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Pnrr, Commissione europea versa all’Italia la sesta rata da 8,7 miliardi

L’Italia è ancora in testa in Ue per importo di finanziamento del Pnrr. Oggi la Commissione europea versa la sesta rata, da 8,7 miliardi di euro, portando il finanziamento ricevuto da Roma a 122 miliardi, il 63% della dotazione complessiva del Piano italiano (194,4 miliardi di euro).
Il pagamento segue la valutazione positiva della Commissione, adottata lo scorso 26 novembre, connessa al conseguimento di 39 obiettivi, distinti in ventitré milestone e sedici target.

Un risultato positivo per la premier, Giorgia Meloni, che spiega “permetterà all’Italia di investire in molti settori strategici intensificando la produzione in attività in cui questo Governo ha creduto fin dal suo insediamento”. Il pagamento della sesta rata, riferisce la presidente del Consiglio, è “frutto di un intenso lavoro, svolto in sinergia anche con la Commissione europea, che ci spinge a proseguire in questa direzione per il benessere della nazione e dei cittadini”.

Tra gli obiettivi conseguiti con il pagamento della sesta rata ci sono investimenti strategici come il potenziamento dei collegamenti ferroviari del Mezzogiorno e del centro Italia, la realizzazione di nuove infrastrutture per il trasporto del gas (Linea Adriatica) e per l’autonomia energetica dell’Italia, il rinnovo della flotta per il Comando nazionale dei Vigili del Fuoco, i crediti d’imposta per la transizione ecologica 4.0 e l’attivazione della misura per la transizione ecologica 5.0, rispetto alla quale sono in corso modifiche normative per renderla più accessibile e vantaggiosa per le imprese, il rafforzamento della dotazione organica dei tribunali penali, civili e amministrativi, l’avvio degli interventi per nuovi impianti sportivi nei plessi scolastici e la formazione delle competenze tecniche, digitali e manageriali per efficientare le prestazioni del sistema sanitario nazionale. Agli investimenti si aggiungono riforme in favore degli anziani non autosufficienti e delle persone con disabilità, le azioni per prevenire e contrastare il lavoro sommerso, lo sfruttamento dei lavoratori e le altre forme di lavoro irregolare, oltre alla definizione di uno standard nazionale per la professione di guida turistica.

Il lavoro del governo non si ferma. Il ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, che ha preso il posto di Raffaele Fitto, nuovo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, garantisce l’impegno del Governo per formalizzare, entro fine anno, anche la richiesta di pagamento della settima rata, da 18,3 miliardi di euro, “prestando la massima attenzione all’attività di monitoraggio del Piano e delle misure inserite nelle ultime tre rate, alle risultanze delle Cabine di coordinamento presso le Prefetture e ai conseguenti piani di azione, all’allineamento della piattaforma ReGiS con l’Italia reale degli investimenti in corso, al fine di individuare i necessari correttivi per la piena e puntuale attuazione del Piano nei tempi previsti”.

Ue, Meloni: Avanti su non paper auto, stop ideologia. Musk? Non prendo ordini da nessuno

Giorgia Meloni va in Europa per ribadire il suo no al Green deal “dettato dall’ideologia”. La presidente del Consiglio, nella replica in aula, al Senato, al termine della discussione sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue di domani, tocca diversi argomenti, in un clima tutt’altro che natalizio, vista la tensione con le forze di opposizione.

La premier non cambia una virgola della sua linea: “Nessuno nega che ci sia un tema legato all’emergenza climatica, né si mettono in dubbio gli obiettivi che si è prefissata l’Unione europea“, semmai “quello che continuiamo a contestare è la strategia con la quale l’Ue ha ritenuto di dover conseguire questi obiettivi”. Il concetto è chiaro: “Va bene la sostenibilità, ma non a prezzo della deindustrializzazione” per un settore produttivo, come quello europeo, che la premier definisce “tra i più verdi al mondo”. Dunque, “se lo massacriamo non solo creiamo un ulteriore problema alla competitività, ma anche all’ambiente, perché altri attori sulla scena globale non seguono i nostri stessi standard”, avverte.

Ogni riferimento all’automotive è puramente voluto. Il tema è ancora caldissimo nel day after il tavolo Stellantis al Mimit. Meloni ricorda a Palazzo Madama che è tutto il comparto europeo a soffrire, non solo l’Italia, ragion per cui “bisogna creare un equilibrio tra la sostenibilità ambientale, economica e sociale” attraverso la neutralità tecnologica, cioè non escludere a priori soluzioni. Come la scelta Ue di puntare sull’elettrico, “una corsa non molto sensata – afferma in aula – visto che non ne deteniamo né la tecnologia, né le materie prime”. Il governo punta molte delle sue fiches politiche sul non paper presentato assieme alla Repubblica Cecaper chiedere di rivedere alcune decisioni, come la fine della produzione dei motori endotermici o le multe alle industrie da miliardi di euro, che stanno causando le chiusure di diverse aziende“. La presidente del Consiglio è “ottimista, perché tanti Paesi ci stanno seguendo su questa strategia”.

