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I ritardi dell’Ue sugli acquisti congiunti di gas

Non c’è data ancora per il primo acquisto congiunto di energia da parte dell’Unione europea. Anche se una piattaforma energetica comune, oggi, è più importante che mai di fronte alle minacce della Russia, che è pronta a tagliare completamente le forniture all’Europa.

Sulla scia dell’acquisto comune dei vaccini durante la pandemia Covid-19, di fronte alla crisi energetica connessa alla guerra in Ucraina, Bruxelles ha lanciato lo scorso 7 aprile una piattaforma energetica a cui gli Stati membri possono aderire su base volontaria per negoziare e cercare approvvigionamenti di gas (e poi anche idrogeno e gas naturale liquefatto) prima del prossimo inverno per mantenere anche i prezzi più contenuti potendo gestire la domanda a livello comunitario e non nazionale.

La realtà è anche che, proprio come è stato per l’acquisto congiunto di vaccini, la Commissione europea cerca attraverso la piattaforma comune anche di evitare che ci sia concorrenza tra i Paesi membri dell’Ue nell’acquisto di forniture, data la necessità di accelerare con la diversificazione dei fornitori e riempire le riserve. La Russia è il più grande fornitore di gas all’Europa. Fino allo scorso anno, Bruxelles ha importato da Mosca il 40% delle sue forniture di gas. Con l’inizio della guerra di Russia in Ucraina e l’impegno dei leader Ue a porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027 (nel piano RePowerEu), la percentuale si è già ridotta a meno del 30%, che però richiede uno sforzo ulteriore di compensazione.

La piattaforma è stata lanciata e il lavoro organizzato attraverso una serie di task force che saranno istituite su base regionale: la prima è nata a Sofia, in Bulgaria, per monitorare il fabbisogno di gas ed elettricità, i prezzi e i flussi del gas in Bulgaria e con i vicini dell’Europa sudorientale; la seconda è stata creata all’inizio del mese per occuparsi dei Paesi dell’Europa centro-orientale (Italia, Austria, Germania, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia, Slovenia, Croazia e Slovacchia) insieme a Ucraina e Moldavia. Ora però mancano gli acquisti comuni e la Commissione Ue, interpellata, sceglie di non commentare.

Fonti europee spiegano che in questo momento si stanno studiando ancora varie formule per rendere operativa la piattaforma, che sta richiedendo più lavoro giuridico e tecnico di quanto la Commissione si sarebbe aspettata. Questo perché gli acquisti comuni non sono in capo ai governi ma agli operatori privati, quindi “occorre trovare un veicolo giuridico che consenta loro di agire”.

Martedì scorso, gli Stati membri dell’Ue hanno dato via libera al piano per una riduzione volontaria del 15% della domanda di gas (sulla media dei consumi degli ultimi cinque anni) tra agosto e marzo, per prepararsi a possibili interruzioni dell’approvvigionamento questo inverno da parte di Mosca. Nel testo dell’accordo raggiunto al Consiglio energia, i governi hanno aggiunto l’esortazione ad accelerare sugli acquisti comuni di gas, anche perché serviranno ad aiutarli a riempire le riserve come richiesto da Bruxelles all’80% della capacità entro il primo novembre (la media europea è poco sopra il 66%, mentre l’Italia è sopra il 71%), mentre Mosca continua a centellinare il gas all’Europa continuando a ridurre i flussi dal gasdotto Nord Stream 1, che collega la Russia direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico.

Siccità, energia, guerra: tre dossier ‘hot’ per il nuovo governo

Sarà una campagna elettorale ‘lampo’, ma non senza scontri, tensioni e anche qualche ‘colpo basso’. Lo scenario con cui l’Italia si prepara al ritorno alle urne, il prossimo 25 settembre, è ricco di insidie. Per ogni schieramento. Non solo il cronoprogramma di riforme e progetti per non perdere i fondi europei del Pnrr, nell’agenda di tutte le forze politiche ci sono almeno tre temi cerchiati con in rosso: strategia nazionale sull’energia, transizione ecologica e digitale e, ovviamente, la guerra in Ucraina, che trascina con sé non solo implicazioni geopolitiche ma anche legate alla crisi alimentare. Lo sblocco, graduale, delle scorte di grano e cereali bloccati da mesi nei porti del Mar Nero è una buona notizia – se gli accordi firmati con i garanti Onu e Turchia reggeranno -, ma il tempo stringe perché alle porte ci sono i nuovi raccolti e le incertezze si triplicano senza il cessate il fuoco tra Mosca e Kiev.

