Ucraina, Macron: “Sostegno militare da 26 Paesi, anche Italia”. Meloni: “Non invieremo truppe”

Ventisei Paesi si impegnano a sostenere militarmente l’Ucraina, “via terra, mare o aria“, dopo un cessate il fuoco con la Russia. Ma ognuno con modalità proprie: “Il loro contributo andrà dalla rigenerazione dell’esercito ucraino, al dispiegamento di truppe o la messa a disposizione di basi”, spiega Emmanuel Macron dopo il vertice dei volenterosi di Parigi.

L’inquilino dell’Eliseo non entra nei dettagli per non dare vantaggi a Mosca, ma precisa che Italia, Polonia e Germania sono tra i 26. “L’Italia è indisponibile a inviare soldati in Ucraina“, si affretta a precisare Giorgia Meloni in una nota, confermando però l’apertura a supportare un eventuale cessate il fuoco con “iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini”. La premier, collegata con Parigi in videoconferenza, rilancia la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington, come “elemento qualificante” della componente politica delle garanzie di sicurezza. Per Meloni una pace giusta e duratura può essere solo raggiunta con un approccio che unisca il continuo sostegno all’Ucraina, il perseguimento di una cessazione e il “mantenimento della pressione collettiva sulla Russia“. Anche attraverso le sanzioni, e “solide e credibili garanzie di sicurezza”, da definire in “uno spirito di condivisione tra le due sponde dell’Atlantico“, mette in chiaro.

Il nodo resta infatti il contributo degli Stati Uniti alle garanzie. Che ci sarà, assicura Macron, ma verrà definito nei prossimi giorni. Del sostegno o “backstop” americano si è parlato nella videoconferenza con Trump dopo il vertice, alla quale ha partecipato in parte anche il suo inviato speciale Steve Witkoff, presente all’Eliseo. La speranza degli europei è che Washington contribuisca in “modo sostanziale”, riferisce il portavoce del cancelliere tedesco Friedrich Merz. Di certo, Trump spinge l’Europa a interrompere l’acquisto di petrolio russo, che a suo dire aiuterebbe Mosca a proseguire la guerra. E’ “molto scontento che l’Europa acquisti petrolio russo”, ribadisce in conferenza stampa il presidente ucraino Volodomyr Zelensky, dopo il collegamento del Tycoon con il vertice, citando in particolare Slovacchia e Ungheria

. In base ai piani dei volenterosi, di cui Macron rifiuta di specificare i contributi paese per paese, il giorno in cui il conflitto cesserà “saranno messe in atto le garanzie di sicurezza”, fa sapere il presidente, sia attraverso un “cessate il fuoco”, un “armistizio” o un “trattato di pace”. Intanto, se Mosca non accetterà la pace, l’Europa adotterà nuove sanzioni “in collaborazione con gli Stati Uniti” e misure punitive contro i paesi che “sostengono” l’economia russa o aiutano la Russia ad “aggirare le sanzioni”. La Cina è nel mirino.

Gli europei chiedono sanzioni americane da mesi, finora senza successo. Trump, dicendosi “molto deluso” da Putin, aveva avvertito nei giorni scorsi che “succederà qualcosa” se Mosca non risponderà alle sue aspettative di pace. La Russia ribadisce che non accetterà alcun “intervento straniero di qualsiasi tipo”, con la portavoce della diplomazia russa Maria Zakharova che definisce le protezioni richieste da Kiev “garanzie di pericolo per il continente europeo”. “Non spetta a loro decidere”, replica Mark Rutte a nome della Nato. Quella di oggi è stata una “riunione cruciale“, rimarca la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che sull’importanza del dossier non ha dubbi: “Sappiamo tutti che la posta in gioco è il futuro e la sicurezza dell’intero continente”.

Ucraina, addestratori Ue sul campo dopo cessate fuoco. VdL: “Dobbiamo essere pronti”

L’Unione europea è pronta ad addestrare l’esercito ucraino a Kiev, dopo un cessate il fuoco o un accordo di pace che ponga fine ai combattimenti con le forze russe. Dopo il consiglio informale con i ministri degli Esteri e della Difesa di Copenaghen, Kaja Kallas non ci gira intorno: “Finora abbiamo addestrato più di 80.000 soldati e dobbiamo essere pronti a fare di più”, spiega. Il che, potrebbe includere l’invio di istruttori dell’Ue in Ucraina, ma solo dopo il ritiro delle truppe.

L’Alta rappresentante Ue si dice soddisfatta dell’ “ampio sostegno” dei 27 paesi membri a questa estensione dell’attuale mandato della missione militare dell’Ue in Ucraina. Tutti i paesi dell’Unione europea sono favorevoli, a eccezione dell’Ungheria. Gli europei lavorano sulle garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina dopo un’eventuale cessazione dei combattimenti e Bruxelles prevede di contribuire, in particolare rafforzando la sua missione di addestramento dei militari ucraini. Gli Stati Uniti, a lungo titubanti, hanno promesso in agosto di contribuire, ma senza inviare truppe americane sul suolo ucraino, sottolineando anche la necessità che gli europei garantiscano l’essenziale di queste garanzie di sicurezza per Kiev.

E mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede all’Ue più velocità per il programma di acquisto delle armi americane, Kallas suggerisce che il Fondo europeo per la pace possa “fornire finanziamenti a sostegno di questo impegno”. “Può rimborsare agli Stati membri le armi acquistate per l’Ucraina, anche a sostegno delle iniziative Purl della Nato”. Pertanto, il continuo blocco dello European Peace Facility, insiste, “non è giustificato”: “Risolvere rapidamente la questione è importante per il lavoro tra l’Europa e gli Stati Uniti a sostegno dell’Ucraina, e le questioni bilaterali non devono ostacolare gli aiuti”, scandisce Kallas. “Gli aiuti all’Ucraina salvano vite umane. Dobbiamo continuare a intensificare i nostri sforzi”, precisa.

Intanto, da Riga, Ursula von der Leyen ricorda che se nel nuovo bilancio europeo appena proposto si parla di una spesa quintuplicata per la difesa, è perché è “giunto il momento di essere pronti”. In conferenza stampa insieme alla prima ministra Evika Silina, la presidente della Commissione europea sostiene che l’Europa è sulla “strada giusta”, ma il lavoro da fare è ancora lungo. Al Consiglio europeo di ottobre si farà ancora il punto sulla tabella di marcia al 2030. Su Putin, von der Leyen non fa sconti: “E’ un predatore”, attacca: “I suoi rappresentanti hanno preso di mira le nostre società per anni con attacchi ibridi e attacchi informatici, l’uso dei migranti come arma è un altro esempio”.

A Tolone, dopo un consiglio dei ministri franco-tedesco, Parigi e Berlino fanno sapere che continueranno a esercitare “pressioni” perché vengano imposte nuove sanzioni alla Russia. “Siamo pronti a farlo, ma anche da parte degli Stati Uniti d’America per costringere la Russia a tornare al tavolo delle trattative”, spiega Emmanuel Macron in conferenza stampa con Friedrich Merz. Il 18 agosto, Putin si era impegnato con Trump a incontrare Zelensky. Se questo incontro bilaterale non si terrà entro lunedì, ”credo che ancora una volta significherà che il presidente Putin si sarà preso gioco di Trump“ e ”questo non può restare senza risposta”, afferma Macron. Merz confessa di non farsi illusioni: “È possibile che questa guerra duri ancora molti mesi“, deplora. I due leader parleranno separatamente con il presidente americano ”questo fine settimana”. La prossima settimana terranno anche una nuova riunione della coalizione dei volontari con i loro omologhi di 30 paesi pronti a fornire garanzie di sicurezza a Kiev per evitare una ripresa del conflitto una volta che questo sarà terminato. Nel frattempo, in una dichiarazione congiunta, annunciano l’intenzione di fornire all’Ucraina ulteriori sistemi di difesa antiaerea, “alla luce dei massicci attacchi russi” sul Paese nelle ultime settimane. Il presidente francese si difende inoltre dall’accusa di essere “grossolano e volgare” mossa da Mosca per aver definito Putin un ‘orco’. Nega qualsiasi insulto ma giustifica gli epiteti assegnati a “un uomo che ha deciso di intraprendere una deriva autoritaria, autocratica e di condurre un imperialismo revisionista dei confini internazionali”.

Da domenica il presidente russo sarà in Cina, dove incontrerà anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a margine del vertice dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai. “La Turchia svolge un ruolo importante nel processo di risoluzione” del conflitto, spiega il consigliere diplomatico russo, Yuri Ushakov. La Turchia ha ospitato tre sessioni di colloqui tra Russia e Ucraina quest’anno, che però non hanno portato a progressi reali verso la pace.

Ucraina, Zelensky chiede garanzie prima dell’incontro con Putin. Trump fa un passo indietro

Prima di incontrare Vladimir Putin, Volodymyr Zelensky attende le linee guida delle garanzie di sicurezza da parte dell’Occidente per Kiev. Ma Mosca respinge totalmente qualunque ipotesi di garanzia basata sull’isolamento della Russia e ribadisce che non accetterà la presenza di truppe Nato in Ucraina. Intanto, Donald Trump fa un passo indietro nei negoziati e, secondo quanto riporta il Guardian, intenderebbe lasciare a Zelensky e Putin l’organizzazione dell’incontro, senza svolgere direttamente un ruolo. Trump avrebbe detto ai suoi consiglieri nei giorni scorsi che ospiterà un trilaterale solo dopo che questi si saranno incontrati.

“Dopo il vertice tra Russia e Stati Uniti in Alaska, dove sono stati compiuti progressi significativi nel definire i contorni e i parametri concreti di una soluzione, i paesi europei hanno seguito l’esempio di Zelensky a Washington e lì hanno cercato di promuovere la loro agenda, che mira a costruire garanzie di sicurezza sulla logica dell’isolamento della Russia, dell’unione del mondo occidentale con l’Ucraina al fine di continuare la politica aggressiva e di confronto, di contenimento della Federazione Russa, con l’obiettivo, ovviamente, di infliggerci una sconfitta strategica, cosa che, naturalmente, questo non può suscitare in noi alcun sentimento se non quello di totale rifiuto”, lamenta il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Secondo l’aviazione ucraina, Mosca ha utilizzato 574 droni e 40 missili nelle ultime ore. Attacchi che hanno causato due morti, uno a Kherson e un altro a Lviv, nella parte occidentale del Paese, solitamente meno colpita dai bombardamenti. Zelensky vuole comprendere “l’architettura delle garanzie di sicurezza entro sette-dieci giorni”. Una volta fatto questo, dichiara, “dovremmo avere un incontro bilaterale tra una o due settimane”. A seconda dei risultati, il presidente americano potrebbe poi partecipare a un incontro trilaterale con i due leader, secondo Zelensky.

