Gas, rinnovabili e approccio “non predatorio”: le parole chiave del ‘Piano Mattei’

Un documento vero e proprio ancora non c’è, ma il ‘Piano Mattei’ ha delle linee guida ben delineate. Almeno nelle parole della premier, Giorgia Meloni, e dei ministri impegnati in prima linea per la sua realizzazione. L’obiettivo è fare dell’Italia il nuovo hub europeo dell’energia, sia per quel che concerne le forniture di gas, sia per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Ecco, di seguito, i punti salienti e le parole chiave del progetto portato avanti dalla presidente del Consiglio.

AFRICA. Si parte dagli accordi per le forniture di metano che l’Italia ha già stipulato, sia con nuovi che con storici partner del continente africano. Algeria, Mozambico, Congo, Angola ed Egitto sono i principali fornitori di gas, che stanno permettendo al nostro Paese di liberarsi dalla dipendenza russa, potranno avere una porta di ingresso per il mercato europeo. Ovviamente, solo questi fornitori non bastano a raggiungere il target, ragion per cui ci dovrebbe essere un ampliamento dei rapporti anche con l’Azerbaijan, la Libia e Israele.

APPROCCIO NON PREDATORIO. E’ una delle frasi più ripetute dalla premier, Meloni. Il suo piano prevede un “modello non predatorio di cooperazione per creare catene di valore e aiutare la nazioni africane a vivere meglio delle risorse che hanno a loro disposizione”.

RINNOVABILI. Idrogeno ed energia da fonti alternative, sfruttando le potenzialità sia del Nordafrica che del Mezzogiorno d’Italia. Le rinnovabili dovranno essere un capitolo determinante del progetto per fare del nostro Paese l’hub energetico dell’Europa.

OTTOBRE, SAVE THE DATE. Il nuovo ‘Piano Mattei’ sarà presentato a ottobre, in occasione del summit intergovernativo Italia-Africa. L’annuncio l’ha fatto direttamente la presidente del Consiglio, dall’Etiopia, durante la visita diplomatica ad Addis Abeba dello scorso mese di aprile. Prima, però, ci saranno tappe di avvicinamento importanti, come lo Stocktaking moment, l’evento della Fao che si svolgerà a Roma dal 24 al 26 luglio e, successivamente, dopo l’estate i Med Dialogues, sempre nella Capitale.

Meloni vola a Praga: fronte comune Italia-Repubblica Ceca su energia e auto

Energia, auto, transizione green e politiche europee. Il viaggio della premier Giorgia Meloni a Praga punta a rafforzare la cooperazione tra i due Paesi che, soltanto in termini commerciali, nel 2022 ha segnato un volume d’affari di 18 miliardi. Una partnership che, come ha ricordato la presidente del Consiglio, viaggia spedita su più fronti. A cominciare proprio da quello dell’energia. “L’Europa – ha detto – ha un problema di dipendenza che deve risolvere” e per questo l’Italia sta facendo “un lavoro importante” sull’autonomia “che noi chiamiamo il Piano Mattei per l’Africa”, destinato a cioè “diversificare la produzione, garantire un mix energetico, coinvolgere le nazioni che sono più vicine a noi e quelle mediterranee”. E smarcarsi dalla dipendenza dalla Russia.

Una porta d’ingresso in Europa – come ha ricordato più volte – che conquista anche il plauso di Praga. “L’Italia ha un mercato grandissimo di gas naturale, vuole diventare e, anzi, sta diventando un hub del Mediterraneo per le forniture, e questo per la Repubblica Ceca è importante”, ha detto il premier ceco, Petr Fiala, dopo il colloquio con Meloni, la quale “ci ha presentato la propria visione su come sviluppare questa politica energetica e devo dire che offre molte per tutta l’Europa”. Ecco perché con l’Italia è importante la collaborazione nel settore energetico”.