L’altro, grande capitolo riguarda inevitabilmente gli approvvigionamenti energetici. Non soltanto – e non tanto – per la conferma e il rispetto degli accordi stipulati dal governo Draghi con Algeria, Libia, Egitto, Mozambico, Azerbaijan, Congo e Qatar: queste partnership ci renderanno indipendenti dalle forniture russe entro la fine del 2024 e l’inizio del 2025. Piuttosto il prossimo governo dovrà prendere una decisione sul ritorno o meno a puntare sulla produzione nazionale di gas. Ovvero, per dirla con il gergo utilizzato da alcune associazioni ambientaliste e movimenti politici, se l’Italia tornerà a muovere le proprie trivelle per sfruttare le possibilità del territorio. Il dibattito si è acceso negli ultimi mesi, quando la crisi energetica ha imposto una riflessione sul mix da adottare. Ad oggi le divisioni rimangono e la discussione non fa passi avanti.

In ballo ci sono interessi economici altissimi, però. Perché da circa una ventina d’anni, da quando è stata operata la scelta di comprare il gas da fornitori esteri (la Russia è diventata in pochissimo tempo il nostro partner principale), c’è chi conta una perdita in termini di occupazione, sviluppo delle nostre aziende e di risorse pubbliche, dovendo pagare l’Iva ai Paesi di appartenenza dei ‘venditori’. Il rovescio della medaglia, però, riguarda la tutela dell’ambiente e delle biodiversità. Non un problema da poco, visti gli effetti a volte devastanti dei cambiamenti climatici. Per ovviare a tutti i rischi c’è chi si appella alle nuove tecnologie, considerandole un valido alleato. Ma non tutti – in entrambi gli ‘schieramenti’ – sono pronti a metterci le mani sul fuoco.

Mentre la discussione va avanti, c’è comunque il presente da affrontare. Ad oggi il problema più grave è la siccità. Continua a non piovere su diverse zone del Paese, mentre dove finalmente scende giù l’agognata acqua, molto spesso lo fa con una violenza dirompete, a causa dell’incontro-scontro con le temperature record di questi mesi estivi. Il governo, prima che deflagrasse la crisi politica, era all’opera per un nuovo decreto Aiuti. La fine della maggioranza, le dimissioni di Mario Draghi e lo scioglimento delle Camere sembravano aver mandato in fumo l’opportunità. L’allargamento del perimetro dei cosiddetti affari correnti, però, ha riacceso la speranza e ora ci sono oltre 14 miliardi di euro da utilizzare per prorogare le misure di contrasto ai rincari di energia, carburanti e beni alimentari, ma anche i primi sostegni per i danni all’agricoltura. Il decreto dovrebbe vedere la luce la prossima settimana. Certo, le cifre stanziate non saranno sufficienti a coprire tutti gli ammanchi, ma va anche detto che oggi è tecnicamente impossibile fare la conta dei danni, quando le colture sono ancora in itinere.

Giocoforza questo sarà uno dei primi dossier su cui il nuovo governo, e la maggioranza che lo sosterrà, dovrà impegnarsi. Chi verrà dopo l’ex Bce, però, si troverà comunque una situazione economica e finanziaria di tutto rispetto. Almeno secondo quanto certificano diverse analisi, non ultima quella dell’Istat. “Con il dato sulla crescita del secondo trimestre” dice il ministro uscente della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, “è ragionevole aspettarsi un tasso di crescita annuo per il 2022 più vicino al 4%“. L’ex forzista si toglie anche un sassolino dalle scarpe: “Il governo Draghi ha lavorato bene, addirittura benissimo. Tanto che tra i Paesi del G7 nel 2022 l’Italia sarà quello che crescerà più di tutti“. E’ la campagna elettorale, bellezza. Ma anche una buona notizia per chi verrà tra due mesi circa.

