Stellantis abbassa le stime per il 2024: “Problemi di performance in Nord America”

Problemi di performance in Nord America e deterioramento nelle dinamiche globali del settore, che si traduce in una previsione di mercato per il 2024 ad un livello inferiore rispetto all’inizio dell’anno mentre le dinamiche competitive si sono intensificate per effetto sia della maggiore offerta sia dell’accresciuta concorrenza cinese. Per questi motivi Stellantis si è trovata costretta a ampliare significativamente le azioni e quindi a rivedere la guidance sui risultati del 2024. La guidance e l’aspettativa di mercato aggiornate per il 2024 prevedono quindi un Margine Risultato Operativo Adjusted atteso tra il 5,5% ed il 7,0%, in calo rispetto al precedente ‘double digit’. La riduzione del Margine Risultato Operativo Adjusted atteso è correlato per circa due terzi alle azioni correttive in Nord America; altri fattori includono vendite inferiori alle attese nel secondo semestre in diverse Regioni. Il Free Cash Flow Industriale è atteso in un range tra -5 miliardi di euro e -10 miliardi di Euro rispetto al precedente ‘Positive’. Ciò riflette principalmente il minor Risultato Operativo Adjusted atteso così come l’impatto del capitale circolante temporaneamente più alto nel secondo semestre del 2024.

Una situazione complicata, che però non tocca solo Stellantis, ma tutto il settore dell’automotive. Solo venerdì scorso, infatti, Volkswagen ha aggiornato le sue previsioni per il 2024 abbassando il risultato operativo a 18 miliardi di euro. Ancora prima erano arrivati annunci simili da Bmw e Mercedes.

Stellantis, intanto, ha accelerato il piano di normalizzazione dei livelli di stock negli Stati Uniti con l’obiettivo di non più di 330.000 unità in giacenza presso la rete entro la fine del 2024 rispetto al precedente termine del primo trimestre 2025. Le azioni includono una riduzione delle consegne alla rete di più di 200.000 veicoli nel secondo semestre del 2024 (un incremento rispetto alla riduzione di 100.000 riflessa nella precedente guidance) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, un aumento degli incentivi sui modelli del 2024 e degli anni precedenti e iniziative di incremento della produttività che contemplano aggiustamenti sia sui costi che sulla capacità produttiva.

Il Gruppo, spiega in una nota, “continuerà a far leva ed espandere i propri differenziatori competitivi ed è comunque convinto che le azioni di recupero poste in essere si tradurranno in performance operative e finanziarie più robuste nel 2025 e oltre”. I mercati, però, non hanno preso bene la notizia e sia Piazza Affari sia la Borsa di Parigi hanno visto il titolo scivolare in apertura fino all’8%, per poi calare ancora in giornata.

Auto, Germania frena su revisione target. Ma Urso festeggia: “Si allarga consenso su iniziativa”

La giornata bruxellese del ministro Urso inizia con una mezza doccia fredda e finisce con una certa soddisfazione. Le dichiarazioni in mattinata del sottosegretario all’Economia e all’Azione climatica tedesco, Sven Giegold, non fanno partire con il piede giusto il Consiglio Competitività dell’Ue per il ministro delle Imprese e del Made in Italy: “Abbiamo visto la stampa italiana riportare alcune osservazioni dall’Italia, ma anche dalla Germania. Ma ci sono malintesi che vorrei chiarire: la Germania non vuole indebolire le norme sul clima, che fanno parte del regolamento. Per noi gli obiettivi climatici sono fondamentali e vediamo già nel mercato automobilistico il grande pericolo che i produttori di Auto europei vengano superati dai veicoli elettrici di altri Paesi. Quindi chiaramente non è nostro obiettivo mettere in discussione l’eliminazione graduale del motore a combustione al 2035; non chiediamo nuovi biocarburanti che, se si calcola veramente, non sono climaticamente neutri, producono gas serra dal suolo. E quindi ciò di cui abbiamo bisogno è la neutralità tecnologica, sì, ma per soluzioni climatiche a zero emissioni di carbonio anche per le Auto. C’è quindi una differenza“. E chiarisce ancora: “Tuttavia è prevista una revisione e naturalmente chiediamo, come ha annunciato la presidente della Commissione, che questa revisione venga effettuata ma c’è bisogno della raccolta di dati. Quindi abbiamo avuto una conversazione amichevole con il ministro Urso, ma non è lo stesso spirito: noi non prendiamo di mira il target 2035“.