Su un foglietto Meloni appunta quello che, in fase di discussione, le ha fatto storcere il naso. Poi risponde. Ad esempio, non digerisce i passaggi degli interventi di Mario Monti e Matteo Renzi sul rapporto con Elon Musk. Al senatore a vita, che parla di “protettorato morale” offerto al patron di Tesla e X, replica con durezza: “Non so che film abbiate visto, ma bisogna capirci su una differenza fondamentale tra me e quello che abbiamo visto in questi anni con tanti leader: posso essere amica di Musk e allo stesso tempo essere premier di un governo che per primo in Europa regola l’attività dei privati nello Spazio”, perché “io non prendo ordini da nessuno”. Non è tenera nemmeno col fondatore di Iv: “Renzi è amico di Obama e si metteva il suo stesso cappotto, io sono amica di Milei ma non mi faccio mica crescere le basette”.

Altro argomento delicato è l’accordo tra Ue e Mercosur. Il governo si è messo in stand by, attirando le accuse dell’opposizione. Anche in questo caso i toni si accendono: “E’ giusto rafforzare i rapporti con l’America Latina, ma questi accordi di libero scambio, in quadro europeo già complesso, possono aiutare alcuni ambiti industriali e allo stesso tempo danneggiare alcune filiere agricole”. Perché l’Europa “ha imposto ai nostri agricoltori regole stringenti, ma se poi gli diciamo di importare da Paesi che non hanno le stesse regole, creiamo uno squilibrio che pagheremo”. Dunque, “chiediamo di sapere cosa la Commissione ha intenzione di fare per compensare gli squilibri che si potrebbero creare e la nostra risposta è sottomessa a questa scelta”, sottolinea la premier.

C’è spazio anche per la legge di Bilancio, che domani sarà in aula alla Camera e entro venerdì sarà votata con la fiducia. A chi le contestava di stroncare il dibattito parlamentare, la presidente lancia un’offerta di ‘pace’: “Ho chiesto che ci fosse il massimo tempo possibile, ma abbiamo dei vincoli comunque che sono europei. Se ci fosse un accordo sui tempi senza voto di fiducia sarei più che disponibile”. A proposito di contrapposizioni, Meloni replica anche sulle posizioni europee della Lega. “Ha votato per Raffaele Fitto e non per la Commissione Ue, mentre il Partito socialista europeo, di cui il Partito democratico fa parte, ha chiesto fino all’ultimo minuto, in una lettera a Ursula von der Leyen, di non dare la vicepresidenza al commissario indicato dall’Italia”. Sul punto si sofferma diversi minuti, puntando il dito verso i banchi dem: “Il Pd ha accettato che il commissario italiano fosse preso ostaggio per difendere il commissario spagnolo. E’ gravissimo”. Gli animi si scaldano, il tempo si dilata e così oltre non si va: Meloni fa gli auguri ai senatori, il presidente La Russa ricambia.

Confronto di un’ora al Colle fra Meloni e Mattarella: Ue, Manovra e post Fitto nel ‘menù’

Un incontro programmato da tempo, come ce ne sono tanti nel corso di una legislatura. Stavolta, però, il timing del pranzo di lavoro di mercoledì al Quirinale tra il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier, Giorgia Meloni, crea particolare attenzione. Non foss’altro per il timing, visto che solo poche ore prima, in commissione Bilancio al Senato, il governo era andato sotto sull’emendamento della Lega sulla riduzione del Canone Rai, bocciato con i voti di Forza Italia che si sono sommati a quelli delle opposizioni.

La notizia trapela il giorno dopo del faccia a faccia, che fonti del Colle confermano specificando che si è svolto “in un clima cordiale e collaborativo”. Nulla che possa far scattare campanelli di allarme, dunque: questo è il senso. Tesi corroborata anche da fonti di Palazzo Chigi, che smentiscono l’ipotesi che sia collegato alle tensioni parlamentari nella maggioranza.

I temi che Mattarella e Meloni trattano, comunque, sono di grande importanza. Messo in calendario la scorsa settimana, l’incontro avviene dopo l’intervento della presidente del Consiglio ai Med Dialogues. Innanzitutto è l’occasione per confrontarsi sulle ultime missioni internazionali in cui sono stati impegnati: il capo dello Stato in Cina, tra Pechino, Hangzhou e Canton; la premier al G20 in Brasile e a seguire in visita in Argentina. Altre volte era capitato, ma senza il clamore delle cronache, fanno notare dalle parti del governo.