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Cingolani: “Il gas costa un botto, acceleriamo sulle rinnovabili”

Non ci sono dubbi: il prezzo del gas è alle stelle. Una drastica conseguenza della guerra russo-ucraina ma anche della forte speculazione presente sul ‘dark web’ dell’economia italiana. “Paghiamo un botto. Già prima della guerra c’era stato un rialzo per vari motivi, anche speculativi, ma passare da 20 centesimi a 1-1,5 euro è troppo”, esclama il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che nel corso di una conferenza stampa al Mite fa il punto su due dei temi di maggior tendenza in questo periodo: gas e rinnovabili.

L’aggiornamento sul ‘work in progress’ delle rinnovabili da parte del ministro arriva subito: “Il lavoro per l’aumento delle energie pulite procede a ritmi serrati“. Parole che, considerando il caos energetico di Gazprom, delle varie manutenzioni ai gasdotti con il piano di risparmio europeo del 15% e l’autunno sempre più vicino, lasciano spazio a un sospiro di sollievo. Premesso, quindi, che sulla transizione energetica i passi avanti l’Italia li sta compiendo, c’è ancora un tassello da mantenere dal quale non possiamo ancora fare a meno. Quello riguardante il rinvio del phase out delle centrali a carbone, perché servirà a risparmiare 2 miliardi metri cubi di gas. E Cingolani avverte: “Farà un po’ di danno ambientale, ma ci consentirà di accelerare sulle rinnovabili“. Detto questo, “le nuove forniture di gas richiederanno un po’ di tempo per andare a regime ma non sono previste drastiche misure di contenimento a livello industriale“, la sottolineatura.

Riprendendo il discorso sui tre rigassificatori galleggianti, “due saranno operativi tra i prossimi 12-24 mesi”, mentre il terzo è in stallo. Si tratta dell’impianto di Piombino: “Ora c’è un po’ di polemica, faremo di tutto per cercare di alleviare i disagi, ma la sicurezza nazionale passa dal Comune toscano“. L’importante, per il responsabile del Mite è che “Il rigassificatore entri in funzione tra il primo quarto del 2023 e il primo quarto del 2024“, stessa cosa per quello di Ravenna che “è pronto ma serve un tubo di raccordo”.

Resta sempre sul tavolo il discorso relativo al tetto al prezzo del gas. Sulla Borsa, spiega il ministro, “sono stato esplicito anche in sede europea, spiegando che non siamo in economia di mercato ma in economia di guerra, quindi il price cap, che abbiamo chiesto e che l’Ue si è impegnata a presentare una proposta a settembre, diventerebbe un normalizzatore importante“.

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Iva azzerata su pane e pasta: in arrivo nuovo dl Aiuti

Non c’è tempo per aspettare le elezioni. Il caro bollette morde la carne viva degli italiani e il governo Draghi, anche se dimissionario, quindi con poteri ‘limitati’, si prepara a varare il nuovo decreto con gli aiuti a famiglie e imprese. Avrà un peso consistente, circa 12-13 miliardi, ma solo per la proroga delle misure adottate negli ultimi 4 mesi. La novità su cui gli uffici del Mef stanno lavorando in queste ore è un allungamento dei tempi per confermare il taglio di 30 centesimi delle accise sui carburanti almeno fino al 31 dicembre 2022. Oggi, infatti, la deadline dell’ultimo rinnovo firmato da Daniele Franco e Roberto Cingolani è il 21 agosto: oltre quella data i prezzi finali rischiano di rischizzare inesorabilmente verso l’alto, aggravando gli effetti dell’inflazione.

Il premier ne parlerà con le parti sociali. Domani, infatti, riprendono gli incontri nonostante la crisi politica. Alle ore 10 a Palazzo Chigi sono attesi i vertici di Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Cna, Confimi, Casartigiani e Confapi. Mercoledì, sempre alle 10.00, ci sarà il nuovo confronto con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, mentre nel pomeriggio, alle 15.30, Draghi vedrà i rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Alleanza cooperative, Federterziario, Confservizi, Confetra. E sono in programma incontri anche con Ania e Abi.