Un piccolo intoppo, che però non frena il percorso di Urso. Che spiega che “non c’è stata nessuna incomprensione con Berlino” e che “la via maestra, quella di mantenere il target del 2035, va sostanziata con adeguate misure. Su quello tutti siamo d’accordo“. A fine giornata, poi, arriva una ventata di positività: una sufficiente maggioranza di Paesi potrebbe sostenere la proposta italiana di chiedere l’anticipazione ai primi mesi del 2025 dell’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2. Anzi, addirittura, segnala il Mimit, si è registrato un “largo consenso“. Per ora le interlocuzioni del ministro Urso sono a livello bilaterale e nella riunione del Consiglio di oggi non c’è stato un dibattito sulla questione. Come spiegato in conferenza stampa da Mate Loga, ministro per la Strategia economica dell’Ungheria, Paese che ricopre il semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue. “Il settore automobilistico, in relazione agli obiettivi climatici, non è stato al centro della discussione odierna”, ha detto. In generale, “la competitività, le sfide industriali e tecnologie e le sfide climatiche davanti al settore automobilistico, sono stati temi di discussione. Ma scadenze precise o argomenti come quello” relativo agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto “non sono stati oggetto della nostra discussione“, ha precisato. I colloqui di Urso ora andranno avanti perché possano sfociare in un documento da sottoporre poi al Consiglio.

Nello specifico, il ministro “ha incontrato il ministro della Spagna per Industria e Turismo, Jordi Hereu; il ministro dell’Austria del Lavoro e l’Economia, Martin Kocher; il ministro dei Paesi Bassi per l’Economia, Dirk Beljaarts; il ministro dell’industria della Romania, Ștefan-Radu Oprea; il ministro dell’industria di Malta, Silvio Schembri; il vice ministro della Polonia per lo Sviluppo economico e la tecnologia, Ignacy Nemczycki. In tutti i bilaterali si è segnata una convergenza sulla necessità di un intervento, raccogliendo anche le indicazioni del report Draghi, e si è registrato un largo consenso sulla opportunità di anticipare l’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2 ai primi mesi del 2025, passaggio necessario per rivedere e rafforzare per tempo il percorso per il raggiungimento dei target del regolamento. Proposta che sarà uno dei pilastri del ‘non paper’ che l’Italia condividerà con altri Paesi nelle prossime settimane“, ha specificato il ministero in una nota arrivata a fine giornata. Intanto, la posizione italiana ha trovato riscontro nel corso della discussione del Consiglio, anche da parte dei rappresentanti di Slovacchia, Repubblica Ceca e Lettonia, che hanno rilevato la necessità di dotarsi di strumenti adeguati a sostenere l’industria europea, così come avvenuto ieri nel corso del colloquio con il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. La medesima convergenza si è registrata, con diversi Paesi, anche sulla revisione delle regole del Cbam, con un focus sul settore siderurgico. Insomma, una giornata iniziata male si conclude con segnali positivi per il ministro, in attesa del responso degli altri Paesi sul suo non paper.

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Auto, ad agosto -18,3% immatricolazioni in Ue

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, l’andamento delle immatricolazioni di auto in Ue e nei principali mercati. Secondo Acea, l’associazione dei produttori di autoveicoli europei, ad agosto 2024 hanno registrato un forte calo (-18,3%) rispetto ad agosto 2023, con risultati negativi nei quattro principali mercati della regione: perdite a due cifre sono state registrate in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), con il mercato spagnolo in calo del 6,5%.

