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Gas, prezzo scende sotto i 100 euro per Megawattora. Non accadeva da giugno

Dopo sei mesi – non accadeva dal 13 giugno – il prezzo del Gas sul mercato di Amsterdam scende nuovamente al di sotto della soglia dei 100 euro per Megawattora. Alle 9.30 di mercoledì 21 dicembre ha infatti segnato un calo del 6,9%, posizionandosi a 98,4 euro/Mwh. Il riempimento degli stoccaggi per oltre il 95% e la riduzione del 23-24 per cento dei consumi a ottobre e novembre hanno permesso al prezzo del gas di raggiungere questo risultato, anche se rimane ancora fuori media a confronto con gli ultimi decenni.

Lunedì i ministri dell’energia riuniti a Bruxelles, dopo mesi di confronto, hanno finalmente raggiunto l’accordo sul price cap  che potrà essere applicato dal 15 febbraio 2023 in presenza contemporanea di due condizioni: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi. Il raggiungimento dell’accordo è stato accolto come “una grande vittoria italiana” dalla premier Giorgia Meloni che ha rivendicato una “battaglia che molti davano per spacciata e che invece abbiamo portato a casa”. Com’era prevedibile, l’accordo ha scatenato la rabbia di Mosca. Il Cremlino ha definito il tetto al prezzo del gas una decisione politica e non economica, spiegando che “questa misura può solo portare a una carenza di gas nella regione. Se i colleghi vogliono che l’Europa non abbia gas, in modo che venga reindirizzato su altri mercati, allora impongono limiti di tetto, quindi vediamo come si evolve la situazione. C’è molta incertezza”.

Il regolamento sul price cap è in attesa dell’adozione formale con procedura scritta questa settimana da parte dei Ventisette stati membri. I governi dovranno indicare formalmente se sostengono, si astengono o si oppongono all’accordo (in forma scritta); in linea di principio, la procedura scritta si dovrebbe concludere domani. Nelle negoziazioni che si sono tenute al Consiglio energia, solo l’Ungheria avrebbe espresso opposizione al regolamento, che ha visto poi l’indicazione di astensione di Paesi Bassi e Austria. L’adozione formale dell’accordo non dovrebbe riservare sorprese e quindi dovrebbe chiudersi questa settimana.

Intanto, fonti di mercato hanno riferito a S&P Global Commodity Insights che il prezzo massimo del Gas a 180 euro/MWh in Europa non avrebbe un impatto sul flusso commerciale di Gnl asiatico nel breve termine, ma potrebbe restringere le forniture all’Europa nel 2023 poiché alcuni fornitori asiatici potrebbero scegliere di vendere ad altri mercati.

 

 

 

 

Rigassificatore

Gas, i consumi Ue tra agosto e novembre scendono del 20,1%. Italia stop a -15%

Da gennaio a oggi le esportazioni di gas di Gazprom verso i Paesi extra Csi (l’ex Unione Sovietica) sono state pari a 97,8 miliardi di metri cubi, in calo del 45,1% (di 80,2 miliardi di metri cubi) rispetto allo stesso periodo del 2021. In particolare, quelle verso l’Europa sono crollate di oltre l’80%: a novembre la Ue ha importato 1,86 miliardi di metri cubi rispetto ai 10,09 miliardi del novembre 2021. E con meno gas sono precipitati i consumi di metano nell’Unione: -20,1% nel periodo agosto-novembre, rispetto al consumo medio negli stessi mesi tra il 2017 e il 2021, come ha certificato Eurostat.

L’utilizzo di gas è diminuito nella maggior parte degli Stati membri. In 18 Paesi è sceso oltre l’obiettivo del 15% – fissato dal regolamento Ue 2022/1369 del Consiglio sul coordinamento le misure di riduzione della domanda di gas, parte del piano REPowerEU per porre fine alla dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi – e in alcuni con un margine superiore al 40%. I consumi sono diminuiti maggiormente in Finlandia (-52,7%), Lettonia (-43,2%) e Lituania (-41,6%). Sei Stati membri invece, pur riducendo la propria domanda di gas, non hanno ancora raggiunto l’obiettivo del 15%. Al contrario, i consumi sono aumentati a Malta (+7,1%) e in Slovacchia (+2,6%). L’Italia si colloca attorno a un -15%, in linea con gli obiettivi del regolamento Ue, compiendo uno sforzo superiore ad altri Stati visto che il metano è necessario per produrre quasi metà dell’energia elettrica nella penisola.

L’uso di gas è stato inferiore alla media degli ultimi anni già da inizio anno. Osservando i dati mensili da gennaio a novembre, rivela Eurostat, i consumi sono stati costantemente al di sotto della media 2017-2021 dei rispettivi mesi di quegli anni. Tra gennaio e luglio 2022, il consumo di gas naturale nella Ue è variato tra 1 938 petajoule (PJ) a gennaio, un mese stagionalmente più freddo con un consumo più elevato, e 785 PJ a luglio, indicando una diminuzione mensile complessiva, anche prima dell’obiettivo europeo del 15%. Questo calo è stato maggiore a maggio (-12,9% rispetto alla media di maggio del periodo 2017-2021 di 956 PJ) quando sono stati consumati 833 PJ, per poi diminuire del 7,1% a giugno (775 PJ vs 833 PJ). La riduzione è balzata al 13,9% in agosto, 14,2% in settembre, 24,2% in ottobre e 23,6% in novembre.

