Auto, mercato elettriche vola: leadership Byd, in picchiata Tesla

Nonostante le difficoltà generalizzate del mercato auto, il segmento delle elettrificate sembra vivere il suo momento d’oro. Da gennaio a maggio 2025, le consegne globali di veicoli a batteria e ibridi (auto e mezzi commerciali) sono balzate a 7,520 milioni di unità, con una crescita del 32,4% su base annua e +42,8% rispetto al 2017. Byd mantiene la sua leadership globale, davanti ai marchi della rivale cinese Geely e a Tesla.

Secondo l’ultima analisi di Sne Research, in particolare, i marchi legati a Byd hanno venduto 1,586 milioni di unità nei primi 5 mesi dell’anno, con un aumento del 34,8% su base annua. Il colosso cinese punta a vendere circa 6 milioni di unità di Bev e ibridi plug in quest’anno e sembra aver reagito meglio di altri ai cambiamenti nelle politiche tariffarie e in materia di sussidi, costruendo linee di produzione locali o espandendole in Europa (Ungheria e Turchia) e nel Sud-est asiatico (Thailandia, Indonesia e Cambogia). “Grazie a prezzi competitivi e alla tecnologia di base – spiegano gli analisti di Sne – Byd ha continuato a migliorare la notorietà del marchio e a diversificare il suo portafoglio prodotti in vari segmenti, dai micro veicoli elettrici ai veicoli commerciali, per rafforzare la sua competitività nell’ecosistema complessivo dei veicoli elettrici. Tuttavia, sono emerse preoccupazioni sulla sua solvibilità finanziaria, poiché il gruppo si è recentemente espansa in modo un po’ troppo rapido, con conseguente aumento del debito. In questo contesto, il settore sta prestando attenzione a come l’aggressività e gli investimenti audaci di Byd influenzeranno la sua futura redditività e quota di mercato”.

Crescita a doppia cifra anche per il gruppo Geely (+77,3% annuale da gennaio a maggio), a circa 793.000 unità, grazie soprattutto al successo del modello Star Wish. I suoi marchi premium Zeekr, Galaxy (dedicato all’ibrido), e Lynk & Co puntano al mercato globale e si rivolgono a diverse fasce di clientela. In particolare, spiega Sne Research, Geely sta lavorando attivamente per convertire i veicoli a combustione interna in veicoli elettrici, sviluppando tecnologie proprietarie per batterie, sistemi elettronici e software, oltre a rafforzare le proprie capacità produttive. “Queste strategie di integrazione verticale e sviluppo interno della tecnologia sono considerate fattori chiave per promuovere la competitività di Geely, il che fa prevedere un’elevata probabilità di espansione della sua presenza sul mercato globale”, spiega l’analisi.

Continua invece il momento nero di Tesla: nonostante rimanga al terzo posto globale per vendite (esclusivamente Bev) il calo è stato del 16% su base annua, vendendo circa 537.000 unità: tra le cause, il calo rilevato da Model Y e Model 3 e l’attivismo politico di Elon Musk (ridotto nelle ultime settimane e addirittura in aperto contrasto con il presidente Usa, Donald Trump), con possibili ripercussioni negative sul marchio e sulla sua affidabilità. In particolare, le vendite globali della Model Y si sono ridotte del 22,8% (da 421.000 a 325.000 unità), aggravando il peso sull’intero marchio. In Europa le vendite sono diminuite del 34,3%, registrando 79.000 unità, mentre in Nord America le vendite sono diminuite del 13,8%, a 218.000 unità.

Meno accentuata la frenata in in Cina, -7,8% a 202.000 unità. In Europa, calo a due cifre sia per la Model Y (-38,1%) sia per la Model 3 (-25,4%), mentre in Nord America le vendite di Model Y sono diminuite del 16,6%, mostrando un evidente rallentamento. In Cina, le vendite della Model 3 sono invece aumentate del 43,8%, mentre la Model Y ha registrato un -24%. Tesla sembra perdere il suo vantaggio competitivo anche nel segmento premium, spiegano gli analisti di Sne Research: le vendite globali di modelli di punta come la Model S e la Model X sono diminuite rispettivamente del 66,1% e del 43,4%. “Affinché Tesla possa aspettarsi una ripresa delle vendite in futuro, sarà necessario per Musk e i suoi manager elaborare misure per mitigare i rischi derivanti dall’immagine del marchio compromessa”, spiega lo studio. Su base geografica, da gennaio a maggio 2025 il mercato globale dei veicoli elettrici ha mostrato andamenti diversi a seconda delle politiche correlate e delle strutture della domanda in ciascun Paese.

In Cina, che rappresenta la quota maggiore (62,7%) del mercato globale, sono state vendute complessivamente 4,718 milioni di unità di veicoli elettrici, con un aumento del 39,2% su base annua. Concentrandosi sulle grandi città cinesi, la domanda di veicoli elettrici entry-level è aumentata e l’elettrificazione dei veicoli elettrici commerciali è aumentata. In Europa, sono stati venduti complessivamente 1,538 milioni di veicoli elettrici, con una crescita del 27,9% su base annua, e la quota di mercato europea dei veicoli elettrici è leggermente scesa al 20,5%. Sebbene gli indicatori mostrino una continua ripresa, l’aumento complessivo della sensibilità al prezzo ha notevolmente accelerato la crescita delle quote di mercato dei veicoli elettrici cinesi a scapito dei marchi tradizionali. Le case automobilistiche cinesi come Byd, Nio e Xpeng stanno lavorando intensamente per investire in impianti di produzione locali in paesi come Ungheria e Spagna.