Auto elettrica

Vendite auto ko in Europa. Acea chiede misure urgenti e cambia posizione su target CO2

L’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) cambia posizione e non insiste più per un rinvio di due anni degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 dell’Ue entro il 2025. Ora chiede che Bruxelles adotti misure urgenti per affrontare le crescenti sfide nel raggiungimento di questi obiettivi, poiché la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria continua a diminuire in tutta l’Unione. In una nota mette in luce una serie di preoccupazioni significative riguardo alla transizione verso una mobilità a zero emissioni e la sostenibilità del settore automobilistico europeo nel suo complesso.

Un aspetto fondamentale sottolineato da Acea è che la tecnologia dei veicoli e la disponibilità di modelli a zero emissioni non rappresentano più un collo di bottiglia per l’industria. Ci sono però criticità lungo la transizione: spicca l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica elettrica e di rifornimento di idrogeno, che rappresentano un freno alla diffusione di massa dei veicoli elettrici. La scarsità di queste infrastrutture crea una notevole incertezza tra i consumatori, che esitano ad abbandonare i veicoli tradizionali per passare a soluzioni più ecologiche, spiega Acea, come emerge dalle immatricolazioni di agosto. Le vendite di nuove auto nell’Ue hanno registrato un forte calo (-18,3%) con risultati negativi nei quattro principali mercati della regione: perdite a due cifre sono state registrate in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), con il mercato spagnolo in calo del 6,5%. In particolare le immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono diminuite del 43,9% a 92.627 unità (rispetto alle 165.204 dello stesso periodo dell’anno scorso), con la loro quota di mercato totale scesa al 14,4% dal 21% dell’anno precedente.

Oltre a questo, l’associazione dei produttori di autoveicoli europei richiama l’attenzione sul problema della competitività dell’industria automobilistica del Vecchio Continente, che ha subito una forte erosione negli ultimi anni, un fenomeno confermato anche dal rapporto redatto dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi. Le preoccupazioni non riguardano solo le infrastrutture fisiche, ma anche la fornitura di energia verde, che non è sufficientemente accessibile e a costi competitivi, e la necessità di incentivi fiscali e agevolazioni per l’acquisto di veicoli elettrici, strumenti cruciali per stimolare il mercato e incentivare i consumatori a scegliere soluzioni a basse emissioni. Un altro punto fondamentale evidenziato da Acea riguarda la fornitura di materie prime come le batterie e l’idrogeno, che non è ancora garantita in modo adeguato per sostenere l’aumento della produzione di veicoli elettrici.

Di fronte a questi ostacoli, Acea esprime preoccupazione per la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni previsti entro il 2025. Le normative attuali, secondo l’associazione, non tengono conto dei cambiamenti significativi intervenuti nel contesto geopolitico ed economico globale negli ultimi anni. La rigidità di queste regole, che non riescono ad adattarsi agli sviluppi del mondo reale, rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà di un settore già sotto pressione. Questo scenario solleva la prospettiva di multe multimiliardarie, evidenzia Acea, che potrebbero essere invece reinvestite per accelerare la transizione verso zero emissioni. Se le sanzioni non saranno evitate, il settore potrebbe essere costretto a ridurre inutilmente la produzione, con conseguenti perdite di posti di lavoro e un indebolimento della catena di fornitura europea.

La preoccupazione maggiore di Acea è, dunque, che l’industria automobilistica europea non possa permettersi di attendere la prevista revisione delle normative sulle emissioni, che è in programma per il 2026 o 2027. La nota dei produttori europei sottolinea che è necessaria “un’azione urgente” e concreta già nell’immediato per invertire la tendenza negativa attuale e per ripristinare la competitività dell’industria dell’Ue. Particolarmente importante, secondo Acea, sarà anche una “revisione anticipata delle normative per i veicoli pesanti”, in modo da garantire che le infrastrutture necessarie per camion e autobus siano ampliate tempestivamente, affinché anch’essi possano contribuire agli obiettivi di riduzione delle emissioni. Acea, quindi, chiede una discussione per un “pacchetto di misure di sostegno a breve termine” che possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di CO2 per auto e furgoni entro il 2025. Inoltre, l’associazione ribadisce l’importanza di una “revisione rapida, completa e solida delle normative sulla CO2” sia per auto che per veicoli pesanti, oltre a una legislazione secondaria mirata, al fine di avviare in modo deciso la transizione verso una mobilità a emissioni zero e assicurare un futuro industriale sostenibile per l’Europa.

