Pnrr, Mattarella avverte: “Ci sono difficoltà, ma l’impegno va onorato”

Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina: tutte contingenze che hanno avuto e hanno un impatto sull’attuazione del Pnrr. E il Quirinale ne è ben conscio, tanto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenendo alla prima edizione di ‘L’Italia delle Regioni-Festival delle Regioni e delle Province autonome‘, invita i presenti a non nascondersi “le difficoltà sottese a questo impegno che coinvolge tutti i livelli di Governo”. Ma, chiosa, “dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali, un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato”. Ammettere che ci sono dei problemi, ma non arrendersi, in sintesi.

“Quando erano in via di superamento le conseguenze della pandemia e risultava avviata la ripresa dell’economia, l’irrompere della guerra in Ucraina ha determinato un grave turbamento delle relazioni internazionali, innescando una nuova crisi economica e sociale”, spiega il capo dello Stato. Una crisi economica e sociale che, aggiunge il presidente, “ha reso ancora più evidente come siano in corso trasformazioni epocali e come si prospetti, oltre a nuove dinamiche delle relazioni internazionali, un nuovo assetto economico costituito da Next Generation Eu e dal Pnrr e incentrato su tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e coesione sociale.

Secondo Mattarella, il Pnrr consente di affrontare le diseguaglianze tra le persone e i territori, che “costituiscono le più gravi fonti di inefficienza economica”, in modo “nuovo, integrando politiche per la crescita e politiche di coesione. Nell’attuazione del Piano, le Regioni sono chiamate a fornire un importante contributo. Il prossimo anno il Piano è destinato a entrare nel vivo degli investimenti infrastrutturali che ne costituiscono una componente fondamentale. Non dobbiamo nasconderci le difficoltà sottese a questo impegno che coinvolge tutti i livelli di Governo. La spesa per investimenti nell’ultimo decennio – prosegue il Presidente della Repubblica – a motivo delle note ristrettezze di bilancio, è stata ridimensionata in misura considerevole così come sono state fortemente ridotte le assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Queste circostanze hanno concorso a ridurre la capacità di spesa delle amministrazioni nel settore degli investimenti. Questi temi sono oggetto di attenzione da parte del Pnrr”, sottolinea.

Rispetto ai finanziamenti erogati dalla Commissione europea, Sergio Mattarella ricorda che sono destinati “ad accelerare l’infrastrutturazione del Paese colmando i divari che ho prima ricordato, partendo da quello tra il Nord e il Meridione. Gli obiettivi individuati dal Piano per far crescere l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’uguaglianza sono considerati un’assoluta priorità. Dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali, un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato”, conclude il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Pnrr, Meloni: Valutare priorità, con caro prezzi a rischio opere

L‘inflazione e l’aumento dei costi delle materie prime pesano sul Pnrr. Tanto che la premier, Giorgia Meloni, anticipa che ci sarà da fare delle scelte: “Molte Regioni, per molti motivi, hanno difficoltà a portare a termine gli investimenti e le opere già iniziate. Dovremmo valutare le priorità“, fa sapere dal Festival delle Regioni e delle Province autonome.

Il Next generation Eu non è più sufficiente, insiste Meloni, “è evidente a tutti”. Non tiene in considerazione l’impatto della guerra in Ucraina sulle economie: “Bisogna fare di più oggi a livello Ue, partendo dal caro energia“, evidenzia.

Il Pnrr è una “eredità importante“, ricorda, e ribadisce l’intenzione di coinvolgere le Regioni e gli enti locali. Riattiverà la cabina di regia per monitorare lo stato di attuazione degli obiettivi e individuare le soluzioni per, spiega la presidente del Consiglio, “superare le criticità nel modo più rapido possibile”. A essere coinvolti saranno anche i sindacati: “Ci sarà molto da lavorare nelle prossime settimane“, assicura. E’ fondamentale, ne è convinta, che “risorse e obiettivi non corrano su un binario indipendente, ma siano collegati e complementari con risorse e investimenti previsti da altre misure nazionali”.

Il vicepremier Matteo Salvini, da Bruxelles, le fa eco e invita l’Europa a non sottovalutare il contesto mutato: “L’aumento del costo delle materie prime e dell’energia non è un problema solo italiano, ma anche degli altri Paesi europei. Sui tempi e sui costi dovremmo ragionare e lavorare tutti insieme”, afferma.

Si può fare bene, cambiando “regole e mentalità“, per il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. La sfida del Pnrr è tutt’altro che semplice: “Stiamo parlando di spendere 200miliardi di euro aggiuntivi rispetto a soldi già stanziati dallo Stato, in un lasso di tempo in cui normalmente una pubblica amministrazione riesce sì e no a fare un progetto esecutivo, stando ai tempi di realizzazione dei grandi progetti strategici del Paese“, osserva Toti. Servono regole, dunque, e soprattutto semplificazione: “Se qualcuno ha voglia di venire a imparare qualcosa, il ‘modello Liguria’ può certamente essere un esempio nazionale con le opere che abbiamo realizzato e stiamo realizzando in tempi rapidi“.

Giorgia Meloni/Afp

Meloni: “Pnrr eredità importante ma non basta. Energia? Paghiamo scelte passate poco lungimiranti”

Le infrastrutture, la sicurezza, la transizione ecologica, l’approvvigionamento energetico, la transizione digitale e la natalità. Tutti temi che, secondo la premier Giorgia Meloni, “incarnano sfide decisive per il futuro della nazione, che possiamo affrontare solo se sapremo mettere in campo giuste sinergie tra Stato, Regioni, Province ed enti locali. Non possiamo rinunciare alla coesione”. Intervenendo al Festival delle Regioni e delle Province autonome in corso oggi a Milano e domani a Monza, Giorgia Meloni sottolinea l’importanza delle sinergie, a vari livelli: “In questo tempo nessuno può pensare di affrontare da solo le sfide che abbiamo di fronte; la collaborazione con tutti i livelli istituzionali è qualcosa a cui questo governo tiene molto”.

