Giornata del Mare, Meloni: “Rimettere al centro asset e farne vettore di sviluppo”

Iniziative su tutto il territorio nazionale per la Giornata nazionale del mare che si celebra l’11 aprile. A partire da Palazzo Chigi, la cui facciata viene illuminata di azzurro. “L’Italia è una nazione, allo stesso tempo, continentale e marittima. È nata nel, per e con il mare: la geografia ha plasmato la nostra civiltà e ci ha reso piattaforme naturali per la diffusione della cultura, i commerci e la logistica“, dichiara la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Purtroppo, però, l’Italia ha spesso dimenticato questa sua duplice identità, si è percepita come una ‘Patria senza mare’ e non è stata pienamente consapevole di quanto il mare possa essere una risorsa geostrategica, ambientale, culturale ed economica – aggiunge -. Rimettere al centro questo asset e farne un vettore di sviluppo e di ricchezza, da ogni punto di vista, è una priorità del governo“. Ecco che, secondo la premier, “da una maggiore consapevolezza e conoscenza di ciò che siamo e delle potenzialità che abbiamo può scaturire anche un rinnovato protagonismo nel presente e nel futuro“.

Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, “la centralità geografica dell’Italia nel Mediterraneo porta con sé grandi responsabilità e opportunità, sia sotto il profilo ambientale che energetico. Il ‘mare Nostrum’ abbraccia popoli e culture che possono trovare sempre più punti di incontro nella tutela marina, specialmente dopo lo storico accordo alla Cop15 sulla biodiversità di Montreal. L’Italia – conclude il ministro – è depositaria di un ‘know-how’ straordinario nella gestione delle Aree Marine Protette, che è giusto condividere rafforzando ogni giorno quella rete di tutela senza la quale ogni singolo intervento perderebbe di senso”.

In occasione della Giornata nazionale del mare, il Mase e il Centro Regionale di Attività per le Aree Specialmente Protette della Convenzione di Barcellona (Rac/Spa), nell’ambito della Convenzione di Barcellona sulla protezione del Mediterraneo, annunciano il prossimo lancio del “progetto per sviluppare e rafforzare un’efficace gestione delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea (Aspim).  L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, intende sviluppare e rafforzare la gestione delle Aspim, con programmi di gemellaggio tra le realtà italiane e quelle delle subregioni mediterranee: saranno condivise conoscenze, esperienze, capacità organizzative. Le Aspim italiane coinvolte in questa seconda edizione del progetto sono Miramare, Porto Cesareo e Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre che saranno gemellate, rispettivamente, con Palm Island (Libano), El Hoceima (Marocco) e Zembra & Zembretta (Tunisia). L’appuntamento con il kick-off del progetto è il 27 aprile. Ad oggi, le Aspim riconosciute sono 39, appartenenti a 10 Paesi diversi: Albania, Algeria, Cipro, Francia, Italia, Libano, Marocco, Slovenia, Spagna e Tunisia. L’Italia guida la classifica del più alto numero di Aspim, che si caratterizzano per rilevanti attività di conservazione della diversità biologica, ecosistemi specifici o habitat di specie protette, particolari punti di interesse sul piano scientifico, estetico, culturale o educativo. La regìa delle attività di progetto e degli accordi bilaterali nell’ambito della Convenzione di Barcellona è gestita dalla Direzione generale Patrimonio Naturalistico e mare del Mase.

Incontro Meloni-Sanchez: asse su riforma del mercato elettrico e flessibilità fondi

Una riforma del patto di stabilità e crescita entro l’anno, la flessibilità piena sui fondi esistenti, un fondo di sovranità, la riforma (“urgentissima“) del mercato elettrico. Sono i punti su cui Roma e Madrid fanno asse in Europa, in vista della presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione europea, che inizierà dal primo luglio.

Giorgia Meloni riceve Pedro Sanchez a Palazzo Chigi. Sono “molte“, assicurano i due premier, le convergenze tra Italia e Spagna, a partire dalla richiesta di “risposte chiare e immediate” alle tante urgenze del momento.

C’è la grande questione della governance economica. “Qui il ruolo della Spagna sarà fondamentale: tutti auspichiamo di arrivare a una riforma del patto di stabilità e crescita entro la fine dell’anno“, spiega Meloni. La fine dell’anno coincide, appunto, con il periodo in cui sarà la Spagna a guidare il Consiglio. La posizione italiana è quella di avere delle regole di governance nelle quali, rispetto al passato, si dia alla crescita sufficiente attenzione invece di concentrarsi solo sulla stabilità: “Perché l’unico modo per avere stabilità è avere una crescita strutturale e duratura“, precisa la leader di Fdi, garantendo già da ora “pieno sostegno al presidente Sanchez per lavorare insieme per arrivare a questo obiettivo“.

