Meloni si schiera: su critiche a Ue ha ragione Vance. E Salvini vara missione in Usa

In uno dei momenti più tesi tra le due sponde dell’Atlantico, Giorgia Meloni rilascia la sua prima intervista a una testata straniera, il Financial Times, e si schiera. Non apertamente, ma confessa di condividere l’attacco del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance all’Unione, per aver abbandonato il suo impegno a favore della libertà di parola e della democrazia: “Lo dico da anni, l’Europa si è un po’ persa“, commenta.

Torna a difendere, tra gli ultimi in Ue, Donald Trump. Le critiche del tycoon al vecchio continente non sono rivolte al popolo, spiega, ma alla sua “classe dirigente e all’idea che invece di leggere la realtà e trovare il modo di dare risposte alle persone, si possa imporre la propria ideologia alle persone“. L’Italia, per la presidente del Consiglio, non deve essere obbligata a “scegliere” tra Stati Uniti ed Europa, sarebbe “infantile” e “superficiale“. Non solo Trump non è un avversario, chiosa, ma è il “primo alleato” dell’Italia.

Mentre la Commissione europea si prepara a reagire ai dazi imposti dal presidente americano, Meloni invita l’unione alla calma. “A volte ho l’impressione che rispondiamo semplicemente d’istinto. Su questi argomenti devi dire, ‘State calmi, ragazzi. Pensiamoci’“, spiega, ricordando che “ci sono grandi differenze sui singoli beni” e chiedendo di “lavorare per trovare una buona soluzione comune“.

Tra Trump che lavora per la pace e l’asse Macron-Von der Leyen che parlano di guerra e armi, non abbiamo dubbi da che parte stare“, le fa eco Matteo Salvini, che torna però a ‘scavalcare’ presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, annunciando una missione con le imprese italiane per rafforzare la partnership con gli Stati Uniti, “come da dialogo con J.D. Vance“, che gli è già costato un round di scontri con Antonio Tajani.

Il chiarimento tra i tre, Meloni-Tajani e Salvini, si è rotto dopo 48 ore”, osserva il leader di Avs, Angelo Bonelli: “Salvini scommette sull’esenzione dai dazi per l’Italia da parte di Trump e su questo vuole arrivare prima della Meloni per commissariare Tajani“, afferma, denunciando di aver “venduto la dignità del popolo italiano e quindi europeo a chi ci ha definiti parassiti. È un governo in cui ognuno va per conto proprio“.

Per il Partito democratico, la presidente del Consiglio ha la “sindrome di Stoccolma“: “Sembra prigioniera, incapace di distinguere tra chi attacca e chi si difende”, scrive il capogruppo democratico nella commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano. “Ha scelto di indossare il cappellino Maga, ammainando di fatto da palazzo Chigi la bandiera italiana e quella europea“, denuncia la segretaria Elly Schlein. E’ agli italiani, sostiene Schlein, che Giorgia Meloni “dovrà spiegare perché ha scelto Trump come ‘primo alleato’, quando il prossimo 2 aprile entreranno in vigore i dazi Usa del 25% sulle nostre merci, sulle nostre eccellenze, che pagheranno le imprese, i lavoratori e le famiglie italiane. Giorgia Meloni vada dire a loro ‘state calmi, ragazzi, ragioniamoci‘”.

Meloni “doveva e poteva diventare la Merkel europea, trasformandosi in leader conservatrice moderna, ma rompe con l’Europa sul tema fondamentale della difesa europea e si ritrova ad essere una modesta Orban al femminile“, scrive sui social il vicepresidente di Italia Viva Enrico Borghi. A questo punto, insiste, “va detto con chiarezza che l’Italia non può sottrarsi da una iniziativa europea nel campo della sicurezza, della pace e della stabilità internazionale“.

Meloni: L’Europa di Ventotene non è la mia. E’ bufera alla Camera

Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia”. Alla fine del suo intervento alla Camera, in una mattinata piuttosto tesa, Giorgia Meloni legge alcuni passaggi del manifesto di Ventotene, ne prende le distanze e nell’Aula si scatena l’inferno. Le opposizioni fischiano, urlano “vergogna”, i banchi diventano ring, a destra si applaude, a sinistra si grida. La seduta viene sospesa due volte.

Le frasi del testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi richiamano a una rivoluzione europea “socialista“, in cui “la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”. Ogni frase scandita tra sguardi e pause. “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente – prosegue la premier leggendo il testo -. Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni”. Tra gli scranni risuona l’ira delle opposizioni, Meloni si interrompe, il presidente della Camera Lorenzo Fontana richiama all’ordine, tutto viene spostato di qualche ora, al primo pomeriggio, per rimettere in ordine le idee e il bon ton istituzionale.

E comunque, prima della bufera, in sede di replica, la premier accarezza già l’argomento dell’Europa, che deve occuparsi di “meno cose” e “meglio”. Meloni si prepara al Consiglio europeo di domani bollando come un errore la “pretesa” di affidare a Bruxelles “qualsiasi materia di riferimento”, comprese quelle sulle quali gli stati nazionali sarebbero un valore aggiunto. La prima ministra cerca una via d’uscita per rispondere ai dazi di Donald Trump senza apparire debole o suddita di certe dinamiche.

