INFOGRAFICA INTERATTIVA Stoccaggio di gas: Italia al 97,3%

Nell’infografica interattiva di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Unione europea. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 22 novembre) quasi tutti i paesi mostrano un trend negativo. Solo le riserve di gas di Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia sono rimaste sostanzialmente stabili. L’Italia ha diminuito il proprio livello fino al 97,3%; le riserve totali del Unione Europea sono piene al 98,6%.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Lo stoccaggio di gas nell’Unione europea

Nell’infografica interattiva di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 21 novembre). Quasi tutti i paesi mostrano un trend negativo, causato dell’arrivo dei primi freddi: solo le riserve di Germania, Svezia, Spagna e Portogallo sono rimaste essenzialmente stabili. L’Italia ha diminuito il proprio livello fino al 97,63%; le riserve totali del Unione Europea sono piene al 98,88%.

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L’Antitrust fa le multe ma ci saranno ristori per famiglie e imprese?

Scattano le sanzioni dell’Antitrust per gli aumenti delle bollette. Quindici milioni di multa, in totale. Verrebbe da dire bruscolini rispetto al giro di affari ma tant’è. Nel mirino sono finite quasi tutte le multiutility: a noi, onestamente, non interessa né puntare il dito su chi ha sgarrato, né coccolare chi eventualmente non l’ha fatto, né – infine – elogiare l’atteggiamento dell’Autorità garante della concorrenza che, a ben considerare, ha svolto solo il suo dovere. A noi interessa mettere in evidenza come 1) la tutela nei confronti di cittadini e imprese abbia ancora tempistiche troppo lente perché, a ben considerare, il tutto risale al decreto Aiuti bis di Mario Draghi, poi prorogato al 30 giugno di quest’anno 2) come sia possibile che attraverso “pratiche commerciali aggressive” siano stati modificati ‘sic et simpliciter’ i prezzi di energia elettrica e gas 3) cittadini e imprese, nel caso tutti i prevedibili ricorsi dovessero essere respinti, dovranno essere ristorati.

Ci sofferiamo sul punto 3 non perché sia più importante degli altri due ma perché sicuramente ha un’incidenza diretta sulle tasche di imprenditori e famiglie. La domanda è semplice: sanzione a parte, chi ha subito un ingiusto aumento di bolletta sarà ricompensato? La risposta – forse – sta in questa dichiarazione del Codacons: Siamo stati i primi a denunciare la violazione dell’art. 3 del decreto Aiuti bis attraverso una raffica di esposti presentati sia all’Antitrust, sia a 104 procure della Repubblica di tutta Italia, in cui si chiedeva si intervenire per sanzionare quelle società che applicavano modifiche unilaterali ai contratti di luce e gas nonostante i divieti previsti dalla legge. Ma non basta: chiediamo indennizzi in favore di tutti gli utenti coinvolti dagli aumenti illegittimi delle tariffe di luce e gas”.

Ma la sensazione, con 104 procure di mezzo, è che di ricorsi si riempiranno le aule di giustizia. E cosa è stato speso inopinatamente verrà restituito – sempre forse – quando magari ci si riscalderà solo con pannelli solari e l’elettricità sarà generata solo da pale eoliche. Insomma, tra qualche lustro…

Snam chiude i primi 9 mesi dell’anno con ricavi per 2,8 miliardi. Emissioni di metano giù del 25%

Ricavi totali in crescita, investimenti sempre più green, riduzione delle emissioni climateranti e una finanza sostenibile in crescita. Si chiudono in positivo per Snam i primi novi mesi dell’anno, con ricavi totali pari a 2,8 milioni di euro, in crescita del 17% rispetto ai primi nove mesi del 2022. Crescita, spiega il gruppo, dovuta ai “ricavi regolati collegati alla realizzazione degli investimenti e agli incentivi “output-based” e per “il significativo contributo del business dell’efficienza energetica”. L’utile netto adjusted è stato di 942 milioni di euro, in aumento di 10 milioni di euro (+1,1%), rispetto all’utile netto adjusted dei primi nove mesi del 2022, per effetto della solida performance operativa in parte assorbita dall’aumento degli oneri finanziari e delle imposte sul reddito.

