Stellantis, 2022 da record: + 26% di utili e +41% di veicoli a batteria

Stellantis chiude il 2022 con risultati da record, nonostante l’anno appena passato abbia messo a dura prova l’industria automobilistica globale, con continue limitazioni della catena di fornitura. I dati parlano chiaro: ricavi netti pari a 179,6 miliardi di euro, in crescita del 18% rispetto al 2021 pro-forma, grazie ai prezzi netti favorevoli, al miglior mix modelli e agli effetti positivi dei cambi di conversione. Utile netto pari a 16,8 miliardi di euro, in aumento del 26%. Il dividendo ordinario è di 4,2 miliardi di euro, corrispondente a 1,34 euro per azione. Il Consiglio di Amministrazione approva inoltre un programma di acquisto di azioni proprie per un valore massimo di 1,5 miliardi di euro, da perfezionarsi sul mercato entro la fine del 2023.

Il 2022 ha segnato anche il lancio del piano strategico Dare Forward 2030, che sta trasformando l’Azienda in un leader tecnologico della mobilità sostenibile. Con il pilastro ‘Etica’ dedicato ai dipendenti, ai clienti e all’ambiente, il gruppo vuole azzerare le proprie emissioni di carbonio entro il 2038, con l’obiettivo intermedio di dimezzarle entro il 2030 rispetto ai livelli del 2021. Nel 2022, Stellantis ha ridotto l’estensione del perimetro industriale e immobiliare che emette carbonio dell’11%. Con l’obiettivo di diventare il primo nella customer satisfaction, il gruppo ha ottenuto una riduzione di circa il 30% dei tassi di difettosità dei veicoli nei primi tre mesi dalla consegna al cliente finale. Tutti i processi chiave nella gestione delle risorse umane sono stati allineati agli impegni presi in materia di diversità e inclusione. Il 27% delle posizioni dirigenziali è ora ricoperto da donne, con l’obiettivo di raggiungere il 30% entro il 2025.

Quanto alle vendite, il settore dell’elettrico ha una crescita sorprendente: +41% su base annua, per un totale di 288mila veicoli nel 2022. Con una gamma di 23 Bev (veicoli elettrici a batteria), il portafoglio sarà più che raddoppiato arrivando, entro la fine del 2024, a 47 modelli. L’obiettivo è proporre più di 75 BEV a livello globale e registrare vendite di veicoli elettrici pari a 5 milioni entro il 2030. Il marchio Jeep, in particolare, ha svelato la prima parte della sua offerta BEV con il lancio di Jeep Avenger, il primo SUV Jeep completamente elettrico, eletto Auto dell’anno 2023. Inoltre, il brand ha presentato in anteprima le Jeep Recon e Wagoneer “S”, completamente elettriche e destinate al mercato nordamericano e ad altri importanti contesti globali. Il marchio Ram segue la scia, presentando a inizio mese l’attesissima nuova versione completamente elettrica di Ram 1500 REV, che sarà disponibile nel quarto trimestre del 2024. Il gruppo è al primo posto nelle vendite di veicoli commerciali Bev nel mercato Ue30 e al secondo posto nell’Ue30 per le vendite complessive di veicoli elettrici. Fiat Nuova 500 è l’auto elettrica più venduta in Italia, mentre Peugeot e-208 domina il mercato in Francia.

Il Gruppo ha raggiunto il primo posto negli Stati Uniti per le vendite di veicoli elettrici ibridi plug-in (PHEV), con Jeep Wrangler 4xe primo nella classifica dei veicoli PHEV più acquistati sia negli Stati Uniti che in Canada. “Oltre ai nostri risultati finanziari record e all’implementazione mirata del piano Dare Forward 2030, abbiamo dimostrato anche l’efficacia della nostra strategia di elettrificazione in Europa”, rivendica il Ceo Carlos Tavares. “Ora – assicura – abbiamo la tecnologia, i prodotti, le materie prime e l’intero ecosistema di batterie per condurre lo stesso percorso di trasformazione in Nord America, a partire dai nostri primi veicoli completamente elettrici Ram dal 2023 e Jeep dal 2024″. Dati i risultati eccezionali, Stellantis annuncia che quest’anno distribuirà un ammontare di 2 miliardi di euro ai dipendenti di tutto il mondo come riconoscimento del loro contributo ai risultati del 2022 e ai traguardi raggiunti dall’Azienda sia a livello globale che locale: un valore medio complessivo di 1879 euro, legato alla retribuzione contrattuale di riferimento, che i lavoratori riceveranno in due tranches, a febbraio ed aprile. “Si tratta di 200 milioni in più rispetto allo scorso anno ed è un giusto riconoscimento per il contributo di tutti i dipendenti di Stellantis alla crescita in un contesto economico molto impegnativo – afferma Tavares -. Quando l’azienda va bene, tutti i dipendenti vanno bene: è questo il fondamento della nostra cultura del pagamento per performance”

Musi (ad Landi Renzo): “Dal 2035 non solo auto elettriche ma spazio anche a idrogeno e biometano”

Dal 2035, in base al voto dell’Europarlamento, non si potranno più vendere auto a combustione. Tutti parlano dell’elettrico però in teoria c’è spazio per i veicoli ad idrogeno. Cristiano Musi è amministratore delegato di Landi Renzo, una società presente in oltre 50 Paesi, una eccellenza italiana nei settori della mobilità sostenibile e delle infrastrutture per il gas naturale, biometano e appunto idrogeno.

