell’energia dell’atomo nelle politiche energetiche dell’Ue. In primis, il ruolo dell’energia dell’atomo nella produzione di idrogeno e idrogeno a basso contenuto di carbonio. Anche Macron in conferenza stampa ha chiarito di aver avuto un’ottima discussione questa mattina con cancelliere tedesco Olaf Scholz sulle questioni della neutralità tecnologica.
Stiamo per trovare l’accordo sull’idrogeno per preservare la neutralità tecnologica e raggiungere l’obiettivo comune della neutralità tecnologica, tutelando la sovranità e la competitività. Nucleare e rinnovabili lo permettono, gas e carbone no“, ha affermato il capo dell’Eliseo. “Il nucleare – ha aggiunto – costituisce una parte essenziale della nostra politica energetica. Dobbiamo rispettare il principio della neutralità tecnologica e il mix energetico di ogni Paese membro“. Il dossier a cui fa riferimento Macron è il pacchetto sulla decarbonizzazione del mercato del gas, su cui gli Stati membri stanno negoziando nell’ottica di raggiungere un accordo al Consiglio Ue energia del 28 marzo.

Lo stesso principio di neutralità tecnologica è quello che evoca Meloni sul dossier auto e biocarburanti, su cui – ritiene la premier – la partita a Bruxelles è tutt’altro che chiusa e su cui evidentemente la premier ha cercato la sponda francese. La partita sui biocarburanti “non è affatto persa. Intanto è vinta quella sulla neutralità tecnologica, che è la condizione per riconoscere i biocarburanti”, ha detto la premier, sullo stop ai motori termici dal 2035. “Fermi restando i target che condividiamo e siamo pronti a centrare, la cosa più importante è stabilire che quali siano le tecnologie con le quali arrivare a quei target non sia un dogma che deve essere imposto, ma debba essere anche una valutazione complessiva, anche sulla base delle tecnologie di cui ogni nazione dispone“.

La partita dei biocarburanti sembra però chiusa dal punto di vista di Bruxelles, dal momento che la Commissione europea ha spiegato a più riprese che intende chiarire solo i termini del ‘considerando’ presente nel testo dell’accordo che riguarda gli e-fuels, i carburanti sintetici, come richiesto dalla Germania. Per Meloni anche i biocarburanti sono tecnologia a “emissioni zero” e devono essere considerati per continuare ad alimentare le auto anche post 2035.

Frans Timmermans

L’Ue chiude sui biocarburanti: “Non riapriremo l’accordo, stop al 2035”

A Bruxelles non c’è margine per riaprire il negoziato sullo stop all’immatricolazione di auto a combustione interna, diesel e benzina, a partire dal 2035. Su questo, la Commissione europea è chiara. Nei colloqui in corso con Berlino per sbloccare lo stallo sul dossier fermo da settimane in Consiglio “non stiamo ampliando il quadro” normativo. Il testo “dell’accordo prevede un ‘considerando’ sugli e-fuels e tutto quello che stiamo facendo è essere più espliciti sul significato di quella” parte del testo, ha spiegato il vicepresidente della Commissione per il Green Deal, Frans Timmermans, a margine del pre-vertice del Partito socialista europeo che si è tenuto a Bruxelles. “Qualsiasi altra cosa riaprirebbe l’intero accordo, e non è quello che stiamo facendo”, ha assicurato. “Stiamo parlando all’interno dell’accordo per il quale c’è stata una maggioranza in Parlamento europeo e in Consiglio“.

