Descalzi: “Africa spinta a biocarburanti, ma colture non devono impattare su foreste”

E’ chiaro che l’Africa può essere una spinta ai biocarburanti a patto che si riesca a sviluppare quelle colture che stiamo sviluppando noi, quindi piante oleose, arbusti che vivono in zone quasi desertiche, con poca acqua, senza impattare sulle foreste primarie e secondarie, perché questo va contro l’obiettivo di ridurre il contenuto di Co2”. Lo dice l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, a margine del Forum di Coldiretti. “I più grossi contenitori e strumenti di cattura che esistono al mondo sono proprio le foreste primarie e secondarie”, conclude.

Meloni in Africa ma la crisi in Medioriente fa slittare il Piano Mattei

Poche righe della Farnesina per annunciare che la Conferenza Italia-Africa, fortemente voluta dal governo Meloni, è stata spostata a un vago inizio dell’anno che verrà. Era in calendario a novembre, ma gli ultimi sviluppi geopolitici, in particolare la guerra che sta sconvolgendo il Medioriente con ricadute inevitabili a livello energetico, hanno consigliato l’Italia e i partner africani di procrastinare l’appuntamento. Che, liofilizzando il concetto, avrebbe ‘benedetto’ ufficialmente il Piano Mattei, cavallo di battaglia della premier da quando si è insediata a palazzo Chigi.

Lo slittamento della Conferenza non ha impedito alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di volare in Congo e Mozambico, là dove l’Eni ha una sfera di operatività ai massimi livelli, e di portare avanti discorsi energetici intavolati da più di un anno. Insomma, con l’aria che tira meglio cautelarsi. Non è neppure casuale che ad accompagnare Meloni nel suo blitz sia proprio Claudio Descalzi, l’amministratore delegato del Cane a sei zampe, manager che ha massime aderenze africane e totale conoscenza del territorio.

Va da sé che il progetto di trasformare l’Italia in hub Mediterraneo del gas subirà un forte rallentamento perché negli ultimi mesi poche tessere del mosaico sono andate al loro posto. Era già difficile prima, figurarsi adesso, la sintesi del pensiero di Descalzi, esplicitato alla festa dei 70 anni di Eni. Se la guerra Russa-Ucraina ha spinto fortemente verso il Piano Mattei, il conflitto che ha coinvolto Israele sta scombussolando tutte le strategie, non tanto perché Israele sia un nostro fornitore diretto (il gasdotto Leviathan non ci coinvolge, come nemmeno il giacimento di Tamar chiuso in via precauzionale) quanto per la situazione di instabilità che si è venuta a creare nell’area mediorientale, per le relazioni con i paesi arabi, per la posizione assunta dall’Algeria pro Gaza, per la necessità di Tel Aviv di cercare altre forme di carburanti alternative.

La summa di queste anomalie non può che allarmare, al punto che la premier si è detta preoccupata per uno shock energetico destinato a rendere ancora più delicata la gestione dei prezzi di gas e petrolio. Il Piano Mattei non può più essere una priorità ma non può neppure finire al fondo di un cassetto perché ha una sua valenza strategica (mettere l’Italia di nuovo al centro del villaggio) e una sua bontà in termini di interessi nazionali. Evidentemente, però, alle porte dell’inverno le priorità sono altre. Rimane un punto, che rientra nel Piano ma che – alla bisogna – può anche essere ‘estratto’ dal Piano stesso. Sono i giacimenti di gas che ci sono in Italia, ancora non trivellati, bloccati da molti vincoli non solo ambientali. Magari la soluzione ce l’abbiamo in casa.

Trasporti, per mobilità sostenibile dall’Ue servono meno regole e più incentivi

Transizione e sostenibilità non sono in discussione, ma nei modi l’Unione europea sta spingendo troppo sull’acceleratore. Troppe ambizioni e regole troppo severe, che rischiano di lasciare l’Ue al palo e, soprattutto, soccombere ad una concorrenza decisa di Stati Uniti e Cina. Servono cambi di passo, un compito lasciato a questo punto alla prossima legislatura. A fare il punto della situazione Withub, nell’evento ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’ dedicato alla mobilità pulita.