Dottor Musi, come vede questa svolta?

“C’è un tema di fondo, ovvero è necessario rendere il nostro pianeta più sostenibile, quindi bisogna ridurre gli agenti inquinanti e decarbonizzare, soprattutto pensando alle generazioni future. Questo obiettivo però si può perseguire in diversi modi, io ritengo che il modo migliore per ottenere risultati veri, in una logica di neutralità tecnologica, sia affrontare pro e contro delle diverse strade e tecnologie, senza farsi guidare da una ideologia. E su questo serve uno sforzo globale. Noi abbiamo la fortuna di essere un operatore internazionale attivo lungo tutta la catena del valore della transizione energetica, dal business infrastrutturale a quello dell’automotive, e questo ci permette di avere una visione ad ampio spettro. Ritengo sia necessario sfatare un messaggio che è passato,: non è vero che si potranno vendere solo auto a batteria, perché il fuel cell electric vehicle è elettrico quanto uno a batteria”.

Che differenza c’è tra elettrico a batteria e fuel cell electric vehicle?

“La differenza è che nel Bev a motore elettrico l’energia viene stoccata a bordo veicolo nella batteria, mentre in un fuel cell electric vehicle l’energia elettrica viene generata a bordo veicolo. Stoccato nella bombola, l’idrogeno viene mixato all’interno della fuel cell con l’ossigeno che il veicolo prende dall’aria esterna, tramite un processo chimico di elettrolisi inversa che genera energia elettrica che alimenta un motore elettrico e vapore. Si potranno quindi vendere fuel cell electric vehicle. Secondo noi c’è spazio per entrambe le tecnologie e infatti i carmaker, i produttori, le stanno studiando entrambe, dipenderà poi tipo dal tipo di applicazione. Il veicolo a batteria è pesante, con lunghi tempi di ricarica, senza contare il tema dello smaltimento della batteria. Tutte tematiche che si presentano con un fuel cell electric vehicle”.

In Europa però si parla poco di metano o idrogeno per le auto. Visto che fatturate oltre l’80% all’estero, com’è la posizione nel resto del mondo?

“In Cina nel segmento trasporto pesante e nei bus, idrogeno e gas naturale hanno un ruolo sempre più importante. In India il governo ha deciso di puntare su gas naturale e biometano e ora sull’idrogeno. E poi c’è l’esempio Usa dove si ragiona in termini di neutralità tecnologica e viene fatta una valutazione sulle emissioni, per cui il biometano viene considerato addirittura carbon negative. Anche l’IRA di Biden prevede grandi investimenti nella decarbonizzazione. Però la fonte energetica viene sussidiata sulla base della riduzione di emissioni, quindi anche l’idrogeno blu prodotto attraverso la carbon capture dal metano”.

State tornando a casa da Egyps 2023, la fiera più importante del bacino mediterraneo dedicata alle fonti di energia sostenibili ed ai carburanti per trazione. Che aria avete respirato?

“C’è una grande attenzione per il biofuel soprattutto per il segmento dei veicoli commerciali o bus. Proprio l’Egitto è un Paese che ha puntato molto su gas naturale ma ha anche l’aspirazione di essere hub di produzione idrogeno: è ricco di gas naturale e sta studiando la carbon capture dall’idrogeno blu. Inoltre, vista l’importante esposizione solare del Paese, è naturale pensare di produrre energia elettrica dal solare e utilizzarla per arrivare all’idrogeno verde”.

L’idrogeno può essere una alternativa concreta all’elettrico? Che costi ha?

“Ad oggi è ancora caro, ma lo stesso vale anche per i veicoli a batteria rispetto a quelli a benzina o diesel. E’ chiaro che le fonti energetiche convenienti sono quelle fossili. Noi lavoriamo sull’idrogeno dal 2007 con Hyundai e Gm a livello americano, in Europa se ne parla molto dal 2019-2020. Oggi vediamo centinaia di miliardi di dollari di investimento a livello globale per la produzione di idrogeno, il che porterà a una riduzione dei costi”.

C’è una data prevista per un idrogeno conveniente?

“E’ sempre difficile dare delle date però è previsto che l’idrogeno arrivi intorno al 2027 a 1,5 al kg, prezzo che può essere più conveniente del diesel”.

C’è un tema infrastrutture importante legato all’elettrificazione. Colonnine, batterie, etc… Con l’idrogeno sarebbe più facile la transizione?

“Assolutamente. Basta che la stazione di rifornimento a benzina, diesel e gas naturale/biometano aggiunga un sistema di compressione idrogeno”.

Sicurezza e tempi di rifornimento dell’idrogeno?

“Servono 3 minuti per rifornire un veicolo per 700 km, mentre la sicurezza è uguale a mezzi a benzina, diesel o gas, sia per il rifornimento che per eventuali incidenti”.