Il fronte comune Roma-Praga guarda anche a Bruxelles e al tema dello stop ai motori a combustione dal 2035. “La transizione verde – ha detto la premier – deve essere economicamente e socialmente sostenibile e non mossa da intenti utopici o ideologici ma pragmatica”. Italia e Repubblica Ceca, ha ribadito, sono Paesi “che difendono la neutralità tecnologica: crediamo negli obiettivi della transizione verde, ci impegniamo a raggiungerli, ma vogliamo essere liberi di lavorare su tutte le tecnologie”, compresi quindi i biocarburanti. In Europa, “abbiamo fatto insieme questo lavoro per l’industria automobilistica, ma è una battaglia che continueremo a portare avanti”. Così come quella sull’Euro 7: “Temiamo – ha detto Fiala – che questa norma possa compromettere la competenza della nostra industria e l’accessibilità di queste auto per i nostri cittadini”.

Meloni e Mattarella al fianco dell’Ucraina: “Sostegno in ogni ambito e finché sarà necessario”

Per ricostruire l’Ucraina, nei prossimi 10 anni, serviranno almeno 411 miliardi di dollari. E’ la stima della Banca Mondiale, che la vicepresidente Regionale Europa e Asia centrale ricorda durante la conferenza bilaterale sulla ricostruzione del Paese ospitata da Roma. Nel Palazzo dei Congressi 700 persone, fra rappresentati del mondo imprenditoriale, delle principali istituzioni finanziarie internazionali e delle associazioni di categoria raccolgono notizie sui fabbisogno del Paese direttamente dalle autorità ucraine. Un modo per Governo, enti e imprese italiane di avanzare proposte e rispondere alle necessità di Kiev, non solo in termini di breve, ma anche di medio e lungo periodo. Per questo, l’Italia si candida a ospitare nel 2025 la Ukraine Recovery Conference.

Vengono siglati una serie di memorandum: sulla protezione dell’ambiente (“colpito gravemente a causa dell’aggressione russa”, denuncia il primo ministro di Kiev, Denys Shmyhal), ma anche sull’industria (tra le ferrovie ucraine e l’azienda Mermec), sul settore agroalimentare e per la ricostruzione delle centrali idroelettriche.

Sostegno pieno dell’Italia all’Ucraina, “in ogni ambito e finché sarà necessario“, garantisce il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che prima della conferenza riceve al Quirinale il primo ministro dell’Ucraina, Denys Shmyhal, il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, e una delegazione diplomatica. “L’Italia esprime il forte convincimento favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea nel più breve tempo possibile e apprezziamo l’impegno del suo governo per il cammino di riforme intraprese per rispettare i parametri comunitari“, afferma.

Italia in prima fila, dunque, con un ruolo di primo piano “non solo dal punto di vista politico, ma anche coinvolgendo i privati, le nostre imprese, il nostro know-how“, spiega la premier Giorgia Meloni. Agli imprenditori italiani chiede di “non avere paura“, perché investire sulla ricostruzione dell’Ucraina “non è azzardato, è uno degli investimenti più oculati e lungimiranti che si possono fare“. Investire, costruire, ricostruire e “saper guardare oltre i difficili mesi che stiamo attraversando“, ribadisce la premier, significa “scommettere sulla vittoria dell’Ucraina e sull’integrazione europea di questo paese”.

Di “incontro molto concreto” parla Shmyhal, che ringrazia Roma per il sostegno a 360 gradi, in particolare per l’invio di generatori che hanno consentito al Paese di “superare l’inverno“. “Quello che sta facendo la Russia, colpendo sistematicamente le infrastrutture strategiche, vuol dire cercare di piegare la popolazione con il freddo e la fame. Noi abbiamo difeso la popolazione e l’Italia deve esserne fiera“, rivendica Meloni.

La Russia ha iniziato una aggressione vera e propria sul settore energetico“, conferma il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in video collegamento. Ricorda come anche l’Unione europea abbia subito la crisi energetica, ma abbia “tenuto, rispondendo in modo degno“. Per il futuro Zelensky guarda alle energie verdi, “un sistema più resiliente” e all’aiuto dell’Italia soprattutto per le smart grid, le reti intelligenti. Ma l’Ucraina, garantisce, è utile al mondo in molti modi: “La comunità internazionale ha capito il nostro potenziale dell’agroindustria ucraino. Siamo in grado di fornire cibo a milioni di famiglie nel mondo. Senza cibo c’è il caos, questo significa più migranti, in Europa in particolare“, osserva. Ma non solo, Kiev possiede il litio, il gas, materie prime: “Possiamo sostituire le aziende russe in moltissimi settori“, assicura il presidente ucraino.