Collaborazioni che, tuttavia, devono avere una visione prospettica. “Le criticità strutturali con le quali ci stiamo confrontando sono soprattutto figlie delle politiche poco lungimiranti del passato, evidenzia Giorgia Meloni. Pensiamo all’energia. L’Unione europea, diversi Stati membri, e anche l’Italia, in passato hanno preferito aumentare il livello di dipendenza da altre nazioni invece di lavorare per implementare misure che rafforzassero la produzione, l’indipendenza e la sicurezza energetica nazionale. Oggi noi paghiamo quelle scelte”.

Nell’intervento della premier al Festival delle Regioni e delle Province autonome c’è spazio anche per affrontare tematiche quali le questioni Pnrr e legge di bilancio. Rispetto al primo, Giorgia Meloni lo definisce “un’eredità importante e, dunque, “quelle opportunità non vanno perse. Per questo il governo ha deciso di riattivare la cabina di regia per monitorare lo stato di attuazione degli obiettivi e individuare le soluzioni per superare le criticità nel modo più rapido possibile”. Ma se il Next Generation Eu “ha rappresentato una prima risposta a livello europeo, sintetizza, “oggi è evidente a tutti che non è più sufficiente perché era un piano immaginato per contrastare le conseguenze della pandemia e non poteva, ovviamente, considerare le conseguenze dell’impatto della guerra in Ucraina, che è successiva. Bisogna fare di più, oggi, a livello europeo, partendo proprio dal tema del caro energia e bisogna rafforzare, allo stesso tempo, la coesione e la solidarietà nazionale”. Anche per questo, secondo Meloni, ci sarà molto da lavorare nelle prossime settimane, sia perché alcuni grandi obiettivi del Pnrr non possono essere realizzati se non c’è un coinvolgimento significativo delle Regioni – dall’energia alla sanità, tanto per fare esempi semplici – sia perché è fondamentale che risorse e obiettivi non corrano su un binario indipendente, ma siano collegati e complementari con risorse e investimenti previsti da altre misure nazionali. Molte regioni, inoltre, per molti motivi, hanno difficoltà a portare a termine gli investimenti e le opere già iniziate. Anche negli interventi previsti dal Pnrr dovremmo valutare le priorità, perché il costo delle materie prime mette a serio rischio la realizzazione di questi interventi”.

La legge di bilancio, invece, nelle parole della premier, “garantisce la tenuta delle finanze pubbliche e offre risposte alle emergenze immediate, con la tutela di famiglie e imprese: penso agli 8 miliardi per far fronte al caro materie prime delle opere indifferibili”. Giorgia Meloni spiega che “avremmo voluto fare di più e meglio, ma quando ti trovi davanti a una situazione così, con 30 miliardi liberati per mettere in sicurezza il tessuto produttivo e le famiglie di fronte al caro energia, oltre ad avere il caro materie prime, bisogna lavorare per priorità”.

E concludendo il suo intervento al Festival delle Regioni e delle Province, la presidente del Consiglio lancia un monito: “Alla miopia del passato è bene che non aggiungiamo anche l’egoismo del presente”.

Pnrr, Giorgetti: Avanti anche con rincari, centreremo obiettivi. Gentiloni: Bene governo

Caro energia e rincari sulle materie prime pesano non poco sui tempi del Pnrr. Nelle ultime settimane è emersa l’ipotesi che si possa sforare il traguardo del 2026 per la realizzazione delle opere, dati i ritardi nella spesa in molte amministrazioni locali, che hanno anche bisogno di essere rafforzate anche nelle competenze tecniche. La Commissione europea, in questi giorni a Roma con una task force di esperti e tecnici per valutare l’implementazione del Pnrr, si dice pronta a valutare alcuni adeguamenti dei costi su progetti specifici. Ma il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è certo di riuscire a centrare gli obiettivi previsti entro l’anno. E se da un lato Confindustria bacchetta, lamentando uno “smarrimento” dello spirito iniziale e le riforme “ferme”, dall’altro il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, loda lo “sforzo straordinario” del governo. Il Pnrr doveva imprimere “una spinta aggiuntiva a nuovi investimenti. Noi invece l’abbiamo soprattutto volto a finanziare opere già previste, perché ci difetta capacità di progettare e realizzare progetti nuovi in pochi anni“, striglia il presidente degli industriali Carlo Bonomi. Manca il partenariato fra pubblico e privato, osserva, “si dovevano risolvere i colli di bottiglia amministrativi e ordinamentali che il Paese soffre da decenni. Ma le riforme non si stanno facendo, questa è la realtà“. Più ottimista il commissario Gentiloni, che dà atto al governo Draghi di aver lavorato bene, ma non risparmia i complimenti per Giorgia Meloni: “Il governo attuale sta lavorando altrettanto bene. Il livello d’impegno delle nostre amministrazioni è straordinario”, afferma, invitando a interpretare il Piano come una “missione nazionale”. “Correggendo quello che c’è da correggere, possiamo fare un passo in avanti storico per l’Italia”, è convinto.