Il capo del governo e il presidente della Repubblica discutono anche di altre questioni di primo piano. Come la legge di Bilancio, che sta compiendo i primi passi nell’iter parlamentare che dovrà portare all’approvazione del testo necessariamente entro il prossimo 31 dicembre. Al momento la fase è quella della scrematura degli emendamenti presentati dalle forze politiche, i cosiddetti segnalati e ‘super segnalati’, per provare ad asciugare più possibile i tesi e consentire un percorso con meno ostacoli, dunque tempi più rapidi.

Mattarella e Meloni, ovviamente, affrontano anche questioni di politica estera, a partire dalle vicende legate all’Unione europea, con il via libera alla nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen, di cui fa parte anche Raffaele Fitto, come vicepresidente esecutivo con deleghe di peso come agricoltura, pesca, economia del mare, trasporti e turismo: materie strategiche per l’Italia. Il nuovo incarico dell’esponente di FdI porta inevitabilmente ad aprire il capitolo del governo, nel quale Fitto finora ha avuto la responsabilità di guidare le politiche del Pnrr, della coesione, del Sud e degli affari Ue, e che ora dovrà rimettere nelle mani della presidente del Consiglio per trasferirsi a Bruxelles. Il ragionamento sul nome del sostituto sono in corso, così come a Palazzo Chigi si riflette sulla redistribuzione delle deleghe. I tempi non sono ‘emergenziali’, ma la decisione va presa in tempi abbastanza rapidi.

Lite Meloni-Schlein su Fitto. La dem: “Stallo creato da Vdl e Ppe, allargano a destra”

Non si placa lo scontro a distanza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Questa volta, il terreno è quello europeo e la posta in gioco è alta per tutti. La vicepresidenza della commissione europea di Raffaele Fitto è in stallo e la premier non accetta che il Paese non sia compatto nel supporto alla causa.

Non posso che augurarmi il massimo sostegno da parte del Sistema Italia, forze politiche comprese, alla conferma della vicepresidenza esecutiva della prossima Commissione per il Commissario italiano Raffaele Fitto”, mette in chiaro Meloni. Il ruolo di vicepresidente, ricorda, consentirà al ministro italiano, già dotato di un portafoglio “significativo” alla coesione e alle riforme, di “supervisionare altre politiche settoriali come quella dei trasporti, affidata al commissario greco Tzitzikostas”. A lui spetterà, tra l’altro, la redazione di un nuovo piano europeo per il settore caldissimo dell’automotive, che sta facendo tremare le vene ai polsi dell’intero Continente. La premier ce l’ha in particolare, con la segretaria dei Dem. Dal palco della chiusura della campagna elettorale del centrodestra per le Regionali in Umbria, la presidente del Consiglio si dice “basita”: “Da giorni chiedo alla segretaria del Partito Democratico quale sia la posizione ufficiale del Pd” su Fitto “e non riesco ad avere una risposta”, denuncia. “Non deve rispondere a me ma ai cittadini italiani, le persone serie fanno così”, ribadisce, invitando Schlein ad assumersi la “responsabilità delle proprie scelte.

Sorrido”, risponde la democratica oggi proprio da Perugia, perché, sostiene “questa cosa chiarisce molto bene chi è la presidente del Consiglio”. Racconta di aver telefonato lei alla premier per chiederle “perché è da una settimana che mi attribuisce cose che non ho mai fatto e che non ho mai detto” e di non aver ricevuto risposta. “Mi attribuisce cortei a cui non ho partecipato, assessorati regionali che non ho mai avuto, e posizioni su Fitto che non ho mai assunto”, assicura. Poi chiarisce la posizione del Pd su Fitto: “Non abbiamo mai messo in discussione un portafoglio di peso per l’Italia in quanto Paese fondatore”, chiosa. Lo stallo politico, secondo Schlein l’hanno creato i Popolari che in Parlamento stanno cercando di allargare “strutturalmente” la maggioranza alla destra nazionalista. Fa nomi e cognomi: il problema l’hanno creato “Manfred Weber e Ursula von der Leyen“. Si rivolge proprio alla presidente della Commissione europea, esortandola a “sbloccare questa situazione”. Perché, spiega, “Il problema non è mai stato Fitto e le sue deleghe, questo non l’abbiamo mai detto. Il nodo politico è l’allargamento della maggioranza a destra diversamente da chi ha votato von der Leyen a luglio“.

