Meloni e von der Leyen a Roma per vertice su Piano Mattei e Global Gateway

Domani Giorgia Meloni vedrà Ursula von der Leyen a Roma. L’appuntamento è programmato, la premier e la presidente della Commissione europea co-presiederanno un vertice sul Piano Mattei e il Global Gateway per l’Africa. Ma è ragionevole pensare che le due leader faranno anche un punto sulle tensioni geopolitiche mondiali e sulla strategia da tenere nel caso in cui Donald Trump decidesse di entrare in guerra contro l’Iran, al fianco di Israele.

A Villa Pamphilj, Meloni e von der Leyen accoglieranno i leader dell’Unione Africana, dell’Angola, dello Zambia, della Repubblica Democratica del Congo, della Tanzania e i vertici delle Istituzioni finanziarie multilaterali, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca Africana di Sviluppo e l’Africa Finance Corporation.

Il passaggio servirà a consolidare la sinergia tra il piano italiano e quello europeo per il continente oltre Mediterraneo, per approfondire la rotta operativa e monitorare l’avanzamento delle iniziative comuni. Più volte infatti Meloni ha dichiarato di voler allargare il Piano Mattei, “europeizzarlo”, per potenziare la collaborazione con le iniziative internazionali che hanno un focus sull’Africa.

Tra i progetti più imponenti, spicca il ‘Corridoio di Lobito’, infrastruttura ferroviaria da 830 chilometri, che collegherà Angola e Zambia tramite la Repubblica Democratica del Congo, che in prospettiva potrà essere estesa fino al porto di Dar es Salaam, in Tanzania. Il progetto – di cui si è già parlato lo scorso anno, nel corso del G7 sotto presidenza italiana a Borgo Egnazia – punta a creare un asse logistico regionale per il trasporto non solo di minerali strategici, ma anche di prodotti agricoli e input energetici, in un’ottica di sviluppo integrato.

In agenda anche il potenziamento dell’interconnessione digitale ‘Blue-Raman’ – che oggi prevede il collegamento tra India, Europa e Medio Oriente -, il sostegno alle filiere produttive agroalimentari del Continente africano e il rafforzamento delle catene di approvvigionamento. Il vertice è stato anticipato a livello tecnico lo scorso 27 marzo da un evento che si svolto a Roma e che ha riunito oltre 400 attori pubblici e privati italiani, africani ed europei, per definire priorità settoriali e piattaforme di investimento congiunte. Le intese maturate nel corso di questa iniziativa si tradurranno, a livello istituzionale in occasione del Vertice del 20 giugno, in accordi politici e finanziari multilaterali.

Israele-Iran, Farnesina lavora a rientro italiani. Tajani: G7 compatto, no atomica a Teheran

La priorità in queste ore, per il governo, è la sicurezza dei cittadini italiani che si trovano in Israele e in Iran. “Siamo in costante contatto tutti”, assicura il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “La situazione è quella che è, andiamo avanti preoccupandoci di garantire il più possibile la sicurezza dei nostri connazionali“, insiste.

Non ci saranno evacuazioni perché gli spazi aerei sono chiusi, ma la Farnesina sta “agevolando l’uscita dall’Iran e da Israele dei connazionali che vogliono uscire da questi paesi, quindi vediamo. In questo momento è la priorità numero uno”. Sui social, il vicepremier informa che l’Italia sta organizzando per i prossimi giorni voli commerciali da Amman per permettere ai connazionali di rientrare in Italia da Israele. Gli italiani dall’Iran cercano di rientrare in bus attraverso l’Azerbaigian.

Quanto al rischio sempre più concreto di un intervento armato degli Stati Uniti, Tajani non si esprime. “Chiamate Washington e chiedete“, dice parlando con i cronisti alla Camera, aggiungendo che “si possono commentare solo le decisioni, non le indiscrezioni di stampa o le anticipazioni. Tocca agli Stati Uniti decidere cosa fare”. Il ministro nega qualsiasi spaccamento del fronte europeo. Nel documento del G7 canadese, ricorda, “è stata ribadita l’unità”. Compattezza è stata confermata anche nella riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea di ieri, “anche sul no all’arma atomica nelle mani dell’Iran e questo mi pare è l’elemento chiave“, spiega.

Al termine del vertice “complesso” di Kananaskis, Giorgia Meloni rientra in Italia dopo aver giudicato l’Iran come “la principale fonte di instabilità della regione”. Tutti, riferisce, sono d’accordo che l’Iran non possa avere la bomba atomica. I Paesi del G7, garantisce, “di fronte a una minaccia che è reale concordano sul fatto che Israele abbia il diritto di difendersi, ma l’obiettivo al quale tutti lavoriamo è arrivare a negoziazioni che consentano davvero di impedire che l’Iran diventi una potenza nucleare”, anche perché l’arma atomica “sarebbe una minaccia anche per tutti noi”.

