L’Iran annuncia la fine della guerra dei 12 giorni. Israele: “Ora ci concentriamo su Gaza”

La guerra è finita, andate in pace. Da un lato Donald Trump, per il quale “è stato un grande onore distruggere tutti i siti nucleari” iraniani “e poi fermare la guerra!”. Dall’altro, il presidente iraniano, Massoud Pezeshkian, che ha annunciato “la fine della guerra dei 12 giorni imposta a Teheran” da Israele e si è detto pronto a tornare “al tavolo dei negoziati”. Nel mezzo, una giornata difficile, fatta di tregue violate e poi confermate, di telefonate da un capo all’altro del mondo e di tensioni che si sono accese e spente a intermittenza.

Nel dodicesimo giorno di guerra tra Israele e Iran comincia a vedersi la luce in fondo al tunnel, anche se “la campagna contro” il programma nucleare iraniano “non è finita. Stiamo iniziando un nuovo capitolo basato sui progressi compiuti nella campagna attuale”, come ha dichiarato il capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano, Eyal Zamir. Pezeshkian ha assicurato che il suo Paese non sta perseguendo armi nucleari, ma continuerà a difendere i propri “diritti legittimi”.

E l’annuncio della fine del conflitto apre uno spiraglio alla pace, ma non su tutti i fronti. Zamir, infatti, ha fatto sapere che ora l’esercito “torna a concentrarsi su Gaza, per riportare a casa gli ostaggi e smantellare il regime di Hamas”. Tel Aviv ha anche annunciato la revoca delle restrizioni imposte alla popolazione durante la guerra con l’Iran, mentre le autorità aeroportuali hanno comunicato il “ritorno alla normalità” del traffico aereo. Le scuole e i negozi potranno riaprire e viene annullato il divieto di assembramenti pubblici.

Il presidente Usa, che è volato all’Aia per il vertice Nato, getta acqua sul fuoco, pur continuando ad alimentare le fiamme. Nella notte italiana il repubblicano aveva annunciato la tregua, ma sono continuati gli attacchi iraniani e quelli israeliani, con accuse reciproche di violazione dello stop ai combattimenti. Israele in mattinata ha confermato di aver accettato l’offerta di Trump e che “tutti gli obiettivi” della guerra, scatenata con l’obiettivo dichiarato di neutralizzare il programma nucleare iraniano, erano stati raggiunti. Teheran ha invece gridato “vittoria”, vantandosi di aver costretto il nemico a “cessare unilateralmente” la guerra. Nel mezzo, Trump ha accusato i due Paesi di aver violato la tregua e il Qatar – finito nel mezzo dello scontro con il lancio di missili sulle basi Usa nel suo territorio – ha fatto sapere di aver “persuaso l’Iran” ad accettare il cessate il fuoco e ha esortato Washington e Teheran a riprendere i colloqui sul nucleare.

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha giudicato impossibile, in questa fase, valutare i danni inflitti ai siti iraniani, ai quali ha chiesto di poter accedere. Gli esperti ritengono che l’Iran potrebbe aver evacuato il materiale nucleare dai siti colpiti e Teheran ha affermato di possedere ancora scorte di uranio arricchito. L’Aiea ha tuttavia dichiarato di non aver rilevato finora alcuna indicazione di un “programma sistematico” per la fabbricazione di una bomba atomica.

Iran attacca base Usa in Qatar. Doha avvertita ma reagisce: Ci riserviamo di rispondere

L’Iran attacca la base americana di Al-Udeid in Qatar, la più grande del Medio Oriente, in risposta ai bombardamenti di domenica su tre siti nucleari iraniani. Doha assicura di aver intercettato con successo i missili, condanna l’attacco missilistico, definendolo una “flagrante violazione” della sua sovranità e si riserva il “diritto di rispondere”. Teheran, impegnata da 11 giorni in una guerra con Israele, mette così in atto le sue minacce di ritorsione contro i raid americani che hanno colpito il sito sotterraneo di arricchimento dell’uranio a Fordo e gli impianti nucleari di Isfahan e Natanz. “In risposta all’azione aggressiva e insolente degli Stati Uniti”, le forze armate iraniane “hanno colpito poche ore fa la base aerea americana di Al-Udeid, in Qatar”, avvisa il Consiglio di sicurezza nazionale iraniano in un comunicato, affermando che il numero di missili utilizzati “era lo stesso del numero di bombe” utilizzate nei raid americani.

“Questa azione non rappresenta alcuna minaccia per il nostro Paese amico e fratello, il Qatar”, aggiunge il Consiglio, senza riferire di attacchi contro obiettivi americani in Iraq, citati in precedenza dall’agenzia di stampa ufficiale Irna. Il ministero della Difesa del Qatar fa sapere di aver “intercettato con successo un attacco missilistico contro la base aerea di Al-Udeid”, affermando che non ci sono state vittime. “Lo Stato del Qatar si riserva il diritto di rispondere direttamente in modo proporzionato” a questa “flagrante aggressione”, reagisce il ministero degli Esteri del Qatar, aggiungendo che la base era stata precedentemente evacuata. Immediata la condanna di Dubai: “Condannano con la massima fermezza l’attacco dei Guardiani della Rivoluzione iraniani alla base aerea di Al Udeid, nel Paese fratello del Qatar, considerato una flagrante violazione della sovranità e dello spazio aereo del Qatar”, ha affermato il ministero degli Esteri degli Emirati in un comunicato. Il Kuwait e il Bahrein annunciano la chiusura del loro spazio aereo dopo l’attacco al Qatar, il cui annuncio ha fatto crollare i prezzi del petrolio. All’indomani dell’intervento americano nella guerra tra Iran e Israele, che secondo il Pentagono ha “devastato il programma nucleare iraniano”, la Casa Bianca aveva precedentemente esortato il governo iraniano a riprendere i negoziati sul nucleare, se voleva mantenere il potere nel Paese. Domenica, Ali Akbar Velayati, consigliere della guida suprema Ali Khamenei, aveva minacciato azioni contro le basi militari americane nella regione.