La ricostruzione “è parte fondamentale dell’azione di solidarietà e vicinanza che noi europei e italiani vogliamo dimostrare“, commenta il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Un passo importante, perché, ne è convinto, il Paese “sarà presto parte dell’Ue, quindi è giusto si cominci fin da adesso a lavorare insieme”.

La Banca Europea di Investimenti è molto attiva in Ucraina già dal 2007, spiega la vicepresidente, Gelsomina Vigliotti. Gli interventi sono stati intensificati poi dal 2014, sono state investite risorse per più di 200 progetti di rinnovamento delle infrastrutture. Il lavoro è continuato durante la guerra, a seguito dell’invasione russa. “Ci siamo concentrati su investimenti con rendimenti sociali efficaci, ci siamo mossi velocemente e non rallenteremo. E’ più di un imperativo morale“, assicura Vigliotti. Ora i finanziamenti si concentrano sugli interventi in energia, crescita, ferrovie. Aree cruciali per lo sviluppo del Paese. “La stima è che siano necessari 14 miliardi di dollari per gli interventi più urgenti“, fa sapere.

La Bei è chiamata a giocare un ruolo fondamentale” nella ricostruzione, conferma il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, che annuncia che il nostro contributo al fondo di garanzia Bei “è una garanzia di 100 milioni di euro“. Il sostegno della Banca all’economia ucraina, riflette Giorgetti, è “coerente con la futura prospettiva di adesione all’Unione“.

La ricostruzione richiede uno sforzo corale di tutti, sostiene il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini: “L’Italia può e deve rappresentare un valore aggiunto“, scandisce.

La gratitudine di Kiev arriva anche dal ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba: “I contatti tra i nostri governi sono più dinamici che mai”, dice, considerando la guerra non un ostacolo per gli investimenti, perché “stiamo rendendo il nostro paese ancora vitale e attrattivo“.

Photo credit: profilo Twitter Denys Shmyhal @Denys_Shmyhal

Giornata del Mare, Meloni: “Rimettere al centro asset e farne vettore di sviluppo”

Iniziative su tutto il territorio nazionale per la Giornata nazionale del mare che si celebra l’11 aprile. A partire da Palazzo Chigi, la cui facciata viene illuminata di azzurro. “L’Italia è una nazione, allo stesso tempo, continentale e marittima. È nata nel, per e con il mare: la geografia ha plasmato la nostra civiltà e ci ha reso piattaforme naturali per la diffusione della cultura, i commerci e la logistica“, dichiara la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Purtroppo, però, l’Italia ha spesso dimenticato questa sua duplice identità, si è percepita come una ‘Patria senza mare’ e non è stata pienamente consapevole di quanto il mare possa essere una risorsa geostrategica, ambientale, culturale ed economica – aggiunge -. Rimettere al centro questo asset e farne un vettore di sviluppo e di ricchezza, da ogni punto di vista, è una priorità del governo“. Ecco che, secondo la premier, “da una maggiore consapevolezza e conoscenza di ciò che siamo e delle potenzialità che abbiamo può scaturire anche un rinnovato protagonismo nel presente e nel futuro“.

Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, “la centralità geografica dell’Italia nel Mediterraneo porta con sé grandi responsabilità e opportunità, sia sotto il profilo ambientale che energetico. Il ‘mare Nostrum’ abbraccia popoli e culture che possono trovare sempre più punti di incontro nella tutela marina, specialmente dopo lo storico accordo alla Cop15 sulla biodiversità di Montreal. L’Italia – conclude il ministro – è depositaria di un ‘know-how’ straordinario nella gestione delle Aree Marine Protette, che è giusto condividere rafforzando ogni giorno quella rete di tutela senza la quale ogni singolo intervento perderebbe di senso”.