Un tema, quest’ultimo, che già tanto ha fatto discutere e che ancora continua a far discutere. Perché, sostiene l’europarlamentare Carlo Fidanza, membro della commissione Trasporti, “la strada della transizione non è in discussione, ma il tema è capire come arrivare alla meta”, e qui l’Ue sembra aver sbagliato qualcosa. L’esponente dei conservatori europei (Ecr) contesta in particolare la scelta compiuta sui motori del futuro, e la decisione di inserire nella strategia ‘green’ a dodici stelle i soli combustibili sintetici. Da un punto di vista industriale, critica Fidanza, “oggi siamo all’avanguardia sui biocarburanti, e non tenere conto di questa filiera per un Paese come l’Italia è un colpo pesante, anche per l’indotto dell’automotive, che non potrà essere rimodulato”. Da un punto di vista di agenda sostenibile, invece, “se si conteggiano le emissioni solo allo scarico si crea un indirizzo tecnologico mono-direzionale”. Da un punto di vista di politiche, dunque, “è stato un errore non tenere aperte le porte a delle alternative”. Un errore che viene imputato ad un “approccio ideologico della Commissione e di Timmermans”, il commissario responsabile per il Green Deal nel frattempo dimessosi per correre alle elezioni olandesi di novembre.

C’è poi un secondo errore strategico, a detta di Marco Stella, vicepresidente di Anfia-Associazione nazionale filiera industria automobilistica. “L’ansia più grande che rimane è quella regolatoria”, e questo rischia di penalizzare l’Ue e la sua competitività economica. “Quello che ci differenzia dalle due grandi arre con cui ci confrontiamo a livello industriale, Stati Uniti e Cina e Asia, è che noi abbiamo avuto l’ansia di regolamentare l’industria mentre loro hanno stimolato l’industria”. Facendo un paragone, “noi (europei, ndr) ci siamo preoccupati di mettere la bandierina della sostenibilità, loro (Stati Uniti e Cina, ndr) hanno messo sul terreno aiuti”, come dimostra anche l’Inflation reduction act varato dall’amministrazione Biden, il piano da circa 369 miliardi di dollari per sostenere l’industria del green-tech. Ecco, nella corsa alla transizione “c’è stato da parte nostra un disarmo volontario”, lamenta ancora il vicepresidente di Anfia. “Abbiamo lasciato loro la leadership”. Per questo “l’auspicio è che nella prossima legislatura Ue si pensi profondamente all’industria del nostro continente”.

La questione del sostegno è centrale anche per Massimo Nordio, presidente di Motus-E. “Oggi c’è bisogno di un aiutino. Parlo degli incentivi”. Certo, l’Ue ha meno disponibilità, e regole comuni di spesa per tenere in ordine conti pubblici dissestati da crisi sanitaria prima e crisi energetica poi. Ma servono interventi, visto e considerato che, insiste Nordio, “il sistema degli incentivi nel passato ha funzionato”. Questo per l’impresa non può essere ignorato, poiché quando si parla di mobilità sostenibile “il mercato che non si sta sviluppando è quello della fiscalità dell’auto”. Che si scelgano sgravi, incentivi o bonus “l’auto elettrica deve essere trattata, dal punto di vista fiscale, in maniera diversa perché è una scelta virtuosa e coraggiosa”. In Italia “interloquiamo con il governo anche da questo punto di vista”, affinché la politica tricolore possa fare pressione a livello Ue per un cambio di rotta ritenuto imprescindibile.

Marco Castagna, presidente di Duferco energia, attira l’attenzione sulla necessità di sostegno all’auto elettrica e le sue potenzialità sfatando quello che considera un mito. “Quello dei tempi di ricarica nelle aree di sosta è un falso problema, perché alla fine decido io quando e dove ricaricare”. Certo, riconosce, “il tema rimane il prezzo” al concessionario, ma, “andrebbe considerato il prezzo dell’intero ciclo”, perché l’auto elettrica “costa molto meno in manutenzione” rispetto a un’auto tradizionale. Stando ai numeri diffusi da Withub nel corso dell’evento, c’è tanto in ballo, soprattutto per l’industria italiana. Ad agosto 2023 i numeri di immatricolazioni auto elettriche sono i seguenti: 165.165 in Regno Unito, 86.649 in Germania, 19.657 in Francia, 4.055 in Italia, 3.583 in Spagna. L’Italia fa fatica. E rischia di continuare a fare fatica per le scelte compiute.

La decarbonizzazione trasporti è già iniziata: è resa possibile dalle tecnologie già disponibili, come il biocarburante HVO, già disponibile in purezza, che può essere utilizzato con le infrastrutture esistenti e in molti veicoli già in circolazione”, scandisce Alessandro Sabbini, Responsabile Relazioni Istituzionali Centrali di Eni. “L’HVO – spiega – è un esempio di economia circolare applicata alla mobilità e contribuisce da subito alla riduzione delle emissioni del trasporto stradale, anche pesante, e dei traporti aereo, marittimo e ferroviario”.