A chi sostiene che non sia conveniente realizzare le opere in questo momento, perché costerebbero molto di più del periodo pre-guerra, Giorgetti risponde di andare avanti: “Ribadisco l’importanza di accelerare l’attuazione del Pnrr pur in presenza di ostacoli quali il rialzo dei prezzi dei materiali con le sue inevitabili conseguenze sui costi finali delle opere pubbliche”, insiste. Oggi stesso, diventa operativo il decreto del Mef che assegna oltre 8 miliardi di euro del Fondo per le opere indifferibili consentendo, attraverso stanziamenti aggiunti per fronteggiare l’aumento dei prezzi legati ai materiali e al caro energia, di avviare entro il 31 dicembre le procedure di affidamento degli interventi previsti dal Pnrr e dal Pnc. “E’ un segnale concreto che va nella direzione di sbloccare la realizzazione di interventi infrastrutturali strategici, assegnando risorse aggiuntive per contrastare gli extracosti energetici e dei materiali causati dall’impennata dell’inflazione”, spiega il titolare del dicastero. Ricordando poi che “un ulteriore finanziamento per coprire gli aumenti dei prezzi delle opere pubbliche è già previsto nel disegno di legge di bilancio per il 2023”. I traguardi per quest’anno, garantisce Giorgetti, saranno rispettati: “Ad oggi abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi previsti (51 del 2021 e 45 relativi al primo semestre del 2022), attraverso l’impegno di tutte le amministrazioni coinvolte e il sostegno dei servizi della Commissione europea che ci affianca nel processo di attuazione del piano e valuta l’efficace conseguimento degli obiettivi entro le scadenze previste. Grazie a questi risultati, abbiamo presentato la prima e la seconda richiesta di pagamento alla Ce nei tempi previsti. Questo ci ha permesso di ricevere un totale di 42 miliardi di euro (a cui vanno aggiunti i 24,9 miliardi di euro ricevuti quale prefinanziamento iniziale)”.

Di una necessità di dare una “brusca accelerata” parla anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che però invita a non sottovalutare il problema dell’inflazione. “Alcuni cambiamenti li dobbiamo certamente fare. Sono cambiate le finalità, alcuni punti possono essere migliorati”, sostiene. Solo per il Mase, l’inflazione all’8-10% pesa circa 5 miliardi in più: “Il nostro ministero ha a disposizione 34 miliardi per gli obiettivi del Pnrr. La sfida è metterli a regime, cioè creare le condizioni perché tutti possano essere messi nelle condizioni di spenderli e portare gli obiettivi a termine. Quando sono state previste le opere del Pnrr, non avevamo l’8-10% di inflazione. E su quelle che sono le opere del nostro ministero, che sono materiali, l’effetto del maggior costo delle materie prime è dirompente. Ho chiesto una stima: dai 34,7 miliardi a oggi per realizzare le stesse opere si può ragionare sui 39 miliardi”.

Salvini: Ponte sullo Stretto green ma rischia inutilità, Pnrr da rivedere

Lunedì prossimo avrò la mia prima riunione europea dei ministri dei Trasporti, partendo da Genova dove sarò sui cantieri del Terzo Valico e poi in Prefettura per la Gronda. Il Ponte sullo Stretto sarà uno dei dossier che porterò sul tavolo europeo. Perché ci saranno alcune criticità nel 2023”. Non usa perifrasi Matteo Salvini, il ministro delle Infrastrutture, nel dettare l’agenda della prima settimana di dicembre. Perché, aggiunge, il governo ha fretta e lui in particolare. Lo dice subito, all’inizio dell’intervento a ‘How we can governe Europe?‘, organizzato da Gea ed Eunews, negli spazi romani della Comunità e del Parlamento europeo. Il tono è quello solito, netto ed esplicito.

Insomma, date e obiettivi, ma anche qualche polemica. Più di una riguarda il collegamento tra Calabria e Sicilia, ovvero il Ponte sullo Stretto, che si porta appresso anche l’alta velocità nell’isola per rendere meno disagevole raggiungere Palermo da Catania. “Se fai il ponte più avveniristico, green e futuristico del mondo – e lo faremo – ma l’Alta velocità si ferma in Campania e non arriva a Reggio Calabria, avere il ponte più bello del mondo serve a poco”, sottolinea Salvini. “Bisogna avere una visione integrale, generale”, auspica ulteriormente il vicepremier. Che allarga il campo: “Ho chiesto un bilaterale alla collega francese Beaune, perché c’è la Torino-Lione: noi stiamo andando spediti, ma è fondamentale che anche dall’altra parte ci sia altrettanta determinazione e speditezza”.

L’Italia ha infrastrutture vecchie, il trasporto su gomma è vittima dei disagi autostradali, quello su rotaia non è in linea con il resto d’Europa. Ma, sostiene Salvini, il problema sta a monte: “Pensavamo che sul nuovo Codice degli appalti arrivassero 35 contributi da sindacati e imprese, ma siamo già al doppio. L’idea era di portarlo in Cdm entro l’Immacolata, però serietà impone che questi contributi io li legga, quindi se non sarà il 7 sarà il 14, ma entro la metà di dicembre lo porteremo in Consiglio dei ministri”. Sbloccare gli appalti e riuscire a spendere i (tanti) soldi a disposizione è il primo ‘must’ del ministro. Il quale non è sordo ai dati che pongono il Paese molto indietro nelle graduatorie europee: “Che l’Italia faccia la competizione con Germania e Francia ci sta… ma Madrid ci sta superando da tutti i punti di vista: in agricoltura, in produzione energetica, in velocità, innovazione. Questo ci dovrebbe far riflettere. Ma a me piacciono le sfide”. Salvini proporrà a gennaio “un tavolo sull’acqua”. Perché “ricordiamo tutti in estate l’emergenza idrica. Non possiamo dipendere dalle danze della pioggia di Giove Pluvio o dalle precipitazioni: ad oggi raccogliamo solo il 10% dell’acqua piovana – aggiunge -. Un piano acqua, invasi e dighe è fondamentale. Abbiamo cinque anni per sbloccare, prendendosi la responsabilità di scegliere”. E se poi sbaglieremo, “qualcuno pagherà”.

Salvini infine parla del Pnrr. Che così com’è stato pensato per il post pandemia non funziona più. E quindi andrà rivisitato: “Banalmente, un aggiornamento prezzi”, sentenzia. “Come qualunque azienda o negozio, che a fine anno fa un aggiornamento dei prezzi – spiega -. Se il prezzo dell’energia è del 30% più alto e il costo materie prime è del 30 percento in più, se prima rifare una scuola costava 1 milione e ora 1,5 milioni, devi rivedere tempi e prezzi”. Inoltre, “concludere le opere entro il 2026 quando siamo a fine 2022, mi sembra ‘ambizioso’. Ho capito che in Europa quando devono usare un aggettivo non tranchant, ma che comunque ti faccia capire che c’è qualche ‘problemino’, dicono che è ‘ambizioso‘”, l’ironia del ministro. Che passa e chiude con una battuta su Carlo Calenda, freschissimo di incontro con Giorgia Meloni per presentare le proposte del Terzo polo sulla Manovra: “Faremo aprire un cantiere anche a lui… Non ho seguito la vicenda, non mi appassiona, non passo le mie giornate a pensare a Renzi, Calenda e Letta. Ho un’agenda abbastanza piena. Calenda è stato votato per fare opposizione. Mi auguro che la faccia in modo costruttivo”.

