malpensa

Gli aeroporti Malpensa-Linate accelerano sulla sostenibilità

La strada verso una mobilità più sostenibile passa anche attraverso gli aeroporti. Collaborare allo sviluppo di una gestione più efficiente e sostenibile delle operazioni aeroportuali negli scali milanesi è l’obiettivo della lettera di intenti firmata pochi giorni fa da Sea (Società Esercizi Aeroportuali) ed easyJet, che prosegue sulla rotta tracciata per la decarbonizzazione del settore. Un accordo che nasce anche dalla convinzione comune che raggiungere l’obiettivo di un volo a zero emissioni entro il 2050 richieda “lo sforzo congiunto di tutta la filiera, dalle compagnie aeree ai gestori aeroportuali“. Il patto tra easyJet (compagnia numero uno negli aeroporti milanesi) e Sea (gruppo che gestisce i sistemi di Milano Malpensa e Linate), definisce le aree su cui le due società lavoreranno insieme, ovvero l’uso di Saf (Sustainable aviation fuel), i requisiti infrastrutturali collegati alla propulsione a idrogeno, il miglioramento nella gestione e nel riciclo dei rifiuti, oltre all’utilizzo a terra di mezzi a zero emissioni.

L’accordo, peraltro, giunge nel momento più opportuno, dato che con il piano ReFuelEU Aviation inserito nel pacchetto sul ‘Fit for 55’, la Commissione Ue intende aumentare almeno all’85% la quota di combustibili sostenibili entro il 2050, includere idrogeno ed elettricità nei mix di biocarburanti e dar vita a un fondo per l’aviazione sostenibile così da incoraggiare gli investimenti in tecnologie a zero emissioni.

Spinti dal desiderio di imprimere un vero cambiamento nel settore dell’aviazione, non vediamo l’ora di iniziare a lavorare insieme a progetti innovativi in grado di rendere gli aeroporti di Malpensa e Linate ancora più efficienti e sostenibili“, annuncia Lorenzo Lagorio, country manager di easyJet Italia, secondo cui “la decarbonizzazione dell’aviazione rappresenta uno sforzo trasversale all’intero settore che tutte le parti coinvolte devono intraprendere in maniera congiunta“.

L’accordo tra Sea e la compagnia aerea prevede inoltre la creazione di un gruppo di lavoro che si incontrerà regolarmente e monitorerà il progresso delle singole iniziative sviluppate nell’ambito di questa collaborazione. Il progetto è ambizioso, soprattutto in relazione agli obiettivi Ue entro metà secolo. “Siamo consapevoli che se si vuole centrare l’obiettivo di un trasporto aereo a emissioni zero entro il 2050, occorre accelerare le iniziative e moltiplicare le collaborazioni – chiarisce Armando Brunini, amministratore delegato di Seae questo accordo con easyJet, prima compagnia aerea per voli e passeggeri a Malpensa, permetterà di fare un salto di qualità su vari fronti impattanti la sostenibilità ed in particolare sulla progressiva introduzione di carburanti sostenibili.

La decarbonizzazione dell’industria aeronautica è uno degli obiettivi dell’Agenda Onu e aderendo alla campagna ‘Race to Zero’, easyJet ha confermato il proprio impegno di voler raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. La compagnia ha inoltre recentemente annunciato un target intermedio di riduzione delle emissioni di CO2 del 35% rispetto all’anno fiscale 2020, da raggiungere entro il 2035. La compagnia sta collaborando con partner del settore, tra cui Airbus, Rolls-Royce, GKN Aerospace, Cranfield Aerospace Solutions e Wright Electric, per accelerare lo sviluppo di tecnologie a zero emissioni di anidride carbonica e delle relative infrastrutture necessarie. Nel breve termine, easyJet si sta concentrando anche sull’efficienza, facendo volare i propri mezzi al pieno della loro capienza e integrando la flotta con aerei sempre più innovativi. Tra questi gli aeromobili Airbus NEO che vantano un’efficienza di carburante superiore di almeno il 15% rispetto agli aerei da sostituire e riducono il rumore del 50%. Dal 2000 easyJet sarebbe riuscita a ridurre di un terzo le proprie emissioni di anidride carbonica per passeggero al chilometro.

