Energia, imballaggi e motori puliti: il 2023 dell’Unione europea
La guerra in Russia che si protrae, il conflitto arabo-israeliano che si riaccende, scenari di guerra commerciale con la Cina che si affacciano. E poi la partita della sostenibilità, con i voti sui diversi pacchetti ‘green’ dell’agenda a dodici stelle che producono momenti di tensione e attriti, con tanto di critiche nei confronti di un piano per la doppia transizione verde e digitale il cui artefice, Frans Timmermans, alla fine abbandona per scelte politiche personali. Il 2023 dell’Unione europea è stato ricco di avvenimenti, tanti, tutti diversi ed egualmente importanti, che GEA ripercorre in maniera schematica e riassuntiva.
ENERGIA. Il dossier resta alto anche nel 2023. Gli sforzi dell’Europa degli Stati di ridurre consumi di gas e petrolio russo continua senza sosta nel rispetto delle sanzioni decretate contro Mosca e i suoi fornitori. Così come l’impennata dei prezzi dell’energia seguita all’aggressione russa dell’Ucraina continua ad animare politica ed economia. La crescita dell’eurozona, alla fine, per quanto debole (0,6%), si registra scongiurando i rischi di una recessione che nella seconda metà dell’anno a Bruxelles si iniziava a considerare come possibile, anche se non auspicata. I governi hanno potuto mantenere le misure di sostegno nazionali varate per rispondere al caro-bollette, anche se a novembre la Commissione ha iniziato a chiederne l’eliminazione visti i listini e un’inflazione generale ridotta. Ma a inizio ottobre l’offensiva di Hamas contro Israele ha innescato un conflitto che potrebbe produrre nuovi shock energetici. Tanto che la Commissione Ue deve ammettere: “La possibilità di crisi energetiche è ancora alta”.
IDROGENO. Proprio per risolvere la questione energetica la commissione von der Leyen a marzo lancia l’iniziativa per la produzione su vasta scala dell’idrogeno verde (quello ‘pulito’ prodotto da elettrolisi da fonti rinnovabili) in Europa, quale risposta al problema degli approvvigionamenti energetici e il rispetto degli obiettivi di sostenibilità incardinato nel Green Deal europeo. La sfida è quella di ridurre il divario economico tra i costi più alti delle energie verdi, idrogeno ‘green’ compreso. L’esecutivo comunitario presenta l’iniziativa come ‘Banca dell’idrogeno’, ma a dispetto del nome non si tratta di un istituto finanziario bensì di un sistema di aste per la produzione di idrogeno rinnovabile per sostenere i produttori attraverso un pagamento a prezzo fisso per kg di idrogeno prodotto per un massimo di 10 anni di funzionamento. Il 23 novembre viene lanciata la prima asta da 800 milioni di euro, finanziata attraverso il Fondo europeo per l’innovazione (ovvero attraverso le entrate del mercato europeo del carbonio, il sistema Ets dell’Ue).
IMBALLAGGI. Sugli involucri dei prodotti si consuma lo strappo tra Italia e resto d’Europa. In consiglio il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, è il solo a votare contro la proposta di mandato negoziale con il Parlamento Ue per il nuovo regolamento in materia. L’Italia contesta la forma normativa, il regolamento, che fissa obiettivi finale e intermedi. Sarebbe stata più gradita una direttiva, che lascia libertà di manovra ai governi nel raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, critica l’Italia, non si tiene conto degli sforzi di riciclo e raccolta differenziata, che nel caso tricolore è migliore della media europea. Italia solo contro tutti, in attesa dell’esito negoziale e confidando nella capacità correttiva del Parlamento.
MOTORI PULITI. Il 2023 è l’anno della rivoluzione della mobilità. Parlamento e Consiglio Ue votano la proposta per bandire, dal 2035, la produzione e la messa in commercio di auto e veicoli commerciali leggeri con motori tradizionali. Largo all’elettrico, e motori alimentati con carburanti sintetici. Il voto spacca l’Aula del Parlamento e vede una fronda di Stati membri in Consiglio, ma alla fine l’Ue decide per la mobilità ‘green’, che si chiude con la vittoria italiana all’ultimo momento utile: viene approvato l’emendamento che riconosce il ruolo dei carburanti neutri da un punto di vista di emissione, inclusi quelli ‘bio’ che interessano al sistema Paese.
CINA. A proposito di auto, la Commissione europea prima annuncia e poi avvia l’indagine contro la Cina per i sussidi statali concessi alle industrie dell’auto elettrica. L’Ue non accetta che nella corsa al green-tech possano esserci pratiche sleali e anti-concorrenziali. La mossa nei fatto trasforma il confronto con la Repubblica popolare in scontro. L’esecutivo comunitario si prende il tempo necessario per un’eventuale imposizione di dazi sulle auto elettriche ‘made in China’, ma intanto le relazioni con Pechino si sfilacciano.
CASE GREEN. Più efficienza energetica, sostituzione di infissi e anche di caldaie. In nome della sostenibilità continua il lavorio delle istituzioni Ue per case a prova di Green Deal e di futuro. Diverse proposte ma tutte con un unico scopo: la sostenibilità. A marza il primo ‘sì’ dell’Aula sul rendimento energetico. Le case dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica ‘E’ entro il 2030 e ‘D’ entro il 2033 (la Commissione Ue proponeva di raggiungere la classe “F” entro il primo gennaio 2030 e la classe “E” entro il primo gennaio 2033). Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto ‘F’ ed ‘E’). Il testo adottato prevede che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero dal 2028 (la Commissione proponeva il 2030) e tutti i nuovi edifici dovranno disporre di impianti solari entro il 2028. Il negoziato inter-istituzionale con il Consiglio stravolge tutto. A ottobre viene deciso di evitare i requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate, preferendo un approccio in cui saranno stabilite le medie di riferimento per ciascun Paese sull’intero patrimonio edilizio.
TIMMERMANS. Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal, esce di scena il 22 agosto, quando comunica la decisione di rassegnare le dimissioni. Sceglie di guidare il partito laburista olandese alle elezioni generali di novembre, e per questo abbandona Bruxelles e i suoi dossier. La scelta non è premiata dagli elettori, che gli preferiscono l’euroscettico Geert Wilders, leader del Pvv. Il Green Deal diventa competenza di Maros Sefcovic, mentre l’azione per il clima di Woepke Hoekstra.