Giornata nazionale alberi. Con Pnrr 6,6 mln piante in 3 anni

Gli alberi, per le nostre città, sono un valore da “difendere e rafforzare“. Nella giornata nazionale, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ricorda che grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nei prossimi tre anni saranno distribuite 6,6 milioni di piante nelle 14 città metropolitane d’Italia. Sono in via di definizione gli accordi con undici amministrazioni per raggiungere l’obiettivo annuale di oltre 1,6 milioni di alberi a dimora nel 2022. Per attuare l’intervento, è stato siglato un accordo di collaborazione con il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei carabinieri (Cufa), che prevede anche una serie di iniziative per coniugare il recupero e la riqualificazione delle zone abbandonate con le attività di sensibilizzazione sui temi ambientali.

Si tratta di corridoi verdi fra città e campagne, per mitigare le isole di calore in estate, rafforzare il terreno contro le bombe d’acqua e ripulire l’aria inquinata dallo smog. Coldiretti, con Federforeste e Assofloro, ha elaborato il progetto per far nascere foreste urbane con una connessione ecologica tra le città, i sistemi agricoli di pianura a elevata produttività e il patrimonio forestale presente nelle aree naturali.

La messa a dimora di nuovi alberi è importante – sostiene la Coldirettiper affrontare il problema della ridotta disponibilità di spazi verdi nelle città dove si dispone di appena 33,8 metri quadrati di verde urbano per abitante, puntando su un grande piano di riqualificazione urbana di parchi e giardini che migliori la qualità dell’aria e della vita della popolazione dando una spinta all’economia e all’occupazione“. La situazione è peggiore nelle metropoli, dove i valori vanno dai 15,2 metri quadrati di Messina ai 17,1 di Roma, dai 17,8 di Milano ai 22,2 di Firenze, dai 42,4 di Venezia ai 9,2 di Bari, secondo l’Istat.

Con una differente politica del verde pubblico potremmo affrontare meglio anche l’aumento esponenziale dei costi dell’energia che si è verificato quest’anno”, spiega il presidente Ettore Prandini, il quale sottolinea che “servono ulteriori risorse per il settore, dobbiamo agire come sistema per creare un Paese diverso e migliore rispetto al passato usando i fondi per gli accordi di filiere con l’utilizzo di piante italiane per creare valore e bellezza sui territori, nelle grandi città come nei piccoli comuni”.

All’indomani della Cop27 di Sharm el-Sheikh, Confagricoltura ricorda che nella lotta al surriscaldamento globale gli alberi svolgono un ruolo fondamentale. In Italia la superficie boschiva supera 11 milioni di ettari e raggiunge il 36,7% del territorio nazionale, con una crescita del 3,7% rispetto all’ultimo rilevamento del 2005. Dal 1990 a oggi, però, circa 1,5 milioni di ettari sono stati persi dall’agricoltura a beneficio di una superficie forestale “non gestita, denuncia l’associazione. Il che significa aumento del pericolo di incendi, riduzione della fruibilità del territorio, perdita di valore paesaggistico e aumento dei rischi idrogeologici. I dati riportano che nel 2021 l’Italia è stato il Paese europeo più colpito. “Dobbiamo lavorare sul riordino fondiario, sull’aggregazione, sulla pianificazione forestale che oggi coinvolge solo il 15% delle superfici e sulla formazione degli operatori che lavorano nel bosco“, sottolinea il presidente della Federazione nazione Risorse Boschive di Confagricoltura, Enrico Allasia. “Una superficie forestale gestita e non lasciata a sé stessa – scandisce – significa legno nelle zone vocate, ma anche turismo ed economia di base per prodotti come funghi e tartufi. Non meno importante è la filiera medicale per le foreste: le persone che hanno bisogno di una riabilitazione psicologica o motoria possono usufruire di questi spazi e questa è un’altra opportunità che i boschi offrono agli imprenditori che vogliono cimentarsi in questo campo”.

autostrada

Oltre 25 mld per infrastrutture e mobilità moderni e sostenibili entro il 2026: se ne parlerà all’evento ‘How can we govern Europe?’ a Roma

L’obiettivo della Missione 3 ‘Infrastrutture per una mobilità sostenibile’ è quello di “rendere, entro il 2026, il sistema infrastrutturale più moderno, digitale e sostenibile, in grado di rispondere alla sfida della decarbonizzazione indicata dall’Ue”. Per questa milestone il Pnrr assegna 25,40 miliardi di euro, di cui 24,77 dedicati agli investimenti sulla rete ferroviaria e 0,63 alla intermodalità e logistica integrata. Di questo tema parlerà una delle tavole rotonde dell’evento ‘How can we govern Europe?’, organizzato da Eunews e GEA, che si terrà il 29 e 30 novembre a Roma, all’Europa Experience David Sassoli. Il titolo del panel, che si svolgerà martedì 29 novembre, sarà ‘Mobilità sostenibile: i nuovi paradigmi del trasporto e della
logistica e il ruolo del PNRR nell’adeguamento delle infrastrutture‘.

