Manovra, Meloni: “Stagione dei soldi gettati è finita, scelte serie e di buon senso”

La stagione dei soldi gettati dalla finestra e dei bonus è finita e non tornerà“. Giorgia Meloni risponde sui social alle polemiche che ruotano intorno alla legge di Bilancio. Il governo viene accusato di tagliare su sanità, trasporto pubblico e istruzione a favore di norme ritenute non indispensabili e inique dall’opposizione, come la flat tax.

L’impatto della Manovra sarà di 25 miliardi, “come quella di un anno fa”, assicura il sottosegretario all’Economia, Federico Freni. Prima, sarà licenziato il piano strutturale di bilancio (che deve essere presentato alla Commissione europea entro il 20 settembre) e che deve passare dall’approvazione del Consiglio dei ministri e del Parlamento. “Sarà esaminato e con il sistema delle mozioni, auspicabilmente, sarà approvato“, afferma. Per la presidente del Consiglio “tutte le risorse disponibili devono continuare a essere concentrate nel sostegno alle imprese che assumono e che creano posti di lavoro e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori“.

La premier si appoggia alle rilevazioni dell’Istat pubblicate in giornata, ricordando che l’Italia cresce “più di altre nazioni europee“, nonostante il rallentamento dell’economia mondiale e la “delicata situazione internazionale“. I dati macroeconomici, infatti, dal Pil all’occupazione, dall’export agli investimenti, sono positivi e per la premier “rappresentano un segnale di grande fiducia“. Il tasso di disoccupazione è il più basso dal 2008: 6,5%, rivendica. Parla di “scelte serie“, di “centralità” e “autorevolezza” dimostrata a livello internazionale: “Adesso è fondamentale rafforzare e consolidare il quadro economico con le scelte che faremo nella prossima manovra economica, ispirata al buon senso e alla serietà“, scandisce.

Meloni vede Weber per sponda Ue su Fitto. Venerdì Cdm e vertice, opposizioni attaccano su clima

L’estate sta finendo. Se non a livello climatico, almeno per la politica. Giorgia Meloni è tornata a Palazzo Chigi e riapre i dossier in scadenza, primo tra tutti il nome da indicare per la prossima Commissione europea. Non che ci sia troppo da discutere, da settimane ormai è Raffaele Fitto il profilo individuato per la nuova squadra di Ursula von der Leyen. Semmai c’è da sfruttare anche il più piccolo margine di trattativa per ottenere una delega prestigiosa e, soprattutto, una vicepresidenza. Incarico che, al momento, non sembra spettare all’Italia nelle intenzioni della presidente della Commissione Ue: per la scelta politica di Meloni (come leader dei Conservatori europei) di non votare Udl, dicono quelli che sanno come gira il vento a Bruxelles.

La premier, però, non si dà per vinta e gioca anche la carta della sponda per arrivare al suo scopo, invitando a Palazzo Chigi Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo (famiglia a cui appartiene anche la presidente della Commissione europea), che prima incontra Fitto per circa un’ora e, successivamente, verso le 15, varca a piedi il portone principale che da su Piazza Colonna, per uscirne dopo circa novanta minuti, stavolta in auto, direttamente dal cortile d’onore, evitando i cronisti in attesa all’esterno. Bocche cucite, perché la situazione è delicata. Weber, nel viaggio di lavoro a Roma, fa tappa anche nella sede dell’Udc per incontrare il segretario, Lorenzo Cesa, e il presidente del partito, Antonio De Poli, i quali ribadiscono l’opportunità di sostenere Fitto, ritenendo “fondamentale” riconoscere una delega di peso all’Italia. In sostanza la portata principale anche della cena serale tra il capo del Ppe e il leader di Forza Italia, Antonio Tajani. Del resto, il tempo a disposizione è poco e il countdown è partito: entro il 30 agosto va spedita la missiva di Chigi (in realtà una più moderna Pec) per Bruxelles con la candidatura italiana, che von der Leyen dovrà poi lavorare per assegnare le deleghe e decidere se riconoscere al nostro Paese il peso che merita (secondo Meloni e alleati) o premiare altri Paesi con la vicepresidenza, magari quelli che a differenza della presidente del Consiglio hanno deciso di appoggiarla.