Non solo, dunque, non c’è margine per riaprire l’accordo sullo stop alla vendita di auto a combustione interna, diesel e benzina, dal 2035, su cui Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico a ottobre. Ma secondo Bruxelles non c’è spazio di manovra neanche per includere una deroga sui biocarburanti oltre che agli e-fuels, come richiede il governo Meloni. “La tesi che continuiamo a sostenere è che, fermi restando gli obiettivi della transizione che condividiamo, non riteniamo che l’Unione debba occuparsi anche di stabilire quali siano le tecnologie con cui arrivare a quegli obiettivi“, ha sottolineato la premier all’arrivo al Consiglio europeo in corso a Bruxelles. Ha aggiunto che “ci sono tecnologie su cui l’Italia e l’Europa sono potenzialmente all’avanguardia e decidere di legarsi a tecnologie che invece di fatto sono detenute come avanguardia da nazioni esterne all’Unione è una scelta che non favorisce la competitività del nostro sistema“, ha detto, presumibilmente in riferimento al motore elettrico. Per la premier si tratta di “una tesi di buon senso, confidiamo possa passare anche per quel che riguarda i biocarburanti“, ha aggiunto.

Il ‘no’ secco di Meloni sulle auto è motivo di scontro con l’opposizione al governo e lo ha ricordato la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, alla sua prima riunione pre-vertice del Partito socialista europeo. Sul ‘no’ allo stop ai motori tradizionali dal 2035 i partiti di maggioranza “si sbagliano”, ha dichiarato secca. Per il Pd la sfida vera sfida non è fare la transizione, ma capire “come accompagnare la conversione ecologica” su cui ha assicurato che “l’ambizione delle proposte della Commissione continuerà ad avere il nostro pieno supporto affinché si creino le competenze per riprofessionalizzare lavoratrici e lavoratori“. Aggiornare le competenze, creare nuovi posti di lavoro dedicati alla doppia transizione verde e digitale. E’ tutto necessario, come lo è accompagnare questa riconversione dell’economia italiana e europea con ulteriori risorse. E’ necessario che “ci siano risorse in più anche da parte dell’Unione europea per accompagnare le imprese, le famiglie, i lavoratori, per accompagnare le imprese a innovare i loro processi produttivi e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente“, ha avvertito la segretaria.

La Germania blocca da settimane ormai il dossier del ‘Fit for 55’ chiedendo alla Commissione europea di scrivere nero su bianco che anche dopo il 2035 ci sarà la possibilità di vendere le auto con motore a combustione, purché alimentate da combustibili sintetici, gli e-fuels. Nelle scorse settimane, Bruxelles ha messo a punto un piano per convincere la Germania a dire ‘sì’ al dossier su cui invece da settimane ormai sta puntando i piedi. Ma sull’idea di non riaprire un accordo già chiuso è d’accordo anche la stessa cancelleria di Berlino. “Ci sono chiare intese in Europa. Ciò include anche l’idea, sottoscritta da tutti, che dovrebbe esserci un regolamento proposto dalla Commissione europea che garantisca che dopo il 2035 i veicoli che possono essere utilizzati solo con e-fuel possano continuare a essere immatricolati“, ha chiarito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in arrivo al Vertice. “Questo è il risultato di un dialogo” tra le istituzioni europee e dunque “in realtà si tratta solo di trovare il modo giusto, in modo molto pragmatico, per attuare effettivamente la promessa che la Commissione ha fatto molto tempo fa“, ha spiegato.

Meloni tiene punto sulle auto elettriche e le case green: “Transizione la scegliamo noi”

Alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, Giorgia Meloni torna a ribadire che i tempi e i modi della transizione verde non può stabilirli l’Europa.

Dopo le sue comunicazioni, l’Aula della Camera approva la risoluzione di maggioranza. Viene approvata anche una parte della risoluzione del Terzo Polo, mentre vengono respinti tutti gli altri testi presentati dalle opposizioni.

Sul fronte energia, l’Italia chiede all’Europa unità, diversificazione delle fonti, lotta contro la speculazione dei mercati, diffusione delle rinnovabili ma anche rapido riempimento degli stoccaggi.
La premier assicura di condividere gli obiettivi green, ma rivendica la neutralità tecnologica: “Quello su cui non siamo d’accordo – scandisce – è che l’Europa debba a monte dirci quali tecnologie siano necessarie per raggiungere gli obiettivi della transizione. Credo che la sfida debba essere stabilire la diversificazione tecnologica che ci consenta di non devastare il sistema produttivo e di lavorare sull’avanguardia che in questa nazione abbiamo“.