Massimiliano Salini (Fi/Ppe), membro della commissione Trasporto del Parlamento europeo, insiste sulla necessità di un più ampio ventaglio di scelte. “Indicare un’unica formula produce in genere l’effetto contrario di quello che volgiamo ottenere”, dice riferendosi allo stop europeo ai biocarburanti. “Il principale alleato della transizione è l’innovazione e il principale alleato dell’innovazione è la libertà tecnologica, quello che noi definiamo neutralità”. L’auspicio implicito è un cambio di rotta, affidato alla prossima legislatura che verrà. “Nessuno chiede di ridurre le ambizioni, ma di farlo collocando queste sfide nel tempo e nella storia, in modo che tutti possano concorrere: industria, i cittadini con la tutela delle loro tasche, e la politica affezionata all’ambiente ma affezionata a quella sintesi che noi cerchiamo di realizzare tra ambiente, innovazione tecnologica e il mantenimento in vita di una brillante manifattura che fa il bene dell’economia europea”.

Un’impostazione condivisa da Alberto Moro, direttore generale Automotive di Bitron, azienda che guarda alla transizione a 360 gradi. “Sui biorcarburanti possiamo sviluppare i motori termici. Sull’idrogeno abbiamo iniziato a lavorare da qualche anno e abbiamo prodotto delle soluzioni innovative, da fornire ai clienti”. Perché nel mondo e nella mobilità che cambiano “la sperimentazione tecnologica gioca un ruolo strategico” e a Bitron “cerchiamo di anticipare i bisogni dei nostri clienti”.

Eni scopre in Indonesia bacino da 140 miliardi di metri cubi di gas

Nuova scoperta di un giacimento di gas da parte di Eni in Indonesia, nel pozzo Geng North-1 perforato nella licenza North Ganal, a circa 85 km di distanza dalla costa orientale del Kalimantan. Le stime preliminari indicano volumi complessivi pari a 5 mila miliardi di piedi cubi di gas (circa 140 miliardi di metri cubi) con un contenuto di condensati fino a circa 400 milioni di barili. I dati acquisiti, secondo Eni, “permetteranno lo studio delle opzioni per uno sviluppo accelerato”.

Il pozzo, perforato fino ad una profondità di 5.025 metri in 1.947 metri di profondità d’acqua, ha incontrato una colonna a gas di circa 50 metri in arenarie di età miocenica dalle eccellenti proprietà petrofisiche, che sono state oggetto di una intensa campagna di acquisizione dati. Per una completa valutazione della scoperta è stata eseguita con successo una prova di produzione che, sebbene limitata dalle capacità delle attrezzature di test, ha permesso di stimare una portata del pozzo pari a 80-100 milioni di piedi cubi/giorno (circa 2,2-2,7 milioni di metri cubi al giorno) e 5000 -6000 barili al giorno di condensati associati.

Geng North, grazie alla sua ubicazione ed alle sue dimensioni, ha il potenziale per contribuire significativamente alla creazione di un nuovo polo di produzione nella parte settentrionale del bacino del Kutei, collegabile alle facilities di liquefazione (LNG) di Bontang, sulla costa del Kalimantan orientale, sfruttandone la capacità disponibile. Si stima che, in aggiunta a Geng North, nell’area di interesse siano presenti oltre 5mila miliardi di piedi cubi (Tcf) di gas in posto in scoperte non ancora sviluppate; allo stesso tempo un altrettanto significativo potenziale esplorativo è in fase avanzata di definizione attraverso gli studi in corso.

La scoperta di Geng North è infatti adiacente all’area del Indonesia Deepwater Development (IDD), che include diverse scoperte non ancora sviluppate, in particolare nelle licenze Rapak e Ganal, per la quale Eni ha recentemente annunciato l’acquisizione degli interessi di Chevron, aumentando la quota di partecipazione e acquisendo il ruolo di operatore. Si ritiene che siano possibili significative sinergie in termini di opzioni di sviluppo fra le due aree. L’acquisizione inoltre fornisce l’opportunità di sviluppo rapido (fast track) delle scoperte esistenti di Gendalo e Gandang (con riserve recuperabili di circa 56 miliardi di metri cubi di gas) mediante le facilities di produzione di Jangkrik operate da Eni.

La scoperta di Geng North segue il recente annuncio dell’accordo raggiunto da Eni per l’acquisizione di Neptune Energy, al completamento del quale la posizione di Eni nel blocco North Ganal e nella scoperta di Geng North si rafforzerà ulteriormente. Il blocco è operato da Eni North Ganal Limited, che detiene una partecipazione del 50,22%, con Neptune Energy North Ganal BV e Agra Energi I Pte Ltd che detengono rispettivamente il restante 38,04% e 11,74%. Eni opera in Indonesia dal 2001 e gestisce un ampio portafoglio di asset in esplorazione, sviluppo e produzione con una produzione a gas di circa 80.000 barili di olio equivalente al giorno in quota dai giacimenti di Jangkrik e Merakes nell’offshore del Kalimantan orientale.