Nelle ultime settimane si sono intensificati i contatti diplomatici per trovare una via d’uscita all’invasione russa iniziata il 24 febbraio 2022, ma le incognite rimangono numerose, vista la posizione opposta di Mosca e Kiev, in particolare sulla questione dei territori ucraini occupati e sulle garanzie di sicurezza che Kiev sta negoziando con i suoi alleati. Il presidente ucraino ha menzionato la Svizzera, l’Austria o la Turchia come possibili sedi per l’incontro con il suo omologo russo. Ha invece escluso l’Ungheria, rimasta vicina al Cremlino, preferendo un’Europa neutrale. Anche trovare un accordo sulle garanzie di sicurezza si preannuncia complesso. Negli ultimi mesi, europei e americani hanno evocato diverse possibilità, che vanno da garanzie simili al famoso “articolo 5” della Nato allo schieramento di un contingente militare in Ucraina o ancora al sostegno in materia di formazione, aerea o navale. Spina dorsale della NATO, l’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico è un meccanismo di difesa collettiva che stabilisce che qualsiasi attacco contro uno dei paesi membri dell’alleanza è considerato un attacco contro tutti. Mosca, che considera l’espansione della NATO ai suoi confini come una delle “cause profonde” che hanno portato al conflitto, respinge categoricamente la maggior parte di queste ipotesi e vuole che le sue richieste siano prese in considerazione.

Lavrov ha avvertito giovedì che qualsiasi dispiegamento di un contingente militare europeo in Ucraina sarebbe “inaccettabile” per Mosca, affermando che l’Ucraina non vuole una “soluzione giusta e duratura” della guerra. Il presidente ucraino accusa anche Mosca di ammassare truppe nella parte occupata della regione di Zaporijia, nel sud dell’Ucraina, in vista di una potenziale offensiva. Secondo Zelensky, Mosca sta trasferendo in quella zona le sue forze dalla regione russa di Kursk, una piccola parte della quale era stata occupata dalle forze ucraine fino alla primavera scorsa e dove Kiev afferma di continuare i suoi attacchi. L’Ucraina tenta di aumentare la produzione di armi, un modo per ridurre la sua dipendenza dagli aiuti degli alleati. Intanto Kiev ha testato con successo il ‘Flamingo’ , un nuovo missile con una gittata di 3.000 chilometri. “Si tratta attualmente del nostro missile più potente”, rivendica Zelensky, evocando una possibile produzione di massa entro la fine dell’anno o all’inizio del 2026.

Putin propone Mosca per vertice con Zelensky, “no” di Kiev. Ue e Usa lavorano a garanzie di sicurezza

L’incontro tra il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, e quello russo, Vladimir Putin, si terrà. Questa al momento è l’unica certezza. Quando e dove avverrà il faccia a faccia non è chiaro, ma lo sono, invece, le aspettative che aleggiano dall’una all’altra parte dell’Oceano Atlantico. Da un lato c’è il presidente Usa, Donald Trump, che all’indomani del vertice di Washington spinge affinché Mosca e Kiev si incontrino “senza di me, da soli” e poi “se tutto funziona e va bene” via libera al trilaterale così “chiuderò la questione”. Anche se, avverte, “spero che Putin si comporti bene”, perché “se non lo fa, la situazione sarà difficile”.

Dall’altro lato c’è l’Europa che nel corso del Consiglio europeo convocato in videoconferenza ribadisce la propria unità e mostra di non voler indietreggiare sulle “pressioni” nei confronti di Putin. “Ciò che importa è che riusciamo a mantenere la pressione attraverso le sanzioni sulla Russia, nel caso in cui non si conformi a questa la decisione”, dice il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, al termine dell’incontro. La responsabile della Difesa europea, Kaja Kallas, conferma che il 19esimo pacchetto di sanzioni sarà pronto “entro settembre”.

Nel mezzo ci sono decine di punti interrogativi, dalla spartizione dei territori ucraini, alle garanzie di sicurezza. Passando anche per la possibile sede del bilaterale tra Putin e Zelensky. Il presidente francese, Emmanuel Macron lancia l’idea di Ginevra. “Più che un’ipotesi, è addirittura la volontà collettiva”, dice alla tv francese, sottolineando la necessità che avvenga in un paese “neutrale”. A stretto giro arriva il via libera della Svizzera che annuncia di voler offrire “l’immunità” a Putin, nonostante la sua incriminazione davanti alla Corte penale internazionale, a condizione che venga “per una conferenza di pace”, assicura il ministro degli Esteri Ignazio Cassis. Favorevole a questa ipotesi anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Ma verso metà pomeriggio di lunedì Afp rivela che nel corso della telefonata tra Trump e il presidente russo – avvenuta lunedì, dopo il vertice con i Volenterosi – Putin avrebbe proposto Mosca come sede dei colloqui, incassando immediatamente il “no” di Zelensky. Anche gli stessi membri della coalizione avrebbero definito come “non opportuna” l’idea dello zar. La Commissione europea non entra nel merito della scelta della sede perché “non spetta a noi decidere” dove avverrà l’incontro, chiarisce la portavoce, Anna Podestà, ma “alle parti” coinvolte. Spunta anche l’ipotesi Budapest: secondo diverse fonti, i servizi segreti Usa starebbero lavorando per portare il vertice nella capitale ungherese.

