Gazprom

Bce: “Gas e petrolio a Cina e India, la Russia sfugge alle sanzioni Ue”

Le sanzioni dell’Unione europea contro la Russia funzionano, ma meno di quanto la stessa Unione potesse auspicare. Perché “il volume delle esportazioni russe di petrolio, il suo principale prodotto di esportazione, è effettivamente aumentato nonostante le sanzioni dell’Ue e del G7”. La Banca centrale europea fa il punto della situazione e il risultato di questa valutazione condotta dagli esperti di Francoforte mostra una Federazione russa molto attiva e con le casse ancora piene. Certo, il Cremlino ha dovuto modificare i listini vendendo il greggio scontato, a 48 dollari al barile (prezzi aggiornati a febbraio 2023) rispetto agli 83 dollari al barile per il Brent, ma vendendo di più a meno si riducono le perdite, che non sono poche.

Sulla scia dell’aggressione all’Ucraina e delle conseguenti sanzioni Ue “la Russia ha gradualmente ridotto i flussi di gas naturale verso l’Europa”. Il risultato è che a febbraio 2023 “le importazioni di gas dalla Russia verso l’Europa sono risultate inferiori del 90% rispetto alla loro media storica”. Un ‘vuoto’ commerciale colmato cambiando acquirenti. Mosca “ha reindirizzato i flussi dall’Europa verso la Cina e la Turchia, nonché verso nuovi partner commerciali in India, Africa e Medio Oriente”. Così facendo si continua a vendere quel greggio che gli europei hanno deciso di non chiedere più.

Diverso il capitolo relativo al gas naturale. Qui le esportazioni tramite gasdotto “si sono dimostrate più difficili da reindirizzare, poiché richiedono ampie infrastrutture per esportare verso destinazioni più lontane”. Per cui, a vendo chiuso i suoi gasdotti verso l’Europa, la Russia è stata “solo parzialmente” in grado di compensare le esportazioni di gas aumentando i flussi di gasdotto verso la Cina e vendendo più gas naturale liquefatto (Gnl) al mercato mondiale. “Complessivamente, le esportazioni di gas russo nel 2022 sono state inferiori di circa il 25% rispetto al 2021”. Emerge comunque un dato: le risorse naturali energetiche russe alimentano l’economia cinese, con ciò che ne deriva per la concorrenza internazionale e mondiale, oltre che per i finanziamenti della macchina da guerra di Putin.

Gli esperti della Banca centrale europea continuano a ritenere che ad ogni modo le prospettiva di crescita di lungo periodo siano, per la Russia, “ridotte”. Ma fin qui il Paese ha saputo rispondere alla sanzioni dell’Ue grazie in particolare alla Cina e, in maniera minore, l’India.

gas Russia

Transizione energetica più lontana: nel 2023 aumentano investimenti e consumi nel gas

La transizione energetica mondiale sembra lontana leggendo il quarto rapporto annuale sul mercato del gas presentato a Doha, in Qatar, dal Forum dei Paesi esportatori di gas (Gecf) ovvero l’Opec del metano. I Paesi membri sono Algeria, Bolivia, Egitto, Guinea Equatoriale, Iran, Libia, Nigeria, Qatar, Russia, Trinidad e Tobago, Emirati Arabi Uniti e Venezuela. Invece Angola, Azerbaigian, Iraq, Malesia, Mozambico, Norvegia e Perù sono membri osservatori. In sintesi, dopo un 2022 nel quale il consumo globale di gas è diminuito, si prevede che riprenderà a crescere nel 2023 (+1%) e raggiungerà un livello massimo storico, con il settore della produzione di energia elettrica che rimane il più grande consumatore di gas. Stati Uniti, Cina e alcuni paesi emergenti dell’Asia Pacifico guideranno la crescita del consumo di gas. Inoltre gli investimenti nel petrolio e nel gas sono aumentati del 7% su base annua per raggiungere i 718 miliardi di dollari nel 2022 e dovrebbero aumentare ulteriormente nel 2023. Infine CCS/CCUS (ovvero le operazioni di Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio) e idrogeno hanno guadagnato slancio come potenziali percorsi per la decarbonizzazione, con un aumento significativo della capacità annunciata. Tuttavia, il numero di progetti operativi è ancora lontano dalla scala richiesta.

Gli sviluppi nel settore del gas sono un’indicazione delle brillanti prospettive per l’espansione dell’industria globale del gas, poiché il gas naturale è destinato a svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo socio-economico e verso transizioni energetiche giuste e inclusive“, ha commentato Mohamed Hamel, segretario generale del Gecf, proprio mentre la Ue chiede una riduzione sempre maggiore del gas. Quest’anno dovrebbe aumentare, oltre al consumo di gas, anche la produzione, l’utilizzo nella generazione di energia elettrica e nell’industria, senza scordare la crescita dell’import di Gnl. Innanzitutto la produzione è stimata 2in aumento di circa l’1% nel 2023, trainata da Nord America, America Latina e Caraibi, Medio Oriente e Africa. Lo scorso anno “sono stati scoperti oltre 600 miliardi di metri cubi di gas naturale, con un aumento del 16% su base annua, che rappresentano il 39% dei volumi totali di petrolio e gas scoperti. Tuttavia, il numero di pozzi di esplorazione è stato meno della metà del numero medio dei livelli pre-pandemici, evidenziando un continuo sottoinvestimento nell’esplorazione”, fa sapere l’Opec del gas.

