Piano Mattei, Mattarella: “Collaborazione paritaria con l’Africa. Futuro comune con Ue”

La stabilità dell’Africa resta uno dei temi prioritari dell’agenda internazionale. Un concetto ribadito dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, anche nella seconda tappa del suo viaggio nel continente africano, al termine dell’incontro al Palazzo Presidenziale di Accra con Nana Addo Dankwa Akufo-Add, presidente della Repubblica del Ghana, Paese che l’Italia considera “un esempio virtuoso di democrazia, un modello che può trasmettere anche ad altri l’importanza della democrazia”, soprattutto in questa fase storica in cui alcune nazioni dell’Africa occidentale “il sistema democratico sembra davvero vacillare”.

Mattarella ricorda come “anche grazie alle riforme intraprese, il Ghana sta superando con successo la crisi economica e finanziaria che l’ha messa a dura prova nel periodo passato”. Del resto si tratta di un “partner fondamentale” per l’Italia “nell’ambito del partenariato tra Africa ed Europa, che intendiamo fondato sul reciproco rispetto, sul rapporto paritario e di collaborazione che giova a entrambe le parti”, spiega il presidente della Repubblica. Perché, a suo modo di vedere, “il futuro di Africa ed Europa è necessariamente comune”, dice confermando la visione già espressa più volte.

Sono tanti i temi su cui è possibile unire le forze, ma è necessario coltivare gli stessi valori. Come accade a Ghana e Italia, “che si ispirano a multilateralismo, dialogo fra tutti i Paesi, pace e alla convinzione che la strada intrapresa in alcune parti del mondo, in Europa, in Africa, in Medio Oriente, per la sopraffazione della guerra, è quella sbagliata”, sottolinea Mattarella. Per questo serve “il rafforzamento delle Nazioni Unite” con la “necessaria” riforma del Consiglio di sicurezza. Per affrontare le “sfide che abbiamo di fronte come umanità, anzitutto quella del clima, che richiedono una grande collaborazione internazionale, impossibile in uno scenario di contrapposizione”.

Roma e Accra, però, hanno “anche una tradizionale, grande collaborazione sul versante energetico, che è un aspetto importante del nostro partenariato”, mette in luce Mattarella. Ricordando che l’Eni è presente in Ghana “da tanto tempo e continuerà ad esserlo certamente, una volta superate le difficoltà” per una cooperazione “che si manterrà e si svilupperà”.

In questo quadro si inserisce “il Piano Mattei che il governo italiano ha lanciato, evocando un protagonista dell’amicizia tra Africa ed Europa e dell’amicizia per l’indipendenza allora conseguita dai Paesi africani”, spiega. Un progetto alla cui base c’è “la volontà di collaborare sul piano paritario, secondo le esigenze e le indicazioni dei Paesi africani, cercando di coinvolgere in questo l’intera Europa”.

Nel discorso del presidente della Repubblica c’è spazio per ricordare il comune impegno contro la pirateria e i traffici illeciti nel Golfo di Guinea: “Un impegno che è importante mantenere fermo”. Anche grazie alla presenza del pattugliatore d’altura ‘Bettica‘ della Marina Militare italiana, che collabora a “questo scopo comune, per la sicurezza della libertà di navigazione”.

Mattarella torna in Africa: visita in Costa d’Avorio e Ghana, energia e istruzione tra i temi

Costa d’Avorio e Ghana: sono le due tappe del nuovo viaggio istituzionale del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Africa. Da oggi, 2 aprile, a sabato 6, accompagnato dal vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, il capo dello Stato tornerà nel continente africano, stavolta visitando due Paesi molto importanti dal punto di vista geostrategico e per il programma di cooperazione italiano, che si collega anche al Piano Mattei varato dal governo. Dopo essere stato in Etiopia e nell’area australe (Mozambico e Zambia), ora Mattarella visiterà la parte occidentale: per dare un ulteriore segnale a un continente che da sempre ha ricevuto l’attenzione italiana, ma che ora assume un ruolo sempre più centrale. Ovviamente, con questa doppia visita completa ma non esaurisce la geografia politica del Quirinale.

Sono principalmente tre i temi che saranno affrontati. Innanzitutto, Costa d’Avorio e Ghana, trovandosi a sud di un’area turbolenta come quella del Sahel, messa a durissima prova negli ultimi anni tra colpi di Stato e terrorismo, fungono anche da ‘cerniera’ grazie al fatto di aver sviluppato modelli e strutture democratiche nella regione. Soprattutto il Ghana, che ha una storia ‘esemplare’ anche sui processi elettorali. Ma entrambi i Paesi possono vantare economie dinamiche e aperte, dunque nonostante risentano delle turbolenze cercano comunque di portare avanti un’azione moderatrice e stabilizzatrice. Il 3 aprile Mattarella sarà ricevuto al Palazzo Presidenziale di Abidjan, dove incontrerà il presidente della Repubblica della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara. Nel pomeriggio, poi, sarà alla cerimonia di consegna delle Chiavi del Distretto di Abidjan, molto sentita dalla comunità locale: un’onorificenza riconosciuta a personalità ritenute di alto valore. Nella mattinata del 5 aprile, invece, ad Accra, Mattarella sarà alla Jubilee House, dove avrà un incontro con il presidente della Repubblica del Ghana, Nana Addo Dankwa Akufo-Addo. A seguire, si recherà al Memoriale di Kwame Nkrumah e successivamente al Castello di Christiansborg.

