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Bollette, tra Natale e l’Epifania in arrivo le nuove tariffe

Il 29 dicembre l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) determinerà le tariffe trimestrali per l’energia elettrica nel mercato tutelato, mentre il 3 gennaio 2023 la stessa Authority per l’energia fisserà i prezzi, sempre per il mercato tutelato, del gas. Dopo tre mesi in cui si sono registrati i massimi storici per la luce, si attende una boccata d’ossigeno in virtù del calo del Pun, prezzo unico nazionale. Lo scorso 29 settembre l’Arera aveva infatti aumentato i costi dell’energia elettrica del 59%. All’epoca, l’Autorità nazionale per l’energia aveva deciso di posticipare eccezionalmente il necessario recupero della differenza tra i prezzi preventivati per lo scorso trimestre e i costi reali che si sono verificati, anch’essi caratterizzati da aumenti straordinariamente elevati, limitando dunque il rincaro che sarebbe stato intorno al 100 per cento. Infatti nel terzo trimestre 2022, in base ai dati di preconsuntivo, il Pun era pressoché raddoppiato rispetto al secondo trimestre 2022 e quasi quadruplicato rispetto al livello medio del corrispondente trimestre del 2021.

Adesso i numeri sono diversi. Settembre aveva chiuso con un Pun medio di 429,92 euro per megawattora, mentre il prezzo del 24 dicembre – complice il giorno semifestivo – è crollato a 142,06. La media di dicembre rimane tuttavia superiore, ovvero a 325,43 euro/Mwh. La differenza però tra la quotazione di settembre e quella di questo mese segna comunque un -24,3%. Pertanto, le bollette nel mercato tutelato dei prossimi tre mesi dovrebbero ridursi del 10-20% almeno. Tutto dipenderà dalla volontà di Arera di recuperare “la differenza tra i prezzi preventivati per lo scorso trimestre e i costi reali che si sono verificati”, posticipati lo scorso 29 settembre.

Discorso diverso per il gas. Il verdetto sulle bollette del mercato tutelato arriverà il 3 gennaio. In base al nuovo metodo di calcolo introdotto a luglio dall’Arera, il prezzo del metano per i clienti ancora in tutela è aggiornato alla fine di ogni mese e pubblicato nei primi giorni del mese successivo a quello di riferimento, in base alla media dei prezzi effettivi del mercato all’ingrosso italiano. Il valore del prezzo gas, che è pagato dai clienti per i consumi di dicembre, viene quindi pubblicato sul sito dell’Arera entro 2 giorni lavorativi dall’inizio di gennaio. Nonostante il Ttf, ovvero il prezzo del gas in Olanda diventato punto di riferimento del mercato europeo, sia in caduta libera da una settimana (alle 15,30 segnava un calo del 10% a 82,7 euro/Mwh), e che anche il prezzo del gas sulla borsa italiana sia crollato a quota 87 euro, la media di dicembre è a 125,5 euro. Superiore ai 91 di novembre e agli 80,8 di ottobre. A ottobre, grazie proprio a quotazioni in picchiata, avevamo assistito a una riduzione delle bollette del 13%. La stessa percentuale di aumento che invece abbiamo notato a novembre. Ora – nonostante parecchi commentatori puntino a una riduzione delle tariffe – è dunque difficile immaginare una discesa dei costi per aziende e famiglie. In questo mese il gas in Italia costa infatti il 37% in più rispetto a novembre.

 

 

 

Gas, già due mesi fa Goldman Sachs aveva previsto il prezzo sotto i 100 euro/MWh

Era il 2 novembre quando la banca d’affari americana Goldman Sachs aveva previsto che i prezzi del gas naturale in Europa sarebbero scesi “di circa il 30% nei prossimi mesi”. Quel giorno il Ttf olandese quotava 132,8 euro/Mwh, oggi è sceso fino a quota 90 per poi risalire a 93-94, comunque segnando l’ennesimo calo di oltre il 4%.
Quasi due mesi fa – come riportava Gea – Goldman Sachs aveva infatti ipotizzato una discesa del Ttf a 85 euro nel primo trimestre del 2023. Ci siamo vicini. Secondo la banca d’affari statunitense il raffreddamento dei prezzi derivava da diversi fattori: “Lo stoccaggio del gas in Europa è sostanzialmente pieno per questa stagione invernale; le temperature di questo autunno sono state più miti del previsto ritardando così l’inizio di un periodo di intenso utilizzo; e c’è un eccesso di offerta di gas naturale liquefatto (Gnl)”.