A livello energetico/industriale “il settore della produzione di energia elettrica è ancora il principale consumatore di gas, con una quota del 44% del consumo globale di gas nel 2022. Il consumo di gas nel settore energetico è diminuito dello 0,2% su base annua, a 6.050 terawattora (TWh), a causa del passaggio dal gas al carbone in varie regioni e dei prezzi elevati del gas, che hanno reso il gas naturale meno competitivo rispetto altri combustibili. Tuttavia – segnala il report del Gecf – la produzione di energia elettrica rimarrà probabilmente il principale motore del consumo globale di gas a livello mondiale, dato che un numero sempre maggiore di Paesi sta abbandonando le centrali elettriche a carbone”. E poi, “con la prevista diminuzione dei prezzi del gas, il consumo di gas nel settore industriale dovrebbe aumentare nel 2023, poiché il gas naturale rimane una fonte di energia conveniente, affidabile ed ecologica per molte industrie“.

Con la crisi delle forniture via gasdotto in Europa, è esploso il mercato del Gnl, per il quale si prevede, nel 2023, “che le importazioni globali aumenteranno del 4-4,5% (16-18 Mt) su base annua, raggiungendo su base annua 416 Mt (milioni di tonnellate). La Cina e i Paesi del subcontinente indiano e del sud-est asiatico dovrebbero rappresentare la maggior parte delle importazioni di GNL, con ulteriori 13-15 Mt di importazioni di Gnl“, si legge nel 4° rapporto annuale. Questo nonostante lo scorso anno siano state “commissionate meno di 30 nuove metaniere, il che rappresenta l’aumento più lento dal 2013, mentre la flotta mondiale di metaniere ha superato le 670 unità. Le tariffe di noleggio per le metaniere hanno raggiunto livelli record nell’autunno del 2022. Questo, insieme all’aumento del costo dei combustibili per il trasporto del gas liquefatto, ha contribuito all’aumento dei costi di trasporto del Gnl“.

In ogni caso una previsione la dice lunga sulla transizione dal gas. Il Forum dei Paesi esportatori di gas prevede che crescano gli investimenti nel settore del petrolio e del gas, grazie ai maggiori investimenti nell’industria upstream e nei terminali di importazione di Gnl. Tuttavia, diverse incertezze incombenti, tra cui il rallentamento della crescita economica globale, le condizioni finanziarie rigide, l’inflazione e l’elevata volatilità dei prezzi dell’energia, potrebbero scoraggiare gli investimenti. Resta il fatto che il settore oil & gas nel solo 2022 ha mobilitato 718 miliardi di investimenti, una cifra superiore all’Ira di Biden per la svolta green.

IMPIANTO SNAM RETE GAS

Allarme Legambiente: 150 perdite su 16 impianti metano. “Serve una normativa stringente”

Centocinquanta punti di perdita su 16 impianti di metano monitorati in Italia. Sono i risultati che Legambiente presenta al termine della campagna ‘C’è puzza di gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso’.

Il problema, sollecita il Cigno Verde, deve essere affrontato urgentemente se si vuole combattere la crisi climatica, dotandosi anche di una normativa stringente per rendere monitoraggi e controlli obbligatori negli impianti. L’associazione ambientalista, grazie al supporto di Clean Air Task Force, ha monitorato e documentato le dispersioni di metano di alcuni impianti energetici e su 16 di questi, monitorati nel 2022 e nel 2023, tra Sicilia, Campania e Basilicata e legati prevalentemente al trasporto di gas come gasdotti, centrali di compressione, impianti di regolazione e misura di gas, pozzi e centrali di trattamento e raccolta di idrocarburi, sono stati rilevati grazie all’utilizzo di una termocamera a infrarossi ‘FLIR GF320’ circa 150 punti di dispersioni diretti. Di questi 128 hanno a che fare con perdite, ovvero emissioni di gas fossile da bulloni, giunture, manometri, valvole, tubature e altre componenti, a testimonianza della necessità di aumentare i monitoraggi, le verifiche e gli interventi. Sono 26, in totale, invece i casi di venting (ossia di rilascio volontario di metano direttamente in atmosfera). In questo viaggio lungo la Penisola, tra gli “osservati speciali” monitorati da Legambiente il gasdotto Greenstream, in Sicilia, che collega la Libia all’Italia e la centrale di compressione di Melizzano, in Campania in provincia di Benevento, che rappresenta un’infrastruttura strategica per il Paese visto che attraverso di essa passa buona parte del gas importato dal sud Italia e spinto verso nord.