La visita in Africa sarà anche l’occasione per portare il saluto al comandante e ai membri dell’equipaggio del Pattugliatore d’altura ‘Bettica‘ della Marina Militare italiana, impegnata in operazioni di monitoraggio nel Golfo di Guinea, nell’ambito di un programma di lotta alla pirateria e ad altre forme di criminalità in mare, come contributo al quadro di sicurezza di Paesi come Costa d’Avorio e Ghana, appunto, che essendo rivieraschi dipendono molto dai commerci e, quindi, dal transito delle imbarcazioni. Mattarella sarà a bordo della nave, attraccata al porto di Tema, ad Accra, il 6 aprile, prima di rientrare in Italia.

Altro argomento sarà la formazione e l’istruzione, molto centrale nel programma di cooperazione con l’Africa e ora anche con il Piano Mattei. Il 4 aprile, in Costa d’Avorio, Mattarella (primo presidente della Repubblica italiana in visita nel Paese) farà tappa al complesso scolastico di Canal Vridi, ristrutturata grazie all’impegno della Ong Avsi e dell’Eni, mentre sabato 6 aprile, sarà al Centro di formazione professionale don Bosco di Ashaiman, in Ghana, gestito dai padri salesiani e creato grazie al contributo di Confindustria Alto Adriatico: un progetto legato allo sviluppo dei flussi regolari dell’immigrazione, necessari alla nostra economia, che prevede la preparazione dei giovani africani, che poi saranno chiamati a fare pratica in Italia.

Si parlerà anche di energia nel viaggio del capo dello Stato. Sempre il 4 aprile, infatti, Mattarella visiterà la stazione a terra del giacimento di olio e gas associato di Baleine, scoperto nel 2021 dall’Eni a 70 chilometri dalla costa di Abidjan e a 1.200 metri di profondità, che ha potenzialità di 2,5 miliardi di barili di olio in posto e dall’entrata in produzione ha prodotto 100 miliardi di metri cubi di gas associato. Nell’area il Cane a sei zampe è molto attivo e ha in cantiere diversi progetti, non solo per le estrazioni ma anche per lo sviluppo delle comunità locali, che saranno illustrate del managing director Eni Costa d’Avorio e dall’intervento del ministro delle Miniere, del Petrolio e dell’Energia ivoriano.

 

 

Photo credit: sito internet ufficiale del Quirinale

Eni, Piano 2024-2027: 27 miliardi di investimenti. Descalzi: “La società sarà più forte”

Eni presenta il Piano strategico per il quadriennio 2024-2027. La novità più interessante è la previsione di spesa per gli investimenti: 27 miliardi di euro, circa 7 miliardi l’anno, in calo di oltre il 20% rispetto a quella del precedente piano, anche se non cambia il percorso di crescita, visto che la riduzione è frutto di un approccio “disciplinato nella selezione“, della “più ampia gestione del portafoglio” e del “miglioramento della qualità dei progetti“, comunica il Cane a sei zampe. “Affrontiamo le sfide poste dalla transizione energetica con la nostra strategia distintiva di crescita e creazione di valore, in grado di rispondere alle esigenze di sicurezza e competitività delle forniture energetiche, conseguendo nel contempo gli obiettivi di decarbonizzazione“, dice l’amministratore delegato, Claudio Descalzi, al Capital Markets 2024. Che spiega: “Stiamo aumentando significativamente la nostra generazione di cassa, anche attraverso la diversificazione delle fonti, la riduzione dei rischi e l’espansione in nuove aree di opportunità legate alla transizione“.

Che è “realizzabile se genera ritorni adeguati e sostenibili e pone le basi per nuove e profittevoli forme di business“, avvisa il manager. Eni comunque considera “ognuno dei business legati alla transizione candidato ideale per il nostro modello satellitare, che consente di ridurre l’impegno finanziario per la crescita e di esplicitare il loro valore di mercato“. Di grande impatto anche le stime sul flusso di cassa operativo, che “ante capitale circolante nel 2024 si prevede pari a 13,5 miliardi di euro, con una media di 15 miliardi nel periodo del piano“, ma “a scenario costante, al 2027 sarà superiore di oltre 30% a quello del 2024 o del 45 percento per azione“.

