Meloni tiene punto sulle auto elettriche e le case green: “Transizione la scegliamo noi”

Alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, Giorgia Meloni torna a ribadire che i tempi e i modi della transizione verde non può stabilirli l’Europa.

Dopo le sue comunicazioni, l’Aula della Camera approva la risoluzione di maggioranza. Viene approvata anche una parte della risoluzione del Terzo Polo, mentre vengono respinti tutti gli altri testi presentati dalle opposizioni.

Sul fronte energia, l’Italia chiede all’Europa unità, diversificazione delle fonti, lotta contro la speculazione dei mercati, diffusione delle rinnovabili ma anche rapido riempimento degli stoccaggi.
La premier assicura di condividere gli obiettivi green, ma rivendica la neutralità tecnologica: “Quello su cui non siamo d’accordo – scandisce – è che l’Europa debba a monte dirci quali tecnologie siano necessarie per raggiungere gli obiettivi della transizione. Credo che la sfida debba essere stabilire la diversificazione tecnologica che ci consenta di non devastare il sistema produttivo e di lavorare sull’avanguardia che in questa nazione abbiamo“.

Il processo verso un’economia verde, dunque, deve essere sostenibile anche dal punto di vista sociale ed economico. Per questo il governo di Roma si oppone a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. “Il rischio è di passare dalla dipendenza da gas russo alla dipendenza dell’elettrico cinese. Non mi sembra intelligente. Questo è il tema che pongo“, spiega all’Aula della Camera. L’obiettivo, sul fronte automotive, è puntare sui biocarburanti, di cui l’Italia è all’avanguardia. “L’elettrico non è la panacea tutti mali. Non mi sfugge come i componenti vengano estratti con tecniche che devastano l’ambiente e vengano prodotti in Cina con le centrali a carbone“, afferma.

Quanto alla direttiva sulle Case green, l’assenza di contributi e risorse, avverte la leader di Fdi, rischia di risolvere anche questa fattispecie “in un ulteriore onere complesso in un momento particolarmente difficile“. In altre parole, “se da una parte ci sono gli obiettivi, dall’altra non vengono garantite le risorse necessarie. Mentre i primi target di efficientamento sono posti al 2027, la Commissione risponde che i primi contributi arriveranno dal 2028. Il tema non è se l’onere se lo debbano caricare la famiglie o lo Stato italiano. E’ uguale – insiste -, sono sempre soldi degli italiani“.

Intanto, Meloni continua il confronto con gli altri Leader europei. Dopo aver sentito il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Primo Ministro greco Kyriakos Mitsotakis e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in serata la premier italiana sente anche il Primo Ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, sulla priorità del sostegno all’Ucraina, sull’urgenza di attuare le decisioni del Consiglio Europeo di febbraio per una risposta europea nella gestione della migrazione e sull’importanza di adottare soluzioni per la competitività delle economie europee attraverso il pieno utilizzo di tutti gli strumenti Ue.

Botta e risposta Meloni-Bonelli. La premier: “Non sono Mosè, non ho prosciugato io l’Adige”

Mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si prepara per il Consiglio Europeo del 23 e 24 marzo, il dibattito alla Camera diventa il teatro di un botta e risposta sul tema siccità. Protagonisti, appunto, la premier e il deputato di Avs Angelo Bonelli.

Il portavoce di Europa Verde, durante il suo intervento, attacca Meloni. Portando con sé un oggetto particolare. “Signora presidente, le faccio vedere una cosa. Questi sono dei sassi. Sa dove li ho presi? Andando a piedi nel bel mezzo del fiume Adige. Quando andrò a casa li rimetterò dove li ho presi. Oggi la questione della siccità è drammatica nel nostro Paese, c’è poco da ridere”, dice il deputato rivolgendosi a Meloni e accusandola di poca serietà.