La Ue comunque è disposta ad aprire ai biocarburanti, se ne riparlerà nei prossimi anni. Che spazio c’è per il biometano?

“Quello che crediamo è che la mobilità del passato dipendeva da benzina e diesel. La mobilità del futuro, anche per arrivare a ridurre le emissioni, dovrà invece dipendere da diverse fonti energetiche, utilizzabili in base agli usi… La city car a batteria ha assolutamente senso. Ma in altri ambiti, biocarburanti o idrogeno devono avere spazio. C’è spazio per tutti, sempre nell’ottica di arrivare a zero emissioni. Bisogna essere pratici. L’Europa nell’ultimo anno ha dibattuto sul tema del gas, però la siccità ha mandato in crisi le centrali idroelettriche. Ragionare in termini di neutralità tecnologica è secondo noi la via da perseguire”.

Parlamento Ue

Via libera definitivo dell’Ue: stop a motori benzina e diesel dal 2035

Un passaggio formale a Strasburgo che a Roma non smette di alimentare la polemica sulla transizione della mobilità europea. A partire dal 2035 le auto con motore a combustione, diesel e benzina, non saranno più vendute in Europa: l’Europarlamento riunito a Strasburgo in sessione plenaria ha confermato con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astenuti l’accordo raggiunto nella notte tra il 27 e il 28 ottobre con gli Stati membri sulla revisione degli standard di prestazione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni.

Il primo e tra i più importanti fascicoli del ‘Fit for 55’, l’ambizioso pacchetto sul clima proposto dalla Commissione europea a luglio 2021 per abbattere le emissioni del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. L’intesa raggiunta lo scorso anno prevede lo stop alla vendita di auto e furgoni con motori a combustione interna, quindi benzina e diesel, entro il 2035 in tutta Ue, con una tappa intermedia di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto nuove e dei nuovi furgoni entro il 2030 (rispettivamente del 55 e 50%, rispetto ai livelli del 2021). Entro il 2025, la Commissione Ue dovrà presentare un metodo di calcolo per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato dell’UE e l’accordo include una clausola di revisione perché la Commissione valuti nel 2026 i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e possa riesaminare tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride plug-in. Viene mantenuto il meccanismo di incentivi per i veicoli a zero e basse emissioni fino al 2030, per cui se un produttore soddisfa determinati parametri di riferimento per la vendita di veicoli a zero e basse emissioni può essere premiato con obiettivi di CO2 meno severi. Infine, l’accordo include una formulazione sui carburanti CO2 neutrali in base alla quale la Commissione presenterà una proposta per l’immatricolazione dei veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili CO2 neutrali dopo il 2035. Mantenuto il cosiddetto emendamento ‘salva Motor Valley’, che deroga fino al 2035 gli standard di emissione per i produttori di piccoli volumi di produzione (da 1.000 a 10.000 auto nuove o da 1.000 a 22.000 nuovi furgoni). L’esenzione è totale per i produttori di meno di 1.000 nuove immatricolazioni di veicoli all’anno.

L’accordo raggiunto in ottobre ha segnato il primo grande passo in avanti dell’Unione europea sugli oltre 10 dossier legislativi del ‘Fit for 55’. Le nuove norme sulle emissioni di auto e benzina hanno diviso l’Italia per tutto l’iter legislativo europeo tra chi è convinto che la misura sia necessaria per dare una rapida svolta all’industria auto Ue, e chi invece teme che il passo possa danneggiare industria e consumatori nel pieno di una crisi energetica. La divisione è ben rappresentata dai voti espressi oggi a Strasburgo: tutta la delegazione italiana del centrodestra nell’Emiciclo composta da Fratelli d’Italia (nel gruppo ECR), Lega (nel gruppo ID) e Forza Italia (nel PPE) – che a Roma è espressione della maggioranza di governo – ha votato contro la conferma dell’accordo, mentre a votare a favore sono stati gli eurodeputati del Partito democratico (nel gruppo dei Socialisti&Democratici), del Movimento 5 stelle (Non Iscritti), dei Verdi e di Italia Viva (nel gruppo Renew Europe). Per il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans non c’è dubbio che la strada intrapresa con la futura legislazione europea sulle auto è quella giusta e ne è consapevole anche l’industria delle auto stessa. “Sono convinto che l’industria automobilistica europea abbia già fatto questa scelta molto chiaramente. I costi di gestione dei veicoli elettrici sono già più bassi di quelli delle auto con motore a combustione e nel giro di pochi anni anche l’acquisto di un veicolo elettrico sarà più economico di quello di un’auto con motore a combustione”, ha detto il vicepresidente per il Green Deal in un intervento in plenaria che ha preceduto il voto. L’accordo politico passa ora all’ultimo step formale di approvazione degli Stati membri Ue al Consiglio nelle prossime settimane, per poi essere pubblicato in Gazzetta Ue.