Cifre simbolo di una crescita che l’azienda sottolinea essere “guidata da tutti i settori, con Plenitude ed Enilive, i principali business legati alla transizione energetica, che insieme rappresentano circa il 20% di tale aumento“. E per il futuro, Eni prevede l’Ebitda pro-forma di Enilive oltre 1,6 miliardi di euro nel 2027, con un tasso di crescita medio annuo del 20 percento, mentre quello di Plenitude punta ai 2 miliardi alla fine del ciclo previsto dal piano, più che doppiando dunque i numeri al 2023. Performance stimate in base al fatto che la capacità di bioraffinazione “è prevista a oltre 3 MPTA entro il 2026, il doppio rispetto a fine 2023, e raggiungerà oltre 5 MTPA entro il 2030, con più di 1 MTPA di opzionalità Saf al 2026, potenzialmente raddoppiabile al 2030“. E l’agribusiness di Eni “crescerà fino a rappresentare oltre il 35% del feedstock processato nelle bioraffinerie italiane” dell’azienda al 2027. Mentre, per quanto riguarda la capacità installata di energia rinnovabile “al 2023 è arrivata a 3 GW, quindi dieci volte circa il dato del 2020, e intendiamo farla crescere ulteriormente fino a 4 GW nel 2024 e più che raddoppiarlo entro il 2027”, sottolinea Descalzi. Che aggiunge: “Questa crescita è sostenuta da una pipeline molto solida, ben oltre i 20 GW, ben diversificata tra le varie tecnologie e le varie zone geografiche“. Altro tema cruciale per Eni sono le esplorazioni, grazie alle quali sono stati scoperti “oltre 16 miliardi di boe di risorse negli ultimi 15 anni, di cui 900 milioni nel 2023, al costo di circa 1,2 dollari” per barili di petrolio equivalente. Per la compagnia italiana questa tecnica “continuerà a essere un importante motore di creazione di valore, investendo oltre 1,5 miliardi nel corso del piano“.

Allo stesso tempo, il “business upstream continuerà a crescere e a generare rilevanti flussi di cassa, con il Cffo per barile previsto in aumento di oltre il 30%” da qui al 2027 e “il gas naturale avrà un maggior peso nella nostra produzione”. Così come è prevista una riduzione dei costi corporate di 1,8 miliardi. “Tutti i principali indicatori economici e finanziari denotano crescita e solidità, grazie al nostro chiaro percorso di generazione di valore che aumenta l’esposizione alle fasi positive del ciclo ed è resiliente in quelle negative”, dice ancora Descalzi. “Questo ci consente di migliorare in misura sostanziale la nostra politica di remunerazione” e dunque “incrementiamo la quota di distribuzione agli azionisti”. Il ceo prosegue: “La nostra politica di remunerazione è fortemente competitiva, implicando al prezzo corrente dell’azione un rendimento del 9%”. Negli ultimi due anni Eni ha distribuito 11 miliardi di euro agli azionisti e ora intende distribuire tra il 30%-35% del Cffo annuale, in aumento rispetto al precedente 25%-30%, sotto forma di dividendi e di buyback. Il dividendo proposto per il 2024 è 1 euro per azione (un incremento superiore al 6%) e il buyback fissato a 1,1 miliardi. Non si ferma nemmeno l’impegno contro il cambiamento climatico, perché il Cane a sei zampe conferma tutti i suoi obiettivi: “Net zero per le emissioni Upstream Scope 1 e 2 entro il 2030, quello di net zero per tutte le attività di Eni Scope 1, 2 entro il 2035” e “gli obiettivi di riduzione delle emissioni Scope 1, 2 e 3: 35 percento entro il 2030, 80% entro il 2040 e net zero entro il 2050”. Per dirla con le parole di Descalzi, “a compimento del Piano, Eni sarà una compagnia più forte dal punto di vista industriale e della redditività, con un portafoglio di business competitivi, in grado di continuare a crescere e a generare ritorni molto attrattivi”.

Le ‘donne della transizione’ rompono il soffitto di cristallo

La parità di genere, quella vera, è ancora lontana. Ma negli ultimi anni la società civile ha fatto comunque dei passi avanti notevoli, così come la politica e il mondo dell’impresa. Dalle istituzioni alle grandi aziende, oggigiorno ci sono molte più donne ai posti di vertice rispetto a un passato anche recente, ma il percorso è lungo. E chissà se il processo che dovrà portare al compimento delle transizioni, ecologica, energetica e digitale, possa dare quella spinta che serve per frantumare definitivamente il soffitto di cristallo. Non solo perché Greta Thunberg è diventata ormai un simbolo mondiale dell’attivismo per il clima e la decarbonizzazione.