La presidente aspetta il momento della replica per ritornare sulla questione. E lo fa senza mancare di una vena ironica. “Ho trovato molto interessanti i suoi sassi dell’Adige. Però, insomma, presumo lei non voglia dire che in cinque mesi ho prosciugato l’Adige. Neanche Mosè, ok? Forse deve fare i conti con il fatto che questi problemi, come l’Adige che si prosciuga, sono figli di tutto quello che finora non è stato fatto o che è stato fatto di sbagliato. Perché io non sono Mosè, Bonelli. La ringrazio per attribuirmi poteri che non ho, ma non ce li ho. E quindi non ho prosciugato l’Adige io”.

Bonelli, però, non ci sta. E affida a una nota la sua risposta. “La presidente Meloni nel suo intervento se la canta e se la suona: chiaramente non ho mai affermato che lei ‘ha prosciugato il fiume Adige’. Ho detto – per contro – in Aula a Montecitorio che le politiche energetiche e ambientali del suo governo sono quelle che contribuiscono ad accelerare il cambiamento climatico. Lo dicono gli scienziati dell’Ipcc, che lei evidentemente non ascolta“.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

Meloni rilancia su Hub energetico. Urso: “Indipendenti dalla Russia entro l’anno”

Non lascia, ma raddoppia. La premier, Giorgia Meloni, anche sul palco del 19esimo Congresso nazionale della Cgil a Rimini, ribadisce la volontà del governo di portare avanti quello che lei stesso definisce il ‘Piano Mattei’, il progetto con cui vuol far diventare l’Italia “hub di approvvigionamento energetico d’Europa, investendo nel Mediterraneo allargato. La presidente del Consiglio spiega che si tratta di “un modello di cooperazione non predatoria, per creare catene di valore prossime e aiutare i Paesi africani a vivere bene grazie alle risorse di cui dispongono“. A suo modo di vedere, “questa rimane la più seria, strutturale e umana risposta alle migrazioni“. Pur giocando ‘fuori casa’, per usare una metafora sportiva, Meloni si dice “d’accordo con Landini quando dice che in passato c’è stata un’assenza di chiare scelte di politica industriale“. Una mancanza “di visione che inevitabilmente ha frenato la nostra crescita economica e ha reso l’Italia troppo dipendente dall’estero in molti settori strategici: stiamo cercando di invertire questa rotta“.

A oltre 1.200 chilometri di distanza sembra sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda anche Paolo Gentiloni. Che in videocollegamento da Bruxelles con il Festival Euromediterraneo dell’economia punta, in particolare, sul Sud. “Sia sulle rinnovabili sia sulla diversificazione delle forniture, il Mezzogiorno d’Italia ha un ruolo molto importante“, dice il commissario europeo all’Economia. “Abbiamo la Tap che arriva in Puglia, il gasdotto Transmed e il GreenStream che arrivano in Sicilia e la possibilità del collegamento attraverso Terna tra Tunisia e Italia – continua nel ragionamento -. In sostanza, abbiamo buona parte dei collegamenti del Mediterraneo che fanno capo alle regioni del Mezzogiorno. La possibilità di proiettarlo come hub energetico del Mediterraneo non è solo una chiacchiera, ma una realtà che va potenziata“.

Il tema è centrale nell’esecutivo. Perché al Feuromed ci torna, approfonditamente, pure il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Che parte da lontano, ricordando come “i grandi cambiamenti storici sono determinati da assetti che prescindono dai noi stessi ma di cui dobbiamo renderci conto“, per poi centrare il punto: “Prima l’Europa, e il nostro Paese, si approvvigionavano da Oriente, dal gas e dal petrolio russo a prezzo conveniente“, mentre “oggi devono riorientarsi a sud“. Non solo per garantirsi stoccaggi pieni nel prossimo inverno. Il progetto, semmai, è ben più ampio: “Con le alternative” alle forniture di Mosca “che abbiamo rafforzato negli ultimi mesi, l’Italia può, nell’arco di poco tempo, raggiungere la sua autonomia energetica sul gas rispetto alla Russia“. Addirittura con una deadline più corta rispetto alle previsioni: “Nel 2021 la dipendenza era del 14%, lo scorso anno del 16% e a fine di quest’anno taglieremo ogni dipendenza dal gas russo“, dice Urso. Sottolineando, però, che “l’Europa, necessariamente, si rifornirà sempre più dal Sud” e “in questo diventano fondamentali le linee di approvvigionamento che portano all’Italia e da qui nei grandi mercati di consumo europei: questo fa tornare centrale il nostro Paese, che può diventare il grande Hub energetico dell’Ue“.

