Acquisti congiunti di gas: von der Leyen promette l’avvio dei negoziati in primavera

Avviare i negoziati con i principali fornitori internazionali di gas all’inizio della primavera, per arrivare a concludere i primi contratti congiunti a livello comunitario “ben prima dell’estate”. A scandire l’agenda per l’avvio dei primi acquisti congiunti di gas (cui seguiranno quelli di Gnl e, in futuro, anche idrogeno) la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento di questa mattina di fronte all’Aula del Parlamento europeo a Strasburgo.
“La piattaforma energetica comune è pronta e funzionante”, ha esultato la presidente, sottolineando che “con il sostegno degli Stati membri e dell’industria europea, stiamo creando un consorzio europeo che ci consentirà di aggregare la domanda e di sfruttare efficacemente il peso politico e di mercato dell’UE: è quello che abbiamo sempre voluto, il nostro potere di mercato collettivo di 27 persone”. Ora – ha aggiunto la presidente – “puntiamo ad avviare le trattative con i principali fornitori internazionali di gas già all’inizio della primavera, con l’obiettivo di concludere i primi contratti congiunti ben prima dell’estate”, ha dichiarato.
Lunedì scorso si è tenuta a Bruxelles la prima riunione formale del comitato direttivo della piattaforma energetica dell’Ue che si occuperà anche degli acquisti comuni di gas, composto dai rappresentanti della Commissione europea, dei 27 paesi Ue e della comunità dell’Energia. Bruxelles dovrebbe selezionare entro poche settimane un fornitore di servizi per organizzare la piattaforma informatica che servirà per l’aggregazione della domanda. A quanto apprende GEA, la procedura per avviare la gara d’appalto e selezionare il “fornitore dei servizi” è già stata avviata dalla Commissione europea.
L’idea di una piattaforma per gli acquisti congiunti, sulla scia della messa in comune dei vaccini durante il Covid-19, si è resa necessaria secondo la Commissione perché “sul piano commerciale la scorsa estate, abbiamo assistito a concorrenza e questo è stato uno dei motivi per cui abbiamo pagato prezzi del gas esorbitanti”, secondo la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson. La commissaria estone è intervenuta oggi nel panel dal titolo ‘La quadratura del cerchio energetico europeo’ del World Economic Forum in corso questa settimana a Davos, in riferimento alla piattaforma energetica per gli acquisti congiunti di gas lanciata dalla Commissione europea lo scorso 7 aprile con il doppio scopo di abbassare i prezzi facendo leva sul potere di mercato dell’Ue ed evitare concorrenza tra Stati membri sulle forniture. Ora la Commissione europea darà vita a un “consorzio di acquirenti di gas, creeremo questo cartello di acquirenti” di gas a livello europeo, ha ricordato la commissaria, assicurando però che il consorzio europeo “sarà temporaneo” e “non è qualcosa che avrà un impatto sulla nostra economia di mercato, ma è necessario per essere meglio preparati per il prossimo inverno”.

Vestager: “Per poter accelerare transizione verde c’è bisogno di una risposta europea”

È un momento decisivo per la tenuta del mercato unico di fronte alle sfide dell’Inflation Reduction Act (Ira) degli Stati Uniti, il piano contro l’inflazione che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese dell’Unione Europea. La competitività industriale, così come l’unità nell’implementazione della transizione verde e nell’affrontare gli alti prezzi dell’energia, richiede una “risposta comune europea” e non un approccio autonomo di ogni Stato membro negli investimenti nei settori strategici. È quanto ribadisce la vicepresidente esecutiva della Commissione Ue e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, in un’intervista rilasciata a GEA in vista del vertice dei leader Ue di febbraio, quando i Ventisette discuteranno di una revisione temporanea degli aiuti di Stato e di un fondo di sovranità industriale.

Quali sono le sfide che deve affrontare l’industria europea?
“Sono due. Un’impennata senza precedenti dei prezzi dell’energia e l’Ira che, con i suoi sostanziali sussidi verdi, rischia di trasferire gli investimenti e i posti di lavoro europei negli Stati Uniti. Dobbiamo portare avanti a pieno ritmo i nostri sforzi verso un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale, con prezzi energetici bassi. Questa è la nostra soluzione per una maggiore competitività nel lungo periodo”.