Ma se, a cascata, l’ombrello della difesa degli Stati Uniti dovesse chiudersi definitivamente per il Vecchio Continente, non ci troverebbe ancora pronti. Per questo, l’invito è quello di riflettere su una risposta che non danneggi noi, prima che gli americani. “Non c’è dubbio che per noi siano un problema”, ribadisce. L’Italia è una nazione esportatrice, la quarta al mondo. Al momento, c’è un surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti nei beni e gli Stati Uniti hanno nei nostri confronti un surplus commerciale nei servizi. Potrebbe essere una carta da giocare per cercare una soluzione che eviti una guerra commerciale.

Sulla difesa, il punto è capire come pagare gli 800 miliardi per il Piano proposto da Ursula von der Leyen. L’Italia ha chiesto e ottenuto lo scorporo delle spese della difesa dal calcolo del patto di stabilità. Ma Meloni va oltre e domanda l’intervento dei privati. “Non possiamo non porre il problema che l’intero piano si basa quasi completamente sul debito nazionale degli Stati”, chiosa in Aula. E’ la ragione per la quale con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sta elaborando una proposta che ricalca quello che accade attualmente con InvestEU: “garanzie europee per gli investimenti privati”.

I fondi di Coesione, in Italia, non saranno toccati, garantisce. Resta da chiarire cosa si intenda per spese di difesa. Per questo il governo ha posto la questione: “Io penso che Rearm Europe confonda i cittadini”, sottolinea. La maggioranza sull’investimento nelle armi è spaccata. Oggi da Bruxelles lo stesso Matteo Salvini lancia un avvertimento chiaro alla premier: “Giorgia Meloni ha mandato per difendere l’interesse nazionale italiano, punto. Non penso che quello di cui sta parlando qualcuno a Bruxelles corrisponda all’interesse nazionale italiano, e neanche all’interesse dei cittadini europei”, mette in chiaro. Ma la presidente del Consiglio allarga il perimetro del dominio della sicurezza, “molto più ampio del banale acquisto di armi”, spiega. “Nel tempo in cui viviamo – ripete – riguarda le materie prime critiche, riguarda le infrastrutture strategiche, riguarda la cyber sicurezza, riguarda la difesa dei confini, riguarda la lotta ai trafficanti, riguarda la lotta al terrorismo, sono spesso materie che non si fanno, che non si affrontano comprando armi. Quando mi occupo di cyber sicurezza non lo faccio con le armi, lo faccio per esempio con l’intelligenza artificiale”.

Difesa, scontro Salvini-Tajani su ReArm. Gentiloni: “Piano nella giusta direzione”

Il piano da 800 miliardi per la Difesa europea presentato da Ursula Von Der Leyen continua a far discutere al suo interno la maggioranza, con Matteo Salvini e Antonio Tajani che sposano ancora posizioni divergenti malgrado il tentativo di abbassare i toni nelle scorse ore compiuto dalla premier Giorgia Meloni.

Alla vigilia del vertice straordinario del Consiglio Ue, giovedì a Bruxelles, si dice contro l’esercito europeo comune il leader della Lega, a favore il numero uno di Forza Italia. Netto Salvini, che ha riunito i suoi ai Gruppi parlamentari della Camera per illustrare le proposte della Lega sugli scenari globali alla luce del complesso quadro geopolitico. Nel mirino del Carroccio il Piano di riarmo europeo, criticato a partire dal nome: ReArm Europe. “Domani von der Leyen lo presenterà – ricorda il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti – credo che nessuno si aspettasse 800 miliardi di investimenti militari. Fino all’altro giorno non si poteva investire un euro in più per la sanità e per le pensioni, ora invece si può fare senza indebitarsi? Una scelta sbagliata a partire dal nome… “.

Sulla definizione data al Piano, in effetti, anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani storce la bocca: “Lo chiamerei Piano per la sicurezza europea”. Sul resto però c’è il favore di Forza Italia, a partire dall’idea di una Difesa comune europea: “Era il sogno di De Gasperi e Berlusconi – ricorda Tajani – il quadro di von der Leyen va bene, poi vedremo l’applicazione pratica”. Secondo il titolare della Farnesina, la Difesa comune europea “non è una scelta alternativa alla Nato” e l’obiettivo rimane “rafforzare l’alleanza transatlantica con un pilastro europeo e uno americano” come “garanzia di pace, stabilità e sicurezza per tutti i Paesi europei e altri, compresa l’Ucraina, candidati a far parte della nostra Unione”.