Il responsabile del Mimit punta alto: “Stiamo diventando il Paese di approvvigionamento, grazie ai gasdotti esistenti, all’aumento delle forniture dall’Algeria, al raddoppio del Tap e alle forniture che possono arrivare (vedremo se con navi rigassificatrici o un nuovo gasdotto) dal Mar Mediterraneo centrale dove opera l’Eni, grazie ai contratti che ha in alcuni Paesi africani“. Quindi, ipotizza, “eventualmente la Francia dovesse ancora opporsi al raccordo tra la rete del gasdotto spagnolo e quello europeo, per cui credo manchino 180 chilometri, ma Parigi ancora oggi è restìa a raccordare la rete del gasdotto spagnola a quella europea, l’Italia può realizzare con il governo spagnolo un gasdotto che dalla Spagna al Nord tirrenico giunge nella nostra rete, italiana ed europea, bypassando l’eventuale opposizione della Francia“. A quel punto “i 7 rigassificatori spagnoli, che sono praticamente inutilizzati, porterebbero il gas, attraverso il Nord Italia, a ricongiungersi con la rete europea“. In questo scenario “si ribalta la situazione – conclude Urso – e il Mezzogiorno diventa centrale per l’Italia e per l’Europa, sia per quanto riguarda il gas, sia per quanto riguarda la rete elettrica europea e mediterranea“.

Gas, Meloni punta a Israele. Netanyahu: “Esportazioni in Ue attraverso l’Italia”

Vincere insieme la sfida energetica. Dopo aver incontrato la comunità ebraica, al suo secondo giorno a Roma il premier israeliano Benjamin Netanyahu vede Giorgia Meloni e partecipa al Forum per le imprese organizzato dal ministro Adolfo Urso. Ne viene fuori un consolidamento della storica cooperazione bilaterale, che ha radici “profonde e solide“, ricorda Urso, ed è quasi coetanea alla Costituzione italiana e allo stato di Israele.

Sul fronte energetico, l’Italia vuole poter contare sui grandi giacimenti offshore del piccolo Stato ebraico: il Karish, poco a nord di Haifa, il Tamar, il Leviathan, che insieme hanno una riserva di gas stimata in 900 miliardi di metri cubi. In attesa del gasdotto EastMed, per esportarlo in Europa senza passare da altri Paesi, Netanyahu annuncia un condensatore, che permetta di trasformarlo in gas liquido e in modo da poter usare le navi. Il progetto di EastMed prevede circa 1.900 chilometri di tubi sottomarini da Israele alla Grecia, per collegarsi poi al tratto offshore del gasdotto Poseidon dalla Grecia a Otranto. “Il destino dell’Europa si gioca nel Mediterraneo“, osserva Urso. Nelle intenzioni, l’Italia con il Piano Mattei di Meloni diventerà l’hub del gas europeo, mentre Israele sarà uno dei fornitori non solo di gas, ma anche di idrogeno e punta di diamante per le tecnologie green. “Anche noi abbiamo delle riserve di gas che stiamo esportando e vorremmo accelerare ulteriormente le esportazioni verso l’Europa attraverso l’Italia“, spiega Netanyahu al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con la premier, ricordando “la partecipazione dell’Eni nel nostro progetto“.

