URSULA VON DER LEYEN

Appello von der Leyen da Davos: “Transizione verde e clima non possono più aspettare”

Sono evidenti le ragioni geopolitiche” per accelerare su transizione verde e clima, che ora “non possono più aspettare“. Arriva da Davos, in Svizzera, dove è in corso il World Economic Forum, l’appello della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Il diretto risultato della guerra russa in Ucraina – ha spiegato – è l’aumento dei prezzi dell’energia e il taglio delle forniture del gas a Polonia, Bulgaria e Finlandia”. Come ha ricordato la numero uno dell’esecutivo comunitario, l’Ue ha già segnato la strada “con l’European Green Deal“, ma ora “dobbiamo accelerare la transizione e portare le nostre ambizioni a un livello più alto, in particolare con il piano RePowerEU, che ci condurrà fuori dalla dipendenza dalle fonti fossili russe”.

Il futuro, infatti, ha ribadito von der Leyen, è legato alla “diversificazione del gas” e “all’idrogeno, la nuova frontiera del network energetico europeo“. “L’economia del futuro – ha detto – non si baserà più sul petrolio e sul carbone, ma sulle terre rare, elementi cruciali per le transizioni gemelle verde e digitale”.

Il World Economic Forum è considerato il vertice delle élite mondiale e richiama a Davos circa 2500 ospiti. Al centro delle discussioni ci sono, naturalmente, le conseguenze della guerra in Ucraina (ieri il presidente Zeelensky è intervenuto con un videomessaggio), ma anche il clima, la transizione energetica e la crisi alimentare.

Eni Petrol Station

Eni avvia procedura per doppio conto Gazprom Bank in euro e rubli

Eni dà avvio alle procedure per l’apertura di un conto in rubli presso Gazprom Bank. L’azienda “in vista delle imminenti scadenze di pagamento previste per i prossimi giorni” è stata costretta a questo passaggio, con i conti correnti ‘K’ in due valute (il primo resta sempre in euro) “indicati da Gazprom Export secondo una pretesa unilaterale di modifica dei contratti in essere, in coerenza con la nuova procedura per il pagamento del gas disposta dalla Federazione Russa”. La notizia piomba come un macigno, ma dal quartier generale di piazzale Enrico Mattei arriva comunque una precisazione, sostanziale: perché si tratta di un’azione “su base temporanea e senza pregiudizio alcuno dei diritti contrattuali della società, che prevedono il soddisfacimento dell’obbligo di pagare a fronte del versamento in euro”. Dunque, la “riserva accompagnerà anche l’esecuzione dei relativi pagamenti”.

C’è anche un altro passaggio fondamentale nella comunicazione di Eni. Perché la procedura è stata “condivisa con le istituzioni italiane” e adottata “nel rispetto dell’attuale quadro sanzionatorio internazionale e nel contesto di un confronto in corso con Gazprom Export per confermare espressamente l’allocazione a carico di Gazprom Export stessa di ogni eventuale costo o rischio connesso alla diversa modalità esecutiva dei pagamenti”. Dunque, nessuna fuga in avanti senza concertazione con il Governo. Tant’è vero che la società guidata da Claudio Descalzi precisa che Gazprom Export e le autorità federali russe competenti hanno confermato che la fatturazione (arrivata in Italia nei giorni scorsi nella valuta “contrattualmente corretta”) e il relativo versamento da parte di Eni continueranno a essere eseguiti in euro. Inoltre, le attività operative di conversione dall’euro ai rubli saranno svolte da un apposito clearing agent operativo presso la Borsa di Mosca entro 48 ore dall’accredito e senza coinvolgimento della Banca centrale russa. In caso di ritardi o impossibilità tecniche nel completare l’operazione nei tempi previsti, comunque, non ci saranno impatti sulle forniture.

Resta sullo sfondo la posizione dell’Unione europea. Perché secondo quanto afferma il portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer, l’apertura di un secondo conto in rubli da parte delle società energetiche del vecchio continente “va oltre gli orientamenti dati dalla Commissione ai governi dei Paesi membri” e “al pari di tutte le misure che vanno oltre questi orientamenti, è contraria alle sanzioni” contro Mosca. Eni, però, fa sapere che “l’esecuzione dei pagamenti con queste modalità non riscontra al momento nessun provvedimento normativo europeo che preveda divieti che incidano in maniera diretta sulla possibilità di eseguire le suddette operazioni“, sottolineando come “in linea con le indicazioni della Commissione europea, abbiamo già chiarito da tempo a Gazprom Export che l’adempimento degli obblighi contrattuali si intende completato con il trasferimento in euro, e rinnoverà il chiarimento all’atto di apertura dei conti K”. Quindi, “se la nuova procedura appare neutrale in termini di costi e rischi, non incompatibile con il quadro sanzionatorio in vigore e con adempimento che avviene al momento del trasferimento degli euro, un mancato pagamento esporrebbe Eni sia al rischio di violazione dell’obbligo di dar corso in buona fede ad eventuali richieste contrattuali di Gazprom Export imposte alla stessa dalla propria autorità, sia al rischio per Eni di inadempimento dei propri impegni di vendita con i clienti a valle in caso di interruzione delle forniture”.