Venerdì sarà una giornata pienissima per il governo, di quelle segnate con la penna rossa sull’agenda. Oltre alla partita europea, c’è anche un altro match (intenso) da giocare, stavolta tutto interno, con il vertice tra Meloni e i suoi vice e alleati, Matteo Salvini e Antonio Tajani, cui potrebbe aggiungersi anche Maurizio Lupi. Premier e segretario leghista si erano già visti il pomeriggio del 18 agosto nella masseria in Puglia dove Meloni e famiglia hanno trascorso le vacanze, ma il ministro degli Esteri era solo collegato al telefono. Ragion per cui avevano deciso di darsi appuntamento al 30 per fare il punto sul programma di lavoro per l’inverno: legge di Bilancio in primis (che dovrà sciogliere il nodo pensioni), ma anche per discutere guardandosi negli occhi della proposta sullo Ius Scholae rimessa un po’ a sorpresa sul tavolo proprio da Tajani. Alle 17, invece, è in calendario il primo Consiglio dei ministri dopo la pausa.

Quello che, invece, le opposizioni continuano a non trovare tra i dossier più urgenti dell’esecutivo è la transizione ecologica. Non usa giri di parole Angelo Bonelli: “Non solo nessuno dal governo profferisce parola, ma la Manovra che la Premier Meloni si accinge a proporre e approvare non considera minimamente la crisi climatica”. Eppure, avverte il portavoce di Europa Verde e deputato Avs, gli “eventi estremi meteo saranno sempre più frequenti e il calore accumulato dal mare si trasformerà in energia distruttiva come sta capitando negli eventi delle ultime ore. Mentre in altre parti d’Italia il caldo e la siccità stanno determinando situazioni di estrema crisi per le persone”. Bonelli chiede che al vertice di maggioranza “il governo prenda l’impegno di dichiarare lo stato di crisi climatica e adottare i provvedimenti conseguenti. E’ questione di sicurezza nazionale e globale, ma il governo Meloni fa finta di non vedere, con gravi conseguenze presenti e future”.

Sullo sfondo c’è anche la furia del maltempo che nelle ultime ore ha colpito duramente la zona del Casertano, con la frana nel territorio di San Felice a Cancello, dove al momento risultano disperse due persone, una madre e suo figlio. Il sindaco del comune campano ha già inviato la richiesta di riconoscere lo stato di calamità naturale, intanto il Pd attiva anche il canale parlamentare. Il deputato casertano, Stefano Graziano, ha infatti presentato un’interrogazione al ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, “per chiedere quali misure intenda attivare il governo con la massima urgenza per supportare le comunità del comprensorio casertano”. Perché, spiega l’esponente dem, “di fronte alla eccezionalità dell’evento meteo serve una tempestiva risposta da parte di tutte le istituzioni”. La ‘tregua’ politica estiva è ufficialmente terminata.

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A tutte le unità: arriva un autunno caldo, a cominciare dal Commissario Ue

Con il videomessaggio della ripresa di possesso di Palazzo Chigi, il vertice di maggioranza e il Cdm fissato per il fine settimana, Giorgia Meloni ha aperto l’autunno (caldissimo) della politica e chiuso la parentesi (torrida) delle vacanze. “A tutte le unità” il messaggio è chiaro: ci attendono mesi delicati, dalla nomina del commissario Ue alla grana non da poco dei balneari, via via fino ad arrivare alla legge di Bilancio, che è la madre (e il padre) di tutti i provvedimenti. Sullo sfondo lo ius scholae, l’autonomia e le tensioni internazionali suddivise tra Russia-Ucraina e il Medioriente, le divergenze di vedute tra Forza Italia e Lega. Un mappazzone, direbbe qualcuno.

