Ucraina, ‘volenterosi’ da Macron uniti su sanzioni a Mosca. Divisi su “forza di rassicurazione”

Unanimità nel mantenere le sanzioni alla Russia, volontà di Parigi e Londra di schierare truppe in Ucraina come “garanzia di sicurezza”. Emmanuel Macron riunisce a Parigi i ‘volenterosi’, una trentina di Paesi europei alleati di Kiev e lancia, d’intesa con il premier britannico Keith Starmer, una missione franco-britannica che si recherà in Ucraina “nei prossimi giorni”, per studiare un piano operativo di rafforzamento dell’esercito di Kiev. Di fatto, spiega il presidente francese al termine del vertice, il “un esercito ucraino formato“, resta la principale “garanzia di sicurezza” per la popolazione ucraina.

Parigi e Londra intendono dunque intestarsi la “guida” della mobilitazione a sostegno di Kiev, proponendo l’invio di una “forza di rassicurazione” composta di militari di Paesi europei “nell’ambito della coalizione dei Volenterosi”, in caso di un accordo di cessate il fuoco completo e duraturo. Una proposta che ha diviso i leader presenti, come riconosce lo stesso Macron. “Non c’è stata unanimità oggi, com’è noto, ma non abbiamo bisogno dell’unanimità” sostiene il presidente francese per cui l’adesione è volontaria “secondo la capacità e il contesto politico” di ogni Paese. Queste truppe, chiarisce Macron, non sarebbero “destinate a essere forze di mantenimento della pace, a essere presenti lungo la linea di contatto o a sostituire le forze ucraine”. Verrebbero inviate in “determinate località strategiche preventivamente identificate con gli ucraini” e avrebbero un “carattere deterrente”.

Sul fronte economico, invece, o paesi della ‘coalizione’ “hanno concordato all’unanimità” che le sanzioni contro Mosca non debbano essere abbandonate. “C’è consenso sul fatto che questo non sia il momento di revocare le sanzioni”, insiste Starmer. “Al contrario, abbiamo discusso su come rafforzarli”, aggiunge, accogliendo con favore anche il fatto che l’Europa si stesse “mobilitando” per la pace in Ucraina “su una scala mai vista da decenni”. Sarebbe un “grave errore” abolirli, aggiunge il cancelliere tedesco Olaf Scholz di fronte ai giornalisti tedeschi. “Non ha senso finché la pace non sarà veramente ristabilita, e purtroppo ne siamo ancora lontani.”

Mentre la Russia è impegnata da diverse settimane in colloqui con Washington, che vuole a tutti i costi ottenere una tregua in Ucraina, i partecipanti al vertice nella capitale francese si sono mostrati molto cauti rispetto alla reale intenzione di Mosca di raggiungere una pace. “L’Ucraina ha avuto il coraggio di accettare un cessate il fuoco incondizionato. Non c’è stata alcuna risposta russa, ma nuove condizioni (fissate da Mosca, ndr) e attacchi sempre più intensi” in Ucraina, riassume Macron, condannando la strategia del Cremlino: “Fingere di aprire negoziati per scoraggiare l’avversario e intensificare gli attacchi”. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky assicura, sempre da Parigi, che la Russia non vuole “alcun tipo di pace”.

Sotto la pressione americana, l’11 marzo Kiev ha accetto una cessazione dei combattimenti per 30 giorni. Martedì scorso, a seguito di colloqui in Arabia Saudita mediati da Washington, è stato annunciato un accordo che porterà, a determinate condizioni, a una tregua nel Mar Nero e a una moratoria sugli attacchi contro i siti energetici. Ma Mosca ha chiesto la revoca delle restrizioni sulle esportazioni agricole russe, un’idea sostenuta dalla Casa Bianca. Il vertice di Parigi aveva quindi come obiettivo quello di affermare la posizione negoziale dell’Ucraina e dei suoi sostenitori, mentre russi e americani parlano direttamente, e di “definire” le “garanzie di sicurezza” per gli ucraini nel caso di una pace ipotetica. Al momento, oltre all’Italia, anche la Polonia ha già escluso la possibilità di inviare soldati in Ucraina, mentre il premier ceco Petr Fiala ha detto che è “prematuro” discutere l’invio di truppe europee prima che siano noti i dettagli di un eventuale cessate il fuoco.

Gli Stati Uniti non erano rappresentati nel summit ma Macron ha avuto un colloquio con il presidente Trump prima della riunione e ha promesso di risentire il leader Usa nelle prossime ore. Anche perché l’appoggio americano al piano dei ‘volenterosi’ è considerato indispensabile da diversi paesi europei per ipotizzare l’invio di truppe in Ucraina. “Speriamo ci sia il sostegno degli Usa, ma dobbiamo anche prepararci a uno scenario in cui non ci sia”, mette le mani avanti Macron che poi precisa: “Gli Usa sono partner affidabili fin dall’inizio della guerra, sosteniamo l’iniziativa di negoziato del presidente Trump”. Ma, aggiunge, “dico che se i nostri interessi non combaciano, dobbiamo poter difendere i nostri interessi quando si parla di nostra sicurezza”. Anche perché “ci troviamo a un punto di svolta sulla sicurezza in Europa” e per questo “ci dobbiamo preparare a tutto”.