nord stream

Stop gas da Nord Stream all’Ue? Mcphie: “Situazione seria, prepararsi a ogni scenario”

Il ‘panorama’ energetico sta cambiando. La notizia dell’interruzione, decisa da Gazprom, dei flussi dal gasdotto russo Nord Stream1 per operazioni di “manutenzione”, è un ulteriore allarme che impone all’Ue la necessità di “prepararsi a ogni scenario. Infatti, non è escluso che Mosca possa scegliere di chiudere totalmente – e senza troppi preavvisi – i rubinetti del gas verso l’Europa. Secondo il portavoce della Commissione europea, Tim Mcphie, si tratterebbe di “una situazione molto seria”, che rende urgente “una preparazione a ogni evenienza.

Siamo già di fronte a una situazione in cui la Russia ha interrotto parzialmente o completamente le forniture a 12 Stati membri” dell’Ue, Italia compresa. Nel corso del briefing quotidiano con la stampa, il portavoce ha poi ricordato che il 20 luglio la Commissione europea presenterà un piano per la preparazione e la riduzione della domanda di gas, che “si concentrerà in particolare sugli usi industriali dell’energia per la riduzione dei consumi e fornirà agli Stati membri delle linee guida per essere pronta a tagli più significativi delle forniture valutando anche le implicazioni sul mercato unico e cosa succede se uno Stato membro ha più forniture rispetto a un altro”. Mcphie ha anche annunciato che “l’Unione Europea sta lavorando sul piano REPower EU”, dopo la decisione politica presa a livello di leader di ridurre prima possibile la dipendenza dagli idrocarburi russi.

Intanto, da Eni arriva la notizia che Gazprom, per la giornata di oggi, fornirà alla compagnia italiana “volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi/giorno, rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi/giorno”.

nord stream

In Italia, la situazione stoccaggi continua a crescere. Secondo i dati – al 9 luglio – Gie Agsi, il nostro Paese è al decimo posto in Europa per quantità di gas stoccato. Infatti, la percentuale ha raggiunto il 63,77%, superiore alla media europea che è del 61,63%. In cima alla classifica c’è il Portogallo (100%), seguito da Polonia (97,23%), Danimarca (82,15%), Spagna (73,1%), Repubblica ceca (72,32%), Francia (67,54)%, Belgio (64,93%), Germania (63,98%), Slovacchia (63,88%). L’obiettivo Ue è arrivare a uno stoccaggio dell’80% entro il primo novembre 2022 e al 90% a partire dal 2023.

Il prossimo passo per l’Italia, secondo il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è “raggiungere l’indipendenza dalle forniture russe entro la seconda metà del 2024”. E un’altra priorità consiste nell’arrivare ad “avere gli stoccaggi al 90% entro gli ultimi mesi dell’anno”. Questo per non rimanere in carenza di energia il prossimo inverno, che si preannuncia “un pochino più delicato”.

turismo

Turismo sempre più green, aumenta la sensibilità di vacanzieri e strutture

Puntare su strutture ricettive a basso impatto energico, fare attenzione alle emissioni generate con i propri spostamenti, preferire ristoranti che puntano su prodotti a km zero. Sono solo alcune delle principali regole su cui si basa il turismo ecosostenibile, un modo di viaggiare attento all’ambiente che negli ultimi anni sta facendo breccia nel cuore degli italiani.

Secondo l’11° Rapporto ‘Gli italiani, il turismo sostenibile e l’ecoturismo’, il 43% degli italiani si dice disponibile a spendere il 10 o il 20% in più per non danneggiare l’ambiente durante le proprie vacanze, mentre poco meno della metà (48%) prima di scegliere una struttura turistica si informa si informa sull’attenzione che ha per l’ambiente.

Dati citati anche da Paola Fagioli, esponente di Legambiente Turismo, realtà che ha l’obiettivo di consentire alle imprese turistiche e ricettive di avere una maggiore sensibilità ecologica e un riconoscimento ambientale. “Le varie indagini mostrano una maggiore attenzione all’ambiente degli italiani quando pianificano le ferie e nei comportamenti durante le vacanze. La sensibilità è cresciuta soprattutto con la ripresa dei viaggi dopo la pandemia. E anche le strutture ricettive si stanno muovendo nella stessa direzione, visto che in fase di prenotazione sono sempre di più le persone che si informano sull’attenzione alla sostenibilità della destinazione scelta“, afferma parlando con GEA. Chiari messaggi per tutti gli operatori del comparto turistico: investire sulla sostenibilità ambientale di strutture e proposte può essere anche una chiave decisiva per attrarre la clientela.