La presidente del Consiglio ha detto di voler infondere il massimo delle energie nei suoi impegni interni e internazionali dopo essersi ricaricata in Puglia. Venerdì c’è la scadenza del commissario Ue, che è un nodo delicatissimo da sciogliere: potrebbe/dovrebbe essere Raffele Fitto il prescelto, però solo se Ursula von der Leyen ci concederà un ruolo di peso, cioè un commissario con competenze economiche. Nel caso non sarà facile sostituire Fitto, che in questi due anni ha preso per mano il Pnrr e ne ha gestito la delicatissima applicazione. Pnrr significa il piano indispensabile di rilancio del Paese, una chance da non sprecare mentre il traguardo del 2026 si avvicina. ‘Dum differtur vita transcurrit’, raccontavano i latini e tempo da perdere non ce n’è. Perché poi, dietro la scelta del Commissario, ci sono le scelte della Nuova Europa che entra davvero in funzione a novembre e che si porta appresso l’eredità non sempre comoda del Green Deal. Sul quale l’Italia ha dato e, salvo cambiamenti abbastanza netti, vuole dare battaglia. Le auto a motore endotermico, le case green, il packaging, la Pac: ce n’è per tutti i gusti. E se il Commissario fosse di secondo piano? Allora probabilmente Fitto rimarrebbe al suo posto e verrebbe chiamato in causa qualcun altro, ma di secondo livello. Ipotesi, ques’utlima, che non vuole essere presa in considerazione. Comunque, è questione di poco e si saprà.

Sul fronte nazionale, l’agenda è ricca di impegni per il governo. A cominciare dalle molte partite che si giocano nelle sale del Mimit, il ministero dell’Impresa e del Made in Italy. Una a caso? La questione delle auto con Stellantis, l’apertura a un fabbricante cinese, la gigafactory di Termoli… Tutto ruota intorno all‘auto elettrica che, al momento, non ha molto appeal in assoluto e non viene quasi considerata dagli italiani. Ma poi c’è la sistemazione definitiva dell’ex Ilva e altri casi. In totale i tavoli di crisi al Mimit sono 32, non proprio bruscolini.

 

Pnrr, Commissione Ue versa all’Italia quinta rata da 11 miliardi

La Commissione europea versa all’Italia la quinta rata del Pnrr, 11 miliardi di euro. ll pagamento segue la valutazione positiva della Commissione, adottata formalmente lo scorso 2 luglio, connessa al conseguimento di 53 traguardi e obiettivi della quinta rata del Pnrr italiano.

L’Italia è al primo posto in Europa per numero di obiettivi raggiunti e importo complessivo ricevuto“, rivendica la premier, Giorgia Meloni, ricordando che Roma è stata anche prima a richiedere il pagamento della quinta rata e il pagamento della sesta. “I recenti dati Istat sul PIL, che stimano una crescita acquisita nel primo semestre 2024 pari allo 0,7% e gli ultimi dati del rapporto Svimez, che nel 2023 evidenziano la decisa accelerazione del PIL nel Mezzogiorno, con un incremento di nuova occupazione pari al 2,6%, sono la riprova dell’efficace lavoro portato avanti dal Governo e dalle Amministrazioni titolari per il conseguimento degli obiettivi programmati e per l’attuazione di misure virtuose per la crescita economica strutturale dell’Italia”, spiega Meloni.

Con l’incasso della quinta rata, l’ammontare complessivo di finanziamento ricevuto sale a 113,5 miliardi di euro, corrispondente al 58,4% delle risorse del Piano. I traguardi e gli obiettivi conseguiti con questo pagamento riguardano quattordici riforme e ventidue investimenti in settori “strategici per la modernizzazione del Paese”, sottolinea Palazzo Chigi, tra cui la concorrenza, gli appalti pubblici, la giustizia, la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, l’istruzione secondaria e terziaria, le infrastrutture, la sanità, la cultura, l’università e la pubblica amministrazione, con la messa a terra degli interventi per la transizione al digitale.

Nei prossimi mesi, insieme all’attività di assessment propedeutica al pagamento della sesta rata, annuncia il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, “il Governo intensificherà il monitoraggio sull’attuazione del Piano, in costruttiva collaborazione con la Commissione europea e con tutte le Amministrazioni titolari, finalizzato al conseguimento degli obiettivi della settima rata, riservando particolare attenzione alle misure inserite nelle ultime tre rate, all’allineamento della piattaforma ReGiS, all’incremento della spesa e all’avanzamento procedurale e finanziario del Piano”.