Un quadro preoccupante, che ha portato alla luce molte criticità, a partire da uno stato generale delle infrastrutture in cui si fa poca manutenzione, da un massiccio utilizzo di pratiche di venting e la mancanza di dati pubblici.

Se immesso direttamente in atmosfera, il metano può avere un effetto fino a 86 volte più climalterante dell’anidride carbonica per i primi 20 anni. Si stima che a livello globale nel 2021 siano stati emessi in atmosfera ben 126 miliardi di metri cubi di gas solamente dal settore oil and gas, un enorme spreco di risorse oltre a una minaccia per il clima. Un dato che va affiancato dalle attività di flaring, ovvero combustione in torcia, attraverso le quali nel 2021 sono stati sprecati 144 miliardi di metri cubi di gas (IEA, 2023). Per questo Legambiente rilancia un appello al Governo Meloni perché si definisca e si adotti una normativa stringente che preveda monitoraggi e comunicazione (MRV), ma anche interventi di rilevamento e riparazione delle perdite di metano (LDAR). In questa direzione, ad esempio, introdurre l’obbligo mensile di condurre attività di rilevamento e riparazione, secondo lo US EPA, garantirebbe una riduzione delle emissioni del 90%. Dell’80% con una frequenza trimestrale, del 67% semestrale. Allo stesso tempo Legambiente chiede all’Esecutivo un’inversione di rotta per un graduale abbandono delle fonti fossili.

La crisi energetica del 2022, segnata anche dall’aggressione militare russa in Ucraina, ha mostrato in maniera chiara a imprese, cittadini e amministrazioni pubbliche tutti i limiti della dipendenza italiana ed europea dalle fonti fossili“, ricorda Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Una situazione che in Italia, a suo avviso, “rischia di peggiorare alla luce non solo delle sostanziose politiche di diversificazione degli approvvigionamenti di gas fossile, ma anche a causa dello sviluppo delle nuove infrastrutture fossili su cui ha intensamente lavorato il Governo Draghi per affrontare il tema della dipendenza dal gas russo e che il nuovo Esecutivo Meloni sta proseguendo proponendo al Paese e al mondo l’Italia come il principale hub del gas dell’Europa. Una scelta totalmente sbagliata perché il nostro Paese deve diventare l’hub delle rinnovabili e non quello del gas, attraverso semplificazioni normative, autorizzazioni più veloci e investimenti ingenti su grandi impianti industriali, comunità energetiche, accumuli e reti”.

Tra gli impianti che destano preoccupazione spicca il Greenstream, il gasdotto che collega la Libia all’Italia gestito dalla Greenstream BV, una compagnia che vede Eni e Noc (Compagnia petrolifera nazionale libica) azioniste alla pari. In particolare, a Gela, presso il terminal di ricevimento del gasdotto, nel corso dei monitoraggi sono stati osservati due importanti casi di rilascio volontario continuo in atmosfera (venting) e 9 altre perdite di vario genere. A queste si aggiungono quelle rilevate in un impianto di regolazione e misura (REMI) dove sono state individuate 12 emissioni di metano, di cui 2 casi di venting, e 10 perdite da valvole, tubature e contatori.

Biocarburanti, Descalzi: “Una menzogna dire che affamiamo l’Africa”

Sovranità energetica e autonomia passano da tre macrofattori: diversificazione delle fonti di approvvigionamento, infrastrutture e mix di gas e tecnologie di proprietà. La ricetta è firmata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, da un anno è impegnato anche nel difficile compito di aiutare l’Italia e il governo a liberarsi dalle forniture russe (Mosca “non sta dando più nulla all’Italia e molto poco all’Europa, siamo al 5-6% rispetto alla domanda“) creando una indipendenza per il nostro Paese. Il manager ne ha parlato alla cena sociale dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti del Lazio per l’apertura dell’anno sociale 2023, che si è svolta la sera del 28 marzo, a Roma (qui nella foto di GEA accanto al presidente dell’Ucid regionale, Riccardo Pedrizzi).

Un ragionamento molto articolato, che parte dallo scenario in cui si trovano l’Europa e, di conseguenza, l’Italia: “Siamo un grande complesso di trasformazione industriale” ma senza “energia propria, quindi siamo in una grande macchina che però non ha energia. Come se avessimo comprato una Ferrari ma non abbiamo la benzina. Questa è la situazione”, spiega. Dunque, “quando si parla di sovranità o autonomia, vuol dire riuscire ad avere l’energia necessaria per far muovere la propria macchina, le proprie imprese”.

Per ovviare al problema, però, Descalzi richiama tutti alla realtà del momento: “Prima di tutto bisogna mettere i piedi per terra: il gas non può scomparire domani”. Anche perché, spiega, “da vent’anni le previsioni dicono che il gas in Europa sarà sempre meno presente: nel 2000 ne consumavamo 400 miliardi di metri cubi, nel 2022 abbiamo consumato 400 miliardi di metri cubi. Le stesse quantità. Nel mondo, nel 2000 si consumavano 2mila miliardi di metri cubi, oggi se ne consumano più di 4mila miliardi. Il gas, quindi, sta crescendo”.