Intanto, il commissario uscente all’Economia, Paolo Gentiloni, ricorda a tutti che “il mondo non aspetta la Commissione europea” e che difficoltà e problemi vanno superati il prima possibile. Si dice convinto che ci siano le condizioni perché il nuovo esecutivo entri in funzione “come necessario” il primo dicembre. Le sfide sono tante: “Tutti siamo convinti che nel contesto che si è creato anche dopo le elezioni americane avere una Europa unita e salda sia importante e per questo mi auguro che non ci siano ritardi”, sostiene.

Dalla missione di Monaco di Baviera, il vicepremier e vicepresidente del partito Popolare europeo, Antonio Tajani, tratta con il capogruppo del Ppe Manfred Weber e “gli amici della Csu”, l’Unione Cristiano Sociale. “Di fronte alle sfide da affrontare, da migrazioni a competitività, occorre lavorare per soluzioni”, commenta il ministro degli Esteri italiano, ribadendo che è “necessario approvare la nuova Commissione nei tempi previsti”. I leader Ue avranno modo di cercare una soluzione vis-à-vis nei prossimi giorni, ospiti del G20 di Rio de Janeiro, in Brasile, il 18 e 19 novembre.

Ue, Pd avverte von der Leyen su Fitto: “Ci ascolti o rischia”. Meloni: “Questa è la sinistra”

Si scrive Europa, si legge Italia. Nuovo capitolo dello scontro, tutto interno alla politica di casa nostra, sulla vicepresidenza esecutiva della nuova Commissione Ue affidata a Raffaele Fitto. Dopo i colloqui di rito a Bruxelles il voto è slittato, ma i segnali che arrivano dal gruppo dei socialisti democratici non lasciano dormire sonni tranquilli né al quasi ex ministro del Sud e Pnrr, né alla premier, Giorgia Meloni, che stavolta fa sentire la sua voce, per rispondere alle prese di posizione degli europarlamentari dem.

Ne fa una questione politica Brando Benifei, che lancia messaggi alla presidente von der Leyen: “Ursula ci ascolti o in aula rischia“. L’esponente dem riconosce a Fitto di essere “serio, rispetta i patti, ci si può discutere. Ma è un democristiano che ora ha mostrato un volto molto diverso“. Dunque, “sono sicuro che una maggioranza netta di nostri europarlamentari sia contraria al riconoscimento politico di Fitto come vicepresidente esecutivo“, avverte. Eloquente anche un altro pezzo da novanta della squadra Pd a Bruxelles, Dario Nardella. Dice che Fitto non ha deluso “soprattutto sul fronte degli impegni che ha assunto“, ma il problema è quello “dell’assetto politico della Commissione, che ha un asse molto spostato sulle posizioni conservatrici“. Anche l’ex sindaco di Firenze manda un messaggio a von der Leyen: “Sta giocando con il fuoco, se i nodi non vengono sciolti ne trarremo le conseguenze anche sul voto finale del collegio“.

Tanto basta a Meloni per capire che aria tira e tirare fuori il cellulare per twittare: “Signore e signori, ecco a voi la posizione del gruppo dei socialisti europei, nel quale la delegazione più numerosa è quella del Pd di Elly Schlein: a Raffaele Fitto, commissario italiano, va tolta la vicepresidenza della Commissione che la presidente von der Leyen ha deciso di affidare“, scrive su X, il social network dell’amico Elon Musk. “L’Italia, secondo loro – aggiunge la presidente del Consiglio -, non merita di avere una vicepresidenza della Commissione. Questi sono i vostri rappresentanti di sinistra“, la chiosa.

Il dibattito politico, poi, alimenta la spaccatura, con Fratelli d’Italia che mette nel mirino i dem: “Posizione contraria a Fitto ingiustificabile” per il Marco Scurria, “atteggiamento davvero di cattivo gusto del Pd che vota contro la vicepresidenza esecutiva di Fitto“, secondo il vicepresidente vicario FdI a Palazzo Madama, Raffaele Speranzon. Toni meno accesi ma comunque in linea con il centrodestra da Forza Italia. “Le riserve che alcuni partiti politici della sinistra europea e italiana hanno posto nei confronti di Fitto sono veramente strumentali“, dichiara Salvatore De Meo. Mentre capodelegazione di Forza Italia al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello, rassicura l’alleato: “Fitto non deve temere, è sotto l’ombrello dei popolari e di Tajani“.

Diametralmente opposto il parere delle opposizioni italiane. “Comunque vada, sarà sempre un insuccesso” secondo il vicepresidente dei Cinquestelle, Mario Turco. Guarda oltre la vice capo delegazione del Pd a Bruxelles, Alessandra Moretti: “Il problema per noi non è certo Fitto commissario, ma lo spostamento a destra della prossima Commissione europea. Non accettiamo che l’Europa sia guidata dalle forze politiche che vogliono il fallimento del progetto degli Stati Uniti d’Europa“. La strada per Ursula von der Leyen, insomma, torna nuovamente in salita.