Si lavora, intanto, Europa e Usa insieme “per rafforzare ulteriormente i piani volti a fornire solide garanzie di sicurezza e preparare il dispiegamento di una forza di rassicurazione qualora le ostilità dovessero cessare”, come spiega il primo ministro britannico, Keir Starmer, al termine della riunione virtuale della Coalizione dei Volenterosi con oltre 30 leader internazionali. Un processo, ricorda Zelensky, “a tutti i livelli” per operare “sui dettagli, sull’architettura delle garanzie, con tutti i membri della coalizione, in modo molto concreto, con gli Stati Uniti, e questo è uno dei risultati più importanti di Washington”. Lato Bruxelles, la Commissione ricorda che “non abbiamo un calendario preciso al riguardo”, ma “gli scambi continueranno a livello tecnico e a livello di leader”. Trump esclude l’invio di truppe Usa in territorio ucraino, ma allo stesso tempo non esclude che le garanzie di sicurezza possano essere fornite via aerea.

Sul fronte russo, il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov mostra una certa apertura: Mosca, dice, non rifiuta alcun tipo di confronto sulla risoluzione ucraina, né bilaterale né trilaterale, ma serve fare “passo dopo passo, gradualmente, partendo dal livello degli esperti e poi attraversando tutte le fasi necessarie per preparare i vertici. Questo è il tipo di approccio serio che sosterremo sempre”, dice alla tv russa. In ogni caso – è il punto fermo – qualsiasi futuro accordo di pace in Ucraina dovrà tenere conto degli “interessi di sicurezza” della Russia. Meno diplomatico Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, che affida a un post in inglese pubblicato su X il suo pensiero: “La coalizione bellicista anti-russa dei volenterosi non è riuscita a battere” Donald Trump “sul suo terreno. L’Europa lo ha ringraziato e lo ha adulato. La domanda è: quale melodia suonerà il pagliaccio di Kiev riguardo alle garanzie e ai territori una volta tornato a casa, dopo aver indossato nuovamente la sua uniforme militare verde?”.

Ucraina, vertice Putin-Zelensky in vista dopo l’incontro degli europei con Trump

Donald Trump “avvierà i preparativi” per un incontro tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin al termine di un “ottimo” colloquio con il presidente ucraino e diversi leader europei.

Il presidente russo ha acconsentito a questo futuro incontro, che dovrebbe avvenire nelle prossime due settimane, durante una conversazione telefonica con il suo omologo americano, ha reso noto il cancelliere tedesco Friedrich Merz. “Siamo pronti per un incontro bilaterale con Putin e dopo di ciò ci aspettiamo un incontro trilaterale“ con la partecipazione di Donald Trump, ha dichiarato alla stampa il capo di Stato ucraino. Le eventuali concessioni territoriali richieste dalla Russia all’Ucraina sono ”una questione che lasceremo tra me e Putin”, ha aggiunto. “È stata discussa l’idea che sarebbe necessario studiare la possibilità di portare a un livello più alto la rappresentanza dell’Ucraina e della Russia“, ha reso noto il consigliere diplomatico del presidente russo Yuri Ushakov, citato dall’agenzia Tass.

Donald Trump ha precisato sul suo social network Truth Social che l’incontro, in un luogo ancora da definire, sarà seguito da un incontro a tre con lui stesso, volto a porre fine a tre anni e mezzo di conflitto, scatenato dall’invasione russa. Lunedì, il presidente americano e i suoi ospiti hanno “discusso delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, garanzie che sarebbero fornite da vari paesi europei, in coordinamento con gli Stati Uniti d’America”, secondo il presidente americano. “Le garanzie di sicurezza saranno probabilmente decise dai nostri partner e ci saranno sempre più dettagli, perché tutto sarà messo nero su bianco e ufficializzato entro una settimana o dieci giorni“, ha detto da parte sua Zelensky. Mosca rifiuta qualsiasi garanzia di sicurezza che passi attraverso la NATO e il suo meccanismo di difesa collettiva, il famoso articolo 5.

Penso che abbiamo avuto un’ottima conversazione con il presidente Trump, è stata davvero la migliore”, ha confessato il capo di Stato ucraino nel primo pomeriggio. Ha poi aggiunto che Kiev ha offerto di acquistare armi americane per 90 miliardi di dollari, mentre il Financial Times parla di un budget di 100 miliardi finanziato dagli europei. Prima di una riunione allargata con i leader europei, i due uomini hanno avuto un colloquio bilaterale nello Studio Ovale, dove hanno risposto ad alcune domande dei giornalisti in tono cordiale, in netto contrasto con l’umiliazione pubblica subita da Volodymyr Zelensky nello stesso luogo alla fine di febbraio. “Grazie per l’invito e grazie mille per i vostri sforzi, i vostri sforzi personali per porre fine alle uccisioni e fermare questa guerra”, ha detto il presidente ucraino, che era stato accusato di ingratitudine l’ultima volta. Volodymyr Zelensky e gli europei hanno fatto di tutto per mettere Donald Trump nelle migliori condizioni dopo il suo incontro poco conclusivo di venerdì con Vladimir Putin, durante il quale il presidente russo non ha fatto alcuna concessione pubblica sull’Ucraina.