Dongfeng sbarca a Salone Auto Torino con 2 modelli: Stabilimento? Troppo presto

L’auto cinese arriva a Torino. L’occasione è il Salone dell’Auto, al via domani nella città sabauda, dove la casa produttrice Dongfeng Motor Corporation svelerà in anteprima assoluta le sue ultime novità: Dongfeng Box e Voyah Courage.

Il gruppo, nato nel 1969 in Cina, sta cercando di fare il suo ingresso nel mercato europeo e, ovviamente, in quello italiano. E di Dongfeng tanto si è parlato nelle ultime settimane come una delle case automobilistiche interessate ad investire in Italia per la creazione di una nuova fabbrica in cui produrre vetture. Tanto da avere già avuto, non sola e unica, delle interlocuzioni con il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

Al momento il general manager Ma Lei, a Torino proprio per il Salone, frena l’entusiasmo: “E’ presto per parlare di uno stabilimento in Europa. Molti ce lo chiedono ma prima dobbiamo capire meglio la situazione anche dal punto di vista dei clienti. La produzione è solo una parte della ricetta per soddisfare le necessità dei clienti. Ma prima bisogna pensare a far conoscere marchi e alla loro distribuzione”. E a chi gli chiedeva se avesse avuto modo di visitare dei papabili siti per un investimento in Italia in queste giornate a Torino ha risposto: “Abbiamo avuto poco tempo per ora per farci una prima idea”. Ma Lei, però, non nega che il capoluogo piemontese sia “il cuore dell’industria automobilistica europea, vanta una profonda tradizione nella produzione di auto. In questi giorni sono emozionato nel sentire questa cultura così profonda intorno a me”.

Prima, appunto, devono venire le vendite. Che, al momento, spiega, in Europa sono “intorno alle 10mila unità, una cifra molto importante. Ma la cosa più importante è che abbiamo avuto feedback positivi, i clienti hanno accettato il nostro prodotto. Arriveremo presto a 20-30mila unità, soprattutto quando presenteremo altri prodotti e quando avremo una nuova capacità di assistenza e di ricambi, con un primo stabilimento a Venlo, nei Paesi Bassi. Questo per smentire l’impressione che alcuni hanno che i cinesi vendono le auto ma che poi non ci sono i ricambi”.

L’obiettivo è anche quello di aumentare i punti vendita in Europa: 114 entro il 2024, 160 entro il 2025 coprendo tutto il territorio. L’avvio del Salone dell’Auto a Torino e l’arrivo della cinese Dongfeng coincidono però con notizie decisamente meno positive per la città, regno dell’automotive.

E’ di oggi, infatti, l’annuncio di Stellantis che, a causa della “attuale mancanza di ordini legata all’andamento del mercato elettrico in Europa”, la produzione della 500 BEV a Mirafiori subirà una sospensione delle attività da domani, 13 settembre, fino all’11 ottobre. La produzione, dopo la pausa estiva, era ripresa il 2 settembre fino ad oggi. Stellantis assicura però di essere “fermamente impegnata a garantire la continuità di tutti i suoi impianti e delle sue attività e sta lavorando duramente per gestire al meglio e traguardare questa difficile fase della transizione”. “Stellantis – conclude l’azienda – rimane accanto ai suoi colleghi e le sue colleghe in questo momento turbolento, con l’obiettivo di garantire continuità e crescita, confermando il ruolo dell’Italia come uno dei pilastri globali del Gruppo. Si tratta di un percorso impegnativo, che non risparmia scelte difficili e non offre soluzioni a portata di mano, ma esige unità d’intenti e visione, necessarie per accompagnare questa grande azienda, insieme a tutti i suoi dipendenti, nel futuro”.