Il processo verso un’economia verde, dunque, deve essere sostenibile anche dal punto di vista sociale ed economico. Per questo il governo di Roma si oppone a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. “Il rischio è di passare dalla dipendenza da gas russo alla dipendenza dell’elettrico cinese. Non mi sembra intelligente. Questo è il tema che pongo“, spiega all’Aula della Camera. L’obiettivo, sul fronte automotive, è puntare sui biocarburanti, di cui l’Italia è all’avanguardia. “L’elettrico non è la panacea tutti mali. Non mi sfugge come i componenti vengano estratti con tecniche che devastano l’ambiente e vengano prodotti in Cina con le centrali a carbone“, afferma.

Quanto alla direttiva sulle Case green, l’assenza di contributi e risorse, avverte la leader di Fdi, rischia di risolvere anche questa fattispecie “in un ulteriore onere complesso in un momento particolarmente difficile“. In altre parole, “se da una parte ci sono gli obiettivi, dall’altra non vengono garantite le risorse necessarie. Mentre i primi target di efficientamento sono posti al 2027, la Commissione risponde che i primi contributi arriveranno dal 2028. Il tema non è se l’onere se lo debbano caricare la famiglie o lo Stato italiano. E’ uguale – insiste -, sono sempre soldi degli italiani“.

Intanto, Meloni continua il confronto con gli altri Leader europei. Dopo aver sentito il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Primo Ministro greco Kyriakos Mitsotakis e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in serata la premier italiana sente anche il Primo Ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, sulla priorità del sostegno all’Ucraina, sull’urgenza di attuare le decisioni del Consiglio Europeo di febbraio per una risposta europea nella gestione della migrazione e sull’importanza di adottare soluzioni per la competitività delle economie europee attraverso il pieno utilizzo di tutti gli strumenti Ue.

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Auto, Roma all’Ue: “Non escludere i biocarburanti”. Bruxelles punta sugli e-fuels per convincere Berlino

Non escludere i biocarburanti dai futuri piani Ue per le auto a zero emissioni. Roma chiama Bruxelles e cerca di inserirsi nei colloqui in corso tra la Commissione europea e la cancelleria di Berlino per sbloccare lo stallo sullo stop alla vendita dei motori a combustione interna, diesel e benzina, a partire dal 2035. Uno dei dossier cruciali del pacchetto climatico ‘Fit for 55’ che Berlino tiene in ostaggio al Consiglio per ottenere un riconoscimento da parte della Commissione che anche dopo il 2035 potranno essere vendute le auto a combustione interna con carburanti neutri per il clima, come i biocarburanti e gli e-fuels, ovvero combustibili liquidi o gassosi, di origine sintetica, che vengono prodotti attraverso processi alimentati da energia elettrica.

Per cercare di superare il veto tedesco, la Commissione europea ha messo a punto una proposta vista da Reuters che – confermano fonti, ha raggiunto solo la cancelleria di Berlino nelle scorse ore – per modificare il regolamento e consentire la vendita di nuove auto con motori a combustione oltre il 2035, ma solo alimentati da combustibili elettrici a impatto climatico neutro. Bruxelles spera così di convincere la Germania a dire ‘sì’ al dossier su cui invece da settimane ormai sta puntando i piedi. Secondo media tedeschi, il governo di Berlino avrebbe già respinto nei fatti la proposta di Bruxelles ma per ora non ci sono conferme ufficiali. Il voto in Consiglio Ue sulle auto a combustione è tenuto in ostaggio da settimane da Berlino, che chiede alla Commissione europea un impegno più vincolante di quello attuale a presentare una proposta per aprire la strada ai veicoli alimentati con carburanti sintetici (e-fuel) anche dopo il 2035. Un mercato ancora poco sviluppato in Europa, su cui però Berlino punta e che al momento potrebbe costare più dell’elettrico.