Di tutt’altra opinione Salvini, per cui avere la Difesa comune europea oggi sarebbe sinonimo di conflitto: “Se ce l’avessimo già, Francia e Germania ci avrebbero già portato in guerra. Non do le chiavi di casa mia a qualcuno che ha nella guerra il suo istinto di sopravvivenza”. Negativo pure il giudizio sull’investimento complessivo del Piano. Salvini gli 800 miliardi li spenderebbe altrove, a maggior ragione se si arrivasse ad un accordo di pace tra Russia e Ucraina, e tra Israele e Medio Oriente. In quel caso, sostiene il segretario della Lega, i soldi “si potrebbero utilizzare in altra maniera”. A Via Bellerio anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non è convinto di ReArm Europe: “Un conto sono gli aiuti emergenziali di questi mesi all’Ucraina, che non sono in discussione; un altro è il programma di Difesa europea, che ha bisogno di programmazione e non si può fare all’improvvisata”.

L’ex commissario europeo, Paolo Gentiloni, invece promuove il piano Von der Leyen: “Il piano di riarmo dell’Europa è un primo passo che va nella giusta direzione. La presidente della Commissione Ue lo ha annunciato qualche ora dopo il taglio degli aiuti militari americani all’Ucraina, mentre le Borse andavano giù per la guerra dei dazi. E’ chiaro che può essere migliorato, però nelle ore difficili che stiamo attraversando penso che sia un segnale che va nella direzione giusta. Poi vedremo”. Secondo Gentiloni, l’Occidente “non è mai stato così malato, non vedere la crisi sarebbe da sonnambuli”. Per questo l’Ue “è giusto che ora punti a difendersi, non si possono delegare gli americani come successo per 80 anni”.

Stellantis, pioggia di licenziamenti nell’indotto. Schlein a Pomigliano: “Tavolo passi a Chigi”

Arrivano come una scure i licenziamenti di Trasnova, azienda che fornisce la componentistica a Stellantis. Fuori dallo stabilimento di Pomigliano D’Arco, gli operai si mobilitano con un albero di Natale decorato con i nomi di chi resta a casa. Ma le lettere arrivano anche a Melfi, Cassino e Torino.

La situazione è grave, tanto che il tavolo al ministero delle Imprese su Trasnova, che doveva tenersi il 17 dicembre nello stesso giorno del tavolo generale su Stellantis, viene anticipato al 10 dicembre. Tra le due date, il 12 dicembre, i sindacati incontreranno il responsabile Europa di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, che guiderà la delegazione aziendale al Mimit.

Diventa fondamentale non solo la presenza di Stellantis al Mimit il 10 dicembre, ma c’è bisogno di una concreta disponibilità a rivedere le scelte fatte e trovare soluzioni per dare continuità lavorativa al lavorativa di Trasnova“, spiegano Samuele Lodi e Ciro D’Alessio di Fiom-Cgil. Quella di Trasnova, ricordano, “è solo una delle tante aziende della filiera che rischiano di chiudere se il Governo non interviene in maniera decisa perché il gruppo riveda le proprie strategie per l’Italia“. I sindacati chiedono investimenti in ricerca e sviluppo, nuovi modelli per rilanciare gli stabilimenti e la tutela dell’occupazione per i lavoratori diretti e indiretti. “E’ per questo che ribadiamo la richiesta alla Presidente del Consiglio a convocare a Palazzo Chigi il presidente di Stellantis”, insistono.

La richiesta è la stessa che fanno le opposizioni. La segretaria del Pd, Elly Schlein, raggiunge i lavoratori in presidio a Pomigliano: “Siamo qui per bloccare questa procedura, abbiamo chiesto e ottenuto l’anticipazione del tavolo a martedì prossimo, abbiamo chiesto che ci fosse la presenza di Stellantis, che si deve assumere le proprie responsabilità davanti ai lavoratori e davanti al Paese, chiediamo che sia bloccata la procedura di licenziamento di questi operai e che sia assicurato loro un futuro“, perché si tratta di “400 famiglie che rischiano di essere lasciate per strada: non lo possiamo accettare“, tuona. Insiste perché il tavolo Stellantis si sposti a Palazzo Chigi, perché “quello al Mimit si è rivelato inutile“, denuncia.

Dove sta Giorgia Meloni? Perché l’incapacità di Urso l’abbiamo vista, ma c’è tutta Italia che sta chiedendo a Meloni di intervenire, lei ascolta o fa finta di niente anche qui e scappa?“, domanda la vicepresidente del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino. Tre le mosse che suggerisce: “Convocare il tavolo automotive presso la Presidenza dei Consiglio, rimettere subito i 4,6 miliardi che hanno tolto al fondo automotive e aiutare i lavoratori. Siccome chi è in cassa integrazione risulta tra gli occupati di cui Meloni ama riempirsi la bocca, li aiuti: noi abbiamo fatto un emendamento alla legge di bilancio con le coperture per aiutare chi è in cassa integrazione a mettere insieme il pranzo con la cena“, rivendica l’ex sindaca di Torino.