Poco prima della nota aziendale, in audizione alla Camera, il direttore public affairs della principale azienda energetica italiana, Lapo Pistelli, a specifica domanda dei parlamentari sul tema rubli, aveva risposto che l’azienda “da settimane è in strettissimo raccordo sia con la Commissione europea che con il governo italiano” e “anche negli ultimi giorni abbiamo valutato, insieme all’esecutivo, tutte le novità che escono dalla Commissione in termini di interpretazione delle norme esistenti e di sviluppo di sanzioni possibili, ed è sulla base di questo raccordo” che sarebbe stata presa “ogni decisione”, comunque “compliant con il quadro sanzionatorio esistente”.

Gruppi di acquisto solidale per una spesa sostenibile e a Km0

Da diversi anni ormai hanno preso piede in tutta in Italia i Gas, gruppi di acquisto solidale, una fitta rete di cittadini che si unisce per acquistare prodotti (per lo più alimentari) in maniera etica ed economica. La filosofia che sta alla base di queste iniziative è, infatti, la cultura etica, il rispetto dell’ambiente, la produzione senza pesticidi e la tutela della dignità dei lavoratori.

UNA CULTURA ‘SOLIDALE’ CHE PARTE DAI PRIMI ANNI ’90

Secondo E-circles i Gas in Italia sono quasi 600, per migliaia di affiliati. I gruppi più numerosi sono al Nord: 153 nel Nord Ovest, 101 nel Nord Est e 161 tra Emilia e Toscana. Sebbene forme di azione simili ai Gas fossero presenti già prima degli anni Novanta, si fa risalire la nascita di questi gruppi a un incontro dal titolo ‘Quando l’economia uccide…bisogna cambiare’, tenutosi all’Arena di Verona nel 1993. Poco dopo, nel 1994, nasce il primo gruppo: alcune famiglie di Fidenza (Parma) decidono di impiegare il loro tempo libero per conoscere sul campo i produttori di cibi sani e biologici, per poi acquistarli e distribuirli all’interno del gruppo. L’idea diventa esemplare: il passaparola porta alla nascita di esperienze simili, una a Reggio Emilia e una a Piacenza. La pratica si diffonde molto velocemente, ogni gruppo nascente prende spunto da quelli pre-esistenti, ma ognuno è diverso dall’altro per la propria storia. Un boom di ‘nascite’ si registra nel 2001, anno in cui si verifica un forte incremento delle persone interessate a queste iniziative, e prosegue in maniera significativa per tutto il decennio successivo, forse anche grazie alla rapida diffusione di internet.

IL CASO DI ‘LO-LA’ UNO DEI PIU ANTICHI GAS DI MILANO

Anche a Milano si contano decine di Gas per centinaia di ‘affiliati’. Uno dei più ‘antichi’ è il Lola, nato nel settembre 2008 per iniziativa di un nucleo di abitanti dei quartieri di zona 3 di Milano, Loreto e Lambrate (da qui l’acronimo LoLa); il coordinatore è Maurizio Lauro. “Attualmente – racconta a GEA – il nostro Gas è composto da 72 iscritti, di quasi tutte le fasce d’età. Nei giorni scorsi abbiamo distribuito un questionario per conoscere esattamente ‘chi siamo’ e stasera faremo una riunione. Abbiamo notato che manca nel nostro gruppo la fascia di età che va dai 18 ai 30 anni. Per questo stiamo pensando di farci conoscere anche nelle università, visto che gravitiamo intorno al quartiere di Città Studi“.

In generale LoLa è costituito da persone appartenenti a un ampio arco di età – da famiglie con figli in età scolare a pensionati – e di professioni, residenti anche in zone limitrofe. Il gruppo, facendo proprie le pratiche della solidarietà sociale dei gruppi di acquisto solidale, persegue diverse finalità come il consumo critico e sostenibile, la diffusione di prodotti biologici, naturali, eco-compatibili e del commercio equo e solidale, per valorizzazione la natura e l’ambiente. Un altro obiettivo è poi il sostegno ai piccoli produttori, possibilmente biologici, e alle cooperative sociali di produzione (costituite ad esempio da detenuti o da soggetti diversamente abili), per stabilire con loro rapporti diretti che garantiscano una equa remunerazione. Il gas punta poi alla promozione della cultura agro-alimentare dei prodotti genuini e tradizionali, rispettosa dell’uomo, dell’ambiente e della biodiversità e si impegna a cercare produttori in un’area geografica vicina a Milano proprio per perseguire i principi di eco-sostenibilità della ‘filiera corta e dei prodotti a km zero.