Il riempimento degli stoccaggi per oltre il 95% e la riduzione appunto del 23-24 per cento dei consumi a ottobre e novembre hanno permesso al prezzo del gas di scendere ad Amsterdam fin sotto i 100 euro per megawattora, una soglia psicologica che il Ttf ha testato anche in queste ore, considerando che un clima più mite e ventoso in gran parte d’Europa ha permesso di utilizzare più rinnovabili (oltre che il carbone) per produrre energia elettrica. Il prezzo del metano che ovviamente influisce sulle bollette di aziende e famiglie rimane tuttavia ancora fuori media a confronto con gli ultimi decenni. Per questo, altro risvolto della medaglia dei minori consumi di gas, la produzione industriale europea è in contrazione da vari mesi e i consumi sono in calo. Per questo la Bce ha avvisato di un Pil negativo in questo trimestre e nei primi mesi del 2023. Meno gas, più recessione.

Gas giù e con il vento caldo ripartono le rinnovabili nella Ue

Il prezzo del gas torna a scendere in corrispondenza del cambiamento meteorologico che sta interessando l’Europa, con alta pressione e meno freddo. Mentre è in arrivo un price cap a 180 euro/Mwh, il Ttf ad Amsterdam crolla del 7% a 107 euro/Mwh. A far calare le quotazioni sta contribuendo il cambio di clima degli ultimi giorni dopo l’ondata di gelo che aveva colpito il Vecchio Continente fino a metà mese. Il ritorno di condizioni ventose, umide e miti sta spingendo verso una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, riducendo dunque sia il consumo di gas che l’utilizzo degli stoccaggi. Ad esempio in Germania, in tarda mattinata, 1.720 Mw sono stati prodotti dal solare, 23.219 da eolico on shore (a terra), 5.646 da pale eoliche off shore, 13.088 da gas, 7.406 da carbone, 12.678 da lignite, 5.175 da biomasse, 3.650 da nucleare. Il 12 dicembre, quindi lunedì scorso, erano ben diverse le proporzioni delle fonti di energia: 4.925 Mw da solare, 2.458 da eolico on shore, 1.923 da eolico off shore, 17.520 da gas, 13mila da carbone, 16.832 da lignite e più meno stessa quantità di luce prodotta da biomasse e nucleare.
Completamente diverso il mix energetico italiano, dove il metano la fa sempre da padrone. Sempre questa mattina sono stati generati 5.971 Mw da fotovoltaico, 890 da eolico on shore, appena 12 megawatt da eolico off shore, ben 17.261 da gas, 3.504 da carbone e 2.209 dall’acqua. Situazione simile a quella di una settimana fa: la produzione elettrica era arrivata dal gas per 23.040 Mw, dal solare ne sono arrivati 5.130, dall’eolico on shore 1.821 e appena un Megawatt dall’eolico off shore.
Tralasciando il forte utilizzo di carbone e lignite da parte dei tedeschi, non proprio in linea con gli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea verso la transizione energetica, appare però evidente che nel giro di una settimana è sceso il consumo di gas, mentre è ripresa con forza la produzione elettrica rinnovabili soprattutto da pale eoliche. Questo minor ricorso al gas si riflette per tanto sul prezzo del Ttf, che il 7 dicembre scorso aveva chiuso le contrattazioni a 149 euro/Mwh, quasi il 40% in più se confrontato con i 107 di queste ore.
La forte discesa del Ttf, con minore domanda di gas, ha evidenti ripercussioni anche sui prezzi della luce. Domani in Germania – con più rinnovabili – scende a185 euro per megawattora, in Italia invece – sempre metano-dipendenti – siamo sui 271,57.
In attesa di vedere se l’Unione Europea riuscirà effettivamente ad applicare un price cap sul gas, il mercato da solo si autoregola. E a decidere il prezzo non sono norme complicate, bensì il meteo.

Price cap, vittoria italiana ma non bisogna abbassare la guardia

Finalmente, dopo più di sei mesi di tira e molla, il price cap è realtà. Sopra il 180 euro a megawattora, scatterà (da febbraio) un meccanismo protettivo in grado di mettere al riparo imprese e famiglie da ulteriori sacrifici e creare un argine alla crisi energetica. La ratifica a livello europeo è stata salutata dal governo di Giorgia Meloni come una battaglia vinta perché, in effetti, tante sono state le resistenze da piegare tra i 27 che alloggiano a Bruxelles, in particolare Germania e Olanda, i meno teneri con noi e con gli altri.