Ucraina, Usa: C’è l’accordo con Kiev e Mosca per il cessate il fuoco nel Mar Nero

Photo credit: AFP

 

Russia e Ucraina hanno accettato il cessate il fuoco nel Mar Nero e Washington si dice pronta ad aiutare Mosca a esportare i suoi prodotti agricoli e i suoi fertilizzanti sui mercati mondiali. I due Paesi hanno accettato di “garantire la sicurezza della navigazione, eliminare l’uso della forza e impedire l’uso di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero”, spiega la Casa Bianca in due comunicati separati, che riportano i confronti avuti negli ultimi giorni con ucraini e russi in Arabia Saudita.

Kiev si impegna ad “attuare” le dichiarazioni di Washington, “buone misure” secondo il presidente Volodymyr Zelensky. I due Paesi concordano sulla possibilità di coinvolgere Paesi “terzi” nella supervisione di una tregua. Per quanto riguarda l’Ucraina, gli Stati Uniti si impegnano a “sostenere gli sforzi per lo scambio di prigionieri, la liberazione di civili e il ritorno dei bambini ucraini sfollati con la forza”.

La Russia invece può contare sul sostegno della Casa Bianca per “ripristinare l’accesso della Russia al mercato mondiale per le esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti, ridurre i costi di assicurazione marittima e migliorare l’accesso ai porti e ai sistemi di pagamento per queste transazioni”. Mosca aveva posto come condizione per questo accordo sul Mar Nero un allentamento delle restrizioni sulle sue esportazioni agricole.

Durante i colloqui, gli Stati Uniti hanno “ripetuto che il presidente Donald Trump vuole assolutamente porre fine alle uccisioni da entrambe le parti”. Washington “continuerà a organizzare negoziati tra le due parti per trovare una soluzione pacifica”, si legge in un paragrafo identico in entrambi i comunicati. L’amministrazione americana esprime anche la sua “riconoscenza” al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman.

Il ministro della Difesa ucraino, Rostem Umerov, domanda di organizzare “ulteriori consultazioni tecniche” per regolare i “dettagli” degli accordi annunciati dalla Casa Bianca. E avverte che “qualsiasi movimento” di navi da guerra russe nel Mar Nero al largo dell’Ucraina costituirà una “violazione” dell’accordo di cessazione delle ostilità. Un accordo sul grano nel Mar Nero aveva permesso all’Ucraina, dal luglio 2022 al luglio 2023, di esportare il suo grano, vitale per l’alimentazione mondiale, nonostante la presenza della flotta russa nella zona. La Russia, a sua volta grande esportatore di grano e fertilizzanti, si è poi ritirata unilateralmente, accusando gli occidentali di non rispettare gli impegni presi per allentare le sanzioni sulle esportazioni russe. Oggi il Cremlino ha fatto sapere che “analizzerà” l’esito di queste discussioni, se i “contatti” con gli americani continueranno, anche se non è stata fissata alcuna “data concreta” per un nuovo incontro, ha aggiunto il portavoce Dmitri Peskov. Secondo l’agenzia statale Ria Novosti, la delegazione russa ha lasciato l’Arabia Saudita.

Kiev intanto accusa la Russia di prendere tempo per sfruttare il suo vantaggio sul fronte. Uno dei negoziatori russi, Grigori Karassine, considera il dialogo con gli americani “intenso, non facile, ma molto utile”. Durante queste discussioni, in cui Karassine ha rappresentato la Russia insieme a Sergei Besseda, un dirigente dei servizi segreti russi, “sono stati affrontati molti problemi”, riferisce. “Siamo lontani dall’aver risolto tutto ma mi sembra che una conversazione del genere sia molto opportuna”, afferma Karassine. Questa mattina a Riyad si è tenuto un nuovo incontro tra le delegazioni ucraina e americana. Questi colloqui, da domenica, non hanno portato a una tregua, nemmeno parziale, o a un consenso su una tregua su alcuni attacchi aerei. Trump era riuscito a ottenere un accordo di Kiev per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni. Ma Vladimir Putin ha elencato numerose richieste e ha precisato di voler limitare una tregua ai soli attacchi alle infrastrutture energetiche. Il presidente americano si è mostrato indulgente nei confronti della Russia, anche se nelle ultime settimane ha accennato alla possibilità di nuove sanzioni. Putin però avanza sul campo nonostante le pesanti perdite e non sembra avere fretta di concludere un accordo, soprattutto perché le forze ucraine controllano ancora il territorio nella regione russa di Kursk. Nonostante i dialoghi, i combattimenti continuano. Ieri, un attacco russo ha causato 101 feriti, tra cui 23 bambini, a Sumy, nel nord-est dell’Ucraina e l’esercito russo ha annunciato di aver conquistato due località, nel sud e nell’est.

