Tajani lancia Piano di contrasto ai dazi: nuovi mercati senza abbandonare dialogo con Usa

Una strategia per l’export italiano che compensi gli eventuali contraccolpi generati dai dazi annunciati a partire dal 2 aprile da Donald Trump, ma senza abbandonare il dialogo con gli Stati Uniti.  Il governo italiano punta ai mercati extra-UE ad alto potenziale, con un Piano d’azione presentato oggi a Villa Madama dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.

L’obiettivo è arrivare a 700 miliardi di export entro fine legislatura, partendo dai 623,5 miliardi attuali, puntando su mercati emergenti come Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Mercosur (specialmente Messico e Brasile), Balcani occidentali, Africa e Paesi Asean (su tutti Thailandia, Indonesia e Vietnam).

Il Piano, che prevede missioni economiche e business forum costruiti su dossier-paese che individuano settori e opportunità concrete, è frutto del lavoro congiunto del Maeci con le agenzie del Sistema Italia (ICE, SACE, Simest, Cassa Depositi e Prestiti). I mercati emergenti, in fondo, già oggi coprono il 49% del nostro export globale, ma si può fare ancora di più nonostante l’Italia sia considerata già oggi una potenza mondiale dell’export e vanti numeri record: sesto esportatore mondiale e Paese con la maggiore varietà merceologica, seconda economia al mondo e prima in Europa per diversificazione di beni esportati, un settore che da solo vale il 40% del nostro Pil.

Questo però non vuol dire che si debba abbandonare il dialogo con gli Stati Uniti, su cui Tajani è chiaro: “Il Piano prevede la presenza dell’Italia nei mercati in crescita, è una grande opportunità a tutela delle imprese italiane e delle loro esportazioni che rappresentano il 40% del nostro Pil”. Tuttavia “sarebbe un errore non parlare con gli Stati Uniti”, su cui rimane il grosso punto interrogativo dei dazi, minacciati ma non ancora ufficializzati. Gli Usa in fondo valgono il 10% del nostro commercio estero, il ministro vuole quindi evitare una escalation commerciale: “La guerra dei dazi non conviene a nessuno, né a noi né agli Stati Uniti”. E ancora: “L’Europa deve fare tutto ciò che è in suo potere per facilitare il colloquio con gli Usa, dividersi sarebbe esiziale per l’Occidente”. Per questo si congratula col commissario UE al Commercio, Marcos Sefcovic, per la linea della prudenza assunta negli ultimi giorni nei confronti di Washington: “Ieri ho avuto un lungo colloquio con lui, saggiamente ha deciso di rinviare di due settimane eventuali contromisure. Questo ci consente di proseguire un dialogo con gli Usa. A livello diplomatico faremo tutto ciò che è possibile”. Di contro, la Farnesina vede Oltreoceano anche la possibilità di rafforzare il nostro export: “Investire di più e importare di più dagli Usa – sostiene Tajani – può rappresentare uno scudo efficace per continuare a esportare verso un mercato che oggi vede l’Italia in posizione vantaggiosa nella bilancia commerciale”. Al tempo stesso Tajani ha annunciato anche una riforma del proprio dicastero che presenterà prossimamente nel Consiglio dei ministri: “Una struttura a due teste, una politica e una economica, dedicate alla crescita”. E dunque alle esportazioni.

Federchimica: Con più ricerca ricadute da 6 mld. Urso: “Chimica colonna portante economia”

La ricerca genera competitività e apre la via all’estero. L’effetto spillover è importante: 400 milioni di euro in investimenti nella chimica ad alta specialità generano 6 miliardi di euro sull’intera economia italiana. I dati arrivano dall’incontro ‘Innovazione chimica’, che si è tenuto questa mattina a Villa Madama a Roma, organizzato dal ministero degli Esteri e e da Federchimica.

“Il comparto ha un impatto a cascata su un numero infinito di settori della nostra economica e il rapporto che presentiamo oggi fotografa il ruolo della chimica come acceleratore di innovazione, export, crescita”, spiega, Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri ricorda di aver rafforzato la “squadra della crescita”, ovvero Ice, Sace, Simest, Cassa Depositi e Prestiti, che sono al fianco delle imprese per aiutarle a crescere nei circuiti internazionali. “Dall’inizio del mio mandato ho messo in campo una precisa strategia di Diplomazia della crescita, a favore dell’export e per l’internazionalizzazione dei nostri territori”, rivendica il vicepremier, che in questi giorni ha lanciato una strategia di ulteriore rafforzamento e diversificazione dei mercati di sbocco, con un occhio d’attenzione agli emergenti.