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Meloni a Baku: “Al momento no alternativa a fossili”. Pichetto: “Nodo contribuzioni”

L’Italia è in prima linea per raggiungere gli obiettivi climatici fissati a Dubai, ma al momento “non c’è alternativa ai combustibili fossili”. Giorgia Meloni non lancia il cuore oltre l’ostacolo dal palco della Cop29 di Baku, in Azerbaigian, dove fa una ‘toccata e fuga’ per intervenire in presenza, prima di riprendere l’aereo per Roma.

Dalla Cop la premier rilancia la necessità di adottare un approccio pragmatico e “non ideologico” per la decarbonizzazione, sfruttando tutte le tecnologie a disposizione. Anche per questo, gli sforzi di Roma si concentrano sulla fusione nucleare, che potrà fornire in futuro energia illimitata a una popolazione mondiale in continua espansione.

I negoziati non saranno semplici, ricorda in radio il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Quella di Baku è destinata a essere considerala una Cop delle assenze. Non ci saranno il presidente americano uscente Joe Biden, la presidente della Commissione europea Von der Leyen, il francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz, il presidente cinese Xi Jinping, il presidente indiano Modi e il brasiliano Lula, nonostante riceva il testimone della prossima conferenza delle parti, che si terrà proprio in Brasile.
Per Pichetto, che sarà a Baku da lunedì 18, pesa non poco “il cambio al governo negli Stati Uniti“. Uno dei temi è determinare le regole per le contribuzioni sui Paesi in via di sviluppo, che al momento, ricorda, “è su base volontaria“. Essendo un meccanismo volontaristico, osserva, non è “completamente equilibrato“, in questi dieci giorni serviranno “confronti serrati” per arrivare al documento finale.

La premier richiama tutti alla cooperazione per raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, “a partire dai maggiori emettitori” e avendo a disposizione un “supporto finanziario adeguato”. Si lavora per raggiungere nuovi obiettivi finanziari, un compromesso efficace, ma, insiste, “c’è bisogno di responsabilità condivise, c’è bisogno di superare le divisioni, le divergenze tra i paesi emergenti e quelli già sviluppati”.

Come tutte le altre Cop, il successo dipenderà dai governatori dei singoli Paesi: “Sappiamo che potremmo non trarre dei benefici personali dagli sforzi che stiamo facendo – ammette Meloni -, ma questa non è la cosa importante”. La leader italiana torna sul tema della maternità: “Io sono una madre e come madre nulla mi dà più soddisfazione di quando lavoro per delle politiche che permetteranno a mia figlia e alla sua generazione di vivere in un mondo migliore”, scandisce. E prende in prestito le parole del filosofo statunitense William James: “L’azione è quello che fa la differenza, perché lo farà”.

Manovra, Cgil-Uil confermano sciopero. Meloni: Nessuna rivolta quando si aiutavano banche

In una mano ‘L’uomo in rivolta‘ di Albert Camus, nell’altra una calcolatrice nuova di zecca. A Palazzo Chigi, Giorgia Meloni riceve dai segretari di Cgil e Uil, Maurizio Landini e PierPaolo Bombardieri, due regali. “E te niente?” scherza con il leader della Cisl, Luigi Sbarra. Nessun gadget, risponde lui, “solo proposte”.

Al tavolo sulla legge di Bilancio ci sono 12 sigle sindacali e nove esponenti del governo. Oltre alla premier, il vice Antonio Tajani, i ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti, delle Imprese Adolfo Urso, del Lavoro Marina Calderone, dell’Istruzione Giuseppe Valditara, della Salute Orazio Schillaci, per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Il “passo avanti” sperato però non si fa, i margini sono troppo ristretti, gli emendamenti in scadenza (al termine delle 16 maggioranza e opposizione ne presentano in commissione 4.500) e alla fine di un confronto fiume durato sei ore Cgil e Uil confermano lo sciopero del 29 novembre. Non aderirà la Cisl, che ritiene l’incontro “importante” e apprezza la manovra. “Accoglie molte delle richieste avanzate dal nostro sindacato”, ammette Sbarra. Non mancano aspetti da migliorare nell’iter parlamentare, sottolinea, tuttavia “in particolare sul fronte del sostegno ai redditi, al lavoro, ai pensionati, alle famiglie, si danno risposte convincenti, in linea con le rivendicazioni della Cisl”. Misure che, fa presente, “orientano oltre i due terzi della cubatura finanziaria del provvedimento”.