APPROVVIGIONAMENTI AL SICURO. Risultati che, come ricorda l’amministratore delegato Stefano Venier, “mostrano la solidità del gruppo e il ruolo di primo piano svolto nel garantire la sicurezza degli approvvigionamenti in uno scenario globale incerto e in costante evoluzione. Abbiamo incrementato i nostri investimenti tecnici su progetti infrastrutturali fondamentali per contribuire alla resilienza e alla transizione del sistema energetico del Paese, che oggi è in una condizione adeguata ad affrontare la stagione invernale”.  Anche se – è il timore –  la guerra in Medioriente “potrebbe dar luogo ad ulteriori tensioni a livello internazionale, con il loro conseguente impatto sui prezzi dei beni energetici per i quali l’Italia, ed in generale l’Europa, sono fortemente dipendenti dalle importazioni estere”. Turbolenze che “potrebbero pesare sull’economia mondiale, aumentando i costi di produzione e influenzando ulteriormente la stabilità economica e la crescita nazionale ed europea, oltre che determinare ulteriori sfide nella gestione delle fonti di approvvigionamento energetico”.

INVESTIMENTI SOSTENIBILI. Nei primi 9 mesi dell’anno, Snam ha investito 1,32 miliardi di euro (erano 1,3 nei primi 9 mesi del 2022, compreso l’acquisto della nave rigassificatrice Golar Tundra), di cui 1,14 miliardi per investimenti tecnici (+29,4%). Il 53% degli investimenti totali è allineato ai Sustainable Development Goals e il 37% alla Tassonomia Europea. A questi investimenti, si aggiungono 410 milioni di euro relativi all’acquisizione del 49,9% di SeaCorridor. “La nostra strategia volta ad una transizione energetica giusta e credibile – dice Venier – ci vede impegnati a realizzare investimenti importanti, per oltre il 50% allineati agli SDGs della Unione Europea, e a sviluppare progetti rilevanti come quello di SoutH2Corridor e per la Carbon Capture and Storage, a Ravenna, il cui ruolo chiave è stato riconosciuto anche nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima”. Prosegue anche ” l’impegno nel ricorrere a strumenti di finanza sostenibile e innovativa come il primo EU Taxonomy-aligned Transition Bond convertibile collocato con successo in settembre, che ci ha consentito di raggiungere in anticipo di tre anni l’obiettivo dell’80% di finanza sostenibile sulle fonti di finanziamento disponibili del Gruppo”.

SCENDONO LE EMISSIONI DI METANO. Buoni risultati anche per quanto riguarda l’ambiente. Nei primi nove mesi del 2023 Snam ha ridotto le emissioni di metano – classificate come Scope1 – del 25% rispetto allo stesso periodo del 2022. Proseguono, spiega il gruppo, “gli sforzi” per ridurre le emissioni e “l’impegno a supporto della transizione energetica”.

 

 

 

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Enel, nei primi nove mesi del 2023 utile netto 5 mld (+65,2%): “Risultati solidi”

Nei primi nove mesi del 2023 il Gruppo Enel consolida la propria posizione con “risultati solidi. Il Consiglio di amministrazione, presieduto da Paolo Scaroni, approva infatti il resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2023, oltre al prospetto contabile riferito alla stessa data e la relazione, da cui risulta che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della Società consente la distribuzione di un acconto sul dividendo per l’esercizio 2023 pari a 0,215 euro per azione, che verrà messo in pagamento a decorrere dal 24 gennaio 2024. Stando ai risultati, l’utile netto cresce del 65,2% arrivato a oltre 5 miliardi di euro: un aumento che riflette l’andamento positivo della gestione operativa ordinaria e la minore incidenza delle interessenze dei terzi sul risultato netto ordinario, che hanno più che compensato l’incremento degli oneri finanziari netti dovuto all’evoluzione dei tassi di interesse e all’aumento del debito medio del periodo, nonché il maggior onere fiscale da ricondurre ai migliori risultati.