Un successo italiano che porta anche la ‘griffe’ di Mario Draghi. L’ex premier, infatti, è stato il primo a insistere – assieme all’allora ministro Roberto Cingolani – sulla necessità di fissare un tetto al prezzo del gas. Non stupisce che al Cremlino l’abbiano presa malissimo e non dovrà stupire se, nelle prossime settimane, Vladimir Putin metterà in atto delle strategie ritorsive. Fa tutto parte di una storia abbastanza prevedibile. L’angosciante vicenda del gasdotto Nord Stream deve essere di insegnamento. Aver vinto, per citare la presidente del Consiglio e il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, non significa abbassare la guardia sul gas e, più in generale, sulla situazione energetica. Che resta ad altissimo rischio per una serie di congiunture negative. O, comunque, non positive.

Senza esagerare, la medaglietta del successo in chiave europea va giustamente appuntata al petto: è stato un braccio di ferro, quello italiano. E’ stata la goccia che, alla fine, ha scavato la pietra. Da un rinvio all’altro, da un proposito all’altro, da un discorso all’altro della presidente Ursula von der Leyen, si era persa la speranza che davvero potesse accadere qualcosa di positivo. L’Europa è stata sorda per tanti mesi, incapace di trovare un punto di gravità permanente, scossa dai ricatti della Russia e dagli interessi di ciascuno. Poi però ha ritrovato il senno e il senso di un operare comune. Così Bruxelles ha ritrovato la sua compattezza, così Bruxelles ha ritrovato la sua credibilità. Ma adesso dovrà trovare pari solidità per non prendere paura di fronte alle ripicche di Mosca. Facile a dirsi, più difficile a farsi.

Nel caso, dovrà essere di nuovo l’Italia la capofila del buonsenso. L’abbiamo fatto, possiamo eventualmente rifarlo.

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Gas, Meloni: “Price cap grande vittoria”. Pichetto: “Ora disaccoppiamento”

L’accordo in Europa per il price cap al gas c’è: 180 euro a megawattora. Una svolta apparentemente lontana, che Giorgia Meloni registra come una “grande vittoria” italiana. Una battaglia, rivendica, che “molti davano per spacciata, e che abbiamo portato a casa“. Una mossa che rivaluta il peso di Roma, che dà respiro e allontana lo spettro di prezzi insostenibili.

La notizia infatti impatta subito sul prezzo del gas, in netto ribasso già dal mattino. Le quotazioni riducono il calo e al Ttf i future cedono il 3,2% a 111,8 euro/Mwh dopo essere scesi fino a un minimo di 105 euro a megawattora.

Un risultato, rimarca il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, di tutti i cittadini in Europa che “chiedono sicurezza energetica” e dell’Italia in particolare che “ha creduto e lavorato per raggiungere questo accordo“. Un primo passo, spiega, per una soluzione che possa calmierare il prezzo delle bollette. Il prossimo sarà affrontare il tema dell’energia elettrica, quindi il disaccoppiamento dei mercati. Quanto alle rinnovabili, l’obiettivo per il 2030 c’è e va attuato “con il rilascio delle concessioni”, fa sapere da Bruxelles, al termine dei lavori del consiglio Energia. “Lavoriamo proprio sulla rapidità”, assicura. “E’ una priorità di questo governo e del ministero che ho il privilegio di guidare”.

L’intesa premia Meloni e il lavoro ai fianchi fatto a Bruxelles nel consiglio europeo di giovedì, scandisce il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, confermando il “ruolo centrale dell’Italia“. Dopo mesi di stallo, il segnale di responsabilità da parte dell’Unione è “importante” per il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che parla di un “cambio di passo significativo in favore di famiglie ed imprese“: “Usciamo da una lunga fase di inerzia che rischiava di minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee. È una vittoria frutto della tenacia e della credibilità del governo Meloni e, in particolare, dell’ottimo lavoro svolto dal ministro Pichetto Fratin e da Roberto Cingolani, oggi consulente per l’energia del presidente Meloni”, ricorda.
Festeggiano anche le parti sociali.

Gran bella notizia il via libera europeo sul tetto al prezzo del gas“, scrive sui social Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl. “E’ necessario -spiega – per frenare speculazione e freddare le minacce di Gazprom“. Adesso la richiesta è quella di andare fino in fondo pure con un nuovo Recovery “per sostenere occupazione, riconversioni, sovranità energetica Ue“.

Bene anche per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Rappresenta il settore che più di tutti ha subito i rincari dell’energia, insieme a quelle dei fertilizzanti, uniti ai problemi derivanti dai cambiamenti climatici, con siccità estive e alluvioni autunnali: “Positiva – ammette con amarezza -, ma in ritardo di molti mesi”.

Price cap gas, l’Ue trova l’accordo: scatterà sopra i 180 euro/MWh

Accordo. Quasi otto ore dopo l’avvio dei lavori del Consiglio Ue a Bruxelles, i ministri dell’energia hanno raggiunto nel pomeriggio un’intesa politica per fare entrare in vigore da febbraio 2023 un meccanismo di correzione del mercato in caso di picchi di prezzo del gas, il ‘price cap’ tanto richiesto dai governi Ue quanto divisivo e a lungo rimandato.