In vista del 17 dicembre, il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, vede il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. Al centro dell’incontro le prospettive e le sfide dell’automotive italiano, con particolare attenzione a Mirafiori. Cirio si dice “molto soddisfatto dell’incontro“, che, sostiene, “conferma l’attenzione e in lavoro congiunto con il governo e in particolare con il ministro con il quale abbiamo condiviso il convincimento che questa situazione possa davvero aprire ad una fase nuova e possa essere l’occasione per il rilancio della produzione in Italia e in particolare in Piemonte, garantendo la centralità dei nostri stabilimenti e la salvaguardia dei posti di lavoro“.

Dal governo, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini addossa la responsabilità della crisi di Stellantis all’Europa: “Il mercato dell’elettrico è fermo, ma non per colpa della politica, perché il cittadino non ha tutti quei soldi da spendere e non abbiamo, neanche facessimo miracoli, la possibilità di riempire in pochi anni di colonnine di ricarica elettrica tutta la strada italiana“, osserva. E’ una battaglia che il vicepremier porta avanti da anni a Bruxelles: “Fino a poco tempo fa ero da solo. Se voi andate a leggere i giornali, tre o quattro anni fa, quando la Lega diceva che convertirsi al solo elettrico è un suicidio, gridavano al negazionismo, mi davano del matto, dell’inquinatore, adesso sono in buona compagnia“, assicura, ripetendo che “mettere fuori legge dal 2035 l’auto a benzina e a diesel è una follia“. La linea è opposta a quella francese: “Mi spiace aver sentito ieri il collega che forse vive sulla luna e dice che va tutto bene, dice di andare avanti con il consumo elettrico. Probabilmente non si accorge che stanno licenziando migliaia di operai“.

Milano-Cortina, Salvini: Villaggio pronto a luglio 2025. Poi studentato più grande Italia

Il cantiere del villaggio olimpico di Milano-Cortina, a Porta Romana, è in anticipo di tre mesi e sarà consegnato a luglio 2025.Pochi credevano che saremmo arrivati in tempo“, rivendica, casco in testa, Matteo Salvini. La visita al cantiere è uno dei primi appuntamenti del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti al rientro dalla pausa estiva, ieri.”Sarà una porzione nuova e verde di città“, spiega il vicepremier, che ricorda come la zona significasse per i milanesi, fino a poco tempo fa, “degrado, spaccio, prostituzione, problemi“.

Il sopralluogo delle stanze è stato d’obbligo: “L’obiettivo è quello di non avere nessuno dei problemi che ci sono stati a Parigi, i letti saranno in legno“, ironizza. E, una volta terminate le Olimpiadi, che ospiteranno 1700 atleti, il villaggio sarà convertito nel più grande studentato universitario d’Italia. “Il 50% di quella che era una delle aree più degradate di Milano sarà verde – ribadisce Salvini -. Ci saranno poi negozi, servizi, uffici e mille appartamenti, di cui 300 di edilizia sociale“.

Il cantiere sullo scalo milanese è stato ceduto definitivamente nel novembre 2022 da FS Sistemi Urbani (Gruppo FS), al Fondo Porta Romana, promosso e gestito da COIMA SGR e sottoscritto da Covivio, Prada Holding e dal fondo COIMA ESG City Impact.

Il complesso sarà costruito grazie a fondi privati. Dopo il completamento della struttura delle sei palazzine del Villaggio a marzo di quest’anno, i lavori proseguono con la realizzazione delle facciate e la finitura degli interni degli edifici, che occupano una superficie lorda complessiva di circa 30mila metri quadrati. Entro l’anno è poi previsto il completamento dei lavori di ristrutturazione dei due edifici storici adiacenti al villaggio, che caratterizzano architettonicamente l’area: entrambe le strutture – la Squadra Rialzo, un tempo utilizzata per la manutenzione dei convogli ferroviari, e il ‘Basilico‘, ex magazzino dello Scalo divenuto negli anni il simbolo del lavoro del fotografo Gabriele Basilico – saranno riqualificate nel rispetto della loro configurazione originale.

Porta Romana rientra nell’Accordo di Programma sottoscritto nel 2017 da Comune di Milano, Regione Lombardia e Gruppo FS Italiane per la riqualificazione di sette scali dismessi (Farini, Porta Romana, Porta Genova, Greco-Breda, Lambrate, Rogoredo, San Cristoforo), che insieme coprono una superficie di oltre un milione di metri quadrati: un percorso che interesserà la città di Milano per i prossimi 20 anni e che rappresenta uno dei più grandi progetti di rigenerazione urbana in Italia.

Ritardi e disagi trasporti, opposizioni: “Salvini riferisca subito in Parlamento”

Il difficile luglio dei trasporti diventa un tema del dibattito politico. Sono le opposizioni a chiedere che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, venga in Parlamento a riferire sui ritardi, i disagi e i rallentamenti che si sono verificati nell’ultimo mese, in particolare sulla rete ferroviaria, dovuti alla combo dei lavori di ammodernamento e manutenzione infrastrutturale di diverse linee (già programmati) e guasti causati spesso da incendi divampati in punti nevralgici del Paese.