Non ci sarà ancora un vertice di governo nelle prossime ore. Il ministro degli Esteri è impegnato oggi e domani in trasferta a Messina e Taormina, per il settantesimo anniversario del trattato. L’esecutivo si rivedrà venerdì 20, per il Consiglio dei Ministri. Prima, in mattinata la premier sarà impegnata a co-presiedere, con Ursula von der Leyen, a Roma un vertice sul Piano Mattei. Le due leader accoglieranno i rappresentanti di Angola, Zambia, Congo e Tanzania, con i vertici delle istituzioni finanziarie multilaterali, dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale, alla Banca Africana di Sviluppo e l’Africa Finance Corporation. Un passaggio per consolidare la sinergia tra il Piano Mattei per l’Africa promosso dall’Italia e il Global Gateway avviato dall’Unione europea e approfondire la rotta operativa per l’avanzamento delle iniziative comuni.

Si chiude il G7 in Canada. Meloni: “Tutti d’accordo, Iran non può avere l’atomica”

(Photocredit: Palazzo Chigi)

Iran e Israele, Ucraina, ma anche dazi, commercio internazionale e materie prime critiche . Si è chiuso in Canada un G7 “complesso”, come ha ricordato la premier Giorgia Meloni, sia per il contesto internazionale sia per i temi sul tavolo delle discussioni.

“In un mondo sempre più pericoloso e diviso, la cooperazione con partner affidabili è più importante che mai”, ha detto il primo ministro canadese Mark Carney al termine del vertice, annunciando “una nuova era di collaborazione, fondata sul sostegno reciproco e su partnership resilienti”.

Il G7 si è concluso con una serie di dichiarazioni congiunte che puntano proprio a rafforzare i legami e lo sviluppo. Si va dalla protezione delle catene di approvvigionamento dei minerali critici alla collaborazione sull’innovazione quantistica, dalla condivisione delle competenze sull’intelligenza artificiale alla prevenzione degli incendi boschivi. E, ancora, i leader hanno concordato la necessità di “contrastare le interferenze straniere” e di “combattere la criminalità transnazionale, come il traffico di migranti”.

Carney ha inoltre annunciato diverse misure a sostegno dell’Ucraina, tra cui “sanzioni contro individui, entità e imbarcazioni che continuano a sostenere l’aggressione russa”, altri 2 miliardi di dollari in aiuti militari a Kiev, l’erogazione di un prestito di 2,3 miliardi di dollari all’Ucraina attraverso il meccanismo dei prestiti straordinari per l’accelerazione delle entrate del G7 e lo stanziamento di 57,4 milioni di dollari per assistenza in materia di sicurezza. E anche se sull’Ucraina non era prevista una dichiarazione congiunta, “c’è stata una convergenza di vedute – ha detto Meloni al termine del vertice – e siamo tutti quanti d’accordo nel sostenere gli sforzi del presidente degli Stati Uniti verso una pace giusta e duratura”.

Il fronte della guerra tra Israele e Iran è stato l’altro grande protagonista del G7. “Siamo consapevoli che la principale fonte di instabilità della regione – ha detto Meloni – è l’Iran. Siamo tutti d’accordo sul fatto che non possa esserci un Iran che si dota dell’arma nucleare”. I Paesi del G7, ha spiegato, “di fronte a una minaccia che è reale concordano sul fatto che Israele abbia il diritto di difendersi, ma l’obiettivo al quale tutti lavoriamo è arrivare a negoziazioni che consentano davvero di impedire che l’Iran diventi una potenza nucleare”, anche perché l’arma atomica “sarebbe una minaccia anche per tutti noi”.

Il Canada, inoltre, adotterà misure per rafforzare le economie e i sistemi internazionali. In particolare, 391,3 milioni di dollari per catalizzare capitali privati ​​verso progetti di crescita economica e sviluppo in tutto il mondo, fino a 185,6 milioni di dollari per accelerare l’adozione e la commercializzazione dell’intelligenza artificiale e 120,4 milioni di dollari per la prevenzione, la risposta e il recupero dagli incendi boschivi a livello globale. Sul piatto anche 80,3 milioni di dollari per creare catene di approvvigionamento affidabili di minerali essenziali, 22,5 milioni di dollari per accelerare lo sviluppo e l’uso delle tecnologie quantistiche e fino a 544 milioni di dollari in garanzie per nuovi finanziamenti per lo sviluppo in America Latina e nei Caraibi.

