Il Piano Mattei muove i primi passi dal Cairo

I primi atti ufficiali del Piano Mattei partono dall’Egitto. Giorgia Meloni domenica scorsa è volata al Cairo con la presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica di Cipro, Nikos Christodoulidis, e i primi ministri di Belgio, Alexander De Croo, Grecia, Kyriakos Mitsotakis, e Austria, Karl Nehammer, con l’obiettivo (europeo) di rafforzare il partenariato strategico Ue-Egitto. Ma anche per raggiungere altri obiettivi, stavolta però solo italiani.

Con il presidente egiziano al-Sisi, la premier parla di produzione agricola e sicurezza alimentare, concordando sulla necessità di stabilire un partenariato strategico tra i due Paesi per la realizzazione di “grandi progetti agricoli e di bonifica“: una ‘model farm‘ viene definita da Palazzo Chigi, che consenta anche di trasferire le più innovative tecnologie italiane nel settore per contribuire alla sicurezza alimentare. Un primo passo parallelo (e propedeutico) alla firma di una serie di accordi bilaterali che riguardano prettamente il Piano Mattei, con cui il governo vuole trasformare l’Italia nell’hub europeo dell’energia, con progetti di cooperazione in Africa che dovrebbero portare sviluppo e benessere, ponendo anche un freno ai flussi migratori irregolari. I protocolli riguardano diverse materie: dal supporto tecnico ai distretti industriali della pelle, marmo e mobile alla promozione dei diritti e della inclusione sociale delle persone con disabilità, una convenzione finanziaria tra Cdp e il governatore della Banca centrale egiziana per un credito agevolato di 45 milioni di euro alle pmi locali e un’intesa, sempre di Cassa depositi e prestiti, con Afreximbank da 100 milioni per progetti di sviluppo sostenibile nel campo della sicurezza alimentare per le piccole e medie imprese africane.

Sace, invece, ha sottoscritto due memorandum, con Orascom Contruction e Bank of Alexandria, per il supporto finanziario alla filiera italiana nei progetti di sviluppo infrastrutturale in Egitto e l’interscambio commerciale. Simest e National Service Project Organisation, poi, realizzazeranno un investimento nel settore minerario, delle sabbie silicee. Mer Mec e il presidente dell’Autorità Ferroviaria egiziana collaboreranno per la fornitura di un treno di misura per il monitoraggio delle linee convenzionali delle Ferrovie egiziane per il valore di circa 7 milioni di euro e la realizzazione di un progetto di segnalamento per un valore di circa 100 milioni. E ancora Arsenale Spa fornirà all’Autorità Ferroviaria egiziana un treno turistico. Infine, il memorandum d’intesa tra il direttore della Scuola Italiana di Ospitalità e il presidente del partner egiziano Pickalbatros Group servirà ad attivare un programma di formazione professionale nel campo dell’ospitalità e turismo, con l’obiettivo ulteriore di aprire una scuola di formazione nel servizio di gestione alberghiera e del turismo a Hurgada, nel Mar Rosso.

Per rafforzare i rapporti tra i due Paesi, la visita al Cairo è stata anche l’occasione per inaugurare gli uffici del ‘Sistema Italia’, che comprende l’Ambasciata d’Italia, le sedi di Ita/Ice, Cassa depositi e prestiti, Sace e Simest. Per la buona riuscita del Piano Mattei, infatti, servirà il massimo livello di relazioni con tutti i Paesi partner della sponda sud del Mediterraneo.

La ‘questione energetica‘, però, resta nella lista delle priorità a tutte le latitudini. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, infatti, oggi, 19 marzo, parteciperà al Berlin Energy Transition Dialogue, nella capitale tedesca. L’edizione 2024 ha numeri davvero importanti: 2mila partecipanti da più di 90 paesi, circa 50 ministri degli Esteri e dell’Energia e segretari di Stato, oltre ai 100 relatori di alto livello. Il titolo del vertice è ‘Accelerating the Global Energy Transition‘, ovvero ‘accelerare la transizione energetica globale‘, perché l’obiettivo è concordare misure specifiche attraverso le quali gli Stati si prefiggono di raggiungere gli obiettivi climatici concordati a livello internazionale. Si discuterà di phase out dal carbone, ma anche di riduzione delle emissioni in settori chiave come mobilità, infrastrutture, edilizia e industria.