Per capire quanto incidano sull’ambiente le scelte fatte in tema di viaggi e vacanze basta considerare alcuni numeri. Uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista Journal Nature Climate Change ha stimato che il turismo è responsabile dell’8% delle emissioni di CO2 a livello globale. Non solo: secondo il programma ambientale delle Nazioni Unite il 14% dei rifiuti solidi prodotti ogni anno nel mondo è generato dall’industria turistica. Ogni singolo vacanziero ne produce in media fino a 2 kg al giorno, ben oltre il dato riferito a ogni cittadino italiano nel 2021 che è di 1,33 kg (fonte Ispra). Trasporti e rifiuti, dunque, ma secondo Fagioli (che è anche direttrice di Legambiente Emilia Romagna) il primo aspetto da migliorare è un altro: l’efficienza energetica delle strutture. “Il nostro Paese ha un patrimonio edilizio datato, e le strutture ricettive ovviamente non fanno eccezione. Migliorare le prestazioni energetiche è fondamentale. Basti pensare solo all’impatto generato d’estate da un impianto di climatizzazione poco efficiente“, spiega.

Una spinta può venire dal programma di investimenti legata al Pnrr, che prevede 2,4 miliardi di euro (cioè meno dell’1% del totale) per i progetti del settore Turismo e Cultura, in buona parte dedicati proprio all’ammodernamento delle strutture ricettive. Fagioli però rileva alcune criticità. “La somma destinata al turismo sembra davvero esigua se si pensa che parliamo di uno dei comparti più rilevanti di tutta l’economia nazionale“, sottolinea. Non solo. “Vanno anche semplificate le procedure e le modalità per accedere ai vari bandi e incentivi destinati alle imprese turistiche – aggiunge Fagioli -. Inutile puntare su formule come ad esempio i Click Day, che non danno alcuna importanza al merito di chi fa richiesta. Questa burocrazia rischia di scoraggiare chi opera nel settore, già alle prese con altre problematiche come, nell’ultimo periodo, la difficoltà di trovare manodopera“.

venezia

Venezia spinge sulla sostenibilità, la svolta green tocca anche il Lido

Il Mose per salvare la laguna, il dibattito sulle grandi navi e la prima banchina provvisoria a Marghera per limitarne il transito a San Marco. E ancora, la stazione Eni per il rifornimento di veicoli a idrogeno e il piano per contingentare le presenze in centro storico. Ora Venezia punta a diventare ancora più green sul turismo, vero e proprio motore per il Pil cittadino e del Veneto. E comincia dal Lido, promuovendo un nuovo modello di turismo rispettoso dell’ambiente attraverso il progetto ‘Litorale green’, presentato allo stabilimento balneare ‘Blue moon’. “Il primo e più importante intervento – ha commentato l’assessore comunale al Bilancio, Michele Zuinè stata la creazione di una rete urbana di trasporto pubblico del tutto elettrica, composta da 30 autobus con relative ricariche dotati ognuno di circa 90 posti, porte usb e schermi che forniscono informazioni ai cittadini su cui abbiamo investito 27 milioni di euro. Vogliamo portare anche i privati verso l’elettrico, perciò è stata stipulata una convenzione con Enel che ha installato finora quattro colonnine di ricarica. L’obiettivo sarà introdurre questi mezzi, sia elettrici che a idrogeno, anche in terraferma“.

Il progetto relativo al Lido, rientra nella prima edizione del ‘Summit del mare costa veneta green lab’, l’iniziativa promossa dalla Conferenza dei sindaci del litorale veneto, alla quale hanno aderito 10 comuni costieri tra i quali anche Venezia (oltre a San Michele al Tagliamento, Caorle, Eraclea, Jesolo, Cavallino Treporti, Chioggia, Rosolina, Porto Tolle e Porto Viro).