Dazi, energia, difesa: le (nuove) ‘forti convergenze’ Meloni-Macron alla prova dell’Ue

Non solo Ucraina. Le quattro ore di confronto tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron sono servite a sgomberare il campo nel rapporto tra i leader di Italia e Francia che, nelle ultime settimane, non sono stati sempre sereni. Non c’entra la simpatia personale o meno, il presidente della Repubblica francese e il capo del governo italiano hanno messo sul tavolo temi su cui rischiare di arrivare divisi o, peggio ancora, su posizioni non sintoniche potrebbe creare seri problemi, sia ai singoli Paesi sia all’Europa.

Le parole scelte per vergare il comunicato congiunto Palazzo Chigi-Eliseo di martedì sera ne sono la testimonianza. Roma e Parigi ricordano di essere “fondatrici della costruzione europea”, ruolo al quale assicurano di voler restare “fedeli” rafforzando “il loro impegno comune per un’Europa più sovrana, forte e prospera, soprattutto orientata alla pace e capace di difendere i propri interessi e di proteggere i propri cittadini”. In poche righe c’è quasi tutto il presente (e il futuro prossimo) del Vecchio continente, chiamato a tener botta sui dazi Usa, rilanciando allo stesso tempo l’industria attraverso la difesa. Non è un dettaglio, dunque, che Meloni e Macron scelgano di mettere nero su bianco che “l’incontro ha evidenziato forti convergenze sull’agenda europea per la competitività e la prosperità, da attuare in modo ambizioso e accelerato”.

Questo è un passaggio cruciale, perché tocca temi e priorità fondamentali per affrontare le sfide del nostro tempo, come quella dei costi fuori scala dell’energia, che stanno mettendo in ginocchio famiglie e imprese in buona parte d’Europa, Italia compresa. O la sfida della neutralità tecnologica, che di fatto metterebbe un freno al Green deal ma darebbe ossigeno all’automotive. “Abbiamo riscontrato forti convergenze sull’Agenda europea, sulla competitività, sulla semplificazione normativa, sul tema degli investimenti pubblici e privati, della transizione energetica con piena neutralità tecnologica e sul sostegno a settori strategici come automotive, siderurgia, intelligenza artificiale, energie decarbonizzate rinnovabili così come nucleare e spazio”, scrive a consuntivo Meloni sui suoi canali social. Il faccia a faccia tra la premier e Macron “è un passo importante non solo per i rapporti Italia-Francia, ma anche per l’Europa”, è la convinzione pure di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, molto vicino alla premier, sottolinea che “per affrontare il tema della difesa e della deterrenza occorre mettere insieme le nazioni più grandi a livello militare che sono Germania, Francia, Italia”, dunque “un confronto preventivo tra Roma e Parigi può consentire di disinnescare molte problematiche alla vigilia del prossimo incontro Nato”.

Ora viene il bello, però. Perché alle parole dovranno corrispondere i fatti. Per verificare se questo ‘refresh’ tra Meloni e Macron avrà vita lunga ed effetti efficaci c’è solo un campo di gioco: l’Europa, dove si giocheranno partite cruciali da qui ai prossimi mesi. Partite in cui la forza delle alleanze è sempre determinante: una crepa di troppo, o fratture profonde, nel rapporto tra i principali partner può rivelarsi decisiva. Fatalmente decisiva.

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Dal fagiolo di Meloni al tappo delle bottiglie di Metsola

Il fagiolo di Giorgia Meloni e il tappo delle bottiglie di plastica di Roberta Metsola sono stati i momenti più ‘alti’ dell’assemblea di Confindustria, là dove il presidente Orsini è stato molto diretto nel lanciare l’allarme energia, nel chiedere all’Europa un brusco cambio di passo e nell’invocare un nuovo piano industriale, anzi un piano industriale straordinario per l’Italia, quantificabile in 8 miliardi all’anno per i prossimi tre, meglio sarebbe per cinque.

Il fagiolo (se è più piccolo di un centimetro non è europeo) è il paradosso che ha usato la premier per fare capire come questa Europa sia fuori dal tempo e distante dalla realtà, vittima di regole che si autoimpone e di dazi interni che sono molto peggio di quelli ballerini millantati da Donald Trump. Il tappo attaccato al collo delle bottiglie di plastica è invece l’immagine usata dalla presidente del Parlamento Ue per dire che la Ue medesima non è quella di questo provvedimento ecologico ma può e deve essere qualcosa di diverso. Delicata ma netta, insomma. Quasi critica. Poi l’una ha aperto le porte di Chigi agli industriali sul tema dell’energia (come dire: se avete un problema venite da me e non lamentatevi pubblicamente), l’altra ha voluto chiarire subito, ad inizio intervento, che il parlamento di Strasburgo e gli uffici ovattati di Bruxelles stanno dalla parte degli imprenditori e sono al fianco degli industriali. Non sia mai.