La Via della Meta: portare in Italia le aziende cinesi dell’auto (elettrica)

Il viaggio della premier Giorgia Meloni a Pechino segna una (nuova) svolta nei rapporti tra Italia e Cina dopo lo strappo della Via della Seta, là dove i rapporti con una delle grandi potenze del mondo non è mai stato agevole in passato e pare resti comunque delicato nel presente. Però, pur con tutte le tutele del caso, è quasi un passaggio ineludibile guardare alla Cina per dare ossigeno al made in Italy e per capire quali ricadute (positive) possano scaturire da alcune sinergie industriali che riguardano il nostro Paese, segnatamente nel settore dell’automotive. Nell‘accordo quadro (triennale) strutturato in sei punti, l’auto elettrica e la possibilità da parte di aziende cinesi di impiantare fabbriche in Italia è forse lo snodo più importante, assieme a un accordo sulle rinnovabili, in particolare l’eolico offshore, e all’eventualità di scansare i dazi sulle merci importate dalla Ue, in risposta ai dazi imposti dall’Europa sulle auto cinesi.

La Cina, assieme all’India, è uno dei grandi inquinatori del Pianeta. Eppure sull’elettrico è anni luce avanti rispetto a tutti i potenziali competitor. E l’Italia, che attualmente ha un solo produttore di automobili, potrebbe/vorrebbe accogliere aziende cinesi. Sembra che ce ne siano sei pronte a sbarcare da noi, agevolate dall’ok del governo e dal dialogo che sta portando avanti da mesi Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy. Se da un lato è fondamentale la stabilità del sistema delle regole che sta alla base di una cooperazione non solo commerciale, dall’altro è indispensabile una certa flessibilità interpretativa per non irrigidire le posizioni. “Solo i cinesi possono produrre un’utilitaria elettrica”, ha detto Federico Visentin, presidente di Federmeccanica, certificando la superiorità tecnologica di Pechino. Tutto questo anche se il mercato dell’elettrico è in stallo per una questione di prezzo (elevato) delle autovetture, di autonomia delle stesse e di carenze di strutture, le agognate colonnine di ricarica. Rimane un dato inconfutabile: il 20% delle auto elettriche acquistate entro i confini dell’Unione europea è cinese e persino Tesla costruisce in Cina dove il costo della manodopera è inferiore.

Tornando all’Italia, il paradosso è che attualmente importiamo di più dalla Cina di quanto esportiamo in Cina (47 miliardi a fronte di 19 miliardi) e la missione della premier a Pechino va vista anche sotto questo aspetto non proprio trascurabile. Dalla Via della Seta si è passati alla Via della Meta, con l’obiettivo dichiarato di intensificare le relazioni commerciali. Meloni si è anche offerta come facilitatore dei rapporti tra la Cina e la Ue, proprio perché alcune rigidità di Bruxelles sono state mal digerite da Pechino, ma aggettivamente gli equilibri della nuova Ue non legittimano a ottimismi assortiti.

Meloni in Libia rilancia Piano Mattei: Con Africa cooperazione strategica

Giorgia Meloni vola a Tripoli per il Trans-Mediterranean migration forum. La Libia chiede aiuto sui migranti e la premier approfitta del palco per rilanciare il Piano Mattei.

Per affrontare seriamente il problema, è convita, serve un “approccio a 360 gradi“, perché con l’Africa l’approccio predatorio “è sicuramente sbagliato“. Parte tutto da lì, spiega: “Il modo giusto di collaborare è una cooperazione tra pari, strategica“.

In altre parole, bisogna portare nel Continente investimenti, per evitare che la gente sia costretta a lasciare le proprie case in cerca di un futuro migliore e “risolvere i problemi di entrambi“. Un esempio? L’energia. Con l’invasione della Russia in Ucraina, tutta l’Europa ha risentito di una crisi senza precedenti, “ma ogni crisi nasconde anche un’opportunità“, osserva Meloni. Tutto quello che Roma ha fatto è stato porre le basi per diversificare le fonti, ma anche i fornitori. Così, l’asse strategico per l’Europa e per l’Italia in primis, data la sua posizione geografica, si sposta da Est a Sud, perché, sottolinea la presidente del Consiglio, “l’Africa è potenzialmente un grande produttore di energie“.

A Tripoli, Meloni viene accolta dal primo ministro del Governo di Unità Nazionale Abdulhameed Dabaiba. Con lei, c’è il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Il Forum riunisce i Paesi dell’area Mediterranea, dell’Africa Subsahariana, la Commissione europea e le organizzazioni internazionali, “pienamente in linea con il metodo di lavoro che l’Italia ha adottato a partire dall’insediamento del Governo Meloni nel 2022, come dimostrano la Conferenza di Roma del luglio 2023 e il lancio del Piano Mattei”, conferma Piantedosi.