Sul dossier auto Parlamento e Consiglio Ue avevano già raggiunto un accordo a ottobre, che ora è in attesa dell’ultimo via libera tra gli Stati membri. L’intesa tra i co-legislatori prevede un riferimento al fatto che la Commissione europea presenti una proposta per l’immatricolazione dei veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili CO2 neutrali dopo il 2035 e a un impegno della Commissione europea a valutare i progressi verso il target di zero emissioni per le auto, valutando anche se e-fuel e biocarburanti possano contribuire all’obiettivo. Berlino preme però per un impegno da parte di Bruxelles che le nuove norme siano vincolanti, non lasciate ai confini indefiniti di due ‘considerando’ (dunque non vincolanti) all’interno del regolamento.
La proposta di Bruxelles per sciogliere la controversia con Berlino parla però solo di e-fuels, non dei biocarburanti. Qui si inserisce la lettera che il vicepremier ai Trasporti Matteo Salvini e i ministri dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin e del Made in Italy, Adolfo Urso, hanno indirizzato al vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ribadendo che l’Italia non è disposta ad accettare “una interpretazione indebitamente ristretta da parte della Commissione del concetto di carburanti neutri”, con l’esclusione dei biocarburanti. L’Italia – continua la lettera – ha sponsorizzato (insieme alla Germania) l’utilizzo di carburanti CO2 neutrali per consentire immatricolazioni anche dopo il 2035. Per questo, scrivono i ministri, “abbiamo proposto il considerando 11 del nuovo regolamento CO2 in buona fede e ci aspettiamo che la Commissione lo attui ben prima della revisione del 2026, proponendo un atto giuridicamente vincolante. Un impegno in tal senso da parte della Commissione, con l’indicazione di una tempistica, sarebbe molto apprezzato e permetterebbe di concludere positivamente il dossier”.

Frans Timmermans

Timmermans: “Auto solo elettriche dal 2035? No, ma a zero emissioni”

“Lasciamo all’Industria la scelta della tecnologia, ma dal 2035 le auto prodotte in Europa saranno senza emissioni. Questo non vuol dire che le auto termiche non ci saranno più, le auto termiche ci saranno ancora. Ma le nuove auto prodotte saranno senza emissioni”. Il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans arrivando a Pollenzo, (Cuneo) per l’inaugurazione dell’anno accademico nell’Università di scienze gastronomiche, è tornato su uno dei temi più attuali nell’agenda politica del governo (e dell’Europa) e del settore industriale. Una delle questioni più dibattute è quella legata all’alimentazione delle auto green. Dovranno essere solo elettriche? “No – ha risposto Timmermans – noi diciamo emissioni zero, dipende dall’industria quale tecnologia scegliere. Io preferisco auto elettriche o a idrogeno ma se ci sono altre tecnologie tocca all’industria scegliere”.

Sullo stop alle auto termiche dal 2035, così come deciso da Bruxelles, “quando abbiamo negoziato l’accordo – ha aggiunto il vicepresidente della Commissione Ue – l’Italia era felice perché avevamo trovato soluzione per i piccoli produttori. Spero che possiamo convincere il governo italiano. “Perché la Cina arriva con 80 modelli di auto elettriche quest’anno: se vogliamo un futuro per l’auto europea dobbiamo andare avanti, non indietro. Sono centinaia di migliaia di posti di lavoro che dobbiamo creare per il futuro. Questo è il futuro. Il futuro sono le auto senza emissioni”, ha ricordato.

L’obiettivo finale, infatti, è il net zero, per il quale serve uno sforzo congiunto. “Dobbiamo mettere pressione su chi ha la maggiore responsabilità” per i cambiamenti climatici, ha spiegato Timmermans. Anche perché “i Paesi del G20 sono responsabili dell’80% delle emissioni, la sola Cina del 30. Il mio lavoro di quest’anno sarà provare a far lavorare anche la Cina. Ma sono ottimista”.