La Cina avvia un’indagine antidumping sui semi di colza canadesi

La Cina ha annunciato martedì l’avvio di un’indagine antidumping sui semi di colza canadesi, come apparente ritorsione per gli ingenti dazi imposti da Ottawa sui veicoli elettrici cinesi importati. Alla fine di agosto, il primo ministro canadese Justin Trudeau ha annunciato una sovrattassa del 100% sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi a partire da ottobre, in nome di una presunta “concorrenza sleale”. Ha inoltre dichiarato che Ottawa avrebbe imposto una sovrattassa del 25% sulle importazioni cinesi di acciaio e alluminio a partire dal 15 ottobre.

In una nota di oggi, il ministero del Commercio cinese ha dichiarato che “aprirà un’indagine antidumping sui semi di colza importati dal Canada”. In realtà, l’indagine riguarda principalmente la “canola”, una pianta affine alla colza e prodotta in Canada. Viene utilizzata principalmente come olio alimentare. Secondo Pechino, le esportazioni di colza canadese in Cina “sono aumentate in modo significativo”, per un valore di 3,47 miliardi di dollari (3,14 miliardi di euro) nel 2023, con prezzi che “hanno continuato a scendere”. Per il ministero, gli esportatori canadesi sono quindi “sospettati di dumping” sul mercato cinese. Questa pratica consiste nel vendere all’estero a prezzi inferiori a quelli del mercato interno, distorcendo così la concorrenza.

“Colpite dalla concorrenza sleale canadese, le industrie cinesi legate alla colza continuano a subire perdite”, ha sottolineato il ministero, che sta valutando di portare la questione all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). La Cina “adotterà tutte le misure necessarie per difendere i diritti e gli interessi legittimi” delle sue aziende.

Le relazioni tra Ottawa e Pechino sono ai ferri corti da diversi anni, in particolare dalla crisi di Huawei e dall’arresto nel 2018 di Meng Wanzhou, il direttore finanziario del gruppo cinese, seguito dall’incarcerazione in Cina di due cittadini canadesi.

Gli Stati Uniti e l’Unione europea (Ue) hanno inoltre imposto dazi doganali rispettivamente del 100% e fino al 36% sui veicoli elettrici cinesi. Bruxelles ritiene che i prezzi siano artificialmente bassi a causa di sussidi statali che distorcono il mercato e danneggiano la competitività dei produttori europei.

L’ex ceo di Volkswagen a processo per lo scandalo ‘Dieselgate’: è accusato di ‘frode organizzata’

Si apre oggi in Germania il processo penale all’ex capo della Volkswagen Martin Winterkorn per il ‘Dieselgate’, a quasi nove anni dopo la rivelazione di questo scandalo di motori truccati che ha scosso il settore automobilistico. Winterkorn, oggi 77enne, è accusato di “frode organizzata”. Nel settembre 2015, Volkswagen ha ammesso di aver truccato 11 milioni di auto in modo che avessero livelli di emissioni di ossido di azoto molto più bassi di quelli reali. L’ex capo della principale casa automobilistica europea rischia fino a 10 anni di carcere presso il tribunale di Brunswick, nel nord del Paese, non lontano dalla storica sede della casa automobilistica a Wolfsburg.

Il processo, inizialmente previsto per l’autunno del 2021 insieme ad altri quattro ex dirigenti, è stato rinviato e separato a causa delle fragili condizioni di salute di Winterkorn in seguito a diverse operazioni. Chiamato a testimoniare di recente in un altro processo civile contro Volkswagen, è apparso molto debole nel quarto e ultimo giorno di udienza, secondo quanto riferito da un avvocato presente.