In chiave futura, però, servono idrogeno verde e soprattutto rinnovabili, “che sono una parte fondamentale ma hanno avuto una penetrazione debole“. Dunque, serve “continuità“. Fino a quando tutto questo non sarà una realtà consolidata, però, serve il gas. Che “prima ci arrivava via tubo, via pipeline, mentre ora deve arrivare con i rigassificatori”, quindi, “oltre alla diversificazione” delle fonti di approvvigionamento “sono necessarie anche le infrastrutture”.

Fondamentale per la sovranità energetica, avvisa Descalzi, è che “il gas non deve essere di un terzo” come è accaduto con la Russia. “Dobbiamo importare gas nostro, per cui abbiamo investito e sviluppato, che nessuno può portarci via” perché questo “ci può dare continuità. E così stiamo facendo con il gas che Eni ha scoperto, trovato e che mette a disposizione”.

C’è anche il capitolo biocombustibili nel ragionamento del ceo del Cane a sei zampe. Vede il bicchiere mezzo pieno sulla battaglia del governo in Europa “vinta in parte”, ma è soprattutto sulle polemiche legate alla produzione che sente il bisogno di togliersi il sassolino dalle scarpe. “Ho sentito in televisione qualcuno che raccontava che noi di Eni stiamo affamando l’Africa perché produciamo olio vegetale. Possiamo dire che questa è una menzogna”, tuona. “Gli arbusti oleosi che coltiviamo in Africa sono in zone desertiche, quindi quasi senza acqua – spiega -. In 7 Stati africani produrremo circa 700-800mila tonnellate all’anno” creando “un totale di 2 milioni di posti di lavoro. Agricoltori. Formati, con Coldiretti, in Italia e in Ruanda”.

Infine, Descalzi parla anche dell’Europa agli imprenditori cristiani del Lazio. “Ci pone degli obiettivi sacrosanti, ma i percorsi e le tecnologie per raggiungerli dobbiamo lasciarli ai singoli Paesi, perché ognuno ha un proprio sistema e una propria storia: la Francia ha il nucleare, noi il gas, le rinnovabili e anche tecnologie su economia circolare o biocarburanti, che sono di nostra proprietà”. A suo modo di vedere, infatti, “questi sono i concetti che ci portano ad avere un’autonomia e una sovranità nel campo energetico e dobbiamo difendere le nostre tecnologie e la libertà di poterle scegliere e sviluppare per le nostre industrie“.

Energia e transizione ecologica alla “Cernobbio degli imprenditori cattolici”

Una serata per fare comunità, parlando dei temi di più stretta attualità, che toccano famiglie e imprese. La cena di apertura dell’anno sociale 2023 dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti del Lazio, avvenuta martedì 28 marzo, a Roma, è stata l’occasione per mettere allo stesso tavolo, non solo idealmente, ministri, esponenti di governo, presidenti di commissione, manager di partecipate pubbliche, consiglieri regionali e assessori del Lazio, ma soprattutto manager, ceo e presidenti di società italiane e multinazionali, oltre a banchieri e assicuratori. “Il Gota dell’economia e della finanza nazionale che si riunisce per fare comunità”, dice il presidente di Ucid Lazio, Riccardo Pedrizzi. Che definisce la serata “una sorta di Cernobbio degli imprenditori cattolici”.

Ospiti della serata, dal titolo emblematico ‘L’autonomia energetica per la sovranità nazionale’, tra gli altri, personalità del calibro di Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, e Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, oltre alla ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, al vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri, l’ex ministro dell’Ambiente, Luciano Galletti, il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio, e il vescovo Paolo Selvadagi, consulente ecclesiastico dell’Ucid gruppo Lazio. “Da un punto di vista umano vogliamo creare delle reti di solidarietà, perché in questo momento, nel nostro Paese, c’è bisogno di fare comunità per affrontare sfide drammatiche, come quella energetica”, spiega ancora Pedrizzi. Che indica le priorità anche dell’Ucid: “Gli approvvigionamenti e la transizione energetica che ci viene proposta dall’Europa”.

Secondo l’ex senatore “Abbiamo scongiurato l’appuntamento disastroso per quello che riguarda le macchine elettriche. Il governo italiano ha fatto un buon lavoro, ha stoppato questa transizione e adesso c’è da scongiurare la transizione energetica sulle nostre case”. Perché “l’Europa vorrebbe l’efficientamento energetico per il nostro patrimonio immobiliare, il ché significherebbe andare a colpire le famiglia, anche per le piccole abitazioni, con una spesa di circa 25-30mila euro che non si possono permettere. In questo la rappresentanza italiana in Europa dovrà farsi sentire”.