Tavolo Stellantis, Urso: Rilanciare produzione. Per azienda Italia e sostenibilità centrali

Un tavolo per verificare gli impegni di Stellantis su investimenti, produzione e occupazione, per salvaguardare la filiera dell’automotive, che resta “asse centrale dell’industria italiana”. È l’obiettivo che si pone il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso. L’incontro, cui hanno preso parte anche il vice ministro, Valentino Valentini, la sottosegretaria, Fausta Bergamotto, i rappresentanti dell’azienda, i sindacati nazionali e quelli di categoria, “conferma l’importanza che il governo riserva al settore”, sottolinea il responsabile del Mimit. Che durante il suo intervento ribadisce come il confronto continuo sarà utile a tutti per verificare gli sviluppi degli investimenti e le ricadute sul sistema industriale.

Per Urso è un fattore importante indirizzare la domanda, infatti ricorda le risorse pubbliche di cui conferite a Stellantis con i contratti di sviluppo e gli accordi per l’innovazione, per oltre 2,7 miliardi, così come il fondo pluriennale automotive da 8,7 miliardi di euro fino al 2030: strumenti che consentono il rafforzamento della produzione in Italia, soprattutto nei modelli e componenti che assicurano lo sviluppo tecnologico secondo gli obiettivi della sostenibilità ambientale e “devono essere indirizzati anche a rafforzare la filiera nazionale”.

Stellantis fa sapere che dal proprio punto di vista “l’incontro rappresenta un momento di dialogo produttivo e costruttivo per confermare il ruolo centrale dell’Italia nelle strategie del Gruppo”. Che “in poco più di due anni dalla sua costituzione, continua a sviluppare con ritmo sostenuto il proprio piano strategico Dare Forward 2030 sul fronte della transizione ecologica e digitale con l’obiettivo di garantire la sostenibilità e la competitività dei propri siti italiani”. La convinzione della società è quella di “continuare a lavorare su un piano strutturale e coordinato per accompagnare la transizione dell’intero comparto automotive, compresa la filiera, affrontando le criticità legate alla formazione e alla competitività, cominciando dal costo dell’energia al supporto agli investimenti per l’installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile”. Per questo motivo Stellantis apprezza l’approccio propositivo del governo a rivedere entro la fine del mese lo schema degli incentivi alla domanda e il supporto alle infrastrutture di ricarica, alla luce del quadro molto critico del mercato delle vetture elettrificate in Italia.

Luca de Meo

Auto, Acea boccia Euro7: Costi troppo elevati per guadagni ambientali minimi

Una lettera aperta, rivolta ai leader europei in vista della presentazione del piano industriale Green, per chiedere di mettere in atto una politica ambiziosa e strutturata per il settore automobilistico, in grado di competere con quelle di altre regioni del mondo. A pubblicarla Luca de Meo, presidente dell’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili (Acea) e amministratore delegato del Gruppo Renault, preoccupato per l’erosione della competitività dell’industria europea sulla scena mondiale. “La nostra industria ha goduto a lungo di un vantaggio competitivo lungo tutta la catena del valore dei veicoli con motore a combustione interna“, spiega de Meo. “Questo non sarà più il caso dei veicoli elettrici, almeno nel breve periodo. I nostri concorrenti hanno molte carte in mano che noi non abbiamo ancora, in particolare a monte della catena di fornitura dei veicoli elettrici a batteria. Inoltre, il loro sostegno da parte delle autorità nazionali e locali è stato massiccio e sta ancora aumentando in Cina e negli Stati Uniti“, aggiunge.

Ma il tema che sta maggiormente a cuore all’Acea, che chiede che il regolatore parli “con una voce coordinata, tenendo conto dei ritmi specifici dell’industria, della ricerca e degli investimenti”, è la proposta Euro 7 sulle emissioni inquinanti. Secondo l’Acea, questa “impone vincoli irrealistici all’industria e rallenterebbe persino la spinta alla decarbonizzazione”. Si tratterebbe di una misura, in sintesi, che costringerebbe i costruttori a investire miliardi di euro in tecnologie a fronte di guadagni ambientali minimi. “La conformità all’Euro 7 comporterebbe un aumento dei costi che potrebbe dissuadere i clienti dall’acquistare queste nuove auto“, ammonisce de Meo. “Questo potrebbe allungare la vita del parco auto: le auto più vecchie, con emissioni più elevate, rimarrebbero più a lungo sulle strade“, aggiunge. “Noi sosteniamo che potremmo ottenere un rapporto costi-benefici di gran lunga migliore se riorientassimo gli ingenti investimenti che l’Euro 7 richiederebbe verso l’elettrificazione, rendendo i veicoli elettrici più accessibili e sviluppando tecnologie a zero emissioni per migliorare il parco auto“. Senza contare il “dannoso impatto industriale, economico, politico e sociale”, con, secondo i calcoli di de Meo, “il rischio significativo di mettere a repentaglio i posti di lavoro di 300.000 persone se la transizione non viene gestita in modo corretto”.