L’industria chimica in Italia è “una delle colonne portanti dell’economia”, osserva Adolfo Urso, che snocciola i numeri: “Con un fatturato di 77 miliardi di euro e un ruolo centrale in Europa, siamo terzi per produzione dopo Germania e Francia”. Ma il settore, assicura, diventerà sempre più “competitivo, innovativo e sostenibile”. La trasversalità della chimica “la rende un motore di innovazione in molti settori, dall’ambiente alla salute, dall’industria ai nuovi materiali“, scandisce Anna Maria Bernini. Sono 125 i corsi di laurea in Italia, che si evolvono per “rispondere alle sfide del mercato del lavoro e della società, con percorsi altamente specializzati e orientati alla sostenibilità e alle nuove tecnologie”, chiosa la ministra dell’Università e della Ricerca.

La chimica è un settore strategico dell’economia europea, ha un carattere pervasivo e abilitatore: il 95% di tutti i manufatti, già di uso comune o che lo diventeranno in futuro, sono disponibili a costi largamente accessibili grazie alla chimica. L’industria chimica, caratterizzata da specialità ad alto valore, offre le soluzioni tecnologiche che rendono possibile lo sviluppo e la produzione di molti prodotti finiti. In termini di competitività sui mercati globali, la geopolitica è entrata prepotentemente nelle nostre imprese con ricadute rilevanti per quanto riguarda la gestione sostenibile delle materie prime e i costi energetici, aspetti cruciali per contrastare la concorrenza globale, in particolare da Paesi che non sempre rispettano i nostri stessi standard ambientali, sociali e di sicurezza. Le imprese chimiche in Italia sono “fortemente orientate all’export e sono protagoniste in collaborazioni internazionali grazie alla forte spinta innovativa data dal loro Dna: esportano tecnologie e competenze, consolidando la presenza internazionale del settore e contribuendo al rafforzamento del Made in Italy a livello globale”, spiega Francesco Buzzella, Presidente Federchimica. Secondo l’Eurostat, l’export chimico italiano, dal 2010 al 2023, è cresciuto dell’85% con un valore totale che ha raggiunto i 40,6 miliardi di euro, il 6,4% sul totale delle esportazioni nazionali. Il confronto internazionale indica che gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione per la chimica europea e la Cina è il primo fornitore per l’Europa. In questo scenario, la Cina produce prevalentemente commodities a basso costo, mentre gli USA sono anche alla ricerca di specialità innovative. In Italia la chimica è tra i settori con la più diffusa presenza di imprese innovative (80%) e, diversamente da altri comparti, l’innovazione si basa sulla ricerca. In effetti l’industria chimica è il primo settore – dopo la farmaceutica – in termini di quota di imprese che svolgono attività di R&S (75%). La ricerca non coinvolge solo le realtà più grandi, ma anche le PMI. In ambito europeo l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, oltre 1.200. Secondo l’anticipazione di una indagine sul valore della ricerca chimica come moltiplicatore di internazionalizzazione e competitività, gli investimenti dell’industria chimica italiana toccano il 3,8% sui ricavi, percentuale che pone il settore ben al di là del 3% fissato dall’UE come obiettivo; nelle imprese ad alto valore aggiunto e specializzazione, l’investimento in R&S supera la soglia del 5%. Al tempo stesso l’81,5% delle imprese ha investito per cogliere opportunità all’estero, il 35,4% ha investito all’estero (da sola o in joint) e il 74,1% è impegnato in progetti internazionali. Oltre la metà delle imprese giudica importante la ricerca per farsi strada nei mercati internazionali.

Dati che ribadiscono il valore strategico dell’innovazione chimica a favore di una espansione sui mercati esteri. La ricerca genera, infatti, competitività e apre la via verso l’estero con importanti ritorni positivi per tutto il Sistema Paese: tre quarti delle imprese hanno programmi di collaborazione internazionali confermando la propensione delle imprese alla ricerca e il contributo che la chimica in Italia offre alla presenza internazionale dell’industria italiana in generale. L’export chimico italiano è cresciuto negli ultimi trent’anni e oggi vale il 4,4% del totale mondiale, con prestazioni positive anche nel confronto con Francia e Germania grazie al traino delle numerose nicchie di specializzazione nell’ambito della chimica a valle in un contesto di regole complesse e di costi elevati a cominciare dall’energia. “La competitività dell’industria europea è a rischio su terreni che tradizionalmente erano suoi punti di forza, come evidenziato dal Rapporto Draghi alla Commissione europea”, ricorda la vicepresidente alla ricerca di Federchimica, Ilaria Di Lorenzo, che denuncia un ritardo delle scelte comuni in materia di competitività e una cultura iper-regolatoria come “ostacoli da rimuovere al più presto per salvaguardare una preziosa e insostituibile infrastruttura tecnologica per il nostro Paese”.