Da parte sua, lunedì sera Israele ha invitato gli abitanti di Teheran ad allontanarsi dalle basi militari e di sicurezza, avvertendo che avrebbe continuato i raid, dopo intensi attacchi sulla capitale iraniana contro i centri di comando dei Guardiani della Rivoluzione e la prigione di Evin, in risposta ai lanci di missili iraniani. La giustizia iraniana ha riferito di danni in alcune parti della prigione di Evin, dove sono detenuti occidentali, prigionieri politici e oppositori. Israele ha anche dichiarato di aver condotto attacchi per “bloccare le vie di accesso” al sito di Fordo, nascosto sotto una montagna a sud di Teheran. In Iran, la guerra ha causato più di 400 morti e 3.056 feriti, per lo più civili, secondo un bilancio ufficiale. I lanci iraniani su Israele hanno causato 24 morti, secondo le autorità. Affermando che l’Iran era sul punto di dotarsi della bomba atomica, Israele lo ha attaccato il 13 giugno, bombardando centinaia di siti militari e nucleari e uccidendo i più alti ufficiali del Paese e alcuni scienziati nucleari. L’Iran, che ha risposto con lanci di missili e droni verso Israele, nega di voler fabbricare armi atomiche, ma difende il proprio diritto a un programma nucleare civile. Prima dell’attacco alla loro base, gli Stati Uniti hanno dichiarato di monitorare “attivamente la situazione nello Stretto di Hormuz”, che “il regime iraniano sarebbe stupido” ad attaccare. Domenica Washington aveva invitato Pechino a dissuadere Teheran dal rispondere all’attacco americano chiudendo questa zona di transito marittimo che rappresenta un quinto del petrolio mondiale. La televisione di Stato iraniana ha inoltre annunciato l’arresto di un “cittadino europeo” sospettato di essere una ‘spia’ al servizio di Israele, senza fornire ulteriori dettagli. Invocando la “situazione di sicurezza” nella regione, le compagnie petrolifere straniere nel sud dell’Iraq hanno “evacuato” parte del loro personale straniero.

Il presidente americano Donald Trump ha parlato domenica di “danni monumentali” inflitti ai siti nucleari iraniani. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha giudicato impossibile in questa fase valutare l’entità dei danni e ha chiesto l’accesso ai siti nucleari iraniani. Gli esperti ritengono che l’Iran possa aver evacuato il materiale nucleare dai siti colpiti, e un alto funzionario iraniano, Ali Shamkhani, ha affermato che il Paese possiede ancora scorte di uranio arricchito. Secondo l’AIEA, l’Iran ha arricchito l’uranio al 60%, vicino alla soglia del 90% necessaria per fabbricare una bomba atomica. Tuttavia, l’agenzia afferma di non aver rilevato finora alcuna prova di un “programma sistematico” iraniano in tal senso. Donald Trump, che aveva rilanciato i negoziati con Teheran per regolamentare il suo programma nucleare – avviati ad aprile con la mediazione dell’Oman – è “ancora interessato” a una soluzione diplomatica, ha affermato lunedì la portavoce della Casa Bianca. Ma “se il regime iraniano rifiuta di impegnarsi in una soluzione diplomatica perché il popolo iraniano non toglie il potere a questo regime incredibilmente violento che lo reprime?”, ha detto. “Se l’attuale regime iraniano è incapace di restituire all’Iran la sua grandezza, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime?”, aveva scritto il giorno prima Trump sul suo social network Truth.

Iran, Khamenei: “Se Usa entrano in guerra danni irreparabili”. Da Trump ultimatum finale

Photo credit: AFP

 

Khamenei parla in tv agli iraniani e sfida Trump. “Non ci arrenderemo mai”, dice la Guida Suprema, che definisce “inaccettabile” l’ultimatum del presidente americano, minacciando le basi Usa nella regione. E aggiunge: “Non avremo pietà per i leader di Israele”. Al tempo stesso l’ayatollah teme per la sua vita e prepara anche il figlio Mojtaba per la successione.

Dal canto suo, Donald Trump resta indeciso: di certo, fa sapere, non lo dirà pubblicamente se deciderà di attaccare. Al momento, tutte le opzioni sono sul tavolo della Casa Bianca che valuta i dubbi sul cambio di regime a Teheran e il rischio di uno scenario libico. Per cui, lancia un ultimatum definitivo: “Hanno chiesto di venire a negoziare, ma è tardi: ho perso la pazienza con l’Iran, deve arrendersi senza condizioni”. La risposta è altrettanto chiara: la nazione iraniana “non si arrenderà mai” sotto pressione, dichiara Khamenei in televisione. Per Teheran il tycoon è un “guerrafondaio” e l’ayatollah avverte: “Le conseguenze di un attacco americano saranno irreparabili”.

Parole a cui il mondo risponde correndo ai ripari: il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato il gabinetto di sicurezza e anche il britannico Keir Starmer e il francese Emmanuel Macron  convocano riunioni di emergenza. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, esorta alla de-escalation, ricordando che “ogni intervento militare aggiuntivo avrebbe conseguenze enormi per l’intera regione”. Ma Trump non sembra intenzionato a cedere, e valuta possibili attacchi: “Forse lo farò, forse no”, dice da Washington, aggiungendo che Teheran aveva contattato gli Stati Uniti per negoziare, ma che la sua pazienza stava “già esaurendosi”. Gli Stati Uniti possiedono una potente bomba anti-bunker in grado di distruggere i siti nucleari iraniani profondamente interrati.

Sul fronte di guerra, il Ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato che l’Aeronautica Militare ha distrutto il “Quartier Generale della Sicurezza Interna” a Teheran, che ha descritto come “il principale organo repressivo del dittatore iraniano”. L’esercito israeliano aveva già annunciato attacchi contro “obiettivi militari” a Teheran. Potenti esplosioni sono state udite più volte dai giornalisti sul posto e diverse colonne di fumo erano visibili in diversi quartieri della capitale. Anche la Mezzaluna Rossa iraniana ha annunciato un attacco israeliano nei pressi del suo edificio. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), Israele ha distrutto due impianti di produzione di centrifughe vicino a Teheran. In risposta, le Guardie Rivoluzionarie della Repubblica Islamica hanno dichiarato di aver lanciato missili balistici ipersonici a raggio intermedio Fattah-1. In serata, l’Iran ha annunciato un inasprimento delle restrizioni a internet, sostenendo che Israele aveva dirottato la rete per scopi militari, nel sesto giorno di guerra tra i due Paesi.