La riflessione emerge se, con santa pazienza, si prova a scorrere negli elenchi di Camera, Senato, Palazzo Chigi, management delle imprese chi sono attualmente i vertici. L’esempio più concreto è sicuramente quello del governo, dove Giorgia Meloni è entrata a far parte della storia del Paese come prima donna presidente del Consiglio. Nelle sue mani passano tutti i dossier più importanti, compresi quelli del Green Deal ovviamente. Oltre alla premier, tra le ‘donne della transizione‘ c’è di sicuro Vannia Gava, che per la seconda volta ricopre il ruolo di vice ministro dell’Ambiente, dicastero al quale da questa legislatura viene affiancata anche la delega alla Sicurezza energetica.

In Parlamento, invece, Chiara Braga, capogruppo del Partito democratico alla Camera, e Luana Zanella, presidente dei deputati di Avs, portano avanti la bandiera dell’ambientalismo nelle istituzioni. Tra i banchi di Montecitorio siede anche Elly Schlein, prima segretaria del Pd, sempre in prima linea sulle battaglie per il clima.

In Europa, poi, entra di fatto e di diritto nel pantheon la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Non foss’altro perché, anche nel suo caso, la responsabilità dei temi passa comunque tutta dalle sue mani. Nella squadra di Bruxelles, poi, ci sono la vicepresidente esecutiva, Margrethe Vestager, che si occupa di Digitale, Kadri Simson, che ha il compito di gestire la delega all’Energia, e Iliana Ivanova, commissaria a Innovazione, ricerca, cultura, istruzione e gioventù.

Nel mondo economico e finanziario è Christine Lagarde, attuale presidente della Banca centrale europea ed ex direttrice del Fondo monetario internazionale, il volto più conosciuto sul palcoscenico mondiale. Mentre sta iniziando a ritagliarsi il suo spazio anche Nadia Calvino, nominata lo scorso 1 gennaio presidente della Banca europea per gli investimenti: prima donna a ricoprire questo ruolo dalla fondazione della Bei, nel 1958.

Tornando in Italia, la situazione inizia a cambiare anche nei board delle principali società partecipate. Sebbene la strada sia ancora faticosamente lunga, visto che la prima e unica donna (della storia) a capo di una delle più grandi aziende italiane è l’amministratrice delegata e direttrice generale di Terna, Giuseppina Di Foggia, nominata il 9 maggio di un anno fa. Nel gruppo Eni, invece, Rita Marino è presidente di Plenitude, mentre tra i manager figurano Chiara Ficeti per l’Energy Management, Giorgia Molajoni per Digital, Information Technology & Communication, Giovanna Bianchi Health, Safety, Environment and Quality e Simona Napoli Internal Audit.

Rimanendo nel campo energetico, Francesca Gostinelli è Head of Enel X Global Retail, Silvia Fiori direttrice della funzione Audit di Enel, Elisabetta Colacchia è Head of People and Organization, Margherita Mezzacapo, Marina Lombardi e Donata Susca rispettivamente responsabili di Audit, Innovazione e Health, Safety, Environment and Quality di Enel Green Power & Thermal Generation, la business line di Enel che si occupa della generazione di energia elettrica.

Spostando l’obiettivo verso la parte più economica, Silvia Maria Rovere è presidentessa di Poste Italiane dal maggio 2023, Alessandra Ricci è amministratrice delegata e direttrice generale di Sace, che molto spesso investe in progetti relativi alla transizione ecologica e la sostenibilità. Altro nome di rilievo è quello di Silvia Massaro, presidentessa di Sace Srv, la società specializzata nel recupero dei crediti e gestione del patrimonio informativo. Regina Corradini D’Arienzo, inoltre, è ad e dg di Simest e Alessandra Bruni presidentessa di Enav.

Spostando l’attenzione sul mondo associazionistico, le donne con ruoli apicali diventano ancora di meno. Perché tra le grandi sigle ricoprono incarichi di vertice Annamaria Barrile, direttrice generale di Confagricoltura, Maria Letizia Gardoni, presidentessa di Coldiretti Bio, Maria Grazia Mammuccini, presidentessa di FederBio, Barbara Nappini e Serena Milano, rispettivamente presidentessa e direttrice generale Slow Food Italia, e Nicoletta Maffini, presidentessa di AssoBio. Infine, c’è molto da rivedere nel mondo sindacale, se solo Daniela Piras ha un incarico di vertice come segretaria generale della Uiltec.

