Aumentano le rinnovabili ma si impennano le emissioni: tutta colpa della domanda di energia

“Nonostante l’ulteriore forte crescita dell’eolico e del solare nel settore energetico, le emissioni globali globali di gas serra legate all’energia sono nuovamente aumentate. Stiamo ancora andando nella direzione opposta a quella richiesta dall’Accordo di Parigi”. A dirlo è Juliet Davenport, presidente dell’Energy Institute, che oggi ha presentato la 72esima edizione annuale della Statistical Review of World Energy, dove per la prima volta sono riassunti i dati energetici globali completi per il 2022.

Tre sono i dati salienti, che statisticamente gettano ombre sulla bontà del percorso verso il Net Zero nel 2050. Lo scorso anno c’è stato il più grande aumento mai registrato nella capacità di nuove costruzioni eoliche e solari. Insieme hanno raggiunto una quota record del 12% nella produzione di energia, con il solare in aumento del 25% e il vento in crescita del 13,5%. E le rinnovabili (escluso l’idroelettrico) hanno soddisfatto l’84% della crescita della domanda netta di elettricità nel 2022. Il consumo globale di energia primaria tuttavia è aumentato di circa l’1%, portandolo a quasi il 3% in più rispetto al livello pre-Covid del 2019. All’interno di questo contesto, il gas è diminuito del 3% e le rinnovabili (escluso l’idro) sono aumentate del 13%, mentre il predominio dei combustibili fossili è rimasto sostanzialmente invariato a quasi l’82% del consumo totale. Le emissioni globali legate all’energia hanno però continuato a crescere, con un aumento dello 0,8%, nonostante la forte crescita delle rinnovabili.

E’ l’aumento di domanda di energia dunque, al di là del peso dei fossili, a spingere verso nuovi massimi l’anidride carbonica nell’aria: le emissioni derivanti dall’uso di energia è infatti in aumento dello 0,9% a 34,4 GtCo2. Nel dettaglio la produzione globale di elettricità è aumentata del 2,3% nel 2022. Quella eolica e solare hanno raggiunto un livello record del 12% di quota di produzione col solare che ha registrato un +25% e l’eolico +13,5%. La generazione combinata da eolico e solare ha superato ancora una volta quella dell’energia nucleare. Il carbone è rimasto il combustibile dominante per la produzione di energia elettrica nel 2022, con una quota stabile intorno al 35,4%, ma in lieve calo rispetto al 35,8% del 2021. Mentre la produzione di energia elettrica da gas naturale è rimasta stabile nel 2022 con una quota di circa il 23%, l’idroelettrica è salito dell’1,1% nonostante la siccità e la produzione dal nucleare è diminuita del 4,4%.
Verrebbe da pensare che l’Asia, ancora affamata di petrolio e carbone, sia la parte del mondo che garantisce la leadership del fossile, in realtà la maggior parte della crescita del solare e dell’eolico si è verificata in Cina, rappresentando rispettivamente circa il 37% e il 41% delle aggiunte di capacità globale.

A maggio i consumi di energia elettrica calano del 6,3%. Crescono le rinnovabili

Cala la domanda di energia elettrica in Italia. Secondo quanto emerge dai dati raccolti da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale guidata da Giuseppina Di Foggia, a maggio la richiesta complessiva si è assestata sui 24,3 miliardi di kilowattora, facendo così registrare una diminuzione del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2022. Allo stesso modo scendono anche i consumi industriali, con una riduzione dell’8,1% rispetto allo stesso periodo di 12 mesi fa. Entrando nel dettaglio dei settori, c’è il segno positivo per i mezzi di trasporto, le ceramiche e vetrarie, oltre agli alimentari. Mentre gli altri settori sono in flessione, soprattutto quello dei metalli non ferrosi.

Scorporando il dato, la riduzione è confermata anche prendendo in esame i primi cinque mesi del 2023, durante i quali la richiesta di energia elettrica in Italia è calata del 4,5%, sempre rispetto allo stesso periodo del 2022 (-4,1% il dato rettificato).

Maggio ha avuto lo stesso numero di giorni lavorativi (22) e una temperatura media mensile inferiore di 1,8°C rispetto allo stesso mese del 2022, sottolinea Terna, mostrando il dato della domanda elettrica destagionalizzato e corretto dall’effetto della temperatura, risultata in calo del 5,6%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di maggio 2023 è risultata negativa dovunque: -7,3% al Nord, -6,2% al Centro e -4,3% al Sud e Isole. In termini congiunturali, il valore della richiesta elettrica, destagionalizzato e corretto dall’effetto temperatura, risulta in flessione dell’1,7% rispetto ad aprile 2023. L’indice Imcei elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1000 imprese cosiddette ‘energivore’, ha registrato una diminuzione congiunturale rispetto ad aprile del 2,5%.