In vista dell’estate, quando bisognerà comunque riempire le scorte, Goldman Sachs il 16 novembre ha rivisto al ribasso i target price basandosi più o meno sulle stesse considerazioni che l’avevano portata a ipotizzare un prezzo a 85 euro/Mwh per inizio 2023: “La combinazione di clima mite, risparmi da parte dei consumatori e minori importazioni di Gnl da parte della Cina (lasciando più offerta all’Europa) hanno contribuito a creare un buffer di stoccaggio che ha permesso all’Europa nordoccidentale di essere molto più protetta dagli eventi della stagione fredda. Questo consente, in vista dell’estate 2023, di bilanciarsi a livelli di domanda più elevati rispetto a quelli precedentemente previsti. Nello specifico, la domanda di gas europea nordoccidentale può essere mediamente di circa 22 milioni di metri cubi al giorno superiore alle nostre precedenti aspettative per l’estate senza compromettere l’obiettivo di riempire al 90% gli stoccaggi a fine ottobre 2023″, continuava nella sua analisi la banca d’affari americana. Dunque “ipotizzando una sensibilità alla domanda che vale 2,4 euro per milione di metro cubo”, Goldman Sachs rivedeva la previsione del prezzo Ttf per l’estate 2023 a 180 euro/MWh, 55 euro in meno rispetto alle precedenti stime di 250 euro per megawattora.

E 180 euro è proprio il valore sopra il quale scatterebbe il famoso price cap, deciso dai ministri dell’Energia della Ue a maggioranza. Probabilmente quindi non dovrebbe entrare in funzione, considerando il boom di rilasci autorizzativi per impianti rinnovabili in tutto il Vecchio Continente, che ridurranno il consumo di gas per produzione di energia elettrica, e la ripresa del nucleare francese, alle prese con lunghe manutenzioni che riguardano metà delle centrali transalpine.
Per uscire dal tunnel serviranno comunque anni, dato che un prezzo a 180 euro per megawattora rappresenta pur sempre il 900% in più rispetto alla media del prezzo industriale del gas fino al 2020. E la media del prezzo in Italia del gas, che secondo i dati forniti dal Gme è oggi sceso a 95,148 euro/Mwh sulla scia del crollo del Ttf olandese, rimane ancora alta. Il prezzo medio di dicembre, che sarà utilizzato da Arera per deliberare ai primi di gennaio la bolletta di questo mese, è superiore del 42% a quello di novembre: 129,7 euro/Mwh di dicembre contro i 91 euro per megawattora di novembre.

Rigassificatore di Piombino, il Tar del Lazio respinge il ricorso del Comune

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) ha respinto il ricorso promosso dal Comune di Piombino contro la decisione di installare un rigassificatore in porto. Il Tar, si legge nell’ordinanza, ha rilevato che “i paventati rischi per la pubblica incolumità correlati al rigassificatore risultano, allo stato, privi di attualità”, considerando che prima dell’avvio dell’esercizio dell’attività dovranno essere acquisiti il Rapporto di Sicurezza Definitivo e l’Autorizzazione Integrata Ambientale. Inoltre, spiega il Tar, “non sono emerse sopravvenienze o criticità di rilievo in merito alla conduzione delle attività che dovranno continuare a svolgersi nel rispetto delle articolate prescrizioni e raccomandazioni rese dai competenti enti e confluite nell’Ordinanza Commissariale n° 140 del 25.10.2022”. Quindi, “non sussistono i presupposti per la concessione della misura cautelare”. L’iter che ha condotto all’adozione del provvedimento – cioè l’autorizzazione al rigassificatore di Piombino – “non ha dato evidenza di palesi anomalie nello sviluppo del procedimento né di incontrovertibili carenze istruttorie idonee a supportare, prima di addivenire alla completa delibazione del merito, la sospensione dei provvedimenti impugnati”. Insomma, per il Tar del Lazio non sussistono mancanze o anomalie nell’adozione del provvedimento e nemmeno pericoli per la salute pubblica tali da stoppare il via libera all’opera. Il tribunale ha fissato per l’8 marzo 2023 l’udienza pubblica per la trattazione di merito del ricorso.