A Berlino, inoltre, Pichetto firmerà con il vice cancelliere e ministro dell’Economia e della Protezione climatica tedesco, Robert Habeck, un accordo intergovernativo bilaterale di solidarietà in materia di gas. Che sarà il tema anche di un addendum trilaterale che coinvolgerà anche la Svizzera, oltre ovviamente a Italia e Germania.

Energia, Bardi lancia la Basilicata: “Regione ‘pilota’ a livello internazionale”

L’energia è uno dei temi più caldi degli ultimi due anni, per l’Italia, per l’Europa e per la comunità internazionale. In questo scenario, il nostro Paese può vantare un ‘gioiello’ del settore: la Basilicata. E proprio dalla provincia di Matera la Regione lancia una grande sfida: fare “da pilota in un contesto internazionale“. Questo è l’obiettivo fissato dal governatore, Vito Bardi, alla prima Conferenza Energia e Ambiente ‘Strategia energetica e traiettorie di sviluppo’, promossa dalla Regione con la collaborazione di Enea e Feem, che si svolge al Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella. “Il nostro è un territorio di riferimento per il Paese, perché qui abbiamo il fossile, l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico e grandi potenzialità che deriveranno anche dalle biomasse – spiega il presidente -. La Basilicata si pone come luogo indispensabile per la sperimentazione dei processi innovativi di decarbonizzazione anche con il contributo del fossile“.

Il percorso fatto finora, ha detto Bardi, “è quello di avere una transizione energetica“. Perché “il fossile c’è, tra 100 anni non ci sarà più, nel frattempo bisogna pensare alle alternative e alle azioni da mettere in atto per far diventare la Basilicata un hub energetico“. In questo contesto “pubblico, istituzioni e privato devono collaborare tra di loro per avere un orizzonte temporale che non sia limitato al domani“. Concetto ripreso e ribadito anche dall’assessore Ambiente, energia e territorio della Regione Basilicata, Cosimo Latronico. “La transizione energetica non è una cosa che si fa dalla mattina alla sera, ma un tempo nuovo che si costruisce insieme tra tutti gli attori pubblici e privati“. L’esponente della giunta Bardi, infatti, sottolinea che il gruppo è al lavoro “per costruire alternative fattibili e concrete” e per questo il percorso è stato “messo a terra” perché “la rivoluzione ecologica e tecnologica è in corso“. Secondo Latronico “si aprono scenari nuovi per le imprese, per le istituzioni e per le università” e visto che il futuro della Basilicata “non è il declino, ma lo sviluppo è fondamentale “costruire comunità per fronteggiare le crisi ambientale ed energetica, che devono rappresentare un’occasione per fare sviluppo“. E la regione “ha il diritto di avere una prospettiva di futuro attorno alle sue risorse“.

Un’idea che sembra sposarsi perfettamente con la visione del governo. “A seguito dei fatti che si sono verificati con la guerra in Ucraina si è ribaltato il nostro sistema di approvvigionamento dell’energia“, dice il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. “Prima il fulcro era nel centro Europa, mentre oggi il Sud assume una centralità veramente rilevante – continua -. E’ questa la base di sviluppo che se il Mezzogiorno saprà cogliere sarà una nuova rivoluzione“. Parlando del Piano Mattei, il responsabile del Mase ricorda che “l’Europa ha bisogno di circa 20 milioni di tonnellate di idrogeno al 2030: 10 di produzione nazionale europea e altri 10 di importazione“, quindi il Sud “può avere altra centralità“. E la Basilicata “che ha dato tanto per il petrolio e il gas, può fare altrettanto anche nella produzione di idrogeno per il futuro“.

Di possibilità ce ne sono molte, anche per le ‘materie prime’ di cui il Sud dispone come sole, mare e vento, per l’idroelettrico, il fotovoltaico. A questo proposito, Pichetto annuncia: “Firmerò a breve il decreto Agrivoltaico che ha in dote 1,1 miliardi, ho ricevuto l’ok proprio ieri mattina“.