Al momento, i bombardamenti israeliani hanno causato almeno 224 morti e oltre mille feriti in Iran, secondo l’ultimo rapporto ufficiale iraniano pubblicato domenica. I colpi di missili e droni iraniani, che hanno colpito i centri urbani, hanno causato almeno 24 morti e 592 feriti, secondo le autorità israeliane. Intanto, gli Stati Uniti stanno preparando l’evacuazione volontaria dei propri cittadini da Israele, secondo l’ambasciatore statunitense a Gerusalemme Mike Huckabee. Diversi paesi europei, tra cui Germania e Italia, hanno rimpatriato centinaia di loro connazionali. La Cina ha già evacuato quasi 800 suoi cittadini dall’Iran e altri mille sono in fase di evacuazione. Il Ministro degli Esteri, Wang Yi, ha espresso “profonda preoccupazione” per una guerra che “potrebbe sfuggire di mano”. L’ambasciata russa a Tel Aviv ha annunciato la partenza delle famiglie dei diplomatici da Israele. Al contrario, il primo aereo con a bordo israeliani bloccati all’estero a causa della chiusura dello spazio aereo del loro Paese è atterrato mercoledì vicino a Tel Aviv, proveniente da Cipro.

Trump: Usa in guerra, decisione entro due settimane. Iran minaccia su gas e petrolio

Due settimane. E’ il tempo che si è dato Donald Trump per prendere una decisione se schierare anche gli Stati Uniti nella guerra contro l’Iran. Non è la viva voce del presidente Usa a spiegarlo, né un messaggio sui suoi canali social, ma una dichiarazione letta alla Casa Bianca dalla sua portavoce, Karoline Leavitt: “Considerando che esiste una possibilità concreta che nei prossimi giorni possano o meno avere luogo dei negoziati con l’Iran, deciderò entro le prossime due settimane se procedere o meno“, ha fatto sapere il tycoon.

Nel frattempo incassa le parole al miele di Benjamin Netanyahu, che in un’intervista andata in onda oggi nel programma ‘Seven with Ayala Hasson‘, su Kan News, riconosce di sentire il “sostegno” di Washington, a differenza del recente passato, quando l’amministrazione di Joe Biden ha cercato di impedire a Israele di “trattare con i delegati dell’Iran. Il primo ministro, poi, accoglie “con favore” tutto l’aiuto che potrà arrivare al suo Paese per colpire i siti nucleari iraniani. Sul piano militare, poi, il leader di Israele assicura che le sue truppe sono “in grado di colpire tutti gli impianti nucleari” di Teheran e che, dall’inizio del conflitto, “abbiamo distrutto più della metà dei loro lanciamissili“. Nell’intervista c’è spazio per parlare anche delle dichiarazioni del suo ministro della Difesa, Yisrael Katz, secondo cui “Khamenei non deve continuare a esistere“. Netanyahu si limita a dire di aver “dato istruzioni che nessuno in Iran avrà l’immunità“, ma “oltre questo, non è appropriato né necessario aggiungere altro. Dobbiamo lasciare che i fatti parlino più delle parole“.

A distanza di migliaia di chilometri si sente anche la voce di Papa Leone XIV, che in un’intervista esclusiva al Tg1, parlando della crisi internazionale, la definisce “davvero preoccupante“. Il Pontefice afferma, poi, che “giorno e notte cerco di seguire ciò che sta succedendo in tante parti del mondo. Si parla soprattutto del Medio Oriente oggi, però non è soltanto lì“. Prevost rinnova l’appello per la pace: “Cercare a tutti i costi di evitare l’uso delle armi e cercare, attraverso gli strumenti diplomatici, il dialogo: ci mettiamo insieme a cercare soluzioni. Ci sono tanti innocenti che stanno morendo e bisogna promuovere la pace“, mette in luce.

L’Iran, dal canto suo, minaccia la possibile chiusura dello stretto di Hormuz, se gli Stati Uniti dovessero unirsi al conflitto con Israele: la sola ipotesi ha fatto schizzare il prezzo del gas che in Europa viene scambiato in chiusura a 41,7 euro per megawattora in rialzo di quasi l’8%.

La decisione, come annunciato dalla nota dello stesso Trump, arriverà nei prossimi giorni, mentre nella situation room aperta a Washington il Gabinetto del presidente passa al vaglio effetti e conseguenze. Molto attivo, in questo senso, è il segretario di Stato americano, Marco Rubio, che ha avuto una conversazione telefonica anche con il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani. La Farnesina fa sapere che nel colloquio il vicepremier “ha ribadito l’impegno italiano per una de-escalation che favorisca una soluzione diplomatica nel conflitto fa Israele e Iran“. Inoltre, con Rubio “Tajani ha concordato sul fatto che l’Iran non deve avere la bomba atomica” e il ministro ha ricevuto dall’alleato americano “l’indicazione che gli Stati Uniti sono pronti a negoziati diretti con le controparti iraniane, come annunciato dal presidente Trump“.

Inoltre, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, assicura che, al di là di quelle che saranno le scelte di Washington, “sicuramente l’Italia non pensa di entrare in guerra con l’Iran“.

La giornata è intensa per Tajani, che poco dopo sente al telefono anche il ministro degli Affari esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Seyed Abbas Araghchi, confermandogli – riporta sempre la Farnesina – “la contrarietà italiana al fatto che l’Iran si doti dell’arma atomica“. Allo stesso tempo il vicepresidente del Consiglio ripete “l’impegno del governo italiano per arrivare rapidamente a una de-escalation che porti alla fine degli scontri militari tra Iran e Israele“.