IL RISPARMIO ECONOMICO

“Acquistiamo tutti i tipi di alimenti – prosegue Lauro – frutta, verdura, olio, vino, marmellate, ma anche carta da cucina e carta igienica. In ogni caso ci informiamo sempre sui nostri produttori e sul loro impegno nel rispetto dell’ambiente”. Oltre all’aspetto etico c’è anche quello economico. “Saltando l’intermediazione della grande distribuzione – spiega Lauro – si riesce a risparmiare. Inoltre, se con gli ordini superiamo un determinato importo, a volte non ci fanno pagare le spese di trasporto degli alimenti nella nostra sede“. Attenzione poi viene prestata anche a realtà che si distinguono per il proprio impegno per la bio diversità. “Ad esempio – dice – ci riforniamo da aziende che si sono impegnate a recuperare varietà di riso che si ritenevano perdute“.

ORDINI VIA MAIL E RITIRO IN SEDE

Ma come funziona, in concreto, il Gas? “Esistono referenti per ogni prodotto – prosegue Lauro -. Ad esempio io mi occupo del riso, ma ci sono quelli dell’olio, del vino, del pane. Ad ogni ‘gasista’ viene poi mandato via mail un foglio excel su quel prodotto sul quale l’associato deve segnare la quantità richiesta. Il responsabile poi chiude l’ordine e lo invia al produttore. Quando i prodotti sono pronti, le aziende ci portano gli alimenti in sede e noi comunichiamo gli orari in cui i ‘gasisti’ possono venirli a ritirare e a pagare. Sul tavolo vengono fatti ‘mucchietti’ di prodotti con il nome dell’associato e poi questo passa a ritirarli. Prima del Covid la sede, nei giorni di ritiro, si trasformava in un vero e proprio mercato, con chiacchiere e grandi saluti. Adesso purtroppo, per ragioni legati alle prescrizioni anti contagio, siamo più scrupolosi e anche i pagamenti avvengono solo attraverso Satispay o sistemi elettronici“.

Roberta METSOLA

Stop al gas russo. Metsola: “Il futuro della terra è dei giovani”

Dopo l’incontro di ieri con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel corso del quale è stato preso in considerazione il tema dell’indipendenza energetica e la necessità di “raggiungere l’autonomia” per evitare che paesi terzi possano “ricattare l’Ue e dimostrarsi non affidabili”, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, si è trasferita a Firenze per la dodicesima edizione dello Stato dell’Unione, forum annuale sul futuro dell’Unione europea.

Riprendendo il discorso relativo all’energia, Metsola ha sottolineato che l’Unione Europea deve inevitabilmente cooperare per “liberarsi dalle dipendenze dal Cremlino” perché occorre porre fine alle “importazioni di petrolio” portando “avanti una politica di gas zero dalla Russia”. Inoltre, la presidente del Parlamento Europeo ha annunciato che l’Ue continuerà a “imporre sanzioni e a dare aiuto all’Ucraina” e si impegnerà nella “ricostruzione di Kiev”.

Il futuro non è indecifrabile. Metsola ha fiducia nelle nuove generazioni: “Sono certa che i giovani giocheranno un ruolo fondamentale per gli obiettivi climatici e l’azione per il clima, raccogliendo i frutti di una economia digitale e consumando in maniera diversa da come facciamo oggi”, ha detto. “Tuttavia non possiamo aspettarci che risolvano tutte le crisi che non abbiamo potuto risolvere, hanno bisogno che ci assumiamo le nostre responsabilità oggi”, ha concluso.

Gas, Ue avvisa imprese: “Pagare in rubli viola sanzioni alla Russia”

La Russia apre la guerra al gas contro l’Europa tagliando le forniture alla Polonia e Bulgaria, e trova un’Unione Europea impreparata su come affrontarne le conseguenze. La Commissione europea ha avvertito le imprese europee del fatto che accettare il “ricatto” di Mosca e pagare il gas in rubli è di fatto una chiara violazione del regime di sanzioni varato dall’Ue contro Mosca per l’aggressione dell’Ucraina, così come anche una violazione della maggior parte dei contratti di fornitura in essere con la Russia. Il 97% di questi prevede esplicitamente che le forniture siano pagate in euro o in dollari, non in valuta locale, e quindi pagarli in rubli sarebbe di fatto una violazione dei contratti stessi.