Provvedimento che può risultare molto interessante, anche alla luce delle capacità di un territorio come la Basilicata: “Rappresenta un’eccellenza nel campo delle rinnovabili, ha già superato tutti gli obiettivi del 2020, con un +28% rispetto al target prefissato“, rivela infatti il presidente Enea, Gilberto Dialuce. “Ci sono oltre 2.100 megawatt di potenza installata in rinnovabili, solo l’anno scorso sono stati 77 i megawatt. Anche le biomasse sono una fonte importante perché coprono quasi il 95% del settore termico – prosegue -. E’ una regione tra le più virtuose, anche sull’efficienza energetica. Ed è interessante come laboratorio per nuove forme di sviluppo a livello locale. Ha anche un primato: 83 comuni su 131, oltre il 60% , sono esportatori di energia. E anche la regione esporta energia“. Domani seconda giornata di lavori a Rotondella, con le conclusioni affidate a Raffaele Fitto, ministro che ha nelle mani il dossier Pnrr, altro capitolo di forte interesse per il Sud e la Basilicata.

Auto, ok al decreto sugli Euro5: rinviato il blocco a ottobre 2024

L’obiettivo “più importante” da raggiungere, nel più breve tempo possibile, era quello di scongiurare il blocco dei veicoli Diesel Euro5 in Piemonte a partire dal 15 di settembre. “Ci siamo riusciti ma la soluzione non era semplice e il risultato per nulla scontato“, rivendica il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri del decreto legge che rimanda al 1 ottobre del 2024 il blocco delle vetture diesel Euro5 in 76 comuni del Piemonte.

È il risultato delle interlocuzioni avute nelle settimane scorse tra i ministeri competenti e le Regioni del bacino padano, principalmente con il Piemonte, che a seguito delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 2020 e del 2022, aveva dovuto introdurre dal prossimo 15 settembre la limitazione della circolazione dei veicoli Euro5 nei comuni con popolazione al di sopra del 10 mila abitanti“, spiega. Il Governo è intervenuto con lo strumento del Decreto per “scongiurare una crisi sociale ed economica di famiglie e imprese“, smorza le polemiche. E tira in ballo anche l’importanza degli impegni assunti con l’Unione europea che “primi su tutti vanno incontro anche alla tutela della salute dei cittadini”.

Il decreto che gli uffici del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica hanno predisposto prevede la revisione e l’aggiornamento dei Piani sulla qualità dell’aria da parte delle Regioni che nel 2017 avevano firmato l’Accordo di Programma, al fine di riesaminare i contenuti dei provvedimenti adottati alla luce dei risultati già conseguiti di riduzione delle emissioni inquinanti.

Dal 2017, però, ricorda Pichetto in conferenza stampa, “il quadro è completamente cambiato, siamo intervenuti con decreto, vista l’urgenza“.

Nelle more degli esiti di tali valutazioni, le misure di limitazione della circolazione di veicoli di categoria diesel Euro 5, possono essere attuate esclusivamente a far data dal 1° ottobre 2024 e in via prioritaria nei comuni superiori ai 30mila abitanti, dotati di un’adeguata rete di trasporto pubblico locale e dove ci sono valori inquinanti alti che possono incidere sulla tutela della salute. E ancora, la facoltà che viene meno e che diventa un obbligo a partire dal 1° ottobre 2025, sempre nei comuni con le caratteristiche appena citate. Il provvedimento si è reso necessario, scandisce il ministro, anche perché “il passaggio all’elettrico non è completo. Le colonnine sono un provvedimento di questo governo, non sono installate completamente e dopo il Covid, con il problema dei chip, non sono stati consegnati moltissimi veicoli elettrici“.

Nella redazione del decreto si è quindi tenuto conto delle criticità legate all’indisponibilità dei materiali necessari alla produzione di batterie di veicoli elettrici, in grado da assicurare una tempestiva sostituzione dei veicoli Euro 5 e, assicura Pichetto, “abbiamo verificato che la tempistica proposta, non confliggesse con gli obiettivi del Pacchetto Ue For 55%“.