In occasione della Giornata nazionale del mare, il Mase e il Centro Regionale di Attività per le Aree Specialmente Protette della Convenzione di Barcellona (Rac/Spa), nell’ambito della Convenzione di Barcellona sulla protezione del Mediterraneo, annunciano il prossimo lancio del “progetto per sviluppare e rafforzare un’efficace gestione delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea (Aspim).  L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, intende sviluppare e rafforzare la gestione delle Aspim, con programmi di gemellaggio tra le realtà italiane e quelle delle subregioni mediterranee: saranno condivise conoscenze, esperienze, capacità organizzative. Le Aspim italiane coinvolte in questa seconda edizione del progetto sono Miramare, Porto Cesareo e Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre che saranno gemellate, rispettivamente, con Palm Island (Libano), El Hoceima (Marocco) e Zembra & Zembretta (Tunisia). L’appuntamento con il kick-off del progetto è il 27 aprile. Ad oggi, le Aspim riconosciute sono 39, appartenenti a 10 Paesi diversi: Albania, Algeria, Cipro, Francia, Italia, Libano, Marocco, Slovenia, Spagna e Tunisia. L’Italia guida la classifica del più alto numero di Aspim, che si caratterizzano per rilevanti attività di conservazione della diversità biologica, ecosistemi specifici o habitat di specie protette, particolari punti di interesse sul piano scientifico, estetico, culturale o educativo. La regìa delle attività di progetto e degli accordi bilaterali nell’ambito della Convenzione di Barcellona è gestita dalla Direzione generale Patrimonio Naturalistico e mare del Mase.

Incontro Meloni-Sanchez: asse su riforma del mercato elettrico e flessibilità fondi

Una riforma del patto di stabilità e crescita entro l’anno, la flessibilità piena sui fondi esistenti, un fondo di sovranità, la riforma (“urgentissima“) del mercato elettrico. Sono i punti su cui Roma e Madrid fanno asse in Europa, in vista della presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione europea, che inizierà dal primo luglio.

Giorgia Meloni riceve Pedro Sanchez a Palazzo Chigi. Sono “molte“, assicurano i due premier, le convergenze tra Italia e Spagna, a partire dalla richiesta di “risposte chiare e immediate” alle tante urgenze del momento.

C’è la grande questione della governance economica. “Qui il ruolo della Spagna sarà fondamentale: tutti auspichiamo di arrivare a una riforma del patto di stabilità e crescita entro la fine dell’anno“, spiega Meloni. La fine dell’anno coincide, appunto, con il periodo in cui sarà la Spagna a guidare il Consiglio. La posizione italiana è quella di avere delle regole di governance nelle quali, rispetto al passato, si dia alla crescita sufficiente attenzione invece di concentrarsi solo sulla stabilità: “Perché l’unico modo per avere stabilità è avere una crescita strutturale e duratura“, precisa la leader di Fdi, garantendo già da ora “pieno sostegno al presidente Sanchez per lavorare insieme per arrivare a questo obiettivo“.

Sul tavolo, competitività e industria. Anche qui posizioni allineate: “Bisogna fare attenzione a che si percepisca l’utilizzo di due velocità tra le varie decisioni che il Consiglio europeo prende, per cui come si è proceduto velocemente sulla concretizzazione dell’allentamento degli aiuti di Stato, che era caro ad alcuni Paesi, confidiamo che si possa fare con la stessa velocità il lavoro sia sulla piena flessibilità sui fondi esistenti, sia andare avanti su un fondo sovrano, che in diversi abbiamo chiesto per sostenere industrie europee“, scandisce la presidente del Consiglio italiana.

E, per garantire competitività delle industrie, non si può non considerare una riforma del mercato elettrico: “La competitività oggi risiede nella possibilità di avere prezzi economici dell’energia“, osserva Sanchez, che denuncia costi “inaccettabili“. “Abbiamo chiesto una riforma del mercato elettrico europeo già prima della guerra in Ucraina. Dobbiamo fare una riforma su come vede deciso il prezzo dell’energia in Europa, rappresenta una grossa minaccia di deindustrializzazione. La riforma – ripete – è urgentissima“.