Ucraina, telefonata Trump-Putin: Stop ai raid sulle infrastrutture per 30 giorni

Una prima tregua limitata alle infrastrutture energetiche in Ucraina, di soli 30 giorni. E’ il punto centrale dell’attesissima conversazione telefonica tra Donald Trump e Vladimir Putin, che si è conclusa senza una svolta decisiva verso un autentico accordo di cessate il fuoco tra Mosca e Kiev. Una telefonata iniziata intorno alle 16 italiane e durata circa tre ore, in cui il presidente americano e il suo omologo russo hanno concordato di avviare “immediatamente” i negoziati, che si svolgeranno in Medio Oriente, su una possibile pausa graduale della guerra innescata nel febbraio 2022 dall’invasione russa. Come fanno sapere sia il Cremlino sia la Casa Bianca, la conversazione è stata “dettagliata e schietta”. Trump ha elogiato “l’immenso vantaggio” di una “migliore relazione bilaterale” tra Stati Uniti e Russia, con il potenziale per “enormi accordi economici”. “La mia conversazione telefonica di oggi con il Presidente russo Putin è stata molto buona e produttiva. Abbiamo concordato un immediato cessate il fuoco su tutte le centrali energetiche e le infrastrutture, con l’intesa che lavoreremo rapidamente per avere un cessate il fuoco completo e, in definitiva, la fine di questa orribile guerra tra Russia e Ucraina“, ha scritto  Trump sul suo social Truth. “Questa guerra non sarebbe mai iniziata se fossi stato il Presidente! Sono stati discussi molti elementi di un accordo per la pace, incluso il fatto che migliaia di soldati vengono uccisi, e sia il Presidente Putin sia il Presidente Zelensky vorrebbero vederla finire”. “Quel processo – ha continuato – è ora in pieno vigore ed effetto e, si spera, per il bene dell’umanità, porteremo a termine il lavoro” 

Secondo quanto diffuso dal Cremlino, il presidente russo ha affermato di essere pronto a collaborare con i suoi partner americani per “un esame approfondito dei possibili modi per raggiungere un accordo, che dovrebbe essere globale, stabile e duraturo”. Di fatto Putin ha accettato di sospendere gli attacchi alle infrastrutture energetiche dell’Ucraina per 30 giorni. E anzi,  ne ha ordinato “immediatamente” l’attuazione. Infatti, il leader russo “ha reagito positivamente” all’iniziativa del presidente degli Stati Uniti e “ha immediatamente impartito un ordine corrispondente all’esercito russo”. Di contro, ha dettato le sue condizioni, “riguardanti il ​​controllo efficace di un possibile cessate il fuoco lungo l’intera linea di contatto, la necessità di porre fine alla mobilitazione forzata in Ucraina e il riarmo delle forze armate ucraine”. Inoltre, Putin ha chiesto a Trump di “sospendere completamente” gli aiuti militari occidentali e la condivisione di informazioni di intelligence con l’Ucraina, quali condizioni “fondamentali” per impedire un’escalation del conflitto e “lavorare” così “alla sua risoluzione attraverso mezzi politici e diplomatici”. Da domani, poi,  Russia e Ucraina si scambieranno 175 prigionieri di guerra ciascuno.

Secondo la Casa Bianca, oltre alla sospensione degli attacchi al settore energetico ucraino, sono previsti “negoziati tecnici sull’istituzione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco globale e una pace duratura”. Da quando è tornato al potere il 20 gennaio, Trump ha avviato uno spettacolare riavvicinamento con la Russia, mentre il suo predecessore democratico Joe Biden aveva tagliato i ponti e si era concentrato sull’assistenza all’Ucraina. Nei resoconti pubblicati dalle due capitali non si fa menzione di alcuna possibile ripartizione territoriale, dopo che il presidente americano si era detto pronto a parlare di “spartizione” tra Ucraina e Russia, cosa che aveva preoccupato Kiev.

A Kiev, infatti, come a Parigi e Berlino, si teme che il presidente americano, che affronta i negoziati diplomatici come se fossero contrattazioni commerciali, conceda troppa clemenza alla controparte russa, percepita come una minaccia su scala continentale. Domani il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si recherà a Helsinki per colloqui sul “sostegno della Finlandia all’Ucraina e sulle misure per porre fine alla guerra di aggressione della Russia”. L’Ucraina, sotto la pressione di Washington, ha accettato l’idea di un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni.

Ecco perché la ‘flotta fantasma’ russa è un pericolo per il Mar Baltico

Navi cisterna obsolete e in cattive condizioni, appartenenti alla “flotta fantasma” della Russia, potrebbero da un momento all’altro causare una marea nera nelle acque poco profonde del Baltico. “Il rischio di una fuoriuscita di petrolio esiste da molti anni” in questo mare, ma “la flotta fantasma russa lo ha aumentato considerevolmente”, spiega all’AFP Mikko Hirvi, capo di un’unità della guardia di frontiera finlandese – la Sicurezza marittima – responsabile di rispondere alle minacce all’ambiente marino. Da più di due anni tengono d’occhio la flotta fantasma russa che opera nel Golfo di Finlandia, la baia più orientale del Baltico, confinante con l’Estonia a sud e la Russia a est. Anche Lettonia, Lituania, Polonia, Germania, Svezia e Danimarca circondano questo mare poco profondo, collegato all’Oceano Atlantico solo da uno stretto tra Svezia e Danimarca.