L’inquilino del Viminale ribadisce che è “essenziale passare da una cooperazione tattica tra singoli Paesi a un approccio regionale strategico“. L’obiettivo comune non è quello di “alleggerire la situazione migratoria dell’Italia o dell’Europa”, assicura, ma quello di “creare le condizioni per una riduzione di carattere regionale dei flussi illegali a beneficio di tutti i Paesi“. La presenza a Tripoli del vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas e il lancio lo scorso novembre a Bruxelles dell’Alleanza Globale per contrastare il traffico di migranti, osserva Piantedosi, “testimoniano che il contrasto ai trafficanti è uno dei terreni sui quali l’UE vuole impegnarsi, proprio perché soltanto attraverso una azione comune potremo sconfiggere la criminalità internazionale”.

Il tema sarà al centro del G7 dei Ministri dell’Interno che si terrà a Mirabella Eclano, dove il ministro ha invitato alcuni Paesi della sponda sud del Mediterraneo, proprio per sviluppare il dialogo strategico e per lanciare un Piano d’azione per il contrasto al traffico di esseri umani sulla base delle direttrici fornite dal G7 dei Primi Ministri lo scorso giugno. “Sarà sempre più utile – afferma – ragionare su nuovi modelli di partenariato per gestire i flussi illegali”.

Pnrr, ok Commissione a pagamento V rata. Meloni: “Smentito chi puntava sul fallimento”

Due obiettivi e 400 milioni in più. Il governo italiano festeggia un “altro record” in Europa sul Pnrr, con il pagamento della quinta rata, che vale nel complesso 11 miliardi di euro.

La richiesta inviata a dicembre era per 10 miliardi e 600 milioni. Avendo raggiunto 53 e non 51 obiettivi, una parte è quindi l’anticipo della sesta rata. I due goal aggiuntivi riguardano il contrasto all’evasione fiscale e si riferiscono in modo particolare all’aumento del 40% rispetto al 2019 delle lettere di conformità inviate dall’amministrazione fiscale ai contribuenti e all’aumento del 30% rispetto al 2019 del gettito fiscale derivante da queste lettere di conformità.

Una “ottima notizia” per la premier Giorgia Meloni che, tiene a ribadire, “smentisce quanti avevano scommesso sul fallimento di questo governo, quanti speravano in cuor loro che l’Italia potesse perdere i soldi dell’Europa per ottenere magari un vantaggio elettorale“. Il lavoro di questi mesi ha pagato, rivendica, dimostrando “che stiamo facendo quello che sappiamo fare meglio”, e cioè “studiare i dossier, lavorare, portare a casa i risultati concreti”. La messa a terra del Pnrr “rimarrà una priorità assoluta dell’intero governo“, assicura Meloni, perché ogni obiettivo raggiunto è “un passo avanti per rendere la nostra nazione più forte, più moderna, più attenta ai bisogni delle famiglie e delle imprese“.

A questo punto, l’Italia è al primo posto in Europa per “obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario”, sostiene la presidente del Consiglio. Roma, finora, ha ricevuto l’importo maggiore, 113 miliardi e mezzo di euro a fronte dei 194 miliardi quasi e mezzo previsti, ovvero il 58,4% del totale. Pochi giorni fa, inoltre, è stata inoltrata la sesta richiesta di pagamento da 8 miliardi e mezzo di euro e “anche su questo siamo i primi in Europa“, ricorda la premier, che per domani ha convocato un’altra cabina di regia per verificare lo stato d’attuazione degli obiettivi previsti per chiedere il versamento della settima rata da 18,2 miliardi di euro. Giovedì invece ci saranno due cabine di regia tematiche, una per gli insediamenti abusivi in agricoltura e la seconda collegata agli studentati.

E’ stato un iter complesso“, spiega il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, che ha visto una “proficua collaborazione tra la Commissione europea e il governo italiano“. Sono stati compiuti, ricorda il ministro per gli Affari europei, “importanti progressi nell’attuazione di 14 riforme e 32 investimenti“: digitalizzazione uffici pubblici, costruzione di nuovi edifici scolastici, trasporti pubblici, telemedicina, l’ efficientamento energetico di tribunali e dei luoghi della cultura. Il via libera della Commissione europea alla quinta rata, insieme alla richiesta inviata per la sesta, “mette il nostro Paese in una condizione positiva di approccio rispetto all’avanzamento del Piano“, ribadisce, sottolineando la sua “piena soddisfazione“.