Per la mattina di venerdì, alle 10.30, il vicepremier ha convocato a Porta Pia “tutti i soggetti interessati al traffico aereo (dalle compagnie alle società di gestione) per fare il punto della situazione alla luce della crescente pressione negli scali italiani e per garantire al massimo i viaggiatori”, fa sapere il Mit. Ma allo stesso tempo la lente di Salvini è puntata “con particolare attenzione” sull’andamento dei cantieri, “annunciati da mesi in accordo con gli enti locali, che hanno l’obiettivo di migliorare la rete anche alla luce di investimenti senza precedenti (in larga parte previsti dal Pnrr) – comunica ancora il ministero – e prima della totale ripresa delle attività lavorative dopo la pausa estiva”. Salvini comunque “ha ribadito a Fs e alle società coinvolte che è necessario massimo impegno per offrire un servizio all’altezza”.

Le raccomandazioni del ministro, però, non bastano. “Il picco di cantierizzazione sulla rete ferroviaria non può giustificare le scene deliranti a cui assistiamo in questi giorni nelle stazioni di tutto lo Stivale. I ritardi sistematici di 100 o 200 minuti non possono diventare una prassi consolidata in Italia”, lamentano i Cinquestelle. “E’ chiaro che qualcosa non funziona tra deragliamenti, guasti, annullamenti, cambi di rotta: serve un’operazione chiarezza”, dicono rivolti al responsabile del Mit ma anche alla premier, Giorgia Meloni, “se Salvini non è in grado di chiarire”.

Per Italia Viva il ministro “deve venire lunedì in Parlamento a spiegare cosa sta succedendo ai treni in Italia, perché il Paese è bloccato e ci aspetta un agosto di caos”. La richiesta è della coordinatrice nazionale, Raffaella Paita. Alla quale si associa anche la capogruppo alla Camera, Maria Elena Boschi, rincarando la dose in un video sui social con cui chiede agli utenti di raccontare la propria esperienza negativa nei trasporti di questi giorni, affinché Salvini “si renda conto finalmente che la sua incapacità sta bloccando un Paese intero”. Tra questi potrebbe esserci anche il leader di Iv, Matteo Renzi, che dal treno Firenze-Roma posta la foto del ritardo annunciato e scrive: “Nessun governo ha fatto peggio di questo sui trasporti. E nessun ministro dei Trasporti ha fatto peggio di Salvini”.

Gli italiani “sono tenuti in ostaggio dai guasti ai treni e da ritardi insostenibili”, accusa pure Nicola Fratoianni (Avs) su Facebook. “Ma il ministro Salvini pare non accorgersene – continua il leader di Sinistra italiana -, è impegnato in tutt’altro, scrive post su qualunque cosa, tranne che sul delirio che sta accadendo sulle linee ferroviarie del nostro Paese. I cittadini italiani sarebbero titolati a precettare il ministro invisibile”. Per il Pd “il governo è direttamente responsabile dei disservizi che gli italiani e i turisti che hanno scelto di viaggiare in Italia stanno subendo in questi giorni“, dice il vicepresidente della commissione Trasporti della Camera, Andrea Casu. Chiedendo di “attivate misure compensative per chi sta subendo i danni“, perché “non è pensabile rispondere dicendo semplicemente a centinaia di migliaia di persone di riprogrammare le proprie vacanze“.

Ancora più duro il portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli (Avs): “L’Italia è nel caos trasporti e il ministro competente, Salvini, si occupa di tutto tranne che dei Trasporti, continuando a giocare con il plastico del Ponte sullo Stretto“. Al coro di critiche si accoda anche Azione, con Osvaldo Napoli: “Il ministro ‘patriota’ Matteo Salvini si occupa di un sacco di cose, dagli immigrati alle questioni di genere, tranne di ciò per cui viene pagato dagli italiani – accusa -. I treni viaggeranno per tutto agosto, cioè nel mese in cui il traffico viaggiatori tocca la punta più alta, con ritardi programmati intorno ai 150 minuti“.

Intanto arrivano buone notizie sul fronte infrastrutturale, perché il Cipess ha deliberato di ripartire circa 2,5 miliardi di euro di fondi straordinari per il settore ferroviario, tramite il secondo atto integrativo al Contratto di Programma tra Mit e Rete ferroviaria italiana.

siccità

Siccità, Sicilia allo stremo. Salvini: “In campo ogni azione utile”. Opposizioni protestano

Il caldo non accenna a dare tregua, soprattutto al Sud. La Sicilia, piegata da 12 mesi di siccità severa, è allo stremo: i bacini e i laghi sono del tutto prosciugati, gli agricoltori estirpano i vigneti e iniziano ad abbattere gli animali. I cittadini ricevono l’acqua razionata e tra Agrigento e Caltanissetta è stata a lungo non potabile. Il dramma finisce oggi in prima pagina anche sul New York Times.