Studio Sace su export e innovazione: 100 mld opportunità per imprese italiane

Cento miliardi di opportunità di investimento per far crescere le imprese italiane, 85 provenienti dall’export e 15 dall’innovazione. “I due comparti, insieme, possono contribuire alla crescita per il 4%”. Ad assicurarlo è Alessandra Ricci, amministratrice delegata di Sace, il gruppo assicurativo-finanziario partecipato dal ministero dell’Economia e delle Finanze che ha approfondito gli scenari di crescita delle nostre imprese in relazione alla Sace Growth map, il mappamondo interattivo che traccia le opportunità di mercato e dà accesso alle soluzioni di Sace.

E tra tutti i mercati da ‘attaccare’ ce ne sono 14 particolarmente interessanti e attrattivi per le nostre imprese. Si tratta dei 14 Paesi Gate, acronimo che sta per Growing Ambitious Transforming Entrepreneurial: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Marocco, Algeria, Sudafrica, Serbia, Turchia, Vietnam, Singapore, Cina, India, Messico-Brasile, Colombia.

Il gruppo assicurativo pone l’accento specialmente sull’innovazione, dove oggi le imprese italiane investono mediamente lo 0,8% del Pil, meno della media europea (1,5%). “E’ un differenziale che corrisponde esattamente a quei 15 miliardi su cui le imprese italiane devono investire”, precisa l’ad. Su questo si può fare dunque molto di più. Oggi, ad esempio, solo un’impresa su tre in Italia investe in innovazione tecnologica e digitale. Troppo poco, visto che ogni impresa che investe in innovazione, e rafforza la propria filiera lavorando in partnership con altre aziende, offre una spinta alla crescita del proprio fatturato di 2 punti percentuali, rispetto a chi non investe.

Tra i settori a maggior opportunità di intervento ci sono tessile e abbigliamento, legno e arredo, alimentari e bevande, carta e stampa. Mentre tra le filiere di frontiera spiccano space & blue economy ed economia circolare, dove l’Italia vanta un buon posizionamento.

Altri 85 miliardi di opportunità riguardano invece l’export, che secondo Sace tornerà a crescere del 3% dopo un biennio di continuità su livelli record di 625 miliardi di euro. Particolarmente positivi i numeri sui mercati che stiamo approcciando solo più recentemente, come i Paesi Asean dove le nostre esportazioni hanno registrato un incremento del 10,3%, con il Vietnam che ha visto una crescita al 25%. Ma anche l’Arabia Saudita (+28%), gli Emirati Arabi Uniti (+20%), la Serbia (+16%), il Messico e il Brasile (+8%). “Il 2025 è l’anno per fare investimenti e prepararsi al fatto che ora ci sono più mercati – ribadisce Ricci – da qui nasce il tema dei 14 Paesi Gate, dove riteniamo che il tasso di crescita dell’export sia superiore al tasso di crescita medio”. E’ un buon viatico per contrastare i dazi Usa, su cui Sace non ha ancora fatto stime. “Cambiano in continuazione le cifre e i Paesi che vengono messi sotto dazi”, replica l’ad, che per il 2025 non vede impatti, “si vedranno in caso dal 2026“. Per questa ragione, la mission di Sace rimane quella di aumentare le capacità di esportazione come numero di Paesi possibili. “Non puoi mettere sotto tariffe tutto il mondo ma in questo modo potremo controbilanciare gli effetti negativi. Fare scenari sui dazi – conclude Ricci – rischia di rimanere un esercizio di scuola, come Sace dobbiamo invece cercare di aprire mercati”.

Commercio, l’andamento di import ed export Ue nel 2024

Le prime stime del saldo commerciale dell’area dell’euro hanno mostrato un surplus di 15,5 miliardi di euro negli scambi di beni con il resto del mondo a dicembre 2024, rispetto ai +16,4 miliardi di euro di dicembre 2023. Le esportazioni di beni dell’area dell’euro verso il resto del mondo a dicembre 2024 sono state di 226,5 miliardi di euro, con un aumento del 3,1% rispetto a dicembre 2023 (219,7 miliardi di euro). Le importazioni dal resto del mondo sono state di 211 miliardi di euro, con un aumento del 3,8% rispetto a dicembre 2023 (203,3 miliardi di euro). Sono i dati di Eurostat, l’Ufficio statistico europeo. Nell’infografica INTERATTIVA di GEA sono prese in considerazione le variazioni percentuali mese per mese di import ed export, del 2024 sul 2023.