Il settimo giorno di conflitto si era aperto con un attacco missilistico iraniano contro un ospedale. A Beersheba, nel sud di Israele, che “completamente distrutto” diversi reparti del Centro Medico Soroka, e l’intero ospedale ha subito “danni significativi, come dichiarato dal direttore della struttura, Shlomi Codish. “L’edificio colpito direttamente era vuoto. Altri reparti del centro, che ricevevano pazienti, sono stati colpiti. Abbiamo 40 feriti, la maggior parte dei quali con ferite lievi“, ha aggiunto. Il portavoce dell’ospedale ha specificato che l’edificio distrutto era stato “evacuato nei giorni scorsi”. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha chiesto che gli ospedali siano “rispettati” e “protetti”. “Il codardo dittatore iraniano sta deliberatamente sparando contro ospedali ed edifici residenziali in Israele. Questi sono tra i più gravi crimini di guerra e Khamenei sarà ritenuto responsabile per i suoi crimini“, ha reagito Katz. Ali Khamenei “considera la distruzione di Israele il suo obiettivo“, ha affermato. “Non si può permettere a un uomo simile di continuare a esistere“.

Immagini televisive hanno mostrato una colonna di fumo nero che si alzava dal complesso di Soroka, il più grande ospedale del sud di Israele e, in quanto tale, un centro sanitario di riferimento per le comunità beduine del Negev, che accoglie regolarmente soldati israeliani feriti nella guerra a Gaza. Per Teheran, a essere preso di mira è stato “il centro di comando e intelligence del regime, situato vicino a un ospedale”. Ma il premier israeliano Benjamin Netanyahu non ci sta: “Faremo pagare un prezzo pesante ai tiranni“, ha avvertito, dopo aver dichiarato lunedì che l’uccisione dell’Ayatollah Khamenei avrebbe “posto fine al conflitto“. Durante una visita all’ospedale di Soroka, ha ribadito gli obiettivi dichiarati della guerra: “Il nostro obiettivo è duplice: armi nucleari e missili balistici. Li elimineremo. Stiamo completando l’eliminazione di questa minaccia“, ha affermato.

Il ministro Katz ha affermato che insieme al premier ha ordinato un’intensificazione degli attacchi contro l’Iran per “eliminare le minacce allo Stato di Israele” e “scuotere il regime degli ayatollah“. Dopo un attacco di decine di missili iraniani, nella mattinata è stato attivato un allarme in diverse regioni di Israele, tra cui Tel Aviv. I servizi di emergenza hanno segnalato 47 feriti. Dal canto suo, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito decine di siti in Iran, tra cui un “reattore nucleare incompiuto” ad Arak e “un sito di sviluppo di armi nucleari a Natanz“, nel centro del Paese. L’Iran “continuerà a esercitare il suo diritto all’autodifesa“, ha ribadito il ministro degli Esteri Araghchi. In attesa di capire le quali saranno le decisioni di Trump, Vladimir Putin e Xi Jinping hanno “condannato fermamente” gli attacchi israeliani in Iran, chiedendo una risoluzione politica e diplomatica del conflitto. Mosca poi ha messo in guardia Washington contro qualsiasi “intervento militare” che avrebbe “imprevedibili conseguenze negative“.

Israele-Iran, Farnesina lavora a rientro italiani. Tajani: G7 compatto, no atomica a Teheran

La priorità in queste ore, per il governo, è la sicurezza dei cittadini italiani che si trovano in Israele e in Iran. “Siamo in costante contatto tutti”, assicura il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “La situazione è quella che è, andiamo avanti preoccupandoci di garantire il più possibile la sicurezza dei nostri connazionali“, insiste.

Non ci saranno evacuazioni perché gli spazi aerei sono chiusi, ma la Farnesina sta “agevolando l’uscita dall’Iran e da Israele dei connazionali che vogliono uscire da questi paesi, quindi vediamo. In questo momento è la priorità numero uno”. Sui social, il vicepremier informa che l’Italia sta organizzando per i prossimi giorni voli commerciali da Amman per permettere ai connazionali di rientrare in Italia da Israele. Gli italiani dall’Iran cercano di rientrare in bus attraverso l’Azerbaigian.

Quanto al rischio sempre più concreto di un intervento armato degli Stati Uniti, Tajani non si esprime. “Chiamate Washington e chiedete“, dice parlando con i cronisti alla Camera, aggiungendo che “si possono commentare solo le decisioni, non le indiscrezioni di stampa o le anticipazioni. Tocca agli Stati Uniti decidere cosa fare”. Il ministro nega qualsiasi spaccamento del fronte europeo. Nel documento del G7 canadese, ricorda, “è stata ribadita l’unità”. Compattezza è stata confermata anche nella riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea di ieri, “anche sul no all’arma atomica nelle mani dell’Iran e questo mi pare è l’elemento chiave“, spiega.

Al termine del vertice “complesso” di Kananaskis, Giorgia Meloni rientra in Italia dopo aver giudicato l’Iran come “la principale fonte di instabilità della regione”. Tutti, riferisce, sono d’accordo che l’Iran non possa avere la bomba atomica. I Paesi del G7, garantisce, “di fronte a una minaccia che è reale concordano sul fatto che Israele abbia il diritto di difendersi, ma l’obiettivo al quale tutti lavoriamo è arrivare a negoziazioni che consentano davvero di impedire che l’Iran diventi una potenza nucleare”, anche perché l’arma atomica “sarebbe una minaccia anche per tutti noi”.

Non ci sarà ancora un vertice di governo nelle prossime ore. Il ministro degli Esteri è impegnato oggi e domani in trasferta a Messina e Taormina, per il settantesimo anniversario del trattato. L’esecutivo si rivedrà venerdì 20, per il Consiglio dei Ministri. Prima, in mattinata la premier sarà impegnata a co-presiedere, con Ursula von der Leyen, a Roma un vertice sul Piano Mattei. Le due leader accoglieranno i rappresentanti di Angola, Zambia, Congo e Tanzania, con i vertici delle istituzioni finanziarie multilaterali, dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale, alla Banca Africana di Sviluppo e l’Africa Finance Corporation. Un passaggio per consolidare la sinergia tra il Piano Mattei per l’Africa promosso dall’Italia e il Global Gateway avviato dall’Unione europea e approfondire la rotta operativa per l’avanzamento delle iniziative comuni.