La Conferenza prevede che ognuna delle località coinvolte promuova una serie di attività di tutela ambientale. L’impegno in ottica sostenibilità del Lido era nato tuttavia tra il 2018 e il 2019, con la firma del protocollo condiviso con l’allora ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. “L’adesione alla Conferenza dei sindaci del litorale ci può aiutare, confrontandosi anche con altri Comuni, quali Jesolo o Caorle, a sviluppare per il Lido un tipo di turismo diverso e sostenibile“, ha rimarcato Zuin. Un particolare intervento del Comune mira dunque alla svolta per la mobilità elettrica. Verrà realizzata una nuova pista ciclabile (investimento di quasi 3 milioni di euro), che partirà da San Nicolò e arriverà a Pellestrina. “Abbiamo inoltre installato 109 rastrelliere in 33 aree del Lido, per un totale di 828 posti, e 17 in 9 aree di Pellestrina, per 141 posti. Altri 926 posti verranno creati tra l’estate e l’autunno“, spiega l’assessore della Giunta Brugnaro.

Altro caposaldo del ‘Lido sostenibile’ è la gestione accorta dei rifiuti, considerando il grande afflusso di turisti, soprattutto nella stagione estiva e durante i grandi eventi (primo tra tutti la Mostra del Cinema). La quota di raccolta differenziata è in effetti già al 75%, ovvero pari a quella della terraferma, ma l’obiettivo è arrivare all’80% e al contempo ridurre del 15% la produzione di rifiuti solidi urbani. Nella zona di santa Maria Elisabetta, dove sono situati gli attracchi dei traghetti, il Comune ha anche installato in via sperimentale un cestino compattatore alimentato a energia solare.

ONDATA DI CALDO

Weekend di fuoco con Caronte, ma poi arriva la pioggia

La parentesi di pioggia di giovedì sera non è stata sufficiente: Caronte si rinforza e torna prepotente su tutta l’Italia riportando 38-40°C diffusi, domenica anche a Roma. Il caldo sarà opprimente, ma per la prima volta da tanto tempo, le previsioni portano un po’ di ottimismo. Dopo un weekend di fuoco le temperature caleranno e arriverà la tanto attesa pioggia.

Il giorno della svolta dovrebbe essere mercoledì 6 luglio quando il probabile cedimento di Caronte favorirà un calo termico e porterà temporali sparsi al nord, anche in Pianura Padana. L’aria più fresca ed instabile in arrivo dall’Atlantico scivolerà poi verso il centro nella giornata successiva e arriverà anche al sud dove potrebbe causare anche piogge persistenti. Il weekend tra l’8 e il 10 luglio potrebbe essere addirittura caratterizzato da maltempo diffuso al sud e su parte delle regioni del medio Adriatico.

Antonio Sanò, direttore del sito www.iLMeteo.it , conferma la ‘scaldata’ repentina con Caronte anche al nord, dopo i temporali degli ultimi giorni. Le temperature in Pianura Padana toccheranno i 38-39°C all’ombra fino a martedì, con un alto tasso di umidità. Al centro e al sud, come è successo negli ultimi giorni, il termometro sfiorerà i 45°C o addirittura li oltrepasserà.

La cappa asfissiante terrà prigioniero il Paese fino a metà della prossima settimana poi potrebbe arrivare aria più fresca e una perturbazione da nord-ovest. All’orizzonte sembra profilarsi anche la discesa di aria polare direttamente dalla Finlandia verso le regioni adriatiche.

Dalla differenziata alla doggy bag: le nostre scelte ‘sostenibili’

Cresce l’impegno personale e l’attenzione alla sostenibilità ambientale da parte dei cittadini. Poco alla volta, quelle che prima erano accortezze saltuarie, diventano consuetudini volte a rendere il pianeta più vivibile, per noi e per le generazioni future. L’osservatorio sugli sprechi Waste Watcher creato da Last Minute Market ha condotto un’indagine internazionale sulle ‘scelte sostenibili’ prendendo in considerazione otto Paesi del mondo: Cina, Usa, Russia, Regno Unito, Canada, Germania, Spagna e Italia, con campione statistico di 8mila interviste.