Rinnovabili, decreto sulle Aree idonee in arrivo: l’obiettivo è 80 Gigawatt al 2030

Questione di giorni, non più di mesi. Il decreto legge che individua le Aree idonee ad accogliere gli impianti per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili è pronto, ora mancano il passaggio in Conferenza unificata e in Cdm. La bozza, che GEA ha potuto visionare, conferma quanto ha sempre sostenuto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, in questi mesi: l’obiettivo è raggiungere una potenza aggiuntiva di 80 Gigawatt entro il 2030. La tabella di ripartizione tra Regioni e Province autonome vede sul gradino più alto del podio la Sicilia, con un target progressivo che dovrà portare l’isola a 10.380 Megawatt entro i prossimi 7 anni. Alle sue spalle c’è la Lombardia con 8.687 MW e in terza posizione la Puglia con 7.284 MW.

A seguire ci sono i 6.255 MW al 2030 per l’Emilia-Romagna, 6.203 per la Sardegna, 5.763 MW per il Veneto, 4.921 MW per il Piemonte, 4.708 MW per il Lazio, 4.212 per la Toscana, 3.943 MW per la Campania, 3.128 MW per la Calabria, 2.313 MW per le Marche, 2.076 MW per la Basilicata, 2.067 MW per l’Abruzzo, 1.940 MW per il Friuli Venezia Giulia, 1.735 MW per l’Umbria, 1.191 MW per la Liguria, 995 MW per il Molise, 848 MW per la provincia di Trento, 804 MW per Bolzano e 549 per la Valle d’Aosta.

Dal momento in cui il decreto sarà operativo, Regioni e Province avranno 180 giorni di tempo per emanare leggi locali utili a individuare le superfici dove potranno sorgere gli impianti. Per chi non rispetterà le scadenze, sarà il Cdm a prendere le redini in mano, con il Mase che potrà proporre al presidente del Consiglio gli schemi di atti normativi di natura sostitutiva. Gli enti locali potranno anche concludere fra di loro accordi per il trasferimento statistico di determinate quantità di potenza, ma in caso di inadempienze, rispetto agli obiettivi minimi assegnati al 2030, ci saranno compensazioni economiche “finalizzate a realizzare interventi a favore dell’ambiente, del patrimonio culturale e del paesaggio, di valore equivalente al costo di realizzazione degli impianti“. Ci sarà l’Osservatorio nazionale, un “organismo permanente di consultazione e confronto tecnico sulle modalità di raggiungimento degli obiettivi regionali, nonché di supporto e di scambio di buone pratiche in particolare finalizzate all’individuazione delle superfici e delle Aree idonee e non idonee“.

Quanto ai criteri, le aree agricole classificate come Dop e Igp sono considerate idonee solo ai fini dell’installazione di impianti agrivoltaici. Inoltre, nel processo di individuazione delle superfici devono essere rispettati “i princìpi della minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale, sul paesaggio e sul potenziale produttivo agroalimentare, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilità dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo.

Tra le aree idonee rientrano i “siti dove sono già installati impianti della stessa fonte in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale” che “non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20%“, anche se questo limite “non si applica per gli impianti fotovoltaici“. Restando sempre sul punto, per “impianti fotovoltaici standard realizzati su suoli agricoli, una percentuale massima di utilizzo del suolo agricolo nella disponibilità del soggetto che realizza l’intervento, comunque non inferiore al 5% e non superiore al 10%“, Mentre “per impianti classificati come ‘agrivoltaici’ che rispettino le prescrizioni di esercizio previstela percentuale raddoppia al 20.

Per quanto concerne gli impianti eolici, i criteri assegnati a Regioni e Province autonome c’è quello di valutare le aree “con adeguata ventosità” tale da “garantire una producibilità maggiore di 2.250 ore equivalenti a 100 metri di altezza“. Ma vanno escluse le superfici “ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela, come i siti che rientrano “nel patrimonio Unesco, nella lista Fao Gihas e in quelli iscritti nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici“, sui quali, è possibile “introdurre fasce di rispetto di norma fino a 7 chilometri, purché le aree idonee complessivamente individuate sul territorio regionale o provinciale abbiano una superficie pari almeno all’80% di quella individuabile applicando i limiti di 3 chilometri e comunque pari almeno all’80% di quella individuabile considerando i criteri specifici di ventosità“. Una scelta che non piace all’Anev, l’Associazione nazionale energia del vento: “Ancora una volta sembra penalizzare il settore eolico, il provvedimento risulta poco soddisfacente“.