Gli ambientalisti, però, protestano: “La scelta di Meloni di includere il gas tra i temi dell’incontro testimonia l’implacabile sete di gas del nostro governo che, con buona pace degli accordi di Parigi, continua a investire sulle fonti fossili e su infrastrutture pericolose per la pace e per il clima“, denuncia Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il governo è sempre più nemico del cima“, fa eco il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. “Giorgia Meloni con oggi ammazza le politiche sul clima trasformando l’Italia per i prossimi decenni in un Paese dipendente dal gas“. Per il deputato di Avs il progetto di EastMed “minaccia il clima e rischia di scatenare nuovi conflitti“.

Ma sul tavolo c’è anche un’altra questione, per la quale Israele può essere estremamente utile a tutta l’Europa: l’emergenza siccità. Lo stato è all’avanguardia nella gestione dell’acqua, da sempre tallone d’Achille della Mezzaluna: “Può servire in questo periodo di grandi cambiamenti climatici”, scandisce Urso. Nel 2009, lo Stato ebraico ha attraversato una crisi enorme, dalla quale è uscito, in particolare, con il riciclo delle acque e con tre impianti di desalinizzazione: “Saremmo felicissimi di condividere con voi questa esperienza”, è l’offerta del premier israeliano.

Sicurezza, energia, digitalizzazione, agricoltura, innovazione, transizioni, industria. Sono tanti i settori in cui la cooperazione può essere rafforzata: “Abbiamo condiviso la necessità di un nuovo incontro intergovernativo, su una decina di argomenti, che si terrà presto, in Israele“, fa sapere Meloni.

Al Forum per le imprese, c’erano i rappresentanti di oltre 50 tra aziende ed enti italiani che hanno interessi in Israele. Si è parlato di “naturale complementarietà“: la forte vocazione manifatturiera italiana ha bisogno dell’avanguardia delle tecnologie israeliane e viceversa. Sempre più aziende italiane partecipano a gare, pubbliche e private, nell’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica che ha finanziato oltre 200 progetti di interesse comune. “I nostri Paesi insieme possono indicare la strada da percorrere anche perché hanno sistemi economici e produttivi complementari, particolarmente congeniali per affrontare le nuove frontiere tecnologiche”, osserva Urso. Nel 2021, l’interscambio commerciale tra Italia e Israele si è attestato a 4 miliardi di euro, con esportazioni italiane pari a 3,1 miliardi (+25,9%) e importazioni pari a 910 milioni di euro.

siccità

Siccità, Decreto Acqua in cdm prossima settimana. Rischi razionamenti

Il Decreto Acqua arriva in Consiglio dei Ministri giovedì prossimo. “Aiuterà l’Italia, gli agricoltori e gli imprenditori ad affrontare un periodo di siccità che si intravede“, annuncia il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Il Mit coordinerà una cabina di regia per dare impulso a dighe, invasi, laghi, laghetti, bonifiche per combattere la dispersione idrica.

Quale decreto acqua? Cosa significa?“, tuona il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs Angelo Bonelli, interpellato da GEA. Propone di fare “una grande opera infrastrutturale per evitare la dispersione di acqua, che in Italia è al 42%: noi disperdiamo una quantità di acqua ogni anno che potrebbe dare da bere a 40 milioni di persone. Investiamo soldi in acquedotti, non in opere inutili alla Salvini“.

Intanto, si inaugura la prima opera legata al Pnrr, il rifacimento del canale Leb, il più importante canale irriguo del Veneto: “Questo non è che l’inizio, visto che il tavolo dell’idrico già nelle prossime settimane porterà un decreto legge e una programmazione pluriennale che possa risolvere un problema ormai diventato centrale tra le priorità del paese”, spiega il sottosegretario Alessandro Morelli. L’opera è indispensabile, visto che il rischio di chiudere i rubinetti “è concreto“, avverte il governatore Luca Zaia. “Questa situazione non ci impone ancora razionamenti, perché l’attività agricola non è nel suo pieno fiorire. Ma se l’acqua non arrivasse avremmo la necessità di razionare perché le attività umane esistono e si vanno ad aggiungere a quelle dell’agricoltura“, afferma. La necessità, ribadisce il presidente della Regione Veneto, è “che si dia vita a quello che ho definito il ‘piano Marshall’ della Siccità, per l’acqua. Abbiamo la necessità di vedere puliti gli invasi alpini e fare in moto che la rete delle cave in pianura diventi una rete di laghi e di serbatoi, e infine investire nella rete irrigua, che ha dispersioni anche del 70-80% di acqua“.