Buone notizie anche dai dati relativi alle fonti rinnovabili, che hanno prodotto complessivamente 10,4 miliardi di kWh, coprendo il 42,8% della domanda elettrica (a maggio 2022 era del 35,6%). La produzione si divide per il 40,3% da idrico, il 28,1% da fotovoltaico, il 14,6% da eolico, il 12,6% da biomasse e il 4,4% da geotermico. Secondo le rilevazioni Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi cinque mesi dell’anno l’incremento di capacità in Italia è pari a 2.001 MW. Il valore è superiore di 1.110 MW (+125%) rispetto allo stesso periodo del 2022. Complessivamente, rispetto a maggio dell’anno scorso, sono stati installati ulteriori 4.200 MW.

In crescita risulta la produzione da fonte idrica (+33,4%) ed eolica (+33,8%), mentre è in flessione quella da fonte termica (-19,8%) e fotovoltaica (-5,4%). Resta sostanzialmente stabile, invece, la produzione geotermoelettrica (+0,2%).

Sempre a maggio 2023, la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’82,1% con la produzione nazionale e per la quota restante (17,9%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta, inoltre, è pari a 20,1 miliardi di kWh, in calo del 6,7% rispetto a maggio 2022. Infine, il saldo import-export, la variazione è -4,8% per un effetto combinato di una diminuzione dell’import (-3,3%) e un aumento dell’export (+28,5%).

Via libera Ue al decreto Parco Agrisolare: 1 miliardo di finanziamenti

La Commissione europea dà il via libera al nuovo decreto del bando Agrisolare. La misura del Pnrr, che libera un miliardo di euro, prevede finanziamenti a fondo perduto fino all’80% per la realizzazione di impianti fotovoltaici.

Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, firma il decreto che sarà pubblicato a breve in Gazzetta Ufficiale e istituisce il nuovo regime di aiuti per interventi su edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale. L’obiettivo, spiega il ministro, è “favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili e la riduzione dei costi di produzione delle imprese“. Le spese per l’energia, in media, pesano per oltre il 20% dei costi variabili a carico delle aziende. La possibilità di autoprodurre energia da fonti rinnovabili utilizzando i propri fabbricati, e quindi senza consumo di suolo, è “non solo un grande passo verso la sostenibilità del comparto ma anche un’occasione per abbassare le spese di produzione e, allo stesso tempo, di crescita, in competitività, della nostra Nazione”, scandisce Lollobrigida.

Nel dettaglio, la misura prevede: l’80% di contributo a fondo perduto va alle imprese agricole di produzione primaria su tutto il territorio nazionale nei limiti dell’autoconsumo, con la nuova fattispecie dell’autoconsumo condiviso (con una dotazione finanziaria pari a circa 700 milioni di euro); fino all’80% di contributo a fondo perduto con la possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese di trasformazione di prodotti agricoli. La dotazione finanziaria pari a circa 150 milioni di euro); il 30% di contributo a fondo perduto (con maggiorazioni per piccole e medie imprese e per aree svantaggiate) e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese agricole di produzione primaria (con una dotazione finanziaria pari a circa 75 milioni); il 30% di contributo a fondo perduto (con maggiorazioni per piccole e medie imprese e per aree svantaggiate) e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese della trasformazione da agricolo in non agricolo; raddoppio della potenza massima installabile che passa da 500 kw/p a 1.000 kw/p; il raddoppio della spesa ammissibile per accumulatori che passa da 50mila a 100mila euro; il raddoppio della spesa ammissibile per dispositivi di ricarica che passa da 15mila a 30mila; raddoppio della spesa massima ammissibile per beneficiario che passa da 1 milione di euro a 2,330 milioni incluse le spese accessorie (ad esempio rimozione amianto).