Il decreto, poi, stabilisce che le nuove leggi regionali o quelle varate dalle Province autonome per rispettare le nuove disposizioni sulle Aree idonee “prevalgono su ogni altro regolamento, programma, piano o normativa precedentemente approvato a livello regionale, provinciale o comunale, inclusi quelli in materia ambientale e paesaggistica“. Infine, i procedimenti avviati prima dell’entrata in vigore del dl Aree idonee vengono comunque portati a termine con le regole in vigore dal 2021.

Pichetto: “Centrali a carbone al minimo, ho firmato l’atto di indirizzo”

Ho firmato l’atto di indirizzo a Terna, coinvolgendo Arera, che prevede una riduzione al minimo delle centrali a carbone e anche la cessazione dell’utilizzo di olio combustibile“. Lo annuncia il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a margine dell’assemblea di Cida. “Questo determina un passaggio verso il nuovo, verso una prospettiva, speriamo, totale del carbone, con gradualità – continua -. Al momento vengono tenute al minimo per ragioni di sicurezza, perché il quadro internazionale è ancora tale che non sappiamo quale potrà essere il futuro sul fronte energetico“, spiega. “Il nostro stoccaggio ha raggiunto un livello ottimo, siamo ben oltre l’80%, quindi ci sono tutte le condizioni per passare gradualmente all’abbandono del carbone. Poi il passaggio successivo sarà il petrolio“, conclude.

L’Italia mette al minimo le centrali a carbone, primo passo verso lo spegnimento totale

L’Italia si avvia verso il phase out dal carbone. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha infatti firmato l’atto di indirizzo a Terna, all’Autorità di Regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) e al Gestore servizi energetici (Gse) per la rimodulazione della produzione di energia elettrica da carbone, olio combustibile, bioliquidi sostenibili e biomasse solide, invertendo quindi l’atto dello scorso 31 marzo, che aveva l’obiettivo di ottimizzare l’utilizzo dei combustibili diversi dal gas al fine di generare un risparmio di questa materia prima strategica si è ravvisata l’opportunità di rimodulare il piano di massimizzazione del carbone.

Ho firmato l’atto di indirizzo a Terna, coinvolgendo Arera, che prevede una riduzione al minimo delle centrali a carbone e anche la cessazione dell’utilizzo di olio combustibile“, annuncia il ministro, a margine dell’assemblea di Cida. Spiegando che “questo determina un passaggio verso il nuovo, verso una prospettiva, speriamo, di abbandono poi totale del carbone, naturalmente con gradualità“, continua Pichetto, specificando che “al momento vengono tenute al minimo per ragioni di sicurezza, perché il quadro internazionale è ancora tale che non sappiamo quale potrà essere il futuro sul fronte energetico.

Nel frattempo, però, “le politiche di diversificazione messe in atto dal Governo – aggiunge il ministro – ci hanno consentito di raggiungere in anticipo l’obiettivo di risparmiare 700 milioni di metri cubi di gas entro il 30 settembre del 2023. Gli stoccaggi riempiti all’82% già a fine giugno e la maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili – conclude Pichetto – ci hanno consentito di attivare queste nuove disposizioni che riescono a tenere insieme due dei grandi obiettivi: velocizzare la decarbonizzazione garantendo la sicurezza energetica del nostro Paese”.

Al via l’evento di Withub ‘L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico’

L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico‘: è il titolo dell’evento, organizzato da Withub con la direzione editoriale di GEA, Eunews e Fondazione Art.49, che si terrà martedì 30 maggio all’Europa Experience David Sassoli a Roma. L’iniziativa vuole promuovere un dibattito di alto livello sul futuro delle politiche energetiche italiane ed europee ed essere un momento di scambio e confronto tra esponenti di primo piano delle istituzioni nazionali ed europee con esperti, operatori di settore, organizzazioni di categoria e portatori di interesse. Per informare, diffondere, coinvolgere. La partecipazione è gratuita.