Le autorità finlandesi la definiscono come un insieme di petroliere vecchie e tecnicamente difettose mai viste nel Baltico prima che la Russia invadesse l’Ucraina nel 2022. Operano senza assicurazione occidentale e con equipaggi inesperti delle condizioni invernali. Il numero di navi della flotta ombra è esploso dal 2022, dopo che le sanzioni dell’Ue e dell’Occidente hanno preso di mira le esportazioni russe di petrolio nel tentativo di prosciugare le casse della Russia.

“Stimiamo che ogni settimana 70-80 petroliere cariche lascino i porti russi per trasportare petrolio attraverso il Golfo di Finlandia. Di queste, circa 30-40 navi appartengono alla flotta fantasma”, afferma Mikko Hirvi. Secondo un rapporto della Kiev School of Economics, sono state identificate circa 430 navi in tutto il mondo. “Gran parte naviga nello Stretto di Danimarca, poiché la Russia dipende fortemente dai suoi porti baltici per le esportazioni, in particolare di petrolio greggio”, sottolinea Yevgeniy Golovchenko, professore di scienze politiche all’Università di Copenhagen.

Alcune di queste navi sono state coinvolte nel danneggiamento di diversi cavi sottomarini, con esperti e politici che accusano la Russia di orchestrare una “guerra ibrida”. Queste petroliere nascondono sempre più spesso i dati relativi alla loro posizione disturbando il Gps e disabilitando l’Ais, osserva Hirvi. L’Ais è un sistema di localizzazione globale che le navi utilizzano per fornire informazioni sull’identificazione e il posizionamento al fine di evitare collisioni. “Disattivano il sistema per nascondere le loro visite in Russia e aggirare le sanzioni”, dice il funzionario finlandese. “Il rischio di incidenti è elevato”.

Queste navi operano spesso sotto la bandiera di Paesi come Gabon, Liberia e Isole Cook e visitano i porti petroliferi russi di Primorsk, Ust-Luga, Vyssotsk e San Pietroburgo. Alcune trasportano più di 100.000 tonnellate di petrolio, il che significa che una collisione o un incaglio potrebbero causare la fuoriuscita di migliaia di tonnellate di greggio, con conseguenze fatali per i fragili ecosistemi locali. In caso di incidente al largo delle coste danesi, “lo scenario più probabile è che i contribuenti danesi dovranno pagare per ripulire” il mare, osserva Golovchenko, poiché queste navi non hanno un’assicurazione adeguata per le fuoriuscite di petrolio.

Di fronte ai rischi creati da questa flotta fantasma, all’inizio di febbraio l’autorità marittima danese ha annunciato che avrebbe intensificato i controlli sulle petroliere. In quanto acque internazionali, gli stretti danesi sono soggetti al diritto di libero passaggio, e qualsiasi misura che impedisca a queste navi di entrare o uscire dal Mar Baltico richiede un equilibrio tra gli obblighi del diritto internazionale e la volontà politica, osserva Golovchenko.

In Italia non c’è allarme scorte di gas, ma il livello di attenzione diventa massimo

Lo stop al transito di gas russo via Ucraina in direzione Europa mette in allarme sugli stoccaggi. L’Ue minimizza, facendo sapere che avrò impatti minimi; l’Italia non fa drammi e tramite il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, assicura che le scorte sono “a un livello adeguato”, ma comunque “si stanno valutando ulteriori misure per massimizzare la giacenza”.

L’inverno 2024/2025 si sta rivelando più freddo di quello dell’anno scorso, ragion per cui i riscaldamenti sono a pieno regime già dallo scorso mese di novembre in tutta Italia, e in alcuni casi anche da fine ottobre. È ragionevole immaginare un consumo più alto, dunque, ma non oltre la soglia di attenzione. “L’interruzione dei transiti di gas dall’Ucraina è tutto meno che una sorpresa”, dice al ‘Corsera’ il presidente di Arera, Stefano Besseghini. Dall’Authority non arrivano allarmi, visto che “gli impatti sul sistema saranno ragionevolmente gestibili”, ma “appare in tutta la sua evidenza la delicatezza del sistema Gas ancora oggi a quasi tre anni dall’inizio della guerra”. Ragion per cui, raccomanda Besseghini, “molto è stato fatto, ma non deve scendere il livello di attenzione”.