Per affrontare l’emergenza, il governo propone una cabina di regia interministeriale, un Piano Idrico Nazionale d’intesa con i territori, un decreto per le semplificazioni e le deroghe, una campagna di sensibilizzazione e un commissario. Per individuare le priorità di intervento e la loro programmazione, anche utilizzando nuove tecnologie, il governo sarà in contatto continuo con Regioni ed enti locali. Il Piano servirà proprio a efficientare gli acquedotti, ma si tornerà a parlare più concretamente di invasi e bacini, semplificando le norme per realizzarli.

Meloni in India e poi negli Emirati Arabi: “Momento chiave per transizione energetica”

E’ iniziata la missione della premier Giorgia Meloni in India e negli Emirati Arabi. La presidente del Consiglio ha incontrato il primo ministro Narendra Modi, già visto a Bali per il G20. “India e Italia celebrano il 75esimo anniversario delle loro relazioni bilaterali e noi abbiamo deciso di dare un nuovo impulso alla partnership Dobbiamo lavorare per aumentare le relazioni economiche, le nostre campagne aprono tante possibilità per investimenti”, ha detto Modi in conferenza stampa sottolineando il desiderio di “aumentare la cooperazione su rinnovabili, idrogeno, telecomunicazioni e spazio”. Meloni non è stata da meno nel parlare di possibile cooperazione tra i due Paesi: “Penso al tema della sicurezza energetica, l’india si pone grandi obiettivi sotto questo profilo. Da sempre sappiamo che l’India sta lavorando sulla produzione di energia da fonti rinnovabili  e insieme dobbiamo lavorare sui temi della transizione digitale, sulle tecnologie emergenti, sullo spazio”. Poi ha aggiunto: “Affrontano i grandi shock di questo tempo, la crisi pandemica, la crisi internazionale dettata dalla guerra in Ucraina e le sue ripercussioni sull’ordine internazionale, sulla sicurezza alimentare ed energetica. E diventa importante quando un paese come l’India assume la presidenza g20 perché rappresenta con grande forza i bisogni e gli interessi dei Paesi del sud globale”.

La premier è stata ospite d’onore del Raisina Dialogue, la principale conferenza indiana sulla geopolitica e la geo-economia, sulle questioni più impegnative sullo scacchiere globale. Secondo Meloni il Nord Africa è una regione vasta che possiede risorse, a partire dall’energia, determinante per l’Europa ma che prima di tutto deve andare a loro vantaggio. Stiamo costruendo una collaborazione su basi paritarie, senza ambizioni predatorie, senza interessi economici. L’Italia sta lavorando per essere ponte del Mediterraneo“, tra Africa ed Europa. “L’energia verde, l’idrogeno, l’elettricità saranno prodotti sempre più localmente“. Ma, adesso, “siamo in un momento chiave per la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico. Tutti dobbiamo contribuirvi, abbiamo responsabilità per le generazioni future. In modo equilibrato, ciascun paese svolgere il suo ruolo, se non lo faremo ci sarà un impatto profondo sul mondo, con carestie, siccità, eventi metereologici estremi e altri disastri. La nostra abilità di lavorare insieme su rinnovabili, energia verde, idrogeno, circolarità e transizione determinerà il nostro successo“, ha aggiunto.

Intanto, a margine della visita di Meloni, Enel, tramite la sua consociata Gridspertise, ha firmato due memorandum d’intesa con Tata Power Delhi Distribution Limited (Tata Power-DDL) per favorire l’accelerazione della trasformazione digitale delle reti di distribuzione elettrica in India. La firma dei memorandum è stata annunciata da Antonio Cammisecra, direttore di Enel Grids, in occasione della Business Roundtable tra India e Italia che si è tenuta a Nuova Delhi ed è stata presieduta da Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, e da Piyush Goyal, ministro del Commercio e dell’Industria indiano.