Particolarmente importante, per entrambi i Paesi, è il tema delle migrazioni. Su questo, ammette Meloni, il cambio di passo di un’Europa che oggi guarda con molta più attenzione alla difesa dei suoi confini esterni è “importante“, ma esorta stanziamenti e investimenti per trovare “soluzioni strutturali” con i Paesi del Nord Africa.

Quanto all’Ucraina, Roma e Madrid offrono pieno sostegno a Kiev, “a 360 gradi” e “finché sarà necessario“. Il 26 aprile, l’Italia ospiterà la prima conferenza sulla ricostruzione, “stiamo già lavorando per il futuro – garantisce la premier – e anche su questo ci troviamo d’accordo“.

Pnrr, Meloni: “Allarmismo inutile, non perderemo nessuna risorsa”

“Non siamo preoccupati dai ritardi sul Pnrr. Stiamo lavorando molto su questo anche per favorire soluzioni a problemi che oggi nascono ma non sono figli delle scelte di questo governo”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, che oggi ha fatto visita a Vinitaly, il Salone internazionale dei vini e distillati, giunto alla 55edizione, che si svolge a Verona.

“NON PERDEREMO NESSUNA RISORSA”. Sul Pnrr “c’è un grande lavoro da fare e alcune cose bisogna verificarne la fattibilità, ma è oggetto di interlocuzione” con la Commissione europea “sulla base di quello che noi riteniamo debba essere necessario per spendere queste risorse al meglio”. “Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse – ha aggiunto – ma di farle arrivare a terra in modo efficace. Tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che faremo”. La Commissione europea, ha detto ancora la premier, “sta chiedendo maggiore documentazione su alcuni progetti che erano già stati inseriti nel Pnrr. Documentazione che stiamo fornendo. Mi pare che il clima di collaborazione sia un ottimo clima e quindi non mi convince la ricostruzione allarmista che leggo sul Pnrr”.

“SONO GRANDE APPASSIONATA DI VINI”. Parlando con i giornalisti, la presidente del Consiglio si è anche lasciata andare a una battuta. “Io sono una grande appassionata dei vini di tutta Italia e, diciamo – ha detto scherzando – sul consumo la mia parte la faccio, così da portare avanti le eccellenze”. “Ho assaggiato – ha aggiunto – ma devo rimanere sempre molto lucida, quindi il minimo indispensabile”.

“SU PARTECIPATE POSSIBILI RICONFERME”. La visita a Vinitaly è stata anche l’occasione per fare il punto sulle nomine delle aziende partecipate. “Si lavora nel merito, guardando al merito”, ha ribadito Meloni, e all’importanza di “aziende che sono strategiche in modo particolare in questo tempo”. Le decisioni, ha spiegato, si prenderanno “anche tenendo conto della spesa per il Pnrr. Per quello che riguarda le energetiche”, va considerato “anche il lavoro che l’Italia fa per diventare una sorta di hub di approvvigionamento. Per me la materia non può prescindere dal metterci le persone che in assoluto possono fare il lavoro migliore. C’è un clima molto consapevole da parte di tutti”. E, ha annunciato, “presumo ci saranno delle conferme”.

“AL LAVORO PER IL LICEO DEL MADE IN ITALY”. Conversando con gli studenti di un istituto agrario, Meloni ha lanciato poi la proposta di un Liceo del Made in Italy. “Per come la vedo io – ha spiegato – questo è il vero liceo. Perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti. E’ il motivo per cui ragioniamo del liceo del Made in Italy, cioè di fare anche su questi percorsi un’operazione che spieghi il legame profondo che esiste tra la nostra cultura, la nostra identità, che è la cosa più preziosa che abbiamo”.