Winterkorn ha guidato l’impero Volkswagen dal 2007 al 2015 prima di dimettersi dopo lo scoppio dello scandalo. Sotto la sua guida, il gruppo e i suoi marchi VW, Audi, Skoda e Bentley, tra gli altri, sono passati da 330.000 a oltre 600.000 dipendenti e le vendite sono aumentate da 6,2 a 10 milioni di veicoli in tutto il mondo.
E’ accusato di aver permesso la vendita di veicoli dotati di software di manipolazione, nonostante fosse a conoscenza della loro esistenza. Si tratta di nove milioni di veicoli, con danni stimati in diverse centinaia di milioni di euro. La presunta frode si estende dal 2006 al 2015, ma l’accusa ha mantenuto solo una parte di questo periodo contro l’imputato.

Winterkorn dovrà inoltre rispondere di falsa testimonianza davanti a una commissione parlamentare d’inchiesta per aver dichiarato di essere venuto a conoscenza dell’esistenza dei dispositivi truccati solo nel settembre 2015. L’accusa sostiene che, invece, era stato informato all’inizio dello stesso anno.

Infine, è accusato di manipolazione del mercato: una volta scoperta la frode sui motori negli Stati Uniti nell’estate del 2015, Volkswagen ha rischiato pesanti multe e un calo del prezzo delle azioni. Tuttavia, gli investitori sono stati avvertiti solo il 22 settembre dello stesso anno, dopo l’esplosione dello scandalo. E’ chiaro che il punto cruciale del processo sarà determinare esattamente quando Winterkorn è venuto a conoscenza dell’enorme frode e come ha gestito le informazioni.

Tra i testimoni attesi ci sono Hans Dieter Pötsch, ex direttore finanziario di Volkswagen, e Herbert Diess, arrivato nel luglio 2015 a capo del marchio VW. I due dirigenti hanno evitato un processo penale nel 2020 grazie a un accordo finanziario di 9 milioni di euro con la giustizia.

Il gruppo Volkswagen, da parte sua, “non è coinvolto nel processo”, ha dichiarato un portavoce del gruppo all’AFP. Dal 2015, il gruppo di Wolfsburg ha dovuto pagare circa 30 miliardi di euro in rimborsi, risarcimenti e spese legali, soprattutto negli Stati Uniti, dove il gruppo si è dichiarato colpevole di frode e ostruzione della giustizia.

L’ex amministratore delegato di Audi Rupert Stadler, l’unico alto dirigente di Volkswagen a essere processato finora, è stato condannato a Monaco di Baviera a una pena detentiva sospesa e a una multa di 1,1 milioni di euro nel giugno 2023. Durante il processo, si è dichiarato colpevole di non aver interrotto la vendita di veicoli del marchio premium pur sapendo che era stato installato un software fraudolento.

Volkswagen studia prima chiusura di una fabbrica. In Italia -40% vendite auto elettriche

Ad agosto sono state immatricolate 69.121 autovetture a fronte delle 79.787 iscrizioni registrate nello stesso mese dell’anno precedente, pari ad una diminuzione del 13,37%. Da inizio anno le vendite toccano comunque quota 1.080.447 con una crescita del 3,8% sul 2023, ma con un calo del 18,5% sui livelli ante-crisi (2019).

Livelli, questi del 2019, che sembrano restare un miraggio per il mercato italiano e che sono invece il primo obiettivo da superare“, commenta il Centro Studi Promotor. Rimanendo al mese precedente, “le autovetture a benzina vedono il mercato di agosto in calo del 18,8%, con quota di mercato al 28,2%; allo stesso modo, le diesel calano del 29% con quota al 13,6%. Nel cumulato dei primi otto mesi del 2024, le immatricolazioni di auto a benzina aumentano del 10,4% e quelle delle diesel calano del 21,5%, rispettivamente con quote di mercato del 30,1% e del 14,2%“, sottolinea Anfia, che specifica poi come il gruppo Stellantis, nel complesso, totalizzi ad agosto 17.228 immatricolazioni (-32,3%), con una quota di mercato del 24,9%. Nei primi otto mesi dell’anno, le immatricolazioni complessive ammontano invece a 337.018 unità (-2,4%), con una quota di mercato del 31,2%, sottolinea ancora Anfia.