Come si sta impostando il confronto con gli Stati Uniti?
“Stiamo lavorando con gli Stati Uniti per trovare soluzioni concrete per limitare, e idealmente invertire, i danni. Abbiamo accolto con favore le nuove linee guida emanate alla fine del 2022, che ribadiscono che le aziende dell’Ue possono beneficiare del programma di credito per i veicoli commerciali puliti nell’ambito della legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione. È il frutto di un impegno costruttivo nell’ambito della task force Ue-Usa per la riduzione dell’inflazione a livello di alti funzionari. Tuttavia, mentre parliamo con i nostri partner internazionali, dobbiamo anche fare i compiti a casa”.

In che modo?
“Dobbiamo trovare nuove soluzioni per continuare ad attrarre in Europa innovazioni e investimenti nella transizione verde. Per quanto riguarda gli aiuti di Stato, dobbiamo rendere le nostre regole più semplici, più rapide e più mirate. E dobbiamo farlo senza mai mettere a repentaglio la parità di condizioni tra i Paesi europei, perché non c’è transizione verde redditizia per l’Europa nel suo complesso se alcuni Paesi vincono su altri. Il Mercato unico è il nostro bene più prezioso, dobbiamo continuare a proteggerlo ed evitare le corse ai sussidi dannosi. In altre parole, il controllo degli aiuti di Stato è necessario per preservare il Mercato unico e la coesione all’interno dell’Unione e per consentire all’economia europea di riprendersi dall’attuale crisi”.

Gli Stati membri sembrano avere necessità di un nuovo approccio agli aiuti di Stato.
“Siamo ben consapevoli delle difficoltà causate dall’attuale crisi energetica e della necessità per gli Stati membri di sostenere le proprie economie in queste circostanze eccezionali. Abbiamo bisogno di una risposta europea che acceleri la transizione verde, elimini le barriere esistenti nel Mercato unico e, allo stesso tempo, consenta agli Stati membri di fornire un sostegno rapido e mirato ai settori chiave. Abbiamo già un Quadro di crisi temporaneo, che comprende una serie di importanti salvaguardie per garantire che gli aiuti non comportino indebite distorsioni della concorrenza e della parità di condizioni nel Mercato unico. Il quadro ha già permesso agli Stati membri di sostenere l’economia mobilitando finora 672 milioni di euro di finanziamenti nazionali, ma potrebbe essere necessario fare di più”.

Su quale fronte?
“Soprattutto nell’attuale situazione, è importante trovare il giusto equilibrio tra il mantenimento degli incentivi al risparmio energetico e la possibilità di fornire un sostegno mirato per evitare che la crisi faccia uscire dal mercato aziende altrimenti di successo. Abbiamo quindi deciso di consultare gli Stati membri su questo punto. Nessuno è nella posizione migliore per dirci dove e come le nostre norme sugli aiuti di Stato dovrebbero essere semplificate. Gli Stati membri ci daranno anche il loro parere su come bilanciare al meglio la necessità di sostenere la produzione in alcuni tipi di settori, che sono strategici per la transizione verde, con il possibile rischio di frammentazione del Mercato unico”.

Cosa si aspetta dalla consultazione?
“Sulla base di ciò che ci dirà il sondaggio, effettueremo gli adattamenti necessari per trasformare il nostro quadro esistente in un quadro temporaneo di crisi e di transizione. Vogliamo rendere queste regole temporanee più rapide, semplici e prevedibili, a vantaggio di tutti gli Stati membri, al fine di accelerare gli investimenti pubblici per alimentare la transizione, preservando al contempo condizioni di parità nel mercato unico”.

L’Italia è uno dei Paesi con uno spazio fiscale ridotto. Non c’è il rischio di penalizzare questi Stati membri?
“È ovvio che non tutti i Paesi membri hanno la stessa possibilità di erogare aiuti di Stato, alcuni hanno molto più spazio fiscale di altri. Ma dobbiamo anche garantire nel nostro Mercato unico le stesse condizioni di parità che chiediamo agli Stati Uniti. Se da un lato è fondamentale che gli Stati membri abbiano la flessibilità di investire i loro bilanci in settori strategici, dall’altro questo approccio non può essere autonomo, perché favorirebbe gli Stati con tasche profonde e porterebbe a distorsioni che finirebbero per minare il Mercato unico”.