Il colosso energetico russo Gazprom ha tagliato mercoledì le forniture a Polonia e Bulgaria dopo che si sono rifiutate di pagare il gas in rubli, dando il via alla prima grande ritorsione di Mosca alle sanzioni europee da quando la guerra in Ucraina è cominciata lo scorso 24 febbraio. Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato lo scorso 31 marzo un decreto per cambiare le regole sui pagamenti delle forniture di gas ai “Paesi ostili” alla Russia (ovvero tutti i Paesi occidentali) obbligando di fatto le imprese e gli acquirenti del gas russo ad aprire due conti in Gazprombank, la banca di Stato, uno in rubli e uno in euro: dopo aver depositato euro o dollari nel primo conto, Gazprombank deve poi convertirli in rubli in un secondo. Nel passaggio tra il primo e il secondo conto bancario c’è la ragione per cui l’Ue denuncia una violazione dell’attuale regime di sanzioni, dal momento che si considera il pagamento completato solo dopo il passaggio effettivo in rubli. Una operazione, ha spiegato un funzionario dell’Ue, che coinvolge la Banca centrale russa, una delle banche colpite dalle sanzioni varate dall’UE con cui i Paesi non possono effettuare transazioni di alcun tipo.

In quel passaggio le aziende perderanno totalmente il controllo del denaro, che rimarrà tutto “nelle mani della Russia, che può utilizzarlo per qualunque cosa prima di trasformarlo in rubli”, ha spiegato. Il pagamento, ha chiarito ancora, sarà considerato completato solo quando convertito in rubli. La stessa fonte ha precisato che a livello europeo c’è ampio consenso da parte dei governi a rifiutare questo ricatto da parte di Mosca e continuare a pagare in euro per le proprie forniture. Rassicurazioni che sono state poco dopo smentite dall’annuncio dell’Ungheria di soddisfare le richieste del Cremlino pagando in euro ma tramite Gazprombank. La precisazione dell’Esecutivo europeo arrivata giovedì si è resa necessaria dopo che varie delegazioni europee hanno sollevato preoccupazioni e denunciato scarsa chiarezza su in che modo accettare il decreto di Putin possa portare a violare il regime di sanzioni dell’Ue.

Più di una indiscrezione parla di vari acquirenti di gas russo che avrebbero già aperto il secondo conto in rubli presso Gazprombank, di cui la Commissione europea sostiene di non essere a conoscenza ufficialmente. Lunedì è stato convocato un Consiglio energia straordinario in cui il tema centrale sarà probabilmente la richiesta di maggiore chiarezza su cosa possono o non possono fare le aziende europee di fronte alle richieste di Putin per evitare di vedersi tagliate le forniture come nel caso di Sofia e Varsavia. E per non trovarsi, ancora, impreparati e divisi.

Mario Draghi

Energia, il governo al lavoro sul decreto contro il caro prezzi

Nuove risorse per contrastare il caro prezzi dell’energia, semplificazioni per accelerare sugli approvvigionamenti da fonti rinnovabili. Sono questi i due pilastri del nuovo decreto che sarebbe dovuto arrivare oggi in Consiglio dei ministri, ma più probabilmente slitterà a lunedì. Ci sarà anche il premier, Mario Draghi, guarito dal Covid-19 e già al lavoro con la sua squadra per limare le misure del nuovo provvedimento. Una piccola anticipazione del quale l’ha fornita ieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, alla presentazione della firma del Protocollo tra Libera e il commissario unico per la bonifica delle discariche abusive, prima di tornare a Palazzo Chigi per la riunione – in presenza – con il capo del governo. “Dobbiamo prepararci in vista di un impegnativo Consiglio dei ministri” che tratterà “soprattutto ulteriori interventi per attenuare il costo dell’energia, del gas e delle materie prime sulle filiere produttive, ma anche sulle famiglie”.

Il pressing dei partiti di maggioranza è forte. La Lega continua a chiedere che l’esecutivo stanzi altri 5 miliardi per alleviare il peso dei rincari dalle spalle di imprese e cittadini. Una richiesta che non vede distante anche il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, orientato a spingere per usare i 6 miliardi “che i miglioramenti dei conti pubblici hanno dato”, senza contare “gli extraprofitti che le imprese petrolifere e dell’energia hanno ottenuto”. Ma al Nazareno non escludono anche un altro tipo di intervento: “Se c’è bisogno, si farà uno scostamento di bilancio”. Punto di contatto con gli alleati del Movimento 5 Stelle, che pressano forte da settimane sul tema, chiedendo che l’Italia si faccia portavoce in Europa della proposta di istituire un Energy recovery fund sulla scia di quello varato per la pandemia.