Il presidente ucraino indossava una giacca e una camicia nere che gli sono valse i complimenti di Donald Trump, attento ai segni di rispetto protocollare. Volodymyr Zelensky era stato criticato dai sostenitori di Donald Trump a febbraio per il suo abbigliamento di ispirazione militare, giudicato troppo informale. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha da parte sua affermato che l’Ucraina non dovrebbe essere costretta a fare concessioni territoriali nell’ambito di un eventuale accordo di pace. “La richiesta russa che Kiev rinunci alle parti libere del Donbass corrisponde, per dirla francamente, a una proposta che gli Stati Uniti rinuncino alla Florida”, ha affermato. Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto di “aumentare le sanzioni” contro la Russia se i futuri colloqui fallissero, precisando che la questione senza dubbio più difficile, quella di eventuali concessioni territoriali, non era stata affrontata lunedì. Donald Trump ha ribadito che, a suo avviso, non è necessario un cessate il fuoco prima di un accordo di pace definitivo, mentre continua il conflitto più sanguinoso in Europa dalla seconda guerra mondiale, con attacchi di droni e missili balistici russi.

Prima dell’inizio dei colloqui con gli europei, il presidente americano ha detto al suo omologo francese Emmanuel Macron, in uno scambio apparentemente captato a sua insaputa da un microfono, parlando di Vladimir Putin: “Penso che voglia concludere un accordo per me. Capisci? Per quanto folle possa sembrare”. Il segretario generale della NATO Mark Rutte, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il primo ministro britannico Keir Starmer, la prima ministra italiana Giorgia Meloni, il presidente finlandese Alexander Stubb, Friedrich Merz ed Emmanuel Macron hanno fatto fronte comune intorno a Volodymyr Zelensky lunedì alla Casa Bianca, in una dimostrazione di solidarietà diplomatica senza precedenti.

Faccia a faccia Trump-Zelensky. Il presidente Usa: “Trilaterale se tutto andrà bene. Chiamerò Putin”

Conciliare due posizioni, attualmente, molto distanti, per arrivare a una pace “giusta e duratura” in Ucraina. E’ questo il focus della giornata concitata a Washington, dove il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, è stato ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Usa, Donald Trump, ‘scortato’ dalla coalizione dei volenterosi europei. Poco prima del faccia a faccia tra i due – il secondo nello Studio Ovale dopo quello disastroso dello scorso 28 febbraio – si è svolto il pre vertice tra lo stesso presidente ucraino e i leader europei, tra cui la premier Giorgia Meloni, durante il quale sono state “coordinate le nostre posizioni”, come annunciato dallo stesso Zelensky.

L’incontro tra i due leader era molto atteso, anche alla luce di quanto accaduto la volta scorsa, quando il presidente ucraino era stato pubblicamente umiliato dal repubblicano, a cominciare dalle critiche sull’abbigliamento scelto per il colloquio. A Trump non era proprio piaciuta la divisa militare indossata dal suo omologo, tanto che per questo secondo vertice la Casa Bianca – come riportano alcuni media Usa – avrebbe chiesto alla delegazione ucraina di optare per un completo. Richiesta non del tutto soddisfatta: Zelensky è arrivato alla Casa Bianca con giacca e camicia nera, ma senza cravatta. Un cambio di stile che è stato comunque pubblicamente apprezzato da Trump.

Alla Casa Bianca è andato in scena un confronto non proprio tra pari – era palpabile il timore di Zelensky di uscirne di nuovo sconfitto – ma sicuramente cordiale e a tratti scherzoso. Il presidente ucraino ha ringraziato più volte il repubblicano, memore delle critiche ricevute la volta scorsa per non aver espresso con maggiore entusiasmo gratitudine agli Stati Uniti. “Grazie per l’invito e grazie mille per i vostri sforzi, anche personali per porre fine alle uccisioni e fermare questa guerra”, ha detto nello Studio Ovale, dove erano presenti anche il vicepresidente Usa, JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, e gli inviati speciali Steve Witkoff e Keith Kellogg .

Trump ha ribadito di non volere “un cessate il fuoco”, ma “una pace duratura” lavorando “con tutti”. “Se tutto andrà bene oggi, ci sarà un incontro trilaterale, ci sarà la possibilità di porre fine a questa guerra”, ha spiegato. E lo stesso Zelensky, che da tempo chiede a Putin un faccia a faccia, si è detto “pronto” a incontrarlo insieme a Trump.

Questioni di stile a parte, sul tavolo restano alcuni nodi cruciali. Il presidente ucraino ha ribadito che la Russia non deve essere “ricompensata” per aver invaso il suo Paese nel febbraio 2022 e ha chiesto di assicurare una pace “solida e duratura” attraverso garanzie di sicurezza. “So esattamente cosa sto facendo”, aveva scritto nel pomeriggio Trump su Truth Social. Il miliardario repubblicano, molto vago su ciò che si aspetta da Mosca, ha detto invece pubblicamente ciò che vuole da Kiev: rinunciare alla Crimea occupata dalla Russia dal 2014 e all’adesione alla Nato. Al suo ritorno dall’Alaska, Trump aveva evocato la possibilità di una clausola di sicurezza collettiva ispirata all’articolo 5 dell’Alleanza, ma al di fuori del quadro della Nato, considerata da Mosca una minaccia esistenziale.