La fine delle forniture di Gazprom via Ucraina non è di sicuro un fulmine a ciel sereno: da tempo era preventivata questa interruzione e “il sistema si era già preparato”, assicura il numero uno di Arera al ‘Sole 24 Ore’. Ricordando come la combo tra stoccaggi “coperti” nel breve periodo e temperature non estremamente rigide, con consumi tutto sommato sotto controllo, “non deve portarci a rallentare il percorso di rafforzamento del sistema”. Questo perché “non dobbiamo dimenticarci che siamo ancora in una situazione di mercato estremamente fragile ed è troppo presto per scordarsi dell’emergenza”.

Non a caso dal mondo delle imprese partono i primi, preoccupati appelli. “L’annuncio di Gazprom di interrompere le forniture di Gas alla Moldavia a partire dall’inizio di gennaio segnala un aumento del rischio di una grave crisi energetica e umanitaria in Europa”, avverte ad esempio il presidente di Confapi, Cristian Camisa.

Il tema, ovviamente, tiene banco anche nel mondo politico. Dall’opposizione è Angelo Bonelli ad attaccare: “La storia non ha insegnato nulla a chi governa l’Italia: ci ritroviamo a dover affrontare costi energetici inaccettabili per imprese e famiglie che ci riportano al 2021-2022 – sostiene il deputato di Avs -, quando l’aumento del prezzo del Gas portò alla triplicazione del costo delle bollette realizzando un vero e proprio salasso economico per i settori sociali ed economici più deboli. L’esecutivo è responsabile di questa situazione perché non ha una strategia energetica ed invece di puntare sulle rinnovabili è impegnato a riportare l’Italia nella produzione di nucleare da fissione che porterà a fare pagare l’energia più di quanto la paghiamo oggi”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il Cinquestelle, Davide Aiello, sottolineando che “la stangata sulle bollette di luce e gas nell’ex mercato tutelato registra un incremento del 18% per i prossimi mesi”. Il 2025, dunque, inizia già in salita ma senza (ancora) il suono d’allarme delle ‘sirene’.

Capodanno col botto: stop al gas russo in Europa via Ucraina, prezzo a 50 euro/Mwh

Il 2025 inizia con una crisi energetica per l’Europa. Capodanno col botto, viene da dire, considerando che dalle 6 dell’1 gennaio i flussi di gas russo verso l’Europa attraverso l’Ucraina potrebbero cessare per sempre, visto il decadere dell’accordo sul transito che legava Mosca e Kiev dal 2019. Secondo i dati forniti dall’operatore di rete ucraino, le richieste di gas alla stazione di aspirazione di Sudzha, al confine tra Russia e Ucraina, sono scese a zero, una cifra ben al di sotto dei 40 milioni di metri cubi al giorno solitamente registrati. L’interruzione dei flussi russi, salvo improvvise retromarce nelle prossime ore o nei prossimi giorni, avrà impatti diretti sull’Europa, che già fatica a fronteggiare l’alta domanda e la scarsità delle risorse.

Nonostante la quantità di gas perduto rappresenti solo il 5% del fabbisogno complessivo, l’effetto sull’economia potrebbe “essere devastante, con una stima che parla di un aumento dei costi energetici per i consumatori europei fino a 120 miliardi di euro, tra gas e elettricità”, scrive Bloomberg. I prezzi del gas, infatti, hanno già cominciato a salire, superando anche i 50 euro per megawattora, il livello più alto da novembre 2023. L’Unione Europea, grande assente in questi mesi di tentativi di accordo andati a vuoto, ha cercato di rassicurare in questi giorni affermando che la sicurezza energetica non è a rischio grazie alla diversificazione delle fonti, tra cui le importazioni di gas naturale liquefatto, in particolare dagli Stati Uniti. Tuttavia, paesi come la Slovacchia, che dipendono ancora dalle forniture russe, potrebbero incontrare difficoltà nell’affrontare la carenza di gas, con conseguenti costi più elevati per il trasporto delle risorse alternative.

Le tensioni politiche tra Russia e Ucraina avevano già causato interruzioni nel 2006 – due settimane di stop – e nel 2009 – qualche giorno senza flusso di gas – ma la situazione attuale appare più complessa per via di una guerra ancora in corso. Il presidente ucraino Zelensky ha escluso qualsiasi accordo che possa rafforzare l’economia russa, mentre Putin ha dichiarato che non ci sarebbe stato tempo per trovare un compromesso prima della fine dell’anno. Mosca comunque continuerà a fornire gas a Serbia e Ungheria tramite il gasdotto TurkStream, che non attraversa l’Ucraina, ma questo non basta a compensare la perdita della rotta principale verso l’Europa centrale e, a cascata, levando materia prima e quindi potenziale elettricità ai Paesi attorno, fino all’Italia. Lo testimonia la galoppata del prezzo del gas, che in Europa è salito di oltre il 50% in un anno. Non siamo fortunatamente ai livelli dell’estate 2022. All’epoca il Ttf quotato ad Amsterdam arrivò al picco di 340 euro per megawattora perché si temeva che il Vecchio Continente non avrebbe avuto gas a sufficienza in vista dell’inverno e tutti i grandi Paesi spesero cifre folli per assicurarsi le forniture. Adesso siamo sui 50 euro/Mwh, ma è pur sempre il 200% in più rispetto a fine 2019. Le bollette non a caso hanno ripreso a salire a doppia cifra, con inevitabili conseguenze per inflazione, redditi familiari e competitività delle imprese. E l’inverno non è finito. Anzi…