I tempi stringono e i rincari toccano fortemente anche – soprattutto – i generi di prima necessità. La tempesta che si è abbattuta sull’esecutivo ha rallentato quel percorso immaginato dal premier per il nuovo provvedimento, ma al momento non sembra averne frenato le intenzioni. L’idea è quella di “azzerare l’Iva su pane e pasta, ma la misura “deve essere estesa a tutti i prodotti alimentari“, rivela la vice ministra dell’Economia, Laura Castelli. Sottolineando che “l’elenco dei maxi-rincari che nell’ultimo periodo hanno interessato il comparto dell’alimentazione è lunghissimo e rende necessario in intervento che abbracci tutti i beni“. Ecco perché tra le ipotesi c’è una riduzione al 5% dell’imposta sul valore aggiunto di carne e pesce. “E’ un piano concreto e eventualmente alternativo o aggiuntivo al bonus dei 200 euro“, spiega ancora Castelli. Che anticipa: “Si stanno valutando i costi delle misure e quali sono più impattanti sulla vita degli italiani. Interverremo in questo senso nel decreto di luglio“. Già domani a Palazzo Chigi è prevista una riunione preparatoria del Cdm, in cui verranno tirate le prime somme da destinare al provvedimento.

Resta l’incognita sulle misure da adottare per mitigare l’effetto dei danni che sta provocando la siccità all’agricoltura. Prima della crisi il governo aveva dato il via libera allo stato di emergenza chiesto da Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto, mentre restano in stand by le nuove richieste che sono in arrivo da Lazio, Umbria, Liguria e Toscana. Nel perimetro del disbrigo degli affari correnti non è escluso che possa entrarci anche questo dossier, ma servirà l’appoggio del Parlamento. Per la quantificazione effettiva delle perdite, invece, il discorso sembra ormai rinviato al prossimo esecutivo, dopo le elezioni del 25 settembre. Fino al passaggio della ormai famigerata ‘campanella’, però, resta da mettere in sicurezza i passaggi del cronoprogramma per non disattendere gli impegni del Pnrr: passaggio fondamentale per accedere alle nuove tranche dei finanziamenti europei.

Senza contare che la battaglia europea per il price cap sul gas non si ferma. Anche se il percorso diventa inevitabilmente più accidentato. Come conferma il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: “Sicuramente ci metteremo il massimo impegno per arrivare a questo risultato – assicura -. Però, avendo fatto cadere il governo è molto più difficile stare ai tavoli internazionali“.

Italgas

Italgas non teme l’inverno e aumenta gli utili

Ridurre i consumi di gas del 15% per fronteggiare le bizze di Putin e i rigori dell’inverno? “Misure di questo tipo devono essere discusse a livello politico, ma da un punto di vista tecnico in Italia non ce n’è bisogno”, puntualizzava mostrando una certa serenità, Paolo Gallo, amministratore delegato di Italgas, durante la conference call per presentare agli analisti la semestrale. In generale “l’inverno non sarà auspicabilmente così critico come qualcuno pensa. E comunque non vediamo impatti per Italgas”. In effetti i conti dei primi sei mesi sono più che lusinghieri, nonostante il periodo gennaio-giugno 2022 non sia stata una passeggiata tra guerra e inflazione. La società ha comunque registrato ricavi totali per 707,4 milioni di euro (+6,3%), un Ebitda (margine operativo lordo) di 513,3 milioni di euro (+4,9%) e un utile netto adjusted di gruppo pari a 188,3 milioni di euro (+6,9%).

I risultati del primo semestre sono l’ulteriore conferma della solidità di un gruppo capace di continuare a crescere in maniera ininterrotta nonostante uno scenario caratterizzato da condizioni economico-sociali e geopolitiche sempre più complesse. Raggiungiamo il primo giro di boa dell’anno – ha commentato l’amministratore delegato – registrando la crescita di tutti gli indicatori economici e gli investimenti (374 milioni di euro) stanno realizzando la trasformazione digitale della rete, sempre più smart, capillare e flessibile al servizio della transizione energetica e della decarbonizzazione dei consumi. In Sardegna – ha concluso Gallo – prosegue il nostro impegno per la completa metanizzazione dei territori in concessione. Il network, che si estende per circa 1.500 chilometri di reti intelligenti, è già oggi il più all’avanguardia del Paese sia perché già in grado di accogliere gas rinnovabili come biometano e idrogeno, sia perché l’approvvigionamento è garantito soltanto da forniture di gas naturale liquefatto“.