Ue, Meloni: “Sulle nomine rispettare il voto dei cittadini. No a logiche dei caminetti”

Rimettere mano al Green Deal per “proteggere la natura con l’uomo dentro“, alla direttiva sulle case green che ha ancora “obiettivi troppo ravvicinati e onerosi“. Tutelare gli agricoltoricolpiti da provvedimenti furiosamente ideologici“, difendere le imprese dalla concorrenza sleale. Semplificare, soprattutto. Tanto da avanzare la proposta di un commissario alla Sburocratizzazioneper mostrare un cambio di passo“. Sono le priorità del governo Meloni in Europa.

Emergeranno nel primo Consiglio della nuova legislatura comunitaria (27-28 giugno), che prenderà il via ufficialmente il 16 luglio. La definizione ufficiale dei posti di vertice è sempre più vicina e Roma, esclusa dalle negoziazioni, non intende restare in disparte, perché i cittadini “si sono espressi“, ricorda la premier nell’informativa alla Camera. L’obiettivo è lavorare per un commissario di pesoche ci spetta“, rivendica. La denuncia è chiara: non saranno accettate le “logiche dei caminetti” nelle quale “alcuni pretendono di decidere per tutti“, scavalcando il consenso. No a qualunque “conventio ad excludendum in salsa europea”, avverte la leader dei Conservatori.

Meloni evidenzia il dato dell’astensionismo, che rappresenta plasticamente una disaffezione in crescita. In Italia, per la prima volta, la partecipazione è scivolata sotto il 50%, al 48,3% degli aventi diritto. Segno, a suo dire, che i cittadini percepiscono Bruxelles come “troppo invasiva“, come un’Unione che “pretende di imporre cosa mangiare, quale auto guidare, in che modo ristrutturare la propria casa, quanta terra coltivare, quale tecnologia sviluppare“, osserva la premier.

Dunque, i cittadini “hanno detto chiaramente qual è il modello che preferiscono tra quello portato avanti fin qui e quello che proponiamo“, rivendica. Un dato emerso da questa tornata Meloni considera “indiscutibile“: “La bocciatura delle politiche portate avanti dalle forze di governo e molte delle grandi nazioni europee che sono anche molto spesso le forze che hanno impresso le politiche dell’Unione in questi anni“.

La risposta al “declino” per la presidente del Consiglio sta nella necessità di “privilegiare al gigante burocratico un gigante politico“, ribadisce Meloni. Parla di aumentare l’autonomia strategica, costruendo catene di approvvigionamento sicure e affidabili e diminuire le proprie dipendenze, rendere l’Europa un luogo “dove sia conveniente investire“, ma allo stesso tempo proteggerla dalla concorrenza sleale dei Paesi extra Ue, perché “il mercato è libero se equo“. E ancora: costruire nuove partnership con l’Africa, sul modello del Piano Mattei, con cui “l’Italia ha fatto scuola” e valorizzare la posizione geografica del nostro Paese, piattaforma naturale nel Mediterraneo, per renderlo “hub di approvvigionamento” e “ponte tra Mediterraneo orientale, Africa ed Europa“.

Meloni rivendica il successo del G7: “Grande gioco di squadra in negoziati difficili”

Photo credit: Palazzo Chigi

Dalla masseria di Borgo Egnazia, circondata da ulivi a perdita d’occhio (come il simbolo scelto per il G7) e dal podio ricavato da un tronco secolare, in conferenza stampa Giorgia Meloni rivendica ancora una volta il suo “grande successo“. Il successo dell’Italia, della Puglia, dei leader del mondo che non si sono disuniti sui grandi temi, sostiene. Il G7 è stato compatto, nonostante i negoziati fossero difficili, e la dichiarazione finale condivisa addirittura un giorno prima: “Non accade spesso”, rivendica la premier. Parla di un “ottimo gioco di squadra che rende onore all’Italia nel suo complesso“.