Il mercato italiano delle auto elettriche continua intanto a rallentare. Il mese scorso sono state immatricolate in Italia 2.410 vetture full electric, in calo del 40,6% rispetto ad agosto 2023, con una quota di mercato pari al 3,5% (dal 5,1% di un anno fa), specifica Motus E. Nei primi 8 mesi del 2024 le auto elettriche registrate nella Penisola sono 41.254, in aumento comunque dell’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con una market share del 3,8%, in linea con il periodo gennaio-agosto 2023 (quando si era attestata al 3,9%). Al 30 agosto il parco circolante elettrico italiano risulta così composto da 256.493 auto. “Dopo l’incontro del Tavolo Automotive presso il Mimit lo scorso 7 agosto e con la ripresa delle attività istituzionali post pausa estiva“, l’Unrae – ovvero l’associazione dei produttori automobilistici esteri – ritiene “ancora più urgente che venga definita quanto prima la strategia del Governo per accompagnare la transizione energetica del settore. Tra le priorità, è fondamentale che i 240 milioni di fondi residui degli incentivi 2024 vengano resi disponibili ben prima della fine dell’anno, per rifinanziare le dotazioni esaurite della fascia 0-20 g/Km di CO2”.

Anche se tutto ciò, però, secondo Unrae “non è sufficiente“. Infatti, il presidente Michele Crisci ribadisce “la necessità di scelte cruciali per supportare la transizione energetica, a partire dal recupero di ulteriori 250 milioni di euro (parte del miliardo previsto per il 2025) sottratti dal dl Coesione, l’eliminazione del price cap per le auto della fascia 0-20 g/Km o, in alternativa, la sua equiparazione a quello della fascia 21-60 g/Km. Queste iniziative devono far parte di un più ampio piano strategico triennale per il 2025, 2026 e 2027”.

Gli incentivi tuttavia non appaiono come l’unica soluzione per risollevare un settore all’interno di una transizione dagli esiti incerti. Tanto che di fronte a una “situazione estremamente tesa”, il gruppo automobilistico leader in Europa, ovvero Volkswagen, decide di ristrutturare le proprie attività e non esclude la chiusura di impianti in Germania, come rivela un documento interno inviato lunedì all’AFP. “La Germania sta perdendo sempre più terreno in termini di competitività”, si legge nel documento, che aggiunge che “non si può più escludere la chiusura di impianti nei siti di produzione di veicoli e componenti’“. Lanciando l’allarme, Oliver Blume, amministratore delegato del gruppo, ritiene che Volkswagen “debba ora agire con decisione, in un momento in cui “l’industria automobilistica europea si trova in una situazione molto impegnativa e grave”. La notizia è stata accolta con favore solo dai mercati azionari, con il prezzo delle azioni Volkswagen che è balzato di quasi il 2% in cima all’indice borsistico Dax.

Il colosso di Wolfsburg sta soffrendo per il calo delle vendite, l’indebolimento del settore automobilistico e la crescente concorrenza dei produttori cinesi, in particolare in Cina, il suo mercato principale. All’interno del gruppo di dieci marchi, è Volkwagen inventore della Golf e della Passat, che è stato visto come l’anello debole negli ultimi anni. Il piano di ristrutturazione è dunque proprio destinato a colpire il marchio di punta. L’anno scorso è stato avviato un vasto programma di risparmio in VW. “Ma la situazione è estremamente tesa e non può essere risolta con semplici misure di riduzione dei costi”, sottolinea il management di Volkswagen nel documento. In un comunicato stampa, il sindacato IG Metall ha denunciato un piano “irresponsabile” che “scuote le fondamenta della Volkswagen e minaccia massicciamente posti di lavoro e siti”.