A questo proposito, sono emersi conflitti tra la politica dell’Ue, volta a promuovere la produzione locale, e le misure per limitare la penetrazione dei modelli asiatici. Rallentamento conclamato delle elettriche invece nel mercato nordamericano, dove sono state vendute 714.000 unità, con un aumento di solo l’1,4% su base annua e una quota globale di Bev e Phev scesa al 9,5%. “Grazie ai benefici del credito d’imposta previsti dall’Inflation Reduction Act (Ira) statunitense, importanti produttori come GM, Ford e Hyundai Motor Group stanno aumentando la loro quota di produzione locale in Nord America, ma la domanda di veicoli elettrici è stata inferiore alle aspettative – spiega Sne Research -. Dall’insediamento dell’amministrazione Trump, con l’orientamento politico che si sposta verso maggiori tagli fiscali e un allentamento delle normative ambientali, le discussioni a livello federale per ridurre i sussidi ai veicoli elettrici stanno guadagnando slancio. Di conseguenza, le prospettive per la domanda di veicoli elettrici vengono riviste al ribasso e le case automobilistiche stanno iniziando a riallineare le loro strategie, ad esempio tornando a portafogli incentrati sui motori a combustione interna”.

Guerra aperta tra Trump e Musk. Il presidente: “E’ impazzito per lo stop ai sussidi sulle auto elettriche”

E’ ormai guerra aperta tra Elon Musk e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e all’indomani della “litigata” a distanza la situazione non accenna a migliorare. Così come la loro alleanza è stata spettacolare e intensa, lo è altrettanto loro rottura: il tycoon e il patron di Tesla hanno litigato pubblicamente, accusandosi di “follia” da una parte e “ingratitudine” dall’altra. Ma di ‘fare la pace’ il presidente non ci pensa proprio, almeno non adesso. Una fonte della Casa Bianca assicura che non ci sarà alcuna telefonata chiarificatrice tra i due. Anzi, intervistato da Abc News, Trump ha mostrato indifferenza verso la questione. Alla domanda di un eventuale colloquio con l’imprenditore, il repubblicano ha risposto: “Ti riferisci all’uomo che ha perso la testa? Non sono particolarmente interessato” a parlargli. Ma non solo: secondo il Wall Street Journal sarebbe anche pronto a vendere la Tesla che aveva acquistato. 

Ma cosa è successo tra i due? Trump ha confermato sul suo social network Truth Social di aver posto fine alla missione governativa di Musk, secondo lui “impazzito”, a causa di una decisione sfavorevole ai contributi sui veicoli elettrici. “Il modo più semplice per risparmiare miliardi e miliardi di dollari nel nostro bilancio sarebbe quello di annullare i sussidi e i contratti governativi” del capo di Tesla e SpaceX, ha scritto. Il botta e risposta si è poi trasferito su X, di cui l’ormai ex capo del Doge è proprietario. SpaceX “inizierà immediatamente a mettere fuori servizio la sua navicella spaziale Dragon”, utilizzata in particolare dalla Nasa per trasportare gli astronauti alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ha promesso Musk. Salvo poi fare marcia indietro poche ore dopo: “Va bene, non metteremo fuori servizio Dragon”. Nel frattempo, la disputa ha mandato in picchiata le azioni Tesla, che hanno perso decine di miliardi di dollari di capitalizzazione a Wall Street, chiudendo a -14,26%.

Da quando l’uomo più ricco del mondo ha lanciato la scorsa settimana un attacco frontale contro un megaprogetto di legge finanziaria dell’amministrazione Trump, era chiaro che fosse solo questione di tempo prima che il divorzio fosse definitivamente consumato. È stato durante una riunione nell’Ufficio Ovale con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ridotto al ruolo di comparsa muta, che il presidente ha ufficializzato la rottura. Durante uno scambio con i giornalisti, trasmesso in diretta, Donald Trump si è detto “molto deluso”. “Elon e io avevamo un buon rapporto. Non so se sia ancora così”, ha ammesso riferendosi al suo ex “consigliere speciale”, che venerdì scorso ha lasciato l’incarico di responsabile della riduzione della spesa pubblica alla Casa Bianca.

“Assurdità”, ha commentato Musk in un commento a un video del presidente in cui affermava che la sua rabbia era dovuta alla perdita dei sussidi per i veicoli elettrici. “Falso”, ha poi postato sopra un estratto in cui Trump spiegava che l’imprenditore conosceva in anticipo il contenuto del testo. Una “grande e bella legge” per il tycoon, un “abominio” per le finanze pubbliche per Elon Musk. Da qui in poi l’escalation. Il multimiliardario, che ha generosamente finanziato la campagna del repubblicano nel 2024, ha assicurato che “Trump avrebbe perso le elezioni” senza di lui e lo ha accusato di “ingratitudine”. Non ha esitato a colpire sotto la cintura, affermando, senza fornire prove, che il nome del presidente era presente nel fascicolo di Jeffrey Epstein, il finanziere americano al centro di un vasto scandalo di crimini e sfruttamento sessuale che si è suicidato in prigione prima di essere processato. In risposta, la Casa Bianca si è limitata a definire questi attacchi “deplorevoli”.

Nell’Ufficio Ovale, Trump ha descritto il suo ex alleato come un amante respinto: “Diceva le cose più belle su di me”. “Le persone lasciano il nostro governo, ci amano, e a un certo punto ne sentono così tanto la mancanza… E alcuni di loro diventano ostili”, ha continuato il repubblicano.