Prezzo gas tocca i massimi da un anno: la Russia chiude i rubinetti verso l’Austria

Che coincidenza. Il governo tedesco stoppa un carico di Gnl proveniente dalla Russia e Gazprom blocca l’export di gas via tubo verso l’Austria. Torna così in tensione il prezzo del metano ad Amsterdam che venerdì ha terminato le contrattazioni in calo dell’1% dopo aver registrato un balzo di quasi il 3% nel pomeriggio, segnando il massimo da un anno per il contratto Ttf addirittura a 47,5 euro per megawattora.

Il ministero dell’Economia tedesco ha ordinato al terminale statale di importazione di gas di rifiutare una fornitura di gas naturale liquefatto proveniente dalla Russia. L’ordine, confermato dal Financial Times ieri, riflette l’intensificarsi delle misure europee per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. La decisione riguarda il terminale Deutsche Energy Terminal, che si era preparato a ricevere una spedizione di GNL russo. Secondo quanto riportato, il Ministero ha intimato alla struttura di “rifiutare qualsiasi consegna di Gnl dalla Russia fino a nuovo avviso”, con l’obiettivo di accelerare la transizione energetica della Germania, ormai impegnata in un drastico distacco dal gas russo.

La lettera inviata dal ministero dell’Economia sottolinea che uno degli obiettivi principali del terminale di importazione tedesco è “ridurre progressivamente la dipendenza dalla Russia”, confermando che “in linea di principio, è corretto che la Germania non importi più gas russo. È chiaro che ciò non deve avvenire attraverso i terminali Gnl tedeschi”, ha dichiarato un portavoce del ministero al Financial Times.

Risposta della Russia? L’operatore energetico austriaco OMV ha annunciato una riduzione delle forniture di gas da Mosca, con l’intenzione di interrompere completamente i rifornimenti a partire da sabato. Il gigante energetico russo PJSC ha notificato che le consegne all’Austria saranno ridotte a zero, dopo la decisione di OMV di sospendere i pagamenti per un risarcimento arbitrale di 230 milioni di euro.

Il prezzo è appunto salito del 3%, subito dopo il comunicato diffuso da OMV, puntando minacciosamente verso quota 50 euro. Una quotazione, che non si vedeva da novembre 2023, alimentata anche da un clima più freddo che aumenta la domanda. Il calo delle temperature, combinato con la debole produzione di energia eolica, ha spinto al rialzo il consumo di gas per l’elettricità. Le previsioni mostrano che le temperature rimarranno in cifre singole basse fino a fine dicembre. I prelievi di gas dagli stoccaggi sono in corso dal 3 novembre, con le riserve europee piene al 93,04%. Per ora comunque le forniture di gas dalla Norvegia e i carichi di Gnl rimangono stabili.

E’ la fine del passaggio russo del gas in Europa che tiene in allerta i mercati. La SPP slovacca sta adottando misure per garantire la propria fornitura, tra cui un accordo pilota con la Socar dell’Azerbaijan, nel caso in cui il transito ucraino termini.

Con guerra in Ucraina e calo del nucleare francese elettricità in Italia costa il 33% in più

In base alla rilevazione settimanale del Gme, il Gestore dei mercati energetici italiani, il prezzo del gas all’ingrosso è stato di 40,67 euro per megawattora nella settimana 32 di quest’anno, quella tra il 5 e l’11 agosto, in rialzo del 7,3% nei confronti dell’ottava precedente. Lo scorso anno, sempre nella settimana 32, il prezzo del gas all’ingrosso era scambiato a 30,78 euro per megawattora. Rispetto allo stesso periodo del 2023, il gas in Italia costa dunque il 32,1% in più. A surriscaldare i prezzi c’è il pericolo che l’escalation Ucraina-Russia coinvolga gli impianti energetici, ma c’è anche la concorrenza asiatica per il Gnl.

Il contratto Ttf con scadenza settembre sale di oltre il 5% a 45,4 euro per megawattora, durante la seduta odierna, in seguito all’attacco delle forze armate ucraine alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e all’annunciata riduzione di capacità nucleare di 2,4 Gwh da parte di Edf a causa dell’ondata di calore che sta colpendo la Francia e l’Europa. Poi in realtà chiude perdendo circa l’1,5% e torna sotto i 40 euro. Si resta comunque sui massimi da 8 mesi perché sullo sfondo il più grande assalto dell’Ucraina in territorio russo, dopo l’invasione del 2022, sta mettendo ancora più pressione alle quotazioni di una delle materie prime chiave dell’Europa. Si combatte nella regione russa di Kursk, sede di un punto chiave di immissione di gas. La stazione di Sudzha è infatti vicino al confine e fa parte dell’ultimo punto di transito del gasdotto russo verso l’Europa attraverso l’Ucraina.