Cinque anni fa il titolo in Borsa valeva 4,6 euro, mentre ieri – in una seduta che ha visto oscillare l’azione tra -0,2% e +0,2% – il prezzo era di 5,2 euro. In questi cinque anni ne sono successe di tutti i colori, ciò nonostante – come direbbe lo stesso Paolo Gallo – Italgas si è confermata anche nei momenti più bui “solida”. In generale le nostre utilities rappresentano un punto fermo per risparmiatori e per chi cerca un porto sicuro sia a livello di dividendi che di garanzia per la tenuta del nostro sistema energetico-infrastrutturale. E con 180 anni di esperienza alle spalle, Italgas continuerà a garantire lo sviluppo economico e sociale del Paese: non a caso è il più importante operatore del Paese nel settore della distribuzione del gas e il terzo in Europa. Con oltre 4.100 persone gestisce, direttamente o attraverso le proprie partecipate, una rete di distribuzione che si estende complessivamente per circa 72.700 chilometri attraverso la quale distribuisce il gas a 7,7 milioni di utenze. Un colosso, capace comunque di flessibilità e modernità: riduzione delle emissioni, rispetto dei target ambientali comunitari prima del 2030 (precisamente per il 2028) e investimenti tecnologici per migliore l’efficienza distributiva. Ecco perché l’indebitamento, più o meno stabile intorno ai 5 miliardi, non fa paura all’amministratore delegato e nemmeno alla Borsa. Per investire, servono soldi. Serve debito buono, come direbbe Mario Draghi.

Draghi

Draghi ha chiuso ma il dossier energia resta pericolosamente aperto

Mario Draghi ha terminato la sua esperienza a Palazzo Chigi e non è più a capo del governo se non per il disbrigo degli affari correnti, ma i suoi dossier – tutti delicatissimi – restano aperti. E, a stretto giro, andranno chiusi. La fretta di indire nuove elezioni per scongiurare l’esercizio provvisorio ma anche molte altre grane deriva proprio da questo. Cioè da quei dossier di cui sopra che, metaforicamente, l’ex premier ha ‘scaricato’ sulla scrivania del presidente della Repubblica nell’istante in cui si è dimesso.

Sono in stand by le riforme di fisco, giustizia e concorrenza, c’è la grana del superbonus, ci sono i provvedimenti da adottare per ridurre l’impatto sociale dei rincari di bollette e benzina. C’è la rata del Pnrr da 19 miliardi da riscuotere. E poi c’è il piano energia, che rappresenta un problema di portata non inferiore agli altri e che rischia di essere trascurato con conseguenze deleterie per aziende (già sul piede di guerra, ovviamente) e famiglie. Ma qualcuno ci ha pensato? Il sospetto è no, che nessuno ci abbia pensato. Il guasto lo percepiremo nella sua drammatica totalità al ritorno dalle vacanze, quando si affaccerà l’inverno. Allora lì capiremo i pericoli a cui stiamo scelleratamente andando incontro nella speranza che non sia troppo tardi.

Draghi, nel discorso al Senato, ha posto l’accento su alcune priorità: l’indipendenza dal gas russoentro un anno e mezzo”, le alleanze da stringere con nuovi partner, la spinta sulle rinnovabili con un occhio ai rigassificatori di Piombino e Ravenna che vengono etichettati come “questioni di sicurezza nazionale”. Come faremo adesso? E chi lo farà? Chi si occuperà di portare avanti il discorso del price cap sul gas che era stato un cavallo di battaglia dell’ex Presidente del Consiglio e del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani? Mentre gli altri Paesi della Ue si stanno muovendo per allestire un piano emergenziale sotto il profilo energetico, l’Italia sarà costretta a rallentare almeno fino ad inizio autunno, sempre che le elezioni si tengano – come sembra – a settembre. La sensazione è che non ce lo possiamo permettere, che l’interesse dei partiti abbia prevaricato l’interesse nazionale anche se qualcuno (che ha straccato la spina al Governo) va raccontando che si tratta di allarmismi ingiustificati. Niente di nuovo sotto il sole e in questo caso l’eolico non c’entra…