L’Ebitda ordinario è 16,3 miliardi (+29,3%), mentre l’Ebitda 15,2 miliardi e l’Ebit 9,8 miliardi (+62,1%). I ricavi registrati sono 69.534 milioni di euro, in calo del 34,1%, attribuibile principalmente alla Generazione Termoelettrica e Trading per i minori volumi di energia prodotti in un regime di prezzi medi di vendita decrescenti – spiega Enel – in un contesto caratterizzato da una maggiore stabilità dei prezzi rispetto ai nove mesi del 2022, in particolare in Italia e Spagna, e per il differente perimetro di consolidamento, nonché ai Mercati Finali per le minori quantità vendute in un contesto di prezzi decrescenti e per la cessione, avvenuta nel 2022, di Celg Distribuição (Enel Goiás) in Brasile. Il decremento dei ricavi di Enel X è riferibile essenzialmente alla rilevazione, nel corso dei nove mesi del 2022, dei proventi derivanti dalla cessione parziale della partecipazione detenuta in Ufinet per 220 milioni di euro e dalla cessione di alcune partecipazioni di Enel X a Mooney Group per 67 milioni di euro, nonché ai minori ricavi registrati in Colombia e in Italia.

I ricavi di Enel Green Power, poi, risultano in aumento rispetto all’analogo periodo del 2022, prevalentemente per l’incremento delle quantità prodotte da fonte idroelettrica e solare in Italia, Spagna e America Latina e per i proventi per 98 milioni di euro derivanti dalle cessioni parziali delle partecipazioni detenute in alcune società, prevalentemente in Australia. La diminuzione dei ricavi per Enel Grids è principalmente riconducibile alla variazione di perimetro derivante dalla cessione, nel 2022, di alcune società in America Latina. Tali effetti sono stati sostanzialmente compensati dagli adeguamenti tariffari in Italia e in America Latina.

L’indebitamento finanziario netto è a 63.312 milioni di euro (60.068 milioni di euro a fine 2022, +5,4%), riconducibile principalmente ai positivi flussi di cassa generati dalla gestione operativa, dalla cessione di alcune società ritenute non più strategiche e dall’emissione di prestiti obbligazionari non convertibili subordinati ibridi perpetui, che hanno solo parzialmente compensato il fabbisogno generato dagli investimenti del periodo e il pagamento dei dividendi, nonché lo sfavorevole andamento dei tassi di cambio. Gli investimenti risultano 8,7 miliardi di euro (-5,9%), inoltre è stato deliberato un acconto sul dividendo 2023 pari a 0,215 euro per azione, in pagamento dal 24 gennaio 2024, in crescita del 7,5% rispetto all’acconto distribuito a gennaio 2023. Il Cda, peraltro, conferma la politica di acconto sui dividendi per l’esercizio 2023, prevista dal Piano Strategico 2023-2025. E ancora, alla luce della solida performance operativa registrata nei nove mesi del 2023, la guidance relativa all’esercizio 2023, fornita ai mercati finanziari in occasione della presentazione del Piano Strategico 2023-2025, è stata rivista al rialzo.

Le vendite di energia elettrica nei nove mesi del 2023, ancora, ammontano a 228,8 TWh, con un decremento di 13,5 TWh (-5,6%, -2% circa a parità di perimetro) rispetto all’analogo periodo dell’esercizio precedente. In particolare, si rilevano: (i) maggiori quantità vendute in Argentina (+0,6 TWh), Cile (+0,5 TWh), Perù (+0,3 TWh) e Colombia (+0,1 TWh) e (ii) minori quantità vendute in Italia (-7,7 TWh), Brasile (-5,6 TWh), Spagna (-0,6 TWh) e Romania (-1,2 TWh). Le vendite di gas naturale sono pari a 6,0 miliardi di metri cubi nei nove mesi del 2023, in diminuzione di 1,5 miliardi di metri cubi (-20,0%) rispetto all’analogo periodo dell’esercizio precedente. Nei nove mesi del 2023, la potenza efficiente installata netta totale del Gruppo Enel è pari a 82,9 GW, mentre l’energia netta prodotta è pari a 158,3 TWh.