Anche Tajani non si sottrae dal tema. “La guerra in Ucraina ci ha costretto a liberarci dalla dipendenza dalla Russia: i risultati sono molto positivi, c’è stata una politica molto saggia”, sottolinea il responsabile della Farnesina. Che ricorda: “L’Italia vuole diventare hub energetico nel Mediterraneo per tutta Europa, andiamo avanti, è un impegno prioritario per il governo”.

Descalzi, nel suo breve intervento, parla di sovranità energetica e autonomia, che passano da tre macrofattori: diversificazione delle fonti di approvvigionamento, infrastrutture e mix di gas e tecnologie di proprietà. La ricetta del ceo di Eni, da un anno impegnato anche nel difficile compito di aiutare l’Italia e il governo a liberarsi dalle forniture russe (Mosca “non sta dando più nulla all’Italia e molto poco all’Europa, siamo al 5-6% rispetto alla domanda“) creando una indipendenza per il nostro Paese, parte da un ragionamento molto articolato. “Siamo un grande complesso di trasformazione industriale” ma senza “energia propria, quindi siamo in una grande macchina che però non ha energia. Come se avessimo comprato una Ferrari ma non abbiamo la benzina. Questa è la situazione”. Dunque, “quando si parla di sovranità o autonomia, vuol dire riuscire ad avere l’energia necessaria per far muovere la propria macchina, le proprie imprese”. Per ovviare al problema, però, Descalzi richiama tutti alla realtà del momento: “Prima di tutto bisogna mettere i piedi per terra: il gas non può scomparire domani”.

Bollette, si va verso decreto legge urgente. Giorgetti: “Iva sul gas al 5% e bonus sociale”

Il prezzo del gas è sceso dopo il varo del price cap europeo, ma gli incentivi servono ancora perché l’emergenza rincari non è rientrata. Sulle bollette, infatti, si sta limando “un provvedimento di urgenza” sulle bollette, che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri non più tardi della prossima settimana, forse già martedì, prima comunque del 31 marzo, data in cui scadranno le misure previste con l’ultima legge di Bilancio. Ne ha parlato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time in Senato. Rispetto alle indiscrezioni circolate nelle ultime settimane non ci sono sostanziali novità. Il responsabile del Mef specifica che “le misure allo studio devono tenere conto delle risorse attualmente disponibili e avranno una durata temporale differenziata, anche in attesa del nuovo quadro economico che emergerà dal Def”, in arrivo ad aprile, e “del perfezionamento del dibattito relativo al RePowerEu e al Pnrr”, oggetto dei negoziati con la Commissione Ue.

In concreto, la direttrice su cui si sta muovendo l’esecutivo è quello di fornire ossigeno ai meno abbienti. “Considerato che i rincari energetici colpiscono in maggior modo le famiglie a basso reddito”, dice Giorgetti, sarà riproposto “il bonus sociale elettricità e gas per i nuclei familiari in condizioni di disagio economico o fisico con Isee fino a 15mila euro”, che ha una platea “di oltre 4,5 milioni di famiglie”. Inoltre, “è allo studio una misura che decorrerà dal 1 ottobre, con l’inizio dell’anno termico, e che consisterà in un contributo a compensazione delle spese di riscaldamento: sarà erogato tramite la bolletta elettrica” e non avrà limiti legati al reddito. Il ministro dell’Economia ribadisce che ci sarà la conferma “anche per il secondo trimestre 2023 della riduzione al 5% dell’aliquota Iva sul gas metano ad uso civile e industriale” rispetto al 10 o al 22%, in base alla tipologia del cliente. Ma anche un intervento “per la somministrazione di energia termica in esecuzione di contratti di servizio energia nonché per le forniture di servizi di teleriscaldamento”.

Per le aziende, poi, si pensa a “misure strutturali di sostegno per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale”. E “nelle more di questa riforma – prosegue Giorgetti -, nel prossimo trimestre è al vaglio un’ipotesi di rimodulazione delle misure già riconosciute nel primo trimestre, sotto forma di credito di imposta, che tenga conto dei livelli di prezzo dell’energia elettrica e di gas che si sono verificati negli ultimi periodi”. Sugli oneri di sistema, invece, si va verso la reintroduzione per quello che riguarda l’energia elettrica, che in compenso avrà altri benefici. Secondo le previsioni dell’esecutivo, comunque, la situazione comunque rimane sotto controllo.

Restando sul tema, non entra ancora nel dibattito il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’energia elettrica. Una misura di cui proprio la premier, Giorgia Meloni, aveva parlato in campagna elettorale come possibile intervento urgente da poter mettere in campo per ridurre il peso delle bollette, ma che in questi mesi non ha trovato spazio nell’agenda di esecutivo e Parlamento. Anche per attendere le mosse dell’Europa, che aveva individuato proprio questo provvedimento come una delle possibili opzioni per la riforma del mercato dell’energia elettrica, salvo poi depennarlo.