Ue clima

Ue si prepara a inverno senza gas russo. “Situazione grave”

Ci si prepara ad un inverno senza il gas russo”. Data la situazione questa possibilità non può essere ignorata, e “bisogna essere pronti” a tutto. Thierry Breton riassume con pragmatismo le incertezze e le tensioni che investono il mercato dell’energia, e il commissario per l’Industria spiega con la crisi potenziale le misure di risposta della Commissione europea, inclusa l’estensione delle deroghe sugli aiuti di Stato. L’esecutivo comunitario autorizza gli Stati a sostenere la produzione di energie da fonti rinnovabili e le misure utili a ridurre le emissioni di CO2 del settore industriale.

C’è la consapevolezza che staccarsi dal gas russo è una scelta non più rinviabile e per questo da attuare il più rapidamente possibile, e Bruxelles decide di agevolare questo processo allentando ulteriormente le maglie sulle regole di sostegno pubblico. Si prosegue lungo le scelte compiute dopo la crisi sanitaria, per puntellare ancora di più la tenuta dell’economia a dodici stelle.

Il quadro temporaneo di crisi modificato amplia dunque i tipi di sostegno esistenti che gli Stati membri possono fornire alle imprese che ne hanno bisogno. Ad esempio, consente ora agli Stati membri di concedere aiuti di importo limitato alle imprese colpite dalla crisi attuale o dalle successive sanzioni e controsanzioni fino all’importo aumentato di 62 mila euro e 75 mila rispettivamente nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura, e fino a 500 mila euro in tutti gli altri settori. Una finestra che per ora resterà aperta fino al 30 giugno 2023 , e che riguarderà anche il gas. Qui si procederà a valutazioni “caso per caso”, ma possibili a determinate condizioni, spiega Margrethe Vestager, la vicepresidente esecutiva responsabile per la Concorrenza. Con le nuove modifiche e l’estensione delle deroghe agli aiuti di Stato si prevede la possibilità di sostegno per le imprese interessate dalla riduzione obbligatoria o volontaria del gas, e sostegno per il riempimento degli stoccaggi di gas.

La situazione è grave”, riconosce anche Vestager, come già ammesso dal collega Breton. Per cui “dobbiamo intensificare i nostri sforzi per eliminare gradualmente i combustibili fossili su cui abbiamo fatto grande affidamento fino ad ora”. Il capo dell’Antitrust comunitario sa bene che “la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina continua a farsi sentire, anche sull’economia dell’Ue”, e per questo, con la proposta che permette di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili e la decarbonizzazione delle industrie, “ aiuteremo ad accelerare” la transizione verde e rispondere a questo momento di difficoltà e incertezze. Il tutto, “ in linea con gli obiettivi di REPowerEU”, la strategia per affrancarsi dalla dipendenza da Gazprom.

(Photo credits: JOHN THYS / AFP)

Nord stream

Il gas da Nord Stream non ripartirà. La Ue si prepara al peggio

La Commissione europea è ormai convinta che i flussi di gas russo non torneranno a scorrere attraverso il Nord Stream 1 tanto presto e si prepara allo “scenario peggiore, ovvero la completa interruzione delle forniture russe all’Europa. “Stiamo lavorando sulla base del presupposto che (il gasdotto, ndr) non tornerà in funzione“, ha ammesso martedì mattina il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn, a margine di un evento a Singapore, citato dal Wall Street Journal. Nord Stream 1 – controllato dal gigante russo del gas Gazprom – è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo all’Europa, con 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno trasferiti dalla Russia alla Germania, passando sotto al Mar Baltico.

Gli impianti di Nord Stream sono fermi in una manutenzione programmata (e strumentale) da parte del Cremlino da lunedì 11 luglio, per dieci giorni. Il periodo di fermo, dunque, dovrebbe concludersi questo giovedì, ma Bruxelles è ormai certa che non sarà così e i flussi non ripartiranno. Sono già emerse varie indiscrezioni a mezzo stampa secondo cui la compagnia russa Gazprom avrebbe comunicato ad alcuni clienti in Europa di non poter garantire le forniture di gas a causa di circostanze “straordinarie“.