Crediti d’imposta energia e gas, anticipata la scadenza

Con l’approvazione del Decreto Proroghe è stata anticipata la scadenza per utilizzare in compensazione i crediti di imposta energia e gas maturati nel I° e II° trimestre 2023.

La scadenza, prevista per il 31 dicembre 2023, è stata anticipata al 16 novembre 2023.

“Tali crediti, ricordiamo – spiega Salvatore Baldino, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile Irap, non rilevano ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi di reddito. Sono cumulabili con altre agevolazioni, a condizione che il cumulo non determini il superamento del costo sostenuto”.
“Inoltre, i crediti sono cedibili esclusivamente per intero ad altri soggetti – prosegue Baldino – con possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di soggetti qualificati, come ad esempio banche e intermediari finanziari”.

Tale scadenza vale sia per le imprese che hanno sostenuto le spese agevolabili sia per i soggetti cessionari che hanno acquisito il credito.

Italgas

Italgas, ricavi per 1,3 miliardi nei primi nove mesi. Gallo: “Avanti su transizione green”

Nei primi nove mesi del 2023 Italgas ha registrato ricavi totali per 1,36 miliardi di euro, in crescita del 26% (+282,8 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo rende noto il gruppo, che ieri ha approvato i risultati consolidati dei primi nove mesi e del terzo trimestre 2023. I ricavi totali si riferiscono a quelli  regolati distribuzione gas (1.086,7 milioni di euro) e a ricavi diversi (283,1 milioni di euro). Al 30 settembre 2023, i ricavi derivanti del Gruppo DEPA Infrastructure sono pari a 130,4 milioni di euro, mentre quelli delle attività nell’efficienza energetica ammontano a 263,7 milioni di euro, trainati dal progressivo avanzamento dei cantieri connessi al Super ecobonus. I ricavi regolati distribuzione gas aumentano di 119,4 milioni di euro rispetto al corrispondente periodo del 2022 per effetto dell’aumento dei ricavi di vettoriamento (+128,5 milioni di euro) in parte compensato dalla diminuzione degli altri ricavi regolati distribuzione gas (-9,1 milioni di euro).

Al 30 settembre l’utile operativo lordo (EBITDA) di Italgas ammonta a 910,5 milioni di euro, in aumento di 125,1 milioni di euro (+15,9%) rispetto al corrispondente periodo del 2022 (785,4 milioni di euro). Questa variazione comprende 85,1 milioni di euro derivanti dal consolidamento del Gruppo DEPA Infrastructure, 37,6 milioni di euro risultanti dalle attività ESCo2 e dalla crescita della distribuzione gas in Italia al netto della cessione dell’ATEM Napoli. L’utile netto adjusted attribuibile al gruppo al  ammonta a 316,7 milioni di euro, in crescita del 10,8% rispetto ai primi 9 mesi dello scorso anno.

Il gruppo prosegue lungo la strada verso la transizione green, puntando sulle rinnovabili. “Con quasi 600 milioni di euro investiti nei primi nove mesi, la società – spiega l’amministratore delegato Paolo Gallo – ha intensificato le attività di estensione e trasformazione digitale delle reti del gas, sia in Italia che in Grecia, continuando a favorirne l’evoluzione anche come elemento strategico di stimolo alla produzione di gas rinnovabili come biometano, metano sintetico e idrogeno“.