Sul tavolo, competitività e industria. Anche qui posizioni allineate: “Bisogna fare attenzione a che si percepisca l’utilizzo di due velocità tra le varie decisioni che il Consiglio europeo prende, per cui come si è proceduto velocemente sulla concretizzazione dell’allentamento degli aiuti di Stato, che era caro ad alcuni Paesi, confidiamo che si possa fare con la stessa velocità il lavoro sia sulla piena flessibilità sui fondi esistenti, sia andare avanti su un fondo sovrano, che in diversi abbiamo chiesto per sostenere industrie europee“, scandisce la presidente del Consiglio italiana.

E, per garantire competitività delle industrie, non si può non considerare una riforma del mercato elettrico: “La competitività oggi risiede nella possibilità di avere prezzi economici dell’energia“, osserva Sanchez, che denuncia costi “inaccettabili“. “Abbiamo chiesto una riforma del mercato elettrico europeo già prima della guerra in Ucraina. Dobbiamo fare una riforma su come vede deciso il prezzo dell’energia in Europa, rappresenta una grossa minaccia di deindustrializzazione. La riforma – ripete – è urgentissima“.

Particolarmente importante, per entrambi i Paesi, è il tema delle migrazioni. Su questo, ammette Meloni, il cambio di passo di un’Europa che oggi guarda con molta più attenzione alla difesa dei suoi confini esterni è “importante“, ma esorta stanziamenti e investimenti per trovare “soluzioni strutturali” con i Paesi del Nord Africa.

Quanto all’Ucraina, Roma e Madrid offrono pieno sostegno a Kiev, “a 360 gradi” e “finché sarà necessario“. Il 26 aprile, l’Italia ospiterà la prima conferenza sulla ricostruzione, “stiamo già lavorando per il futuro – garantisce la premier – e anche su questo ci troviamo d’accordo“.

Pnrr, Meloni: “Allarmismo inutile, non perderemo nessuna risorsa”

“Non siamo preoccupati dai ritardi sul Pnrr. Stiamo lavorando molto su questo anche per favorire soluzioni a problemi che oggi nascono ma non sono figli delle scelte di questo governo”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, che oggi ha fatto visita a Vinitaly, il Salone internazionale dei vini e distillati, giunto alla 55edizione, che si svolge a Verona.

“NON PERDEREMO NESSUNA RISORSA”. Sul Pnrr “c’è un grande lavoro da fare e alcune cose bisogna verificarne la fattibilità, ma è oggetto di interlocuzione” con la Commissione europea “sulla base di quello che noi riteniamo debba essere necessario per spendere queste risorse al meglio”. “Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse – ha aggiunto – ma di farle arrivare a terra in modo efficace. Tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che faremo”. La Commissione europea, ha detto ancora la premier, “sta chiedendo maggiore documentazione su alcuni progetti che erano già stati inseriti nel Pnrr. Documentazione che stiamo fornendo. Mi pare che il clima di collaborazione sia un ottimo clima e quindi non mi convince la ricostruzione allarmista che leggo sul Pnrr”.

“SONO GRANDE APPASSIONATA DI VINI”. Parlando con i giornalisti, la presidente del Consiglio si è anche lasciata andare a una battuta. “Io sono una grande appassionata dei vini di tutta Italia e, diciamo – ha detto scherzando – sul consumo la mia parte la faccio, così da portare avanti le eccellenze”. “Ho assaggiato – ha aggiunto – ma devo rimanere sempre molto lucida, quindi il minimo indispensabile”.

“SU PARTECIPATE POSSIBILI RICONFERME”. La visita a Vinitaly è stata anche l’occasione per fare il punto sulle nomine delle aziende partecipate. “Si lavora nel merito, guardando al merito”, ha ribadito Meloni, e all’importanza di “aziende che sono strategiche in modo particolare in questo tempo”. Le decisioni, ha spiegato, si prenderanno “anche tenendo conto della spesa per il Pnrr. Per quello che riguarda le energetiche”, va considerato “anche il lavoro che l’Italia fa per diventare una sorta di hub di approvvigionamento. Per me la materia non può prescindere dal metterci le persone che in assoluto possono fare il lavoro migliore. C’è un clima molto consapevole da parte di tutti”. E, ha annunciato, “presumo ci saranno delle conferme”.