Mobilità, Descalzi (Eni): “Non si può puntare su un’unica soluzione”

Nel sistema energetico” per quel che concerne il segmento della mobilità “non si può mai puntare su un’unica soluzione”. Lo dice l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, a margine del Forum di Coldiretti. “Come Eni puntiamo sui biocarburanti, ma ci sono mezzi pesanti, tutta la parte aeronautica e i mezzi navali che ovviamente non possono passare in modo immediato, e forse mai, all’elettrico – aggiunge -. Quindi, hanno bisogno anche delle alternative con bassa impronta carbonica”. Ma “puntiamo molto sull’elettrico, siamo la prima o tra le prime società in termini di stazioni di ricarica in Italia e ne abbiamo molte anche in Europa”, dice ancora Descalzi. Che prosegue: “Abbiamo la parte dell’elettrico, quella del biodiesel e dei biocarburanti in senso generale, anche se l’elettrico resta fondamentale – sottolinea -. Bisogna avere tante soluzioni, perché dobbiamo cercare anche soluzioni che siano economiche e che possano auto-giustificarsi senza dover pesare sul governo o, ancora di più, a livello tariffario su tutti i cittadini”.

Descalzi: “Africa spinta a biocarburanti, ma colture non devono impattare su foreste”

E’ chiaro che l’Africa può essere una spinta ai biocarburanti a patto che si riesca a sviluppare quelle colture che stiamo sviluppando noi, quindi piante oleose, arbusti che vivono in zone quasi desertiche, con poca acqua, senza impattare sulle foreste primarie e secondarie, perché questo va contro l’obiettivo di ridurre il contenuto di Co2”. Lo dice l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, a margine del Forum di Coldiretti. “I più grossi contenitori e strumenti di cattura che esistono al mondo sono proprio le foreste primarie e secondarie”, conclude.

Meloni in Africa ma la crisi in Medioriente fa slittare il Piano Mattei

Poche righe della Farnesina per annunciare che la Conferenza Italia-Africa, fortemente voluta dal governo Meloni, è stata spostata a un vago inizio dell’anno che verrà. Era in calendario a novembre, ma gli ultimi sviluppi geopolitici, in particolare la guerra che sta sconvolgendo il Medioriente con ricadute inevitabili a livello energetico, hanno consigliato l’Italia e i partner africani di procrastinare l’appuntamento. Che, liofilizzando il concetto, avrebbe ‘benedetto’ ufficialmente il Piano Mattei, cavallo di battaglia della premier da quando si è insediata a palazzo Chigi.

Lo slittamento della Conferenza non ha impedito alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di volare in Congo e Mozambico, là dove l’Eni ha una sfera di operatività ai massimi livelli, e di portare avanti discorsi energetici intavolati da più di un anno. Insomma, con l’aria che tira meglio cautelarsi. Non è neppure casuale che ad accompagnare Meloni nel suo blitz sia proprio Claudio Descalzi, l’amministratore delegato del Cane a sei zampe, manager che ha massime aderenze africane e totale conoscenza del territorio.

Va da sé che il progetto di trasformare l’Italia in hub Mediterraneo del gas subirà un forte rallentamento perché negli ultimi mesi poche tessere del mosaico sono andate al loro posto. Era già difficile prima, figurarsi adesso, la sintesi del pensiero di Descalzi, esplicitato alla festa dei 70 anni di Eni. Se la guerra Russa-Ucraina ha spinto fortemente verso il Piano Mattei, il conflitto che ha coinvolto Israele sta scombussolando tutte le strategie, non tanto perché Israele sia un nostro fornitore diretto (il gasdotto Leviathan non ci coinvolge, come nemmeno il giacimento di Tamar chiuso in via precauzionale) quanto per la situazione di instabilità che si è venuta a creare nell’area mediorientale, per le relazioni con i paesi arabi, per la posizione assunta dall’Algeria pro Gaza, per la necessità di Tel Aviv di cercare altre forme di carburanti alternative.

La summa di queste anomalie non può che allarmare, al punto che la premier si è detta preoccupata per uno shock energetico destinato a rendere ancora più delicata la gestione dei prezzi di gas e petrolio. Il Piano Mattei non può più essere una priorità ma non può neppure finire al fondo di un cassetto perché ha una sua valenza strategica (mettere l’Italia di nuovo al centro del villaggio) e una sua bontà in termini di interessi nazionali. Evidentemente, però, alle porte dell’inverno le priorità sono altre. Rimane un punto, che rientra nel Piano ma che – alla bisogna – può anche essere ‘estratto’ dal Piano stesso. Sono i giacimenti di gas che ci sono in Italia, ancora non trivellati, bloccati da molti vincoli non solo ambientali. Magari la soluzione ce l’abbiamo in casa.

Trasporti, per mobilità sostenibile dall’Ue servono meno regole e più incentivi

Transizione e sostenibilità non sono in discussione, ma nei modi l’Unione europea sta spingendo troppo sull’acceleratore. Troppe ambizioni e regole troppo severe, che rischiano di lasciare l’Ue al palo e, soprattutto, soccombere ad una concorrenza decisa di Stati Uniti e Cina. Servono cambi di passo, un compito lasciato a questo punto alla prossima legislatura. A fare il punto della situazione Withub, nell’evento ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’ dedicato alla mobilità pulita.