Il 3 e 4 marzo, la leader di Fdi sarà poi negli Emirati arabi. Una visita che consolida le relazioni diplomatiche tra i due Paesi, ma fa pensare a un ‘Piano Mattei’ anche per il Medio Oriente. Qui l’Italia è partner strategico in diversi progetti energetici. L’ultimo viaggio di un premier negli Emirati risale al 2021, con Giuseppe Conte.

A settembre 2022 il ministro dell’Industria emiratino e Claudio Descalzi, l’amministratore delegato di Eni, si sono incontrati ad Abu Dhabi per discutere delle attività della società nell’Emirato, di progetti futuri e delle aree di interesse comune. L’obiettivo è accelerare i progetti di sviluppo esistenti, le nuove scoperte esplorative così come le attività internazionali, in linea con una strategia di decarbonizzazione e per contribuire a più forniture di gas a livello mondiale. In particolare, il progetto multimiliardario di Ghasha contiene volumi di gas recuperabile “significativi”, fa sapere Eni, e potrebbe arrivare a produrre oltre 42,5 milioni di metri cubi giorno, in aggiunta a oltre 120mila barili di olio e condensati di alto valore al giorno. Di settembre 2021 è il memorandum Eni-Mubadala Petroleum che mira a identificare opportunità di cooperazione nel settore della transizione energetica, inclusi l’idrogeno e la cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2, in linea con i rispettivi obiettivi di decarbonizzazione.

“Con la visita del presidente del consiglio Giorgia Meloni negli Emirati, l’Italia conquista la scena di leader energetico. Usciamo vincenti da questa crisi”, commenta il presidente di FederPetroli Italia, Michele Marsiglia. “Attendevamo questa visita nei paesi arabi, è un rafforzamento della nostra industria e un consolidamento fondamentale in questo momento storico per la nostra Eni”, sostiene. Gli Emirati sono uno dei più importanti partner dell’Italia nell’area del Medio Oriente e Nord Africa con rapporti basati sul piano economico, industriale e culturale e sulle tematiche bilaterali.

Siccità, 1 marzo cabina regia: ipotesi commissario. Rischio razionamenti

L’emergenza siccità attanaglia ancora l’Italia. Pioggia, correnti fredde e neve previste per il prossimo weekend saranno ininfluenti e l’agricoltura trema. In alcune zone, è a rischio fino al 30% del raccolto.

I ministeri di Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Coesione e Protezione civile lavorano senza sosta in vista dell’1 marzo, per la prima cabina di regia a Palazzo Chigi, presieduta dalla premier Giorgia Meloni. Si dovranno definire le prossime mosse per varare un piano di interventi a breve scadenza, ma anche una programmazione di medio-lungo periodo. Si valuta la nomina di un commissario che abbia tutti i poteri sulla gestione dell’acqua, una proposta che sarà discussa la prossima settimana in Consiglio dei ministri.

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, mette in guardia dai rischi enormi per la produzione di energia idroelettrica: “Speriamo che si riescano a riempire le dighe, importiamo energia dalla Francia da fonte nucleare, ma la carenza d’acqua può portare alla chiusura degli impianti”, avverte. Si pensa già a dei razionamenti, anche se, ripete, “non è ancora stata presa nessuna decisione, ma dopo un confronto si devono tirare le somme e potrebbero essere necessari“.

La Cia-Agricoltori italiani intanto chiede di finalizzare un piano infrastrutturale di piccoli laghetti e invasi da affiancare alle azioni già previste con il Pnrr e per il riutilizzo a uso agricolo delle acque reflue depurate. Ma anche di avviare urgentemente la sperimentazione in pieno campo delle nuove tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques-Nbt) e dare al Paese una legge nazionale contro il consumo di suolo. Le aree perse, dal 2012 a oggi, avrebbero garantito l’infiltrazione di 360 milioni di metri cubi di pioggia.