L’acqua e i deficit strutturali italiani: imitiamo gli antichi romani

Grazie alla Giornata mondiale dell’Acqua ci si è accorti che questo bene essenziale per la nostra esistenza va preservato e che a tendere – se il clima continuerà a fare le bizze – diventerà prezioso quanto lo sono il petrolio o il gas. Non a caso, da anni l’etichetta (e qui per fortuna il Nutriscore non c’entra…) che viene data all’acqua è quella di Oro Blu.

Ma la riflessione spontanea, più che sulla scarsa piovosità che ormai accompagna inverni e primavere – è legata alle infrastrutture. Sintetizzando: abbiamo rubinetti che non tengono e tubi che perdono, non abbiamo invasi per la raccolta dell’acqua piovana, siamo – in Italia – molto indietro come accade in altri ambiti. Ora, al di là di improvvisare la danza della pioggia, conviene che chi sta nella stanza dei bottoni, indipendentemente dall’appartenenza politica, acceleri le pratiche di ammodernamento del nostro sistema idrico. Perché – provochiamo – va bene pensare alla transizione ecologica, va benissimo provare ad abbattere la produzione di Co2, ma diventa di primaria importanza la gestione dell’acqua.

L’Italia è il secondo Paese della Ue per metri cubi d’acqua prelevata per uso civile, ma solo il 58% viene utilizzata; il restante 42% si disperde qua e là. Immaginiamo se, andando a fare il pieno di benzina o di gasolio, la metà del serbatoio lo rovesciassimo a terra. Ecco, in Italia succede questo tutti i giorni. Domanda: è (ancora) sopportabile una situazione così? Quarantatré milioni di persone sarebbero ‘dissetate’ ogni anno dall’acqua ‘scappata’ da quei rubinetti e da quelle tubature che sono inefficienti, anzi marce, che hanno lustri e lustri di utilizzo alle loro spalle. E che, usando una metafora in linea con questo tema, fanno acqua da tutte le parti. E allora: ben venga la Giornata mondiale dell’Acqua ma non sia per l’appunto una giornata sola, fine a se stessa. Si metta mano al dedalo di tubi che permette di lavarsi e di irrigare i campi, si metta mano alla costruzione di invasi che raccolgano l’acqua piovana, si agisca in fretta e bene sulle infrastrutture. Lo facevano gli antichi romani due mila anni fa, quando non c’erano i satelliti per le previsioni meteo e non si parlava di cambiamento climatico, rifarlo oggi non è un reato. Solo buonsenso. E spirito di sopravvivenza.

La ‘Golar Tundra’ è a Piombino. Giani: “E’ nave della libertà”

La ‘Golar Tundra’ è in porto. La nave rigassificatrice è arrivata a Piombino nella notte tra il 19 e il 20 marzo e servirà a trasformare il gas naturale liquido proveniente dai nuovi accordi con l’Algeria, per poi immetterlo nelle pipeline che porteranno gas ai stoccaggi e, da lì, nelle case degli italiani.

Il governatore della Toscana e commissario per l’opera, Eugenio Giani, la definisce “nave della libertà”: “Perché ci libera, almeno in parte, dalla dipendenza che più ci preoccupa, quella dal gas russo, e ci consente di non pagare alla Russia commesse i cui ricavi potrebbero essere utilizzati per la guerra in Ucraina”, spiega. Di sicuro, l’impianto potrà garantire una diversificazione degli approvvigionamenti di Roma e “la maggiore sicurezza energetica del Paese”, ribadisce.

Il passaggio è stato tutt’altro che semplice. Da mesi, si registrano tensioni con i territori, con la cittadinanza ma anche con le istituzioni locali, perché il Comune di Piombino si è sempre opposto all’arrivo, almeno senza compensazioni per la popolazione e la città. Finora i ricorsi sono stati quasi tutti respinti. Se andrà tutto come previsto dal governo, la nave Fsru – una delle due comperate da Snam, l’altra è a Ravenna – dovrà essere sistemata e messa in funzione entro la metà della primavera per garantire gli approvvigionamenti utili a mettere in sicurezza i prossimi inverni.

Il sindaco, Francesco Ferrari, però non molla: “La questione è tutt’altro che risolta“, precisa. C’è ancora un ricorso pendente al Tar, ricorda e, “checché ne dica il Presidente della Regione Giani, se il tribunale deciderà di accoglierlo, la Golar Tundra dovrà disormeggiare e andarsene dalla nostra città”, tuona il primo cittadino. “La giustizia amministrativa non è uno scherzo e credo fermamente che il Tar prenda il suo compito molto seriamente: che il presidente Giani, nonché commissario straordinario per l’opera, affermi pubblicamente che a prescindere dalla risposta del Tribunale, essendo la nave in funzione quando arriverà la sentenza, continuerà ad operare, non è solamente falso ma anche offensivo nei confronti della città“. I dubbi che il Comune ha sollevato in merito alla sicurezza dell’impianto non sono stati chiariti, l’Aia non è ancora stata concessa, “nonostante i ‘tutto apposto’ di Giani, manca ancora il parere definitivo del Comitato tecnico regionale. Tutte circostanze che fanno sì che quella nave non possa entrare in funzione“.