 

 

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha affermato che “le sentenze non si commentano ma si rispettano. Così è anche per la decisione del Tar del Lazio che ha respinto la richiesta di sospensiva cautelare sul rigassificatore di Piombino. Grazie ai rigassificatori di Ravenna e Piombino il nostro Paese potrà contare su una quota consistente di gas, fondamentale per garantire la sicurezza energetica delle famiglie e delle imprese italiane”.

Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha dichiarato che “in questi giorni mi sono sentito molto supportato dal ministro dell’Ambiente e sarebbe opportuno che si potesse trovare un livello di dialogo anche con il sindaco di Piombino, perché l’interesse generale ci deve portare tutti verso la fase che ci condurrà all’ingresso del rigassificatore nel porto”. E ha aggiunto: “Non serve mettersi a fare la squadra che ha vinto a ha perso. No, qui ha vinto l’Italia”. Quei 5 miliardi di metri cubi di gas che arriveranno, ha spiegato il governatore toscano “sono la vittoria dell’Italia”.

Francesco Ferrari, sindaco di Piombino, ha dovuto adeguarsi alla sentenza del Tar: “Prendiamo atto – ha detto – della decisione del Tar di non concedere la sospensiva. Si tratta di una decisione parziale che interessa solo il provvedimento cautelare: ci aspetta comunque l’udienza di merito nella quale il Tribunale avrà modo di approfondire le tante e valide argomentazioni presentate dal Comune, cosa che non è stato possibile fare in questa prima fase di dibattimento sommario”. Ferrari ha poi ammesso: “Certamente ci auguravamo un altro risultato, ma siamo soddisfatti dall’urgenza che il Tar ha concesso alla trattazione del merito fissando l’udienza già per l’8 marzo 2023. Nella sentenza, il Tar esclude che ci sia un pericolo concreto e attuale visto che al momento il rigassificatore non è in funzione. Ciononostante, continueremo a vigilare e richiameremo gli enti preposti a un controllo attento e puntuale sul rispetto delle prescrizioni e ci riserviamo di valutare altre azioni contro il modo in cui Snam sta gestendo i cantieri già aperti”.

Pichetto Fratin: “La volontà fondamentale è quella di tenere unita l’Europa”

“La volontà fondamentale è quella di tenere unita l’Europa”. Così Gilberto Pichetto Fratin, ministro della Transizione ecologica, dopo il Consiglio Energia a Bruxelles.

Pichetto Fratin: “Tetto al prezzo del gas evita le fiammate viste nei mesi scorsi”

“Il tetto al prezzo del gas evita le fiammate viste nei mesi scorsi”. Così Gilberto Pichetto Fratin, Ministro della transizione ecologica, dopo il Consiglio Energia che si è svolto a Bruxelles.