Fin dal fragoroso ingresso di Elon Musk nella campagna di Donald Trump lo scorso anno, sono sorti dubbi sulla longevità del rapporto tra i due. All’inizio l’idillio sembrava perfetto. Il repubblicano aveva difeso il suo alleato dalle critiche e aveva persino organizzato un’operazione promozionale per il marchio Tesla alla Casa Bianca. Musk aveva definito il presidente “re” il giorno del suo insediamento e aveva indossato un cappellino con la scritta “Trump aveva ragione su tutto” durante il consiglio dei ministri. Ma le tensioni sono cresciute tra il multimiliardario molto impopolare e i ministri e i consiglieri del presidente.

Secondo alcuni esperti, ciò che potrebbe aver segnato il destino di Elon Musk non è avvenuto a Washington, ma nel Wisconsin, dove ha fortemente sostenuto un giudice conservatore in una recente elezione alla Corte Suprema locale. Ma è stata la candidata democratica a vincere, con un ampio margine. Trump, che detesta essere associato alla sconfitta, ha inevitabilmente seguito con attenzione questa prima avventura politica in solitaria del suo alleato, che non sembra comunque essersi scoraggiato. Il sudafricano, che non può diventare presidente perché naturalizzato, ha chiesto se non fosse arrivato il tempo di “creare un nuovo partito politico” negli Stati Uniti.

La Cnn, poi, arricchisce di un nuovo tassello lo scontro tra Donald Trump e il suo ex consigliere, Elon Musk, Dopo l’addio del patron di Tesla al dipartimento Doge, con tanto di polemiche sulla legge finanziaria, e la risposta del tycoon durante il punto stampa alla Casa Bianca durante la visita del cancelliere tedesco, Merz, ora è il sito dell’emittente a rivelare che il presidente degli Stati Uniti avrebbe chiesto al suo vice, JD Vance, di parlare in termini “diplomatici della situazione con Musk, almeno pubblicamente. Cnn cita una “fonte bene informata“.

Tags:
, ,

Al via Fram2 di Musk: in orbita la prima missione spaziale che sorvolerà i poli

Al via, con successo, la missione ‘Fram2’ di SpaceX che sorvolerà i poli nord e sud della Terra e trasporta un equipaggio di quattro astronauti non professionisti, costituendo un nuovo passo nell’esplorazione commerciale dello spazio. Grida di gioia e sollievo dei team SpaceX hanno scandito il decollo riuscito dell’equipaggio a bordo di una capsula Dragon dell’azienda di Elon Musk trasportata dalla razzo Falcon 9. Quattro persone con profili diversi e non astronauti professionisti prendono parte a questa missione privata chiamata Fram2 in omaggio a una nave utilizzata per l’esplorazione polare nel XIX secolo. Il razzo Falcon 9 è stato lanciato alle 21.46 locali (01.46 GMT di martedì) dal Kennedy Space Center, in Florida.

“Con lo stesso spirito pionieristico dei primi esploratori polari, cerchiamo di riportare nuove conoscenze e dati per far progredire l’esplorazione spaziale a lungo termine”, ha dichiarato il comandante della missione Chun Wang, un imprenditore che ha fatto fortuna con le criptovalute e che finanzia questa missione. Nel ‘viaggio’ è accompagnato da una regista norvegese, Jannicke Mikkelsen, da un australiano che ha esplorato i poli come guida, Eric Philips, e da una ricercatrice tedesca di robotica, Rabea Rogge.

La loro missione nello spazio dovrebbe durare dai tre ai cinque giorni e dovrebbe consentire di condurre oltre 20 esperimenti scientifici, tra cui la ripresa delle prime immagini radiografiche nello spazio o la coltivazione di funghi in microgravità. Tutti esperimenti che potrebbero essere utili per futuri voli verso Marte. L’equipaggio si è allenato per otto mesi, anche in inverno in Alaska. Al loro ritorno sulla Terra, proveranno a uscire dalla capsula senza assistenza medica, nell’ambito di uno studio volto a determinare le semplici attività che possono essere svolte dagli astronauti dopo un volo nello spazio. Ad eccezione delle missioni lunari Apollo, i poli della Terra sono rimasti fuori dalla vista degli astronauti, compresi quelli a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. L’azienda SpaceX ha già portato a termine diverse missioni per conto della Nasa e cinque missioni private: tre verso la ISS in collaborazione con Axiom Space e due intorno all’orbita terrestre. La prima di queste missioni in orbita è stata Inspiration4 nel 2021, seguita da Polaris Dawn, durante la quale si è svolta la prima uscita spaziale privata della storia. Queste due missioni erano state finanziate dal miliardario Jared Isaacman, un amico di Elon Musk che da allora è stato nominato da Donald Trump come futuro capo della Nasa.

Musk e Tesla nel mirino degli anti-Trump. E il presidente ne acquista una

Musk chiama? Trump risponde. Tesla a picco? Il presidente Usa si mette al volante. Poco dopo il forte calo del prezzo delle azioni della casa automobilistica fondata dal suo più stretto consigliere e mentre gli oppositori del governo repubblicano lanciano appelli al boicottaggio, il repubblicano ha invitato i suoi sostenitori a un’azione di “soccorso” .“Domani mattina comprerò una Tesla nuova di zecca in segno di fiducia e sostegno a Elon Musk”, ha annunciato Trump. “Ai repubblicani, ai conservatori e a tutti i grandi americani, Elon Musk si mette in prima linea per aiutare la nostra nazione, e sta facendo un lavoro fantastico”, ha scritto sul suo account Truth Social. “Grazie presidente”, gli ha risposto il miliardario su X.