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Eni, nella stazione di servizio un diner all’americana con menu di chef Romito

L’atmosfera è quella retrò, di un Diner hopperiano newyorkese. Un chiaroscuro di tavolini e neon colorati in cui la colazione, il pranzo, la cena hanno contorni sfumati. Il cibo è quello di un fast food stellato, dove tutti gli ingredienti, dalle farine ai lieviti, all’olio di frittura sono ben selezionati. Si chiama ‘Alt Stazione del Gusto’ e si trova a Roma, nella storica stazione di servizio di Eni in viale America all’Eur.

Aprirà le porte a chi parte e a chi arriva in città, a chi sosta per un rifornimento, a chi si ferma per un caffè al volo prima di iniziare la giornata o si intrattiene per un aperitivo dopo il lavoro. L’idea nasce da una collaborazione di Enilive, brand di Eni Sustainable Mobility, e Accademia Niko Romito dello chef tre stelle Michelin. L’obiettivo è raggiungere 100 aperture nel quadriennio, a cominciare dalle principali città italiane.

E’ il primo assaggio di Enilive, il nuovo brand lanciato una settimana fa, e dà l’idea di come stiamo trasformando la nostra società dedicata alla bioraffinazione, alla produzione di biometano, alle soluzioni di smart mobility e alla commercializzazione dei servizi e di tutti i vettori energetici per la mobilità, anche attraverso le oltre 5mila Enilive Station in Europa”, spiega durante la presentazione Stefano Ballista, amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility.

La proposta di Alt è un unicum nell’evoluzione dei servizi per le persone in mobilità e, ribadisce l’ad, “conferma l’impegno a essere sempre più vicini alle esigenze di chi frequenta e vive i nostri punti vendita, non solo per fare rifornimento“. Dopo aver consolidato la principale catena italiana di bar, gli Eni Café, la prima apertura del nuovo format avviene in una stazione dal valore storico e simbolico, quella di viale America, dove, ricorda, “siamo presenti fin dagli anni Sessanta e che da oggi si distingue e anticipa l’offerta che in futuro verrà estesa a tante altre Enilive Station, e non solo”.

Il menu si declina dalla colazione alla cena, in una serie di proposte al tavolo o da asporto. Per Enilive, la collaborazione con l’Accademia Niko Romito si inserisce nel percorso di rinnovo e ampliamento dell’offerta di servizi nella rete dei suoi oltre 5.000 punti vendita in Europa, di cui oltre 4.000 in Italia: le stazioni Eni oggi sono diventate ‘mobility point’ in grado di soddisfare un numero sempre maggiore di esigenze delle persone in movimento, attraverso la messa a disposizione di servizi che consentono ai clienti di trasformare la sosta per il rifornimento tradizionale o elettrico da necessaria a utile. Nel punto vendita di viale America è disponibile un’area dedicata alla ricarica dei veicoli elettrici attraverso tre colonnine di Plenitude il cui avvio e pagamento potranno essere effettuati anche direttamente nel ristorante.

La partnership tra Accademia Niko Romito e Enilive prevede un piano di sviluppo anche tramite franchising. Il progetto, oltre ai flagship che Niko Romito gestirà direttamente, svilupperà un piano di franchising proponendo modelli di gestione e formazione strategici e innovativi. Il progetto di sviluppo è diretto a un segmento di giovani imprenditori interessati a diventare gestori di un format di cucina popolare “su strada” di qualità, sviluppato attraverso un modello di business snello, organizzato e standardizzato.

Romito descrive Alt come la declinazione della sua ricerca in chiave “più democratica e trasversale“. “Ho immaginato un modello di ristorazione su strada perché le strade sono di tutti“, spiega lo chef: “Volevo lavorare ad un’offerta di cucina popolare, con piatti facilmente comprensibili, che avessero un’accezione quasi domestica e un approccio creativo, di qualità. Ho realizzato quello che io stesso vorrei trovare quando per lavoro viaggio e mi sposto: un menù che, dalla colazione alla cena, possa soddisfare il viaggiatore, il motociclista, la famiglia che transita, chi si ferma per un pranzo di lavoro in un’atmosfera informale o chi vuole portare via una merenda, del buon pane o un pollo fritto”.

Conti Eni migliori delle attese nonostante calo prezzi energia: Bene gas e rinnovabili

L’utile netto del primo semestre cala del 32% e quello del secondo trimestre del 49% per il crollo del prezzo del gas e per il ridimensionamento delle quotazioni del petrolio rispetto a un anno fa, eppure i conti di Eni battono le attese. E dovrebbero essere ancora meglio nei prossimi mesi. Il Cane a sei zampe migliora infatti la guidance, ovvero la stima di previsione, del settore Ggp (gas e gas naturale liquefatto) sull’Ebit rettificato – margine lordo – nell’intervallo 2,7 e 3 miliardi nell’anno, rispetto alla precedente previsione di 2- 2,2 miliardi, e per Plenitude & Power: in particolare l’Ebitda proforma rettificato di Plenitude è rivisto al rialzo a circa 0,8 miliardi rispetto alla precedente guidance superiore a 0,7 miliardi.