Su cosa attende i Paesi membri dopo il prossimo giovedì è incognita ma Bruxelles si prepara al peggio. “È impossibile per noi predire le prossime mosse del (gigante del gas russo) Gazprom, ha chiarito il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, durante il briefing quotidiano con la stampa. “Ad oggi ci sono almeno 12 Stati membri che hanno sperimentato un taglio parziale o totale alle forniture di gas“. E dal momento che la Commissione europea sta preparando un piano di emergenza per la riduzione della domanda di energia, stiamo “prendendo in considerazione lo scenario peggiore possibile”, ovvero un’interruzione totale delle forniture all’Europa. La presentazione del piano in questione è prevista domani da parte di Bruxelles e “stiamo lavorando a ogni possibile scenario e uno di questi è la possibilità che i flussi di gas non riprendano”, ha precisato il portavoce.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra il Presidente della Repubblica algerina democratica e popolare Abdelmadjid Tebboune, per il IV Vertice intergovernativo italia-Ageria.

Draghi firma 15 nuovi accordi con l’Algeria. Ma la crisi di governo non è risolta

La firma sui 15 nuovi accordi tra Italia e Algeria potrebbe essere l’ultimo atto internazionale del governo di Mario Draghi. Il premier tiene fede agli accordi con il presidente della Repubblica algerina, Abdelmadjid Tebboune, e prende parte al quarto Vertice intergovernativo Italia-Algeria, prima di rituffarsi nella crisi della politica italiana, per preparare le comunicazioni di mercoledì prossimo nei due rami del Parlamento. Sarà una vera e propria verifica di maggioranza, alla quale si presentano tutte abbastanza divise le varie forze di unità nazionale, qualcuna anche dilaniata al proprio interno, come il Movimento 5 Stelle, alle prese con una possibile, nuova scissione di ‘governisti’ in rotta con il leader, Giuseppe Conte. Anche il centrodestra non sembra remare nella direzione auspicata da chi spera ancora di convincere il premier a restare, facendo sapere che Lega e Forza Italia ci sono a patto che i Cinquestelle escano e tolgano il disturbo.

Draghi incamera informazioni e riflette, ma dal suo volto non traspare nulla. Il suo impegno è concentrato sull’Algeria, per portare a casa quei 4 miliardi di metri cubi di gas naturale che sono “un’accelerazione rispetto a quanto previsto” dagli accordi già firmati tra Eni e Sonatrach, ma anche un fondamentale “anticipo” di forniture “ancora più cospicue” che arriveranno nei prossimi anni. Perché qualunque sarà la decisione sulle dimissioni, il presidente del Consiglio vuole avere una rete di protezione già attiva in caso la Russia decidesse di chiudere i rubinetti e impedire così lo stoccaggio di gas. Eventualità non proprio remota, peraltro, visto che Gazprom continua a rimandare l’avvio di Nord Stream 1, dando le colpe ai ritardi sulla consegna della turbina da riparare della stazione di compressione di Portovaya.

Ecco perché l’Algeria assume sempre più il ruolo di “Paese chiave per le nostre forniture energetiche“. Draghi, però, porta a casa, assieme ai ministri della sua delegazione (Luigi Di Maio, Roberto Cingolani, Luciana Lamorgese, Marta Cartabia, Enrico Giovannini, Elena Bonetti) e vertici di aziende pubbliche e private che lo accompagnano ad Algeri, altre importanti intese in diversi campi: dall’agricoltura al bio-medico, dalla farmaceutica all’agricoltura, ma anche giustizia, sicurezza, agroindustria e lotta alla corruzione. Tutti segmenti che l’Italia – almeno quella disegnata da questo Governo – intende sviluppare con lo storico partner. Rafforzando la cooperazione nei settori strategici nei quali le relazioni sono già buone e stanno diventando ottime: “L’amicizia tra Italia e Algeria è essenziale – aggiunge l’ex Bce – per affrontare le sfide che abbiamo davanti, dalle crisi regionali alla transizione energetica”. La collaborazione si estende, dunque, “anche alle forniture e allo sviluppo di fonti rinnovabili, in particolare dell’idrogeno verde, dell’energia solare, eolica e geotermica“.