“AL LAVORO PER IL LICEO DEL MADE IN ITALY”. Conversando con gli studenti di un istituto agrario, Meloni ha lanciato poi la proposta di un Liceo del Made in Italy. “Per come la vedo io – ha spiegato – questo è il vero liceo. Perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti. E’ il motivo per cui ragioniamo del liceo del Made in Italy, cioè di fare anche su questi percorsi un’operazione che spieghi il legame profondo che esiste tra la nostra cultura, la nostra identità, che è la cosa più preziosa che abbiamo”.

Meloni a colazione da Mattarella: sul tavolo il Pnrr e il codice appalti

I tempi di attuazione del Pnrr, il nuovo codice degli appalti, la politica internazionale, la gestione dei migranti. I temi sono tanti e il colloquio tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, programmato da giorni, si allunga più del previsto. Alla premier salta la chiusura della campagna elettorale di Massimiliano Fedriga a Udine, in Friuli Venezia Giulia. Dovrà parteciparvi in video-collegamento, mentre sul palco si alternano il leader del Carroccio, Matteo Salvini, e il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani. Al Colle la colazione di lavoro tra la presidente del Consiglio e il Capo dello Stato, a quanto filtra, è lunga, ma si svolge in un clima di “cordialità e collaborazione“.

Più tardi, negli ‘Appunti di Giorgia’, la rubrica che tiene sui social per aggiornare i cittadini sulle attività del governo, la premier chiarisce alcuni punti sui quali, lamenta, ha sentito dire “molte cose false, che non corrispondono alla verità“. Probabilmente per mettere un punto alle polemiche sulle maglie molto larghe che lascerebbe il provvedimento in termini di legalità, trasparenza e tutela dei lavoratori, Meloni chiarisce: “La finalità è banale, fare le opere, bene, in modo accettabile combattendo le ruberie ma senza bloccare all’infinito quello che c’è da fare“. Quanto alla soglia per gli affidamenti diretti a 150mila euro, “è stata portata dal governo Conte e confermata da Draghi, e noi ci siamo limitati a renderla stabile“, ricorda. A chi la accusa di aver introdotto un condono tributario penale con la norma che proroga i termini per regolarizzare la propria posizione a chi ha un contenzioso aperto con il fisco, “è un altro passo verso la tregua fiscale“, spiega. E poi mette in chiaro: “Noi di condoni non ne facciamo, vorrei dire che questo è banalmente falso“.

Non fa cenno della spada di Damocle che pende a Bruxelles sulla testa di Roma, una proroga per i tempi del Pnrr, anche se il capo dello Stato solo qualche giorno fa ha invitato tutti a “mettersi alla stanga” sul Piano. La premier non fa riferimento neanche al sostanziale fallimento della battaglia sui biocarburanti. Ma rivendica una vittoria portata a casa all’inizio di mandato, il price cap al gas: “La diminuzione del costo dell’energia sta favorendo la produzione, incoraggia le aziende ad assumere”, scandisce. “E’ stata sicuramente un’iniziativa giusta la decisione di mettere un tetto al prezzo del gas. I prezzi dell’energia sono scesi del 53,5%“. Nell’ultimo cdm, sottolinea, “abbiamo confermato riduzione dell’Iva e l’azzeramento degli oneri di sistema e prorogato il bonus per le famiglie che ne hanno bisogno. Continuiamo ad accompagnare il Paese“.

Nucleare, Meloni: “Giusto che gli Stati utilizzino tutte le tecnologie in linea con gli obiettivi Ue”

“Condivido la posizione della neutralità tecnologica, quindi penso che tutte le tecnologie che possono garantire di raggiungere gli obiettivi dell’Ue allora debbano essere considerate, indipendentemente da quello che i singoli stati intendono fare dell’uso di quella tecnologia, e indipendentemente dalla scelta italiana”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, venerdì 24 marzo in un punto stampa a Bruxelles alla fine della due giorni di Vertice Ue, rispondendo a una domanda sulle richieste della Francia sul nucleare. “Se le altre nazioni vogliono usare una tecnologia che rispetta quei target, allora è giusto che possano farlo”.