Riavvolgendo il nastro dell’appuntamento bolognese, emerge che Orsini, Meloni e Metsola la pensano allo stesso modo sull’Europa. Che va cambiata. Che va riformata. Che va adeguata alle necessità dei 400 milioni e passa di cittadini. E in fretta. Ma la nota dolente è che troppe volte si è sentito questo refrain senza che nulla di concreto sia stato fatto per imprimere una svolta radicale. Al massimo ci sono state delle correzioni in corsa con evidenti malumori interni. Ma tra Trump che incombe e la Cina che minaccia, tra guerre sparse e terre (rare) da conquistare il conto alla rovescia si è esaurito da un pezzo. Il pachiderma di Bruxelles non ha più ragione di esistere, bisogna essere grilli, saltare di qua e di là.

Dopo aver detto che l’Italia è più credibile e quindi spendibile verso l’esterno, la chiosa della presidente del Consiglio agli industriali è stato un inno alla gioia: “pensate in grande perché io lo farò”. Un ‘claim‘ a presa rapida accolto con molti assensi del capo da una platea gremita di eccellenze, anche se prima si è andati a sbattere contro il muro dei costi energetici. Disaccoppiamento di gas ed elettricità, oltre al nucleare di ultima generazione sono le strade da battere per uscire da una situazione delicatissima, che sta piegando la nostra industria riducendone la competitività. Per Meloni le speculazioni energetiche sono inaccettabili, per Orsini a Roma non devono frenare sulle rinnovabili, che da sole non risolvono il problema ma nell’ambito di un indispensabile mix energetico sicuramente aiutano.

Dopo le richieste e le risposte si attendono a strettissimo giro atti concreti. Dimenticandosi di fagioli e tappi di bottiglia.

Sos industriali: “Costi energia insostenibili”. Meloni: “Porte governo sempre aperte”

La prima, tra le preoccupazioni delle imprese, resta il costo dell’energia. Una situazione “insostenibile” tuona dal palco di Bologna, per l’assemblea annuale, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. In platea, c’è quasi tutto il governo, premier inclusa.

L’industriale supplica l’esecutivo di “agire con urgenza“, perché si tratta di un “vero dramma che si compie ogni giorno: per le famiglie, per le imprese e per l’Italia intera“. D’altra parte, i consumi industriali italiani rappresentano il 42% del fabbisogno elettrico nazionale (125 TWh) e per le imprese il prezzo dell’energia viene calcolato in base al costo dell’elettricità prodotta con il gas. La produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta il 45% dell’elettricità messa in rete, ma “non concorre alla formazione di un prezzo più competitivo per l’industria”, ricorda Orsini.

L’Autorità dell’Energia ha calcolato che gli incentivi alle rinnovabili ammontano, fino ad oggi, a 170 miliardi di euro. Incentivi “pagati da famiglie e imprese attraverso le loro bollette”. Dopo tutti gli incentivi per le rinnovabili, noi “non possiamo più accettare di continuare a pagare l’energia al prezzo vincolato a quello del gas. Per questo dobbiamo entrare subito nella logica del disaccoppiamento”, sollecita.

La porta del governo è e rimane sempre aperta“, assicura Giorgia Meloni, che sull’energia si dice disponibile ad accogliere “proposte, idee nuove e progetti seri“. E torna sul “cammino del nucleare“, sui mini reattori, una “scelta coraggiosa per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione rafforzando la competitività delle nostre imprese“, spiega. Per Orsini è “possibile e necessario” ridurre nella bolletta gli oneri generali di sistema, che da soli gravano per circa 40 euro per MWh. Questo dovrebbe riguardare tutte le PMI industriali, non solo gli artigiani e i commercianti con utenze in bassa tensione.

“Bisogna battersi in Europa per sospendere l’ETS, visto che consumo ed emissione di CO2 pesano a loro volta in bolletta elettrica tra i 25 e i 35 euro a MWh”. E poi, “bisogna snellire e accelerare le procedure dell’Energy Release e della Gas Release che sulla carta riservano all’industria quote di energia a prezzi minori”. Confindustria domanda a politica e sindacati cooperazione per un piano industriale straordinario per l’Italia, un sostegno agli investimenti di 8 miliardi di euro l’anno per i prossimi 3 anni, “ancora meglio se avessimo un orizzonte temporale di 5 anni”. Con un obiettivo di crescita ambizioso: raggiungere almeno il 2% di crescita del Pil nel prossimo triennio.