Salvini: “Transizione ecologica non diventi strage economica. Necessario più tempo”

Bene la transizione ecologica, ma non sia imposta dall’Ue. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, è tornato ad ‘attaccare” la linea europea verso le norme e delle direttive che puntano, in particolare, alle case e auto green. Parlando a Radio24, il vicepremier ha detto che “non c’è il partito di quelli che amano l’ambiente e il partito di quelli che amano l’inquinamento. Io vivo in una delle zone più inquinate del mondo che è la Pianura Padana e vorrei che i miei figli crescessero con i polmoni sani, però vorrei che gli italiani continuassero a lavorare”. “Ci sono tecnologie – ha aggiunto – che emettono ormai quasi zero, dire solo elettrico o niente è un’impuntatura ideologica dietro la quale non vorrei ci fossero anche spinte o finanziamenti cinesi, perché altrimenti una scelta così sciocca non si spiega”.

Ieri Salvini ha incontrato a Strasburgo i suoi omologhi di una dozzina di Paesi per fare il punto sull’Euro7 e sullo stop alle auto con motori a combustione dal 2035.E’ stata una giornata positiva. Con i ministri tedesco, polacco, portoghese, slovacco, rumeno e tanti altri – circa una dozzina – contiamo di essere in maggioranza per dire che la transizione ecologica è fondamentale” così come lo è “portare il parco bus e auto a emettere di meno, ma non può essere fatto con imposizioni, obblighi e divieti”. Anche perché, ha ricordato Salvini, “l’elettrico in questo momento costa di più e nel suo ciclo di vita completo forse inquina anche di più”. Insomma, “costringere tutto il continente a passare nel giro di poco tempo solo all’elettrico – senza altre soluzioni ugualmente meno inquinanti – significa consegnarsi mani e piedi alla Cina”. “Stiamo lavorando come matti per cercare il gas nel mondo ed essere indipendenti dalle forniture russe”, ha spiegato Salvini, quindi “non possiamo passare dal gas russo all’elettrico cinese tout court”.

E’ necessario, ha ribadito, che la transizione ecologica non diventi “una strage economica”. E il rischio, ha ricordato, c’è. Ad, esempio, sulle case green. “Ci sono 8 milioni di abitazioni in classe F e G – ha detto – e se uno ce l’ha così è evidente che non ha i quattrini per metterla a norma. Quindi imporre” la direttiva sulle case green “con così poco tempo, rischia di imballare il settore dell’edilizia e mettere in difficoltà milioni di famiglie”. “Chiediamo più tempo – ha aggiunto – più buon senso, incentivi, non multe. Il problema sia sull’auto sia sulla casa ci sono imposizioni, divieti, multe o tasse: la transizione ecologica va accompagnata, spiegata e cofinanziata”.

Più volte il ministro ha ribadito che si sta “correndo come matti”. “Quanti italiani hanno preso un’auto elettrica e l’hanno ridata indietro perché mancano le stazioni di ricarica? Al ministero ho in mano questo dossier. Stiamo cercando di mettere colonnine di ricarica ovunque – ha detto – ma pensate alle grandi città o ai Paesi” di montagna…”è complicato e non lo puoi fare per imposizione di Bruxelles, in poco tempo e spendendo miliardi che non ci sono”.

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Vertice Paesi Ue contrari a stop alle auto a diesel e benzina. Salvini: “Ribadito il nostro no”

La proposta della Commissione europea sui nuovi standard Euro 7 per le emissioni di auto e furgoni non piace agli otto ministri dei trasporti Ue – di Italia, Germania, Polonia, Repubblica ceca e (da remoto) Slovacchia, Ungheria, Romania e Portogallo – che oggi si sono incontrati a Strasburgo in una riunione a margine dei lavori della sessione plenaria per fare un punto sul futuro dei dossier europei che riguardano l’industria automotive dell’Ue. Oltre agli standard Euro7, la riunione è stata anche l’occasione per fare un punto sui negoziati in stallo al Consiglio sullo stop ai motori a combustione interna dal 2035 e sulle nuove norme di riduzione delle emissioni per i veicoli pesanti.