L’accordo politico sul tetto al prezzo del gas ha permesso ai ministri di sbloccare oggi anche il via libera ufficiale ad altri due regolamenti di emergenza rimasti in ostaggio del Consiglio per il mancato accordo sul tetto al prezzo del gas: il regolamento per l’accelerazione delle autorizzazioni delle energie rinnovabili (proposto il 9 novembre) e il pacchetto anti caro-energia, che include acquisti congiunti di gas, il nuovo benchmark per il Gnl e le misure di solidarietà tra Stati membri (datato 18 ottobre). Dopo molte difficoltà e riunioni infruttuose, i ministri lasciano Bruxelles con un’intesa politica per attivare automaticamente il ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporaneamente: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi.

Queste le due condizioni (‘trigger’) per attivare il meccanismo vero e proprio di correzione del mercato (che si attiverà in automatico con solo un “avviso di correzione del mercato” da parte dell’agenzia Acer), che avrà invece una componente dinamica, come richiesto da alcuni Paesi come l’Italia. Una volta soddisfatte le condizioni e attivato il meccanismo, in sostanza non saranno consentite transazioni sul gas al sopra di un cosiddetto “limite di offerta dinamica“, che si definisce come il prezzo di riferimento calcolato sulla base degli indici globali dei prezzi del Gnl, più un massimo di 35 euro/MWh. L’intesa prevede però che se il prezzo di riferimento del GNL è sotto ai 145 euro, il limite di offerta dinamica rimarrà comunque pari alla somma di 145 euro e 35 euro (per arrivare alla soglia di 180). Disattivazione e sospensione: Una volta attivato, il limite dell’offerta dinamico sarà applicato per almeno 20 giorni lavorativi, ma con la possibilità di disattivarlo o sospenderlo in ogni momento attraverso due procedure diverse. Quando il limite di offerta dinamica è inferiore a 180 euro/MWh per tre giorni lavorativi consecutivi, verrà automaticamente disattivato, così come di fronte a un’emergenza regionale o dell’intera Ue dichiarata dalla Commissione europea (ad esempio, in caso di razionamento del gas). Di fronte a rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la stabilità finanziaria, i flussi di gas all’interno dell’UE o rischi di aumento della domanda di gas, invece alla Commissione europea resta il potere di adottare un decisione di esecuzione e sospendere il meccanismo di correzione del mercato nell’immediato.

L’accordo raggiunto a fatica a Bruxelles è salutato dall’Ue con molta soddisfazione. Per il ministro ceco per il commercio e l’industria, Jozef Síkela, che ha presieduto la riunione in veste di presidente di turno l’accordo è un “bilanciato compromesso tra due fazioni opposte: da un lato, abbiamo concordato su un meccanismo efficace che proteggerà i cittadini e le imprese dagli eccessi che abbiamo visto quest’estate; dall’altro, abbiamo assicurato salvaguardie per far sì che il mercato europeo resti attrattivo per i fornitori di gas“. Per la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, le decisioni adottate oggi consentiranno all’UE “di prepararsi per il prossimo inverno in modo più efficace e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili“, ha scritto in un tweet.

Da Mosca, la reazione è stata tutto meno che di soddisfazione. “L’accordo dei ministri Ue sul tetto al prezzo del gas è inaccettabile”, ha riferito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, spiegando che l’intesa “è contraria ai principi di mercato“. Si tratta di “una violazione del processo di determinazione dei prezzi di mercato, un’invasione del processo di mercato, qualsiasi riferimento al massimale non può essere accettabile“, ha detto Peskov. Ci vorrà del tempo, ha detto, per “soppesare a fondo i pro e i contro” per elaborare una risposta adeguata da parte della Russia. Per il ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, invece si tratta di una vittoria su tutta la linea e le “reazioni della Russia sono la dimostrazione che questo tetto serve ed è efficace”.

 

A Bruxelles tavolo ministri Energia: sul piatto price cap e mercato elettrico

Le prime idee della Commissione europea di riforma del mercato elettrico europeo potrebbero arrivare sul tavolo dei ministri dell’energia già oggi, lunedì 19 dicembre, al Consiglio che li vedrà impegnati a sbloccare lo stallo sul ‘price cap’. “Questo è un tema su cui stiamo lavorando molto intensamente ed è uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio Energia di lunedì prossimo”, ha chiarito il portavoce della Commissione Ue per l’energia, Tim McPhie, nel corso del briefing quotidiano con la stampa venerdì scorso, rispondendo a una domanda sulle tempistiche di presentazione del documento di consultazione sulla riforma del mercato, di cui una proposta è attesa entro il primo trimestre 2023.

A detta del portavoce, alla riunione dei ministri dell’energia, la commissaria Kadri Simson presenterà “alcune delle nostre idee iniziali su come potrebbe essere la futura riforma dei mercati dell’elettricità”. Dovrebbe essere presentato un non-paper (documento informale) dal momento che i documenti scritti “contribuiranno allo scambio di vedute con i ministri, come sempre. Ma in questa fase non posso dirvi se (il documento) è stato inviato agli Stati membri e non posso dirvi se è qualcosa che potremmo condividere”, ha precisato il portavoce. I documenti informali vengono trasmessi alle capitali per contribuire alle discussioni ma generalmente non vengono resi pubblici.