Consigliere di Trump, Musk è un elemento essenziale dell’amministrazione Usa e guida in particolare il lavoro della Commissione incaricata di ridurre drasticamente le spese del governo federale (il Doge). “I pazzi della sinistra radicale, come spesso fanno, stanno cercando di boicottare illegalmente Tesla, uno dei più grandi produttori di automobili al mondo e il ‘bambino’ di Elon, per attaccarlo e danneggiarlo per tutto ciò che rappresenta”, ha accusato Trump. Il miliardario, che è anche proprietario del social network X, è diventato un capro espiatorio per gli oppositori di Trump, che lo accusano, tra le altre cose, di aver fatto il saluto nazista, di aver oltrepassato i suoi doveri di consigliere e di mettere a rischio il funzionamento delle attività pubbliche federali.

Il sostegno da parte di Trump arriva in un momento difficile per il costruttore. Lunedì, le azioni del pioniere dei veicoli elettrici sono calate di oltre il 15% alla Borsa di New York, a causa del crollo delle vendite e di un netto calo del settore tecnologico a Wall Street. Il suo valore di mercato è stato dimezzato da dicembre.
Le prese di posizione di Elon Musk hanno raffreddato alcuni acquirenti, anche se è ancora difficile valutare quanto il miliardario e il suo sostegno all’estrema destra europea possano aver spaventato potenziali clienti di Tesla. Nelle ultime settimane, invece, sono stati lanciati appelli al boicottaggio.

“Tesla è in caduta libera. I suoi prodotti sono attaccati. I suoi clienti sono derisi”, ha reagito su X l’influencer tecnologico e scrittore Robert Scoble. “Ho visto diversi adesivi per paraurti nella Silicon Valley” contro Musk. “Anch’io continuo a subire le critiche della mia famiglia e dei miei amici perché sono pro-Elon. Mi aspetto che la situazione peggiori per gli investitori e i fan di Tesla”.

Martedì, la casa automobilistica sudcoreana Kia ha dichiarato di non aver approvato una campagna pubblicitaria ostile a Elon Musk, trasmessa in Norvegia, che mostrava un’auto Kia con un adesivo che diceva “L’ho comprata dopo che Elon è impazzito”. Su diverse piattaforme anarchiche francofone circolano appelli a prendere di mira le Tesla e persone che si dichiarano appartenenti a un collettivo anarchico ne hanno bruciato una dozzina all’inizio di marzo a Tolosa. Negli Stati Uniti, le autorità stanno indagando sulle cause dell’incendio di quattro veicoli Tesla a Seattle (Ovest) domenica sera, come riporta il New York Times, ricordando che diverse stazioni di ricarica erano state precedentemente incendiate vicino a Boston. Inoltre, sempre lunedì, Elon Musk ha dichiarato che X ha subito un “massiccio attacco informatico”, dopo ore di problemi di accesso alla piattaforma segnalati da migliaia di utenti.

Tags:
, ,

Musk e Trump protagonisti della conferenza di Meloni. Schlein: “Sembra portavoce Usa”

Stati Uniti al centro della conferenza stampa annuale di Giorgia Meloni con i giornalisti parlamentari: dai rapporti tra la premier ed Elon Musk, al giallo dell’accordo con SpaceX, passando per i rischi della politica annunciata da Donald Trump, protezionista sul fronte commerciale e aggressiva su quello geopolitico, con le minacce alla Groenlandia e al canale di Panama. Ma nelle tre ore di incontro si è parlato anche della liberazione della giornalista Cecilia Sala, di lavoro, di Piano Mattei. La premier glissa invece sull’aumento massiccio dei costi dell’energia in Italia: “Non è una questione su cui si può rispondere in 20 secondi, quindi per rispetto ai colleghi mi fermo qui“, risponde. Per l’esecutivo nessun pericolo di rimpasto, giura: “E’ già il settimo governo per longevità della storia nazionale, procediamo a grandi falcate per scalare la classifica“. Il sogno di Matteo Salvini all’Interno entro fine legislatura? Spezzato senza lasciare spazio a equivoci: “Sarebbe un ottimo ministro dell’Interno, ma anche Piantedosi lo è e lo voglio ringraziare”.

La presidente del Consiglio smentisce categoricamente le voci sull’accordo per Starlink, derubricandole a “fake news” e difende Musk sul quale dice di non voler vedere addosso una “lettera scarlatta” solo per la reciproca vicinanza. Nessun “favore agli amici“, garantisce, assicurando di prendere decisioni valutando i problemi “solo con la lente nazionale“. Il punto è mettere in sicurezza alcune comunicazioni molto sensibili per la Difesa e SpaceX, ricorda Meloni, è tecnologicamente il soggetto più avanzato per fare questo lavoro perché al momento “non ci sono alternative pubbliche“. Il problema esiste ed è, ribadisce, un tema di sicurezza nazionale: “Tutto il resto è dibattito buono per opposizioni a corto di argomenti, ma è un altro tema“.