Senza entrare nei dettagli, Trump ha comunque assicurato che gli Stati Uniti “saranno coinvolti” nella futura sicurezza dell’Ucraina, tema cruciale per Kiev e per gli europei. “Daremo loro un’ottima protezione”, ha promesso, annunciando poi che al termine degli incontri avrebbe chiamato Putin per riferirgli gli esiti dei colloqui.

Trump-Putin, 3 ore di colloquio ma non c’è il cessate il fuoco in Ucraina. Lunedì Zelensky vola in Usa

Tre ore di colloquio in un angolo sperduto del mondo (Anchorage, la capitale dell’Alaska) tra Donald Trump e Vladimir Putin hanno portato a “grandi progressi” ma non al cessate il fuoco in Ucraina. Il presidente americano e quello russo, in buona sostanza, hanno imbastito un dialogo per arrivare a un accordo di pace e a una convergenza su altri temi economici (terre rare, energia, commercio), ma siamo appena all’inizio di un percorso. Il prossimo appuntamento (“Ci vedremo a Mosca”, ha rilanciato Putin alla fine della conferenza stampa), sarà allargato anche a Volodimir Zelensky, a cui il tycoon ha rivolto un messaggio chiaro in una intervista all’emittente Fox: conviene accordarsi perché la Russia è più grande.

CESSATE IL FUOCO Fosse stato un successo, Trump l’avrebbe sbandierato ai quattro venti, smanioso com’è di accaparrarsi il Nobel per la pace. Si è dovuto accontentate del “fosse stato lui il presidente non ci sarebbe stata la guerra”, sentenziato dal capo del Cremlino: pochino. Ma era chiaro che il vertice di Anchorage non avrebbe portato a risultati definitivi nonostante molti sperassero nel cessate il fuoco come base di partenza per poter iniziare una vera trattativa. Invece non è successo nulla e chissà quali riflessioni ha maturato nel suo intimo Trump che, prima di sedersi al tavolo con Putin, aveva dichiarato sull’Air Force One che “non sarebbe stato contento se il cessate il fuoco non sarebbe arrivato oggi”. Eppure, nella conferenza stampa congiunta, i due leader si sono mostrati soddisfatti e propositivi per il futuro, senza però svelare niente di cosa si sono detti.

LE PAROLE DI PUTIN Dietro un pannello con la scritta ‘Pursuing peace’, inseguiamo la pace, Trump e Putin hanno parlato per 12 minuti, facendo saltare il protocollo che prevedeva anche una colazione di lavoro. Putin si è esposto per primo e ha fatto i complimenti a Trump, definendo “costruttivi” i negoziati, anche se sull’Ucraina non ha compiuto una marcia indietro: “La situazione ha a che fare con la nostra sicurezza nazionale, per arrivare a una soluzione bisogna eliminare le radici primarie di quel conflitto”, ha spiegato. E le ‘radici’ sono evitare l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, limitarne le capacità militari, fare in modo che a Kiev ci sia un governo favorevole a Mosca. Sorridente e soddisfatto, Putin ha poi lasciato la parola a Trump, consapevole che le immagini del suo arrivo ad Anchorage e il calore dell’accoglienza che gli sono state riservate gli restituiscono l’immagine di un leader non isolato dal resto del mondo ma assolutamente protagonista. Putin su cui, va ricordato, pende una mandato di cattura della Corte di giustizia internazionale, non riconosciuta dagli Usa. Il capo del Cremlino ha comunque inviato un messaggio chiaro all’Europa nell’augurarsi che le “capitali europee e Kiev non creeranno ostacoli, non cercheranno di danneggiare i progressi emergenti attraverso provocazioni o intrighi dietro le quinte”.

LE PAROLE DI TRUMP Trump è stato molto più asciutto del presidente russo. Tre minuti di intervento e nessuna risposta alle domande lanciate dai giornalisti presenti in sala con la premessa di un vertice che è stato “molto produttivo. Su molti punti ci siano trovati d’accordo, la maggior parte, ma su un paio di grossi punti non ci siano ancora ma abbiamo fatto progressi e ci lavoreremo”. Il tycoon ha annunciato che “parlerà con gli alleati europei e con Zelensky” di quanto emerso dall’incontro con Putin ma senza svelare nulla e senza chiarire in che ambito sono stati fatti progressi. Un atteggiamento mantenuto anche sucessivamente, in una intervista a Fox: “Una grande cosa su cui non c’è stato accordo… Preferisco non dirlo. Credo che qualcuno lo rivelerà ma io non voglio farlo. Voglio vedere se possiamo risolverlo”, la frase che mette in dubbio la buona riuscita del vertice che altrimenti avrebbe portato al cessate il fuoco. Poi, sempre nell’intervista Fox, ha consegnato un messaggio a Zelensky: “Fai un accordo. La Russia è una potenza molto grande, l’Ucraina no”.