Considerata la risposta dell’Ue all’Inflaction Reduction Act Usa, l’Acea ritiene che il piano industriale Green europeo – se attuato con successo – potrebbe essere un primo passo per contribuire a mantenere gli investimenti nell’Ue, salvaguardando il libero scambio in tutto il mondo. Il settore spera inoltre che la legge sulle materie prime critiche rafforzi la capacità nazionale di estrarre, raffinare e lavorare le materie prime, oltre a migliorarne la sicurezza dell’approvvigionamento. In caso contrario, i produttori di autoveicoli dell’Ue continueranno ad essere notevolmente svantaggiati rispetto alle loro controparti di altre regioni, avverte l’Acea.

Auto, quattro modelli Stellantis in top ten Europa. Cresce il mercato elettrico

In un mercato europeo in calo del 6,2% nel 2022 rispetto al 2021, Stellantis ha ottenuto una performance storica grazie alla Peugeot 208, l’auto più venduta in Europa con quasi 220.000 unità su base annua. Modello di successo in molti mercati, la Peugeot 208 è leader in Francia e nei Paesi Bassi, mentre è sul podio in Portogallo e Belux. I marchi Stellantis hanno ottenuto ottimi risultati con 4 modelli nella TOP 10: la Peugeot 208 (al primo posto), la Fiat 500 (sesto posto), la Opel/Vauxhall Corsa (al settimo) e la Citroën C3 (all’ottavo), a dimostrazione, spiega Stellantis, “della straordinaria diversità della gamma prodotti”. Nei Paesi europei, Stellantis rafforza la sua leadership nel settore delle autovetture (PC) e dei veicoli commerciali leggeri (LCV), essendo il numero uno in Francia, Spagna, Portogallo e in Italia, dove Fiat Panda, Lancia Ypsilon e Fiat 500 occupano i primi tre posti del podio.

Nel 2022, Stellantis ha consolidato la sua leadership nel segmento dei veicoli commerciali leggeri (LCV) in Europa, con una quota di mercato del 30,6%. Qursto, spiega Stellantis, grazie alle buone prestazioni dei marchi Citroën, FIAT, Opel/Vauxhall e Peugeot, che offrono una gamma di veicoli completa, versatile ed elettrificata, in grado di soddisfare tutti gli usi e i clienti.

Nell’ambito del piano strategico Dare Forward 2030, nel 2022 Stellantis continua ad accelerare nel mercato dei veicoli elettrici con una quota del 15,7% (+1,7 punti percentuali rispetto al 2021, la maggiore crescita del mercato), e un aumento del volume delle vendite LEV del 31,4% rispetto all’anno precedente. Il gruppo, infatti, è leader nei principali Paesi come Francia, Italia, Spagna e Portogallo. Stellantis piazza addirittura due modelli nella top 10 europea con la Fiat Nuova 500 Electric e la Peugeot e-208, mentre la Peugeot 3008 Hybrid è leader in Spagna, la Jeep Compass 4xe Plug-In Hybrid guida il mercato in Italia e la Peugeot e-208 è l’auto elettrica preferita in Francia.

“Questi eccellenti risultati – afferma Uwe Hochgeschurtz, Stellantis Chief Operating Officer di Enlarged Europesono stati raggiunti grazie al grande lavoro di squadra e alla dedizione di tutti i dipendenti di Stellantis e anche grazie a un vasto assortimento di marchi che offre una gamma completa di prodotti in grado di soddisfare le aspettative dei clienti”. “Nell’ambito del nostro piano strategico Dare Forward 2030 – aggiunge – lavoriamo costantemente al nostro obiettivo di essere Carbon Net Zero nel 2038, pronti a lanciare nuovi modelli elettrici già quest’anno. I nostri risultati in Europa confermano che siamo sulla strada giusta, ma dobbiamo tenere le mani sul volante e concentrarci sulla strada da percorrere”.

auto elettriche

I numeri della mobilità elettrica nel mondo: 20 mln di auto, 280 mln di moto

Attualmente nel mondo circolano quasi 20 milioni di veicoli elettrici per passeggeri, 1,3 milioni di veicoli elettrici commerciali e oltre 280 milioni di ciclomotori, scooter e motocicli elettrici. E’ quanto emerge dalla quarta edizione di ‘100 Italian E-Mobility Stories 2023’ di Fondazione Symbola ed Enel. Stime recenti prevedono al 2030 una quota di mercato globale per le auto elettrificate superiore al 50%, trainato dalle tecnologie Bev (Battery Electric Vehicle).

I principali mercati sono la Cina e l’Europa; quest’ultima nel 2021 ha registrato un aumento del 65,7% delle immatricolazioni di auto elettriche o a bassissime emissioni (Ecv) rispetto al 2020 e ha visto a dicembre le vendite di auto elettriche sorpassare per la prima volta quelle dei veicoli diesel. La Germania si conferma il principale mercato europeo, con 682mila immatricolazioni, seguita da Regno Unito (306mila) e Francia (303mila). Il nostro Paese ha chiuso il 2021 con un aumento delle vendite di auto elettrificate (ibride ed elettriche) del 199% rispetto all’anno precedente, raggiungendo il 38,4% del totale immatricolato. Guardando alle immatricolazioni delle auto Bev da gennaio a ottobre 2022, il mercato italiano registra 39.400 unità, con la Fiat 500E ancora in cima alla top 5 delle Bev più vendute nel nostro Paese (5.585 unità ad ottobre 2022).