Quanto alle presunte ingerenze politiche del patron di Tesla, Meloni confessa di considerare “più pericoloso” George Soros che, accusa, “si trincera dietro una campagna antisemita che nessuno fa” mentre è “molto più ingerente di quanto non lo sia Musk”. Gli Stati Uniti restano al centro delle domande, che evocano lo spettro dei dazi promessi da Trump. Sarebbero un problema, ammette la prima ministra, ma “gli scogli si devono superare con il dialogo” e poi ricorda: “Non è una novità che le amministrazioni americane pongano la questione dell’avanzo commerciale. Il protezionismo non è un approccio che riguarda solo l’amministrazione di Trump“. La ricetta è dunque discuterne perché, confida, “delle soluzioni si possono trovare“. Nessun timore invece sulle minacce di annessione della Groenlandia con la forza: “Lo escludo“, scandisce, ipotizzando che le sue dichiarazioni del Tycoon siano un messaggio ad altri player mondiali: “La Groenlandia è un territorio particolarmente strategico, anche grosso, ricco di materie prime. La mia idea è che queste dichiarazioni rientrino nel dibattito a distanza tra grandi potenze, un modo energico per dire che gli Stati Uniti non rimarranno a guardare di fronte alla previsione che altri grandi player globali muovano in zone che sono di interesse strategico per gli Stati Uniti“.

Spostando lo sguardo a Sud, Meloni si dice fiera degli apprezzamenti incassati con il Piano Mattei. Nei primi nove Paesi del piano i progetti sono tutti già avviati. Le due grandi sfide per il 2025 saranno internazionalizzarlo e ampliarlo. Per allargarlo sono stati individuati cinque nuovi Paesi con cui stringere accordi: Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal. Perché il Piano vada in porto, però, servirà anche la stabilizzazione della Libia. Qui la trama si complica, perché la Russia aveva una forte presenza in Siria, con la sua flotta sul Mediterraneo. Con la caduta di Assad, avverte la premier, “è ragionevole che Mosca cerchi altri sbocchi e che uno di questi possa essere la Cirenaica”. La stabilizzazione definitiva della Libia, confessa, è “una delle questioni più complesse che mi sia trovata ad affrontare”. Ma quello della presenza russa in Africa è un tema che lei stessa pone da due anni: “Qualcosa si muove – registra -, lo abbiamo visto sia al G7 dei leader che al vertice Nato“.

Dopo le tre ore di conferenza, le opposizioni salgono sulle barricate: “Si è conclusa la conferenza della portavoce di Trump e Musk, aspettiamo quella della presidente del Consiglio d’Italia”, risponde su Instagram la segretaria del Pd, Elly Schlein. Di “conferenza propaganda” parla il deputato di Avs Nicola Fratoianni: “Tra battutine, difesa a spada tratta di Trump e Musk e risposte stizzite alle domande più scomode, la presidente del consiglio continua a millantare grandi successi al governo. Ma la cosa davvero insopportabile è il silenzio di sui veri problemi del Paese: stipendi troppo bassi, costo della vita troppo alto, incertezza per il futuro e mancanza di servizi“, osserva. “Meloni continua a dichiararsi pronta ad affidare a Elon Musk un servizio delicatissimo su cui passano informazioni riservate per il paese e dice ma perché dobbiamo mettergli una lettera scarlatta? Perché una persona che dice che vuole rovesciare il governo inglese e mandare il premier in galera, che ha sospeso la fornitura dei satelliti all’Ucraina dalla mattina alla sera è pericolosa e inaffidabile“, fa eco il leader di Azione, Carlo Calenda. Non accetta il dribbling sulle bollette la capogruppo del M5S in Attività produttive della Camera, Emma Pavanelli: “Ha detto che non ha tempo per parlare dei rincari, che non è una questione sulla quale si può rispondere in 20 secondi. Certo, come no. Lo vada a raccontare ai milioni di italiani che dovranno affrontare rincari assurdi già dall’inizio di quest’anno”, tuona, ricordando le continue richieste al governo di interventi strutturali: “Cara presidente Meloni, non ci vogliono 20 secondi, ci vuole impegno e subito!”.

Crosetto: “Nessun accordo, ma SpaceX ha le capacità per comunicazioni più affidabili”

Non c’è nessun contratto e nessun accordo con SpaceX, né del Governo né della Difesa. Guido Crosetto resta sulla linea di Palazzo Chigi, smentendo qualunque trattativa in corso con Elon Musk. Però, precisa il ministro rispondendo a un’interrogazione di Avs durante il Question Time, un upgrade nelle telecomunicazioni della Difesa è necessario e SpaceX ha capacità utili.

Le forze armate operano “anche a grande distanza dall’Italia e non sempre in presenza di servizi o infrastrutture adeguati”, scandisce, ricordando che nel 2024 i contingenti italiani sono stati presenti nel quadrante indo-pacifico, in Africa, Medio Oriente, Nord Europa ed Est Europa, con attività che richiedono comunicazioni affidabili e continue. In Italia questi servizi vengono erogati grazie a sistemi in orbita geostazionaria (Sicral), che sono affidabili ma, precisa, “offrono copertura geografica e banda limitate”. Per questo, la Difesa è “interessata, forse obbligata”, spiega il ministro, a integrare queste capacità con satelliti in orbita bassa, che offrono più continuità, copertura, minor tempo di latenza.

Per il momento, l’autorità per lo spazio ha dato mandato all’Asi di avviare uno studio per esplorare ogni possibile soluzione. In Europa il programma Iris 2 prevederà a regime 290 satelliti circa, con tempi di realizzazione da quantificare e si stimano a oltre il 2030. SpaceX, invece, conta oltre 7.600 satelliti in orbita bassa, con una previsione di 42mila: “E’ un operatore che possiede le capacità di servire i servizi necessari”, osserva Crosetto, che però non esclude che l’Italia possa utilizzare apparati e tecnologie proprietarie “a ulteriore tutela degli interessi nazionali”. In ogni caso, se il governo dovesse optare per soluzioni commerciali, assicura, “la difesa attiverà un tavolo tecnico dedicato”.