Il governo è “perfettamente consapevole” dell’impatto che i costi energetici hanno sulle famiglie e sulle imprese soprattutto su quelle di piccole e medie dimensioni e “lo sappiamo anche perché dall’inizio di questo governo noi abbiamo stanziato circa 60 miliardi di Euro, l’equivalente di due leggi finanziarie per cercare di alleviare i costi”, ribatte la premier. Ma mette in chiaro che “continuare a cercare di tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione”. Per questo, lo stanziamento delle risorse è stato accompagnato da diversi interventi. Uno, già disponibile, è il disaccoppiamento del prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili da quello del gas. Poi c’è lo strumento dei contratti pluriennali a prezzo fisso di acquisto di energia prodotta da fonti rinnovabili, dove il corrispettivo viene è stabilito tra le parti e riflette i reali costi di produzione per ciascuna tecnologia.

Accoglie l’sos anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica: “Il primo obiettivo che ci unisce è ridurre strutturalmente il peso che oggi grava su famiglie e imprese”, spiega Gilberto Pichetto Fratin. Il piano è accelerare nella trasformazione del modello energetico: “Lavoriamo su strumenti innovativi e più mirati, anche in chiave di disaccoppiamento del prezzo delle rinnovabili da quello del gas, puntando – conferma – su contratti pluriennali a prezzo fisso che offrano maggiore stabilità e prevedibilità a cittadini e imprese”.

Alla fine del suo lungo intervento, il messaggio di Meloni per gli industriali è “pensate in grande, perché l’Italia è grande“. Fuori dai confini, per la presidente del Consiglio, c’è una voglia d’Italia che “troppo spesso noi siamo gli unici a non vedere”, per questo, insiste “la prima cosa che noi dobbiamo fare è crederci. Pensate in grande, perché io farò lo stesso”.

Italia-Grecia, partnership si amplia. Accordo Terna-Ipto per 2 mld. Fs in campo su trasporti

Italia e Grecia stringono ancora di più i nodi della partnership. Il Vertice intergovernativo di Roma porta in dote diverse intese firmate in molti campi strategici: dall’energia con i quasi 2 miliardi di investimenti di Terna e Ipto sulle interconnessioni elettriche, ai trasporti, all’industria della difesa.

Senza le nostre nazioni non esisterebbe l’idea stessa di Occidente che conosciamo”, dice Giorgia Meloni al termine del summit. La premier ricorda come fino a qualche anno fa Roma e Atene fossero considerate le ‘cicale’ d’Europa, perché “sarebbe stato difficile immaginare che Paesi storicamente considerati frugali e molto spesso, a torto, definiti poco seri, un po’ allegri, si incontrassero e parlassero delle grandi questioni che riguardano la sicurezza, la difesa”. Oggi, invece, lo scenario è cambiato. La dichiarazione congiunta adottata dai due governi prevede un’azione congiunta in ambito Ue per una strategia industriale comune, compatibile con i valori Nato, ma che porti al progresso di tutti gli Stati membri.

Allo stesso modo, toccando un altro tasto dolentissimo per le imprese europee, spingeranno per realizzare “una vera Unione dell’energia” che abbatta finalmente costi diventati insopportabili, anzi un ostacolo per la competitività. La collaborazione in quest’ambito avrà confini molto ampi: dal gas naturale all’elettricità, all’idrogeno, i progetti di cattura della Co2 e, ovviamente, le rinnovabili. Ma anche infrastrutture, sfruttando il “vantaggio straordinario della nostra collocazione geografica nel Mediterraneo, tornato centrale nelle dinamiche globali come via più breve tra Atlantico e Indo-Pacifico”. Per non parlare, poi, dei trasporti e la mobilità, visto che Ferrovie dello Stato italiano ha firmato un memorandum di intesa con il ministero dei Trasporti ellenico “che rilancia un’importante collaborazione strategica”, sottolinea Meloni. “Una rinascita delle nostre relazioni, dopo la tragedia di Tempe, dove hanno perso la vita 57 dei nostri connazionali”, conferma conferma il primo ministro greco, Kiriakos Mitsotakis. Al momento gli scambi commerciali tra i due Paesi si aggirano sui 12 miliardi di euro, ma “vorremmo rafforzarli”, ammette ancora Mitsotakis.

La sintonia è forte anche sulla sicurezza e la gestione dei flussi migratori, con la ‘battaglia’ politica condotta a Bruxelles sulla difesa dei confini, i rimpatri e la lotta ai trafficanti da due nazioni che sono per ragioni geografiche il primo approdo naturale per chi parte dal Nordafrica. Sull’economia il capitolo è corposo, soprattutto in considerazione del fatto che le aziende operanti sui due territori sono tante e impegnate in vari campi.