In un primo tempo scettica sull’argomento, è dalla scorsa primavera che Bruxelles ha pienamente “abbracciato” l’idea di una riforma del mercato elettrico europeo che non sia solo una risposta alle necessità immediate, ma una soluzione a lungo termine per ottimizzarne il funzionamento. Ha promesso una proposta legislativa a inizio 2023, ma con la prospettiva di pubblicare entro la fine dell’anno un documento di consultazione perché gli Stati membri possano contribuire a elaborarla. I quattro pilastri della riforma del mercato elettrico erano stati anticipati qualche settimana fa in una audizione all’Europarlamento da Mechthild Worsdorfer, vicedirettrice generale della DG ENER della Commissione europea, che ha confermato che nella proposta di riforma ci sarà disaccoppiamento dei prezzi del gas e dell’elettricità per evitare il cosiddetto ‘effetto contagio’.

Priorità sarà disaccoppiare il più possibile le bollette dei consumatori dal costo delle tecnologie inframarginali (come le rinnovabili e il nucleare, che costano di meno), dei prezzi dell’energia elettrica prodotta dal gas da quella prodotta da altre fonti di energia, per evitare l’effetto contagio dei costi. La seconda priorità indicata dalla funzionaria è quella di ridurre la volatilità dei prezzi, migliorare la liquidità del mercato. In terzo luogo, sarà necessario garantire “gli scambi commerciali (di energia) tra gli Stati membri”, per cui Bruxelles continua a guardare alle interconnessioni “ma dobbiamo anche assicurare che la nuova riforma sia integrata nel mercato interno”. In ultimo, c’è la necessità di introdurre “sistemi di regolamentazione per portare tutti i benefici della transizione energetica nel settore dell’elettricità’”, ha concluso.

Per Bruxelles una riforma del mercato elettrico è necessaria perché va adattato alle condizioni di oggi, essendo “disegnato” sulle esigenze di 20 anni fa, quando le energie rinnovabili avevano un costo molto più elevato rispetto a oggi e rispetto al gas. Oggi il mercato è completamente diverso, sono le rinnovabili ad essere più convenienti a livello di prezzi, con il gas più costoso che però finisce per definire l’intero prezzo (dell’energia) sul mercato. Il disaccoppiamento dei prezzi dovrebbe intervenire proprio su questo. Gli Stati membri hanno mantenuto a lungo posizioni diverse sulla revisione del mercato elettrico in una situazione di estrema volatilità dei prezzi. Se sono diverse le delegazioni a essersi convinte della necessità di un intervento sul mercato, nei fatti si trovano su posizioni molto diverse tra di loro su come realizzarlo. Più restii all’idea su un intervento massiccio sul mercato (come anche sul tetto al prezzo del gas, il ‘price cap’) la Germania e i Paesi Bassi, contrari in generale a un intervento sul mercato.

Quello di oggi dovrebbe essere il primo scambio di pareri, con l’idea di arrivare poi alla proposta vera e propria a inizio 2023. Il punto sarà affrontato in maniera marginale dai ministri, essendo tra le “varie ed eventuali” dell’agenda. Saranno impegnati a strappare un accordo politico sul tetto al prezzo del gas, sbloccando a loro volta anche i regolamenti sull’accelerazione dei permessi alle rinnovabili e sugli stoccaggi di gas, legati al tetto al prezzo del gas in una logica ‘a pacchetto’.

Meloni spinge sul price cap al gas: Ue verso “accordo pieno e positivo”

Un accordo “pieno e positivo” sul price cap al gas. Usa proprio questi due aggettivi il ministro per gli Affari europei con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, per spiegare le sensazioni del governo italiano sul prossimo Consiglio energia, che dovrà fare un passo avanti decisivo sulla misura attesa ormai da mesi per mitigare gli effetti dei rincari. “Ci sono dettagli tecnici che potrebbero essere risolutivi“, si limita a dire per spiegare che mancano le classiche limature, su cui lavoreranno i ministri competenti e i tecnici nel prossimo fine settimana.

Del resto la premier, Giorgia Meloni, lo aveva detto chiaro e tondo nelle comunicazioni alle Camere prima del Consiglio europeo che avrebbe sollevato il tema, visto che dal Consiglio energia di inizio settimana non sono arrivate “novità sostanziali“. Anzi, in un passaggio più articolato aveva riferito che non c’era “nessuna novità apprezzabile“: giudizio che fa il paio con l’insoddisfazione della precedente proposta avanzata dalla Commissione Ue. La presidente del Consiglio ha sempre sostenuto la necessità che l’Europa si dotasse di un tetto massimo al prezzo del gas, per mettere un freno all’azione degli speculatori. E prima di volare a Bruxelles lo ha ribadito chiaro e tondo: “Credo che si tratti di un errore l’incapacità di trovare una soluzione efficace in tempi rapidi sulla vicenda energetica, perché c’è in ballo la tenuta del nostro sistema produttivo, delle nostre aziende, delle nostre famiglie. Ma c’è in ballo anche la capacità dell’Ue di agire come attore politico nel contesto internazionale“.