La base di partenza è nei numeri: allo stato attuale il 90% del traffico passeggeri in Italia avviene su strada, con una media di 860 miliardi di passeggeri/km all’anno. Su ferro, invece, viaggia soltanto il 6% dei cittadini, mentre in Europa la media è 7,9 percento. Questo comporta che il trasporto sia tra i settori maggiormente responsabili delle emissioni climalteranti, con un contributo pari al 23,3% delle emissioni totali di gas serra, nonostante la riduzione del 2,7% dal 1990 al 2017, secondo i dati dell’Annuario Ispra 2020. La Commissione Ue ha fissato come obiettivo di raddoppiare gli spostamenti ferroviari ad alta velocità entro il 2030, per poi triplicarli entro il 2050. Inoltre, entro il 2030 il trasporto intermodale su rotaia e su vie navigabili interne dovrà essere in grado di competere in condizioni di parità con il trasporto esclusivamente su strada.

Nel Pnrr italiano, la voce relativa alle proposte di interventi infrastrutturali e tecnologici nel settore ferroviario prevedono lo sviluppo dell’alta velocità/capacità e la velocizzazione della rete ferroviaria per passeggeri e merci, il completamento dei corridoi ferroviari Ten-T, il completamento delle tratte di valico, il potenziamento di nodi, direttrici ferroviarie e reti regionali e la riduzione del gap infrastrutturale tra Nord e Sud del Paese. In particolare, al Nord si potenzieranno le tratte ferroviarie MilanoVenezia, Verona-Brennero e Liguria-Alpi, migliorando i collegamenti d’Oltralpe con i porti di Genova e Trieste; al Centro si rafforzeranno due assi Est-Ovest (Roma-Pescara e Orte-Falconara), riducendo significativamente i tempi di percorrenza e aumentando le capacità; inoltre, verrà potenziata e velocizzata la linea adriatica da Nord a Sud.

L’Alta Velocità sarà poi al Sud, con la conclusione della direttrice Napoli-Bari, l’avanzamento ulteriore della Palermo-Catania-Messina e la realizzazione dei primi lotti funzionali delle direttrici Salerno-Reggio Calabria e Taranto-Potenza-Battipaglia. Un’attenzione particolare è riservata alle ferrovie regionali, per le quali saranno realizzati interventi di upgrading, elettrificazione e investimenti per aumentarne la resilienza, in particolare nel Mezzogiorno, per omogeneizzare ed elevare gli standard prestazionali delle infrastrutture esistenti sia per il traffico viaggiatori che per quello merci. Gli interventi prevedono l’adeguamento di alcune linee regionali (tra cui Canavesana, Torino-Ceres, Bari-Bitritto, Rosarno-San Ferdinando, Sansepolcro-Terni, Benevento-Cancello, la rete gestita da Ferrovie del Sud-Est, Ferrovie Appulo Lucane) agli standard tecnici della rete nazionale, sia dal punto di vista infrastrutturale che tecnologico di sicurezza. Ulteriori interventi (tra cui Circumvesuviana e Cumana, Circumetnea, CosenzaCatanzaro, Raddoppio Andria-Barletta) sono finanziati a valere su risorse nazionali.

Per centrare l’obiettivo sono necessarie alcune riforme, però. Come l’accelerazione dell’iter di approvazione del Contratto tra il Mit (ex Mims) e Rfi; l’accelerazione dell’iter di approvazione dei progetti ferroviari, dunque “sono anticipate al Pfte tutte le osservazioni/prescrizioni delle varie Amministrazioni/Enti, consentendo quindi di recepirle, con evidenti economie di tempi e risorse, nella successiva fase di Progettazione Definitiva, viene vincolato sotto il profilo urbanistico il territorio interessato dall’opera (contenuto nel corridoio), inibendo di conseguenza l’attività edificatoria da parte dei terzi con un risparmio economico per espropri nella fase realizzativa, viene ridotto il tempo complessivo per l’iter autorizzativo dei progetti (Pfte e Pd o Pe) dagli attuali 11 mesi a 6 mesi (pari al 45% del tempo complessivo)”.

Ci sono poi gli investimenti sull’Alta velocità. Al Sud la Napoli-Bari (al completamento del progetto la tratta sarà percorribile in 2 ore, rispetto alle attuali 3 ore e 30 minuti), la Palermo-Catania-Messina e la Salerno-Reggio Calabria, che avrà una riduzione totale di percorrenza di 80 minuti. Al Nord il Piano prevede i collegamenti con il resto d’Europa: la Brescia-Verona-Vicenza, la Liguria-Alpi e la Verona-Brennero. Nel Centro-Sud, inoltre, è essenziale anche migliorare la connettività trasversale attraverso linee diagonali ad alta velocità (Roma-Pescara; rafforzamento Orte-Falconara; Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia). Senza dimenticare lo sviluppo del sistema europeo di gestione del trasporto ferroviario (Ertms), il potenziamento dei nodi ferroviari metropolitani e dei collegamenti nazionali chiave, il potenziamento delle linee regionali, il potenziamento, elettrificazione e aumento della resilienza delle ferrovie nel Sud, dove è in programma anche il miglioramento delle stazioni ferroviarie.

Per la messa in sicurezza, il contrasto e l’adattamento al cambiamento climatico della rete stradale, con una forte componente di ammodernamento tecnologico attraverso un sistema di monitoraggio digitale avanzato, poi, sono previste alcune riforme: l’attuazione delle Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza e il monitoraggio dei ponti esistenti e il Trasferimento della titolarità delle opere d’arte (ponti, viadotti e cavalcavia) relative alle strade di secondo livello ai titolari delle strade di primo livello (autostrade e strade extraurbane principali).

Per l’altro obiettivo della Missione 3, ovvero l’Intermodalità e la logistica integrata, ci sono sono il potenziamento della competitività del sistema portuale italiano in una dimensione di sostenibilità e sviluppo delle Infrastrutture intermodali sulla base di una pianificazione integrata; il miglioramento della sostenibilità ambientale, la resilienza ai cambiamenti climatici ed efficientamento energetico dei porti; la digitalizzazione della Catena logistica e del traffico aereo; la riduzione delle emissioni connesse all’attività di movimentazione delle merci. Per quanto concerne gli ambiti di intervento e le misure, per lo sviluppo del sistema portuale sono previsti investimenti per interventi mirati alla sostenibilità ambientale dei porti, i cosiddetti ‘Green ports’, e tre riforme: semplificazione delle procedure per il processo di pianificazione strategica; attuazione del regolamento che definisce l’aggiudicazione competitiva delle concessioni nelle aree portuali: semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti di ‘cold ironing’.