Ai cittadini di Piombino, Giani promette massimo impegno per le compensazioni. Risorse per la bonifica dei siti ex siderurgici della città: “Ai 40 milioni di euro frutto di un accordo di programma da tempo firmato con lo Stato ne vanno aggiunti almeno altrettanti e il primo atto di buona volontà sarebbe l’approvazione di un emendamento su questo già presentato in Parlamento“, afferma. Ma le compensazioni che chiede riguardano anche lo sconto in bolletta per imprese e cittadini, investimenti sulle fonti di energia rinnovabili in loco, il sostegno al parco archeologico della Val di Cornia e alla realizzazione della strada, la 398, attesa da tempo per collegare l’Aurelia al porto senza passare dal centro della città. “Le avevamo discusse con il precedente Governo Draghi e ritengo che il nuovo Governo le confermerà, una volta che ci siederemo attorno ad un tavolo”, assicura.

Se entrerà in funzione, la ‘Golar Tundra’, stando a quanto dichiarato dal governo e dal ministro competente, Gilberto Pichetto Fratin, resterà in Italia per tre anni, “anche meno se ce ne sarà la possibilità”, ha sempre assicurato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. La soluzione fu individuata dall’esecutivo guidato da Mario Draghi, con la strategia d’urgenza messa in atto dall’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, all’indomani dell’invasione russa in Ucraina che aveva creato problemi alle forniture di gas per il nostro Paese e l’intera Europa. Allargando gli accordi con quelli che all’epoca erano fornitori minori rispetto a Mosca, Draghi e Cingolani, assieme al ceo di Eni, Claudio Descalzi, riuscirono a invertire la rotta e a stilare un cronoprogramma che potrebbe portarci all’indipendenza dalle fonti fossili russe addirittura entro l’anno. O almeno è quello che prospetta il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Che non vede “allarmi” sui prezzi del gas nel prossimo futuro: “Gli stoccaggi dell’anno scorso sono ancora sufficientemente pieni, perché l’inverno è stato mite”, ma in ogni caso “c’è l’accordo in Europa sul price cap”.

La Golar Tundra, costata 350 milioni di dollari, circa 330 milioni di euro, può operare sia come metaniera per il trasporto del gas naturale liquefatto, sia come Fsru. La nave, costruita nel 2015, ha una capacità di stoccaggio di circa 170mila metri cubi di gas naturale liquefatto e una capacità di rigassificazione continua di 5 miliardi di metri cubi l’anno. “L’Italia deve dire grazie a Piombino e alla Toscana“, sostiene il presidente della Regione, Eugenio Giani, che ha seguito sul posto le operazioni di arrivo della nave. “Dobbiamo renderci autosufficienti dalla Russia per il gas e questa opera contribuirà in modo determinante con 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Adesso – conclude – avanti con le compensazioni per il territorio”.

I consumi di gas calano ma la nostra produzione industriale sale

La produzione industriale italiana ha iniziato il 2023 peggio del previsto. A gennaio Istat ha registrato un -0,7% mensile, contro attese di -0,1%, e un incremento dell’1,4% annuale (le aspettative erano per un incremento del 2,9%). Però “il rialzo su base annua è solo un’illusione ottica considerato che a gennaio 2022 la produzione precipitò, secondo gli indici aggiornati di oggi da noi rielaborati, del 3,1% su dicembre 2021 e del 2,7% su gennaio 2021. Non per niente rispetto agli anni precedenti il confronto con il dato di oggi resta sfavorevole”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell‘Unione Nazionale Consumatori. “Secondo il nostro studio, infatti, se la produzione di gennaio 2023, nei dati corretti per gli effetti di calendario, è salita dell’1.4% rispetto a gennaio 2022, è ancora inferiore sia rispetto al 2021, -1,4%, sia con il dato pre-pandemia del gennaio 2020, -3,3%, gap che sale addirittura al 6,2 per i beni di consumo non durevoli”, conclude Dona.

Tra i settori di attività economica che presentano variazioni tendenziali (anno su anno) positive si segnalano la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+15,3%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+14,3%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+11,8%). Le flessioni più ampie si registrano invece nella fabbricazione di prodotti chimici (-10,8%), nell’industria del legno, della carta e della stampa (-10,4%) e nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-9,3%). Tuttavia, se contestualizzato, il dato della produzione industriale appare meno peggio del previsto. Intanto va considerato che il +1,4% andrebbe raffrontato col consumo di gas, materia prima fontamentale in Italia. E il primo report mensile del Gas Exporting Countries Forum, noto anche come Opec del gas, mostra che “a gennaio il consumo di gas è diminuito del 22% su base annua a 7,6 miliardi di metri cubi. Il calo del consumo di gas è stato determinato dalle temperature più calde, con una temperatura media superiore di 1,1°C rispetto alla norma stagionale”, precisa il Gecf, che sottolinea come “per il 13° mese mese consecutivo, il consumo di gas nel settore industriale sia diminuito su base mensile rispetto all’anno precedente, in risposta ai prezzi elevati del gas naturale”.