In questo senso l’intesa siglata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con il ministro dello Sviluppo della Repubblica Ellenica, Takis Theodorikakos, e il ministro per la Governance Digitale, Dimitris Papastergiou, abbraccia una moltitudine di settori, per affrontare le “sfide comuni della politica industriale europea”. Il rafforzamento delle relazioni economiche bilaterali e le sinergie si svilupperanno nei campi dell’Intelligenza artificiale, le tecnologie emergenti, la meccanica quantistica, l’industria farmaceutica e la microelettronica. Scenario nel quale anche le pmi avranno uno spazio importante, riconoscendo il valore di un tessuto produttivo caratteristico dei due Paesi.

Per quanto riguarda l’agricoltura, poi, Italia e Grecia, che già hanno una storica tradizione di cooperazione, confermano di voler portare avanti la comune visione per una Pac “Pac rinnovata e innovativa, che includa la sicurezza alimentare e un sostegno sostanziale semplificato per i piccoli agricoltori”.

Inoltre, considerando che “le catastrofi naturali incidono notevolmente sulla produzione agricola”, Roma e Atene sottolineano la necessità di un “sostegno speciale dell’Ue per le misure di adattamento” al cambiamento climatico. Argomento che si lega anche a uno dei maggiori campi di cooperazione, quello sulla prevenzione degli incendi boschivi, piaga che negli ultimi anni sta mettendo a dura prova sia Italia che Grecia. Sulla protezione civile i due Paesi saranno dalla stessa parte “nel chiedere all’Unione europea un cambio di passo nella mitigazione del rischio terremoti e una iniziativa concreta nel rinnovo della flotta aerea antincendio dei Canadair”. Meloni e

Mitsotakis, infine, condividono la visione per una “pace giusta e duratura” tra Ucraina e Russia, nell’attesa che Vladimir Putin risponda alla disponibilità di Volodimyr Zelensky a incontrarlo giovedì prossimo in Turchia: “chiarendo in pochi minuti, rispetto a una certa propaganda, quale tra le parti coinvolte nel conflitto sia certamente a favore della pace e quale, invece, sia ancora una volta responsabile della Guerra”, sottolinea la presidente del Consiglio. Così come in Medio Oriente tra Israele Palestina la traiettoria non devia dalla necessità di avere “due Stati”. La richiesta ribadita da Villa Doria Pamphilj è per un cessate il fuoco immediato su tutti i territori dove c’è conflitto, appoggiando i negoziati intavolati da Donald Trump. Perché, ribadisce Meloni ma annuisce anche Mitsotakis, “dagli Stati Uniti può arrivare un impulso decisivo”.

Meloni vede Vance, ‘dialoga’ per Ue ma non può negoziare. Trump valuta incontro con Vdl

Washington-Bruxelles, via Roma. Per dirimere il nodo dei dazi, Giorgia Meloni continua a porsi da ponte tra Donald Trump e Ursula von der Leyen.

La premier, che ieri ha avuto il bilaterale col presidente americano alla Casa Bianca, oggi accoglie JD Vance a Palazzo Chigi. Prima e dopo, si tiene in contatto con la presidente della Commissione europea. “Come sapete abbiamo avuto un fantastico incontro ieri alla Casa Bianca a Washington e questa presenza è un’altra grande occasione per rafforzare la nostra cooperazione bilaterale“, spiega la prima ministra prima dell’incontro a porte chiuse. Due ore di colloquio con, a seguire, un pranzo di lavoro anche con i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani. E’ il vicepresidente a precisare che il confronto sui negoziati commerciali con Bruxelles sarebbe proseguito, per il momento, con Roma. La premier insomma dialoga per conto dell’Unione, ma non ha poteri negoziali. Nella dichiarazione congiunta sull’incontro con Trump diffusa dalla Casa Bianca, viene ribadito che il tycoon ha accettato l’invito in Italia, ma si sottolinea che un eventuale incontro con i vertici europei, in quella occasione, è ancora in valutazione. Nel documento, i due leader si dicono concordi ad “adoperarsi per garantire che il commercio tra gli Stati Uniti e l’Europa sia reciprocamente vantaggioso ed equo”.

Sull’Ucraina, Vance annuncia che nelle ultime 24 ore c’è stata una evoluzione. “Aggiornerò il primo ministro, pensiamo di avere alcune cose interessanti da riferire”, afferma, ribadendo quello che già ha comunicato ieri Trump: “Siamo ottimisti e speriamo di poter porre fine a questa guerra brutale“. Nella dichiarazione congiunta Meloni e Trump “sostengono pienamente” la leadership del presidente degli Stati Uniti nel negoziare un cessate il fuoco per “garantire una pace giusta e duratura“.