Enea

Enea: In Italia da aprile a settembre +6% emissioni CO2, rinnovabili in calo dell’11%

È tutt’altro che positivo il quadro che emerge dall’Analisi Enea del sistema energetico italiano per il II e III trimestre dell’anno. Se, da un lato, evidenzia infatti consumi di gas più bassi, dall’altro si registra anche un calo delle rinnovabili, oltre alla crescita delle emissioni di CO2 e un forte peggioramento dell’indice della transizione energetica Ispred (-60% nel III trimestre). Dai primi nove mesi dell’anno, quindi, giungono segnali di criticità: a fronte di consumi di energia sostanzialmente fermi, con la previsione di un calo dell’1,5% sull’intero 2022, le emissioni di CO2 sono cresciute del 6%, con una stima di aumento di oltre il 2% a fine 2022. D’altra parte, a fronte del maggiore ricorso alle fonti fossili che stanno quasi tornando ai livelli pre-pandemia (+8% petrolio e + 47% carbone) e di una riduzione del 3% dei consumi di gas, le rinnovabili hanno registrato un calo dell’11%, dovuto a una riduzione dell’idroelettrico che l’aumento di solare ed eolico non è riuscito a compensare.
“Il forte calo dell’indice Enea-Ispred è da collegarsi in particolare al peggioramento della componente decarbonizzazione, scesa al valore minimo della serie storica”, spiega Francesco Gracceva, il coordinatore dell’Analisi trimestrale Enea. “In questo scenario – continua – l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 potrà essere raggiunto solo se nei prossimi otto anni riusciamo a ottenere una riduzione media annua di quasi il 6%”.

Sul fronte della sicurezza energetica, l’analisi evidenzia il peggioramento dell’adeguatezza del sistema gas. “In vista del prossimo inverno richiede particolare attenzione la capacità delle infrastrutture gas di coprire la punta di domanda: infatti, nel caso di un completo azzeramento dei flussi dalla Russia (scesi sotto al 20% dell’import totale nei primi nove mesi, ma già quasi a zero a ottobre), risulterebbe molto difficile coprire punte di domanda legate a picchi di freddo intenso che investano l’intero territorio nazionale”, commenta Gracceva.
Lato prezzi, se per il gas gli incrementi registrati in Italia sono simili alla media europea, nel caso dell’elettricità gli aumenti sono stati all’incirca doppi di quelli registrati nell’Ue, in particolare nel caso delle imprese. “Rispetto al 2021 un’impresa con consumi medio-bassi ha visto aumentare i prezzi di elettricità e gas rispettivamente del 60% e del 120% nel primo semestre 2022, mentre nell’intero 2022 supereranno di ben oltre il 50% i precedenti massimi storici”, sottolinea Gracceva.
A livello di settori, nel periodo gennaio-settembre 2022, i consumi sono diminuiti considerevolmente nell’industria, con un calo particolarmente accentuato nel III trimestre (-15%), mentre è continuata la forte ripresa dei trasporti, sebbene a tassi progressivamente più contenuti (+12% nei nove mesi, +4% nel III trimestre). L’aumento delle emissioni, invece, è riconducibile quasi interamente alla produzione di energia elettrica e calore, alle raffinerie e alle industrie energivore.
“Un segnale importante è che i consumi di energia hanno iniziato a contrarsi in misura progressivamente maggiore rispetto alla dinamica di fattori determinanti come l’andamento del PIL, produzione industriale, mobilità e clima. Un trend simile si è stato registrato in tutta Europa con un calo della domanda dello 0,7% nei primi nove mesi dell’anno”, spiega Gracceva. “È evidente -aggiunge – che la riduzione sia stata determinata fortemente anche dagli alti prezzi dell’energia che hanno imposto a molte imprese energivore uno stop delle attività. Tuttavia, nei prossimi mesi sarà fondamentale verificare se la contrazione possa andare oltre, come effetto delle misure di risparmio energetico”.