Nel decreto che passerà al vaglio del Cdm ci sarà anche la misura che prevede la creazione di una sorta di ‘supercommissario’ che dovrà semplificare le norme per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Ad oggi, infatti, la legislazione rende troppo lenta la fase di transizione, con tempi non compatibili con l’esigenza del Paese di attuare la nuova strategia di approvvigionamento energetico e di affrancamento da gas e petrolio provenienti dalla Russia. Ma c’è anche un altro punto su cui a Palazzo Chigi si ragiona e che riguarda il ciclo dei rifiuti: “Senza anticipare decisioni che il governo potrebbe prendere nelle prossime ore, è utile rilanciare la riflessione sull’utilizzo sostenibile ed efficace nel nostro Paese”. Il passo è ancora allo studio, mentre nel breve termine sarà confermata la decisione di non spegnere le centrali a carbone, per far fronte all’emergenza.

La prossima settimana, poi, sono previsti nuovi momenti di confronto tra governo e Parlamento. Martedì 3 maggio, alle ore 12.30, infatti, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, terrà una informativa nell’aula della Camera sulle ulteriori iniziative per contrastare l’aumento dei costi dell’energia. Mentre il 24 maggio, alle 14, sempre a Montecitorio, il responsabile del Mite svolgerà un’altra informativa, ma in vista del G7 Energia. Il premier Draghi, invece, sarà il 10 maggio a Washington per incontrare alla Casa Bianca il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. I due leader discuteranno del coordinamento con gli Alleati sulle misure a sostegno del popolo ucraino e di contrasto all’aggressione ingiustificata della Russia, ma affronteranno anche i temi legati alla cooperazione nella gestione delle sfide globali, alla sicurezza energetica e al contrasto ai cambiamenti climatici, dal rilancio dell’economia allo sviluppo della sicurezza transatlantica. Anche in preparazione dei vertici G7 e Nato di giugno.

Sul fronte europeo, Luigi Di Maio torna a chiedere il price cap sull’energia: “Il lavoro che continueremo a fare è rafforzare il nostro piano di sicurezza energetico e fare in modo che a livello europeo si costruisca un tetto massimo al prezzo del gas, perché con gli accordi che stiamo facendo negoziamo quantità – ha detto il ministro degli Esteri da Strasburgo -. Il punto è che dove si indicizza il prezzo del gas l’Ue deve scegliere tra speculazione e tutele della famiglia e delle imprese. Noi scegliamo di tutelare imprese e famiglie a fronte di una speculazione di prezzi che non ha senso”. Il responsabile della Farnesina conferma che “tutte le forniture di gas dalla Russia all’Italia continuano ad andare avanti regolarmente“, ma allo stesso ammonisce: “Quello che stiamo contrastando è la richiesta di Mosca di pagare in rubli, che è una violazione del contratto. Insieme alla Commissione e al Consiglio Ue prenderemo una decisione a livello europeo su questo tema, ma i nostri contratti prevedevano il pagamento in euro”, dunque “ci sono tutte le condizioni perché i cittadini non abbiano problemi di fornitura”.

Prosegue, infine, il lavoro del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato il ministro delle Innovazioni e della crescita della Bulgaria, Daniel Lorer, per parlare di cooperazione economica e delle conseguenze legate al conflitto in Ucraina nei rispettivi due Paesi, soffermandosi in particolare sui temi della sicurezza energetica e l’aumento dell’inflazione, condividendo la necessità che vengano adottate soluzioni comuni a livello Ue. Gli esponenti dei due governi hanno anche sottolineato l’opportunità di rafforzare la collaborazione tra imprese italiane e bulgare, al fine di cogliere le opportunità degli investimenti legati ai fondi europei del Recovery fund, in particolare quelli finalizzati a realizzare progetti sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, dalle batterie all’idrogeno, attraverso gli Ipcei.

Trans_Adriatic_Pipeline

Come i Balcani possono spingere l’autonomia strategica dal gas russo

Trovare soluzioni per l’indipendenza energetica dalla Russia è una priorità per l’Europa, dentro e fuori i confini dell’Unione Europea. La guerra in Ucraina sta aumentando la pressione anche sui Balcani Occidentali, la regione che aspira ad accedere nel prossimo futuro nell’Ue e che è alla ricerca di nuove forniture di gas per liberarsi dalla dipendenza russa. Una strategia che potrebbe rappresentare un punto di forza anche per il resto del continente, nonostante non siano da sottovalutare le complessità.

Per i Balcani questo discorso vale doppio. Mentre per l’Unione Europea la dipendenza dal gas russo si attesta mediamente attorno al 40%, alcuni Paesi della regione – come Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia del Nord – dipendono quasi totalmente dal Cremlino. È per questa ragione che i Paesi balcanici sono scettici sulla possibilità che Bruxelles adotti un embargo sulle importazioni di gas dalla Russia. Non va dimenticato che il sesto pacchetto di sanzioni sta però creando per la prima volta tensioni e ritardi all’interno dei Ventisette: il premier ungherese, Viktor Orbán, guida il fronte dei contrari, mentre l’omologo greco, Kyriakos Mitsotakis, ha avvertito che “un embargo energetico non deve essere più doloroso per gli europei che per la Russia”.