Effetto Bce sulla domanda: in Italia calano i prezzi, ma anche le esportazioni

I prezzi calano, le esportazioni pure. L’inflazione italiana torna abbondantemente sotto l’1% annuale ad aprile, registrando un modestissimo +0,1% mensile. “La decelerazione risente perlopiù della dinamica tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-13,9% da -10,3% di marzo) e dei Servizi relativi ai trasporti (+2,7% da +4,5%). In leggero rallentamento risultano anche i prezzi dei Beni alimentari (+2,4% da +2,7%). Di contro, i prezzi dei Beni energetici regolamentati, nonostante il sensibile calo su base congiunturale (-10,1%), mostrano un profilo tendenziale in netta risalita (-1,3% da -13,8%)“, commenta l’Istat. In ogni caso “continua a scendere, anche ad aprile, il ritmo di crescita su base annua dei prezzi del ‘carrello della spesa’ (+2,3% da +2,6%), mentre l’Inflazione di fondo si attesta al +2,1% (da +2,3%)“, conclude l’istituto di statistica.

Bene la frenata dell’Inflazione, che ad aprile scende allo 0,8% su base annua: terminato ‘l’effetto Pasqua’ che aveva portato alla risalita dei listini con sensibili rincari specie nel settore dei trasporti, l’Inflazione torna a calare ad aprile, un dato che però non può bastare ai consumatori”, commenta il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. “Si delinea sempre più chiaramente, infatti, uno scenario di progressiva normalizzazione dei prezzi che riteniamo proseguirà anche nei prossimi mesi“, sottolinea invece Confesercenti, che aggiunge: “Un segnale incoraggiante, quindi, perché, nonostante permanga qualche incertezza rispetto al prezzo degli energetici, il rallentamento dell’Inflazione può contribuire a liberare risorse per le famiglie, il cui potere d’acquisto negli ultimi due anni si è notevolmente ridotto, sostenendo i consumi e la domanda interna“.

In effetti se i prezzi calano è anche perché la domanda è debole, complice una stretta monetaria targata Bce che ha raffreddato il Pil e addirittura mandato ko alcune aziende. Secondo uno studio del Cribis, le liquidazioni giudiziali (definizione che dal luglio 2022 ha preso il posto di ‘fallimento’) registrate nel primo trimestre del 2023 sono in crescita a doppia cifra (+12,6%) rispetto allo stesso periodo del 2023, colpendo in particolar modo le aziende del commercio. “I dati relativi all’inizio del 2024 evidenziano un prolungarsi di quelle sfide che sono alla base dell’aumento nel numero di società in liquidazione giudiziale nel 2023, ascrivibili principalmente all’attuale contesto macroeconomico globale. Ai problemi di liquidità derivanti dalla stretta monetaria si sono infatti aggiunte ulteriori criticità che hanno minato la competitività delle imprese, come la crisi energetica, le guerre in Europa e in Medio Oriente e una maggiore difficoltà nella circolazione delle merci”, sottolinea Marco Preti, amministratore delegato di Cribis.

Soffre dunque anche il commercio estero. A marzo 2024 si è registrata una flessione congiunturale per le esportazioni (-1,7%) e una crescita per le importazioni (+1,5%), in base a quanto comunica l’Istat. La diminuzione su base mensile dell’export è dovuta alla riduzione delle vendite verso l’area extra Ue (-3,9%). E le esportazioni flettono su base annua dell’8,9% in termini monetari e del 10,3% in volume, con una contrazione dell’export in valore più ampia per i mercati Ue (-12,3%) rispetto a quelli extra-Ue (-5,0%). Pesa molto la debolezza tedesca e in generale dell’eurozona, oltre che di quella cinese. Infatti, i Paesi che forniscono i contributi maggiori alla riduzione dell’export nazionale sono: Germania (-16,5%), Francia (-10,9%), Cina (-25,8%), Stati Uniti (-6,7%), Svizzera (-11,5%) e Regno Unito (-12,0%). Crescono invece le esportazioni verso Turchia (+35,1%) e paesi Opec (+6%).