Le guerre fatte sulle tasche dei cittadini e la retromarcia della Ue

Schiacciati tra la guerra in Ucraina e gli orrori di Gaza, onestamente non si sentiva necessità di un altro fronte conflittuale, ancor più pericoloso, aperto da Israele contro l’Iran. Le evidenze di questi giorni testimoniano una svolta nell’accezione politica a questa terza guerra: mentre sull’Ucraina a tratti le posizioni non sono allineate, mentre sulla Striscia la condanna del mondo è univoca per ciò che ha scatenato la mattanza e per la reazione inusitata che continua a esserci, sulle incursioni dell’esercito di Netanyahu a Teheran e dintorni c’è la quasi sintonia del pianeta, al massimo (ed è il caso della Russia) si registrano silenzi imbarazzati. La minaccia atomica di un regime poco incline alla salvaguardia dei diritti umani, quello degli ayatollah, sta mettendo tutti d’accordo nella speranza che il conflitto non si allarghi e da regionale diventi planetario.

Fatta questa premessa, c’è la poi la sostanza delle cose che va a impattare sul cittadino comune, in Europa e in Italia. Già fiaccati dal ‘tiraemolla’ di Donald Trump che minaccia di mettere dazi anche ai sogni – a proposito, manca meno di un mese alla tregua di luglio – i sistemi economici occidentali devono rifare i conti con altri rincari, in particolare quelli dell’energia, cioè gas e petrolio. E’ vero che l’Iran attualmente ha un’incidenza minima nel mercato globale ed è vero che non si è verificato uno sconquasso dei prezzi (a giugno 2022, quattro mesi dopo l’invasione russa, aveva toccato i 122 dollari al barile, oggi è a 75), però la timida ripresa delle scorse settimane è andata a farsi benedire. E al signor Brambilla o alla signora Pautasso, che smaniano per andare in vacanza e magari non posseggono tutta questa sensibilità geopolitica, l’unica cosa che li rende irascibili sono il rincaro delle bollette e il pieno di diesel o benzina. Perché, alla resa dei conti, è sempre l’energia a fare da discriminante.

Prima c’erano gli Houty, adesso c’è lo stretto di Hormuz, che è grande come il Mare Adriatico e collega il Golfo Persico e il Golfo di Oman, là dove transitano ogni giorno 20 milioni di barili via nave. Se l’Iran decidesse di bloccare quel passaggio, mezzo mondo resterebbe a secco con conseguente impazzimento dei prezzi, perché una goccia di greggio varrebbe quanto un’oncia d’oro. Non a caso, l’Unione europea ha innestato la marcia indietro per quanto riguarda il tetto al petrolio russo, che doveva passare da 60 dollari (stabiliti nel 2022) a 45, in maniera da intaccare i ricavi di Vladimir Putin e togliergli le sovvenzioni per continuare il conflitto con l’Ucraina. Ma di fronte all’incedere minaccioso della guerra tra Israele e Iran e all’inevitabile aumento del prezzi, Ursula von der Leyen ha detto che conviene pazientare. Al contrario dell’Alta Commissaria Kaja Kallas che non vorrebbe arretrare di un millimetro, testimonianza di una distonia strategica all’interno della Commissione. A metterle d’accordo è intervenuto Trump, con un no secco e ultimativo all’inasprimento delle misure contro Mosca. E allora?

Allora lo spauracchio è quello degli Anni Settanta e delle targhe alterne legate alla crisi petrolifera. Assetati di benzina, vennero introdotte misure di austerity – mutuate da un’idea americana – per limitare la circolazione dei veicoli privati la domenica: una era vietata alle targhe pari, quella dopo alle targhe dispari. Tornare indietro di cinquant’anni senza capire il perché…

Iran, Trump valuta di entrare in guerra: “Sappiamo dov’è Khamenei, urge resa incondizionata”

Donald Trump valuta di entrare in guerra in Iran, al fianco di Israele. E’ l’ultima decisione presa dopo aver lasciato in anticipo il vertice del G7 a Kananaskis, in Canada, e prima di riunire alla Casa Bianca il Consiglio di sicurezza nazionale. “Sappiamo esattamente dove si nasconde il cosiddetto ‘Leader Supremo’. È un bersaglio facile, ma lì è al sicuro“, annuncia su Truth il tycoon newyorkese, facendo riferimento ad Ali Khamenei. “Non lo elimineremo (uccideremo!), almeno non per ora – fa sapere -. Ma non vogliamo che vengano lanciati missili contro civili o soldati americani. La nostra pazienza sta finendo. Grazie per l’attenzione dedicata a questa questione“. In un altro messaggio, poi, Trump chiede in caratteri cubitali la “resa incondizionata”.

Il presidente americano spiega di avere il “controllo completo e totale” dei cieli sopra l’Iran, nonostante Teheran disponga di ottimi sistemi di tracciamento satellitare e di altre attrezzature difensive, comunque non “paragonabili a quelle progettate, concepite e prodotte negli Stati Uniti”: “Nessuno – rivendica – lo fa meglio dei buoni vecchi Stati Uniti”. Trump potrebbe prendere “ulteriori misure” contro il programma nucleare iraniano, aveva scritto in precedenza il suo vice presidente, J.D. Vance, su X.

Intanto, secondo quanto riferito dall’esercito israeliano, è stato attivato un allarme rosso nella zona di Dimona, dove si trova una centrale nucleare nel sud di Israele, dopo il lancio di missili iraniani. Le raffiche di bombe reciproche non si placano. In Iran, una serie di potenti detonazioni sono state udite nel pomeriggio nel centro e nel nord di Teheran, e un media locale ha riferito di esplosioni a Isfahan (centro). L’esercito israeliano ha dichiarato di aver bombardato “decine” di obiettivi nell’Iran occidentale, dopo aver colpito durante la notte nella regione “decine di infrastrutture di stoccaggio e lancio” di missili terra-terra e terra-aria e “siti di stoccaggio di droni”. In Israele, i missili iraniani hanno fatto scattare le sirene di allarme nel pomeriggio intorno a Tel Aviv – dove missili e frammenti di proiettili erano caduti in mattinata senza fare vittime – e nel nord, secondo l’esercito. Quest’ultimo ha affermato di averne intercettati la maggior parte. Teheran ha giurato di bombardare Israele senza sosta per porre fine all’attacco israeliano di portata senza precedenti lanciato il 13 giugno, con l’obiettivo dichiarato di impedire all’Iran di dotarsi della bomba atomica.