Ecco perché ieri al tavolo con gli altri leader Ue ha chiesto un soluzione rapida al problema del caro-energia. Da quanto è trapelato, Meloni avrebbe insistito per un meccanismo di riduzione del prezzo del gas, rilanciando impegno e dibattito sul price cap. Inoltre, avrebbe fatto notare ai partner europei come il tempo perso nel trovare un’intesa sul meccanismo di riduzione del prezzo sia in realtà in contraddizione rispetto alla discussione sulla competitività dell’industria europea nei confronti degli altri concorrenti globali, sollevando anche nel consesso continentale le critiche all’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti.

In attesa che Bruxelles muova le sue mosse, la premier continua a tessere la tela delle relazioni internazionali. Con il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, ha avuto un “cordiale e fruttuoso incontro” per “confermare la stretta cooperazione tra Italia e Grecia sui temi al centro dell’agenda europea e internazionale, con particolare attenzione al Mediterraneo“. Non solo, perché Meloni rilancia sui social la foto assieme ai primi ministri di Repubblica Ceca e Polonia, Petr Fiala e Mateusz Morawiecki, scrivendo di aver “degli ultimi sviluppi riguardo l’aggressione russa all’Ucraina e della questione energetica. Lavoriamo insieme per affrontare le difficili sfide globali e costruire un futuro di pace e sicurezza“. L’idea di creare un nuovo ‘Piano Mattei’ e fare del nostro Paese l’hub di approvvigionamento energetico dell’Europa, insomma, inizia a prendere corpo.

Ecco perché nel 2023 il prezzo del gas tornerà a essere ‘normale’

Fare previsioni economiche affidabili con una guerra in corso è un arduo esercizio. E quindi il lettore mi perdonerà se farò ragionamenti un po’ generali e tendenziali, se parlerò di sentiment piuttosto che di numeri, sfruttando impressioni e sensazioni che mi vengono dall’osservatorio privilegiato rappresentato dal grande gruppo internazionale in cui opero, attivo in tre settori: energia, siderurgia e shipping. Si tratta di tre aree di business tipicamente legate ai trend macroeconomici e ai cicli dell’economia che spesso anticipano gli andamenti più generali.

Dopo il 2021 e il 2022, che sono stati anni di rilancio delle economie mondiali post-Covid segnati da tassi di crescita particolarmente elevati un po’ ovunque, e da un gigantesco ‘effetto molla’ che ha creato non pochi problemi di squilibrio tra domanda e offerta, la situazione sta rapidamente cambiando. Quali sono i fatti che stanno condizionando l’andamento economico della fine di questo anno e che condizioneranno il 2023?

Gli impulsi inflazionistici (soprattutto inflazione da costi delle materie prime e da scarsità di tutti i componenti elettronici) registrati nel 2021 e 2022 e causati dallo squilibrio temporale tra domanda e offerta conseguente alla violenta ripresa post pandemica delle economie mondiali, hanno provocato un rialzo dei tassi di interesse in tutto il mondo.

In Europa questi impulsi inflazionistici sono stati drammatizzati dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina e in particolare dalla crisi energetica provocata dalla progressiva riduzione delle forniture di gas russo al nostro continente.

Le banche centrali, americana e europea, hanno reagito alla situazione provocando appunto il rialzo dei tassi di interesse e così ci siamo trovati in una situazione che non conoscevamo da tanto tempo: inflazione a due cifre (negli Usa si è parlato di una fiammata inflattiva che ha raggiunto il 15%, in Europa siamo intorno al 10%) e un costo del denaro che improvvisamente è tornato a crescere anche perché le banche, costrette per decenni a margini di intermediazione bassissimi, ne hanno un po’ approfittato per ricostruire la redditività perduta. Al riguardo è sufficiente guardare i profitti che le banche hanno fatto negli ultimi semestri.

È chiaro che una situazione del genere, aggravata come detto in Europa dalla crisi energetica, non favorisce la crescita. In molti si attendono una forte riduzione di consumi e degli investimenti e il rallentamento sensibile dell’economia degli ultimi mesi sembra già evidenziarlo.

Al riguardo i più pessimisti tra gli economisti sono arrivati ad evocare il pericolo di stagflazione e cioè l’incubo di una presenza simultanea di recessione e alti tassi di inflazione. Io non ho questa visione catastrofista e da un po’ di tempo vado dicendo sia in sedi pubbliche che private che sono convinto che la straordinaria, per le abitudini degli ultimi venti anni, inflazione attuale sia uno strappo improvviso ma non duraturo e che sia destinata a rientrare abbastanza rapidamente.

Tale convinzione nasce dal fatto che nei sistemi capitalistici e di mercato quando c’è uno squilibrio tra domanda e offerta come quello che si è creato nel periodo post-Covid (quello che abbiamo definito ‘effetto molla’) abbastanza rapidamente e automaticamente l’offerta, trainata dai prezzi alti provocati dalla scarsità si adegua alla domanda. Nel mondo delle materie prime e in genere di tutte le commodity avviene anzi che l’offerta oltre che adeguarsi alla domanda la sorpassa creando situazioni di eccesso che costituiscono potenti fattori deflattivi. È quella che si chiama over capacity, eccesso di capacità installata, che affligge molti settori dall’acciaio all’alluminio alle stive delle navi, settori ciclicamente colpiti da crisi e caduta di prezzi provocati dall’eccesso di offerta.