Consentirà l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di circa 20mila stalle e cascine ed è “importante per contribuire in modo sostenibile alla sovranità energetica del Paese“, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Un sostegno per le imprese agricole e zootecniche che possono avvantaggiarsi del contenimento dei costi energetici ma anche per il Paese che può beneficiare di una fonte energetica rinnovabile, in una situazione di forti tensioni internazionali“, ricorda. “Riconosciamo il valore del lavoro fatto in questi mesi dal ministero, ascoltando le nostre sollecitazioni perché venisse superato il limite dell’autoconsumo e dato spazio alle Comunità energetiche rurali“, fa eco il presidente nazionale di Cia-Agricoltori italiani, Cristiano Fini. “È chiaro che bisognerà continuare a spingere per vedere ampliate, in modo significativo e davvero efficace, le opportunità di ammodernamento ed efficientamento del sistema produttivo agricolo – sottolinea -. Il settore è ormai in pista per essere sempre più sostenibile anche da un punto di vista energetico, ma va supportato con garanzie di reddito e nel processo culturale all’interno delle comunità“.

cingolani

Ipotesi incentivi per Regioni che autorizzano installazioni rinnovabili

Chi può autorizza più guadagna. La ratio del progetto a cui lavora il governo per aumentare sensibilmente le installazioni di impianti per le energie rinnovabile è comunque questa. Al centro c’è il rapporto con le Regioni, soprattutto quelle del Sud, che da mesi chiedono di rivedere la norma che concede solo il 3% dell’energia a compensazione delle installazioni sul proprio territorio, allargando il raggio d’azione all’ente regionale, con royalties o lasciando la maggior parte dell’energia ricavata per il sostentamento dei propri cittadini. Il primo a sollevare la questione, con metodi molto spicci ma efficaci, è stato Renato Schifani, che ad aprile era pronto a sospendere le autorizzazioni per eolico e fotovoltaico senza adeguate contropartite per la sua Sicilia.

A ruota fu seguito dal governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, e a stretto giro di posta anche dal presidente della Basilicata, Vito Bardi. Rivendicazioni che avevano alla base un solo concetto: “Le rinnovabili non creano posti di lavoro e al momento non lasciano benefici sul territorio”, dunque bisogna cambiare registro. Inizialmente, la risposta del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, fu tiepida. Non che rigettasse le rivendicazioni, ma non poteva passare l’ipotesi di contrattazioni locali: “La valutazione va fatta sull’interesse nazionale“. Da quello che filtra in queste ore, il responsabile del Mase sembra essere stato di parola. Perché nel progetto che prevede il ribaltamento del paradigma attuale, ovvero arrivare a produrre i due terzi dell’energia da fonti rinnovabili e solo un terzo dalle fonti fossili meno inquinanti entro il 2030, dovrebbero trovare spazio nuovi incentivi per quelle Regioni che concederanno più autorizzazioni a impianti solari ed eolici. Il criterio dovrebbe essere applicato solo alla nuova energia prodotta, però. Dunque, uno stimolo (forte) a fare sempre meglio sulle fonti alternative.
Per ora le Regioni, interpellate da GEA, non prendono posizione. E’ probabile che attendano di conoscere nei dettagli il progetto del governo prima di esprimere un giudizio, positivo o negativo che sia. E nel frattempo attendono il decreto che individua le aree idonee alle installazioni, atteso già da un po’ ma che dovrebbe arrivare entro poche settimane. Pichetto aveva promesso entro l’inizio dell’estate, anche se più probabilmente avverrà nei primi giorni della stagione.

Tornando alle rinnovabili, per una volta potrebbe verificarsi anche un doppio risultato, quasi parallelo, con le istituzioni europee. Perché dopo il via libera degli ambasciatori Ue venerdì al Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Unione europea, gli eurodeputati della commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) dell’Europarlamento voteranno mercoledì 28 giugno il nuovo testo di compromesso sulla revisione della Direttiva sull’energia rinnovabile (Red). Dopo il voto in commissione, il testo dovrà essere approvato dall’intero Parlamento europeo a settembre in sessione plenaria. La notizia fa tirare un sospiro di sollievo dopo circa un mese di stallo al Consiglio, a causa delle pressioni francesi sul nucleare, gli ambasciatori dei 27 hanno convalidato l’accordo raggiunto con l’Eurocamera a fine marzo per la revisione della direttiva includendo un nuovo ‘considerando’ al testo di compromesso che riguarda gli impianti di ammoniaca.