Per raggiungere l’obiettivo della intermodalità e logistica integrata sono previste tre riforme: semplificazione delle transazioni di importazione/esportazione attraverso l’effettiva implementazione dello Sportello unico dei controlli; l’interoperabilità della Piattaforma logistica nazionale (Pnl) per la rete dei porti, al fine di introdurre la digitalizzazione dei servizi di trasporto passeggeri e merci; la semplificazione delle procedure logistiche e digitalizzazione dei documenti, con particolare riferimento all’adozione della Cmr elettronica, alla modernizzazione della normativa sulla spedizione delle merci, all’individuazione dei laboratori di analisi accreditati per i controlli sulle merci. Infine, sono previsti anche due investimenti, il primo sulla digitalizzazione della catena logistica, e il secondo sull’innovazione digitale dei sistemi aeroportuali.

idrogeno

Pnrr, sul fronte green 12 obiettivi in 250 giorni: è corsa al tempo

Bollette, inflazione e rischio recessione incombono sul governo. Ma sullo sfondo c’è una sfida ulteriore, forse decisiva per l’Italia, che è quella dell’attuazione del Pnrr entro i tempi prefissati (2026) per accedere ai fondi europei. Il percorso è abbastanza scadenzato, con target da rispettare trimestre per trimestre. Sul fronte green, secondo l’ultimo aggiornamento del lavoro svolto dal Ministero della Transizione/Sicurezza Energetica (fermo al 31 ottobre), ci sono 6 Milestone (obiettivi) non del tutto conseguiti nel 2022 (su nove, quindi solo 3 già centrati) e ben 6 nuovi obiettivi da raggiungere entro i primi sei mesi del 2023. In tutto 12 provvedimenti da mettere a terra più o meno in 250 giorni.

Nel dettaglio, entro quest’anno restano questi target da portare a casa:
– Rafforzamento smart grid: aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per l’aumento della capacità di rete per la distribuzione di energia rinnovabile e l’elettrificazione dei consumi energetici. L’avviso è stato pubblicato a fine giugno 2022, le proposte sono state ricevute nei termini (con richieste che hanno superato il contingente a disposizione) e l’aggiudicazione attesa entro fine anno. Valore: 3,61 miliardi di euro.
– Interventi su resilienza climatica reti: aggiudicazione progetti per migliorare la resilienza della rete del sistema elettrico. Anche in questo caso manca solo il provvedimento entro dicembre. Valore: 500 milioni.
– Promozione teleriscaldamento efficiente: aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per la costruzione di nuove reti di teleriscaldamento o l’ampliamento di quelle esistenti. Tutto pronto, si attende solo il documento. Valore: 200 milioni.
– Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano: piantumazione di alberi (almeno 1.650.000). E’ stato emanato il decreto direttoriale di finanziamento progetti delle città Metropolitane, per un totale di oltre 2 milioni di piante previste a fine anno (350 mila oltre il target di 1,65 milioni). Sono invece in corso di stipula gli accordi con le Città Metropolitane e la convenzione con i vivai regionali per supportare appunto le Città Metropolitane. Valore: 330 milioni.
– Misure per i servizi idrici integrati: Entrata in vigore della riforma volta a garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati, nel rispetto di specifici requisiti. In questo caso bisogna emanare 2 decreti Interministeriali: uno del MIPAAF (di concerto con il MiTE) che dovrebbe essere già stato firmato, e uno del MEF (di concerto con il MiTE e MiPAAF) già pronto in attesa del parere delle Regioni che dovrebbe uscire dalla conferenza unificata del 30 novembre.
– Porti verdi: aggiudicazione di opere alle Autorità di sistema portuale. Operativamente è stata chiusa la manifestazione di interesse per l’individuazione progetti da parte di AdSP (Autorità di Sistema Portuale), la valutazione è in fase avanzata ed è in corso un confronto in materia di aiuti di Stato per la finalizzazione dell’ammissione dei progetti. Valore: 270 milioni.

PRIMO TRIMESTRE 2023
Nel primo trimestre 2023 invece l’attenzione del ministro Pichetto Fratin, del suo staff e dei suoi colleghi di governo dovrà concentrarsi soprattutto sull’idrogeno. Tre i provvedimenti da licenziare che valgono complessivamente 2,5 miliardi.
Produzione di idrogeno in aree industriali dismesse: aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per progetti di produzione di idrogeno in aree industriali dismesse. La manifestazione di interesse si è conclusa con l’interesse da parte Regioni e Province autonome, è stato firmato il decreto ministeriale di riparto risorse (in attesa di pubblicazione), mentre è in corso di elaborazione il decreto direttoriale con definizione degli adempimenti e dello schema di bando tipo per le Regioni e Province autonome.
Utilizzo idrogeno in settori hard-to-abate: firma dell’accordo con i titolari dei progetti selezionati per promuovere la transizione dal metano all’idrogeno verde. Anche in questo caso è stato firmato il decreto ministeriale, ma non pubblicato, ed è in via di elaborazione quello direttoriale per l’avvio della selezione dei progetti.
Semplificazione amministrativa e riduzione degli ostacoli normativi alla diffusione dell’idrogeno, cioè l’entrata in vigore delle misure legislative necessarie. Qua lo stato dell’arte è un po’ più complesso. E’ stata modificata con decreto ministeriale la norma tecnica ed è già in vigore, sono state introdotte con decreto legislativo le semplificazioni per la costruzione e l’esercizio di elettrolizzatori di dimensione inferiore a 10 MW (ovvero installati in aree industriali o standalone), è in fase di predisposizione l’atto di indirizzo a Snam per l’uso di standard condivisi per il trasporto di idrogeno, infine è in corso di finalizzazione schema di decreto attuativo in merito all’aggiornamento del sistema di garanzie di origine che comprenderà l’idrogeno.