Una riunione convocata su iniziativa del ministro di Praga, Martin Kupka, per discutere principalmente degli Euro7 ma che per l’Italia, rappresentata a Strasburgo dal ministro Matteo Salvini, è soprattutto un’occasione per ribadire il no secco del Paese allo stop della vendita dei veicoli a combustione interna, benzina e diesel, a partire dal 2035. Uno dei fascicoli più importanti del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ contro cui l’Italia ha annunciato che avrebbe votato contro in sede di Consiglio Ue. Fonti del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti assicurano che è stata confermata “piena sintonia” tra Roma, Berlino e Varsavia sulla questione. Alla riunione erano fisicamente presenti il ministro tedesco Volker Wissing e il polacco Andrzej Adamczyc, con il quale Salvini ha avuto un bilaterale al termine della riunione.

Il voto in Consiglio Ue sulle auto a combustione è tenuto in ostaggio da una settimana da Berlino, che chiede alla Commissione europea un impegno più vincolante di quello attuale a presentare una proposta che apra la strada ai veicoli alimentati con carburanti sintetici (e-fuel) anche dopo il 2035. L’Italia e la Polonia hanno confermato l’intenzione di votare contro il dossier, mentre la Bulgaria ha deciso di astenersi. Ma con i soli voti contrari di Roma e Varsavia e l’astensione di Sofia l’accordo avrebbe ottenuto comunque il via libera con voto a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue. Con l’astensione o l’opposizione della Germania (che rappresenta circa il 18% della popolazione europea) si andrebbe a creare una minoranza di blocco in seno al Consiglio Ue.
Al termine dell’incontro, Salvini ha riferito che la riunione con gli omologhi è stata positiva “per dire no alla messa al bando delle auto a benzina e diesel”, dal momento “che il solo elettrico significa fare un regalo alla Cina, licenziare in Italia, licenziare in Europa, non aiutare l’ambiente e mettersi in mano alla potenza cinese“. Ha poi aggiunto che la transizione ecologica “è fondamentale ma non va avanti a colpi di multe, divieti, obblighi, penalizzazioni e di tasse. Questo sia sulla casa che sulle auto. Evviva la transizione ecologica e ambientale ma accompagnata, non imposta per legge da Bruxelles sulla testa e il portafoglio degli italiani”.

Stando alle parole del ministro ceco per i trasporti Kupka, però, i ministri hanno toccato l’argomento più marginalmente, il focus dell’incontro erano gli Euro7. “Si è discusso anche della possibilità di introdurre nel regolamento un’esenzione giuridicamente vincolante per i carburanti sintetici (e-fuels) alle norme Ue” che prevedono lo stop ai motori a combustione interna dal 2035, ha sintetizzato il ministro in conferenza stampa. Più urgente, secondo Praga, è trovare una convergenza per portare la Commissione europea a rivedere le norme sugli standard Euro7, con cui Bruxelles propone di rendere i test sulle emissioni dei veicoli più coerenti con le condizioni di guida reali e di fissare limiti alle emissioni di particolato causate dall’usura di freni e pneumatici (che, secondo Bruxelles, stanno per diventare le principali fonti di emissioni di particolato dai veicoli), con l’obiettivo di ridurre entro il 2035 le emissioni di ossido di azoto (NOx) di auto e veicoli commerciali leggeri del 35% rispetto al precedente standard Euro 6.

La proposta sugli standard Euro7 non piace agli Stati membri, né all’industria. Secondo Praga, la proposta è controproducente ed è necessario modificarla nei prossimi mesi dal momento che richiede agli Stati azioni difficilmente praticabili. Nelle prossime settimane l’idea è quella di inviare alla Commissione europea “un resoconto di questo breve incontro, diviso per argomenti sui tre dossier che sono stati affrontati dai ministri”, ha spiegato ancora il ministro. Fonti diplomatiche spiegano che tra gli Stati membri non c’è urgenza di accelerare i lavori sul dossier per l’approvazione dentro al Consiglio Ue. A quanto si apprende, nonostante l’attuale presidenza svedese di turno al Consiglio Ue stia cercando di accelerare i lavori sul fascicolo, l’Italia tra altri Paesi sta spingendo per rallentarne l’approvazione in seno al Consiglio dove la discussione ancora non è stata avviata e la riunione di oggi ne è una testimonianza. E’ probabile che il dossier finisca direttamente sul tavolo della futura presidenza della Spagna, che guiderà il Consiglio Ue dal primo luglio al 31 dicembre.