In termini di fonti primarie i primi nove mesi del 2022 hanno visto proseguire la risalita delle fonti fossili: i consumi di petrolio sono cresciuti dell’8%, avvicinandosi ai valori pre-pandemici. Ancora più marcato l’aumento dei consumi di carbone (+47%), che a fine anno torneranno non lontani dai livelli del 2018. In forte diminuzione invece i consumi di gas naturale (-3% nei nove mesi, -8% nel III trimestre) e di fonti rinnovabili, in calo costante dell’11% circa in tutti e tre i primi trimestri dell’anno. La performance delle rinnovabili è stata influenzata negativamente dalla significativa riduzione dell’idroelettrico (-25% rispetto al minimo degli ultimi 15 anni), non compensato dall’aumento del 9% di eolico e solare nei primi nove mesi dell’anno, ai massimi storici nel periodo con una quota del 16,3% sulla richiesta di energia elettrica e un picco del 21,7% ad aprile.
L’Enea evidenzia anche un problema sulle materie prime, la cui disponibilità potrebbe risultare un collo di bottiglia per la transizione energetica. Infatti, i dati indicano una pressoché totale dipendenza dell’Ue dall’estero per terre rare, platino e litio (100%), tantalio (99%) e cobalto (86%). Dipendenza ancora più forte per l’Italia, dove le Crm hanno un’incidenza sul Pil pari al 32% e sull’export all’86%. “L’eventualità di non poter soddisfare al 2030 la domanda di energia eolica e per i veicoli elettrici è molto forte”, conclude Gracceva.

Serve il nucleare per uscire dalla crisi e continuare a decarbonizzare

La grave crisi energetica provocata in Europa dall’invasione dell’Ucraina da parte russa e dalla conseguente ‘guerra del gas’, che ha privato il nostro continente dell’approvvigionamento energetico più a buon mercato, mostra con grande evidenza l’incapacità, i conflitti di interesse e lo stato di confusione dell’Europa rispetto a una situazione così complessa. In particolare mostra tutti i suoi limiti l’approccio estremista e tutto ideologico alla transizione energetica e alla lotta contro il climate change: ‘rinnovabili, rinnovabili, rinnovabili’ il motto declinato per anni dalla Commissione Europea senza una visione olistica capace di tener conto anche dell’economia e del destino dei sistemi industriali del continente.

Un approccio simile prevede che quando le Istituzioni Comunitarie parlano di processi di decarbonizzazione intendono e regolano soltanto le politiche a favore delle energie rinnovabili, demandando ai Paesi membri le politiche relative alle altre tecnologie di decarbonizzazione con ciò stesso ritenendole meno importanti. Da più parti ci si pone la domanda se sia giusto che le famiglie e l’economia europea, che sono responsabili di meno del 10% delle emissioni di CO2 nel mondo, e la sua industria, che di tali emissioni è responsabile per meno della metà di quel 10%, siano messe in ginocchio da una visione estremista e unilaterale come quella che si è citata.

In realtà appare sempre più chiaro che il tema della decarbonizzazione è inscindibilmente connesso a quello dell’approvvigionamento energetico, e che un argomento così delicato non può consentire estremismi ideologici pena una gravissima crisi dei sistemi industriali del continente. Le imprese devono poter accedere all’energia a prezzi accessibili perché se ciò non sarà possibile vi saranno o chiusure dolorosissime o un altrettanto doloroso esodo di industrie chiave verso Paesi nei quali l’energia è affidabile e a buon mercato. Ciò significa che bisogna essere capaci a tenere in equilibrio tre esigenze ugualmente fondamentali: ambiente e lotta al climate change attraverso processi di decarbonizzazione; economicità degli approvvigionamenti energetici per garantire la competitività dei sistemi industriali; sicurezza di questi approvvigionamenti.

Le energie rinnovabili (fotovoltaico ed eolico in particolare) non possono bastare perché sono intermittenti, non programmabili, e coprono solo una parte temporalmente contenuta dei fabbisogni energetici di un Paese o di un continente. Banalizzando, coprono solo le ore in cui c’è il sole e soffia il vento, che grosso modo (anche sommate come se non ci fossero sovrapposizioni tra le ore di sole e quelle in cui soffia il vento, il che non è) non arrivano ad un terzo delle ore in cui c’è bisogno di energia.

Faccio sempre l’esempio di un grande impianto energivoro come un’acciaieria a forno elettrico. Le ore annuali di esercizio sono circa 8000, le energie rinnovabili in Italia ne coprono a mala pena 2000-2500. E per le altre 5500-6000 ore? È evidente che l’industria energivora di base (siderurgia, chimica, carta, cemento, ceramica, vetro ecc.) per coprire queste ore non coperte dalle rinnovabili ha bisogno di energia di base, base load, decarbonizzata. Energia stabile, continua, possibilmente a costi contenuti.