Urso: Legarsi a solo vettore elettrico per trasporto su gomma scelta rischiosa

Nel 2035 l’Europa sarà full electric. O almeno questo dice il pacchetto varato dall’Ue, che mette lo stop alla vendita dei veicoli con motore a combustione interna, dunque quelli con motori a scoppio, benzina e diesel. Un provvedimento che rischia seriamente di mettere in crisi un settore cruciale per l’economia italiana come l’automotive, ma non solo. Perché a cascata gli effetti si avvertirebbero anche sulla ricerca e produzione di carburanti green. Il tema è ancora molto sentito nel nostro Paese, GEA ne ha parlato con il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso.

Ministro, non è un mistero che all’Italia (ma non solo) il ‘Fit for 55′ stia un po’ stretto. Chiedete flessibilità all’Europa, su quali punti sperate di convincere l’Ue a non essere così rigida?

“Siamo pienamente consapevoli e convinti della necessità di una transizione ecologica in linea con gli impegni in tema di clima e ambiente derivanti dagli Accordi di Parigi; riteniamo fondamentale tuttavia che l’Europa adotti un approccio non ideologico sul tema, che mantenga il principio cardine e di maggior efficienza della neutralità tecnologica per il raggiungimento degli sfidanti obiettivi di riduzione delle emissioni, lasciando spazio all’innovazione tecnologica e alla ricerca. Legarsi alla scelta del solo vettore elettrico per il trasporto su gomma è una scelta rischiosa, a maggior ragione se le materie prime e le componenti che servono per produrre le vetture sono concentrate in Paesi fuori dall’Unione europea. Per queste ragioni il Governo ha fortemente voluto che nell’approvazione del nuovo regolamento Co2 sulle emissioni per auto e veicoli leggeri venissero inseriti alcuni punti fondamentali: un riferimento ai combustibili neutri in termini di emissioni di CO2 (biodiesel, biometano) e la previsione che la Commissione presenti una proposta relativa all’immatricolazione di veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili neutri in termini di emissioni di Co2; l’impegno da parte della Commissione ad elaborare, entro il 2025, una metodologia comune per valutare l’intero ciclo di vita delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei furgoni immessi sul mercato dell’Ue, nonché dei combustibili e dell’energia consumati da tali veicoli; una clausola di revisione in base alla quale nel 2026 la Commissione valuterà in modo approfondito i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100%, nonché la necessità di rivedere tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici e dell’importanza di una transizione sostenibile e socialmente equa verso l’azzeramento delle emissioni”.

Accelerare il processo di elettrificazione delle auto quali rischi comporta per l’Automotive?

“Occorre avere il tempo necessario per accompagnare tutta la filiera automotive nel percorso di riconversione industriale, dai costruttori ai produttori di componentistica, agli assemblatori, ma anche al comparto di progettazione e design delle auto, per far sì che la necessaria transizione ecologica non crei danni al nostro tessuto industriale e sociale. Il rischio di un’accelerazione nel processo di elettrificazione del settore, non accompagnata da adeguate misure di sostegno, è quello di rinunciare al nostro know how, senza avere il tempo di diventare competitivi sul nuovo modello, impoverendo l’intera economia e andando incontro a pesanti ricadute occupazionali. È necessario avere il tempo per avviare progetti industriali di lungo termine”.

A dicembre aveva spiegato che l’auto elettrica è vista ancora come “bene di lusso” per l’inaccessibilità, in alcuni casi, dei costi. State studiando un pacchetto di incentivi?

“Per il triennio 2022-2024 sono previsti incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni di anidride carbonica attraverso il rifinanziamento dell’ecobonus per 1,9 miliardi di euro e a livello europeo siamo coinvolti su progetti Ipcei, in ambito idrogeno e batterie strettamente connesse al settore dei trasporti, per un totale di 2,7 miliardi di euro. In particolare, dal 10 gennaio sono riaperte le prenotazioni per l’incentivo all’acquisto di veicoli a basse emissioni, con una dotazione di 630 milioni di euro di cui 475 riservati ad autoveicoli, veicoli commerciali, motocicli e ciclomotori esclusivamente elettrici o ibridi plug–in”.

Che fine rischiano di fare i progressi, soprattutto italiani, nel campo della ricerca sui carburanti ‘green’?