I sette Grandi raggiungono l’intesa sulla bozza finale in cui non compare il termine “aborto”, causa di frizioni tra Italia e Francia nei giorni scorsi, ma per Meloni la polemica è “artefatta“. Totale il sostegno finanziario aggiuntivo da 50 miliardi per l’Ucraina, che sarà definito a livello tecnico nei prossimi giorni. “Piena” la sintonia sulla proposta degli Stati Uniti per la tregua in Medio Oriente. Il Piano Mattei entra nel documento, con il Global Gateway dell’Ue e la Pgii del G7. Sull’Africa, spiega, “L’Italia ha cercato di essere riferimento dall’inizio del mandato, per costruire modelli di partenariato da pari a pari“.

Attenzione alta sul clima. Qui la presidente del Consiglio tiene però a precisare che “la sfida dell’Italia resta quella della neutralità tecnologica“: “Dobbiamo mantenere gli impegni presi, senza cadere nel paradosso che per proteggere l’ambiente finiamo per avvantaggiare altre nazioni che non hanno problemi ad agire contro l’ambiente“.

Alla Cina, i Sette mandano un “messaggio chiaro“: “Siamo aperti al dialogo, ma le nostre imprese devono poter competere ad armi pari. Il mercato può essere libero, ma solo se è equo, quindi libero mercato, in un quadro però di concorrenza leale“. Nelle prossime settimane, la premier sarà in missione in Cina, su un invito di Xi Jinping “arrivato tempo fa“, fa sapere, confermando i rumor.

Fonte di orgoglio è la prima presenza di un Pontefice a un G7. Papa Francesco si è trattenuto per l’intera sessione outreach, con una riflessione sui rischi e le potenzialità dell’intelligenza artificiale, “una delle sfide più complesse e impattanti“, ricorda. L’obiettivo di tutti, ribadisce, è che “questa tecnologia rimanga controllata dall’uomo“. Su questo, “il Santo Padre ha dato un contributo morale e pratico straordinario“. Il vertice lancia l’iniziativa di un marchio che consenta alle imprese che adottano un codice di condotta di essere riconoscibili.

Anche se il vertice è terminato, la giornata è densa di impegni per la premier, che prima della conferenza finale vede il presidente di turno del G20, il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, stringe un accordo bilaterale tra l’Italia e il Gruppo della Banca Africana di Sviluppo, tiene un bilaterale con il primo ministro del Canada, Justin Trudeau, e ancora con il presidente dell’Algeria, Abdelmadjid Tebboune. Energia, lotta al cambiamento climatico, gestione delle acque e protezione delle foreste sono su tutti i tavoli.

I leader, in questi giorni, non hanno solo discusso di grandi temi. A lavori chiusi, tra i filari della campagna pugliese, “sono stata fiera di vederli a bocca aperta, ma a volte anche meno, per i sapori e il gusto”, racconta la premier. Panzerotti, luminarie, taranta, braccialetti con noccioli di ulivo e la voce del tenore Andrea Bocelli. Gli artigiani mostrano al mondo come dare una nuova vita al legno degli ulivi eradicati per la xylella. “Noi, qui, siamo sempre capaci di reinventarci“, osserva Meloni. Il tema è quello del “borgo globale“: “Con i grandi del mondo parliamo di sfide globali, ma dobbiamo ricordarci che non siamo in grado di affrontare queste sfide senza la nostra identità”.

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Piano Mattei al centro del G7. Da Meloni e dalla Banca africana due fondi per iniziative

Photo credit: Palazzo Chigi

Un Fondo speciale multi-donatori che partirà da 130 milioni di dollari e un accordo bilaterale tra l’Italia e il Gruppo Banca Africana di Sviluppo in cui Roma ha impegnato150 milioni di dollari mentre l’istituto africano “riuscirà almeno a eguagliare” l’investimento. Sono due nuovi fondi per finanziare il piano Mattei in Africa annunciati a margine del G7 che si è chiuso in Puglia.

Fortemente voluto dalla presidenza italiana del Vertice, il ruolo dell’Africa è stato al centro delle sessioni di lavoro del summit di Borgo Egnazia, in una scelta coerente con l’approccio del Piano Mattei che vorrebbe il Continente come un partner paritario dell’Europa. Sul tema, la premier Giorgia Meloni ha incassato il plauso dei colleghi G7 tanto da riuscire a inserire il riferimento nella dichiarazione finale. Nel G7 è infatti “stato condiviso l’approccio italiano“, ha spiegato Meloni in conferenza stampa, sottolineando come l’Italia “abbia cercato fin dall’inizio di creare un punto di riferimento” per quanto riguarda la linea da seguire nei confronti del continente africano: “Unire gli sforzi – ha detto – per continuare a costruire un modello che contribuisca a far crescere e prosperare l’Africa“.