Ci sono solo due tecnologie che soddisfano questa esigenza: le centrali a gas con l’applicazione delle tecnologie CCUS (Carbon Capture Utilization and Storage) e il nucleare. Le batterie e gli accumuli non sono capaci di far funzionare grandi impianti energivori come i forni elettrici. Entrambe queste tecnologie, CCUS e nucleare, sono state per anni scartate e messe all’indice dall’estremismo ideologico ambientalista che ha influenzato non poco moltissime nazioni europee, Germaniae Italia in testa, e la Commissione europea.

È parso chiaro a tutti, sulla base dei dati forniti al convegno, che se si vuole uscire dall’emergenza innescata dalla più grave crisi energetica mai vista, che in Europa ha il suo epicentro, e contemporaneamente si vuole proseguire sulla strada della decarbonizzazione non si può fare a meno del nucleare.

Perché il nucleare? Per quattro motivi come ha sostenuto con forza Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare.

  1. Perché già oggi è la prima fonte non carbonica del sistema energetico europeo. Verità nascosta da una lunga retorica falsificatrice (specie nel nostro Paese ) che ha raccontato di un presunto declino del nucleare, il quale pesa invece per il 25% della generazione elettrica del continente, con 122 centrali operative e consente di lanciare ambiziosissimi programmi di decarbonizzazione.
  1. Perché il nucleare è una fonte energetica continuativa che dà energia per tutte le 8760 ore dell’anno è ed una fonte totalmente decarbonizzata. 
  2. Perché il nucleare è l’unica fonte decarbonizzata che può riuscire a far fronte all’evoluzione dei nostri sistemi, segnati da una sempre maggiore penetrazione degli usi elettrici. E inoltre è la fonte contrassegnata dalla più bassa volatilità e dalla più alta costanza nei costi operativi e di gestione. 
  3. Infine perché il nucleare è la tecnologia non carbonica subito disponibile e caratterizzata dalla più massiccia articolazione di tipologie di impianti ad alta tecnologia e con i maggiori requisiti di sicurezza, efficienza e innovatività tra tutti gli impianti energetici. 

In particolare negli ultimi venti anni la tecnologia ha fatto passi enormi in termini di sicurezza, efficienza e economicità, arrivando a quello che si chiama ‘nucleare di terza generazione’ e si prevede di arrivare a fine del prossimo decennio a quella che viene chiamata ‘quarta generazione’

gas russia

Gas, prezzo scende sotto i 100 euro per Megawattora. Non accadeva da giugno

Dopo sei mesi – non accadeva dal 13 giugno – il prezzo del Gas sul mercato di Amsterdam scende nuovamente al di sotto della soglia dei 100 euro per Megawattora. Alle 9.30 di mercoledì 21 dicembre ha infatti segnato un calo del 6,9%, posizionandosi a 98,4 euro/Mwh. Il riempimento degli stoccaggi per oltre il 95% e la riduzione del 23-24 per cento dei consumi a ottobre e novembre hanno permesso al prezzo del gas di raggiungere questo risultato, anche se rimane ancora fuori media a confronto con gli ultimi decenni.

Lunedì i ministri dell’energia riuniti a Bruxelles, dopo mesi di confronto, hanno finalmente raggiunto l’accordo sul price cap  che potrà essere applicato dal 15 febbraio 2023 in presenza contemporanea di due condizioni: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi. Il raggiungimento dell’accordo è stato accolto come “una grande vittoria italiana” dalla premier Giorgia Meloni che ha rivendicato una “battaglia che molti davano per spacciata e che invece abbiamo portato a casa”. Com’era prevedibile, l’accordo ha scatenato la rabbia di Mosca. Il Cremlino ha definito il tetto al prezzo del gas una decisione politica e non economica, spiegando che “questa misura può solo portare a una carenza di gas nella regione. Se i colleghi vogliono che l’Europa non abbia gas, in modo che venga reindirizzato su altri mercati, allora impongono limiti di tetto, quindi vediamo come si evolve la situazione. C’è molta incertezza”.