Intanto, le opposizioni continuano a chiedere che la premier riferisca in Parlamento sul caso Starlink. “Sia chiaro che in Italia vige ancora la democrazia parlamentare“, tuona il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, accusando le sorelle Meloni di “decidere quello che vogliono nei vertici in famiglia premiando i vari amichetti”. Ma, ribadisce Renzi, “se vogliono dare i soldi a Musk, Giorgia ci metta la faccia e venga a dire perché in Aula“.
Rinnova l’invito alla premier anche il Pd: “Venga a dirci esattamente quali sono i termini del negoziato, confermato sempre di più da voci autorevoli, qual è il costo di questa operazione, quale interesse viene spartito tra l’uomo più ricco del mondo e il nostro Paese“, afferma la capogruppo alla Camera, Chiara Braga.
Di un “mondo distopico, inimmaginabile e terrificante” parla in Aula il vicepresidente del Movimento 5 Stelle Riccardo Ricciardi: “Meloni si accorda personalmente, senza nessuna gara pubblica, con un personaggio come Musk che insulta capi di governo e ingerisce nei processi democratici di altri Paesi, per la gestione della sicurezza delle comunicazioni e dei dati dei cittadini italiani“, denuncia.
Per Nicola Fratoianni Crosetto omette la questione fondamentale: “In materia di infrastrutture strategiche, in materia di sicurezza nazionale e in materia di difesa, l’affidamento di uno Stato sovrano e sottoposto al controllo democratico a un monopolista privato, chiunque esso sia, è un gigantesco problema politico“. La soluzione, per l’esponente di Avs, passa per la richiesta che l’Europa acceleri e investa di più, perché siano autonomi i proprietari e pubbliche le infrastrutture strategiche.

Ue, Meloni: Avanti su non paper auto, stop ideologia. Musk? Non prendo ordini da nessuno

Giorgia Meloni va in Europa per ribadire il suo no al Green deal “dettato dall’ideologia”. La presidente del Consiglio, nella replica in aula, al Senato, al termine della discussione sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue di domani, tocca diversi argomenti, in un clima tutt’altro che natalizio, vista la tensione con le forze di opposizione.

La premier non cambia una virgola della sua linea: “Nessuno nega che ci sia un tema legato all’emergenza climatica, né si mettono in dubbio gli obiettivi che si è prefissata l’Unione europea“, semmai “quello che continuiamo a contestare è la strategia con la quale l’Ue ha ritenuto di dover conseguire questi obiettivi”. Il concetto è chiaro: “Va bene la sostenibilità, ma non a prezzo della deindustrializzazione” per un settore produttivo, come quello europeo, che la premier definisce “tra i più verdi al mondo”. Dunque, “se lo massacriamo non solo creiamo un ulteriore problema alla competitività, ma anche all’ambiente, perché altri attori sulla scena globale non seguono i nostri stessi standard”, avverte.

Ogni riferimento all’automotive è puramente voluto. Il tema è ancora caldissimo nel day after il tavolo Stellantis al Mimit. Meloni ricorda a Palazzo Madama che è tutto il comparto europeo a soffrire, non solo l’Italia, ragion per cui “bisogna creare un equilibrio tra la sostenibilità ambientale, economica e sociale” attraverso la neutralità tecnologica, cioè non escludere a priori soluzioni. Come la scelta Ue di puntare sull’elettrico, “una corsa non molto sensata – afferma in aula – visto che non ne deteniamo né la tecnologia, né le materie prime”. Il governo punta molte delle sue fiches politiche sul non paper presentato assieme alla Repubblica Cecaper chiedere di rivedere alcune decisioni, come la fine della produzione dei motori endotermici o le multe alle industrie da miliardi di euro, che stanno causando le chiusure di diverse aziende“. La presidente del Consiglio è “ottimista, perché tanti Paesi ci stanno seguendo su questa strategia”.

Su un foglietto Meloni appunta quello che, in fase di discussione, le ha fatto storcere il naso. Poi risponde. Ad esempio, non digerisce i passaggi degli interventi di Mario Monti e Matteo Renzi sul rapporto con Elon Musk. Al senatore a vita, che parla di “protettorato morale” offerto al patron di Tesla e X, replica con durezza: “Non so che film abbiate visto, ma bisogna capirci su una differenza fondamentale tra me e quello che abbiamo visto in questi anni con tanti leader: posso essere amica di Musk e allo stesso tempo essere premier di un governo che per primo in Europa regola l’attività dei privati nello Spazio”, perché “io non prendo ordini da nessuno”. Non è tenera nemmeno col fondatore di Iv: “Renzi è amico di Obama e si metteva il suo stesso cappotto, io sono amica di Milei ma non mi faccio mica crescere le basette”.

Altro argomento delicato è l’accordo tra Ue e Mercosur. Il governo si è messo in stand by, attirando le accuse dell’opposizione. Anche in questo caso i toni si accendono: “E’ giusto rafforzare i rapporti con l’America Latina, ma questi accordi di libero scambio, in quadro europeo già complesso, possono aiutare alcuni ambiti industriali e allo stesso tempo danneggiare alcune filiere agricole”. Perché l’Europa “ha imposto ai nostri agricoltori regole stringenti, ma se poi gli diciamo di importare da Paesi che non hanno le stesse regole, creiamo uno squilibrio che pagheremo”. Dunque, “chiediamo di sapere cosa la Commissione ha intenzione di fare per compensare gli squilibri che si potrebbero creare e la nostra risposta è sottomessa a questa scelta”, sottolinea la premier.