Non a caso l’amministratore delegato Claudio Descalzi si è mostrato soddisfatto di fronte ai conti: “Nel secondo trimestre 2023 Eni ha ottenuto eccellenti risultati operativi e finanziari in un contesto di mercato meno favorevole. Sottolineiamo questa resilienza dopo che Eni, nel precedente e ben più positivo scenario, era stata in grado di coglierne al meglio le opportunità. Oltre ad aver raggiunto traguardi finanziari positivi, Eni ha realizzato importanti progressi nella attuazione della propria strategia in tutti i settori di attività. L’utile operativo adjusted del secondo trimestre, pari a 3,4 miliardi e che sale a 4,2 miliardi includendo il contributo delle JV/collegate, è stato trainato dai solidi risultati di una E&P in crescita e da un’altra eccellente performance di Ggp. Mentre lo scenario di mercato ha condizionato la raffinazione e la chimica, Sustainable Mobility e Plenitude – ha precisato il numero uno di Eni – continuano a registrare crescita di utili e di capacità in linea con il piano e nonostante le volatili condizioni esterne. Il flusso di cassa adjusted è stato rilevante, 4,2 miliardi, ben superiore alle esigenze di finanziamento degli investimenti di 2,6 miliardi. Nel primo semestre 2023, anche scontando il fabbisogno del capitale circolante, abbiamo ottenuto circa 3 miliardi di flusso di cassa discrezionale, in grado di coprire quasi per intero l’esborso per il dividendo 2023”.

Descalzi ha rimarcato che “le iniziative di trasformazione strategica che stiamo implementando stanno portando benefici ai nostri risultati, e il 2023 ha registrato ulteriori significativi avanzamenti. Oltre a espandere la nostra capacità di bioraffinazione con la JV di Chalmette negli Stati Uniti e all’acquisizione di Novamont nella chimica verde, a giugno abbiamo annunciato l’acquisizione di Neptune Energy. Il portafoglio di Neptune, focalizzato sul gas, complementare a livello geografico/operativo a quello Eni e a ridotto profilo di emissioni operative, rappresenta una eccezionale combinazione rispetto ai nostri obiettivi di medio/lungo termine, e comporterà significativi benefici operativi e finanziari”.

Sul fronte green, tra aprile e giugno i volumi di lavorazione bio pari a 140 mila tonnellate registrano un decremento del 3% rispetto all’analogo periodo del 2022: i maggiori volumi lavorati presso la bioraffineria di Gela, a seguito della fermata nel 2022, sono stati più che compensati dalle minori lavorazioni della bioraffineria di Venezia a seguito di fermate programmate. Nel primo semestre tuttavia i volumi di lavorazioni bio aumentano del 17% rispetto al periodo di confronto, beneficiando dei maggiori volumi lavorati presso la bioraffineria di Gela. Poi la capacità installata da fonti rinnovabili è pari a 2,5 GW, in aumento di circa 1 GW rispetto al 30 giugno 2022, mentre la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata pari a 980 GWh nel secondo trimestre, +318 GWh rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. E i punti di ricarica dei veicoli elettrici installati sono 16.600, raddoppiati rispetto al giugno 2022, in linea con il piano di potenziamento dell’infrastruttura di rete. Plenitude ha così conseguito l’utile operativo adjusted di 133 milioni di euro, in aumento del 19%.

Ora, ha concluso Descalzi, “considerando l’andamento del primo semestre e il chiaro progresso dei nostri settori di attività, che porta a un miglioramento nella previsione dei risultati ad anno intero, si confermano i solidi fondamentali sulla cui base corrispondere a settembre la prima rata trimestrale del dividendo annuo di 0,94 euro per azione, aumentato rispetto all’esercizio precedente, nonché proseguire il programma di riacquisto di azioni da 2,2 miliardi avviato a maggio”. Il titolo, partito al rialzo dopo i conti, alla fine arretra e chiude in rosso a -0,52%, ma a pesare sull’andamento è anche l’andamento del prezzo del petrolio, in calo durante il pomeriggio prima di passare in verde attorno alle 18 dopo la chiusura di Piazza Affari.