Il regolamento sul price cap è in attesa dell’adozione formale con procedura scritta questa settimana da parte dei Ventisette stati membri. I governi dovranno indicare formalmente se sostengono, si astengono o si oppongono all’accordo (in forma scritta); in linea di principio, la procedura scritta si dovrebbe concludere domani. Nelle negoziazioni che si sono tenute al Consiglio energia, solo l’Ungheria avrebbe espresso opposizione al regolamento, che ha visto poi l’indicazione di astensione di Paesi Bassi e Austria. L’adozione formale dell’accordo non dovrebbe riservare sorprese e quindi dovrebbe chiudersi questa settimana.

Intanto, fonti di mercato hanno riferito a S&P Global Commodity Insights che il prezzo massimo del Gas a 180 euro/MWh in Europa non avrebbe un impatto sul flusso commerciale di Gnl asiatico nel breve termine, ma potrebbe restringere le forniture all’Europa nel 2023 poiché alcuni fornitori asiatici potrebbero scegliere di vendere ad altri mercati.

 

 

 

 

Rigassificatore

Gas, i consumi Ue tra agosto e novembre scendono del 20,1%. Italia stop a -15%

Da gennaio a oggi le esportazioni di gas di Gazprom verso i Paesi extra Csi (l’ex Unione Sovietica) sono state pari a 97,8 miliardi di metri cubi, in calo del 45,1% (di 80,2 miliardi di metri cubi) rispetto allo stesso periodo del 2021. In particolare, quelle verso l’Europa sono crollate di oltre l’80%: a novembre la Ue ha importato 1,86 miliardi di metri cubi rispetto ai 10,09 miliardi del novembre 2021. E con meno gas sono precipitati i consumi di metano nell’Unione: -20,1% nel periodo agosto-novembre, rispetto al consumo medio negli stessi mesi tra il 2017 e il 2021, come ha certificato Eurostat.

L’utilizzo di gas è diminuito nella maggior parte degli Stati membri. In 18 Paesi è sceso oltre l’obiettivo del 15% – fissato dal regolamento Ue 2022/1369 del Consiglio sul coordinamento le misure di riduzione della domanda di gas, parte del piano REPowerEU per porre fine alla dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi – e in alcuni con un margine superiore al 40%. I consumi sono diminuiti maggiormente in Finlandia (-52,7%), Lettonia (-43,2%) e Lituania (-41,6%). Sei Stati membri invece, pur riducendo la propria domanda di gas, non hanno ancora raggiunto l’obiettivo del 15%. Al contrario, i consumi sono aumentati a Malta (+7,1%) e in Slovacchia (+2,6%). L’Italia si colloca attorno a un -15%, in linea con gli obiettivi del regolamento Ue, compiendo uno sforzo superiore ad altri Stati visto che il metano è necessario per produrre quasi metà dell’energia elettrica nella penisola.

L’uso di gas è stato inferiore alla media degli ultimi anni già da inizio anno. Osservando i dati mensili da gennaio a novembre, rivela Eurostat, i consumi sono stati costantemente al di sotto della media 2017-2021 dei rispettivi mesi di quegli anni. Tra gennaio e luglio 2022, il consumo di gas naturale nella Ue è variato tra 1 938 petajoule (PJ) a gennaio, un mese stagionalmente più freddo con un consumo più elevato, e 785 PJ a luglio, indicando una diminuzione mensile complessiva, anche prima dell’obiettivo europeo del 15%. Questo calo è stato maggiore a maggio (-12,9% rispetto alla media di maggio del periodo 2017-2021 di 956 PJ) quando sono stati consumati 833 PJ, per poi diminuire del 7,1% a giugno (775 PJ vs 833 PJ). La riduzione è balzata al 13,9% in agosto, 14,2% in settembre, 24,2% in ottobre e 23,6% in novembre.