L’evento prevede quattro panel. Il primo, dedicato a ‘L’impatto delle normative Ue sull’economia: come realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione senza mettere in crisi l’industria‘, prevede un videomessaggio del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso al quale seguiranno gli interventi dell’eurodeputato Nicola Danti, del presidente di Duferco e Federacciai Antonio Gozzi, del presidente di ENEA Gilberto Dialuce, del ceo di Italgas Paolo Gallo, del presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli e dell’ad di Daikin Italia Geert Vos.

I due panel a seguire, moderati dal direttore di GEA Vittorio Oreggia e dal direttore Afp in Italia Gaël Branchereau, tratteranno il tema ‘L’Italia punta a diventare l’hub energetico del Mediterraneo’: presenti nel primo l’ambasciatore di Libia in Italia, nel secondo gli ambasciatori di Egitto, Norvegia e un rappresentante di Israele. Entrambi vedranno la presenta di Alfredo Conte, Vice Direttore Generale Affari politici e di sicurezza e Direttore Centrale per il Mediterraneo e il Medio Oriente della Farnesina.

Il pomeriggio si aprirà con la premiazione della prima annualità del progetto educativo Gea ‘Idee per il futuro’ e la presentazione della seconda annualità con Vittorio Oreggia, direttore editoriale Withub e direttore di GEA, e Andrea Poli, presidente Fondazione Art.49 e ceo di Withub. Alla cerimonia interverrà, fra gli altri, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Che parteciperà anche all’ultimo panel: ‘Ridurre l’impatto degli shock energetici su cittadini e imprese: dopo l’ok Ue al price cap, resta il nodo del disaccoppiamento del prezzo di gas e luce‘.

Pronta la proposta di decreto sulle Comunità energetiche: al via iter Ue

Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha avviato l’iter con l’Unione Europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. La proposta di decreto dovrà ora attendere il via libera della Commissione Ue necessario per l’entrata in vigore. “Con questo provvedimento – spiega il ministro Pichetto – diamo all’Italia una nuova energia tutta rinnovabile. Il testo, rafforzato e arricchito dalla consultazione pubblica, è uno strumento coerente con il doppio obiettivo di questo governo: la decarbonizzazione entro il 2030 e l’autonomia energetica. La ricchezza dell’Italia sono le sue comunità. Il decreto le pone al centro di una strategia volta a produrre e consumare energia da fonti pulite risparmiando sui costi delle bollette. Se sapremo svilupparle come sistema Paese -conclude il Ministro – le Comunità Energetiche si riveleranno un’enorme fonte di sviluppo economico sostenibile e di coesione sociale”.

La proposta è incentrata su due misure: un incentivo in tariffa e un contributo a fondo perduto.  I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Chi vorrà associarsi in una configurazione di autoconsumo potrà ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili. La potenza finanziabile è pari a complessivi cinque giga watt, con un limite temporale fissato a fine 2027. Riguarderà invece solo le comunità realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti, la misura che permette l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 40% dell’investimento. L’intervento può riguardare sia la realizzazione di nuovi impianti che il potenziamento di impianti già esistenti: in questo caso la misura è finanziata con 2,2 miliardi di euro del PNRR e punta a realizzare una potenza complessiva di almeno due giga watt e una produzione indicativa di almeno 2.500 giga watt l’ora ogni anno. Chi otterrà il contributo a fondo perduto potrà chiedere di cumularlo con l’incentivo in tariffa.

Gruppi di cittadini, condomini, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi: chi sceglierà di associarsi ad una Comunità, dovrà innanzitutto individuare sia un’area dove realizzare l’impianto con tecnologie rinnovabili che altri utenti connessi alla stessa cabina primaria. Inoltre sarà necessario un atto costitutivo del sodalizio che abbia come oggetto sociale prevalente i benefici ambientali, economici e sociali. Il soggetto gestore della misura è il GSE che potrà verificare preliminarmente l’ammissibilità dei soggetti interessati al fine di garantire la possibilità concreta di accedere ai benefici della misura.