C’è spazio anche per la legge di Bilancio, che domani sarà in aula alla Camera e entro venerdì sarà votata con la fiducia. A chi le contestava di stroncare il dibattito parlamentare, la presidente lancia un’offerta di ‘pace’: “Ho chiesto che ci fosse il massimo tempo possibile, ma abbiamo dei vincoli comunque che sono europei. Se ci fosse un accordo sui tempi senza voto di fiducia sarei più che disponibile”. A proposito di contrapposizioni, Meloni replica anche sulle posizioni europee della Lega. “Ha votato per Raffaele Fitto e non per la Commissione Ue, mentre il Partito socialista europeo, di cui il Partito democratico fa parte, ha chiesto fino all’ultimo minuto, in una lettera a Ursula von der Leyen, di non dare la vicepresidenza al commissario indicato dall’Italia”. Sul punto si sofferma diversi minuti, puntando il dito verso i banchi dem: “Il Pd ha accettato che il commissario italiano fosse preso ostaggio per difendere il commissario spagnolo. E’ gravissimo”. Gli animi si scaldano, il tempo si dilata e così oltre non si va: Meloni fa gli auguri ai senatori, il presidente La Russa ricambia.

Usa, Musk ministro di Trump: la folle scommessa politica dell’uomo più ricco del mondo

È stata una delle scommesse più azzardate della storia economica e politica recente, e ha dato i suoi frutti: Elon Musk ha visto premiato il suo convinto sostegno a Donald Trump con un posto di ministro per l”Efficacia di governo’. Il Presidente eletto ha annunciato che intende nominare il capo di Tesla, Space X e X, insieme all’uomo d’affari repubblicano Vivek Ramaswamy, in questo nuovissimo ministero.

La sua missione è quella di “mandare onde d’urto attraverso il sistema” deregolamentando tutto e operando tagli drastici al bilancio federale. Verrà pubblicata una “classifica delle spese più spaventosamente stupide”, che “sarà allo stesso tempo estremamente tragica e divertente”, ha annunciato Musk su X dopo l’annuncio della sua futura nomina. Resta da vedere come due personalità come Elon Musk e Donald Trump andranno d’accordo a lungo termine.

Nato il 28 giugno 1971 in Sudafrica da un padre ingegnere e una modella canadese, l’uomo più ricco del mondo – naturalizzato americano – è diventato la figura più controversa del neocapitalismo. Condivide le sue ambizioni extraplanetarie e le sue idee tecno-libertarie con oltre 200 milioni di follower sulla piattaforma che ha acquistato nel 2022, cambiandone il nome da “Twitter” a “X”. Elon Musk, 53 anni, nelle ultime settimane si è buttato a capofitto nella campagna elettorale di Donald Trump.

Le immagini del multimiliardario – Forbes stima la sua fortuna a più di 300 miliardi di dollari – che salta sul palco durante un comizio repubblicano in Pennsylvania sono diventate virali. Il suo comitato di sostegno ha organizzato una lotteria che offriva un milione di dollari al giorno agli elettori registrati negli Stati chiave che avessero accettato di firmare una petizione conservatrice a favore della libertà di espressione e del diritto di portare armi. Ha investito oltre 100 milioni di dollari nella campagna elettorale del Presidente eletto e ha usato il suo social network, su cui posta ininterrottamente, come cassa di risonanza. Oggi è ministro, oltre a essere a capo di Tesla, il principale produttore di veicoli elettrici al mondo, e di SpaceX, la sua azienda spaziale.

Elon Musk è a capo di una serie di altri progetti che illustrano la sua visione tecno-futuristica di un’umanità potenziata dalla scienza, destinata a prosperare su altri pianeti. Tra questi, Neuralink, una start-up che mira a collegare il cervello umano direttamente al computer. Diventato milionario prima dei 30 anni dopo aver venduto una società di software online creata insieme al fratello, Elon Musk ha poi fondato X.com, che si è poi fusa con PayPal ed è stata acquistata da eBay nel 2002. La sua linea libertaria e apertamente maschilista e la sua virulenta critica all’immigrazione lo hanno reso sempre più popolare nella destra americana. Ha conquistato Donald Trump, che lo ha definito un “super genio” nel suo discorso di vittoria. Musk è anche appassionato di teorie cospirative: quest’anno, ad esempio, ha affermato che il Partito Democratico starebbe “importando deliberatamente immigrati clandestini” per aumentare la propria base elettorale. A luglio ha annunciato a gran voce che avrebbe spostato la sede di SpaceX e X in Texas, per protestare contro l’approvazione di una legge sugli studenti transgender in California, uno Stato che i repubblicani criticano costantemente per le sue politiche progressiste.

Tags:
, ,

Usa 2024, Meloni sente Musk: “Amico Elon risorsa importante”. Ma aleggia spettro dazi

Il giorno dopo la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane, Giorgia Meloni sente anche “l‘amico Elon Musk” che, dopo essere stato cruciale in campagna elettorale, nell’amministrazione del tycoon dovrebbe ricoprire un ruolo di primo piano. “Sono convinta che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future“, scrive la premier su X, il social del patron di Tesla. La frase fa da commento a una foto in cui i due sorridono e si abbracciano, in una delle visite di Musk a Palazzo Chigi.

Occhi puntati sui dazi ai prodotti italiani per il vicepremier Antonio Tajani, che continua a dirsi sicuro dell’amicizia con gli Stati Uniti: “Il governo italiano e la nuova amministrazione americana sapranno lavorare insieme per proteggere i nostri popoli“, scandisce sulle colonne del Corriere della Sera, mentre è impegnato nel viaggio in Cina con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La partnership tra i due Paesi non cambieranno, garantisce, perché “i rapporti fra Stati Uniti e Italia sono talmente profondi, complessi e importanti che nulla potrebbe indebolirli“. Trump però, ammette il vicepremier, ha vinto la sua sfida con messaggi che “promettono un cambiamento radicale“.