Gse: In tre mesi 103mila nuovi impianti fotovoltaici. Da fine 2022 aumento dell’8,4%

L’energia da fonti di approvvigionamento rinnovabile continua a conquistare spazio in Italia. Lo dicono i dati raccolti dal Gestore servizi energetici, che nella pubblicazione trimestrale ‘Infotovoltaico’ fotografa l’andamento del settore nel nostro Paese. I risultati sono decisamente positivi, perché “nei primi tre mesi del 2023 è proseguito il trend di crescita sostenuta del comparto fotovoltaico osservato nel corso del 2022“. Al 31 marzo, in particolare, “risultano in esercizio in Italia circa 1.329.000 di impianti“, con un incremento in termini percentuali dell’8,4% rispetto alla fine dello scorso anno. Per “una potenza complessiva superiore a 26 Gigawatt (poco meno di 1,1 GW incrementali rispetto alla fine del 2022, per una variazione pari a +4,4%)“, mentre “la produzione lorda del trimestre, pari a 5.587 GWh, è aumentata del 4,4% rispetto allo stesso periodo del 2022“.

Entrando nel dettaglio delle rilevazioni, il Gse annota che il numero delle nuove installazioni rilevate nel trimestre “si attesta intorno a 103mila unità, valore poco inferiore alla metà delle installazioni entrate in esercizio nell’intero 2022. Il dato sulle installazioni mensili di marzo 2023 “è tra i più alti mai rilevati“, sottolinea lo studio. Ciò significa che in termini di numerosità, la crescita rispetto al primo trimestre dello scorso anno “interessa tutte le classi dimensionali degli impianti e tutte le regioni del Paese“. Inoltre, “il 49 percento della potenza installata complessiva degli impianti al 31 marzo 2023 si concentra nel settore industriale” che comprendente le imprese di produzione di energia, che rappresentano il 63% della potenza della categoria. A seguire ci sono i settori residenziale (21%), terziario (20%) e agricolo (10%). Sempre alla fine dello scorso mese di marzo, “il 32 percento della potenza degli impianti in esercizio è installata a terra, il restante 68% non a terra (su edifici, tetti, coperture, ecc.)“. Dunque, “la superficie complessivamente occupata dagli impianti a terra è stimabile in circa 16mila ettari“.

Gli autoconsumi ammontano, invece, “complessivamente a 1.411 GWh, pari al 25,7% della produzione netta di tutti gli impianti fotovoltaici” e “al 54,6% della produzione netta dei soli impianti che autoconsumano“. La variazione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente risulta così maggiore del 14%. L’aumento della produzione rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente “è associato principalmente alla classe dimensionale degli impianti di potenza compresa tra 3 kW e 20 kW; tra le regioni, Sicilia e Sardegna registrano le maggiori variazioni positive in termini di produzione, rispettivamente intorno al 20% e al 16%“, spiega il Gse. Che conclude l’analisi sottolineando che “in termini di producibilità degli impianti, le province con performance migliori rilevate nei primi 3 mesi del 2023 risultano Enna, Siracusa e Ragusa, con oltre 250 ore di funzionamento, per una media poco inferiore a 3 ore/giorno“.

Energia, svolta green: nel 2023 gli investimenti in solare superano quelli del petrolio

Gli investimenti nelle tecnologie per l’energia pulita stanno superando significativamente la spesa per i combustibili fossili poiché i problemi di accessibilità e sicurezza innescati dalla crisi energetica globale rafforzano lo slancio verso opzioni più sostenibili. E’ quanto emerge da un nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), secondo il quale nel 2023 gli investimenti globali nell’ambito dell’energia green saranno pari a 1,7 miliardi di dollari, con il solare destinato a eclissare il petrolio per la prima volta nella storia. Complessivamente quest’anno gli investimenti energetici – in rinnovabili e non – saranno pari a circa 2,8 miliardi.

Gli investimenti nelle energie green riguarderanno rinnovabili, veicoli elettrici, nucleare, reti, stoccaggio, combustibili a basse emissioni, miglioramenti dell’efficienza e pompe di calore. Il resto, poco più di un miliardo miliardi di dollari, andrà a carbone, gas e petrolio. Secondo i dati dell’Aie, le risorse annuali dedicati all’energia pulita aumenteranno del 24% tra il 2021 e il 2023, trainati da fonti rinnovabili e veicoli elettrici, rispetto a un aumento del 15% degli investimenti in combustibili fossili nello stesso periodo. Ma oltre il 90% di questo aumento proviene dalle economie avanzate e dalla Cina, presentando, scrive l’Agenzia nel rapporto, “un serio rischio di nuove linee di demarcazione nell’energia globale se le transizioni energetiche pulite non si svilupperanno altrove”.