Claudio Descalzi

Eni e Var Energi acquisiscono Neptune Energy Group. Descalzi: “Portafoglio di elevata qualità e a bassa intensità carbonica”

Eni S.p.A annuncia che insieme a Vår Energi ASA ha raggiunto un accordo per l’acquisizione di Neptune Energy Group Limited. Neptune è una società indipendente, leader nell’esplorazione e produzione, con un portafoglio globale di asset prevalentemente a gas e attività in Europa occidentale, Nord Africa, Indonesia e Australia. La produzione di Neptune è competitiva in termini di costo e ha un basso livello di emissioni. Neptune è stata fondata nel 2015 da Sam Laidlaw e attualmente è controllata da China Investment Corporation, da fondi gestiti da Carlyle Group e CVC Capital Partners e da alcuni manager della società. Eni acquisirà l’intero portafoglio di Neptune con esclusione delle attività in Germania e in Norvegia. Le attività in Germania saranno scorporate dal perimetro prima dell’operazione, mentre le attività in Norvegia saranno acquisite da Vår direttamente da Neptune ai sensi di uno share purchase agreement separato. L’Acquisizione Vår si perfezionerà immediatamente prima dell’Acquisizione Eni, e i proventi derivanti dalla vendita del Neptune Norway Business rimarranno nel Neptune Global Business, acquisito da Eni. Vår è una società quotata alla Borsa di Oslo e detenuta al 63% da Eni.

Attraverso questa operazione Eni acquisisce un portafoglio di elevata qualità e a bassa intensità carbonica, con un’eccezionale complementarità a livello strategico e operativo. Riteniamo che il gas sia una fonte energetica ponte cruciale per la transizione energetica globale, e siamo impegnati ad aumentare la nostra quota di produzione di gas naturale al 60% entro il 2030. Neptune contribuirà al nostro portafoglio prevalentemente con risorse gas”. Così l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato l’acquisizione, insieme a Var Energi, di Neptune Energy Group Limited. “Inoltre – aggiunge -, la sovrapposizione geografica e operativa è sorprendente: aumenta la dimensione di Vår Energi, società di cui Eni detiene la maggioranza; apporta una maggiore produzione di gas e ulteriori opportunità CCUS nel Mare del Nord; consolida la posizione di Eni come prima compagnia internazionale in Algeria, fornitore chiave di gas per i mercati europei; incrementa la presenza di Eni nell’offshore dell’Indonesia, con forniture all’impianto di GNL di Bontang e ai mercati nazionali. Ci aspettiamo inoltre che questi volumi addizionali di gas garantiscano ulteriori opportunità di ottimizzazione per le attività GGP di Eni. L’operazione aggiungerà circa 4 miliardi di metri cubi di gas da destinare ai consumatori europei. Un ulteriore aspetto cruciale dell’operazione è il basso costo delle nuove forniture e l’incremento di flusso di cassa che porta a Eni. Questo supporta il nostro impegno nell’offrire un dividendo attraente e solido e il programma di buyback a sostegno della distribuzione del 25-30% del CFFO ai nostri azionisti. La natura e le sfide della transizione energetica richiedono una risposta focalizzata, e questa operazione evidenzia in particolare due aspetti importanti della strategia finanziaria di Eni: la flessibilità e l’opzionalità che la nostra elevata liquidità e il nostro basso leverage offrono, e il nostro innovativo modello satellitare che contribuisce ad accedere a capitali dedicati“.

Secondo i termini concordati, Neptune Global Business avrà un Enterprise Value pari a $2,6 miliardi, mentre Neptune Norway Business avrà un Enterprise Value pari a circa $2,3 miliardi. Al 31 dicembre 2022, il debito netto del Neptune Global Business (pro-forma per la vendita del Neptune Norway Business) era pari a circa $0,5 miliardi. Il corrispettivo netto finale per le operazioni di Eni e Vår sarà pagato in contanti al momento del loro completamento. L’Acquisizione Eni sarà finanziata attraverso la liquidità disponibile. L’operazione rappresenta un’opportunità eccezionale per Eni, consentendole di integrare le proprie attività in aree geografiche chiave, di sostenere l’obiettivo del 60% di produzione di gas naturale e di raggiungere un livello di zero emissioni nette (Scope 1 + 2) nel business Upstream entro il 2030. L’operazione è in linea con la strategia di Eni di fornire alla società energia accessibile, sicura e a basse emissioni, per la quale il gas naturale rimane una fonte importante. L’acquisizione di Neptune è coerente con il framework operativo e finanziario di Eni e con gli obiettivi definiti nel Piano 2023-2026, consentendo di incrementare gli utili e i flussi di cassa, nonché di creare valore addizionale per gli azionisti.