Sostanzialmente non c’è da parte del Governo una disponibilità a ragionare” su alcuni punti, osserva Bombardieri uscendo da palazzo Chigi, primo fra tutti la riforma fiscale. “Banalmente il governo ha riconfermato che quella che ha presentato in Parlamento è la manovra, che i margini sono quelli, che gli spazi possibili di modifica sono limitati se si condivide quell’impianto e se si sta dentro a quella logica. Quindi in quella condizione lì noi confermiamo il nostro giudizio di una pessima legge di bilancio e che non affronta e non dà un futuro al nostro Paese”, fa eco Landini. In ingresso, il leader di Cgil torna sul concetto di rivolta sociale e spiega il motivo per cui ha deciso di regalare alla premier il volume di Camus: “Se hanno paura delle parole, è bene che colgano un tema, cioè di fronte a un livello di ingiustizie e di diseguaglianze come quello che si sta determinando, io credo che ci sia bisogno proprio che le persone non accettino più, che non si girino da un’altra parte”. D’altra parte, insiste Bombardieri, “non era mai successo che un governo presentasse in Parlamento una manovra già decisa, già fatta, senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali“.

La premier però non arretra di un passo, rivendica le scelte fatte, annuncia che l’intenzione è di intervenire nuovamente sull’Irpef (“ma dipenderà dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo”) e tira la stoccata a Landini: “La solidità, la credibilità e il coraggio di questo Governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio. Un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale“. La presidente del Consiglio ringrazia anche il segretario Uil per la calcolatrice: “Così anche lui potrà fare un rapido calcolo” sulla sanità. Questa manovra, spiega, è “in continuità con le scelte che il Governo ha fatto con le due precedenti leggi finanziarie”. Le risorse sono state concentrate su alcune “priorità fondamentali”, con una “visione di medio e lungo periodo, tenendo i conti in ordine e concentrandoci su una prospettiva di crescita del Sistema Italia, pur nel contesto internazionale tutt’altro che facile nel quale operiamo”. In manovra i focus sono stati, elenca Meloni, a sostegno ai redditi medio-bassi, al lavoro, alle famiglie con figli, alla riduzione della pressione fiscale, all’aumento delle risorse nella sanità e al rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Un approccio che è “un cambio di passo” rispetto al passato, afferma, quando “si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell’immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo“.

Usa 2024, Meloni sente Musk: “Amico Elon risorsa importante”. Ma aleggia spettro dazi

Il giorno dopo la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane, Giorgia Meloni sente anche “l‘amico Elon Musk” che, dopo essere stato cruciale in campagna elettorale, nell’amministrazione del tycoon dovrebbe ricoprire un ruolo di primo piano. “Sono convinta che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future“, scrive la premier su X, il social del patron di Tesla. La frase fa da commento a una foto in cui i due sorridono e si abbracciano, in una delle visite di Musk a Palazzo Chigi.

Occhi puntati sui dazi ai prodotti italiani per il vicepremier Antonio Tajani, che continua a dirsi sicuro dell’amicizia con gli Stati Uniti: “Il governo italiano e la nuova amministrazione americana sapranno lavorare insieme per proteggere i nostri popoli“, scandisce sulle colonne del Corriere della Sera, mentre è impegnato nel viaggio in Cina con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La partnership tra i due Paesi non cambieranno, garantisce, perché “i rapporti fra Stati Uniti e Italia sono talmente profondi, complessi e importanti che nulla potrebbe indebolirli“. Trump però, ammette il vicepremier, ha vinto la sua sfida con messaggi che “promettono un cambiamento radicale“.

L’incubo dei dazi aleggia, perché con questi l’imprenditore vorrebbe ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’estero, alzandoli del 10% o addirittura del 20. Con la Cina si è parlato anche di dazi del 60% su tutti i loro prodotti. Ma anche per Paesi europei esportatori netti (Germania, Francia, Italia, Olanda) la nuova amministrazione vorrebbe queste penalizzazioni. “Dovremo evitare uno scontro“, chiosa il ministro degli Esteri, che punta al dialogo, perché l’interscambio Ue-Usa nel 2023 ha sfiorato gli 850 miliardi di euro, con un saldo commerciale a favore dell’Europa di 156 miliardi di euro.

La sola Italia ha avuto nel 2023 un saldo positivo di 40 miliardi di euro: “L’export è la vita stessa dell’Italia – ricorda Tajani -. Trump ha sempre dimostrato di guardare con occhio attento all’Italia, già in passato ha fatto scelte diverse per noi rispetto ad altri Paesi“.

L’elezione di Trump è una sfida di “alto profilo” per quanto riguarda la politica industriale e commerciale per l’Europa, fa eco il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, perché prevede “accentuerà quello che ha già fatto Biden nei confronti della Cina“. Se Biden ha aumentato i dazi alle auto elettriche cinesi al 100%, osserva Urso “verosimilmente questo accadrà sempre più in altri settori“, costringendo nel contempo l’Europa a riesaminare da subito la sua politica industriale e commerciale “come a nostro avviso deve fare”.