Altro capitolo importante degli accordi sottoscritti ad Algeri riguarda l’agricoltura. “Dobbiamo lavorare insieme – spiega Draghi – e contribuire alla sicurezza alimentare” nella regione africana, “oggi minacciata dall’aumento dei prezzi dovuto all’invasione russa dell’Ucraina“. Il Mediterraneo, infatti, è un asse geopolitico fondamentale, la cui instabilità è acuita dallo stop al grano fermo sulle navi nei porti del Mar Nero, a causa della guerra scatenata da Mosca. Italia e Algeria, però, si propongono come argine diplomatico a una crisi alimentare “catastrofica“. Sempre se mercoledì, prima al Senato e poi alla Camera, questa maggioranza confermerà l’appoggio al governo. Possibilmente con una certa convinzione. Altrimenti le dimissioni di Draghi sono già sul tavolo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: basterebbe solo cambiare data. Mentre l’Italia, molto probabilmente, cambierebbe obiettivi. Dopo le elezioni anticipate, ovviamente.

 

(Foto Palazzo Chigi)

Von der Leyen domani in Azerbaigian, l’Ue cerca l’intesa sul gas

Se all’inizio dell’invasione dell’Ucraina un’interruzione “grave” delle forniture di gas russo all’Europa era solo possibile, oggi l’Unione europea è sempre più certa che ci sarà e dunque accelera il lavoro per diversificare i fornitori di energia. Lunedì 18 luglio, ha confermato venerdì (15 luglio) l’esecutivo comunitario, la presidente Ursula von der Leyen e la sua commissaria per l’energia, Kadri Simson, voleranno in Azerbaigian per “rafforzare ulteriormente la cooperazione esistente” tra i due partner. Cooperazione sopratutto energetica, di fronte a un possibile taglio alle forniture di gas dal principale fornitore all’Europa, la Russia.

Del viaggio a Baku dell’esecutivo comunitario aveva parlato per la prima volta lo scorso 27 giugno la commissaria Simson, al termine di un Consiglio dei ministri europei dell’energia in cui si era mostrata preoccupata della possibilità concreta di vedersi tagliare completamente il gas dalla Russia. Bruxelles si prepara dunque a siglare un memorandum d’intesa con l’Azerbaigian per aumentare le importazioni di gas provenienti dalla regione. “Il corridoio meridionale del gas ha un ruolo centrale da svolgere nell’approvvigionamento di gas naturale dell’Ue, in particolare per l’Europa sudorientale“, si legge in una nota dell’esecutivo comunitario in cui è stata comunicata la traversata.

Il memorandum dovrebbe spianare la strada al raddoppio della capacità del Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto TAP che trasporta in Europa il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio. Il gasdotto è lungo 878 km e si collega con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) al confine turco-greco a Kipoi, attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico, prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia). A gennaio 2022 ha erogato circa 8 miliardi di metri cubi standard, con la previsione di raggiungere i 10 miliardi di metri cubi nell’estate 2022. Le trattative con Baku sono iniziate già lo scorso febbraio – nell’ottica di diminuire la dipendenza delle forniture dalla Russia, da cui provengono il 40% delle importazioni di gas all’Europa – per aumentare la capacità di erogazione massima da 10 miliardi di metri cubi l’anno a circa 20, raddoppiandone quindi la capacità.

A metà giugno Bruxelles aveva già siglato un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. L’insicurezza per ulteriori tagli alla fornitura di gas russo è aumentata questa settimana quando è iniziata la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino al 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre. A quanto riferito da Bruxelles, l’Ue e l’Azerbaigian stanno anche lavorando insieme per costruire un partenariato a lungo termine sull’energia pulita e l’efficienza energetica e negoziando un nuovo accordo globale, che consentirà una cooperazione rafforzata in un’ampia gamma di settori, tra cui la diversificazione economica, gli investimenti e il commercio.