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È di Kenya Airways il primo volo dall’Africa con biocarburante Eni

La compagnia nazionale Kenya Airways (KQ) è la prima compagnia aerea a usare Saf (Sustainable Aviation Fuel) fornito da Eni per un volo di lungo raggio. KQ parteciperà all’iniziativa Sustainable Flight Challenge (Tsfc) di SkyTeam, una sfida amichevole tra le compagnie dell’alleanza SkyTeam. Il Boeing 787-800 (B787-8) Dreamliner, decollato oggi dall’aeroporto internazionale Jomo Kenyatta di Nairobi in direzione di Amsterdam Schipol, è il primo volo di Kenya Airways alimentato anche con il carburante sostenibile per l’aviazione di Eni Sustainable Mobility. Per questo volo, il JetA1 viene miscelato con Eni Biojet prodotto nella raffineria di Livorno distillando le bio-componenti prodotte nella bioraffineria di Gela.

“La collaborazione con Eni Sustainable Mobility per questo primo volo con il SAF ci mette sulla rotta per testare l’uso del carburante per l’aviazione sostenibile in Africa. I dati e le informazioni generati dal volo pilota saranno preziosi per le decisioni politiche, i quadri normativi e le best practice del settore relative al Saf. Si tratta di un’importante pietra miliare per Kenya Airways e per il più ampio settore dell’aviazione africana”, dichiara Allan Kilavuka, amministratore delegato di Kenya Airways.

Eni Biojet contiene il 100% di componente biogenica ed è idoneo ad essere utilizzato in miscela con il jet convenzionale (JetA1) fino al 50%. Per questo volo, l’Eni Biojet è stato miscelato da Kenya Airways con il jet fuel tradizionale a Nairobi. KQ collabora con Eni a un percorso per l’utilizzo di carburante avionico sostenibile per i suoi voli al di fuori del Paese: il volo Nairobi-Amsterdam alimentato con SAF permette a KQ di avere un vantaggio competitivo nel continente.

“La fornitura di Eni Biojet all’aeroporto di Nairobi è un passo importante per Eni Sustainable Mobility perché conferma come l’azienda possa sostenere, anche in ambito internazionale, compagnie aeree come Kenya Airways nel proprio percorso di decarbonizzazione”, dichiara Stefano Ballista, amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility.

Dal 2025, per tutti i voli in partenza dagli aeroporti europei, una quota di Saf sarà obbligatoria. Per questo KQ sta lavorando per trarre vantaggio dall’attuale diffusione dei carburanti sostenibili per l’aviazione, in conformità con la direzione indicata dall’Unione Europea con il regolamento ReFuelEU Aviation che stabilisce obiettivi di miscelazione dei carburanti tradizionali con carburanti più sostenibili in quantità crescenti.

Eni commercializza anche un carburante per il settore avio contenente il 20% di componente biogenica, il JetA1+Eni Biojet, per la cui fornitura ha sottoscritto accordi con compagnie aeree nazionali e internazionali, oltre che con aeroporti e operatori del settore della logistica. Dal 2024 le bioraffinerie di Venezia e Gela inizieranno la produzione di Eni Biojet a partire da materie prime rinnovabili che arriverà a oltre 200 mila tonnellate/anno. Questo obiettivo richiede un’importante fornitura di materie prime per la quale Eni sta sviluppando sia una filiera in Kenya per la raccolta degli Uco (oli di cucina esausti), lavorando con aziende e operatori del settore food e contribuendo a gestire un rifiuto alimentare in un’ottica di economia circolare, sia una rete di agri-hub in Kenya e altri Paesi africani, per produrre oli vegetali da terreni marginali che non sono in competizione con la produzione alimentare.

Versalis si rafforza nel campo della chimica da fonti rinnovabili: acquisito il 100% di Novamont

Versalis, società chimica di Eni, acquisisce il 100% di Novamont, società leader a livello internazionale nel campo della chimica da fonti rinnovabili. Versalis deteneva già una quota del 36% e ha acquisito il restante 64% da Mater-Bi, società controllata da Investitori Associati II e NB Renaissance. L’acquisizione di Novamont, Benefit company certificata B Corp protagonista nel settore della bioeconomia circolare e nel mercato per lo sviluppo e la produzione di bioplastiche e biochemicals biodegradabili e compostabili, rappresenta una grande opportunità di accelerazione della strategia attraverso l’integrazione di una piattaforma tecnologica unica e complementare, fornendo un rilevante contributo alla decarbonizzazione del portafoglio prodotti. L’operazione permetterà di rafforzare la piattaforma Novamont accelerando lo sviluppo di filiere multiprodotto ad alto valore aggiunto e i progetti di territorio per disaccoppiare l’utilizzo delle risorse naturali dalla crescita economica nella logica di fare di più con meno.