Rixi: “Ponte sullo Stretto? Lo faremo, è più facile dell’AV Salerno-Reggio”

Non ha dubbi, Edoardo Rixi. Il Ponte sullo Stretto di farà: “Da parte nostra usciremo con un decreto nelle prossime settimane che individuerà il percorso per la realizzazione”, dice nell’intervista a GEA. Ma c’è un ma. “Il problema vero è che ci deve credere tutto il Paese, non basta che ci creda solo un ministro”, che nello specifico è Matteo Salvini, il tenutario del Mit. “Noi italiani abbiamo realizzato i viadotti, i ponti, le dighe più importanti a livello mondiale. Per il Ponte sullo Stretto ci deve credere il governo, ci devono credere le imprese, ci deve credere il tessuto industriale”.

Per l’uomo che è stato uno degli artefici della nascita del ponte San Giorgio a Genova, la costruzione del ponte sullo Stretto non è complicata: “I tempi per la costruzione del Ponte sullo Stretto saranno relativamente brevi, soprattutto se faremo rivivere quell’opera che si era fermata nel 2012 a cantieri aperti”. Una considerazione che si porta dietro pensieri aciduli: “Questo è uno dei Paesi più folli del mondo, dove si ferma un’opera simbolica di rilancio di un sistema industriale e produttivo a livello italiano, ma direi a livello europeo”. Adesso, però, pare davvero che non si possa più fare a meno di collegare la Sicilia al resto d’Italia: “Il ponte è decisivo perché porta di nuovo la centralità del Mediterraneo: all’Italia serve moltissimo, ma serve anche all’Europa”, spiega. “L’Europa che guarda sempre a Nord e che ha la testa a Nord rischia di marginalizzare i Paesi mediterranei, abbandonati a se stessi”.

Due anni per l’inizio dei lavori, altri tre o quattro per fare in maniera che il ponte sia percorribile. La teoria di Rixi è basata sulla praticità: “Evidentemente è molto più facile costruire il Ponte sullo Stretto che l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria, dove abbiamo da affrontare tratti montagnosi e da fare opere in galleria assolutamente importanti”. Poi sulle proteste degli ambientalisti la riflessione è molto asciutta: “Definirli ambientalisti secondo me significa dar loro troppa importanza. Ci sono delle persone che vivono per il non fare, come c’è chi vive per non lavorare. C’è chi vive dicendo che difende l’ambiente, invece l’ambiente lo distrugge. Perché il Ponte sullo Stretto sarebbe una delle opere ambientalmente più rispettose, Ma è chiaro che esiste il fronte del no, cioè il fronte di chi magari, anche a volte a ragione, teme cantieri infiniti”.

Il Ponte collegherà la Sicilia all’Europa. E proprio l’Europa (“attenta alla forma ma non alla sostanza”) inquieta Rixi. L’ultima controversia è quella relativa alla norma che dal 2035 vieterà la produzione di auto a motore endotermico: “Una cosa è certa: puntare esclusivamente sull’elettrico è un errore. E non lo dice un Paese. Lo dicono i dati a livello mondiale. Paesi evoluti come gli Stati Uniti hanno spesso dei black out anche in grandi città… Che nel sistema italiano vorrebbe dire la parcellizzazione in caso di elettrificazione totale di tutto il sistema logistico nazionale che per l’88% va su gomma”. L’auspicio del viceministro è che si trovi una soluzione di compromesso con Bruxelles: “E’ ovvio che ci sarà in futuro un mix. Ci saranno sicuramente motori, anche termici, con caratteristiche molto migliorate dal punto di vista di qualità delle emissioni. Ci sarà l’idrogeno, ci sarà una compagine elettrica, soprattutto sulle brevi medie percorrenze“. E, aggiunge, “ci saranno probabilmente anche il biometano e i biocarburanti. Questi sono tutti elementi che insieme creeranno la mobilità del futuro”.