L’Occidente sospetta che l’Iran persegua questo obiettivo, cosa che Teheran nega, difendendo il proprio diritto a un programma nucleare civile. Israele, che mantiene l’ambiguità sul proprio possesso di armi atomiche, possiede 90 testate nucleari, secondo l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri). Da venerdì, l’aviazione israeliana ha colpito centinaia di siti militari e nucleari, uccidendo i principali alti ufficiali iraniani e scienziati nucleari.

Oggi, l’esercito ha annunciato di aver ucciso un importante comandante militare iraniano, Ali Shadmani, in un attacco notturno a Teheran. Israele ha avuto “il coraggio” di fare “il lavoro sporco per tutti noi” di fronte al “terrorismo del regime” iraniano, commenta il cancelliere tedesco Friedrich Merz, giudicando che il potere iraniano è stato “notevolmente indebolito”. Uccidere l’ayatollah Ali Khamenei “porrà fine al conflitto”, aveva precedentemente assicurato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ai media internazionali, invitando gli iraniani a sollevarsi. I bombardamenti hanno anche ucciso civili da entrambe le parti in zone urbane. L’ultimo bilancio ufficiale iraniano di domenica riportava almeno 224 morti e più di mille feriti. In Israele, il bilancio ufficiale è di almeno 24 morti finora.

L’Iran ha minacciato Israele di “attacchi massicci con droni” e ha affermato di aver distrutto durante la notte con dei droni “obiettivi strategici” a Tel Aviv – tra cui il Mossad, il servizio di intelligence estero israeliano – e Haifa, la grande città nel nord di Israele. In serata, Teheran annuncia “imminenti” attacchi punitivi contro Israele. Il capo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane, Abdolrahim Mousavi, esorta i residenti di Haifa e Tel Aviv a evacuare: “Presto saranno condotte operazioni punitive”, ha detto Mousavi in una dichiarazione video trasmessa dalla televisione di Stato. Dopo il lancio dell’attacco israeliano, gli Stati Uniti hanno dichiarato di rafforzare il loro “dispositivo difensivo” in Medio Oriente e di inviare la portaerei Nimitz. Donald Trump è tornato alla Casa Bianca abbreviando la sua presenza al vertice del G7 in Canada. Inizialmente aveva affermato di volere “una fine reale” del conflitto e “non un cessate il fuoco”, ma ha dichiarato di non essere “particolarmente dell’umore giusto per negoziare” con l’Iran, con cui gli Stati Uniti avevano riavviato i colloqui sul nucleare ad aprile. Ieri Trump ha consigliato agli abitanti di Teheran di evacuare “immediatamente” e oggi lunghe code si sono formate davanti ai panifici e alle stazioni di servizio della capitale iraniana, dove i negozi di alimentari rimangono aperti, ma non il Grand Bazaar, il principale mercato. Secondo quanto riferito da Baku ed Erevan, dal 13 giugno oltre 700 cittadini stranieri provenienti da una quindicina di paesi sono stati evacuati dall’Iran verso l’Azerbaigian e l’Armenia. I medici e gli infermieri iraniani sono stati requisiti, ha riferito martedì l’agenzia Isna. Un attacco informatico ha paralizzato la banca Sepah, una delle principali banche iraniane, secondo l’agenzia di stampa Fars. I media iraniani hanno poi riferito di un’interruzione generalizzata di Internet, senza specificarne l’origine. Israele ha affermato di aver distrutto “la principale struttura” dell’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, nel centro dell’Iran. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha riferito martedì di “elementi che indicano un impatto diretto sulle sale sotterranee” del sito.

Israele attacca siti nucleari e militari iraniani. Khamenei: “Devasteremo regime malvagio”

Israele ha fatto partire l’attacco all’Iran. Dalla notte attacchi di portata senza precedenti continuano a essere lanciati contro siti militari e nucleari, uccidendo alti funzionari, con Teheran che ha promesso una risposta “distruttiva”. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha ricordato che l’operazione sarebbe durata “per molti giorni”: in serata infatti il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, il Tenente Generale Eyal Zamir, ha dichiarato di stare continuando a colpire l’Iran “con tutta la forza” possibile. Nuove esplosioni si sono avvertite nella regione settentrionale di Teheran.

Gli attacchi, effettuati durante la notte da 200 aerei contro circa 100 obiettivi, hanno colpito in particolare la capitale e l’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, nel centro del paese. Raid mirati anche per decapitare l’esercito e i pasdaran: colpiti nelle loro case i comandanti militari, il consigliere politico della guida suprema Khamenei e alcuni scienziati. ‘Rising Lion’ il nome dell’operazione lanciata dall’esercito israeliano che ha fatto sapere di aver colpito “decine di obiettivi militari, inclusi obiettivi nucleari in varie regioni dell’Iran”.

“L’attacco dell’Iran di oggi non è stato accidentale e ho ordinato l’eliminazione del programma nucleare iraniano sei mesi fa”, ha sottolineato Netanyahu in una dichiarazione video. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) aveva confermato che il principale sito di arricchimento dell’uranio di Natanz, nella provincia di Isfahan, era stato preso di mira, ma ha sottolineato, anche dopo ulteriori attacchi durante il giorno, che i livelli di radiazione non erano aumentati nella zona. Almeno 18 persone sono state uccise e 35 ferite nel nord-ovest dell’Iran, secondo l’agenzia di stampa ufficiale IRNA, e almeno 95 persone sono rimaste ferite in tutto il Paese, secondo la televisione iraniana.

Israele ha dichiarato di aver ucciso la maggior parte dei leader della Forza Aerospaziale delle Guardie Rivoluzionarie, l‘esercito ideologico della Repubblica Islamica. Almeno due leader delle Guardie sono morti, tra cui il loro leader, il generale Hossein Salami, e il generale Gholam Ali Rashid. secondo la televisione di stato, sarebbe rimasto ucciso anche il capo di stato maggiore iraniano, il generale Mohammed Bagheri. Il consigliere per la sicurezza nazionale israeliano Tzachi Hanegbi, tuttavia, ha affermato che “attualmente non ci sono piani” per uccidere Ali Khamenei, la Guida Suprema dell’Iran e i suoi uomini. Un consigliere di alto livello della Guida Suprema iraniana, Ali Shamkhani, è rimasto ferito, secondo la televisione di stato iraniana.