Tutti gli altri dossier sul tavolo parlano di un “rapporto privilegiato” tra i due Paesi e di una collaborazione sempre più stretta tra Roma e Washington sui più svariati fronti: dall’energia (l’Italia importerà più Gnl dagli Stati Uniti) alla sicurezza, passando per l’economia, lo spazio e la tecnologia. L’impegno di Trump è anche sulla valorizzazione del Piano Mattei:Valuteremo la possibilità di sfruttare il potenziale del Piano“, scrivono nella dichiarazione. E fanno riferimento all’Italia come “hub per il Mediterraneo e il Nord Africa” parlando di investimenti americani nell’intelligenza artificiale e nei servizi cloud in Italia per “massimizzare le opportunità della trasformazione digitale”.

Washington entra invece nello sviluppo dell’Imec, il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa che, si legge, “stimolerà lo sviluppo economico e l’integrazione dall’India, al Golfo, a Israele, all’Italia e fino agli Stati Uniti. Seguendo l’esempio del successo dell’approccio degli Accordi di Abramo del presidente Trump, gli Stati Uniti e l’Italia coopereranno su progetti infrastrutturali cruciali“.

Nel capitolo Difesa, si cita l’“impegno incondizionato nei confronti della Nato” e l’impegno a “garantire che la sicurezza nazionale e la difesa siano allineate e finanziate in modo da poter affrontare le sfide di oggi e, soprattutto, i rischi di domani”. Una collaborazione basata su una “catena di approvvigionamento transatlantica profonda ed estesa“, anche in materia di “attrezzature e tecnologie di difesa“, cioè di armi, “compresa la coproduzione e lo sviluppo congiunto“.

Avanti insieme anche in orbita, con le due missioni spaziali per Marte 2026 e 2028 e l’esplorazione della superficie lunare nelle future missioni Artemis. E con, anche se non viene citata Starlink, la protezione dei dati: “Mentre passiamo alle tecnologie del futuro e le innoviamo, come il 6G, l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica e le biotecnologie, ci impegniamo anche a esplorare opportunità per rafforzare le partnership in questi settori critici che proteggono i nostri dati da avversari che potrebbero sfruttarli“. Alla fine del colloquio, Trump torna a elogiare la prima ministra: “E’ stata grandiosa ieri, ama il suo Paese e l’impressione che ha lasciato su tutti è stata fantastica“, scrive su Truth. “Grazie, presidente“, risponde lei su X: “Continueremo a lavorare insieme per rafforzare il legame tra i nostri popoli e affrontare con determinazione le sfide globali”.

Meloni in missione da Trump per conto dell’Ue: “Fase complessa, serve lucidità”

La trattativa è delicata e sarà fatta per conto dell’Unione europea. A poche ore dalla sua partenza per Washington, dove domani Donald Trump la attende alla Casa Bianca, Giorgia Meloni sente la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Al centro del colloquio il nodo dei dazi che il tycoon americano ha annunciato anche per i prodotti provenienti dall’Unione europea e poi messo in pausa per 90 giorni.

L’incontro è un bilaterale, ma Roma e Bruxelles confermano che la premier parla in stretto contatto e per conto di tutta l’Ue. La Commissione non divulga nessuna “lettura specifica” della telefonata tra Meloni e von der Leyen, ma assicura che “i messaggi sono in linea con quanto detto nei giorni precedenti, hanno coordinato questa visita”. Di certo, il viaggio della premier italiana non è visto come una spaccatura all’interno dell’Unione: “Qualsiasi azione di contatto con l’amministrazione statunitense è più che benvenuta”, chiarisce la portavoce della Commissione Arianna Podestà, ricordando però che la competenza negoziale è soltanto di Bruxelles.

In questa fase tanto complessa quanto in rapida evoluzione è necessario ragionare con lucidità, lavorare con concretezza, lavorare con pragmatismo“, commenta Meloni in un videomessaggio inviato all’Assemblea Generale del Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano.

Ieri sera, sul tema, la presidente del Consiglio ha convocato un vertice di governo con i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Sul tavolo con Trump, ci sarà anche la possibilità di un aumento dei volumi di Gnl acquistati dagli Stati Uniti, grandi esportatori di gas. Lo scorso anno, ricorda il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto, l’Europa ha acquistato la metà del Gnl da Washington: “L’interesse c’è”, conferma, ribadendo però che “il negoziato con le controparti è condotto dalla Commissione Europea, con il supporto e sotto il controllo degli Stati membri”.

E anche se per il momento la Casa Bianca sembra respingere la proposta dell’Ue per i dazi zero sull’industria, l’obiettivo del governo resta quello di “riunificare” l’Occidente, ridurre le tensioni e aprire la strada a una grande area di libero scambio tra Nord America, Stati Uniti, Canada, Messico e Unione europea. Perché, mentre davanti allo spettro dei dazi l’Italia ha guardato a Est per rafforzare i rapporti commerciali sulla via del Cotone con l’India, con i Paesi del Golfo e con il Giappone, ora la guerra commerciale si profila soprattutto su due blocchi: Washington e Pechino.