“L’energia pulita si sta muovendo velocemente, più velocemente di quanto molte persone credano. Ciò è evidente nelle tendenze degli investimenti, in cui le tecnologie pulite si stanno allontanando dai combustibili fossili”, spiega il direttore esecutivo dell’Aie, Fatih Birol. “Per ogni dollaro investito in combustibili fossili, circa 1,7 dollari ora vanno in energia pulita. Cinque anni fa – dice – questo rapporto era uno a uno. Un esempio lampante è l’investimento nel solare, che è destinato a superare per la prima volta la quantità di investimenti destinati alla produzione di petrolio“.

Gli investimenti in energia pulita sono stati stimolati da una serie di fattori negli ultimi anni, tra cui periodi di forte crescita economica e prezzi volatili dei combustibili fossili che hanno sollevato preoccupazioni sulla sicurezza energetica, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Anche il rafforzamento del sostegno politico attraverso azioni importanti come l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti e le iniziative in Europa, Giappone, Cina e altrove hanno svolto un ruolo importante. Le maggiori carenze negli investimenti in energia pulita si registrano nelle economie emergenti e in via di sviluppo. Ci sono alcuni punti positivi, rileva Aie, come gli investimenti dinamici nel solare in India e nelle rinnovabili in Brasile e parti del Medio Oriente. Tuttavia, gli investimenti in molti paesi sono frenati da fattori quali tassi di interesse più elevati, quadri politici e schemi di mercato poco chiari, infrastrutture di rete deboli, servizi pubblici in difficoltà finanziarie e un costo elevato del capitale. “Molto di più – si legge nel rapporto – deve essere fatto dalla comunità internazionale, in particolare per guidare gli investimenti nelle economie a basso reddito, dove il settore privato è stato riluttante ad avventurarsi”.

Stefano Ciafani

Per Legambiente l’hub del gas nasconde insidie e costi: “Puntare sulle rinnovabili”

L’hub del gas porta insidie e costi per i consumatori e contribuenti, mentre le aziende fossili continueranno a fare profitti altissimi. E’ la posizione ribadita da Legambiente nel corso dei mesi. Da quando, cioè, il governo ha parlato per la prima volta del ‘piano Mattei’: per l’associazione “invocarlo per moltiplicare le infrastrutture per le fonti fossili è in contraddizione persino con la visione e l’ispirazione dell’ingegner Mattei che oggi cercherebbe di garantire fonti rinnovabili e meccanismi di stoccaggio dell’energia, non legandosi per decenni a un mercato volatile e costoso come quello del gas ha dimostrato di essere”.

Insieme a ong come WWF e Greeenpeace Italia, Legambiente continua a sollecitare il governo perché investa e acceleri su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli, invece che sul gas. “È questa la vera strategia energetica da mettere in campo insieme a 4 azioni: potenziamento uffici regionali per le autorizzazioni, aggiornamento e approvazione del PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), del Piano di adattamento ai cambiamenti climatici e delle linee guide sull’installazione delle rinnovabili”, spiega il Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani convinto che gli accordi presi con Algeria, Libia e altri Paesi delineano una diversificazione non del mix energetico, ma dei Paesi da cui l’Italia importerà gas.

Sono accordi che rischiano di condizionare pesantemente il futuro energetico italiano – continua – accompagnati come sono da impegni per opere inutili e costose, con benefici che andranno solo a grandi aziende e Paesi esteri, mentre i costi saranno scaricati sulla collettività”. Un esempio, per Legambiente, è il gasdotto dall’Algeria che potrebbe determinare anche la futura metanizzazione della Sardegna, “un passo indietro nel passato che condannerebbe l’isola alla dipendenza energetica dall’estero, invece di permetterle il salto tecnologico dalla fonte del passato, il carbone, a quelle del futuro, le energie rinnovabili”. A differenza del gas e delle altre fonti fossili, le energie rinnovabili, sole e vento, sono gratis. “Per questo non sono più ammessi ritardi”: come precisa Legambiente, l’Italia è infatti in forte ritardo nella diffusione delle rinnovabili, preferendo di gran lunga le fonti fossili come dimostrano i 41,8 miliardi di euro stanziati nel 2021 per questo settore. Ben 7,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente. “Occorrerebbe invece puntare alla sicurezza energetica, come richiama proprio il nome voluto dal governo accanto a quello di Ministero dell’Ambiente, investendo nella transizione alle rinnovabili e all’efficienza energetica, che sono l’unica via per garantire contemporaneamente prezzi più bassi, indipendenza dalle forniture estere e politiche climatiche efficaci”, ribadisce Ciafani.