SECONDO TRIMESTRE 2023
Decisivo per la svolta elettrica dell’automotive è uno dei Milestone da raggiungere nel secondo trimestre 2023. Si comincia infatti con lo ‘Sviluppo infrastrutture di ricarica elettrica’, o meglio: aggiudicazione di (tutti gli) appalti pubblici per la costruzione di 2 500 stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici in autostrada e almeno 4 000 in zone urbane. Poi, in base alle scelte governative in materia, sarà la volta di ‘Ecobonus e Sismabonus fino al 110% per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici’, quindi completamento della ristrutturazione di edifici per: i) almeno 12.000.000 di metri quadri per scopi di risparmio energia; ii) almeno 1.400.000 metri quadri per scopi antisismici. Infine, in vista della prossima estate, ‘Rinaturazione dell’area Po’: Entrata in vigore della pertinente legislazione finalizzata al recupero del corridoio ecologico rappresentato dall’alveo del fiume.
Questi ultimi tre Milestone sono i più corposi degli ultimi 12 mesi: oltre 15 miliardi, dove la voce Ecobonus e Sismabonus ne vale quasi 14 anche se il governo è già intervenuto per ridurre la spesa.

Con RePowerEu spazio di manovra per Meloni sul Pnrr

Il nuovo governo Meloni non ha intenzione di “riscrivere” o “stravolgere” il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ma è convinto che, di fronte agli scenari mutati dalla guerra, sarà necessario valutare alcuni aggiustamenti per renderlo a prova di futuro. La replica a Palazzo Madama, nel tradizionale momento di chiedere la fiducia al Senato, è l’occasione per la neo premier di chiarire (di nuovo) la sua posizione sul piano nazionale di ripresa e resilienza, che sarà anche il banco di prova delle relazioni dell’esecutivo italiano con Bruxelles. Meloni evita lo strappo con l’Ue, ma si dice pronta a far sentire la voce dell’Italia nelle istituzioni.

Non abbiamo mai detto che il Pnrr andasse stravolto, non abbiamo mai detto che andasse riscritto. Abbiamo detto che vogliamo rivederlo sulla base dell’articolo 21 del Next generation Eu che consente agli Stati di fare degli aggiustamenti se cambiano gli scenari di valutare quegli scenari”, ha chiarito Meloni di fronte ai senatori, chiedendo loro la fiducia al nuovo governo (ottenuta a Palazzo Madama con 115 sì, 79 voti contrari 3 5 astenuti, dopo aver già incassato il via libera della Camera). Il punto, secondo il governo, è che il Pnrr è stato scritto in un tempo “in cui non c’erano la guerra in Ucraina e gli aumenti dei costi delle materie prime e dell’energia”. E dunque oggi per Meloni è “lecito ragionare se le risorse e gli interventi immaginati siano ancora validi in questo tempo mutato”. E il rischio è che “le gare vadano deserte e così le risorse non siano messe a terra”, ha messo in guardia, sottolineando di dover accelerare anche sull’attuazione del piano.

La modifica al Pnrr e la sua attuazione in linea con gli standard di Bruxelles è stata uno dei punti più controversi della campagna elettorale del centrodestra per le elezioni del 25 settembre. E così rischia di mettere alla prova i rapporti del governo di Roma con Bruxelles, anche se molto dipenderà da quanto Meloni rivendicherà la battaglia in sede a Bruxelles. Meloni chiede più spazio di manovra, dal momento che il piano “non è intoccabile“, ma lo spazio di manovra è minimo. Su richiesta dei giornalisti a Bruxelles, l’esecutivo comunitario (pur non volendo commentare direttamente le parole pronunciate da Meloni sulla possibile revisione dei piani), con la voce della portavoce per gli Affari economici, Veerle Nuyts, ha chiarito ieri che “in via prioritaria gli Stati membri devono attuare il piano di recupero e resilienza approvato dal Consiglio, che già comprendono tappe e obiettivi con tempistiche chiare. Modifiche possono essere richieste dai governi “ma solo in casi eccezionali”, dimostrando “di non poter più attuare parti o l’intero piano a causa di circostanze oggettive“, ha precisato la portavoce, mettendo in chiaro che in questo caso sarà necessaria una “valutazione molto attenta” da parte di Bruxelles.

Secondo l’Ue, il margine di modifica non è ampio, ma c’è un altro fronte su cui l’Italia (come gli altri Paesi membri) può lavorare per aggiornare il Pnrr ed è quello dato dalla transizione. Nel quadro del piano ‘REPowerEu’, presentato a maggio per affrancare l’Ue dalla dipendenza energetica dalla Russia, Bruxelles propone di aggiungere un nuovo capitolo ai loro Pnrr dedicato solo a centrare gli obiettivi del Repower, quindi l’indipendenza dai fossili russi al più tardi entro il 2027. La proposta della Commissione è ora al vaglio dei due co-legislatori (Parlamento e Consiglio Ue), con l’idea di trovare un accordo entro la fine dell’anno.

Nei piani dell’Ue, il capitolo aggiuntivo al Pnrr per l’attuazione del REPowerEU avrà un regime di valutazione speciale e l’Esecutivo ha previsto anche una deroga a uno dei principi fondanti del piano stesso, quello del non arrecare danno significativo all’ambiente (Dnsh, acronimo di ‘Do No Significant Harm’) per le misure che “migliorano le infrastrutture energetiche per soddisfare le esigenze immediate di sicurezza dell’approvvigionamento di petrolio e gas naturale”, spiegano fonti dell’Ue. Mettere in pausa il principio significa poter costruire nuove infrastrutture per il passaggio e il trasporto del gas e del petrolio, in alternativa alle vie che collegano l’Europa al fornitore russo. In sostanza, oleodotti e gasdotti che possano sostenere gli Stati membri nella diversificazione dei fornitori di risorse energetiche.