Trump chiede al mondo di isolare la Cina, per avere dei dazi più leggeri. Il faro italiano però, garantisce il governo, è puntato sull’area atlantica. “Quando c’è la tempesta, l’Italia guarda i valori fondamentali della nostra civiltà e manteniamo salda la bussola che va verso Occidente”, spiega il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. “Altri invece – punta il dito – perdono il senso di marcia, o di navigazione, e finiscono a Oriente”. Poi la denuncia si fa più esplicita: “Sono preoccupato dalle reazioni che si possono innescare, come l’invasione anomala di prodotti nel nostro continente. Su questo, abbiamo già sollecitato nelle forme dovute la Commissione Ue per predisporre le misure di salvaguardia a fronte della strategia Usa per arginare i prodotti cinesi”. L’inquilino di Palazzo Piacentini si dice certo che la missione di Meloni a Washington possa facilitare confronto Usa-Ue : “La strada maestra è il dialogo, la nostra proposta strategica è un’area atlantica di libero scambio in modo da creare, quando ci saranno le condizioni, il più grande bacino commerciale del pianeta”, scandisce.

La presidente del Consiglio resterà a Washington solo una manciata di ore. Già domani sera ripartirà per Roma, dove venerdì la attende l’incontro con il vice di Trump, J.D. Vance.

Dazi, Meloni si prepara all’incontro con Trump: “So cosa cosa vado a difendere”

Dopo una sfilza di appuntamenti annullati per preparare al meglio il doppio bilaterale con i vertici degli Stati Uniti, Giorgia Meloni si concede una battuta durante la cerimonia di consegna dei Premi Leonardo a Roma. “Come potete immaginare, non sento alcuna pressione per i prossimi due giorni…”, dice sorridendo.

La premier vedrà il presidente Donald Trump a Washington il 17 aprile e il vice Jd Vance il giorno successivo, il 18 aprile, a Roma. L’ansia è plastica, ma la presidente del Consiglio è determinata. Il momento, ammette, è “difficile”, ma si dice “consapevole” di “quello che rappresento e di quello che sto difendendo”. “Abbiamo superato ostacoli ben peggiori”, ricorda, quasi a farsi forza. E promette: “Vedremo come andrà, ma faremo del nostro meglio”.

La incoraggiano le imprese: “Lei non è sola, gli imprenditori italiani e dell’Europa produttiva sono tutti con lei. Siamo fiduciosi nella missione che farà in questi giorni”, le assicura dal palco il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. L’industriale domanda “risposte concrete”, in un momento di incertezza come questo: “Speriamo e ci aspettiamo che il Presidente degli Stati Uniti nell’incontro con Meloni riesca a trovare una sintesi positiva per l’Europa”, fa sapere ai cronisti. Bene che la premier “vada a nome di tutta l’Europa”.

Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, rassicura le imprese, supportate dall’esecutivo con un “impegno politico”. “Il governo sta facendo di tutto per sostenerle a occupare spazi di mercato sempre più importanti, dialogando e cercando il confronto. Nessuna impresa deve sentirsi sola, le nostre ambasciate dovranno sempre più essere trampolino di lancio delle imprese nel mondo”, afferma Tajani. Solo il mese scorso, con le prime minacce del tycoon newyorkese, il governo ha presentato un Piano strategico per l’export, per allargare la cooperazione in nuovi mercati e rafforzare quelli in cui l’Italia è già presente. Il vicepremier torna da una missione in India e Giappone che aveva esattamente questo scopo.

L’inquilino della Farnesina invita a non farsi spaventare dalle difficoltà: “Il danno maggiore l’ha fatto il panico”, osserva, rivendicando: “Avevamo ragione a dire che dovevamo stare calmi, la calma è la virtù dei forti”. Guarda al viaggio della premier come a una “missione di pace commerciale”.

Meloni sarà a Washington “nello spirito europeo”, conferma il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, per “facilitare il negoziato in corso, consentendo a tutti di guardare ad una prospettiva positiva”.

A fine giornata, Meloni convoca a Palazzo Chigi un vertice di governo in vista della partenza. Alla riunione partecipano i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro della Difesa Guido Crosetto e il ministro degli Affari europei Tommaso Foti.

Anche se per il momento la Casa Bianca sembra respingere la proposta dell’Unione europea per i dazi zero sull’industria, la bussola del governo resta quella di riunificare l’Occidente, ridurre le tensioni e aprire la strada a una grande area di libero scambio tra Nord America, Stati Uniti, Canada, Messico e l’Unione europea. La missione è tutt’altro che semplice. Sulla fune, in punta di piedi, Meloni dovrà anche tentare di non spezzare gli equilibri già fragili di Bruxelles.