“Il calo della produzione industriale è stato più ampio delle attese, ma non annulla il balzo di dicembre”, commenta Paolo Mameli, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. Anzi, “a differenza che in altri Paesi europei (Germania in primis), la produzione nei settori ad alta intensità energetica è calata ancora su base congiunturale a gennaio (-0,9% mensile), ma la tendenza di calo si è andata via via attenuando nel periodo più recente: la variazione negli ultimi tre mesi risulta pari a -2% trimestre su trimestre a gennaio, dopo un punto di minimo a -6,1% lo scorso settembre”, continua Mameli. Per cui “l’industria, che è stata la principale responsabile del calo del Pil nello scorcio finale dello scorso anno, potrebbe quantomeno non frenare il valore aggiunto a inizio 2023. Ciò indica rischi al rialzo sulla nostra attuale previsione di un’attività economica stagnante nel trimestre in corso dopo il -0,1% trimestrale visto a fine 2022″.

Il Pil potrebbe dunque anche essere positivo da gennaio a marzo. “Di recente, abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sulla crescita dell’economia italiana quest’anno (dallo 0,6%, già ampiamente al di sopra del consenso negli ultimi 6 mesi, allo 0,8%), grazie alla moderazione dei prezzi energetici, mentre abbiamo ridotto la nostra previsione per il 2024 (dall’1,8% all’1,5%, che resta peraltro al sopra della stima media di consenso), sulla scia degli effetti ritardati della stretta monetaria della Bce”, conclude il senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.

Pichetto gioca d’anticipo sugli stoccaggi sfruttando la lezione di Cingolani

Per non farci prendere in contropiede e per non dover vivere un’estate con l’angoscia di non farcela, l’Italia ha cominciato con largo anticipo le procedute di ristoccaggio del gas. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha già allertato l’Arera e le aziende di stoccaggio per accelerare le pratiche. Si parla di controflusso e si è fissato un target a 1,4 miliardi di metri cubi. Intanto, al 12 marzo, lo stoccaggio italiano è al 56,90%, lievemente sopra la media Ue (56,50%), comunque nella parte bassa della classifica europea in cui la Francia occupa l’ultimo posto con poco più del 32%.

In attesa che cominci a funzionare il rigassificatore di Piombino (la Golar Tundra è in navigazione verso il Tirreno) e distribuisca il gnl, nella speranza che il Piano Mattei pubblicizzato dalla premier Giorgia Meloni passi dallo stadio della progettualità a quello della pratica (ma non può essere una soluzione immediata), continuiamo ad abbeverarci dai soliti osti: Algeria, Azerbaijan, Norvegia, Libia e Russia. Intanto il prezzo del gas è in lenta discesa ma, immaginiamo, appena tutti i paesi riprenderanno a stoccare un rincaro ci sarà. Lieve, pontificano gli esperti.

E’ per questo che, saggiamente, il governo ha pensato bene di anticipare le operazioni e mettere al sicuro il prossimo inverno. Va detto che il Mase ha potuto contare sull’esperienza e le buone pratiche introdotte da Roberto Cingolani, ex ministro della Transizione ecologica, e dall’esecutivo di Mario Draghi. Quel ministro e quel presidente del Consiglio, costretti a fronteggiare una emergenza grave ed improvvisa, si erano industriati per fare in maniera che l’Italia non rimanesse prima al caldo (già l’effetto condizionatori) e poi al gelo, fatto salvo che questo inverno – ormai all’epilogo – è stato particolarmente clemente con le temperature e non c’è stato il temutissimo termosifone selvaggio.

Cingolani – che del governo Meloni è un consulente esterno – ha tracciato la rotta sfruttando un bagaglio di competenze (nazionali e internazionali) enorme e una credibilità totale. Se adesso tutto funziona e la crisi energetica ci ha toccato ma non travolto, il merito è soprattutto suo, perché ha saputo guardare oltre ‘l’oggi per domani’. Gli va dato pieno merito, come va sottolineato il profilo basso scelto dall’ex ministro per non creare ingorghi istituzionali ed eventuali malumori. Pichetto Fratin, che è stato viceministro dello Sviluppo economico con Giancarlo Giorgetti, ha raccolto quella grassa eredità e, intelligentemente, non si è scostato dal solco ormai tracciato e performante. Esempi: è andato a Bruxelles e ha raccolto i mesi di lavoro ai fianchi fatto da Draghi & Cingolani sul price cap, poi si è posizionato sulla ‘vexata quaestio’ delle auto a motore endotermico e adesso ha agito in contropiede per gli stoccaggi. Gioco di squadra?