Il risultato? La medaglia d’oro va alla raccolta differenziata: quasi un plebiscito che il 92% dei cittadini dichiara di realizzare ogni giorno. Segue l’attenzione alla prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari (91%), la riduzione degli acquisti con imballaggi di plastica (90%), il consumo di cibo proveniente da allevamenti rispettosi degli animali (88%) e la riduzione dell’acquisto dei prodotti con imballaggi usa e getta (88%).

sostenibilità

LISTA DELLA SPESA

Lo studio evidenzia inoltre diverse strategie messe in atto dai consumatori del pianeta. Risulta – ad esempio – che la vecchia economia domestica non è ancora stata prevaricata dalla tecnologia. Dall’indagine diffusa da Spreco Zero emerge, infatti, che la classica lista della spesa è ancora di moda per il 70% della popolazione e che il ricorso alle app salvacibo resta un’abitudine ristretta a non più del 9% degli intervistati.

CIBO IN SCADENZA

È pratica diffusa nei Paesi europei e anglofoni l’assaggio del cibo appena scaduto, per accertarsi se sia ancora consumabile prima di gettarlo: lo fanno soprattutto spagnoli, inglesi, tedeschi e canadesi (oltre 4 cittadini su 5), a ruota seguono Italia e Stati Uniti, meno convinti di questa pratica i cinesi, solo 1 cittadino su 2.

DOGGY BAG

Gli italiani e in generale i cittadini europei sembrano piuttosto timidi e impacciati con la ‘doggy bag‘ al ristorante: la chiedono solo 4 clienti su 10 che non riescono a consumare il proprio pasto.

nucleare

Sì o no al nucleare in Italia? Spada: “Zero rischi”, Ciafani: “Pericoloso”

Nella folle corsa all’approvvigionamento energetico, torna sul tavolo del dibattito pubblico il tema del nucleare, accantonato dal referendum del 1987. C’è chi è convinto sia l’unica alternativa per evitare il continuo rischio di emergenza energetica e chi, invece, vorrebbe chiudere il discorso ancora prima di intavolarlo.

Quello a cui guarda l’Italia è un nucleare di quarta generazione. Ma bisogna stare attenti, avverte Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, intervistato da GEA: “Non esiste”. Si studia da 20 anni, senza “grandi passi avanti”. Secondo le stime più concrete, se le ricerche dovessero dare risultati diversi, i reattori su scala commerciale di quarta generazione si vedranno “a ridosso della metà del secolo. Quando, cioè, sarà troppo tardi e “per certi versi una parte del nostro Paese già sarà sott’acqua, se non facciamo quegli interventi immediati di riduzione di emissioni di gas serra per contenere il cambiamento climatico in atto”.

Il nucleare che oggi è possibile avere, e si sta realizzando in Francia e Finlandia, è di terza generazione avanzata. Eppure, insiste il presidente di Legambiente, “non ha risolto nessuno dei problemi storici”: uno su tutti la produzione di scorie altamente radioattive, che non si sa ancora come smaltire definitivamente. Continua, poi, ad avere “rischi di incidente” e a essere la fonte di energia più costosa: “Il nucleare, mi spiace dirlo da ambientalista, non è stato ucciso dagli ambientalisti, ma dal libero mercato, perché i costi di gestione di attività e chiusura del ciclo sono assolutamente proibitivi e per questo negli ultimi 10 anni gli investimenti sono andati a picco, perché le rinnovabili sono una tecnologia consolidata, che non produce emissioni di gas serra, non produce scorie, ha dei costi sempre più bassi, molto più bassi del nucleare, quindi questa discussione che si sta facendo in Italia è surreale”, avverte.

Chi nella tecnologia nucleare vede, invece, un’opportunità è il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada: “Se davvero l’Italia ambisce all’autonomia energetica, non può che essere una parte importante del mix di fonti”, spiega contattato da GEA. La nuova generazione “sta raggiungendo molto rapidamente uno stadio di sviluppo fino a pochi anni fa impensabile – osserva -. Ma, in un futuro più prossimo, è opportuno rivalutare anche il nucleare tradizionale. Impianti sicuri, flessibili, di piccole dimensioni e realizzabili in pochi anni. È improcrastinabile parlarne senza preconcetti; il know how lo abbiamo in casa dato che le aziende del nostro territorio offrono servizi per gli impianti all’estero. Il nucleare, insomma, è un’alternativa reale su cui investire fin da subito”.