“Per una efficace decarbonizzazione del settore trasporti è necessario prendere in considerazione un ventaglio di soluzioni ampio, tra le quali l’utilizzo di biocarburanti. Questi carburanti forniscono una soluzione a basse emissioni di carbonio per le tecnologie esistenti: dai veicoli leggeri agli autocarri pesanti fino al settore aeronautico, dove sono una delle opzioni più importanti, ad oggi per abbattere le emissioni. Il loro contributo è utile per il trasporto su strada a lungo raggio, dove biodiesel, olio vegetale idrogenato e biometano possono sostituire facilmente i combustibili diesel. Il nostro Paese è al quinto posto in Ue per l’utilizzo di biocarburanti dietro Germania, Francia, Spagna e Svezia, ma è primo per il consumo di biocarburanti avanzati, prodotti da rifiuti, residui e materie di origine non alimentare, ovvero quelli che avranno un ruolo sempre più fondamentale nella decarbonizzazione del vecchio continente, perché non in competizione con la filiera alimentare. Gli obiettivi nazionali per il 2030, inseriti nel Piano Nazionale Energia e Clima, prevedono una quota di rinnovabili nei trasporti del 22%, di cui il 38,6% da raggiungere proprio attraverso i biocarburanti. Sempre per favorire il ricorso e la diffusione dei biocarburanti, nel Pnrr sono stati stanziati 1,92 miliardi per lo sviluppo del biometano destinato anche al settore dei trasporti, con l’obiettivo di aumentare di 2,5 miliardi di metri cubi l’attuale produzione di biometano. C’è tutto lo spazio quindi per continuare a investire in ricerca e innovazione su questi carburanti e nella conversione del settore della raffinazione”.

L’Italia non è un Paese per bici: investe 100 volte di più su auto

L’Italia punta sugli spostamenti in auto anziché in bicicletta. Il nostro Paese, infatti, investe poco più di un miliardo per bonus bici e ciclabili cittadine ed extraurbane, contro i 98 miliardi di euro destinati al comparto automobilistico (considerando anche le infrastrutture). Il rapporto è, dunque, impietoso, nonostante sullo sfondo ci sia la sfida dell’Italia e dell’Ue di ridurre le proprie emissioni climalteranti del 55% entro il 2030. E lo è ancora di più, considerando che nel 2019 il settore dei trasporti è stato responsabile per il 30,7% delle emissioni totali di Co2, il 92,6% delle quali attribuibili proprio al trasporto stradale. A scattare questa fotografia è il rapporto ‘Clean Cities‘ pubblicato da FIAB, Kyoto Club, Legambiente e, appunto, Clean Cities.
La nostra analisi – spiega Claudio Magliulo, responsabile italiano della campagna Clean Cities – evidenzia che spendiamo tante, troppe delle nostre tasse per sovvenzionare l’uso dell’automobile privata, e pochi spiccioli per dare a tutti la possibilità di muoversi in bicicletta; inoltre, le nostre città sono ancora molto poco ciclabili eppure, per renderle tali, basterebbe investire poco più di tre miliardi di euro, tanto quanto stiamo spendendo ogni tre mesi per abbassare i prezzi di diesel e benzina“.

Per la realizzazione del dossier, le organizzazioni – dati Istat alla mano – hanno analizzato i chilometri di corsie o piste ciclabili per 10mila abitanti al 2020 e i chilometri aggiuntivi previsti dal Piano urbano mobilità sostenibile e biciplan. È emerso che le città italiane hanno una media di 2,8 km di ciclabili per diecimila abitanti, con grandi disparità territoriali: da zero km in molti capoluoghi del centro-sud ai 12-15km di Modena, Ferrara, Reggio Emilia. Molte città sono quindi fanalino di coda nel contesto europeo, anche se alcune risultano ciclabili quanto Helsinki (20km/10.000 abitanti), Amsterdam (14km/10.000 abitanti) e Copenaghen (8km/10.000 abitanti). Tra il 2015 e il 2020, le ciclabili urbane sono aumentate, (+18% nei capoluoghi di provincia e +30% nei capoluoghi di città metropolitana), ma la crescita si è concentrata quasi esclusivamente nei centri urbani che già avevano un livello di infrastrutture ciclabili superiore alla media.
Raffaele Di Marcello, consigliere di presidenza e responsabile Centro studi nazionale Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), fa notare che “la situazione infrastrutturale delle nostre città, per quanto riguarda i percorsi ciclabili, è ancora da migliorare. Le poche piste, spesso non collegate tra loro, insieme con la mancanza di una visione che metta insieme pianificazione urbanistica e mobilità sostenibile rendono difficile, quando non impossibile, utilizzare la bicicletta come mezzo alternativo all’automobile“.

Secondo l’analisi, per colmare il gap con il resto d’Europa e consentire un robusto spostamento modale, alle città italiane servirebbero 16mila km di ciclabili in più (rispetto al 2020), per un totale di 21mila km al 2030. Da una stima prudenziale del fabbisogno economico, l’investimento dovrebbe essere di almeno 3,2 miliardi di euro nell’arco dei prossimi sette anni, pari a 500 milioni di euro all’anno, ovvero appena il 3,5% di quanto già stanziato per il comparto auto e le infrastrutture connesse, “ma molto di più di quanto predisposto fino ad ora per la ciclabilità“.
Insieme al dossier le quattro organizzazioni hanno lanciato la petizione ‘Vogliamo città sostenibili’. Obiettivo: raggiungere 5mila firme per chiedere al Governo e al Parlamento di prevedere un programma di investimenti di 500 milioni di euro all’anno da qui al 2030.