I primi nove mesi del 2023, spiega il gruppo, “hanno visto intensificarsi l’attività operativa volta a raggiungere i target fissati nel Piano Strategico 2023-2029 e nel Piano di Creazione di Valore Sostenibile, con particolare riguardo agli obiettivi di trasformazione digitale del network, principale abilitatore della transizione energetica“. Per Gallo, sono state conseguite “performance solide e di valore che hanno permesso di continuare a crescere anche in un contesto socio-economico instabile a causa del protrarsi delle tensioni internazionali. Un risultato reso possibile da diversi fattori”, tra cui “la nostra visione che ha confermato la centralità delle reti di distribuzione del gas – smart, digitali e flessibili – per una transizione ecologica sicura, sostenibile e competitiva”. I risultati, aggiunge, sono stati ottenuti anche grazie “ai traguardi già maturati in Grecia con anche la fusione dei tre DSO in un unico operatore, e nel settore idrico il perfezionamento dell’acquisizione delle concessioni di Veolia”.

Digitalizzazione, decarbonizzazione, economia circolare e formazione, dice ancora l’amministratore delegato, “si confermano fattori strategici per il raggiungimento dei nostri obiettivi di crescita. Target che dipenderanno dalla nostra capacità di spingere sempre più in alto l’asticella dell’innovazione continuando a fare leva o sulla nostra risorsa principale, le persone”.

L’attenzione alla transizione è ben rappresentata anche dalla riduzione dei consumi energetici netti, diminuiti del 14,1%.

Pichetto esclude proroga secca mercato tutelato. E rilancia ruolo rigassificatori

L’energia torna centrale nel dibattito politico. Le tensioni tra Israele e Palestina fanno riaffiorare i dubbi su approvvigionamenti, anche se il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ai microfoni di Rainews a margine del Med Energy di Ravenna, rassicura: “La situazione in Medio Oriente certamente non lascia tranquilli e va monitorata costantemente, però lo stoccaggio nel nostro Paese è tale per cui dovremmo mantenerci sulla quantità“.

Semmai, avverte, la questione mediorientale “rischia di avere degli effetti, purtroppo negativi, sul prezzo” dell’energia. Ecco perché il nuovo decreto che sarebbe dovuto andare ieri in Consiglio dei ministri, assume ancora più importanza in questa fase storica. Il testo è slittato alla prossima riunione del Cdm, che dovrebbe essere il 31 ottobre, ma sul punto più cruciale, ovvero la fine del mercato tutelato, l’orizzonte inizia a schiarirsi. “Dal 10 gennaio, per i non vulnerabili, sarà automatica la gara, nessuno ha mai pensato di spostarla – spiega infatti Pichetto -. La valutazione che si sta facendo, a livello tecnico, è quello di trovare un percorso affinché tutti siano bene informati e non sia traumatico il passaggio“. Ma alla domanda se ci sarà una proroga secca alla misura, la risposta è perentoria: “La escludo“.

La partita, comunque, si gioca su più campi. Con una sola certezza: con “i recenti fatti di Gaza, e in precedenza la crisi ucraina, il quadro energetico è completamente cambiato“, dice il responsabile del Mase al Med Energy.  Dunque, occorre “coniugare i termini di questo trilemma, perché non riusciamo a parlare di mitigazione” dei rischi dovuti al cambiamento climatico “senza considerare di energia: la questione ambientale va vista anche sul fronte sociale e sul fronte economico” e “questo vale per tutti i Paesi della sponda mediterranea“. In questo scenario, dunque, assumono grande rilevanza temi come la diversificazione delle forniture e l’infrastrutturazione. “Abbiamo le pipeline con il gas che arriva da Algeria, Libia e Azerbaijan, poi Tarvisio con il gas dalla Russia e Passo Gries dove attualmente arriva gas norvegese – elenca Pichetto -. Ma la sfida della sicurezza è data anche dai rigassificatori, che possono permetterci di garantire un approvvigionamento diversificato“. Ragion per cui conferma che dopo Piombino e Ravennac’è una valutazione sulla previsione di rigassificatori al sud Italia“. Sul progetto di Gioia Tauro, infatti, c’è grande attenzione. Così come Vado Ligure, che dovrà accogliere la nave Fsru ‘Golar Tundra’ una volta terminato il periodo di permanenza in Toscana. L’opera di diversificazione, comunque, non si ferma delle fonti e prosegue esplorando tutte le possibilità di collaborazione. Come quella con Cipro. Pichetto, infatti, a Ravenna incontra il ministro dell’Energia, del Commercio e dell’Industria della Repubblica di Nicosia, George Papanastasiou. Nel colloquio si è parlato di progetti infrastrutturali e del contributo che può venire nel campo della sicurezza energetica e della diversificazione dagli operatori interessati alle opportunità di sviluppo del settore “anche con l’obiettivo di rafforzare il ruolo di hub dell’Italia nella regione mediterranea“.