A percepirne le potenzialità applicate all’ambito ferroviario è Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione Fs. Ammette di credere fermamente nella scienza: “Dieci anni fa chi avrebbe mai pensato che l’iPhone potesse fare quello che fa. Credo che il nucleare oggi, a livello ferroviario, sia una opportunità veloce e sicura”, afferma. Trentacinque anni fa, confessa, non sarebbe stato della stessa opinione: “Io nel nucleare vedo il minor impatto e non l’avrei pensata così nel giorno del referendum. Ho cambiato idea perché ho visto di cosa è capace la tecnologia”.

Inoltre, prosegue, “nell’opinione pubblica rimangono Chernobyl e un referendum fatto in un contesto diverso e obsoleto, quando avevamo il telefono a casa. Penso che se ci rimettiamo a camminare in quella direzione, in meno di un decennio il nucleare potrebbe risolvere il grande problema dell’Italia, avere un’indipendenza energetica eliminando l’idrocarburo, non vedo al momento altro”.

Il problema delle scorie non sembra spaventare il presidente della Fondazione Fs: “Anche l’eternit copriva tutte le stazioni ferroviarie italiane, oggi è smaltito come un rifiuto speciale. So di essere un po’ brusco, ma sono per il pensiero forte, quindi o noi rinunciamo allo standard di vita al quale siamo abituati e ci diamo alla la decrescita felice, il che è una libera scelta, o troviamo, come ci insegna l’economia circolare, la fonte energetica con meno esternalità, con meno conseguenze negative e non al prelievo, ma dall’inizio della creazione della fonte energetica fino allo sfruttamento e dopo”.

siccità

Fa sempre più caldo: entro il weekend punte fino a 44°C

Il caldo continua a dominare incontrastato sull’Italia ormai dal 10 maggio e non si arresterà nemmeno nei prossimi giorni. Caronte sta insistendo con temperature africane dal 20 giugno e durerà almeno un’altra settimana, con i primi segnali di cedimento attesi al nord da mercoledì 6 luglio. E nel weekend si rinforzerà ancora.

Finora sono tanti i record – tristi – che l’anticiclone ha lasciato. Roma ha vissuto il periodo più caldo della storia, 2-3 giorni consecutivi con 40°C all’ombra non si ricordavano a memoria d’uomo: per cercare refrigerio non sarebbe stato sufficiente salire sull’Appennino a 800 metri: L’Aquila e Campobasso hanno stracciato i propri record con 36-37°C in montagna.

E nei prossimi giorni? Andrea Garbinato, responsabile della redazione del sito www.iLMeteo.it, indica ancora la possibilità di qualche temporale forte sulle Alpi fino a domani, poi nel weekend e nei primi giorni della nuova settimana il picco massimo di Caronte tornerà a padroneggiare anche in montagna al Nord.

Ci saranno temperature fino a 39-40°C a Firenze e Roma, 36-37°C anche a Milano e in Val Padana con valori ‘algerini’ anche al Sud. Ma come è successo anche negli ultimi giorni, il Centro potrebbe essere colpito in modo più intenso rispetto al resto dell’Italia: si attendono punte di 42°C nelle zone interne di Umbria, Lazio ed Abruzzo.

Una storia di amore e odio all’italiana: da perdita primato ricerca a referendum

Appaiono lontani, lontanissimi, i tempi in cui un referendum sfondava la quota del 50% e veniva validato. Se nel 1987 la sfiducia degli elettori verso la politica non aveva ancora raggiunto l’acme, nel 2011 l’indice di gradimento era quasi ai minimi storici. In entrambi i casi alle urne i cittadini trovarono le schede con 5 quesiti, alcuni dei quali riguardavano il nucleare in Italia.

I REFERENDUM

Il primo referendum si tenne all’indomani del disastro di Chernobyl: promosso dai radicali, passò con un’affluenza che superò il 65% e l’80,57% dei Sì. Il quesito riguardava lo stop alla costruzione di nuove centrali (“Volete che venga abrogata la norma che consente al Comitato interministeriale per la Programmazione economica di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidano entro tempi stabiliti?”). Fu la prima pietra tombale sulla produzione di energia nucleare in Italia.