Meloni a colazione da Mattarella: sul tavolo il Pnrr e il codice appalti

I tempi di attuazione del Pnrr, il nuovo codice degli appalti, la politica internazionale, la gestione dei migranti. I temi sono tanti e il colloquio tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, programmato da giorni, si allunga più del previsto. Alla premier salta la chiusura della campagna elettorale di Massimiliano Fedriga a Udine, in Friuli Venezia Giulia. Dovrà parteciparvi in video-collegamento, mentre sul palco si alternano il leader del Carroccio, Matteo Salvini, e il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani. Al Colle la colazione di lavoro tra la presidente del Consiglio e il Capo dello Stato, a quanto filtra, è lunga, ma si svolge in un clima di “cordialità e collaborazione“.

Più tardi, negli ‘Appunti di Giorgia’, la rubrica che tiene sui social per aggiornare i cittadini sulle attività del governo, la premier chiarisce alcuni punti sui quali, lamenta, ha sentito dire “molte cose false, che non corrispondono alla verità“. Probabilmente per mettere un punto alle polemiche sulle maglie molto larghe che lascerebbe il provvedimento in termini di legalità, trasparenza e tutela dei lavoratori, Meloni chiarisce: “La finalità è banale, fare le opere, bene, in modo accettabile combattendo le ruberie ma senza bloccare all’infinito quello che c’è da fare“. Quanto alla soglia per gli affidamenti diretti a 150mila euro, “è stata portata dal governo Conte e confermata da Draghi, e noi ci siamo limitati a renderla stabile“, ricorda. A chi la accusa di aver introdotto un condono tributario penale con la norma che proroga i termini per regolarizzare la propria posizione a chi ha un contenzioso aperto con il fisco, “è un altro passo verso la tregua fiscale“, spiega. E poi mette in chiaro: “Noi di condoni non ne facciamo, vorrei dire che questo è banalmente falso“.

Non fa cenno della spada di Damocle che pende a Bruxelles sulla testa di Roma, una proroga per i tempi del Pnrr, anche se il capo dello Stato solo qualche giorno fa ha invitato tutti a “mettersi alla stanga” sul Piano. La premier non fa riferimento neanche al sostanziale fallimento della battaglia sui biocarburanti. Ma rivendica una vittoria portata a casa all’inizio di mandato, il price cap al gas: “La diminuzione del costo dell’energia sta favorendo la produzione, incoraggia le aziende ad assumere”, scandisce. “E’ stata sicuramente un’iniziativa giusta la decisione di mettere un tetto al prezzo del gas. I prezzi dell’energia sono scesi del 53,5%“. Nell’ultimo cdm, sottolinea, “abbiamo confermato riduzione dell’Iva e l’azzeramento degli oneri di sistema e prorogato il bonus per le famiglie che ne hanno bisogno. Continuiamo ad accompagnare il Paese“.

Nucleare, Meloni: “Giusto che gli Stati utilizzino tutte le tecnologie in linea con gli obiettivi Ue”

“Condivido la posizione della neutralità tecnologica, quindi penso che tutte le tecnologie che possono garantire di raggiungere gli obiettivi dell’Ue allora debbano essere considerate, indipendentemente da quello che i singoli stati intendono fare dell’uso di quella tecnologia, e indipendentemente dalla scelta italiana”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, venerdì 24 marzo in un punto stampa a Bruxelles alla fine della due giorni di Vertice Ue, rispondendo a una domanda sulle richieste della Francia sul nucleare. “Se le altre nazioni vogliono usare una tecnologia che rispetta quei target, allora è giusto che possano farlo”.

Asse Roma-Parigi sul nucleare. E Meloni cerca la sponda di Macron sulle auto

A Meloni servono alleati europei sul dossier migranti. A Macron servono alleati sul dossier nucleare. Ed è anche sull’energia e la transizione che la premier a Bruxelles in occasione del Vertice Ue cerca di ricucire lo strappo degli ultimi mesi con il presidente francese, Emmanuel Macron. I due leader hanno avuto ieri sera un tête-à-tête di un’ora e quaranta al termine della prima giornata di Vertice, in cui – secondo quanto si apprende da fonti dell’Eliseo – avrebbero ribadito la necessità di continuare a lavorare per la sovranità europea, sia in termini di politica industriale, per garantire la competitività dell’Unione, che di energia, per assicurare la decarbonizzazione delle loro economie.