Energia, Pichetto: “Dipendenza è freno”. Confindustria: Più infrastrutture, 182 miliardi al 2030

Sicurezza e costi contenuti. E’ questa la strategia energetica del governo e non solo per superare la crisi, ma anche per gli anni a venire. Perché se c’è una cosa che le vicende geopolitiche recenti hanno insegnato è che la dipendenza energetica è il vero “freno a mano sulla crescita della nostra economia”, sottolinea Gilberto Pichetto Fratin. È cambiato il quadro di riferimento internazionale e questo esecutivo politico, assicura il ministro dell’Ambiente, “ha intenzione di affrontare seriamente la questione della sicurezza energetica“: “Non possiamo perdere un minuto“, insiste. Via i paraocchi ideologici e rispetto degli impegni internazionali assunti in materia di decarbonizzazione. La direzione presa è questa, anche se passa dai rigassificatori, dalle estrazioni di gas dai giacimenti già noti lungo le coste. Tutto per avere respiro che porti gradualmente ad abbandonare i fossili a vantaggio delle fonti rinnovabili. L’accelerazione sulla semplificazione per installare gli impianti lo dimostra.

In questo scenario, le infrastrutture hanno un ruolo centrale, “devono accompagnare la transizione ecologia, assecondarla, renderla possibile attraverso un sistema di distribuzione dell’energia che sia in linea con le mutate condizioni di generazione dell’energia stessa“, sostiene Pichetto. Parla della “sfida della generazione diffusa“, dove non c’è più un centro erogatore e una ramificazione verso la periferia ma molteplici fonti di energia che vanno messe in rete e “devono fare i conti con la discontinuità dell’accumulo di fonti come il solare o l’eolico“. Servirà creare infrastrutture in grado di sostenere l’affiancamento della mobilità elettrica a quella dei motori termici e sistemi di interscambio locale fra l’energia autoprodotta e quella diffusa in rete: “Sono tutti passaggi chiave per costruire un futuro di sostenibilità, indipendenza e sicurezza energetica“, ripete il ministro.

Lo scenario “sostenibilità integrata” elaborato da Confindustria Energia, per le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore, valuta in 182 miliardi di euro gli investimenti previsti nel periodo 2022-2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 miliardi di euro, nell’impiego di 380 mila ULA (unità di lavoro annue) ed in una riduzione di emissioni pari a -127 Mton CO2/anno nel 2030. “Un piano integrato di investimenti che presenta benefici sul sistema Paese in termini di crescita economica, di ricadute ambientali e occupazionali con investimenti valutati secondo criteri di neutralità tecnologica, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, di sicurezza energetica e di sostenibilità sociale, attraverso infrastrutture energetiche flessibili e resilienti”, osserva il presidente, Giuseppe Ricci. È la proposta di Confindustria Energia in vista dell’elaborazione del nuovo PNIEC e dell’adeguamento del PNRR al REPowerEU. Dal piano integrato, spiega il vicepresidente e coordinatore dello studio, Roberto Potì, emergono diverse “leve complementari tra di loro” che mirano ad una transizione sostenibile, a partire da una “posizione geografica ottimale per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazione del gas“. L’Italia, è convinto, “può contare su riserve di gas naturale non utilizzate, su capacità di stoccaggio incrementabili e su reti di trasporto e trasmissione diffuse nel territorio. La sua leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e le importanti eccellenze nei processi di economia circolare, completano il quadro delle opportunità disponibili“.

Pichetto annuncia: “Nascerà una commissione per riformare il Codice dell’Ambiente”

Il mare è sotto stress. Inquinamento e over-fishing distruggono gli equilibri e la percentuale di aree protette è lontana, lontanissima, da quella prefissata al 2030, che prevede un’estensione del 30% rispetto a quelle attuali. “Dobbiamo fare qualcosa. Chiedo urgentemente i decreti attuativi della legge Salvamare, che è diventata legge quattro anni fa”, è il richiamo di Rosalba Giugni, presidente Marevivo.