Thierry Breton, European Commissioner for Internal Market

L’Ue lancia i nuovi standard Euro 7: limiti per auto e mezzi pesanti

Ambiente, clima, sostenibilità, salute e Green Deal. Le nuove iniziative della Commissione per una mobilità pulita su strada intendono rispondere a più sfide contemporaneamente. Si rimette mano al sistema di eco-compatibilità delle quattro-ruote di ogni categoria, istituendo una nuova classe, l’Euro 7, per meglio coniugare gli sforzi di una transizione sostenibile con tutte le iniziative intraprese sin qui per migliorare vita dei cittadini e lotta all’inquinamento. Obiettivo: abbattere le emissioni di ossido di azoto (NOx) e particolato (Pm2,5) su tutte le strade e autostrade dell’Unione europea.

La nuova proposta di regolamento non si concentra sulla CO2, principale gas a effetto serra, ma sul resto. L’inquinamento atmosferico derivante dai gas di scarico dei veicoli è responsabile per il 39% delle emissioni nocive di ossidi di azoto (NOx) nell’Ue e del 47% delle stesse emissioni nelle sue sole aree urbane, nonché del 10% delle emissioni di particolato (Pm2,5) di tutta l’Unione. Si stima che solo nel 2018 l’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico da polveri sottili e ossidi di azoto dal traffico stradale sia stata responsabile di oltre 70mila morti premature tra i cittadini europei. Da qui la proposta dell’esecutivo comunitario, che mentre spinge per l’elettrificazione della mobilità su gomma, dall’altra preme per veicoli tradizionali ancora più puliti. Rispetto all’attuale classe più ecologica di veicoli (Euro 6), vale a dire tutte le immatricolazioni dal 2015 in poi, l’obiettivo è ridurre, entro il 2035, del 35% le emissioni di NOx per auto e veicoli commerciali leggeri (automobili e furgoni), e fino al 56% per autobus e veicoli commerciali pesanti (camion e autoarticolati). Sempre entro il 2035 si fissa una riduzione del 13% delle emissioni di polveri sottili rilasciate dal tubo di scappamento di auto e furgoni, e del 39% per bus e camion. Questo per ciò che riguarda i sistemi di scarico e i tubi di scappamento. Mentre per quanto riguarda il sistema di frenata, la Commissione prevede una riduzione fino al 27% di polveri sottili per automobili e veicoli commerciali leggeri.

La data dell’avvio della nuova rivoluzione è differenziata: 1 luglio 2025 per veicoli leggeri e 1 luglio 2027 per veicoli pesanti. Questi i momenti che la Commissione vorrebbe per l’entrata in vigore della nuova categoria di veicoli ‘Euro 7’, nell’auspicio che Parlamento e Consiglio non stravolgano questa tabella di marcia come pure l’obiettivo dichiarato. Bruxelles non vuole imporre troppi oneri ai costruttori, tanto che gli obiettivi di riduzione “dovrebbero essere ottenute con le tecnologie esistenti”. Per questo, sostiene il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, “ritengo che la nostra proposta sia equilibrata”, oltre che necessaria “per proteggere il nostro clima”. E’ un tassello ulteriore di una strategia a dodici stelle di ampio respiro. “Oltre a monitorare e sostenere l’elettrificazione della flotta, ora stiamo affrontando le emissioni che aggravano l’inquinamento atmosferico e influiscono sulla nostra salute”. Una linea confermata anche da Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea responsabile per il Green Deal. “I nostri standard sulle emissioni di CO2 e le norme Euro 7 lavorano di pari passo per assicurarci di ottenere più veicoli puliti e convenienti sulle strade europee”.

L’industria del settore però storce la bocca. L’Associazione dei costruttori europei d’automobili (Acea) ritiene che “la proposta rischia di rallentare il passaggio al trasporto a emissioni zero”. A detta di Oliver Zipse, presidente di Acea e amministratore delegato di Bmw, “il vantaggio ambientale della proposta della Commissione è molto limitato, mentre aumenta notevolmente il costo dei veicoli”.

L’esecutivo comunitario non nasconde che sulla scia delle nuove proposte si prevede “un moderato impatto” sui costi delle auto, stimato tra i 90 e 150 euro, e sul costo di autobus e camion, stimato a circa 2.600 euro. Allo stesso tempo, però, prevede ritorni per l’industria. Da una parte, il passaggio a nuovi testi più moderni e digitali “si tradurrà in una diminuzione dei costi di conformità e degli oneri amministrativi per l’industria automobilistica”. Dall’altra parte ci sono opportunità di mercato, in particolare sul fronte dell’esportazione, visto che “diversi paesi al di fuori dell’Ue, come Australia, Brasile, Cina o India, tendono a basare le proprie regole sulle norme sulle emissioni dell’euro”.

Anche sui test, però, Acea ha qualcosa da dire. Perché la nuova proposta introduce nuove modalità di misurazione delle performance di scarico. “Ci si concentra su condizioni di guida estreme che non hanno quasi alcuna rilevanza nella vita reale”, sostiene l’ad dell’associazione dei produttori di quattro ruote. Una visione che va a sbattere contro quella di Bruxelles. “Avremo test delle emissioni più precisi che riflettano le condizioni di guida reali”, sostiene Timmermans. L’Euro 7 rischia dunque di riprodurre scontri e divisioni politiche tutte europee, come già avvenuto per la messa al bando dei motori tradizionali dal 2035.