Questa nuova emergenza “si poteva evitare”, conferma il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. “Il primo provvedimento per il senso di responsabilità che tutto il governo sente di fare è una cabina di regia per trovare strumenti in un lavoro osmotico tra i ministeri, per pianificare le azioni sulle criticità che emergono e possono evitare danni in termini di dissesto idrogeologico”, spiega.

Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ricorda che “Recuperare anni di inerzia sul settore idrico impone decisioni coraggiose e immediate“: “La carente infrastrutturazione malgrado le risorse disponibili, sta determinando una condizione di emergenza, malgrado la siccità non sia più un fenomeno raro”.

La siccità, infatti, è praticamente strutturale in Italia: sulle Alpi la neve è diminuita del 45% rispetto al 2022 e gli invasi riescono a trattenere non più dell’11% di acqua, quando servirebbe arrivare almeno al 30%, soprattutto al Nord. Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, con il Po a secco, la crisi idrica potrebbero arrivare a togliere fino a 8mila ettari di riso, visto l’abbandono già in atto, mentre le semine di mais, strategico per gli allevamenti, sono scese al minimo storico nazionale di 564 mila ettari, oltre il 30% solo in Veneto, e registrano un calo di 21 milioni di tonnellate a livello Ue. Ma il 2023, spiega la Cia, sarà difficile anche per gli ortaggi in pieno campo, dove si conta un 10% in meno di prodotti, legato a siccità, caldo di inizio inverno e freddo improvviso.

E’ a rischio un terzo del Made in Italy a tavola che si produce nella food valley della Pianura Padana, dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale“, denuncia Coldiretti. Parliamo di alimenti base della dieta mediterranea, dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al mais per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano e i salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma o il Culatello di Zibello. “Dopo questi tre anni in cui la fiera dei nostri giovani non c’è stata a causa della pandemia – lamenta il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -, ci troviamo di fronte uno scenario radicalmente mutato. Noi imprenditori, però, pur tra innegabili difficoltà, non possiamo rimanere immobili aspettando il corso degli eventi”.

Da Varsavia a Kiev: Meloni l’atlantista. Spot per una Ue unita

La sinusoide che accompagna la sua leadership governativa questa volta va all’insù. Dopo aver patito lo smacco francese ed essere arrivata allo strappo con Emmanuel Macron, dopo aver criticato apertamente la missione di Francia e Germania a Washington, Giorgia Meloni si è (ri)cucita addosso un ruolo non proprio trascurabile andando in missione in Polonia e, di qui, in Ucraina. Conquistando – pure – un invito alla Casa Bianca da Joe Biden che, guarda caso, è transitato anche lui negli stessi giorni da Varsavia e da Kiev.

Al di là dell’impatto mediatico di una doppia visita che non può passare sotto traccia, l’incontro cordiale con il premier polacco Mateusz Morawiecki e quello altrettanto caloroso con Volodymir Zelensky in teoria dovrebbero fornire segnali precisi e rassicuranti: l’esecutivo e chi lo guida hanno sposato una linea saldamente atlantista, l’Italia del dopo Draghi non ha cambiato (e non ha intenzione) di cambiare rotta. Gli altri 26 paesi della Ue, sotto questo aspetto, dovrebbero essere più tranquilli dopo le inquietudini d’autunno quando Meloni era salita a Chigi tra molti dubbi e qualche batticuore. Abbandonata dai partner più importanti, Meloni (da sola) sta rilanciando l’idea di un’Europa unita per davvero e non solo di facciata. Uno spot per gli inquilini di Bruxelles, intanto…

Intanto, la presidente del Consiglio ha garantito il massimo appoggio – militare e non – all’Ucraina sapendo che la guerra si porta appresso incognite pesantissime, le più cogenti sono legate al comparto energetico e a quello dell’agroalimentare. Ad esempio, il grido d’allarme lanciato dal ministro dell’Agricoltura ucraino sull’accordo del grano, che ovviamente coinvolge la Russia, non può restare appeso nell’aria senza una soluzione: la storia insegna che un popolo affamato diventa ingestibile. Di gas, poi, si è detto e ridetto e sarebbe illusorio pensare che la situazione sia risolta al cento per cento. In fretta e furia è stata messa una toppa, ma il prossimo inverno si porterà dietro un’altra emergenza. Anche in questo caso, si tratta di problemi più facilmente risolvibili da un’Europa unita che non da cani sciolti, per cui ciascuno pensa per sé e gli altri si arrangino.