Calano export e fatturato imprese italiane: peggiora sentiment economico eurozona

Domani usciranno i dati del Pil italiano, tedesco ed europeo nel primo trimestre. Le stime indicano un +0,1% trimestrale per tutti, il che allontana la recessione ma conferma la stagnazione. Le aspettative del mercato vedono infatti una crescita annuale di appena lo 0,2% annuale nell’eurozona e un +0,4% anno su anno nel nostro Paese. Pesano le tensioni geopolitiche internazionali, il caro-petrolio e i tassi che restano al 4,5% sui massimi da una ventina d’anni.

Per quanto riguarda l’Italia, il Real Time Turnover (Rtt) Index del Centro Studi di Confindustria indica a marzo “una forte flessione del fatturato a prezzi costanti delle imprese, pari a -4,4% (che segue il -0,8% a febbraio)“. L’indice Rtt suggerisce, quindi, che il 1° trimestre del 2024 è risultato in flessione per il totale economia. Nei servizi si registra un calo mensile (-3,2%), dopo vari mesi di aumento. A marzo si è avuta una ulteriore forte flessione di Rtt nell’industria, -5,6%, dopo quella lieve di febbraio. Questa nuova flessione, insieme al calo delle scorte Istat, suggerisce una riduzione della produzione. Nelle costruzioni, viceversa, l’Rtt a marzo mostra un calo in attenuazione (-2,0%), dopo quelli molto marcati dei primi due mesi del 2024, tutti legati alla scadenza degli incentivi. L’indicatore del Centro studi di Confindustria registra un calo molto forte per il Nord-Ovest (-8,7% a marzo), meno ampio per il Nord-Est (-3,0%). La flessione è forte anche al Centro (-3,9%) e al Sud l’Rtt indica un calo comunque significativo (-1,6%). Grande calo, in particolare, per le piccole imprese (-6,5%) che quasi annulla il balzo di febbraio (+7,2%), sia per le medie imprese (-3,6%) che per quelle grandi (-13,3%).

Altro dato sconfortante, secondo l’Istat, è quello del commercio estero con i Paesi extra Ue: -4,5% mensile a marzo. In generale nel primo trimestre 2024, rispetto al precedente, l’export diminuisce dello 0,9%; la riduzione riguarda tutti i raggruppamenti, a eccezione di beni di consumo durevoli (+12,7%). Nello stesso periodo, l’import registra una flessione del 6,1%, cui contribuisce in misura rilevante la contrazione degli acquisti di energia (-17%). Il saldo commerciale con i paesi extra Ue27 è comunque positivo e pari a +5,603 miliardi (+4,161 nello stesso mese del 2023) e il deficit energetico (-4,012 miliardi) è inferiore rispetto a un anno prima (-6.282 milioni). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici, seppur ampio, tuttavia si riduce da 10,444 miliardi di marzo 2023 a 9,615 miliardi di marzo 2024.

La condizione di debolezza è ovviamente diffusa in tutta l’eurozona e sembra destinata a rimanere, come conferma l’indicatore del sentiment economico della Commissione Europea, sceso a 95,6 ad aprile da 96,2 di marzo. La fiducia industriale (-1,6) è diminuita significativamente. Le scorte sono leggermente aumentate e la valutazione del portafoglio ordini è fortemente peggiorata, il che significa che il settore manifatturiero potrebbe registrare ancora alcuni mesi di attività moderata. Anche se l’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente ha influito negativamente sulla valutazione, la situazione complessiva del settore manifatturiero resta piuttosto negativa. L’utilizzo della capacità (78,9%) è sceso al livello più basso dal 2020. La fiducia è scesa anche nel settore del commercio al dettaglio (-0,8), delle costruzioni (-0,4) e dei servizi (-0,4). Tuttavia, l’utilizzo della capacità nel settore dei servizi è aumentato al 90,2% dall’89,9% del primo trimestre, un valore nettamente superiore alla media a lungo termine (89%). Così, “mentre il primo trimestre ha probabilmente visto una crescita contenuta del Pil dopo due trimestri di contrazione del Pil, il secondo trimestre è iniziato su una base più debole”, sottolineano gli analisti di Ing.