Intanto, nel giorno dell’annuncio dell’acquisizione, Eni pubblica i suoi risultati del primo trimestre 2023. L’utile operativo adjusted è a 4,641 miliardi di euro con una riduzione dell’11% rispetto al primo trimestre 2022 dovuta principalmente al settore E&P (-36% a 2,789 miliardi) per effetto dei minori prezzi di realizzo delle produzioni a causa della flessione dei prezzi di riferimento del petrolio e del gas naturale nonché del deconsolidamento delle società operative angolane conferite alla JV Azule nel terzo trimestre del 2022. I risultati di Gruppo sono stati sostenuti dalla performance di GGP (+47% a 1,372 miliardi) grazie alle attività di ottimizzazione e di trading, e dall’andamento di Sustainable Mobility & Refining (in aumento di 239 milioni). Nel primo trimestre 2023 l’utile netto adjusted di competenza degli azionisti Eni è stato di 2,907 miliardi in riduzione di 363 milioni rispetto al primo trimestre 2022 (-11%), a causa della flessione dello scenario energetico in parte compensato dal miglioramento della gestione industriale. Il tax rate consolidato adjusted pari al 41% è aumentato di 4 punti percentuali, rispetto al primo trimestre 2022, per effetto del deconsolidamento delle società operative angolane, che registravano aliquote inferiori alla media del segmento E&P, della windfall tax sugli utili delle società del settore energia del Regno Unito, nonché dello scenario sfavorevole, in parte compensati dalla maggiore incidenza dell’utile imponibile conseguito dalle controllate italiane.

L’amministratore delegato Claudio Descalzi parla di “eccellenti risultati operativi e finanziari nonostante l’indebolimento dello scenario, grazie alla solidità del settore E&P che evidenzia il recupero della produzione d’idrocarburi, e al risultato di assoluto rilievo del settore Gas/LNG. Considerato anche il contributo delle bioraffinerie e della rete commerciale e la continua crescita del settore Plenitude & Power, il Gruppo ha realizzato €4,6 miliardi di utile operativo adjusted e €2,9 miliardi di profitti netti. Nel corso del trimestre abbiamo compiuto progressi sostanziali nell’attuazione della nostra strategia e del piano industriale”.

Extinction Rebellion ‘colpisce’ sede Rai pubblicità di Milano

Nuova azione del gruppo ambientalista Extinction Rebellion. Nella notte, gli attivisti hanno attaccato manifesti sulle vetrate della sede di Rai Pubblicità di Corso Sempione a Milano e scritto sull’asfalto, all’ingresso della sede, ‘No Eni, no greenwashing’.

I manifesti, che imitano quelli delle più famose trasmissioni Rai, incitano l’emittente pubblica ad impegnarsi sul serio nella comunicazione della crisi eco-climatica dove i media hanno un ruolo fondamentale. “Per dimostrare di fare sul serio la Rai deve subito smettere di fare pubblicità alle aziende fossili che sono i principali responsabili del surriscaldamento globale e della crisi ecologica, Eni su tutte”, spiegano gli attivisti in una nota.

“Da poche settimane è uscito il nuovo report della IPCC sulla crisi eco-climatica” afferma Skar, attivista di Extinction Rebellion, “purtroppo ciò che emerge da questo documento importantissimo non sta ricevendo l’attenzione che merita, mentre invece viene lasciato molto spazio alle pubblicità delle aziende dei combustibili fossili che invece ne sono responsabili. Siamo sempre più vicini al punto di non ritorno, superato il quale gli effetti dell’aumento della temperatura della Terra saranno irreversibili. Questo vorrà dire che ci saranno sempre maggiori catastrofi naturali che sarà molto difficile gestire e che costeranno la vita a migliaia e forse milioni di persone!”

Gli attivisti denunciano in particolare le responsabilità della RAI nella comunicazione della crisi eco-climatica: “Abbiamo cercato sul sito della RAI se da qualche parte comparissero dei dati sui suoi finanziatori, ma non abbiamo trovato nulla” spiega Valeria. “Riteniamo che sia inaccettabile vedere in prima serata, durante il Festival di Sanremo, gli spot di Eni Plenitude, che altro non sono se non greenwashing. ENI ancora oggi e per i prossimi decenni ricaverà enormi profitti e manterrà al centro delle sue attività l’estrazione di combustibili fossili, nonostante voglia farci credere il contrario”.

“Al centro della nostra campagna, DiRAI La Verità, c’è la convinzione che i media abbiano un grandissimo potere ed una grandissima responsabilità nel parlare di crisi eco-climatica ed informare la popolazione” dice Sara. “Riteniamo che non la stiano raccontando in maniera corretta a causa della presenza di interessi fossili nel mondo dell’informazione. Quello che chiediamo alla RAI è di essere da esempio per il mondo della comunicazione italiana e rinunciare ai finanziamenti fossili, perché è possibile farlo ed è già stato fatto altrove!”.

 

photo credit: Extinction Rebellion (Instagram)