L’incubo dei dazi aleggia, perché con questi l’imprenditore vorrebbe ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’estero, alzandoli del 10% o addirittura del 20. Con la Cina si è parlato anche di dazi del 60% su tutti i loro prodotti. Ma anche per Paesi europei esportatori netti (Germania, Francia, Italia, Olanda) la nuova amministrazione vorrebbe queste penalizzazioni. “Dovremo evitare uno scontro“, chiosa il ministro degli Esteri, che punta al dialogo, perché l’interscambio Ue-Usa nel 2023 ha sfiorato gli 850 miliardi di euro, con un saldo commerciale a favore dell’Europa di 156 miliardi di euro.

La sola Italia ha avuto nel 2023 un saldo positivo di 40 miliardi di euro: “L’export è la vita stessa dell’Italia – ricorda Tajani -. Trump ha sempre dimostrato di guardare con occhio attento all’Italia, già in passato ha fatto scelte diverse per noi rispetto ad altri Paesi“.

L’elezione di Trump è una sfida di “alto profilo” per quanto riguarda la politica industriale e commerciale per l’Europa, fa eco il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, perché prevede “accentuerà quello che ha già fatto Biden nei confronti della Cina“. Se Biden ha aumentato i dazi alle auto elettriche cinesi al 100%, osserva Urso “verosimilmente questo accadrà sempre più in altri settori“, costringendo nel contempo l’Europa a riesaminare da subito la sua politica industriale e commerciale “come a nostro avviso deve fare”.

Da Pechino arriva l’invito di Xi Jinping alla collaborazione e al “rispetto reciproco” e quello, ancora più esplicito, della portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning: “Come questione di principio – avverte -, vorrei ribadire che non ci sarebbero vincitori in una guerra commerciale, che non sarebbe nemmeno positiva per il mondo”.

‘Make Europa great again’ perché Bruxelles non può più dormire

Non ce ne vorrà il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, se prendiamo a prestito il claim della sua campagna elettorale e lo adattiamo a questioni di casa nostra. Perché mai come adesso che è ri-diventato il capo della nazione più potente del pianeta, è indispensabile un risveglio da parte di chi a Bruxelles sta nella stanza dei bottoni. Eccoci dunque alla composizione del ‘Make Europa great again’, che è quasi un obbligo per non soccombere nel futuro prossimo e per ridare forza gravitazionale e non posticcia al Vecchio Continente.

Ancorché appesantita dalla crisi di Germania e Francia, ancorché mai veramente unita ma troppo spesso divisa da interessi di campanile, l’Europa deve tornare a essere importante senza la spocchia di sentirsi la migliore di tutti perché è tristemente svanito quel tempo dorato. Va sempre ricordato che mentre a Washington si scuciono e ricuciono i destini del mondo, in contemporanea a Bruxelles si tiene l’audizione del commissario alla pesca. Che, con tutto il rispetto, ci proietta in una dimensione quasi grottesca. La sensazione, infatti, è che mentre il vice-presidente (non nominato e non eleggibile perché sudafricano ma sostanzialmente designato dal tycoon) Elon Musk spara razzi sulla Luna e pensa alla conquista di Marte, qualcuno giocherella ancora con procedure burocratiche da ‘ancien regime’. Dicevano i latini, che proprio stupidi non erano: ‘dum differtur vita transcurrit’, che sarebbe un altro claim azzeccatissimo non avesse però un’accessibilità culturale di pochi. In sintesi, mentre rinvii, il tempo scorre.

Dunque: l’Europa deve destarsi dal Grande Sonno e deve farlo perché il nuovo inquilino della Casa Bianca non ci considera alleati ma sostanzialmente concorrenti. E, come tali, verremo trattati nei prossimi quattro anni, a cominciare dai dazi che intende applicare a stretto giro fino alle politiche energetiche che tengono in ostaggio l’Unione europea e, di conseguenza, le nostre industrie. Dal Gnl al petrolio, sulla base delle prevedibili connessioni commerciali con la Russia dell’amico Putin, che fine farà l’Europa? Bella domanda, che resta per il momento senza risposta ma che non può trovare Bruxelles ancora intorpidita dal sonno e dalle audizioni con il commissario sulla pesca. Tanto per capirsi, il dollaro vola, gli indici Dow Jones e Nasdaq viaggiano in positivo: sono le conseguenze dell’effetto Trump.

Sul tema climatico pare poi non ci sia possibilità di mediazione, The Donald è un negazionista per interesse di patria: ha già anticipato la ri-uscita dagli accordi di Parigi del 2015 e guarda alla prossima Cop29 come una inutile kermesse ideologica. Il paradosso è che il suo principale sponsor elettorale, Musk, è il paladino/produttore dell’auto elettrica, la Tesla. Tesla che ha come secondo mercato di vendita la Cina e che viene prodotta anche nella gigafactory di Shanghai. Paradossi, sì, e giochi ad incastri, con la fortuna per l’Italia del rapporto speciale tra la premier Giorgia Meloni e il visionario Musk. Metterà una buona parola, Elon?

Transizione ecologica e decarbonizzazione non possono essere terminologie che riguardano solo i 27 paesi membri dell’Unione ma devono essere ‘esportati’ anche al di là dell’Oceano. E a Pechino. E in India. Ma con lungimiranza e buonsenso, senza ideologie. Trump ne riderebbe. O riderà.