Un tema, quest’ultimo, che già tanto ha fatto discutere e che ancora continua a far discutere. Perché, sostiene l’europarlamentare Carlo Fidanza, membro della commissione Trasporti, “la strada della transizione non è in discussione, ma il tema è capire come arrivare alla meta”, e qui l’Ue sembra aver sbagliato qualcosa. L’esponente dei conservatori europei (Ecr) contesta in particolare la scelta compiuta sui motori del futuro, e la decisione di inserire nella strategia ‘green’ a dodici stelle i soli combustibili sintetici. Da un punto di vista industriale, critica Fidanza, “oggi siamo all’avanguardia sui biocarburanti, e non tenere conto di questa filiera per un Paese come l’Italia è un colpo pesante, anche per l’indotto dell’automotive, che non potrà essere rimodulato”. Da un punto di vista di agenda sostenibile, invece, “se si conteggiano le emissioni solo allo scarico si crea un indirizzo tecnologico mono-direzionale”. Da un punto di vista di politiche, dunque, “è stato un errore non tenere aperte le porte a delle alternative”. Un errore che viene imputato ad un “approccio ideologico della Commissione e di Timmermans”, il commissario responsabile per il Green Deal nel frattempo dimessosi per correre alle elezioni olandesi di novembre.

C’è poi un secondo errore strategico, a detta di Marco Stella, vicepresidente di Anfia-Associazione nazionale filiera industria automobilistica. “L’ansia più grande che rimane è quella regolatoria”, e questo rischia di penalizzare l’Ue e la sua competitività economica. “Quello che ci differenzia dalle due grandi arre con cui ci confrontiamo a livello industriale, Stati Uniti e Cina e Asia, è che noi abbiamo avuto l’ansia di regolamentare l’industria mentre loro hanno stimolato l’industria”. Facendo un paragone, “noi (europei, ndr) ci siamo preoccupati di mettere la bandierina della sostenibilità, loro (Stati Uniti e Cina, ndr) hanno messo sul terreno aiuti”, come dimostra anche l’Inflation reduction act varato dall’amministrazione Biden, il piano da circa 369 miliardi di dollari per sostenere l’industria del green-tech. Ecco, nella corsa alla transizione “c’è stato da parte nostra un disarmo volontario”, lamenta ancora il vicepresidente di Anfia. “Abbiamo lasciato loro la leadership”. Per questo “l’auspicio è che nella prossima legislatura Ue si pensi profondamente all’industria del nostro continente”.

La questione del sostegno è centrale anche per Massimo Nordio, presidente di Motus-E. “Oggi c’è bisogno di un aiutino. Parlo degli incentivi”. Certo, l’Ue ha meno disponibilità, e regole comuni di spesa per tenere in ordine conti pubblici dissestati da crisi sanitaria prima e crisi energetica poi. Ma servono interventi, visto e considerato che, insiste Nordio, “il sistema degli incentivi nel passato ha funzionato”. Questo per l’impresa non può essere ignorato, poiché quando si parla di mobilità sostenibile “il mercato che non si sta sviluppando è quello della fiscalità dell’auto”. Che si scelgano sgravi, incentivi o bonus “l’auto elettrica deve essere trattata, dal punto di vista fiscale, in maniera diversa perché è una scelta virtuosa e coraggiosa”. In Italia “interloquiamo con il governo anche da questo punto di vista”, affinché la politica tricolore possa fare pressione a livello Ue per un cambio di rotta ritenuto imprescindibile.

Marco Castagna, presidente di Duferco energia, attira l’attenzione sulla necessità di sostegno all’auto elettrica e le sue potenzialità sfatando quello che considera un mito. “Quello dei tempi di ricarica nelle aree di sosta è un falso problema, perché alla fine decido io quando e dove ricaricare”. Certo, riconosce, “il tema rimane il prezzo” al concessionario, ma, “andrebbe considerato il prezzo dell’intero ciclo”, perché l’auto elettrica “costa molto meno in manutenzione” rispetto a un’auto tradizionale. Stando ai numeri diffusi da Withub nel corso dell’evento, c’è tanto in ballo, soprattutto per l’industria italiana. Ad agosto 2023 i numeri di immatricolazioni auto elettriche sono i seguenti: 165.165 in Regno Unito, 86.649 in Germania, 19.657 in Francia, 4.055 in Italia, 3.583 in Spagna. L’Italia fa fatica. E rischia di continuare a fare fatica per le scelte compiute.