ZELENSKY A WASHINTGON Ora la palla passa nella mani dell’Unione europea e soprattutto di Zelensky che lunedì sarà a Washington, protagonista di un incontro con Trump al quale sono stati invitati anche i capi di governo europei. Nelle prossime ore si capirà quale piega può prendere il vertice di Anchorage: la sensazione è di una pace possibile a costo di rinunce dolorose, come il Donetsk

Emissario Usa atteso a Mosca. Trump: “Sottomarini nucleari sono già nella regione”

L’inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, è atteso in Russia a metà settimana, a pochi giorni dalla scadenza dell’ultimatum lanciato dal presidente americano al suo omologo russo Vladimir Putin affinché ponga fine alla guerra in Ucraina. La visita avrà luogo “credo la prossima settimana, mercoledì o giovedì”, ha confermato il presidente americano ai giornalisti. Per il Cremlino, la visita sarà “importante e utile”. “Siamo sempre lieti di vedere Witkoff a Mosca e sempre felici di essere in contatto con lui. Riteniamo che questi contatti siano importanti, costruttivi e utili”, ha dichiarato il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov, durante un briefing, aggiungendo che un incontro con Putin “non è escluso”.

Trump ha ribadito che due sottomarini nucleari, il cui dispiegamento era stato ordinato a seguito di una disputa online con l’ex presidente russo Dmitri Medvedev, si trovano ora “nella regione”, senza fornire però ulteriori dettagli, nemmeno se siano sottomarini a propulsione nucleare o dotati di testate nucleari.  Il Cremlino ha replicando chiedendo di usare “grande cautela” nelle minacce nucleari. “Non vogliamo lasciarci trascinare in una polemica del genere”, ha detto Peskov.

Questa dimostrazione di forza arriva dopo che Donald Trump ha dato alla Russia dieci giorni, ovvero fino a venerdì prossimo, per porre fine alla guerra in Ucraina, pena nuove sanzioni non specificate. Il presidente russo ha già incontrato Steve Witkoff a più riprese a Mosca, ma gli sforzi di Trump per ristabilire il dialogo con il Cremlino non hanno dato frutti.

Il miliardario repubblicano, che aveva iniziato il suo secondo mandato vantandosi di poter fermare la guerra in Ucraina in pochi giorni, esprime ora sempre più apertamente la sua frustrazione nei confronti di Putin. Ai giornalisti che gli hanno chiesto quale sarà il messaggio di Witkoff a Mosca e se c’è qualcosa che la Russia può fare per evitare le sanzioni, Trump ha risposto: “Sì, concludere un accordo affinché la gente smetta di essere uccisa”. Trump ha minacciato di imporre “dazi secondari” ai paesi che continuano a commerciare con la Russia, come la Cina e l’India.

Putin, che ha sempre respinto gli appelli al cessate il fuoco, venerdì ha affermato di volere la pace, ma che le sue condizioni per porre fine all’invasione iniziata nel febbraio 2022 rimangono invariate. “Abbiamo bisogno di una pace duratura e stabile, fondata su basi solide, che soddisfi sia la Russia che l’Ucraina e garantisca la sicurezza di entrambi i paesi”, ha dichiarato il presidente russo ai giornalisti, aggiungendo che “le condizioni rimangono ovviamente le stesse” da parte russa. Mosca chiede che l’Ucraina ceda formalmente quattro regioni ucraine parzialmente controllate dall’esercito russo (Donetsk, Lugansk, Zaporizhia, Kherson) e la penisola Ucraina della Crimea annessa nel 2014. Oltre a queste annessioni, il Cremlino vuole che Kiev rinunci alle forniture di armi occidentali e a qualsiasi adesione alla Nato.

Condizioni inaccettabili per l’Ucraina, che vuole il ritiro delle truppe russe e garanzie di sicurezza occidentali, tra cui la prosecuzione delle forniture di armi e il dispiegamento di un contingente europeo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è dichiarato più volte disposto a incontrare di persona Vladimir Putin per cercare di sbloccare i negoziati, una proposta per ora respinta dal Cremlino. Domenica l’Ucraina ha lanciato un attacco con droni che ha provocato un incendio in un deposito petrolifero a Sochi, città ospitante dei Giochi olimpici invernali del 2014 sul Mar Nero. Kiev ha annunciato l’intenzione di intensificare i suoi attacchi aerei contro la Russia in risposta all’aumento degli attacchi russi mortali sul suo territorio nelle ultime settimane. Zelensky ha anche dichiarato domenica che le due parti stanno preparando uno scambio di prigionieri che consentirebbe a 1.200 soldati ucraini di tornare a casa, a seguito dei colloqui con la Russia a Istanbul nel mese di luglio.

Trump: “Armi a Kiev ma pagherà l’Europa. Mosca? Dazi al 100% senza accordo”

Armi, “le migliori del mondo”, a Kiev, ma “gli Usa non pagheranno nulla”, perché il conto andrà tutto all’Europa. Nel mezzo, tra le due sponde dell’Atlantico, c’è la Nato di Mark Rutte, il ‘ponte’ tra i due continenti. Il presidente degli Usa, Donald Trump, ha annunciato il suo piano per supportare l’Ucraina, flagellata da oltre tre anni di guerra (conflitto che era “di Biden, non il mio” e “se io fossi stato presidente non ci sarebbe stato”), ma ha assicurato che gli Stati Uniti non vogliono più “spendere tutti i soldi”. L’intesa è frutto di un accordo con l’Alleanza atlantica: “noi costruiremo delle armi all’avanguardia, le invieremo alla Nato” che, a sua volta le farà avere “ad altri Paesi” europei e “ci sarà una sorta di sostituzione”. Si tratta, ha spiegato Rutte, di un “numero molto elevato di equipaggiamenti militari”, in particolare attrezzature per la difesa aerea, missili e munizioni.