Venticinque anni dopo gli italiani tornarono alle urne con una sorta di deja-vu per la preoccupazione (e l’indignazione) sollevata dal disastro alla centrale di Fukushima. Con un governo sfiancato dalla crisi del debito e indebolito agli occhi dell’opinione pubblica, l’Italia dei Valori tentò la proverbiale spallata e raccolse le firme necessarie per presentare un quesito sull’abrogazione “delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare”. Il quorum si fermò al 54,79%, più che sufficiente a far passare il referendum grazie al 94,05% di Sì. Più che pietra tombale, in questo caso si trattò di una risposta più che eloquente alla volontà di ritorno al nucleare e agli accordi internazionali siglati nell’aprile 2010 per la costruzione di 8 reattori. Ironia della sorte: il progetto sulla costruzione di una centrale da lì a 3 anni prevedeva la collaborazione tra il governo guidato da Silvio Berlusconi e la Russia di Vladimir Putin. E anche in quel caso l’argomento all’ordine del giorno era la “sicurezza energetica”.

RICERCA E SVILUPPO

Nulla di più attuale, legato peraltro a doppio filo con il nucleare. Lo stesso ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, lo considera “il futuro. Perchè, ha spiegato di recente, i referendum si rispettano” ma “va fatta ricerca e sviluppo. E non si tratta della solita boutade. Da uno studio di Elsevier su oltre 70mila paper degli ultimi 6 anni nel mondo emerge che gli studiosi italiani sono sul terzo gradino del podio in Ue (dopo Regno Unito e Germania), per numero di pubblicazioni sul nucleare. Se ne contano almeno 2600 dal Belpaese e alcune di queste rappresentano un modello di accuratezza e innovazione superiore persino a quello di Francia e Giappone, Paesi che hanno maturato una certa esperienza sul tema. E non è un caso.

BOOM ECONOMICO AGLI ANNI ’80

Già negli anni ’50 e ’60 i ricercatori italiani erano pionieri nella ricerca sull’energia nucleare. Spinti dalla necessità di garantire al Paese una certa “sicurezza energetica”, i governi di allora promossero la costruzione dei primi reattori. Risale al 1959 quello di Ispra (Varese) destinato “alla ricerca”. Seguirono 4 anni più tardi le centrali di Borgo Sabotino (Latina) e di Sessa Aurunca (Caserta), mentre nel 1965 venne inaugurata quella di Trino (Vercelli), che segnò un record: alla sua entrata in funzione era la più potente al mondo, con i suoi 260 MWe e il reattore ad acqua pressurizzata. La quarta centrale fu nel 1978 quella di Caorso (Piacenza). Ci fu anche il tentativo di accendere l’impianto di Montalto di Castro (Viterbo) ma i lavori si interruppero prima nel 1987 (per il referendum) e poi, definitivamente, nel 1988. Di fatto l’espansione del nucleare in Italia cominciò alla fine degli anni Cinquanta e si fermò al 1981, con la centrale emiliana. In mezzo ci fu la nascita dell’Enel e l’avvio dell’importazione di idrocarburi che, secondo gli studiosi, fu il primo freno allo sviluppo dell’industria nucleare di Stato e ai programmi di ricerca italiani.

IL NODO SCORIE

I referendum abrogativi sul nucleare stabilivano lo stop alle centrali ma non stabilivano certo le modalità di gestione e smaltimento delle scorie. Dopo oltre un anno per la consultazione pubblica (dal 5 gennaio 2021 al 14 gennaio 2022), a metà marzo Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari, commissariata dal governo il 22 giugno) ha trasmesso al ministero della Transizione ecologica la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) ad ospitare il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. La mappa individua 67 aree tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia e Basilicata, Sicilia, Sardegna e ora la norma prevede che il MiTe, acquisito il parere tecnico dell’Ispettorato nazionale per la Sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), approvi con proprio decreto la Carta, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili. Delle 67 aree individuate, sono 12 quelle ritenute più idonee: 2 in provincia di Torino (Rondissone-Mazze-Caluso e Carmagnola), 5 in provincia di Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento; Fubine-Quargnento; Alessandria-Oviglio; Bosco Marengo-Frugarolo; Bosco Marengo-Novi Ligure) e altre 5 in provincia di Viterbo (Montalto di Castro, Canino-Montalto di Castro, Corchiano-Vignanello, Corchiano). Le altre aree sono ritenute comunque idonee ma hanno una valutazione inferiore. Il monitoraggio è servito infatti ad assegnare una sorta di punteggio ai vari siti e tra i parametri considerati ci sono la morfologia del territorio (altitudine sotto i 700 m s.l.m, pendenze inferiori al 10%) ma anche il grado di rischio sismico e idrogeologico, la densità abitativa e la presenza di aree protette e siti Unesco.