Paradossalmente, molta acqua dolce degli invasi viene gettata in mare perché mancano i collaudi delle dighe. I parlamentari di Alleanza Verdi Sinistra hanno organizzato un flash mob davanti a Palazzo Chigi per denunciare “l’inerzia” del governo: “Perché non interviene?“, chiede Angelo Bonelli. “Hanno deciso di fare in velocità il Ponte sullo Stretto di Messina ma hanno dimenticato quali sono i veri problemi del Paese, a partire dalla crisi climatica“, chiosa. Il leader ecologista chiede a Giorgia Meloni un incontro per parlare delle proposte di Avs.

Il Partito Democratico interroga il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini durante il Question Time della Camera e chiede che nell’isola intervenga la protezione civile nazionale. Basta “cabine di regia e tavoli tecnici“, tuona Giuseppe Provenzano, membro della segreteria. I dem chiedono risposte immediate: “Non c’è più tempo – afferma -. Ora il tema è mettere in sicurezza intere comunità“.
Ma mentre una comunità ha sete, denuncia il Pd, “qualcuno forse ride e fa affari“. Il riferimento è a una speculazione senza regole sui pozzi e le autobotti privati, “per non parlare di quelli abusivi“. La proposta è di requisire questi pozzi e garantire una distribuzione equa. “Invece di buttare i soldi dell’FSC in mille rivoli, si concentrino sulle dighe, sulle reti, e si facciano partire i lavori con urgenza. Le risorse stanziate non bastano e non c’è più tempo. Se la Protezione civile siciliana non ce la fa, intervenga la Protezione civile nazionale. Dovrebbe esserci un ministro competente, se non ricordo male, persino siciliano”, ironizza Provenzano, chiedendo che il governo sostituisca la Regione “se non è capace, perché si stanno calpestando i diritti fondamentali e la dignità di intere comunità”.

Salvini sostiene non avere nulla da rimproverarsi, ricorda di aver istituito non solo la cabina di regia e il tavolo tecnico, ma di aver anche trovato i finanziamenti “dopo anni di attesa“. La siccità in Sicilia “rappresenta un’emergenza nazionale per la quale stiamo mettendo in campo ogni azione utile a superare criticità emerse ed evidenti“, garantisce.

Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza il 6 maggio scorso per la durata di 12 mesi, stanziando per le prime urgenze 20 milioni di euro. Il 7 giugno è stato poi approvato il piano degli interventi delle misure redatto dal Presidente della Regione, che prevede 52 interventi infrastrutturali per nuovi pozzi e 86 interventi per la manutenzione e l’acquisizione di autobotti. Il Ministero ha poi concluso la fase istruttoria per il piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico. Del 29 maggio è il primo stralcio di programmazione finanziato con circa 950 milioni di euro di risorse del Mit, il 10% di questo stralcio riguarderà 7 interventi per 92 milioni di euro su un totale di 75 opere idriche finanziate in tutta Italia. La seduta della conferenza delle Regioni prevista per giovedì dovrebbe dare l’intesa. Il commissario straordinario nazionale, Nicola Dell’Acqua, proporrà un piano di azioni e interventi urgenti che “dovranno avere un periodo di attuazione di breve previsione o termine vista l’emergenza“, sottolinea il ministro, ribadendo che “per l’intero governo e l’intero Parlamento, a prescindere dai colori politici, l’emergenza siciliana è una delle priorità su cui tutti lavorano“.

Ok in Cdm al Piano Casa: tolleranza su soppalchi e tende da sole

Approvato dal Cdm il decreto Salva Casa, fortemente voluto dal vicepremier e ministro Matteo Salvini. L’obiettivo, per il Mit, è “‘liberare’ gli appartamenti ostaggio di una normativa rigida e frammentata che ne ostacola la commerciabilità e talora preclude l’accesso a mutui, sovvenzioni e contributi“. Il decreto interviene sulle cosiddette “lievi difformità“. In particolare: su quelle formali derivanti da incertezze interpretative della disciplina vigente rispetto alla dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile; sulle difformità edilizie delle unità immobiliari, risultanti da interventi spesso stratificati nel tempo, realizzati dai proprietari dell’epoca in assenza di formale autorizzazione; sulle parziali difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi, a causa della disciplina della cosiddetta doppia conformità. La misura inoltre “semplifica le procedure vigenti: è introdotto il regime di silenzio-assenso, principio particolarmente rilevante e che va nella direzione della massima semplificazione. Significa che se l’Amministrazione non risponde nei tempi previsti l’istanza del cittadino è accettata“, prosegue il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Infine “si introduce la possibilità di installare tende e strutture di protezione dal sole e da eventi atmosferici, in regime di edilizia libera“. La norma mira anche a decongestionare gli uffici tecnici comunali sepolti da migliaia di pratiche. Il provvedimento prevede sanzioni che sono proporzionali all’aumento di valore dell’immobile e potranno essere utilizzate, tra l’altro, nella misura di 1/3, per progetti di recupero e rigenerazione urbana. Nel testo non c’è la cosiddetta norma Salva-Milano per alcune ristrutturazioni edilizie del capoluogo lombardo su cui si è acceso l’interesse della Procura.