Un accordo che per il numero uno della Nato “è davvero una cosa importante” e “parte dal summit dell’Alleanza che ha avuto un grande successo”, definendo investimenti pari al 5% del Pil nelle spese per la difesa. L’Europa, ha detto Rutte “sta facendo il primo passo, sta entrando in gioco. Io ho contattato una serie di paesi come la Germania, la Finlandia, la Danimarca, la Svezia, la Norvegia, il Regno Unito, il Canada, tutti vogliono essere parte di questa iniziativa e questo è soltanto il primo contatto, quindi noi lavoreremo attraverso la Nato per far sì che gli ucraini abbiano quello di ciò di cui hanno bisogno”. I primi missili Patriot, ha assicurato Trump, “arriveranno a giorni” e serviranno perché “la Russia davvero li sta bombardando con molta forza”.

Almeno “quattro volte” ha spiegato il repubblicano, “ho pensato che l’accordo fosse vicino” e per questo “sono deluso dal presidente Putin”. Da qui la decisione di introdurre “dazi doganali secondari”, ovvero sui paesi alleati di Mosca. “Se non avremo un accordo entro 50 giorni, i dazi doganali saranno al 100%” ma “spero che non si arrivi a quel punto”, ha aggiunto. In sostanza, se non verrà definita “una pace duratura”, l’accetta delle imposte doganali Usa si abbatterà su tutto il sistema economico che ruota intorno a Mosca, nel tentativo di aumentare la pressione per spingere verso un accordo. “Se fossi in Putin – ha aggiunto Rutte – prenderei i negoziati più seriamente” di quanto fatto finora.

Le guerre fatte sulle tasche dei cittadini e la retromarcia della Ue

Schiacciati tra la guerra in Ucraina e gli orrori di Gaza, onestamente non si sentiva necessità di un altro fronte conflittuale, ancor più pericoloso, aperto da Israele contro l’Iran. Le evidenze di questi giorni testimoniano una svolta nell’accezione politica a questa terza guerra: mentre sull’Ucraina a tratti le posizioni non sono allineate, mentre sulla Striscia la condanna del mondo è univoca per ciò che ha scatenato la mattanza e per la reazione inusitata che continua a esserci, sulle incursioni dell’esercito di Netanyahu a Teheran e dintorni c’è la quasi sintonia del pianeta, al massimo (ed è il caso della Russia) si registrano silenzi imbarazzati. La minaccia atomica di un regime poco incline alla salvaguardia dei diritti umani, quello degli ayatollah, sta mettendo tutti d’accordo nella speranza che il conflitto non si allarghi e da regionale diventi planetario.

Fatta questa premessa, c’è la poi la sostanza delle cose che va a impattare sul cittadino comune, in Europa e in Italia. Già fiaccati dal ‘tiraemolla’ di Donald Trump che minaccia di mettere dazi anche ai sogni – a proposito, manca meno di un mese alla tregua di luglio – i sistemi economici occidentali devono rifare i conti con altri rincari, in particolare quelli dell’energia, cioè gas e petrolio. E’ vero che l’Iran attualmente ha un’incidenza minima nel mercato globale ed è vero che non si è verificato uno sconquasso dei prezzi (a giugno 2022, quattro mesi dopo l’invasione russa, aveva toccato i 122 dollari al barile, oggi è a 75), però la timida ripresa delle scorse settimane è andata a farsi benedire. E al signor Brambilla o alla signora Pautasso, che smaniano per andare in vacanza e magari non posseggono tutta questa sensibilità geopolitica, l’unica cosa che li rende irascibili sono il rincaro delle bollette e il pieno di diesel o benzina. Perché, alla resa dei conti, è sempre l’energia a fare da discriminante.

Prima c’erano gli Houty, adesso c’è lo stretto di Hormuz, che è grande come il Mare Adriatico e collega il Golfo Persico e il Golfo di Oman, là dove transitano ogni giorno 20 milioni di barili via nave. Se l’Iran decidesse di bloccare quel passaggio, mezzo mondo resterebbe a secco con conseguente impazzimento dei prezzi, perché una goccia di greggio varrebbe quanto un’oncia d’oro. Non a caso, l’Unione europea ha innestato la marcia indietro per quanto riguarda il tetto al petrolio russo, che doveva passare da 60 dollari (stabiliti nel 2022) a 45, in maniera da intaccare i ricavi di Vladimir Putin e togliergli le sovvenzioni per continuare il conflitto con l’Ucraina. Ma di fronte all’incedere minaccioso della guerra tra Israele e Iran e all’inevitabile aumento del prezzi, Ursula von der Leyen ha detto che conviene pazientare. Al contrario dell’Alta Commissaria Kaja Kallas che non vorrebbe arretrare di un millimetro, testimonianza di una distonia strategica all’interno della Commissione. A metterle d’accordo è intervenuto Trump, con un no secco e ultimativo all’inasprimento delle misure contro Mosca. E allora?

Allora lo spauracchio è quello degli Anni Settanta e delle targhe alterne legate alla crisi petrolifera. Assetati di benzina, vennero introdotte misure di austerity – mutuate da un’idea americana – per limitare la circolazione dei veicoli privati la domenica: una era vietata alle targhe pari, quella dopo alle targhe dispari. Tornare indietro di cinquant’anni senza capire il perché…