E poco dopo la fine del Vertice e dell’Eurosummit è Meloni a confermare pieno sostegno alla linea di Macron sul nucleare, che secondo la premier rispetta il principio di neutralità tecnologica e può contribuire a raggiungere gli obiettivi di neutralità al 2050 dell’Ue. “Condivido la posizione della neutralità tecnologica, quindi penso che tutte le tecnologie che possono garantire di raggiungere gli obiettivi che l’Unione europea si è posta devono essere considerate, indipendentemente da quello che i singoli Stati intendono fare dell’uso di quella tecnologia, e indipendentemente dalla scelta italiana“, ha chiarito la premier in un punto stampa al termine Vertice Ue, rispondendo a una domanda sulle richieste della Francia sul Nucleare. “Se le altre nazioni vogliono usare una tecnologia che rispetta quei target, allora è giusto che possano farlo“.

Soprattutto da quando la crisi energetica connessa alla guerra di Russia in Ucraina ha costretto i Paesi Ue a ripensare il proprio mix energetico, Parigi fa pressioni a Bruxelles per il riconoscimento di un ruolo di primo piano dell’energia dell’atomo nelle politiche energetiche dell’Ue. In primis, il ruolo dell’energia dell’atomo nella produzione di idrogeno e idrogeno a basso contenuto di carbonio. Anche Macron in conferenza stampa ha chiarito di aver avuto un’ottima discussione questa mattina con cancelliere tedesco Olaf Scholz sulle questioni della neutralità tecnologica.
Stiamo per trovare l’accordo sull’idrogeno per preservare la neutralità tecnologica e raggiungere l’obiettivo comune della neutralità tecnologica, tutelando la sovranità e la competitività. Nucleare e rinnovabili lo permettono, gas e carbone no“, ha affermato il capo dell’Eliseo. “Il nucleare – ha aggiunto – costituisce una parte essenziale della nostra politica energetica. Dobbiamo rispettare il principio della neutralità tecnologica e il mix energetico di ogni Paese membro“. Il dossier a cui fa riferimento Macron è il pacchetto sulla decarbonizzazione del mercato del gas, su cui gli Stati membri stanno negoziando nell’ottica di raggiungere un accordo al Consiglio Ue energia del 28 marzo.

Lo stesso principio di neutralità tecnologica è quello che evoca Meloni sul dossier auto e biocarburanti, su cui – ritiene la premier – la partita a Bruxelles è tutt’altro che chiusa e su cui evidentemente la premier ha cercato la sponda francese. La partita sui biocarburanti “non è affatto persa. Intanto è vinta quella sulla neutralità tecnologica, che è la condizione per riconoscere i biocarburanti”, ha detto la premier, sullo stop ai motori termici dal 2035. “Fermi restando i target che condividiamo e siamo pronti a centrare, la cosa più importante è stabilire che quali siano le tecnologie con le quali arrivare a quei target non sia un dogma che deve essere imposto, ma debba essere anche una valutazione complessiva, anche sulla base delle tecnologie di cui ogni nazione dispone“.

La partita dei biocarburanti sembra però chiusa dal punto di vista di Bruxelles, dal momento che la Commissione europea ha spiegato a più riprese che intende chiarire solo i termini del ‘considerando’ presente nel testo dell’accordo che riguarda gli e-fuels, i carburanti sintetici, come richiesto dalla Germania. Per Meloni anche i biocarburanti sono tecnologia a “emissioni zero” e devono essere considerati per continuare ad alimentare le auto anche post 2035.