I flussi per ora restano comunque in linea con le settimane precedenti, come sottolineato da Gazprom. C’è grande timore però per un’interruzione improvvisa e anticipata dei flussi, il che rappresenterebbe uno shock per nazioni come la Slovacchia e l’Austria, che attualmente dipendono da questa fornitura e potrebbero vedere prezzi del gas più elevati per aziende e consumatori se venisse bloccata.
I commercianti di gas europei evitano quindi lo stoccaggio in Ucraina dopo gli attacchi russi. E, oltre al confine orientale, l’attenzione è rivolta anche alla prossima manutenzione intensiva presso gli stabilimenti norvegesi a partire da fine agosto, che ridurrà inevitabilmente le forniture.

Non è solo la guerra però ad accendere il gas. Al 6 agosto il tasso di riempimento degli stoccaggi in Europa supera l’86%, al di sopra della media quinquennale del 78%, tuttavia i minori afflussi di Gnl hanno fatto sì che il ritmo delle costruzioni di stoccaggio sia un po’ più lento anno su anno, e quindi le scorte stanno iniziando a scendere al di sotto dei livelli dell’anno precedente quando, in questo periodo, erano all’87%. Il principale colpevole di questa lentezza è stato il minor afflusso di Gnl in Europa. La forte domanda asiatica di gas liquefatto ha garantito che il JKM – l’equivalente del Ttf nell’Asia nord orientale specialmente in Giappone e Corea – sia stata scambiata a un premio superiore rispetto a Ttf per gran parte del 2024, il che ha portato a una deviazione dei carichi di Gnl dall’Europa all’Asia. Gli invii di gas liquefatto alla Ue a luglio sono rimasti sostanzialmente invariati mese su mese, a poco meno di 7,6 miliardi di metri cubi. Tuttavia, questo lascia comunque i volumi di luglio in calo del 25% anno su anno e i volumi mensili più bassi visti dall’inizio della guerra Russia/Ucraina.

Col gas più caro, anche il prezzo dell’energia elettrica rincara. A luglio luglio il Pun – cioè il prezzo della luce all’ingrosso – è salito “a 112,32 euro/MWh (+9,15 euro/MWh), livello più alto da inizio anno”, riflettendo “soprattutto lo stagionale aumento della domanda, con gli acquisti in decisa crescita ai massimi da agosto 2019, dinamica a cui si affianca anche un calo dei volumi rinnovabili“, si legge nell’ultima newsletter del Gme, il Gestore dei mercati energetici italiano. E se le rinnovabili perdono peso nel mix energetico, lo riacquista inevitabilmente il gas. Risultato finale: secondo la rilevazione settimanale del Gme, il prezzo dell’elettricità all’ingrosso è stato di 128,7 euro per megawattora nella settimana 32 di quest’anno, quella tra il 5 e l’11 agosto, in rialzo del 7,1% nei confronti dell’ottava precedente. Lo scorso anno, sempre nella settimana 32, il Pun (prezzo unico nazionale) dell’energia elettrica era di 96,31 euro per megawattora. Rispetto allo stesso periodo del 2023, l’elettricità in Italia costa dunque il 33,6% in più.

G7, si lavora alla bozza: alla Cina si chiederà lo stop degli aiuti a Russia. Appello dell’Onu per il clima

La Cina smetta di sostenere la guerra della Russia in Ucraina e Hamas accetti l’accordo per il cessate il fuoco proposto dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Sono due punti su cui lavorano gli sherpa del G7 per il documento finale che dovrà essere adottato dai leader a Borgo Egnazia, in Puglia (13-15 giugno).

In giornata, si solleva la polemica su un punto saltato, in cui i Grandi della Terra sottolineavano l’importanza di garantire “un accesso effettivo e sicuro all’aborto, inserito nel corso del G7 di Hiroshima. Il punto sarebbe stato eliminato su iniziativa del governo Meloni, creando tensioni tra le delegazioni. Fonti della presidenza italiana fanno però sapere che “nessuno Stato ha chiesto di eliminare il riferimento alle questioni relative all’aborto dalla bozza” e che “tutto quello che entrerà nel documento conclusivo sarà un punto di caduta finale frutto di un negoziato fra i membri G7”.

Sulla Cina, “Il continuo sostegno di Pechino alla base industriale della difesa russa ha implicazioni significative e di ampia portata sulla sicurezza”, si legge nella bozza che Bloolmerg ha lasciato trapelare.

Gli alleati di Kiev accuserebbero Pechino di fornire alla Russia tecnologie e componenti – sia presenti nelle armi sia necessari per costruirle – aiutando gli sforzi di Mosca per aggirare i pacchetti di restrizioni commerciali del G7 su molti di questi beni. I materiali vietati infatti spesso arrivano in Russia attraverso paesi terzi come Cina e Turchia o attraverso reti di intermediari. Le misure in discussione includono la quotazione di più società, il targeting delle banche di paesi terzi che facilitano gli scambi, la richiesta che le aziende intensifichino i controlli sulle loro filiali e subappaltatori all’estero e l’espansione delle restrizioni sui prodotti di marca occidentale che continuano a finire in Russia.