La decarbonizzazione trasporti è già iniziata: è resa possibile dalle tecnologie già disponibili, come il biocarburante HVO, già disponibile in purezza, che può essere utilizzato con le infrastrutture esistenti e in molti veicoli già in circolazione”, scandisce Alessandro Sabbini, Responsabile Relazioni Istituzionali Centrali di Eni. “L’HVO – spiega – è un esempio di economia circolare applicata alla mobilità e contribuisce da subito alla riduzione delle emissioni del trasporto stradale, anche pesante, e dei traporti aereo, marittimo e ferroviario”.

Massimiliano Salini (Fi/Ppe), membro della commissione Trasporto del Parlamento europeo, insiste sulla necessità di un più ampio ventaglio di scelte. “Indicare un’unica formula produce in genere l’effetto contrario di quello che volgiamo ottenere”, dice riferendosi allo stop europeo ai biocarburanti. “Il principale alleato della transizione è l’innovazione e il principale alleato dell’innovazione è la libertà tecnologica, quello che noi definiamo neutralità”. L’auspicio implicito è un cambio di rotta, affidato alla prossima legislatura che verrà. “Nessuno chiede di ridurre le ambizioni, ma di farlo collocando queste sfide nel tempo e nella storia, in modo che tutti possano concorrere: industria, i cittadini con la tutela delle loro tasche, e la politica affezionata all’ambiente ma affezionata a quella sintesi che noi cerchiamo di realizzare tra ambiente, innovazione tecnologica e il mantenimento in vita di una brillante manifattura che fa il bene dell’economia europea”.

Un’impostazione condivisa da Alberto Moro, direttore generale Automotive di Bitron, azienda che guarda alla transizione a 360 gradi. “Sui biorcarburanti possiamo sviluppare i motori termici. Sull’idrogeno abbiamo iniziato a lavorare da qualche anno e abbiamo prodotto delle soluzioni innovative, da fornire ai clienti”. Perché nel mondo e nella mobilità che cambiano “la sperimentazione tecnologica gioca un ruolo strategico” e a Bitron “cerchiamo di anticipare i bisogni dei nostri clienti”.

Eni scopre in Indonesia bacino da 140 miliardi di metri cubi di gas

Nuova scoperta di un giacimento di gas da parte di Eni in Indonesia, nel pozzo Geng North-1 perforato nella licenza North Ganal, a circa 85 km di distanza dalla costa orientale del Kalimantan. Le stime preliminari indicano volumi complessivi pari a 5 mila miliardi di piedi cubi di gas (circa 140 miliardi di metri cubi) con un contenuto di condensati fino a circa 400 milioni di barili. I dati acquisiti, secondo Eni, “permetteranno lo studio delle opzioni per uno sviluppo accelerato”.

Il pozzo, perforato fino ad una profondità di 5.025 metri in 1.947 metri di profondità d’acqua, ha incontrato una colonna a gas di circa 50 metri in arenarie di età miocenica dalle eccellenti proprietà petrofisiche, che sono state oggetto di una intensa campagna di acquisizione dati. Per una completa valutazione della scoperta è stata eseguita con successo una prova di produzione che, sebbene limitata dalle capacità delle attrezzature di test, ha permesso di stimare una portata del pozzo pari a 80-100 milioni di piedi cubi/giorno (circa 2,2-2,7 milioni di metri cubi al giorno) e 5000 -6000 barili al giorno di condensati associati.

Geng North, grazie alla sua ubicazione ed alle sue dimensioni, ha il potenziale per contribuire significativamente alla creazione di un nuovo polo di produzione nella parte settentrionale del bacino del Kutei, collegabile alle facilities di liquefazione (LNG) di Bontang, sulla costa del Kalimantan orientale, sfruttandone la capacità disponibile. Si stima che, in aggiunta a Geng North, nell’area di interesse siano presenti oltre 5mila miliardi di piedi cubi (Tcf) di gas in posto in scoperte non ancora sviluppate; allo stesso tempo un altrettanto significativo potenziale esplorativo è in fase avanzata di definizione attraverso gli studi in corso.

La scoperta di Geng North è infatti adiacente all’area del Indonesia Deepwater Development (IDD), che include diverse scoperte non ancora sviluppate, in particolare nelle licenze Rapak e Ganal, per la quale Eni ha recentemente annunciato l’acquisizione degli interessi di Chevron, aumentando la quota di partecipazione e acquisendo il ruolo di operatore. Si ritiene che siano possibili significative sinergie in termini di opzioni di sviluppo fra le due aree. L’acquisizione inoltre fornisce l’opportunità di sviluppo rapido (fast track) delle scoperte esistenti di Gendalo e Gandang (con riserve recuperabili di circa 56 miliardi di metri cubi di gas) mediante le facilities di produzione di Jangkrik operate da Eni.