Sono ora considerate in edilizia libera: le vetrate panoramiche amovibili anche per i porticati rientranti all’interno dell’edificio; le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, la cui struttura principale sia composta da tende, anche a pergola, addossate o annesse agli immobili, purché non determinino spazi stabilmente chiusi e non abbiamo un impatto visivo e ingombro apparentemente disarmonici.

Arriva una tolleranza, per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, sul mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari: del 2 per cento delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati; del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati; del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati; del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati. Le strutture amovibili realizzate per finalità sanitarie, assistenziali, educative durante l’emergenza Covid e mantenute in esercizio alla data di entrata in vigore della presente disposizione possono rimanere installate in deroga al vincolo temporale e in presenza di comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità.

Nei casi in cui l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il Comune, previo parere delle amministrazioni competenti, può provvedere all’alienazione del bene, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive. È preclusa la partecipazione del responsabile dell’abuso alla procedura di alienazione. Il valore venale dell’immobile è determinato dall’agenzia del territorio tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive. Si supera il silenzio rigetto e si introduce li silenzio assenso: significa che se l’amministrazione non risponde, entro i seguenti termini, l’istanza si considera accettata e
in particolare: 45 giorni – permesso in sanatoria, 30 giorni – Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). In ogni caso si prevede il pagamento di una sanzione in relazione all’aumento di valore dell’immobile. Gli introiti delle sanzioni potranno essere utilizzati per la demolizione di opere abusive o iniziative di rigenerazione e recupero urbano.

Il decreto legge salva-casa riduce gli oneri amministrativi per i cittadini: per dimostrare lo Stato legittimo sarà sufficiente presentare il titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, anche in sanatoria. Ne deriva quindi che le parziali difformità che saranno sanate contribuiranno a dimostrare lo stato legittimo di un immobile. Viene semplificato il cambio di destinazione d’uso di singole unità immobiliari, nel rispetto delle normative di settore e di eventuali specifiche condizioni comunali. All’interno della stessa categoria funzionale, il mutamento della destinazione d’uso sarà sempre ammesso. Tra diverse categorie funzionali, li mutamento della destinazione d’uso sarà ammesso limitatamente alle categorie residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale, in ogni caso, all’interno delle zone: centro storico, residenziali consolidate, residenziali in espansione. Sono escluse dalle semplificazioni le unità immobiliari al primo piano fuori terra.

Ponte Stretto, l’obiettivo resta il via ai cantieri in estate. Salvini: “Risposte entro 30 giorni”

Il programma non cambia per il Ponte sullo Stretto di Messina. Nonostante le 239 richieste di integrazione documentale dalla Commissione Via-Vas del Mase e gli approfondimenti voluti dal ministero della Cultura, la rotta è tracciata. “Non c’è nessuna pietra tombale, nessuno stop”, dice l’amministratore delegato della società Stretto di Messina Spa, Pietro Ciucci, ai microfoni di Radio24. “Anzi – replica –, abbiamo fatto due passi in avanti, perché attualmente stiamo percorrendo due procedure parallele: la Valutazione di impatto ambientale e la Conferenza dei servizi”. Il manager fa la proporzione con i numeri del progetto: “Vale 13,5 miliardi, è il ponte sospeso più lungo al mondo, con 40 chilometri di strade e collegamenti ferroviari, che opera su 13 siti ambientali protetti”, dunque a fronte di tutto questo e del fatto che “abbiamo presentato oltre 10mila elaborati, mi permetto di dire che 200 osservazioni e chiarimenti sono un numero congruo”.

Ciucci è sereno: “Siamo sul pezzo, conosciamo bene quello che dobbiamo fare e lo stiamo facendo al meglio possibile. Tutte le critiche costruttive e le richieste di chiarimento sono ben accette”. Ergo, “sulla base dell’attuale calendario, prevediamo entro la fine dell’estate di avere l’approvazione del Cipess, poi ci sono una serie di attività, perché un cantiere del genere non parte con le escavatrici, per le quali l’avvio è entro il 2024”, mentre il vero e proprio via ai lavori sarà entro il 2025 “sostanzialmente, se per cantiere intendiamo le escavatrici”.

Date che coincidono con quelle che ripete il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini: “Conto che entro 30 giorni Stretto di Messina Spa mandi le risposte alle osservazioni degli altri ministeri, perché l’obiettivo è arrivare all’avvio dei lavori dall’estate 2024″. Il vicepremier ha puntato molte delle sue fiches politiche sull’opera che “coinvolgerà circa 120mila lavoratori e alcune migliaia di aziende”. Salvini, infatti, spiega: “Sto parlando con l’amministratore delegato della società e con Webuild, la capofila di una cordata che coinvolge anche professionalità giapponesi, danesi, spagnole e americane: le migliori ingegnerie mondiali che da anni lavorano al ponte più studiato, più indagato, ma ancora non realizzato”.