Nello sforzo di indipendenza dalle fonti energetiche russe, se si considera l’Europa sud-orientale le vie praticabili sono tre: il collegamento con fornitori alternativi di gas, l’espansione della produzione locale e l’aumento delle consegne di gas naturale liquefatto (GNL). Un ruolo cruciale lo gioca il Paese membro Ue più importante della penisola balcanica, la Grecia. “Il Mediterraneo orientale diventa ancora più importante ora che si cerca una diversificazione delle fonti per allontanarci dal petrolio e dal gas russo”, aveva spiegato a inizio aprile il premier greco Mitsotakis sottolineando che “dovremmo studiare tutti i progetti di interconnessione in quest’area, attraverso oleodotti, gasdotti e GNL”.

La chiave è la diversificazione. Nei prossimi cinque anni il Gasdotto Trans-Adriatico (TAP), che dall’Azerbaijan corre attraverso la Grecia e l’Albania e sotto l’Adriatico fino all’Italia, dovrebbe essere in grado di raddoppiare la propria capacità, dagli attuali 10 miliardi di metri cubi a 20: il gasdotto di interconnessione Grecia-Bulgaria entrerà in funzione a settembre di quest’anno, mentre è in costruzione quello che da Salonicco trasporterà il gas verso la Macedonia settentrionale, con la prospettiva di raggiungere anche Kosovo e Serbia. Ad Alessandropoli, città della Grecia nord-orientale, entro la fine del 2023 dovrebbe entrare in funzione un terminale di GNL con una capacità di 5,5 miliardi di metri cubi, che rappresenterà un punto di riferimento anche per Paesi come Macedonia del Nord e Bulgaria. Le riserve sottomarine di gas nel Mediterraneo orientale potrebbero fornire all’Europa circa 10 miliardi di metri cubi l’anno, ma si dovranno trovare modalità per risolvere le tensioni geopolitiche nell’area e per riprendere i discorsi sul gasdotto EastMed, un progetto da 6 miliardi di euro che dovrebbe trasportare il gas dai depositi al largo di Israele e dell’Egitto attraverso Cipro e Grecia.

Nonostante sembri quasi impossibile rinunciare sul breve periodo ai gasdotti di Gazprom, la strategia di diversificazione potrebbe essere vincente nei Balcani. Sviluppando questa triplice strategia, si potrebbero coprire quasi completamente i volumi modesti di gas richiesti dalle economie e dalle società della regione. Come esempio, è sufficiente pensare che la Grecia, il Paese più sviluppato della penisola, consuma 5,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno (l’Italia 76,1). In uno scenario di lungo periodo, la penisola balcanica e il continente europeo potranno ancora aver necessità delle fonti energetiche russe, ma non esserne dipendenti, sviluppando dialoghi e partnership strategiche con attori geopolitici dall’Asia al Medioriente, fino all’Africa.

congo italia

Intesa Italia-Congo: dal 2023 oltre 4,5 miliardi metri cubi di Gnl

Con le firme in calce agli accordi sottoscritti nelle ultime 48 ore in Angola e Congo, l’Italia mette a segno altri due colpi importanti nel piano di diversificazione degli approvvigionamenti energetici. La missione, condotta dai ministri Luigi Di Maio e Roberto Cingolani, accompagnati dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, permette al nostro Paese di fare un balzo avanti per divincolarsi dagli accordi con la Russia, che finora è stato il principale partner con il 45% di fabbisogno coperto dal gas proveniente da Mosca.

La lettera d’intenti firmata oggi a Brazeville prevede l’accelerazione e l’aumento la produzione di gas in Congo, in primo luogo tramite lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto con avvio previsto nel 2023 e capacità a regime di oltre 3 milioni di tonnellate l’anno (oltre 4,5 miliardi di metri cubi all’anno) – fa sapere Eni -. L’export di Gnl permetterà così di valorizzare la produzione di gas eccedente la domanda interna congolese. Tra i punti dell’accordo c’è la definizione di iniziative di decarbonizzazione per la promozione della transizione energetica sostenibile nel Paese africano, in particolare negli ambiti delle energie rinnovabili, dell’agricoltura con lo sviluppo di una filiera agricola – non in competizione con la catena alimentare – per la produzione di feedstock per la bioraffinazione, la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste, l’adozione di sistemi di clean cooking, la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio della Co2. Dunque, “Eni è ad oggi l’unica società impegnata nello sviluppo delle ingenti risorse di gas della Repubblica del Congo e attualmente fornisce gas alla Centrale Elettrica del Congo (Cec), che garantisce il 70% della produzione di energia elettrica del Paese. Eni è presente in Congo da oltre 50 anni”, sottolinea l’azienda in una nota.