Meloni finora non ha chiarito nello specifico in quali termini vorrebbe apportare modifiche all’attuale piano, ma in Aula al Senato ha sottolineato che dal Pnrr può esserci una “piccola grande occasione che riguarda il Mezzogiorno d’Italia, dove tutto manca fuorché vento, mare e sole per produrre rinnovabili”. E l’idea è quella di fare “del Sud Italia l’hub di approvvigionamento energetico del Sud Europa”, sfruttando le risorse del Pnrr. E’ verosimile che l’attuazione del Pnrr sarà centrale nella prima visita in veste di premier che farà Meloni a Bruxelles nei prossimi giorni. Un incontro che, secondo varie fonti, potrebbe tenersi già nelle prossime settimane.

Gentiloni

L’Europa si mette al servizio dell’Italia: ora tocca a Meloni continuare corsa al Pnrr

L’Europa si mette al servizio dell’Italia, ma l’Italia dovrà mettersi al servizio di sé stessa per continuare a ricevere il sostegno che serve per la trasformazione in senso sostenibile e innovativo la propria economia. I timori post-elettorali sembrano lontani, e il mondo dell’Ue è pronto a lavorare con il prossimo esecutivo tricolore, a cui però si invita a continuare nel solco tracciato da Mario Draghi. “Va continuata questa corsa contro il tempo che è l’attuazione del Piano nazionale per la ripresa (Pnrr)”, scandisce Paolo Gentiloni da Roma. Alla platea del roadshow InvestEU 2022 – Sostenitore per gli investimenti per un’economia verde, digitale ed equa’, il commissario per l’Economia ribadisce una volta di più che di fronte a crisi energetica e impatto del conflitto russo-ucraino sull’economia “non dobbiamo mettere un’ipoteca al Green deal”, e in fin qui il Paese è stato un buon esempio. “Dobbiamo riconoscere al governo italiano che in questo periodo ha fatto ogni sforzo per rimanere in questa dimensione”.

Incognite e ostacoli non mancano. Non sarà una passeggiata, e non lo sarà per nessuno. Per fare dell’agenda sostenibile una realtà “serviranno 520 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi all’anno per i prossimi dieci anni per la transizione climatica, e 130 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi per la transizione digitale”, ricorda Gentiloni. Si tratta di uno sforzo che chiama in causa “soprattutto i privati”, certo, “ma serviranno anche investimenti pubblici, e guarderemo a questo con le nostre regole del patto di stabilità”. Il membro italiano del team von der Leyen si mostra disponibile. A Bruxelles, sottolinea, “dobbiamo trovare il meccanismo, anche per i Paesi con spazio di bilancio limitate, per avere l’incentivo atto per promuovere gli investimenti”, pur garantendo “sostenibilità di bilancio”.

La politica di Bruxelles è pronta a fare la sua parte, e il sistema Italia è deciso a continuare a fare squadra. Dario Scannapieco, presidente di Cassa Depositi e prestiti (Cdp), ribadisce l’impegno della banca promozionale. “Vogliamo iniziare a fare leva e dare accesso alla garanzia dell’Ue e finanziare progetti di alto livello e valore aggiunto per l’economia italiana”, attraverso un uso efficiente di InvestEU, il programma Ue per gli investimenti strategici erede del vecchio piano Juncker. “Vogliamo confermare il nostro ruolo di leadership a livello europeo di utilizzo della garanzia Ue”, e in tal senso “vogliamo rafforzare la nostra presenza a Bruxelles”.

Altra sponda arriva da Lussemburgo, dal contributo che potrà dare la Banca europea per gli investimenti. Anche questo organismo europeo si mette al servizio del Paese, ma la vicepresidente Gelsomina Vigliotti non può esimersi dall’offrire consiglio per una cooperazione di successo. “La risposta alla crisi energetica è chiara: diversificare le fonti energetiche e insistere su più efficienza energetica, nel breve, medio e lungo periodo”. È una responsabilità tutta italiana e dei suoi amministratori, centrali e locali. Perché, ricorda, nell’impegno per la transizione verde e digitale “gli investimenti non possono essere prescritti né da Bruxelles né da Lussemburgo, nascono nei territori”. Come Bei, scandisce, “dobbiamo proteggere i territori e rafforzare la coesione”. Se anche la Bei si mette al servizio dell’Italia, il grosso spetterà all’Italia. Un altro pro-memoria per il governo a trazione Meloni in procinto di formarsi ed entrare in funzione.

Daniele Franco, ministro dell’Economia uscente, procede al passaggio di consegne. Con la guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne è scaturita, “la transizione sostenibile, che già sostenevamo per combattere i cambiamenti climatici, è oggi più urgente che mai”. E non si tratta solo di farla, ma di governarla. Per essere protagonisti e avere vera crescita, “dobbiamo sapere gestire la transizione” sostenibile. Sarà questo uno dei compiti del prossimo governo. Con l’Europa che si mette al servizio dell’Italia, ora spetta al governo Meloni. Che può trarre vantaggio dall’accordo siglato per l’occasione da Commissione europea e il Gruppo BEI, che comprende la Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI).

Per lanciare il programma InvestEU in Italia, hanno siglato le prime quattro operazioni italiane, per un totale di 264 milioni di euro. Arrivano 45 milioni di euro dalla Bei a Acque Bresciane per potenziare la copertura, qualità e la resilienza dei servizi per le acque reflue nella Provincia di Brescia. Altri 30 milioni di euro verranno investiti dal FEI in Xenon FIDEC per promuovere l’economia circolare. Ancora, 100 milioni di euro di garanzia FEI a Intesa Sanpaolo per sostenere gli investimenti e le esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap innovative o per sostenere la loro transizione digitale e ecologica. Infine 84 milioni di euro di garanzia FEI a Mediocredito Trentino-Alto Adige S.p.A per investimenti ed esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap del Nord-Est.