A mio giudizio succederà così anche per il gas che dopo essere stato scarso a causa della crisi russa tornerà ad essere abbondante e a basso prezzo perché tutti i Paesi che lo producono trascinati dai prezzi alti attuali stanno investendo per aumentare le quantità prodotte e vendute; basta guardare ciò che succede in Algeria, Egitto, Israele, Qatar, Norvegia e Usa.

Questa mia impressione, su un rientro relativamente rapido dell’inflazione, è confermata negli ultimi giorni dai dati che provengono da diversi paesi: Germania, Spagna, Stati Uniti d’America. In particolare negli Usa i prezzi al consumo a novembre sono aumentati meno delle aspettative più rosee degli analisti. Ci aspettava una crescita del 7,7% che era stata quella del mese di ottobre e invece il dato è del 7,1%, il minimo da un anno. È sempre troppo ma si consideri che a giugno era del 9,1%.

È calato di molto il prezzo della benzina, uno dei beni di consumo ai quali gli americani sono più attenti, che è passato da una media dei tre mesi precedenti novembre di 5 dollari al gallone ai 3,25 dollari a gallone del mese di novembre. Questa caduta dei prezzi al consumo comporterà una seria riflessione della Fed, la Banca Centrale Usa, a proposito della necessità di continuare o meno la stretta monetaria e il rialzo dei tassi con il rischio di provocare una recessione economica che invece si potrebbe evitare.

L’altro elemento che mi induce a un cauto ottimismo sono i dati italiani e il sentimento che riscontro parlando con gli industriali dei diversi settori.

La cosa quasi stupefacente è che nonostante la grave crisi energetica che ha fatto temere l’avvio di una recessione da noi e in Europa, l’Italia crescerà nel 2022 quasi del 4% (l’Istat prevede il 3,9%). Per la prima volta da una quarantina d’anni il nostro Paese crescerà quanto la Cina e molto di più di Francia e Germania. Si tenga presente che l’Italia era cresciuta più di tutti anche nel 2021 (6,7%). Molti analisti sostengono che, in questo contesto, l’obiettivo di una crescita intorno allo 0,5% nel 2023, malgrado il rallentamento in corso, non sia così impossibile come ci hanno detto i pessimisti.

Al di là dei numeri parlando con i colleghi industriali di molti settori sento aspettative non catastrofiche anche perché nella media gli impianti stanno ancora girando intorno all’80% della loro capacità massima. Ciò significa che la domanda c’è, gli ordini ci sono e l’industria continua a produrre ed esportare anche aiutata da un dollaro forte che, se ci aumenta il costo delle materie prime comprate all’estero, normalmente pagate in dollari, dall’altra parte favorisce di molto le esportazioni italiane ed europee nel gigantesco mercato degli Usa.

Le imprese italiane hanno guadagnato mediamente molto negli ultimi due anni e oggi grazie a ciò sono le meno indebitate del mondo avanzato. La buona patrimonializzazione consentirà all’industria italiana di continuare nei processi di investimento in innovazione tecnologica e digitalizzazione innescati e consentiti dai meccanismi di Industria 4.0 del Governo Renzi e dell’allora Ministro dello Sviluppo economico Calenda. Inoltre, se si riusciranno a spendere i soldi del Pnrr, ciò sarà un formidabile elemento di sostegno keynesiano della domanda, specie nelle settore delle infrastrutture. Le Ferrovie dello Stato con i loro svariati miliardi di investimenti previsti nei prossimi quattro anni sono la più grande stazione appaltante del Paese.

Certo permane la forte preoccupazione del costo dell’energia che colpisce sia le famiglie che le imprese. Finora gli interventi di mitigazione dei Governi Draghi prima e Meloni ora hanno ridotto l’impatto. Bisogna vedere se le finanze pubbliche riusciranno nel 2023 a reggere interventi di questo tipo, che sono molto costosi. Finora si sono spesi al riguardo più di 65 miliardi di euro e l’estensione di tali misure al primo trimestre del 2023 decisa dal governo attuale comporterà altri miliardi di spesa pubblica.

Ma anche su questo sono abbastanza ottimista. I prezzi dell’energia, in un quadro complessivo di forte volatilità, stanno scendendo. Probabilmente soffriremo ancora quest’estate quando ci saranno da riempire gli stoccaggi gas ma superata quella fase l’abbondanza di gas che nel frattempo arriverà da più parti ci aiuterà molto.