La partnership tra Italia e Congo, l’amicizia tra i nostri Paesi, viene da molto lontano e nei grandi momenti di crisi diventa sempre un’opportunità per aiutarsi a vicenda”, commenta il ministro degli Esteri. Che ripercorre le tappe delle ultime settimane: “L’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, che condanniamo, ha portato l’Italia all’esigenza di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico. E’ un obiettivo prioritario per l’Italia – continua Di Maio -, in quanto richiede uno sforzo collettivo di tutto il nostro governo per ridurre la dipendenza energetica da un solo Paese”. Non solo, perché “la partnership energetica con il Congo ha grandi potenzialità di crescita nel breve e nel medio periodo”, evitando però “che i molti Paesi africani che non esportano combustibili fossili paghino le conseguenze di queste tensioni, in termini di crescita del loro Pil”. Perché, rimarca ancora una volta il responsabile della Farnesina, “l’Africa è un continente a cui guardiamo con grandissima attenzione e con cui, sono sicuro, aumenteremo sempre di più la nostra cooperazione in futuro”. Ma Di Maio torna a chiedere all’Europa il tetto massimo al prezzo del gas: “Non abbiamo mai parlato di veti su alcun tipo di sanzioni, ma allo stesso tempo ci aspettiamo un sostegno con il price capping che consentirà alle famiglie di pagare di meno sia sulla bolletta energetica e alle imprese di non vedere intaccata la propria competitività”.

Soddisfatto anche il ministro della Transizione ecologica: “Oggi abbiamo fatto un importante accordo con il governo del Congo, che riguarda la fornitura di gas naturale liquido in quantità importanti per i prossimi anni. Ma anche l’economia circolare, e in generale la decarbonizzazione: quindi saranno impegni pluriennali che prenderemo con questo Paese verso la transizione ecologica”, dice Cingolani. Sottolineando anche l’intesa raggiunta in Angola: “C’è un’importante azione che il nostro governo sta facendo su questi Paesi in Africa, che ci consente da un lato di differenziare la fornitura di energia, di gas, ma dall’altro anche di far partire nuove tecnologie, nuovi investimenti nel settore della transizione ecologica in queste terre che hanno moltissimo da fare e da dire in questo settore”. Il piano dell’Italia si allarga e procede, forse anche più rapidamente delle attese.

gas

Via alla partnership Italia-Angola per aumento fornitura di gas

Chiudere in fretta con il gas russo. È questo l’obiettivo dell’Italia che stringe i tempi per nuove partnership che consentano di diversificare le forniture energetiche necessarie a coprire il fabbisogno del Paese. Su delega del presidente del Consiglio, Mario Draghi (bloccato a Roma dal Covid), i ministri degli Esteri, Luigi Di Maio, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, accompagnati dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, hanno sottoscritto una Dichiarazione d’intenti in Angola per sviluppare nuove attività nel settore del gas naturale, dirette anche ad aumentare l’export verso l’Italia, e per porre in essere progetti congiunti a favore della decarbonizzazione e transizione energetica del Paese africano. I responsabili di Farnesina e Mite sono atterrati a Luanda nel tardo pomeriggio, dove hanno incontrato il presidente della Repubblica, Joao Manuel Goncalves Lourenco, con il quale Draghi ha avuto un colloquio telefonico in mattinata, per confermare la comune volontà di rafforzare il partenariato bilaterale in tutti i settori di reciproco interesse, con particolare riguardo all’ambito energetico, oltre ad auspicare un incontro nelle prossime settimane.

Abbiamo raggiunto un altro importante accordo con l’Angola per l’aumento delle forniture di gas“, ha commentato Di Maio. Aggiungendo: “A un mese esatto dalla mia prima visita, si conferma l’impegno dell’Italia a differenziare le fonti di approvvigionamento energetico. Un’azione costante a difesa delle famiglie e delle imprese italiane“. Per il ministro della Transizione ecologica “si tratta di un importante accordo che dà impulso alla partnership fra Italia e Angola nei settori delle rinnovabili, dei biocarburanti, del Gnl e della formazione in ambito tecnologico ed ambientale. Non solo un passo avanti nella diversificazione delle sorgenti di gas – continua Cingolani -, ma anche un’importante contributo al sostegno della transizione ecologica globale“. La missione proseguirà domani in Congo, dove saranno ricevuti dal presidente della Repubblica, Denis Sassou N’Guesso, per sottoscrivere un’altra intesa sulla cooperazione rafforzata in ambito energetico. Ma la missione dei due ministri e del vertice di Eni “testimonia l’attenzione e l’interesse con cui l’Italia guarda all’Africa, un continente che è stato al centro della presidenza italiana del G20 lo scorso anno e con il quale si punta a rafforzare il partenariato in tutti i settori“, sottolinea una nota del ministero degli Esteri.