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Le auto ibride continuano a crescere in Europa a luglio, ma il mercato è fermo e cala l’elettrico

Le auto ibride sono state ancora una volta l’unica categoria a fare progressi nelle vendite in Europa nel mese di luglio in un mercato automobilistico fiacco. Lo rivelano i dati pubblicati giovedì dall’Associazione dei Costruttori di Automobili (Acea). Le immatricolazioni di nuovi modelli ibridi sono aumentate in tutti i principali Paesi europei (+25,7% rispetto all’anno precedente), raggiungendo le 273.000 unità. Questi modelli, che offrono consumi ed emissioni leggermente inferiori, stanno rosicchiando la quota delle auto a benzina e ora rappresentano quasi un terzo del mercato (32%), rispetto ad appena un quarto nel luglio 2023. I modelli elettrici, nel frattempo, hanno continuato a diminuire (-10,8% su base annua) e la loro quota di mercato è scesa al 12,1% ad agosto (12,5% dall’inizio dell’anno).

Gli aumenti nei Paesi Bassi, in Spagna e in Italia non hanno compensato il forte calo in Germania, il più grande mercato europeo, a seguito dell’abolizione a sorpresa dei sussidi per l’acquisto di auto elettriche.

Nel luglio 2024, le vendite di auto a benzina sono calate del 7%. La modesta crescita in mercati chiave come l’Italia (+3,8%) e la Germania (+0,1%) non ha potuto contrastare i cali in Francia (-22,6%) e Spagna (-12,5%). Le auto a benzina rappresentano ora il 33,4% del mercato, in calo rispetto al 35,9% del luglio dello scorso anno. Il mercato delle auto diesel ha registrato un calo del 10,1%, con una quota di mercato del 12,6% nel luglio scorso. Mentre la Germania ha registrato un guadagno moderato dell’1,4%, sono stati osservati cali sostanziali in altri mercati importanti come l’Italia (-24,6%), la Francia (-23,9%) e la Spagna (-11,6%).

Considerando tutte le energie, il mercato europeo è cresciuto leggermente ad agosto (+0,2%), con cali in Francia, Germania e Belgio oltre il 2% compensati da rimbalzi in Spagna (+3,4%) e Italia (+4,7%). Nei primi sette mesi dell’anno, le immatricolazioni sono aumentate (+3,9%), ma rimangono ad un livello molto basso rispetto alle medie pre-Covid, con 6,5 milioni di auto immatricolate.

Bonus Colonnine domestiche 2024 e Modello Redditi PF 2024

Coloro che hanno sostenuto le spese per l’installazione di colonnine elettriche per la ricarica dei veicoli possono chiedere il “Bonus colonnine domestiche 2024”, l’incentivo promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, gestito da Invitalia. Soltanto se sussistono i presupposti per considerare l’intervento ‘trainato’ nel superbonus sarà possibile fruire della detrazione maggiorata.

“Nel caso in cui sussistano i suddetti requisiti, andrà compilato il rigo RP56 della Sezione III-C del modello Redditi PF 2024 – evidenzia Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili –  indicando nella colonna 1 il codice che identifica la spesa, nella colonna 2 l’anno in cui è stata sostenuta la spesa, nella colonna 3 l’importo della spesa sostenuta, nella colonna 4 il codice 1 per la detrazione del 110% o codice 2 per la detrazione del 90%, nella colonna 5 il numero della rata e nella colonna 6 l’importa della rata”.

Nella colonna 1 andrà utilizzato: il codice 3 per l’acquisto e posa in opera di colonnine elettriche con spese sostenute dal 1° luglio 2020 congiuntamente a interventi trainanti identificati con i codici 30,31,32,33 della sezione IV; il codice 4 per le colonnine in edifici unifamiliari con spese dal 1° gennaio 2021, con limiti specifici di spesa; il codice 5 per le colonnine in edifici plurifamiliari o condomini, con spese dal 1° gennaio 2021, con limiti specifici di spesa.

È possibile ripartire la spesa in 4 o 5 quote annuali a seconda dell’anno di sostenimento delle spese.