importazioni petrolio

Salgono ancora i prezzi di gas e greggio. Federpetroli: “Dopo attacco Hamas a rischio forniture”

Dal primo attacco di sabato scorso da parte di Hamas a Israele, le quotazioni internazionali del gas sono aumentate vertiginosamente fino a toccare ieri 43,60 Euro/MWh con un + 15,00% in poche ore. Non diversa la situazione dei due greggi di riferimento Wti in quota 88,80 dollari/Barile e Brent in quota 89,50 dollari/Barile sulle principali Borse internazionali.

Per il presidente di FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, “sembra un copione già visto, con un pericolo forniture estere annunciato la scorsa settimana in una diretta RAI sulla problematica dei nostri approvvigionamenti in Africa e Medio Oriente”. A largo della striscia di Gaza proseguendo lungo le coste nell’Offshore israeliano “abbiamo un grande giacimento di gas metano chiamato Leviathan che corre fino a nord tra Cipro e il Libano (quest’ultimo a sud sotto controllo di Hezbollah), parliamo di uno dei giacimenti più grandi al mondo nel Mediterraneo”. Grande riserva petrolifera già tempo fa occasione di interessi di sviluppo internazionali per la quantità di metano che dispone in produzione nei prossimi decenni.

Il giacimento in mare, dice Marsiglia, “potrebbe stravolgere gli equilibri energetici del Medio Oriente. Leviathan ha autonomia di produzione a gas metano per oltre 50 anni. L’Italia è a rischio con l’80% di approvvigionamento energetico estero (petrolio e gas). Già evidente il panico sui prezzi internazionali di benzina e gasolio con ricadute sul costo delle bollette. Attenzione alle parole su Iran e Qatar, salvaguardiamo la sicurezza dei gasdotti e dello Stretto di Hormuz”.

Israele in via precauzionale ha già bloccato la produzione del giacimento Offshore di Tamar con l’americana Chevron come operatore. “Ci troviamo a circa 90 km in mare da Haifa. Questo indotto – spiega Marsiglia – alimenta parte di Egitto ed altro gas viene trasportato in Europa”.

Secondo un’analisi di in un’analisi S&P Global Commodity Insights, l’aumento dei prezzi del petrolio a seguito dell’escalation delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente ha iniziato a suonare come un campanello d’allarme per le raffinerie asiatiche, ma le preoccupazioni a breve termine sulle forniture sono meno preoccupanti a causa degli abbondanti flussi di merci dalla Russia e da esportatori diversi dal Golfo Persico.

L’attacco a sorpresa di Hamas contro Israele “ha riacceso il dibattito – spiega S&P – sul fatto che il petrolio superi nuovamente la soglia dei 100 dollari al barile. Hamas, un’organizzazione militare e politica, è stata collegata all’Iran in passato”.

“Le maggiori preoccupazioni dell’Asia sono le incertezze sulle forniture derivanti da potenziali interruzioni dei flussi fisici a seguito degli attacchi, nonché un possibile aumento dei prezzi. Che tipo di conclusioni trarrà Washington da questo sull’Iran sarebbe anche un fattore chiave per il mercato petrolifero globale”, ha affermato Kang Wu, responsabile della domanda globale di petrolio e di Asia Analytics di S&P Global Commodity Insights.