Il paradosso dell’Italia, per il presidente di Legambiente, “è che continua a lavorare ed investire sulle fonti fossili molto più di quanto faccia sulle rinnovabili. L’Esecutivo Meloni, sulla scia dell’ex governo Draghi, con le politiche di diversificazione degli approvvigionamenti di gas fossile e il conseguente sviluppo di nuove infrastrutture nel Paese rischia di peggiorare la situazione”. Ma “è necessario invertire la rotta: è urgente snellire e semplificare gli iter autorizzativi, a partire, dai nuovi progetti di eolico a terra e a mare, accelerare sulla realizzazione dei grandi impianti a fonti pulite, sull’agrivoltaico che produce elettricità come integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola, su reti elettriche e accumuli, sulla diffusione delle comunità energetiche che usano localmente energia prodotta da fonte rinnovabile; senza dimenticare una seria politica di riqualificazione del patrimonio edilizio capace di rispondere con i fatti alle nuove Direttive europee. Questa è la rotta giusta per accelerare la transizione energetica ed ecologica del Paese”.

Mattarella in Norvegia spinge sulla sicurezza energetica: “Non affidarsi solo a fonti tradizionali”

Photo credits: Quirinale

La transizione ecologica è un “auspicio”, ma soprattutto una “sfida ineludibile”. Usa queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento alla sessione conclusiva del seminario ‘Greening the future’, organizzato alla Norwegian university of Science and Technology di Trondheim, seconda e ultima tappa della visita diplomatica in Norvegia. Mattarella tocca diversi temi legati alla tutela dell’ambiente che si coniuga alla necessità di garantire forniture di energia, sempre più pulita e sicura.

Il ragionamento parte dal fatto che sia la società norvegese sia quella italiana “hanno preso pienamente coscienza dei drammatici effetti provocati dai cambiamenti climatici, che impongono a tutti noi un radicale ripensamento dei fondamenti dei nostri sistemi di vita, di quelli economici e produttivi”. Soprattutto ora che “l’insensata aggressione della Federazione Russa all’Ucraina che ci ha anche reso pienamente consapevoli del valore strategico delle risorse energetiche”. Sul punto, Mattarella resta con un altro pensiero, molto duro ma importante: “Le gestioni delle risorse energetiche, così di come di quelle alimentari, non possono essere una forma impropria di pressione e minaccia contro l’autonomia e l’indipendenza di altri popoli”.

Raggiungere sicurezza e indipendenza, però, “non significa affidarsi esclusivamente alle fonti energetiche tradizionali, venendo meno all’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici”, sottolinea il capo dello Stato. Che, infatti, avvisa: “Il cambio di passo deve riguardare l’innovazione, non soltanto il cambio di rotte di approvvigionamento e fornitori”. Per Mattarella “serve un nuovo paradigma, avere l’ambizione di essere nel gruppo di testa che guida il cambiamento, piuttosto che nel gruppo di coda rivolto ad amministrare un passato in esaurimento”. Dunque, “occorre accelerare nella transizione verde”.

Magari guardando a collaborazioni con Paesi già in fase avanzata sulla sperimentazione, proprio come la Norvegia. In questo senso, ad esempio, cita la crescita dell’eolico offshore (in entrambe le nazioni), che “offre rilevanti possibilità”. Mattarella coglie “la lungimiranza dell’impegno delle autorità norvegesi per promuovere lo sviluppo dell’energia eolica, l’utilizzo dell’idrogeno quale combustibile pulito e lo stoccaggio dell’anidride carbonica nel sottosuolo”, invitando a “guardare con interesse e apprezzamento” a queste pratiche.

Le rinnovabili sono un capitolo importante del discorso del capo dello Stato, perché “l’eolico nel Mare del Nord e il fotovoltaico nel bacino del Mediterraneo possono diventare, in un futuro non lontano, fonti di energia pulita del continente europeo e alimentare così una nuova rivoluzione nei processi produttivi e nei modelli di vita”. Inoltre, “grazie a una rete elettrica sempre più interconnessa” l’energia eolica e quella solare “potranno contribuire alla sicurezza di approvvigionamento e ridurre i rischi legati alla natura variabile delle fonti rinnovabili”.