La scoperta di Geng North segue il recente annuncio dell’accordo raggiunto da Eni per l’acquisizione di Neptune Energy, al completamento del quale la posizione di Eni nel blocco North Ganal e nella scoperta di Geng North si rafforzerà ulteriormente. Il blocco è operato da Eni North Ganal Limited, che detiene una partecipazione del 50,22%, con Neptune Energy North Ganal BV e Agra Energi I Pte Ltd che detengono rispettivamente il restante 38,04% e 11,74%. Eni opera in Indonesia dal 2001 e gestisce un ampio portafoglio di asset in esplorazione, sviluppo e produzione con una produzione a gas di circa 80.000 barili di olio equivalente al giorno in quota dai giacimenti di Jangkrik e Merakes nell’offshore del Kalimantan orientale.

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Eni, nella stazione di servizio un diner all’americana con menu di chef Romito

L’atmosfera è quella retrò, di un Diner hopperiano newyorkese. Un chiaroscuro di tavolini e neon colorati in cui la colazione, il pranzo, la cena hanno contorni sfumati. Il cibo è quello di un fast food stellato, dove tutti gli ingredienti, dalle farine ai lieviti, all’olio di frittura sono ben selezionati. Si chiama ‘Alt Stazione del Gusto’ e si trova a Roma, nella storica stazione di servizio di Eni in viale America all’Eur.

Aprirà le porte a chi parte e a chi arriva in città, a chi sosta per un rifornimento, a chi si ferma per un caffè al volo prima di iniziare la giornata o si intrattiene per un aperitivo dopo il lavoro. L’idea nasce da una collaborazione di Enilive, brand di Eni Sustainable Mobility, e Accademia Niko Romito dello chef tre stelle Michelin. L’obiettivo è raggiungere 100 aperture nel quadriennio, a cominciare dalle principali città italiane.

E’ il primo assaggio di Enilive, il nuovo brand lanciato una settimana fa, e dà l’idea di come stiamo trasformando la nostra società dedicata alla bioraffinazione, alla produzione di biometano, alle soluzioni di smart mobility e alla commercializzazione dei servizi e di tutti i vettori energetici per la mobilità, anche attraverso le oltre 5mila Enilive Station in Europa”, spiega durante la presentazione Stefano Ballista, amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility.

La proposta di Alt è un unicum nell’evoluzione dei servizi per le persone in mobilità e, ribadisce l’ad, “conferma l’impegno a essere sempre più vicini alle esigenze di chi frequenta e vive i nostri punti vendita, non solo per fare rifornimento“. Dopo aver consolidato la principale catena italiana di bar, gli Eni Café, la prima apertura del nuovo format avviene in una stazione dal valore storico e simbolico, quella di viale America, dove, ricorda, “siamo presenti fin dagli anni Sessanta e che da oggi si distingue e anticipa l’offerta che in futuro verrà estesa a tante altre Enilive Station, e non solo”.

Il menu si declina dalla colazione alla cena, in una serie di proposte al tavolo o da asporto. Per Enilive, la collaborazione con l’Accademia Niko Romito si inserisce nel percorso di rinnovo e ampliamento dell’offerta di servizi nella rete dei suoi oltre 5.000 punti vendita in Europa, di cui oltre 4.000 in Italia: le stazioni Eni oggi sono diventate ‘mobility point’ in grado di soddisfare un numero sempre maggiore di esigenze delle persone in movimento, attraverso la messa a disposizione di servizi che consentono ai clienti di trasformare la sosta per il rifornimento tradizionale o elettrico da necessaria a utile. Nel punto vendita di viale America è disponibile un’area dedicata alla ricarica dei veicoli elettrici attraverso tre colonnine di Plenitude il cui avvio e pagamento potranno essere effettuati anche direttamente nel ristorante.

La partnership tra Accademia Niko Romito e Enilive prevede un piano di sviluppo anche tramite franchising. Il progetto, oltre ai flagship che Niko Romito gestirà direttamente, svilupperà un piano di franchising proponendo modelli di gestione e formazione strategici e innovativi. Il progetto di sviluppo è diretto a un segmento di giovani imprenditori interessati a diventare gestori di un format di cucina popolare “su strada” di qualità, sviluppato attraverso un modello di business snello, organizzato e standardizzato.

Romito descrive Alt come la declinazione della sua ricerca in chiave “più democratica e trasversale“. “Ho immaginato un modello di ristorazione su strada perché le strade sono di tutti“, spiega lo chef: “Volevo lavorare ad un’offerta di cucina popolare, con piatti facilmente comprensibili, che avessero un’accezione quasi domestica e un approccio creativo, di qualità. Ho realizzato quello che io stesso vorrei trovare quando per lavoro viaggio e mi sposto: un menù che, dalla colazione alla cena, possa soddisfare il viaggiatore, il motociclista, la famiglia che transita, chi si ferma per un pranzo di lavoro in un’atmosfera informale o chi vuole portare via una merenda, del buon pane o un pollo fritto”.