Il Presidente Massoud Pezeshkian ha dichiarato che il suo Paese avrebbe fatto “rimpiangere” a Israele il suo attacco. Più
netto il nuovo capo delle Guardie Rivoluzionarie, Mohammad Pakpour, che ha promesso “le porte dell’inferno” al “regime sionista criminale e illegittimo”. “Le forze armate dell’Iran devasteranno il malvagio regime sionista”, ha promesso la Guida Suprema, Ali Khamenei, in un messaggio alla Nazione. “La Nazione iraniana può stare certa che non ci sarà negligenza nella nostra risposta”, ha proseguito Khamenei, secondo cui Israele “non uscirà indenne da questo crimine”.

Lo spazio aereo iraniano è chiuso fino a nuovo avviso, così come quello iracheno. Israele ha dichiarato lo stato di emergenza su tutto il suo territorio e ha chiuso il suo spazio aereo e le sue ambasciate nel mondo, con l’esercito che ha dichiarato di star intercettando droni lanciati in gran numero dall’Iran. “Prevediamo di essere esposti a diverse ondate di attacchi iraniani”, ha dichiarato Netanyahu. L’esercito ha annunciato il dispiegamento di riservisti “su tutti i fronti del Paese”. Teheran ha minacciato anche di colpire le basi militari statunitensi in Medio Oriente in caso di conflitto a seguito di un possibile fallimento dei negoziati sul suo programma nucleare.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ammesso di essere avvertito degli attacchi israeliani. Mentre Washington conduce negoziati indiretti con Teheran sul suo programma nucleare, ha esortato le autorità iraniane a “raggiungere un accordo prima che non rimanga nulla”. Il presidente ha anche avvertito che “futuri attacchi” sarebbero stati “ancora più brutali”. “È ancora possibile fermare questo massacro”, ha dichiarato sul suo social network Truth assicurando che gli Stati Uniti sono pronti a difendere se stessi e Israele in caso di rappresaglia da parte dell’Iran.

Di fatto Israele considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale. L’Occidente e Israele accusano Teheran di voler acquisire armi nucleari, cosa che il governo iraniano nega, sostenendo che il suo programma nucleare è esclusivamente per uso civile. Ieri Israele aveva chiesto alla comunità internazionale una “risposta decisa” dopo che l’AIEA aveva adottato una risoluzione che condannava Teheran per il mancato rispetto dei suoi obblighi nucleari. Israele l’ha denunciata come “una minaccia imminente alla sicurezza e alla stabilità regionale e internazionale”. Un sesto round di negoziati nucleari tra Iran e Stati Uniti era originariamente previsto per domenica a Muscat, con la mediazione dell’Oman. Ora sembra che la loro continuazione sia a rischio. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto la “massima moderazione”, così come l’Alta Commissario per la politica estera dell’Ue. La NATO ha chiesto una “de-escalation” e sia Londra sia Parigi hanno invitato le parti a “esercitare moderazione”.

L’Iran, sostenuto da Russia e Cina, ha ottenuto la convocazione di una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite alle 21 di venerdi sera. Pechino ha espresso “preoccupazione”, mentre Mosca ha denunciato gli attacchi israeliani come “inaccettabili” e “immotivati”. Lo stesso presidente russo Vladimir Putin ha offerto Mosca come mediatore in conversazioni avute con il suo omologo iraniano, Massoud Pezeshkian, e con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu Il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha dichiarato al suo omologo italiano Antonio Tajani che l’Iran si aspettava che “l’Unione Europea in particolare condannasse questo attacco criminale”. Ma il Presidente francese Emmanuel Macron ha rivendicato “il diritto di Israele a proteggersi e garantire la propria sicurezza”, invitando al contempo alla moderazione. L’AIEA ha ribadito che gli impianti nucleari “non devono mai essere attaccati”. La Turchia ha esortato Israele a cessare le sue “azioni aggressive”, e il peso massimo regionale dell’Arabia Saudita ha denunciato “flagranti violazioni” del diritto internazionale.

Costo climatico record per ricostruire Gaza: emissioni pari a quelle di 135 Paesi

La ricostruzione degli edifici distrutti nei primi quattro mesi dell’assalto israeliano a Gaza genererà l’equivalente di quasi 60 milioni di tonnellate di CO2. Di fatto, il costo del carbonio per ricostruire Gaza sarà maggiore delle emissioni annuali di gas serra generate individualmente da 135 paesi, esacerbando l’emergenza climatica globale oltre al bilancio delle vittime senza precedenti. E’ quanto rivela una nuova ricerca condotta da ricercatori nel Regno Unito e negli Stati Uniti, pubblicata sul Social Science Research Network e condivisa esclusivamente con il Guardian.

La ricostruzione dei circa 200mila condomini, scuole, università, ospedali, moschee, panifici, impianti idrici e fognari danneggiati e distrutti da Israele nei primi quattro mesi della guerra a Gaza genererà fino a 60 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (tCO2e): quasi alla pari con le emissioni totali del 2022 generate da paesi come Portogallo e Svezia, e più del doppio delle emissioni annuali dell’Afghanistan.

Secondo lo studio, la ricostruzione a lungo termine genererà il costo maggiore in termini di emissioni di carbonio dalla guerra a Gaza. Circa 26 milioni di tonnellate di detriti e macerie sono stati lasciati in seguito al bombardamento israeliano, la cui bonifica potrebbe richiedere anni.