Asse Roma-Parigi sul nucleare. E Meloni cerca la sponda di Macron sulle auto

A Meloni servono alleati europei sul dossier migranti. A Macron servono alleati sul dossier nucleare. Ed è anche sull’energia e la transizione che la premier a Bruxelles in occasione del Vertice Ue cerca di ricucire lo strappo degli ultimi mesi con il presidente francese, Emmanuel Macron. I due leader hanno avuto ieri sera un tête-à-tête di un’ora e quaranta al termine della prima giornata di Vertice, in cui – secondo quanto si apprende da fonti dell’Eliseo – avrebbero ribadito la necessità di continuare a lavorare per la sovranità europea, sia in termini di politica industriale, per garantire la competitività dell’Unione, che di energia, per assicurare la decarbonizzazione delle loro economie.

E poco dopo la fine del Vertice e dell’Eurosummit è Meloni a confermare pieno sostegno alla linea di Macron sul nucleare, che secondo la premier rispetta il principio di neutralità tecnologica e può contribuire a raggiungere gli obiettivi di neutralità al 2050 dell’Ue. “Condivido la posizione della neutralità tecnologica, quindi penso che tutte le tecnologie che possono garantire di raggiungere gli obiettivi che l’Unione europea si è posta devono essere considerate, indipendentemente da quello che i singoli Stati intendono fare dell’uso di quella tecnologia, e indipendentemente dalla scelta italiana“, ha chiarito la premier in un punto stampa al termine Vertice Ue, rispondendo a una domanda sulle richieste della Francia sul Nucleare. “Se le altre nazioni vogliono usare una tecnologia che rispetta quei target, allora è giusto che possano farlo“.

Soprattutto da quando la crisi energetica connessa alla guerra di Russia in Ucraina ha costretto i Paesi Ue a ripensare il proprio mix energetico, Parigi fa pressioni a Bruxelles per il riconoscimento di un ruolo di primo piano dell’energia dell’atomo nelle politiche energetiche dell’Ue. In primis, il ruolo dell’energia dell’atomo nella produzione di idrogeno e idrogeno a basso contenuto di carbonio. Anche Macron in conferenza stampa ha chiarito di aver avuto un’ottima discussione questa mattina con cancelliere tedesco Olaf Scholz sulle questioni della neutralità tecnologica.
Stiamo per trovare l’accordo sull’idrogeno per preservare la neutralità tecnologica e raggiungere l’obiettivo comune della neutralità tecnologica, tutelando la sovranità e la competitività. Nucleare e rinnovabili lo permettono, gas e carbone no“, ha affermato il capo dell’Eliseo. “Il nucleare – ha aggiunto – costituisce una parte essenziale della nostra politica energetica. Dobbiamo rispettare il principio della neutralità tecnologica e il mix energetico di ogni Paese membro“. Il dossier a cui fa riferimento Macron è il pacchetto sulla decarbonizzazione del mercato del gas, su cui gli Stati membri stanno negoziando nell’ottica di raggiungere un accordo al Consiglio Ue energia del 28 marzo.

Lo stesso principio di neutralità tecnologica è quello che evoca Meloni sul dossier auto e biocarburanti, su cui – ritiene la premier – la partita a Bruxelles è tutt’altro che chiusa e su cui evidentemente la premier ha cercato la sponda francese. La partita sui biocarburanti “non è affatto persa. Intanto è vinta quella sulla neutralità tecnologica, che è la condizione per riconoscere i biocarburanti”, ha detto la premier, sullo stop ai motori termici dal 2035. “Fermi restando i target che condividiamo e siamo pronti a centrare, la cosa più importante è stabilire che quali siano le tecnologie con le quali arrivare a quei target non sia un dogma che deve essere imposto, ma debba essere anche una valutazione complessiva, anche sulla base delle tecnologie di cui ogni nazione dispone“.

La partita dei biocarburanti sembra però chiusa dal punto di vista di Bruxelles, dal momento che la Commissione europea ha spiegato a più riprese che intende chiarire solo i termini del ‘considerando’ presente nel testo dell’accordo che riguarda gli e-fuels, i carburanti sintetici, come richiesto dalla Germania. Per Meloni anche i biocarburanti sono tecnologia a “emissioni zero” e devono essere considerati per continuare ad alimentare le auto anche post 2035.