Si appella al governo, con il ministro Gilberto Pichetto Fratin che alza l’asticella e annuncia una commissione per la riforma completa del Codice dell’Ambiente e “delle leggi conseguenti”. Perché il quadro “è cambiato”, fa presente, anche alla luce del nuovo dettato costituzionale: “Il Parlamento si è reso conto della necessità di inserire in Costituzione la tutela dell’ambiente – spiega -, è un’innovazione importante che permette di intervenire sulla salvaguardia degli ecosistemi, della tutela del Paese. La sensibilità è nuova e diversa, le cose cambiano, dobbiamo riscrivere tutto un percorso, una riforma che si affiancherà alla semplificazione”. Condivide e sostiene la proposta del ministro la sua vice, Vannia Gava: “Una necessità che, personalmente, avanzo da lungo tempo alla luce delle evoluzioni, anche costituzionali, sopraggiunte su un tema di così cruciale rilevanza per il Paese”.
Sulla tutela delle aree marine e terrestri, va sensibilizzata anche l’opinione pubblica, perché l’obiettivo comunitario è anche un’importante opportunità di carattere economico e di funzionalità rispetto al contrasto al cambiamento climatico.

Nonostante sia un provvedimento chiave dell’Europa e uno dei target fondamentali su cui i governi dovranno lavorare per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio protetto entro il 2030, la Strategia per la Biodiversità continua a essere un oggetto misterioso per l’opinione pubblica. In un recentissimo sondaggio realizzato da Emg per il centro Studi del Wwf Italia, il 90% dei cittadini non è a conoscenza del fatto che l’Unione Europea abbia varato una strategia per arrivare entro il 2030 al 30% di territorio e mare protetti di tutta Europa. L’86% dice di non essere a conoscenza della riforma costituzionale del 2022, che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione, inserendo la tutela della biodiversità e degli ecosistemi all’interno dei suoi principi generali.

“L’obiettivo Ue 2030 è possibile ma molto difficile se non si aumenta la consapevolezza dell’importanza della conservazione della natura e se non si rendono più efficienti ed efficaci le attuali aree protette, sia terrestri che marine, istituendo anche quelle già previste per legge”, sottolinea il presidente del Wwf Italia, Luciano Di Tizio, che mette in guardia sui tempi: “Il 2030, scadenza prevista dall’unione Europea è tra sette anni, di questo passo non riusciremo a centrare un obiettivo indispensabile a proteggere la nostra natura, il nostro mare e il nostro benessere. Serve un impegno straordinario, che i cittadini chiedono e che deve vedere protagoniste – sin da subito – le istituzioni”.

Wwf e Marevivo denunciano come l’attuale sistema veda le Aree Marine Protette relegate a una sorta di Serie B con strumenti e ruolo diversi rispetto a quelli garantiti alle aree protette terrestri. “Le aree marine protette in Italia sono 29, più 2 parchi sommersi, ma in pochi conoscono la loro importanza”, fa eco Giugni. “Considerando che il mare protetto a oggi ricopre solo il 13,4% e che di queste solo lo 0,01% risulta con livello di protezione integrale e che i fondi stanziati per le Amp sono pari a 7.000.000 di euro annui, corrispondenti a un decimo di quelli garantiti ai parchi terrestri, Marevivo chiede interventi concreti per migliorare la gestione e la tutela del nostro immenso patrimonio marino”.

Le associazioni, quindi, hanno presentato una serie di punti ritenuti essenziali per rafforzare la tutela del mare: l’adozione di criteri di valutazione che permettano di misurare l’efficacia di gestione di ogni singola area marina protetta, l’insufficienza degli stanziamenti e del personale a queste preposto, il rafforzamento della sorveglianza, l’estensione delle superfici protette attraverso riperimetrazioni, nuove istituzioni anche off shore, l’annessione ai parchi costieri di aree a mare. Il sistema Aree Marine Protette ha evidenziato, secondo le associazioni, evidenti limiti di gestione ed è per questo che viene richiesto coraggio per immaginare anche nuove forme di governance sia come coordinamento ed omogeneità dei criteri di gestione sia come istituzione di veri e propri Parchi Marini per le realtà più estese.