Senza contare l’opportunità di “coltivare l’ambizione di diventare perni di una rete che, dalle piattaforme eoliche nel Mare del Nord si colleghi fino alle centrali solari della Sicilia e, più in là, del deserto del Sahara, che nei prossimi anni sarà collegato all’Europa grazie al progetto Elmed, il cavo elettrico che unirà la Tunisia all’Italia”. Perché “la cooperazione tra Europa e Africa è essenziale per il successo delle strategie di de-carbonizzazione, inclusa la prospettiva di produzione di idrogeno verde”. La cooperazione sarà importante anche in altri settori, come il ‘green shipping’, il trasporto marittimo verde, o anche l’interscambio culturale tra le Università e i centri di ricerca italiani e norvegesi.

Mattarella lascia Trondheim consapevole che il suo viaggio ha fatto breccia. Domani a Roma, però, lo attende un altro appuntamento importante, con il presidente ucraino, Volodimir Zelensky, che vedrà anche la premier, Giorgia Meloni, e Papa Francesco per una visita che ormai è diventata ufficiale. Zelensky poi sarà ospite di uno speciale ‘Porta a Porta’ su Rai1, in diretta dalle 18.30.

Nel 2022 volano le rinnovabili. Pichetto: “Impegno economico senza precedenti”

Vola il settore delle rinnovabili in Italia, segnando – di fatto – un cambio di passo soprattutto sulla scia del Pnrr e dei nuovi obiettivi al 2030.  Nonostante il quadro macroeconomico ed energetico complicato, gli investimenti previsti si collocano sui 41 miliardi, con un’impennata della potenza che ha toccato la quota record di 38,9 GW, quasi triplicata rispetto ai 15 GW del 2021. Le operazioni sono 958, più del doppio di quelle rilevate nell’anno precedente. A fotografare la situazione l’Irex Annual Report 2023, lo studio di Althesys che dal 2008 monitora il settore delle rinnovabili, analizza le strategie e delinea le tendenze future.

Ma se i dati sono favorevoli, “il lavoro che abbiamo davanti” verso la transizione energetica “è enorme ed è di concerto: nessuno di noi ha la soluzione certa, si va avanti anche un po’ per approssimazione”. Per questo “bisogna costruire un puzzle tra tutti i grandi attori per dare un servizio al Paese, è la sfida enorme che abbiamo davanti”, ha ricordato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, a cui sono state affidate le conclusioni dell’incontro organizzato nella sede del Gse per presentare i dati.

Nel 2022 la protagonista assoluta tra le tecnologie è stata l’agrivoltaico che con 390 iniziative, 15,8 GW e 12 miliardi arriva a una quota del 41%. Il solare che preserva l’uso agricolo dei terreni toglie il primato al fotovoltaico, che si ferma al 35% con 11,6 GW per 8,3 miliardi. L’eolico onshore vale 184 iniziative, 10,6 GW e 14,2 miliardi di euro. Emergono inoltre anche eolico offshore, 63 progetti rilevati nel 2022 e oltre 50 GW di progetti totali (ma solo uno entrato in funzione), ma soprattutto sistemi di accumulo. Questi ultimi sono la vera new entry del 2022 la cui capacità censita è stata di circa 898 MW, +91% rispetto al 2021. Complessivamente in Italia si contano circa 227 impianti di storage per 1,5 GW e 2,7 GWh, quasi tutti di taglia residenziale. La componente storica dello stoccaggio italiano è composta dai 22 impianti di pompaggio con una potenza massima di circa 7,6 GW in produzione (6,5 GW in pompaggio) e una capacità di 53 GWh, di cui l’84% dai sei impianti maggiori (quattro al Nord e due al Sud).

E se per Pichetto “il ricorso alle rinnovabili costituisce non solo una risposta alle esigenze di lotta al cambiamento climatico ma anche alle problematiche di sicurezza e indipendenza energetica nonché a quelle di tensioni sui prezzi”, resta il nodo della burocrazia e del quadro normativo fumoso.  Nonostante i decreti di semplificazione, infatti, tre pratiche su quattro sono ancora in standby: su 894 totali, ben 673 risultano ancora in corso. Per Pichetto c’è la necessità di “togliere una serie di impedimenti” burocratici “e il primo impegno del ministero è stato di intervenire sul fronte della semplificazione”.