Piano Mattei, in Cdm arriva il decreto sulla governance con cabina di regia e struttura di missione

di Dario Borriello

La partita entra nella fase caldissima. Domani, 3 novembre, alle ore 11, in Consiglio dei ministri arriverà il decreto legge che definisce la governance del Piano Mattei, il progetto su cui il governo, e la premier Giorgia Meloni, puntano per ampliare la cooperazione con l’Africa e fare dell’Italia l’hub energetico d’Europa, favorendo lo sviluppo delle popolazioni locali per frenare i flussi migratori dal sud del Mediterraneo. Gli obiettivi del Piano, infatti, sono quelli di costruire un “nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza“.

Sono diversi anche gli ambiti di intervento. Dalla cooperazione allo sviluppo alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, l’istruzione e formazione professionale, la ricerca e innovazione, la salute, l’agricoltura e sicurezza alimentare, l’approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche, ma anche la tutela dell’ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, l’ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture, anche digitali, nonché la valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico anche nell’ambito delle fonti rinnovabili, il sostegno all’imprenditoria, in particolare a quella giovanile e femminile. Il governo, però, allo stesso tempo intende promuovere l’occupazione sul territorio africano, anche per prevenire e contrastare l’immigrazione irregolare.

Il Piano Mattei prevede, poi, “strategie territoriali riferite a specifiche aree del continente africano, anche differenziate a seconda dei settori di azione“, e avrà una durata quadriennale, con possibilità di rinnovo e aggiornamento “anche prima della scadenza“.

Per portare avanti il progetto sarà istituita una cabina di regia, guidata dal presidente del Consiglio e composta dal ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, con funzioni di vicepresidente, e dagli altri ministri, oltre al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dal direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, dai presidenti dell’Ice-Agenzia italiana per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, di Cassa depositi e prestiti e Sace. Inoltre, ne faranno parte i rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica, del sistema dell’università e della ricerca, della società civile e del terzo settore, rappresentanti di enti pubblici o privati, esperti nelle materie trattate, individuati con un Dpcm che sarà varato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Per assicurare “supporto al presidente del Consiglio dei ministri per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell’azione strategica del governo” sul Piano Mattei verrà istituita, sempre presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche una struttura di missione, alla quale è preposto un coordinatore, articolata in due uffici di livello dirigenziale generale, compreso quello del coordinatore, e in due uffici di livello dirigenziale non generale, il cui coordinatore sarà individuato tra gli appartenenti alla carriera diplomatica. Alla sdm è assegnato pure un contingente di esperti e avrà a disposizione risorse annue per 500mila euro.

Altro punto importante del decreto è la relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano Mattei, che il governo dovrà trasmettere alle Camere (con l’ok della cabina di regia) entro il 30 giugno di ogni anno.

Mattarella: “Dall’agricoltura contributo di primaria importanza all’economia”

Quarant’anni di Made in Italy. Con l’edizione 2023 la fiera internazionale dell’ortofrutta, Macfrut, organizzata da Cesena Fiera, taglia un traguardo importante e prestigioso. Non a caso l’anteprima è stata celebrata dalla presenza, in Emilia-Romagna, del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Che ha speso parole importanti per uno degli appuntamenti più attesi del panorama globale del comparto agricolo e agroalimentare. “E’ un’occasione di grande importanza“, dice il capo dello Stato. Spiegando che tutto ciò “manifesta le potenzialità di questo straordinario settore così centrale nella nostra agricoltura, e quindi nella nostra economia, con prodotti di straordinaria eccellenza, apprezzati ovunque nel mondo, che ogni iniziativa condotta all’estero fa ulteriormente apprezzare e conoscere, come dimostra anche il livello di esportazione di questi prodotti in partenza dall’Italia“.

Sottolineando i numeri prodotti dall’export delle eccellenze italiane, Mattarella ricorda che “questo richiede naturalmente una tutela, un aiuto per l’esportazione, che comprende anche la concezione dell’apertura dei mercati“. Anche perché “l’Italia ha sempre dimostrato di saper stare da protagonista negli interscambi internazionali” e “si è sempre giovata ampiamente dell’apertura dei mercati“. Per questo “il contributo che questo settore fornisce al nostro Paese è di estrema importanza. Davvero di primaria importanza“. Non solo dal punto di vista economico. Il presidente della Repubblica, infatti, mette in luce il fatto che “l’agricoltura si colloca in una frontiera di una delle sfide più importanti che il nostro mondo deve affrontare“. Elencando “i mutamenti climatici, le difficoltà di approvvigionamento alimentare, i temi della sicurezza alimentare nel mondo, le difficoltà di approvvigionamento idrico, il mutamento dei processi produttivi. La sostenibilità, insomma“. Quindi, quelli della fiera “sono anche giorni in cui si possono scambiare esperienze e conoscenze in questa prospettiva“.