Frans Timmermans

L’Ue chiude sui biocarburanti: “Non riapriremo l’accordo, stop al 2035”

A Bruxelles non c’è margine per riaprire il negoziato sullo stop all’immatricolazione di auto a combustione interna, diesel e benzina, a partire dal 2035. Su questo, la Commissione europea è chiara. Nei colloqui in corso con Berlino per sbloccare lo stallo sul dossier fermo da settimane in Consiglio “non stiamo ampliando il quadro” normativo. Il testo “dell’accordo prevede un ‘considerando’ sugli e-fuels e tutto quello che stiamo facendo è essere più espliciti sul significato di quella” parte del testo, ha spiegato il vicepresidente della Commissione per il Green Deal, Frans Timmermans, a margine del pre-vertice del Partito socialista europeo che si è tenuto a Bruxelles. “Qualsiasi altra cosa riaprirebbe l’intero accordo, e non è quello che stiamo facendo”, ha assicurato. “Stiamo parlando all’interno dell’accordo per il quale c’è stata una maggioranza in Parlamento europeo e in Consiglio“.

Non solo, dunque, non c’è margine per riaprire l’accordo sullo stop alla vendita di auto a combustione interna, diesel e benzina, dal 2035, su cui Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico a ottobre. Ma secondo Bruxelles non c’è spazio di manovra neanche per includere una deroga sui biocarburanti oltre che agli e-fuels, come richiede il governo Meloni. “La tesi che continuiamo a sostenere è che, fermi restando gli obiettivi della transizione che condividiamo, non riteniamo che l’Unione debba occuparsi anche di stabilire quali siano le tecnologie con cui arrivare a quegli obiettivi“, ha sottolineato la premier all’arrivo al Consiglio europeo in corso a Bruxelles. Ha aggiunto che “ci sono tecnologie su cui l’Italia e l’Europa sono potenzialmente all’avanguardia e decidere di legarsi a tecnologie che invece di fatto sono detenute come avanguardia da nazioni esterne all’Unione è una scelta che non favorisce la competitività del nostro sistema“, ha detto, presumibilmente in riferimento al motore elettrico. Per la premier si tratta di “una tesi di buon senso, confidiamo possa passare anche per quel che riguarda i biocarburanti“, ha aggiunto.

Il ‘no’ secco di Meloni sulle auto è motivo di scontro con l’opposizione al governo e lo ha ricordato la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, alla sua prima riunione pre-vertice del Partito socialista europeo. Sul ‘no’ allo stop ai motori tradizionali dal 2035 i partiti di maggioranza “si sbagliano”, ha dichiarato secca. Per il Pd la sfida vera sfida non è fare la transizione, ma capire “come accompagnare la conversione ecologica” su cui ha assicurato che “l’ambizione delle proposte della Commissione continuerà ad avere il nostro pieno supporto affinché si creino le competenze per riprofessionalizzare lavoratrici e lavoratori“. Aggiornare le competenze, creare nuovi posti di lavoro dedicati alla doppia transizione verde e digitale. E’ tutto necessario, come lo è accompagnare questa riconversione dell’economia italiana e europea con ulteriori risorse. E’ necessario che “ci siano risorse in più anche da parte dell’Unione europea per accompagnare le imprese, le famiglie, i lavoratori, per accompagnare le imprese a innovare i loro processi produttivi e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente“, ha avvertito la segretaria.

La Germania blocca da settimane ormai il dossier del ‘Fit for 55’ chiedendo alla Commissione europea di scrivere nero su bianco che anche dopo il 2035 ci sarà la possibilità di vendere le auto con motore a combustione, purché alimentate da combustibili sintetici, gli e-fuels. Nelle scorse settimane, Bruxelles ha messo a punto un piano per convincere la Germania a dire ‘sì’ al dossier su cui invece da settimane ormai sta puntando i piedi. Ma sull’idea di non riaprire un accordo già chiuso è d’accordo anche la stessa cancelleria di Berlino. “Ci sono chiare intese in Europa. Ciò include anche l’idea, sottoscritta da tutti, che dovrebbe esserci un regolamento proposto dalla Commissione europea che garantisca che dopo il 2035 i veicoli che possono essere utilizzati solo con e-fuel possano continuare a essere immatricolati“, ha chiarito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in arrivo al Vertice. “Questo è il risultato di un dialogo” tra le istituzioni europee e dunque “in realtà si tratta solo di trovare il modo giusto, in modo molto pragmatico, per attuare effettivamente la promessa che la Commissione ha fatto molto tempo fa“, ha spiegato.

Meloni tiene punto sulle auto elettriche e le case green: “Transizione la scegliamo noi”

Alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, Giorgia Meloni torna a ribadire che i tempi e i modi della transizione verde non può stabilirli l’Europa.

Dopo le sue comunicazioni, l’Aula della Camera approva la risoluzione di maggioranza. Viene approvata anche una parte della risoluzione del Terzo Polo, mentre vengono respinti tutti gli altri testi presentati dalle opposizioni.