Anche perché le risorse ci sono e non sono poche. “Abbiamo un impegno economico sul fronte delle rinnovabili – ha ricordato il ministro – che è senza precedenti e che può rappresentare la chiave di volta per dare slancio alla transizione energetica”. Oltre alle misure incentivanti già previste per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, il Pnrr stanzia ingenti risorse per la missione 2 ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, cioè quasi 60 miliardi di euro”. Tra questi 5 miliardi per agricoltura sostenibile ed economia circolare, di cui 1 miliardo stanziato per sistemi agrivoltaici e a 24 miliardi per energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, di cui oltre 2 miliardi per le comunità energetiche rinnovabili. E, ancora “oltre 3,6 miliardi destinati a sostenere lo sviluppo dell’idrogeno nel sistema energetico nazionale, con quasi mezzo miliardo di destinato alla filiera industriale nazionale”. Idrogeno che, ha ricordato Pichetto, “non è solo nell’ottica di rifornire camion e treni, ma che può avere funzioni molto più vaste”. L’obiettivo è comunque tracciato: la neutralità carbonica entro il 2050.

 

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Partita a scacchi Regioni-governo per le royalties sulle rinnovabili

Renato Schifani è stato il primo a sollevare il tema, ma poco a poco altri governatori si accodano sulle compensazioni sulle rinnovabili. La vicenda parte dal ragionamento del presidente della Regione siciliana, che chiede al governo di discutere sul fatto che l’installazione di pannelli in giro per il suo territorio fornirà energia per altre Regioni, dunque pretende che ne venga lasciata la maggior parte ai suoi concittadini o, in alternativa, vengano concesse agevolazioni, o meglio delle royalties. Al momento, e lo ha ricordato proprio Schifani, questo non è permesso da un decreto legislativo, ma se esiste la norma che concede il 3% di energia prodotta da fonti rinnovabili ai Comuni dove sono sistemati gli impianti, non capisce perché lo stesso non si possa fare anche con le Regioni. Ragion per cui, senza un adeguato confronto con il governo, potrebbe anche sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico.

Una presa di posizione che ha avuto anche la ‘benedizione’ delle opposizioni, come il Movimento 5 Stelle locale, che appoggia il governatore, ricordando di aver presentato all’Assemblea regionale siciliana, primi firmatari i deputati regionali, Luigi Sunseri e Cristina Ciminnisi, due disegni di legge: il primo per normare l’installazione degli impianti fotovoltaici sui terreni agricoli, il secondo sull’eolico, puntando punta al rispetto del paesaggio ma anche a garantire una contropartita economica per la Regione.

Dal governo, però, la reazione è stata tiepida alla rivendicazione di Schifani. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, infatti, non dà “risposte specifiche sulla Sicilia“, anche perché “altre Regioni hanno portato avanti richieste“, ma a suo modo di vedere “la valutazione va fatta sull’interesse nazionale e non con la contrattazione singola“. Non è sicura nemmeno l’apertura di un tavolo di confronto sulla questione, tant’è che a domanda il responsabile del Mase risponde: “Stiamo valutando sul tema e sulle aree idonee, c’è un discorso già avviato, con interlocuzioni tecniche di merito. Nel momento in cui si arriverà alla conclusione si valuterà anche questo“.

Il fronte, intanto, si allarga. Perché con il governatore siciliano si schierano anche due colleghi. Il primo è il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto: “Condivido la posizione del presidente Schifani – scrive sui suoi canali social -. Va modificata la norma che regola le royalties degli impianti fotovoltaici. Al momento le compensazioni vanno solo ai Comuni, occorre intervenire affinché anche le Regioni abbiano un vantaggio nel promuovere investimenti green“. A seguire Vito Bardi, per la Basilicata: “La Regione ha già inviato, il 10 febbraio scorso, al ministro Pichetto le proposte, in un’ottica di leale collaborazione istituzionale, per vedersi riconosciuta una quota di energia prodotta qui sul territorio“. Perché, spiega, “dobbiamo dirci la verità, anche se scomoda: le ‘rinnovabili’ non creano posti di lavoro e al momento non ‘lasciano’ benefici sul territorio. Bisogna cambiare quanto avvenuto fino a oggi, soprattutto se si vuole rendere, come ha meritoriamente proposto la premier Giorgia Meloni, il Sud un hub delle rinnovabili“.

La palla, dunque, passa a Roma. Anche se la linea non sembra cambiare nemmeno nella risposta, indiretta, del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che pur confermando l’amicizia con Schifani, gli ricorda che “i pannelli solari sono una grande scommessa per la Sicilia“, dove Enel sta realizzando “il più grande stabilimento d’Europa“, la 3Sun Gigafactory, che “sarà così innovativo da far concorrenza a quelli cinesi e produrrà nel tempo tutto quello che serve alla realizzazione di pannelli solari nel nostro Paese“. Un processo che il governo non vuole interrompere.