Macfrut 2023 aprirà i battenti, ufficialmente, oggi dalle 9.30. A inaugurare l’edizione numero 40 sarà il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, alla presenza di Presidente della fiera, Renzo Piraccini, assieme ai presidenti di Coldiretti, Cia-Agricoltori Italiani e Confagricoltura, Ettore Prandini, Cristiano Fini e Massimiliano Giansanti, oltre al presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, al presidente dell’agenzia Ice, Matteo Zoppas, alla sottosegretaria agli Esteri, Maria Tripodi, e all’assessore all’Agricoltura della Regione Calabria, Gian Luca Gallo. Madrina dell’evento, che vedrà la presenza di numerosi ministri da varie parti del mondo, sarà Simona Ventura.

Sempre oggi sono previsti altri due importanti appuntamenti, ai quali parteciperà Lollobrigida. Alle ore 14 sarà svelato in anteprima nazionale il Padiglione Italia dell’Expo di Doha, mentre alle 15.30 sarà presentata la candidatura di Expo 2030 Roma. “Con la sua presenza il presidente Mattarella ha evidenziato la centralità di un settore eccellenza del Made in Italy che coinvolge 300mila aziende per un valore di 15 miliardi di euro, in una cifra destinata a triplicare se si considera l’intera filiera“, dichiara Piraccini. Che conclude: “Non potevamo avere migliore anteprima“.

Export da 8 mld di euro nel 2022 per il vino italiano: incertezze all’orizzonte

Calano le importazioni, crescono i valori. Si potrebbe fotografare così il mercato mondiale del vino nel 2022 secondo i dati presentati da Nomisma Wine Monitor. L’Italia registra un record dell’export a 8 miliardi di euro e percentuali che si allineano al trend generale: crescita del 16% in Usa, del 32,7% nel Regno Unito, del 21,7% in Canada, del 25,3% in Giappone e del 9,6% in Corea. Risultati leggermente al di sotto della media in Germania (-11,9%) e in Cina (-7,2%). Dati positivi registrano anche i mercati enoici di Usa, in crescita del 18% tra gennaio e novembre 2022, Gran Bretagna (+28,4%), Canada (+16,2%), Giappone (+22,5%) e Corea del Sud (+19,2%).

Negativi i dati che provengono dalla Germania, con un calo del 4,4%, e soprattutto della Cina, che non riesce a rialzarsi ormai dal lontano gennaio 2018. Grazie ai Mondiali di calcio maschile conclusi pochi mesi fa, il Qatar rientra tra i 7 mercati del vino mondiale in grande espansione, con un incremento del 209%, insieme all’Australia (238%), Francia (215%), Italia (163%), Thailandia (146%), Vietnam (120%), India (113%), Angola (112%), Malesia (99%) e Filippine (92%). La guerra ha influenzato il mercato sulle importazioni di vino in Ucraina e in Russia, che ha continuato ad importare soprattutto da Spagna e Georgia. La crisi della Cina, acuita dalle politiche riguardanti la gestione della pandemia di Covid-19, ha prodotto un generale calo delle importazioni, in primis dall’Australia. I dati migliori li registrano Usa e Cile, con un incremento del 14,2% e del 12,8%. La Francia occupa la terza posizione del podio, tallonata dall’Italia che, nonostante gli 8 miliardi di vino esportato vede aumentare la forbice con i cugini d’Oltralpe.

I FATTORI DI RISCHIO NEL 2023. Le previsioni per il 2023 sono all’insegna dell’incertezza. E proprio il rallentamento economico globale rappresenta la principale minaccia che incombe sulle prospettive di crescita del settore vinicolo nell’anno appena iniziato. Un rallentamento temuto da mesi, anche se le previsioni di dicembre della Banca d’Italia stimavano un PIL a +0,4% sul 2022 (rispetto ad una variazione negativa (-0,2%) ipotizzata ad ottobre dal Fondo Monetario Internazionale). D’altra parte, se le quotazioni del gas e del petrolio dovessero assestarsi, anche l’inflazione dovrebbe ridursi, portando minori restrizioni nella politica monetaria delle Banche Centrali. Tutte condizioni che, unite agli investimenti realizzati grazie alle risorse del Pnrr, fornirebbero lo slancio necessario alla ripresa dei consumi, vino compreso. “Questo scenario incerto – spiega Denis Pantini, responsabile Wine Monitorporterà inevitabilmente il consumatore a compiere delle scelte. Pertanto, per decifrare le sue intenzioni contro il ‘caro vita’, abbiamo realizzato in dicembre una survey dalla quale è emerso che quasi un italiano su due farà meno acquisti di prodotti non indispensabili (46%), mentre molti altri si sposteranno su canali più economici. Ma c’è anche un 16% che non farà nessun cambiamento nella spesa alimentare. Il dato positivo è che questa quota, a giugno 2022, era ferma al 9%: ciò significa che il clima generale di fiducia è migliorato negli ultimi sei mesi. Ma c’è un altro aspetto che deve infondere ottimismo al settore vitivinicolo: tra i tagli al carrello della spesa, il vino è solo al sesto posto”.