Pensare positivo aiuta a vivere. I pessimisti non sono mai riusciti a fare nulla.

paolo gallo

Gallo (Italgas): Con biometano e idrogeno sostituiremo gas russo

Paolo Gallo è un ingegnere aeronautico laureato al Politecnico di Torino che negli anni ha sviluppato un’altra passione (professionale) così intensa e così profonda da portarlo dov’è adesso, a capo di Italgas, la più antica e performante azienda italiana di distribuzione del gas. Non a caso, aerei e gas hanno spinto Gallo a scrivere un libro, ‘Diario di volo’, che può essere considerato il manifesto del futuro. Al centro di tutto, la digitalizzazione delle reti: “Nel breve-medio periodo dobbiamo realizzare delle reti intelligenti, digitali, flessibili che hanno come effetto immediato quello di migliorare il servizio che forniamo al cliente finale e di cambiare il modo in cui noi gestiamo le reti, in maniera meno passiva”, racconta. “Nel lungo termine questa digitalizzazione ha anche un altro uso: serve a gestire gas diversi, che non sia solo il metano. Penso al biometano e all’idrogeno, a zero contenuto di carbonio. Conoscere la miscela di gas che in un determinato momento attraversa la nostra rete è fondamentale”, dice tutto d’un fiato.

La location dell’intervista a GEA è quella della Digital Factory nella sede milanese di Italgas. Biometano e idrogeno solo il filo conduttore della chiacchierata con Gallo, classe 1961, torinese, una devozione per la montagna e la Juventus. “Il biometano è l’energia rinnovabile più pronta per un motivo semplice: perché il trattamento dei rifiuti nella sua forma più evoluta è sul mercato da più di 15 anni. La tecnologia per la trasformazione del rifiuto da biogas prima a biometano dopo è assolutamente consolidata. Noi abbiamo più di 2 miliardi di metri cubi di gas prodotto dal trattamento dei rifiuti che potrebbero diventare un miliardo e mezzo di metri cubi in più se facessimo l’upgrade degli impianti”, racconta. Con una pianificazione progettuale abbastanza secca: “Abbiamo un potenziale, non domani ma in qualche ora, di 2 miliardi di metri cubi di biometano. Se noi lo proiettiamo di qui a qualche anno, possono diventare 8-10 miliardi che rappresentano il traguardo del RepowerEu. Insomma, la tecnologia è provata, il potenziale c’è, l’ unico problema è l’aspetto delle autorizzazioni per sviluppare centinaia di impianti di biometano”.

L’idrogeno ha una prospettiva più in là nel tempo. E Gallo fissa delle scadenze. “Ci vanno ancora cinque, sette, dieci anni”. Il motivo? “La tecnologia di produzione dell’idrogeno verde esiste ma non è ottimizzata. E poi il costo dell’energia. L’idrogeno diventerà competitivo quando ci saranno talmente tante fonti da energia rinnovabile che avremo per tante ore dell’anno un surplus di produzione. Surplus che verrà utilizzato per produrre idrogeno”. In Sardegna, Italgas ci sta lavorando: “Stiamo facendo quell’attività di ricerca e sviluppo orientata sulle varietà di utilizzo dell’idrogeno. Un progetto pilota per dimostrare che l’idrogeno ha molteplicità e flessibilità di usi. Testeremo la parte di elettrolisi, lo stoccaggio e poi lo utilizzeremo per la mobilità – perché abbiamo un accordo con la locale società di trasporto pubblico -, per un’industria casearia che vuole rendere verde la propria produzione, infine miscelato nel gas naturale nelle nostre reti”. La strada è questa, ormai tracciatissima, dalla quale non si tornerà indietro. Anche perché, spiega Gallo, “nella visione della Comunità europea il 50% del gas che arrivava dalla Russia dovrà essere rimpiazzato di qui al 2030 da biometano e idrogeno in egual misura. Il 50% sono 75, quasi 80, miliardi di metri cubi di gas. Vuol dire che il ruolo di biometano e idrogeno diventa fondamentale. In più, accelera la transizione energetica perché metà di quel gas viene sostituito da gas che sono rinnovabili a zero contenuto di Co2”.

La guerra russo-ucraina ha inciso su Italgas (“Noi non abbiamo registrato extraprofitti perché non vendiamo gas, anzi sono aumentati i costi”) ma Gallo vuole vedere il bicchiere mezzo pieno: “Questa crisi sta accelerando i processi di efficienza energetica e di transizione energetica, che sarebbero comunque andati avanti ma che di fronte a una situazione economica difficile hanno subito una accelerazione”. Con l’obiettivo dichiarato da Italgas di tagliare del 34% le emissioni di gas serra entro il 2028: “Ma noi faremo meglio”, garantisce l’ad. Intanto l’azienda si sta espandendo all’estero, in particolare in Grecia: “Abbiamo acquisito quattro società”, evidenzia Gallo, con “un investimento di circa 1 miliardo di euro”. Aspettando qualche segnale di fumo da Bruxelles sul price cap, gli italiani stanno imparando a risparmiare. E Gallo confessa di aver colto questa inversione di rotta: “Credo che ci sia sensibilità sull’utilizzo del gas, soprattutto in questo periodo, dovuto al fatto che dovremmo riuscire a superare l’inverno grazie alle scorte e a un atteggiamento più consapevole e più giudizioso nei confronti non solo del gas ma anche energia elettrica. Lo vedo nei nostri comportamenti in azienda e nelle persone. Si tratta di un elemento positivo: tutto ciò che io riesco a risparmiare mi rimarrà per sempre, cioè non torna più indietro”, sintetizza l’ad di Italgas.