Dalla ricerca, sintetizza il quotidiano britannico, emerge come le emissioni di riscaldamento del pianeta generate dagli attacchi aerei e terrestri durante i primi 120 giorni della guerra a Gaza siano state superiori all’impronta di carbonio annuale di 26 delle nazioni più vulnerabili al clima del mondo, tra cui Vanuatu e Groenlandia. Inoltre, oltre il 99% delle 652.552 tonnellate di anidride carbonica (CO2 equivalente/CO2e) stimate essere state generate nei primi quattro mesi dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre sono legate al bombardamento aereo di Israele e all’invasione terrestre di Gaza. Quasi il 30% delle emissioni totali di CO2e sono state generate dai 244 aerei cargo americani che hanno trasportato bombe, munizioni e altri rifornimenti militari verso Israele nei primi 120 giorni. Secondo il calcolo, che è quasi certamente una sottostima significativa a causa della mancanza di dati sulle emissioni militari precisa la ricerca, il costo del carbonio dei primi 120 giorni dell’assalto israeliano a Gaza era equivalente al consumo energetico annuale combinato di 77.200 famiglie americane.

L’analisi fornisce un’istantanea conservativa del costo climatico dell’attuale guerra a Gaza, oltre alle uccisioni, alla carestia deliberata, ai danni alle infrastrutture e alla catastrofe ambientale. E sottolinea anche i dati della macchina bellica di ciascuna parte: i razzi di Hamas lanciati su Israele tra ottobre 2023 e febbraio 2024 hanno generato circa 1.140 tCO2e. Altre 2.700 tCO2e sono state attribuite al carburante immagazzinato dal gruppo prima del 7 ottobre. Nel complesso, l’impronta di carbonio di Hamas nei primi 120 giorni è stata equivalente al consumo energetico annuale di 454 case americane.

“Mentre l’attenzione del mondo è giustamente focalizzata sulla catastrofe umanitaria, anche le conseguenze climatiche di questo conflitto sono catastrofiche”, ha affermato Ben Neimark, docente senior presso la Queen Mary University di Londra (QMUL) e coautore della ricerca. “Eppure il nostro studio è solo un’istantanea che tiene conto delle maggiori emissioni di gas serra segnalate dalla macchina da guerra nei primi 120 giorni”.

“Una delle gravi conseguenze della guerra a Gaza è stata la massiccia violazione del diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile… che rappresenta un grave rischio per la vita e il godimento di tutti gli altri diritti”, ha affermato Astrid Puentes, la relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente. “La regione sta già sperimentando gravi impatti climatici che potrebbero peggiorare”.

L’analisi di 120 giorni, che si basa su una precedente ricerca riportata dal Guardian a gennaio, include le emissioni dirette di CO2 derivanti dai bombardamenti e dai voli di ricognizione, dai serbatoi e dal carburante di altri veicoli, nonché dalle emissioni generate dalla produzione e dall’esplosione di centinaia di migliaia di bombe.
Per la prima volta, i ricercatori hanno anche calcolato le emissioni dei camion che effettuano il viaggio di andata e ritorno di 370 miglia (595,5 km) dall’Egitto a Gaza per consegnare aiuti umanitari a 2,3 milioni di palestinesi affamati intrappolati sotto i bombardamenti. Secondo lo studio, i circa 1.400 camion a cui Israele ha consentito di entrare a Gaza tra l’inizio di ottobre e febbraio hanno generato quasi 9.000 tonnellate di CO2e. Ulteriori 58.000 emissioni di CO2e provenivano da generatori diesel ora utilizzati per generare elettricità a Gaza dopo che Israele ha danneggiato o distrutto gli impianti solari dell’enclave e l’unica centrale elettrica (prima del conflitto, circa il 25% dell’elettricità di Gaza proveniva da pannelli solari, una delle percentuali più alte del mondo.)

Mattarella: “Giovani disorientati da mondo debole nel contrastare crisi ambientale sempre più minacciosa”

Guerre, ascolto, pace, lavoro, diritti, unità. Sono alcune delle parole chiave utilizzate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio consegnato agli italiani nell’ultimo giorno dell’anno, il nono tra il primo mandato e l’inizio del secondo. Dallo studio della sala della Vetrata, al Quirinale, con alle spalle l’albero di Natale e le bandiere italiana, europea e della Repubblica, il capo dello Stato guarda al 2024 ricordando che “non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo”.

Perché “sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità”. Ma allo stesso tempo il presidente sottolinea: “Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana. La violenza. Anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso; e di quelle evocate e minacciate”.

Il pensiero corre alle “devastazioni che vediamo nell’Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla”. E alla “orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d’Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità. La reazione del governo israeliano, con un’azione militare che provoca anche migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti”.

Il monito di Mattarella è chiaro: “La guerra, ogni guerra, genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti”.

Il presidente della Repubblica lancia un messaggio semplice, ma potente. “È indispensabile – dice – fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace”. Mattarella aggiunge: “Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità”. Ma “sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace”. E “per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi”.

Il capo dello Stato si rivolge, poi, come spesso accade, direttamente ai giovani, con i quali costruisce fin dal suo primo mandato un filo diretto. “L’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità. Penso alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella rete”.

Mattarella mette in luce che “rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento – continua – che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale”. Ma “in una società così dinamica, come quella di oggi, vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo”.

Un passaggio importante del suo discorso, il presidente della Repubblica lo dedica all’importanza di “ascoltare”, a cui attribuisce anche il significato di “saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Mutamenti che possono recare effetti positivi sulle nostre vite. La tecnologia ha sempre cambiato gli assetti economici e sociali. Adesso, con l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali”.

Mattarella afferma: “Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona – e nella sua dignità – il pilastro irrinunziabile”. Per il capo dello Stato “viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto” per “definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social”. Perché “la democrazia è fatta di esercizio di libertà” che “quanti esercitano pubbliche funzioni, a tutti i livelli, sono chiamati a garantire” e che sia “indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento”.

Mattarella, infine, ricorda, a tutti, che “la forza della Repubblica è la sua unità”, ma “non come risultato di un potere che si impone”. L’unità della Repubblica “è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace”. Valori che ha incontrato “nella composta pietà della gente di Cutro”, nella “operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall’alluvione, spalavano il fango; e cantavano Romagna mia” o “negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a Pizza aut. Promossa da un gruppo di sognatori. Che cambiano la realtà”.

Il presidente della Repubblica, prima di augurare buon anno alle italiane e agli italiani, lascia un ultimo messaggio: “Uniti siamo forti”.

 

 

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