Vertice Mattarella-Wang Yi: rilancio dell’export Italia-Cina e appello per porre fine alla guerra

Un incontro per riavvicinare la Cina al mondo occidentale. A Roma, il consigliere di Stato e direttore dell’Ufficio della Commissione centrale per gli Affari esteri del Comitato centrale del Partito comunista cinese, Wang Yi, è stato ricevuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Quirinale, assieme al vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, con il quale aveva già avuto un lungo colloquio il giorno prima alla Farnesina.

Al capo dello Stato Wang Yi spiega che questo giro nelle capitali arriva dopo che la Cina è uscita dalla ragnatela del Covid, con l’intento di rilanciare lo sviluppo del proprio Paese. E l’Italia ha un’antica consuetudine culturale con la Cina. I rapporti sono anche commerciali, infatti nel corso del colloquio viene fatto accenno alla Via della Seta, ovvero quel pacchetto di accordi sottoscritti dall’allora governo gialloverde con Pechino che scadranno nel mese di marzo del prossimo anno, ma che si rinnoveranno (automaticamente) alla fine del 2023. Il capo della diplomazia cinese, comunque, ha garantito che la sua nazione intende raddoppiare la collaborazione con il nostro Paese. Non solo con le importazioni dalla Cina, ma anche per implementare le esportazioni dei prodotti italiani.

Tra i temi toccati nel faccia a faccia tra Mattarella e Wang Yi non è ovviamente mancata l’Ucraina. Il presidente della Repubblica, secondo quanto si apprende, ha invitato la Cina a far valere la propria influenza su Mosca per arrivare a alla pace. Dall’inizio del conflitto scatenato dalla Russia, ormai, sono già passati dodici mesi e i negoziati sono ancora fermi.
Una richiesta arrivata anche dal vicepremier, Antonio Tajani. Come lo stesso ministro degli Esteri ammette ai microfoni di ‘Radio Anch’io’, su Radio Rai1, spiegando come è andato l’incontro con Wang Yi in Farnesina del giorno prima. “Ho chiesto di esercitare tutta la forza che un grande Paese quale la Cina ha nei confronti della Russia, affinché venga a più miti consigli, si sieda al tavolo di pace per garantire l’indipendenza dell’Ucraina ma soprattutto per porre fine alla guerra che ormai dura da un anno“. Non solo, perché al capo della diplomazia cinese “ho anche detto quali sono le nostre idee, da dove si dovrebbe cominciare” a costruire la pace. Innanzitutto “creare una zona neutra attorno a Zaporizhzhia, dove si trova la centrale nucleare – spiega Tajani -. Poi, occorre rafforzare i corridoi per il trasporto dei cereali, che sono indispensabili alla popolazione africana“.

Il vice presidente del Consiglio racconta che Wang Yi “ha usato molte parole di pace”, oltre ad avergli preannunciato che il presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, “farà un discorso per la pace in occasione del primo anniversario della guerra”. Sottolineando che il diplomatico “ha insistito sul fatto che la Cina vuole la pace” e “Pechino ha una grande influenza su Mosca”.

L’Italia, dunque, conferma l’impegno per Kiev anche a livello diplomatico. Sul piano pratico, infatti, il nostro Paese è molto attivo: “Abbiamo inviato 100 tonnellate di materiale elettrico perché la popolazione civile non passasse l’inverno al gelo”, chiarisce ancora Tajani. Rivendicando di aver “sempre incoraggiato la Turchia perché facesse la mediazione” per lo sblocco dei corridoi del grano. Con la Cina, però, c’è da risolvere anche la questione legata al rinnovo degli accordi per la Via della seta. Ma per quello c’è ancora tempo fino alla fine dell’anno: “Stiamo valutando la situazione – conclude Tajani -, il governo deciderà il da farsi al momento opportuno”.