Da Pechino arriva l’invito di Xi Jinping alla collaborazione e al “rispetto reciproco” e quello, ancora più esplicito, della portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning: “Come questione di principio – avverte -, vorrei ribadire che non ci sarebbero vincitori in una guerra commerciale, che non sarebbe nemmeno positiva per il mondo”.

Nucleare, Pichetto conferma dialogo su newco. Meloni: “Fissione ponte per fusione”

Il Gruppo Mondiale per l’Energia da Fusione si riunisce per la prima volta a Roma, alla Farnesina, su iniziativa dell’Italia e dell’Aiea. Il governo punta tutto sull’atomo, tanto che a Roma proseguono le trattative per una newco tra Enel, Ansaldo e Leonardo che si occupi di produrre mini-centrali di nuova generazione. Gilberto Pichetto lo conferma, ma non si sbilancia: “C’è una interlocuzione, ma non ancora un punto di convergenza sui soggetti che possono partecipare. Quello che possiamo dire è che il soggetto dovrebbe avere un ruolo importante nel sistema“, spiega in conferenza stampa.

Pichetto incontra la stampa con il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, in una pausa dei lavori del gruppo, che riunisce i più importanti rappresentanti dei settori pubblico e privato, dell’industria, del mondo accademico, degli enti di ricerca e della società civile.
Lo scopo è quello stimolare una collaborazione incentrata sulla ricerca, sullo sviluppo e sulle applicazioni dell’energia da fusione, per accelerare la transizione dell’energia da fusione dall’attuale fase di ricerca a quella dello sviluppo commerciale.

Con la ‘Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile‘, istituita dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, si è già avviato un percorso per valutare l’opportunità di riprendere l’utilizzo dell’energia nucleare in Italia, sia a breve-medio termine tramite le nuove tecnologie da fissione nucleare, sia a medio-lungo termine con l’energia da fusione, per raggiungere gli obiettivi di de-carbonizzazione al 2050 e per accrescere la sicurezza e la sostenibilità degli approvvigionamenti di energia.

Proprio la fissione di quarta generazione può fare da ponte “dall’idrocarburo alla futura fusione“, prospetta Giorgia Meloni, in un messaggio inviato al tavolo e letto dal sottosegretario Alfredo Mantovano. La premier non partecipa in presenza, bloccata da un’influenza, ma ribadisce l’importanza della tecnologia per il governo: “L’Italia – rivendica – resta il più nucleare tra i Paesi non nucleari“. Si colloca all’ottavo posto in Europa per numero di addetti, circa 40.000, “è un punto di riferimento della catena di approvvigionamento internazionale, dispone di un’expertise tecnologica di altissimo livello, il sistema universitario forma un numero importante di ingegneri, di fisici nucleari apprezzati a livello internazionale, le realtà d’eccellenza si distinguono per ambiziosi progetti di ricerca e di sviluppo“, spiega la presidente del Consiglio. Se lo scopo è quello di portare avanti una transizione energetica “sostenibile e non ideologica“, per farlo, garantisce Meloni, saranno usate “tutte le tecnologie, quelle già in uso, quelle che stiamo sperimentando, quelle che dobbiamo ancora scoprire“.

I tempi per la fusione dipenderanno da quanto ingenti saranno gli investimenti, ma Grossi azzarda prospettive molto ottimistiche: “Siamo in un momento in cui il processo passa dalla fase di pura ricerca alla dimostrazione e poi alla commercializzazione. Credo 5-10 anni, ma si vedrà, all’orizzonte si intravede un risultato possibile e a portata di mano“, afferma.

Al momento, gli investimenti di Stato si concentrano tramite Enea su Euratom e Iter. “Siamo sull’ordine dei centinaia di milioni, non oltre“, fa sapere Pichetto. Si cercherà di coinvolgere massicciamente i privati e la speranza è che gli incentivi non serviranno, “che la competitività porti a una condizione tale per cui non sarà necessario intervenire con integrazioni pubbliche sul sistema“, spiega.

Il tema energetico è diventato fondamentale per l’intera Europa. L’iniziativa voluta dall’Italia avviene in un “momento critico“, osserva la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, riferendosi alle alluvioni che hanno colpito la Spagna, “segnali di qualcosa che non va nel pianeta, di una crisi climatica in corso“, risultato “dell’uso scriteriato dei fossili“. Al tempo stesso però, ammette, “il mondo ha bisogno di sempre più energia”. E’ necessario quindi che questa sia “sicura e pulita“, come quella “rivoluzionaria” che potrà offrire la fusione.