Frans Timmermans

L’Ue chiude sui biocarburanti: “Non riapriremo l’accordo, stop al 2035”

A Bruxelles non c’è margine per riaprire il negoziato sullo stop all’immatricolazione di auto a combustione interna, diesel e benzina, a partire dal 2035. Su questo, la Commissione europea è chiara. Nei colloqui in corso con Berlino per sbloccare lo stallo sul dossier fermo da settimane in Consiglio “non stiamo ampliando il quadro” normativo. Il testo “dell’accordo prevede un ‘considerando’ sugli e-fuels e tutto quello che stiamo facendo è essere più espliciti sul significato di quella” parte del testo, ha spiegato il vicepresidente della Commissione per il Green Deal, Frans Timmermans, a margine del pre-vertice del Partito socialista europeo che si è tenuto a Bruxelles. “Qualsiasi altra cosa riaprirebbe l’intero accordo, e non è quello che stiamo facendo”, ha assicurato. “Stiamo parlando all’interno dell’accordo per il quale c’è stata una maggioranza in Parlamento europeo e in Consiglio“.

Non solo, dunque, non c’è margine per riaprire l’accordo sullo stop alla vendita di auto a combustione interna, diesel e benzina, dal 2035, su cui Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico a ottobre. Ma secondo Bruxelles non c’è spazio di manovra neanche per includere una deroga sui biocarburanti oltre che agli e-fuels, come richiede il governo Meloni. “La tesi che continuiamo a sostenere è che, fermi restando gli obiettivi della transizione che condividiamo, non riteniamo che l’Unione debba occuparsi anche di stabilire quali siano le tecnologie con cui arrivare a quegli obiettivi“, ha sottolineato la premier all’arrivo al Consiglio europeo in corso a Bruxelles. Ha aggiunto che “ci sono tecnologie su cui l’Italia e l’Europa sono potenzialmente all’avanguardia e decidere di legarsi a tecnologie che invece di fatto sono detenute come avanguardia da nazioni esterne all’Unione è una scelta che non favorisce la competitività del nostro sistema“, ha detto, presumibilmente in riferimento al motore elettrico. Per la premier si tratta di “una tesi di buon senso, confidiamo possa passare anche per quel che riguarda i biocarburanti“, ha aggiunto.

Il ‘no’ secco di Meloni sulle auto è motivo di scontro con l’opposizione al governo e lo ha ricordato la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, alla sua prima riunione pre-vertice del Partito socialista europeo. Sul ‘no’ allo stop ai motori tradizionali dal 2035 i partiti di maggioranza “si sbagliano”, ha dichiarato secca. Per il Pd la sfida vera sfida non è fare la transizione, ma capire “come accompagnare la conversione ecologica” su cui ha assicurato che “l’ambizione delle proposte della Commissione continuerà ad avere il nostro pieno supporto affinché si creino le competenze per riprofessionalizzare lavoratrici e lavoratori“. Aggiornare le competenze, creare nuovi posti di lavoro dedicati alla doppia transizione verde e digitale. E’ tutto necessario, come lo è accompagnare questa riconversione dell’economia italiana e europea con ulteriori risorse. E’ necessario che “ci siano risorse in più anche da parte dell’Unione europea per accompagnare le imprese, le famiglie, i lavoratori, per accompagnare le imprese a innovare i loro processi produttivi e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente“, ha avvertito la segretaria.

La Germania blocca da settimane ormai il dossier del ‘Fit for 55’ chiedendo alla Commissione europea di scrivere nero su bianco che anche dopo il 2035 ci sarà la possibilità di vendere le auto con motore a combustione, purché alimentate da combustibili sintetici, gli e-fuels. Nelle scorse settimane, Bruxelles ha messo a punto un piano per convincere la Germania a dire ‘sì’ al dossier su cui invece da settimane ormai sta puntando i piedi. Ma sull’idea di non riaprire un accordo già chiuso è d’accordo anche la stessa cancelleria di Berlino. “Ci sono chiare intese in Europa. Ciò include anche l’idea, sottoscritta da tutti, che dovrebbe esserci un regolamento proposto dalla Commissione europea che garantisca che dopo il 2035 i veicoli che possono essere utilizzati solo con e-fuel possano continuare a essere immatricolati“, ha chiarito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in arrivo al Vertice. “Questo è il risultato di un dialogo” tra le istituzioni europee e dunque “in realtà si tratta solo di trovare il modo giusto, in modo molto pragmatico, per attuare effettivamente la promessa che la Commissione ha fatto molto tempo fa“, ha spiegato.