Liofilizzando il concetto, Varsavia e Kiev restituiscono all’Italia una Meloni con un’allure internazionale più rilucente: ce n’era bisogno, Perché nei prossimi mesi l’interlocuzione con l’Europa, in particolare con Macron e Scholz, non sarà facile. E si andrà sicuramente a discutere, a Bruxelles: dalle case green alla direttiva sulle auto elettriche, fino all’etichettatura del vino e alla ridefinizione del perimetro del Pnrr. Molti fronti aperti, magari troppi, nessuno da sottovalutare, tutti risolvibili con in buonsenso. E, manco a dirlo, con l’unità.

Meloni a Kiev: “Lavoriamo per conferenza ricostruzione ad aprile”

Una dichiarazione congiunta sulla pace, sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione europea, sulla ricostruzione, per la quale Roma lavora a una conferenza che si terrà ad aprile. Giorgia Meloni torna da Kiev, Bucha, Irpin dopo aver toccato con mano il dolore, la devastazione, ma anche la voglia di rivalsa di un Paese che, giura, l’Italia e l’intera Europa non abbandoneranno.

Saremo con voi fino alla fine”, promette visitando i luoghi dei crimini di guerra a Bucha, al procuratore generale Andriy Kostin. Paragona lo spirito ucraino al risorgimento italiano, prima, al boom del dopoguerra poi: “Sono certa che nei prossimi anni potremo parlare di un miracolo ucraino“, è l’auspicio.

Parla accanto al presidente Volodymyr Zelensky, allontana lo spettro di divisioni interne alla maggioranza di governo per le posizioni filoputiniane espresse da Silvio Berlusconi. “Nessuno gli ha mai bombardato la casa“, fa notare Zelensky.

Rimane agli atti che c’è un aggredito e un aggressore, rimane agli atti che per paradosso è l’aggredito che cerca un negoziato di pace“, precisa Meloni e fino al negoziato assicura all’Ucraina ogni genere di supporto. Supporto politico, militare, per difendere le infrastrutture strategiche contro il “gioco sadico” di portare allo stremo la popolazione civile, supporto umanitario e finanziario. Il gruppo di lavoro ‘emergenza elettrica Ucraina‘, voluto fortemente proprio da lei, ha già inviato materiale per diversi milioni di euro. Un tentativo di sostenere il Paese in sofferenza elettrica dopo i bombardamenti. Partono per l’Ucraina trasformatori e gruppi di diversa taglia, cavi e accessori per cercare di ripristinare una fornitura di energia stabile a circa 3 milioni di persone.

La conferenza sulla ricostruzione di aprile continuerà e amplierà molto il lavoro: “C’è un know how che le imprese italiane possono offrire, lo metteremo a disposizione perché nella ricostruzione l’Italia vuole giocare un ruolo da protagonista“, afferma la premier. Si partirà dalle esigenze principali, con un “cambio di passo” sul lavoro fatto finora: “Io non concentrerei la ricostruzione sul futuro – spiega -. Un segnale molto importante è lavorare subito. L’Italia credo possa fare la differenza“. Pensa al settore dei trasporti, dell’energia, dell’agroalimentare. Ma c’è un sogno, che è anche un messaggio di speranza. Sia Roma sia Odessa sono candidate per l’Expo 2030: “Sarebbe straordinario che l’Expo tornasse in Europa, ma possiamo lavorare insieme per questa scadenza, è un segnale importante di come crediamo che le cose andranno bene domani“.

 

(Photo credit AFP)