La Commissione per il momento ha inserito il nucleare nella tassonomia delle attività economiche sostenibili, “cosa che schiude anche importanti prospettive, cioè il nucleare non è inquinante“, scandisce il padrone di casa, Antonio Tajani, aprendo i lavori dell’evento inaugurale, a livello ministeriale, del Gruppo. La lotta contro il cambiamento climatico, afferma, va fatta “con intelligenza, con scelte pragmatiche“. E la scelta del nucleare, insiste, va in questa direzione, perché “riesce a conciliare crescita, politica industriale e ambiente“, perché ribadisce il vicepremier: “Non è detto che la lotta al cambiamento climatico e la politica industriale siano due cose inconciliabili, anzi sono scelte che si possono conciliare benissimo“.

Il tema sarà protagonista della Cop29, che si apre la prossima settimana a Baku, dall’11 al 22 novembre. “L’energia nucleare svolge un ruolo fondamentale, come la capacità di essere pulita, che utilizza una quantità minima di risorse e a basse emissioni di carbonio“, chiosa il ministro dell’Energia dell’Azerbaigian Parviz Shahbazov. Le nuove sfide sono quelle di “rafforzare le norme per una corretta gestione delle scorie radioattive, il sostegno finanziario e l’aumento della fiducia del pubblico“. Il Paese, storico produttore di idrocarburi, punta a cambiare passo sulla la decarbonizzazione: “Siamo mettendo in pratica progetti su larga scala per portare le rinnovabili nel Paese al 35%. Siamo capofila nella transizione energetica nella Regione avendo creato dei corridoi energetici. La priorità – sostiene – è diventare un Paese a crescita verde“. Per questo, gli “smr possono essere un grande sostegno“.

L.Bilancio, Meloni influenzata: l’incontro con i sindacati slitta all’11 novembre

L’incontro sulla manovra tra Giorgia Meloni e i sindacati slitta due volte nello stesso giorno. Inizialmente previsto per questo pomeriggio alle 17 (con un ritardo a detta di Cgil e Uil non giustificabile perché “a giochi fatti”), il confronto viene posticipato. Prima si parla del 12 novembre alle 8.30, a causa di uno stato influenzale della premier, comunicato tre quarti d’ora prima della convocazione, poi di nuovo anticipato all’11 novembre alle 9, a causa dell'”indisponibilità di uno dei sindacati seduti al tavolo“, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi.

L’11 novembre però è anche il termine per la presentazione degli emendamenti dei partiti in Parlamento, dove nelle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato proseguono senza sosta le audizioni. Un incontro il giorno dopo sarebbe stato probabilmente tardivo.

Prima dell’incontro previsto con i sindacati, Meloni riceve il segretario della Nato Mark Rutte, tenendo un punto stampa dopo il bilaterale. Domattina in agenda è prevista la partecipazione della premier all’evento inaugurale del Gruppo Mondiale per l’Energia da Fusione, alla Farnesina, non ancora annullata ma “a rischio“.

Dal confronto della prossima settimana con i sindacati, però, non ci si aspetta grandi novità. Cgil e Uil hanno proclamato uno sciopero generale di 8 ore per il 29 novembre, giudicando la manovra “del tutto inadeguata” ma dicendosi pronti a rivederlo, a eventuali istanze accolte. Dallo studio di Bruno Vespa, però, Meloni non sembra voler tornare sui suoi passi, ribadendo di aver già accolto tutte le richieste possibili: “C’è un piccolissimo pregiudizio da parte di Cgil e Uil, tra l’altro con uno sciopero generale convocato qualche giorno prima di incontrare il governo – aveva detto -. Volevano la diminuzione del precariato e il precariato è diminuito, l’aumento dell’occupazione e l’occupazione è aumentata, più soldi sulla sanità e abbiamo messo più soldi sulla sanità. Se nonostante questo confermano lo sciopero non siamo più nel merito“. Cgil e Uil restano fermi. Questa legge, confermano in audizione, “rischia di peggiorare ulteriormente le cose”. Qualche apertura c’è invece da parte di Cisl, che non aderisce allo sciopero del 29 novembre e che vede nella misura “risposte alle esigenze dei lavoratori” anche se “ci sono aspetti migliorabili”.

Anche Confindustria però è pronta a esprimere perplessità alla premier, che incontrerà, con le altre associazioni d’impresa, il 13 novembre alle 16. In audizione gli industriali lamentano uno “stallo” dell’economia: “Il nostro auspicio era, e rimane, di una manovra incisiva, con una visione di politica industriale e un impulso deciso sugli investimenti”, confessa il direttore generale, Maurizio Tarquini, rimarcando che “al momento il testo non offre risposte adeguate ai problemi e ai rischi”.