La strategia di approvvigionamento energetico del governo punta a rimpiazzare il 50% del gas russo entro il 2023: un terzo dall’Algeria, mentre il resto da Congo, Angola, Mozambico e altri Paesi africani con i quali sono in corso trattative molto importanti, compresi Egitto e Qatar. Il piano italiano, comunque, non si ferma. Draghi ha sentito al telefono il primo ministro della Repubblica socialista del Vietnam, Pham Minh Chinh, per parlare della collaborazione fra Italia e Asean e dei rapporti Ue-Vietnam e degli sviluppi nell’Indopacifico. Nel colloquio, i due leader hanno affrontato le principali sfide globali, con particolare attenzione a quella contro il Covid-19, alla lotta contro i cambiamenti climatici e in favore della transizione verde. Segno che la strategia del nostro Paese diventa sempre più ampia e rapida. Come conferma l’indiscrezione del ‘il Sole 24 ore’, secondo cui l’esecutivo starebbe valutando la nomina di un commissario per accelerare l’iter relativo ai rigassificatori galleggianti (è stato dato incarico a Snam di reperirne due sul mercato), aggiungendo che questa soluzione rientra nel decreto aiuti.

Nello scenario geopolitico attuale, infatti, restano le forti incertezze legate al prosieguo del conflitto tra Russia e Ucraina. Ne ha parlato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la visita al Quirinale della presidente della Repubblica Slovacca, Zuzana Caputova, cui ha preso parte anche il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova. “Occorre rafforzare la collaborazione europea su tutti i fronti per affrontare uniti le minacce provocate dalla guerra”, ha detto il capo dello Stato, secondo quanto si apprende, nel corso del colloquio. Sottolineando la necessità di “continuare a mantenere la compattezza nell’Ue e con la Nato e a operare come abbiamo già fatto – con le sanzioni economiche, con l’aiuto all’Ucraina – per impedire che il governo della Federazione Russa consolidi l’idea che è possibile risolvere le controversie con l’aggressione militare“. Perché, ha ribadito Mattarella, “questo è l’unico modo per fermare l’allargamento del conflitto che avrebbe conseguenze gravissime“.

La contraddizione di banche e fondi tra carbone e greenwashing

Le più grandi banche e i più grandi fondi d’investimento del mondo stanno ancora operando finanziamenti di miliardi per l’estrazione di combustibili fossili per il riscaldamento globale, una strategia che contraddice i loro impegni per combattere le emissioni di gas serra. Secondo l’analisi del think tank londinese InfluenceMap, che utilizza i dati disponibili al pubblico di questi colossi finanziari globali, le 30 maggiori imprese hanno finanziato i produttori di combustibili fossili per un valore di 740 miliardi di dollari nel 2020 e 2021.
Le banche americane JP Morgan, con 81 miliardi di dollari, Citigroup, con 69 miliardi di dollari, e Bank of America, con 55 miliardi di dollari, sono i primi tre finanziatori. “C’è una chiara disconnessione tra ciò che dicono sul cambiamento climatico e ciò che effettivamente fanno”, ha detto l’autore del rapporto, Eden Coates.

Delle 30 istituzioni finanziarie, tutte tranne una si sono impegnate a diventare carbon neutral entro il 2050. Ma molti sono anche membri di gruppi che fanno lobby contro le misure per una finanza ‘verde’. L’obiettivo di neutralità per il 2050 è essenziale per avere qualche possibilità di raggiungere l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico, per contenere il riscaldamento a +1,5°C sopra i livelli preindustriali. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ha pubblicato una tabella di marcia per una transizione energetica nel 2021, mostrando che per raggiungere questo obiettivo tutti gli investimenti in nuovi progetti di estrazione di combustibili fossili devono essere fermati.

Gli attivisti per il clima denunciano regolarmente il ‘greenwashing’ nella finanza o nell’industria e fanno campagna per la pressione degli azionisti per eliminare le attività o gli investimenti che danneggiano il clima. “Qualsiasi banca che fa una promessa di neutralità del carbonio mentre fa attivamente lobbying contro la necessaria regolamentazione del clima è greenwashing”, ha detto Christopher Hohn, un gestore di fondi miliardario britannico e attivista del clima, in una dichiarazione rilasciata in risposta allo studio InfluenceMap. “Gli azionisti dovrebbero votare contro i dirigenti delle banche che nascondono la loro esposizione al rischio climatico”.

Tags:
, ,