Il G7 chiederà anche a Pechino di spingere la Russia a ritirarsi dall’Ucraina e a sostenere una pace giusta. Si prevede che i leader affermino che le politiche della Cina “stanno creando ricadute globali, distorsioni del mercato e dannosa sovraccapacità in una serie di settori”. E ancora, i leader del G7 metteranno in guardia la Russia da minacce nucleari “irresponsabili”.

Quanto al Medioriente, ci sarà la sollecitazione ad Hamas ad accettare l’accordo di cessate il fuoco a Gaza presentato dal presidente Usa Joe Biden. Israele dovrebbe essere direttamente sollecitata ad allentare l’escalation di una “offensiva militare su vasta scala” a Rafah: la bozza potrebbe includere un linguaggio che chieda con decisione un passo in questo senso, in linea con le misure provvisorie ordinate dalla Corte internazionale di giustizia. “Esortiamo i paesi che hanno influenza su Hamas” a contribuire a garantire che accetti un cessate il fuoco, si legge.

Non c’è invece per il momento accordo unanime sul riconoscimento dello Stato palestinese come parte di un processo di pace a due Stati. “Notiamo che il riconoscimento di uno Stato palestinese, al momento opportuno, sarebbe una componente cruciale”, si legge nel testo provvisorio.

Arriva dal segretario dell’Onu Antonio Guterres, in un punto con la stampa a Ginevra, l’invito ai leader per un impegno alla fine all’uso del carbone entro il 2030. “I Paesi più grandi – ha aggiunto – hanno la responsabilità di andare più lontano, più velocemente” e per questo è necessario “creare sistemi energetici privi di combustibili fossili e ridurre la domanda e l’offerta di petrolio e gas del 60% entro il 2035”. “I leader del G7 hanno una responsabilità particolare, in primo luogo, sul clima”, sottolinea Guterres che denuncia il “vortice dell’inazione climatica, con alluvioni, incendi, siccità e caldo devastanti”.

C’è attesa intanto per il bilaterale più importante che Meloni potrà avere in questo senso: quello con il presidente americano Joe Biden, che questa sera arriva all’aeroporto di Brindisi. Il faccia a faccia dovrebbe avvenire, secondo quanto riferisce la Casa Bianca, venerdì 14 giugno, a margine, del summit. Cruciale sarà anche il bilaterale di Biden con Papa Francesco e la conferenza stampa, attesa per domani, giovedì 13 giugno, con il presidente ucraino Volodomir Zelensky.

Siti energetici russi sotto attacco dei droni. Putin accusa l’Ucraina: “Vogliono minare le elezioni”

I siti energetici russi sono sotto attacco per il secondo giorno consecutivo. L’ultimo, in ordine di tempo, ha preso di mira una raffineria di petrolio nella zona di Ryazan, che si trova a circa 200 chilometri a sud-est di Mosca, uno dei maggiori produttori di carburante per la Russia centrale e controllata dal gigante petrolifero Rosneft. L’attacco è stato portato ancora una volta con un drone, che ha provocato feriti e un incendio, riferisce France Presse citando le dichiarazioni del governatore della regione, Pavel Malkov.

Ma sono decine i droni che hanno puntato su siti strategici anche in altre zone della Russia, come Belgorod, Bryansk, Kursk e Voronezh. La caratteristica che hanno in comune è di trovarsi geograficamente al confine con l’Ucraina. Negli attacchi, comunque, non ci sono notizie di ferimenti, stando a quanto riportano le varie autorità regionali.

Un altro drone è stato abbattuto, invece, mentre si avvicinava a una raffineria di petrolio nella regione di Leningrado, vicino a San Pietroburgo (nord-ovest)

I raid erano iniziati già martedì 12 marzo, puntando come obiettivo sempre una raffineria di petrolio, ma nella zona industriale di Kstovo (regione di Nizhny Novgorod), a 800 chilometri dal confine ucraino. Così come sempre ieri un incendio è scoppiato in un impianto di carburante nella regione di Orel. Le autorità regionali riferiscono che più di trenta droni sono stati abbattuti nella regione di Voronezh, mentre l’attacco ha causato danni non rilevanti alle infrastrutture. Il computo sale sommando gli 8 droni abbattuti nella regione di Bryansk, quattro nella regione di Kursk, sei nella regione di Belgorod, dove però i danni alle linee elettriche hanno causato diverse interruzioni di corrente.

Il presidente Russo, Vladimir Putin, punta il dito contro l’Ucraina. “Non ho dubbi che l’obiettivo principale, se non riusciranno a minare le elezioni presidenziali in Russia, è almeno quello di cercare di impedire ai cittadini di esprimere la loro volontà in qualsiasi modo”.