La convinzione del leader della Lega si scontra con la contrarietà delle opposizioni. Angelo Bonelli addirittura lo sfida pubblicamente: “Facciamo un referendum sul Ponte, raccogliamo insieme le firme e andiamo a votare, io per il no e lui per il sì e vediamo se gli italiani vogliono questa opera”, dice a ‘today.it’. Il Pd, invece, presenta un documento, consegnato al Mase, frutto di un lavoro congiunto a livello nazionale e regionale che parte da un presupposto: il decreto legge 35 del 2023 che autorizza la costruzione non è conforme alle normative europee su Vas, Via e Valutazione di incidenza ambientale. Perciò di progetto “sbagliato e pericoloso” parla la capogruppo alla Camera, Chiara Braga, mentre la responsabile Conversione ecologica, Clima, Green economy e Agenda 2030 della segreteria dem, Annalisa Corrado, lo definisce un “ecomostro”. Affondando ancora il colpo: “Il Ponte sullo Stretto è un enorme giocattolone per la propaganda di un politico che non considera l’immane emorragia di fondi pubblici che questo progetto comporterebbe”.

Non ci va leggero nemmeno l’ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. “Le 239 richieste di integrazione al progetto del Ponte sono ben più di un’opposizione ideologica, come Salvini ha sempre sostenuto. Sono la consapevolezza tecnica, scientifica e ambientale che quel progetto è da rivedere completamente” oltre che “vecchio”, dichiara l’attuale deputato M5S e vicepresidente della Camera. Anche Iv, che pure non è contraria all’opera, attacca: “L’incredibile approssimazione dimostrata da Salvini fa quasi sorgere il dubbio che il ministro in realtà non voglia realizzare l’opera”, accusa la senatrice e coordinatrice nazionale, Raffaella Paita. La macchina organizzativa dell’opera, però, è in moto: entro un mese si conosceranno le risposte ai rilievi o se arriverà una richiesta di extra-time per produrle.

Al G7 Salvini in pressing su Ue per salvare auto: “Siamo circondati da cinesi”

(Photo credit: MIT)

Al G7 dei trasporti in corso a Milano, il ministro Matteo Salvini alza il volume su auto, nucleare e grandi opere. “Sacrosanto parlare coi cinesi. Spero di andare presto in Cina, avere buoni rapporti è fondamentale”, ma “distruggere un settore produttivo e imprenditoriale come quello dell’auto per l’ideologia di sinistra, per cui bisogna andare tutti in giro a piedi, a cavallo o in monopattino è spalancare le porte di casa nostra alle moto e alle macchine cinesi, che hanno prezzi fuori mercato rispetto ai nostri, perché non ci sono le normative sindacali e ambientali. E’ una follia, l’Europa dovrà ripensare a questa marcia ideologica”, sottolinea il vicepremier a margine dell’evento.

Non va giù al segretario leghista anche che la nuova Alfa Romeo ‘Milano’ sia prodotta in Polonia. “Che dia lavoro a operai, a terzisti, a piccole imprese fuori dal territorio italiano non rende onore alla storia di questo marchio, di questa azienda. La gestione degli ultimi anni non rende merito al sacrificio di tanti operai e di tanti ingegneri e delle precedenti proprietà”, continua Salvini, che aggiunge: “Io tifo sempre italiano però a Mirafiori e non solo, dove gli operai sono in cassa integrazione, è rimasto ben poco di italiano. Sono un liberale e per il libero mercato però faremo tutto il possibile per evitare… non so se avete visto che alle spalle del Duomo c’è un marchio cinese… per evitare che ormai siamo circondati”. Il riferimento è alla vetrina del concessionario Byd, gruppo cinese leader mondiale nelle auto elettriche, proprio dietro al duomo meneghino. Il concetto, Salvini, lo rimarca anche in apertura della prima sessione di lavoro ‘Futuro della Mobilità’ all’interno del G7 Trasporti, sottolineando le responsabilità dell’Europa che mette al bando i motori tradizionali aiutando la produzione cinese.

Il vicepremier ribadisce anche il suo ‘sì’ al nucleare. “L’unico modo per abbassare le bollette è prevedere anche il nucleare, ormai assolutamente pulito e sicuro. Ci sono aziende italiane che stanno lavorando in Europa e noi diciamo di no… Ci sono 400 centrali funzionanti nel mondo, siamo circondati e le nostre imprese non possono pagare di più”, dice a margine dei lavori. Il tema è, aggiunge Salvini, che “troppi ‘no’ frenano lo sviluppo. Per ogni opera pubblica, in Italia spunta qualche comitato del No. Per questo, negli ultimi anni è stato difficile investire”. Parlando ai colleghi ministri, puntualizza inoltre che proprio questi comitati “ritengono le nuove infrastrutture inutili, obsolete, dannose per l’ambiente. E il giudizio non cambia nemmeno per infrastrutture strategiche come la Tav o il ponte sullo stretto di Messina che invece avranno effetti positivi a cascata”. La tragedia alla centrale idroelettrica di Suviana? Bisogna “capire chi eventualmente ha sbagliato” ma pure in questo caso – conclude – non vorrei “che qualcuno mettesse in discussione anche l’idroelettrico”.