In questa direzione vanno le iniziative siglate da Meloni a margine del vertice, nella giornata conclusiva dedicata agli incontri bilaterali tra i leader, tra cui spiccano quella con il presidente del gruppo Banca Africana di Sviluppo, Akinwumi Adesina, e con il presidente dell’Algeria, Abdelmadjid Tebboune. Al centro delle conversazioni, lo stato di avanzamento dei progetti nell’ambito del Piano Mattei per l’Africa e dell’agenda del Processo di Roma su migrazione e sviluppo. In Algeria, il piano italiano si svilupperà principalmente nel settore agricolo e della formazione professionale. In tale ambito, è in via di adozione il progetto di agricoltura sostenibile che coinvolgerà il Gruppo agroindustriale italiano controllato da Bonifiche Ferraresi SpA per la concessione strategica di circa 36.000 ettari da sviluppare con attività agro-industriali in collaborazione con i partner algerini. Il “più grande investimento in agricoltura sostenibile fatto sinora dall’Italia nella sponda sud del Mediterraneo“, ha sottolinea Palazzo Chigi in una nota.

Il colloquio con Adesina, invece, si è incentrato sull’imminente lancio di una serie di iniziative congiunte “con i settori pubblico e privato dell’Africa, con ulteriori opportunità per le imprese italiane“, come ha spiegato Meloni. Il Piano Mattei “promuoverà partenariati economici e strategici con le nazioni e le istituzioni africane, e il Gruppo Banca Africana di Sviluppo è il nostro principale partner finanziario strategico per la sua attuazione“, ha precisato la premier.

Nel dettaglio, il Fondo speciale multidonatori punterà “a investimenti ad alto impatto e in linea con il clima in settori strategici chiave a sostegno di entità sovrane in Africa” e “sarà in grado di attrarre altri partner internazionali per unire le forze e sfruttare i finanziamenti“. L’Italia ha annunciato un impegno iniziale di circa 130 milioni di dollari in prestiti e sovvenzioni altamente agevolati, insieme a un ulteriore impegno da parte degli Emirati Arabi Uniti. A sua volta, il Gruppo della Banca africana di sviluppo si è impegnato a far corrispondere almeno i contributi del Fondo a ciascun progetto con le proprie risorse. La partnership ha l’obiettivo dichiarato di produrre effetti di sviluppo in tutti i paesi africani, ampliare l’accesso all’energia, affrontare il cambiamento climatico, sostenere la sicurezza alimentare, potenziare i servizi sanitari ed espandere le competenze e i posti di lavoro per i giovani. “Ciò contribuirà a creare maggiori opportunità economiche in Africa e ad arginare i fattori che determinano la migrazione“, ha osservato Adesina.

Quanto all’accordo bilaterale Italia-Banca africana di Sviluppo, si prevede “un accordo di cofinanziamento e un fondo fiduciario per finanziare progetti congiunti” con l’obiettivo di “favorire partenariati economici e strategici con le nazioni e le istituzioni africane costruendo opportunità di business comuni e aumentando i flussi di investimento”. I settori prioritari sono energia, acqua, agricoltura, sanità, istruzione e formazione e infrastrutture sia fisiche che digitali. In particolare è prevista l’istituzione di una piattaforma comune per promuovere gli investimenti del settore privato, la piattaforma per la crescita e la resilienza per l’Africa (GRAf). In quest’ambito la Cassa Depositi e Prestiti ha già manifestato l’intenzione di mobilitare fino a circa 820 milioni di dollari in un orizzonte di cinque anni insieme ai principali partner africani ed internazionali con Cdp e Gruppo Banca Africana di Sviluppo orientati a garantire fino a a 200 milioni di dollari ciascuno nello stesso periodo. L’Italia si è già impegnata a contribuire con risorse fino a 45 milioni di dollari all’Alliance for Green Infrastructure in Africa (Agia), un’iniziativa della stessa Banca Africana di Sviluppo che punta a mobilitare fino a 10 miliardi di dollari in investimenti su infrastrutture green in tutta l’Africa.