Il riempimento degli stoccaggi per oltre il 95% e la riduzione appunto del 23-24 per cento dei consumi a ottobre e novembre hanno permesso al prezzo del gas di scendere ad Amsterdam fin sotto i 100 euro per megawattora, una soglia psicologica che il Ttf ha testato anche in queste ore, considerando che un clima più mite e ventoso in gran parte d’Europa ha permesso di utilizzare più rinnovabili (oltre che il carbone) per produrre energia elettrica. Il prezzo del metano che ovviamente influisce sulle bollette di aziende e famiglie rimane tuttavia ancora fuori media a confronto con gli ultimi decenni. Per questo, altro risvolto della medaglia dei minori consumi di gas, la produzione industriale europea è in contrazione da vari mesi e i consumi sono in calo. Per questo la Bce ha avvisato di un Pil negativo in questo trimestre e nei primi mesi del 2023. Meno gas, più recessione.

Gas giù e con il vento caldo ripartono le rinnovabili nella Ue

Il prezzo del gas torna a scendere in corrispondenza del cambiamento meteorologico che sta interessando l’Europa, con alta pressione e meno freddo. Mentre è in arrivo un price cap a 180 euro/Mwh, il Ttf ad Amsterdam crolla del 7% a 107 euro/Mwh. A far calare le quotazioni sta contribuendo il cambio di clima degli ultimi giorni dopo l’ondata di gelo che aveva colpito il Vecchio Continente fino a metà mese. Il ritorno di condizioni ventose, umide e miti sta spingendo verso una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, riducendo dunque sia il consumo di gas che l’utilizzo degli stoccaggi. Ad esempio in Germania, in tarda mattinata, 1.720 Mw sono stati prodotti dal solare, 23.219 da eolico on shore (a terra), 5.646 da pale eoliche off shore, 13.088 da gas, 7.406 da carbone, 12.678 da lignite, 5.175 da biomasse, 3.650 da nucleare. Il 12 dicembre, quindi lunedì scorso, erano ben diverse le proporzioni delle fonti di energia: 4.925 Mw da solare, 2.458 da eolico on shore, 1.923 da eolico off shore, 17.520 da gas, 13mila da carbone, 16.832 da lignite e più meno stessa quantità di luce prodotta da biomasse e nucleare.
Completamente diverso il mix energetico italiano, dove il metano la fa sempre da padrone. Sempre questa mattina sono stati generati 5.971 Mw da fotovoltaico, 890 da eolico on shore, appena 12 megawatt da eolico off shore, ben 17.261 da gas, 3.504 da carbone e 2.209 dall’acqua. Situazione simile a quella di una settimana fa: la produzione elettrica era arrivata dal gas per 23.040 Mw, dal solare ne sono arrivati 5.130, dall’eolico on shore 1.821 e appena un Megawatt dall’eolico off shore.
Tralasciando il forte utilizzo di carbone e lignite da parte dei tedeschi, non proprio in linea con gli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea verso la transizione energetica, appare però evidente che nel giro di una settimana è sceso il consumo di gas, mentre è ripresa con forza la produzione elettrica rinnovabili soprattutto da pale eoliche. Questo minor ricorso al gas si riflette per tanto sul prezzo del Ttf, che il 7 dicembre scorso aveva chiuso le contrattazioni a 149 euro/Mwh, quasi il 40% in più se confrontato con i 107 di queste ore.
La forte discesa del Ttf, con minore domanda di gas, ha evidenti ripercussioni anche sui prezzi della luce. Domani in Germania – con più rinnovabili – scende a185 euro per megawattora, in Italia invece – sempre metano-dipendenti – siamo sui 271,57.
In attesa di vedere se l’Unione Europea riuscirà effettivamente ad applicare un price cap sul gas, il mercato da solo si autoregola. E a decidere il prezzo non sono norme complicate, bensì il meteo.