Nel nuovo deposito nazionale saranno stoccati tutti i rifiuti nucleari italiani: sono circa 95mila metri cubi (17mila a media-alta attività e 78mila a bassa-molto bassa attività). Il materiale radioattivo proviene da installazioni nucleari (4 centrali e 4 impianti del ciclo del combustibile), ma anche da centri di ricerca e gestione di rifiuti industriali. In particolare in Italia esistono 4 centrali e un reattore di ricerca Sogin, 4 impianti del ciclo del combustibile (Sogin-Enea) e 7 centri di ricerca (Impianti Ipu e Opec di Enea a Casaccia-Roma, Ccr Ispra a Varese, Deposito Avogadro a Vercelli, LivaNova a Vercelli, Centro Energia e Studi Nucleari ‘Enrico Fermi’ di Milano, Lena-Università di Pavia e Agn-201 dell’Università di Palermo). A questi si aggiungono i 3 centri attivi del Servizio Integrato (Nucleco a Casaccia-Roma, Campoverde ad Alessandria e Protex a Forlì) e 1 centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad a Taranto).

Lo scorso aprile, Sogin ha garantito l’impegno “nell’accelerazione delle attività che consentirà entro quest’anno di superare la soglia del 45% nelle attività di decommissioning nucleare. Il piano industriale 2020-2025 conferma peraltro “l’obiettivo di realizzare nell’arco di piano un volume di attività per oltre 900 milioni di euro. Il picco è nel biennio 2022–2023 con l’avvio, fra l’altro, degli smantellamenti dei reattori delle centrali di Garigliano e Trino, che rappresentano i lavori più complessi dal punto di vista ingegneristico e operativo nella dismissione di un impianto nucleare”.

maltempo

In arrivo nubifragi al nord. Caldo record a Roma: 40,7°C all’ombra

Un po’ di Scirocco, l’umidità scesa al 15%, la temperatura salita a 40,7°C all’ombra, ed ecco che ieri intorno alle ore 14 Roma ha disintegrato di 2 gradi il precedente record del 2019 per quanto riguarda giugno e superato di 0,2°C il record storico assoluto di sempre che risaliva all’agosto 2007. Ma anche a Firenze e Latina il valore massimo delle temperature è stato da record. Una breve intensa pausa temporalesca, però, è in arrivo oggi: i fenomeni più violenti colpiranno Piemonte, Lombardia e Liguria ma anche Emilia, nord Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli.

Saranno possibili downbursts, i colpi di vento associati ai temporali, grandine grossa e tornado, una situazione potenzialmente molto pericolosa nelle prossime ore. E questa situazione è strettamente legata al caldo infernale di Caronte: tutto il vapore, il calore, tutta l’energia accumulata in questi giorni fungerà da combustibile per la formazione di supercelle temporalesche, in particolare nell’umido catino padano.

La parentesi temporalesca colpirà il nord, mentre al centro-sud ci sarà ancora il super-picco di caldo: non sono esclusi 45-46°C nelle zone interne della Sicilia, 43-44°C tra Calabria, Basilicata e Puglia, 38-40°C ancora da record tra Firenze e Napoli.

I valori prossimi ai 45-46°C attesi in Sicilia potrebbero far vacillare anche il record europeo di caldo dell’anno scorso a Floridia, in provincia di Siracusa: l’11 agosto 2021 si erano toccati i 48,8°C battendo il precedente record di 48°C ad Atene nel 1977. Temperature tipiche dell’Algeria o del Medio Oriente in pieno giugno.

Lorenzo Tedici, meteorologo del sito www.iLMeteo.it, conferma infatti che Caronte ci accompagnerà per almeno altri 10 giorni al sud con frequenti 40°C all’ombra e oltre; al nord e in parte del Centro domani ci sarà una breve parentesi più fresca, ma poi il caldo africano tornerà almeno fino al 6 luglio.