Conflitto in Israele pesa sui costi energetici: schizzano petrolio e gas

I prezzi del petrolio sono saliti di oltre il 4% e il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam è arrivato a oltre 41 euro euro al megawattora. A pesare sono i timori per il conflitto in Israele, dopo che il movimento islamista palestinese Hamas ha lanciato un’offensiva a sorpresa contro Israele nel fine settimana, sollevando preoccupazioni sulle conseguenze per le forniture alla regione ricca di petrolio. Il Brent è balzato del 4,7% a 86,65 dollari e il West Texas Intermediate è salito del 4,5% a 88,39 dollari nei primi scambi asiatici. Preoccupazioni che raccoglie anche il ministro della Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, secondo il quale “bisogna essere vigili, uniti e coesi in Europa per fronteggiare questa situazione di emergenza che rischia di far esplodere altre problematiche. Mi riferisco per esempio a quella dell’energia, come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio. Da quei Paesi giungono altre risorse alla nostra Europa. Dobbiamo capire e comprendere anche se dobbiamo pensare all’autonomia strategica del nostro continente“.

L’attacco a sorpresa contro Israele e la dichiarazione di guerra al movimento islamista palestinese di domenica hanno già provocato più di 1.100 vittime e si teme un ulteriore aumento delle tensioni in Medio Oriente. “Per i mercati è decisivo se il conflitto rimarrà contenuto o si estenderà ad altre regioni, in particolare all’Arabia Saudita“, hanno dichiarato Brian Martin e Daniel Hynes, analisti dell’ANZ. “Almeno inizialmente, i mercati sembrano pensare che la situazione rimarrà limitata in termini di portata, durata e impatto sui prezzi del petrolio. Ma possiamo aspettarci una maggiore volatilità“. Questa crisi arriva in un momento in cui i prezzi del petrolio sono già alti a causa delle preoccupazioni per i tagli alla produzione da parte di Russia e Arabia Saudita. Inoltre, sta sollevando timori per il suo impatto sull’inflazione. L’aumento dei costi energetici è una delle cause principali dell’attuale impennata dei prezzi.

Il WTI e il Brent, i due benchmark globali, sono saliti brevemente di oltre il 5% sui mercati asiatici, prima di tornare al di sotto di questa soglia. Tuttavia, Stephen Innes di SPI Asset Management ha avvertito che “la storia ha dimostrato che i prezzi del petrolio tendono a guadagnare in modo sostenuto dopo le crisi in Medio Oriente“.

Venerdì i prezzi del petrolio hanno chiuso in leggero rialzo a New York, beneficiando solo marginalmente del ritorno della propensione al rischio, compensata dalle persistenti preoccupazioni sulla domanda globale e dalla parziale revoca delle restrizioni imposte dalla Russia sulle esportazioni di gasolio. Inoltre, la scorsa settimana un gruppo di lavoro dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e dei loro alleati (OPEC+) ha raccomandato di mantenere l’attuale strategia di taglio della produzione, rafforzata dai tagli sauditi e russi, al fine di sostenere i prezzi. Ha inoltre elogiato “gli sforzi dell’Arabia Saudita“, leader del gruppo, che da luglio sta tagliando volontariamente la produzione di un milione di barili al giorno. Il ministero dell’Energia saudita ha confermato che questa misura continuerà fino alla fine del 2023. La produzione del regno dovrebbe quindi attestarsi intorno ai 9 milioni di barili al giorno per i mesi di novembre e dicembre, ha aggiunto.

Anche la Russia, altro peso massimo dell’OPEC, manterrà i suoi tagli alle esportazioni di circa 300.000 barili al giorno fino a dicembre, secondo il vice primo ministro Alexander Novak. Queste decisioni si aggiungono ai tagli introdotti all’inizio di maggio e in vigore fino alla fine del 2024 da nove Paesi, tra cui Riyadh, Mosca, Baghdad e Dubai, per un totale di 1,6 milioni di barili al giorno.