Sul fronte energia, l’Italia chiede all’Europa unità, diversificazione delle fonti, lotta contro la speculazione dei mercati, diffusione delle rinnovabili ma anche rapido riempimento degli stoccaggi.
La premier assicura di condividere gli obiettivi green, ma rivendica la neutralità tecnologica: “Quello su cui non siamo d’accordo – scandisce – è che l’Europa debba a monte dirci quali tecnologie siano necessarie per raggiungere gli obiettivi della transizione. Credo che la sfida debba essere stabilire la diversificazione tecnologica che ci consenta di non devastare il sistema produttivo e di lavorare sull’avanguardia che in questa nazione abbiamo“.

Il processo verso un’economia verde, dunque, deve essere sostenibile anche dal punto di vista sociale ed economico. Per questo il governo di Roma si oppone a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. “Il rischio è di passare dalla dipendenza da gas russo alla dipendenza dell’elettrico cinese. Non mi sembra intelligente. Questo è il tema che pongo“, spiega all’Aula della Camera. L’obiettivo, sul fronte automotive, è puntare sui biocarburanti, di cui l’Italia è all’avanguardia. “L’elettrico non è la panacea tutti mali. Non mi sfugge come i componenti vengano estratti con tecniche che devastano l’ambiente e vengano prodotti in Cina con le centrali a carbone“, afferma.

Quanto alla direttiva sulle Case green, l’assenza di contributi e risorse, avverte la leader di Fdi, rischia di risolvere anche questa fattispecie “in un ulteriore onere complesso in un momento particolarmente difficile“. In altre parole, “se da una parte ci sono gli obiettivi, dall’altra non vengono garantite le risorse necessarie. Mentre i primi target di efficientamento sono posti al 2027, la Commissione risponde che i primi contributi arriveranno dal 2028. Il tema non è se l’onere se lo debbano caricare la famiglie o lo Stato italiano. E’ uguale – insiste -, sono sempre soldi degli italiani“.

Intanto, Meloni continua il confronto con gli altri Leader europei. Dopo aver sentito il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Primo Ministro greco Kyriakos Mitsotakis e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in serata la premier italiana sente anche il Primo Ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, sulla priorità del sostegno all’Ucraina, sull’urgenza di attuare le decisioni del Consiglio Europeo di febbraio per una risposta europea nella gestione della migrazione e sull’importanza di adottare soluzioni per la competitività delle economie europee attraverso il pieno utilizzo di tutti gli strumenti Ue.

Botta e risposta Meloni-Bonelli. La premier: “Non sono Mosè, non ho prosciugato io l’Adige”

Mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si prepara per il Consiglio Europeo del 23 e 24 marzo, il dibattito alla Camera diventa il teatro di un botta e risposta sul tema siccità. Protagonisti, appunto, la premier e il deputato di Avs Angelo Bonelli.

Il portavoce di Europa Verde, durante il suo intervento, attacca Meloni. Portando con sé un oggetto particolare. “Signora presidente, le faccio vedere una cosa. Questi sono dei sassi. Sa dove li ho presi? Andando a piedi nel bel mezzo del fiume Adige. Quando andrò a casa li rimetterò dove li ho presi. Oggi la questione della siccità è drammatica nel nostro Paese, c’è poco da ridere”, dice il deputato rivolgendosi a Meloni e accusandola di poca serietà.

La presidente aspetta il momento della replica per ritornare sulla questione. E lo fa senza mancare di una vena ironica. “Ho trovato molto interessanti i suoi sassi dell’Adige. Però, insomma, presumo lei non voglia dire che in cinque mesi ho prosciugato l’Adige. Neanche Mosè, ok? Forse deve fare i conti con il fatto che questi problemi, come l’Adige che si prosciuga, sono figli di tutto quello che finora non è stato fatto o che è stato fatto di sbagliato. Perché io non sono Mosè, Bonelli. La ringrazio per attribuirmi poteri che non ho, ma non ce li ho. E quindi non ho prosciugato l’Adige io”.

Bonelli, però, non ci sta. E affida a una nota la sua risposta. “La presidente Meloni nel suo intervento se la canta e se la suona: chiaramente non ho mai affermato che lei ‘ha prosciugato il fiume Adige’. Ho detto – per contro – in Aula a Montecitorio che le politiche energetiche e ambientali del suo governo sono quelle che contribuiscono ad accelerare il cambiamento climatico. Lo dicono gli scienziati dell’Ipcc, che lei evidentemente non ascolta“.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.