La soluzione può essere un nuovo fondo comune?
“Abbiamo bisogno di una risposta europea comune a questa sfida. Per questo proponiamo di introdurre un nuovo fondo europeo di sovranità. Questo finanziamento complementare garantirà che tutti i Paesi europei possano beneficiare della transizione verde, e non solo alcuni. Già oggi il nostro bilancio dell’Ue, così come strumenti quali il Recovery and Resilience Facility e RePowerEu, forniscono mezzi finanziari per sostenere l’economia dell’Ue nel raggiungimento degli obiettivi del Green Deal”.

Quale dovrebbe essere l’obiettivo del fondo europeo di sovranità industriale?
“Nel medio termine dobbiamo rafforzare le risorse disponibili per la ricerca a monte, l’innovazione e i progetti strategici a livello europeo. Ciò significa garantire, da un lato, nuovi e ulteriori finanziamenti a livello europeo e, dall’altro, un più alto livello di coordinamento delle politiche, come l’idrogeno, i semiconduttori, l’informatica quantistica, l’intelligenza artificiale e le biotecnologie. Detto questo, resta un fatto: il sostegno pubblico non può fare tutto. Gli aiuti di Stato sono una soluzione efficace alle sfide attuali, ma non si può costruire la competitività a partire dai sussidi. Soltanto un Mercato unico forte e ben funzionante può garantire una crescita sostenibile e a lungo termine”.

Ursula von der Leyen

Von der Leyen annuncia a Davos il ‘NetZero Industry Act’: Piano per l’industria a zero emissioni

Per realizzare la transizione “senza creare nuove nuove dipendenze, abbiamo un piano industriale per il Green Deal, un piano per rendere l’Europa la patria della tecnologia pulita e l’innovazione industriale sulla strada del net-zero che coprirà quattro punti chiave: il contesto normativo, il finanziamento, le competenze e il commercio”. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sceglie il palco della 53esima edizione del World Economic Forum di Davos per annunciare il Piano industriale green dell’Ue, precisando che per creare un ambiente normativo adeguato per i settori cruciali per raggiungere le zero netto (come eolico, pompe di calore, solare, idrogeno pulito) Bruxelles presenterà un nuovo ‘NetZero Industry Act’ (una Legge per l’industria a zero emissioni) che – a detta di von der Leyen – identificherà obiettivi chiari per la tecnologia pulita europea entro il 2030. L’obiettivo sarà “concentrare gli investimenti su aspetti strategici e progetti lungo tutta la filiera”, in particolare “come semplificare e accelerare le autorizzazioni per nuovi siti di produzione clean tech“.

In parallelo, l’Ue penserà a “come velocizzare l’elaborazione di importanti progetti di comune interesse europeo nel settore delle tecnologie pulite, più facile da finanziare e di più facile accesso per le piccole imprese e per tutti gli Stati membri”. A quanto riferito da von der Leyen, il futuro ‘Net-ZeroIndustry Act’ andrà di pari passo con il ‘Critical Raw Materials Act’, la legge dell’Ue sulle materie prime critiche la Commissione dovrebbe presentare quest’anno. “Per le terre rare che sono vitali per le tecnologie chiave per la produzione – come la produzione di energia eolica, lo stoccaggio dell’idrogeno o le batterie – l’Europa oggi è dipendente per il 98% da un paese: la Cina”, ricorda von der Leyen. Quindi, “dobbiamo migliorare la raffinazione, lavorazione e riciclaggio delle materie prime qui in Europa”.

Per la presidente della Commissione Europea, Davos è anche l’occasione per sottolineare le preoccupazioni di Bruxelles per il piano contro l’inflazione Usa, l’Inflation Reduction Act (Ira), che prevede sussidi verdi per 369 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Biden in agosto. Perché “la tecnologia pulita è ora il settore di investimento in più rapida crescita in Europa”, ed è un bene che “altre grandi economie lo stiano intensificando”. Però, c’è un però. Perché da parte Ue restano “alcuni elementi del progetto dell’Ira che hanno sollevato un certo numero di preoccupazioni e per questo abbiamo lavorato con gli Stati Uniti per trovare soluzioni, ad esempio in modo che anche le aziende dell’Ue e le auto elettriche prodotte nell’Ue possano beneficiare” degli incentivi dell’Ira. Il nostro obiettivo – aggiunge von der Leyen – dovrebbe essere quello di “evitare interruzioni nel commercio e negli investimenti transatlantici”. Concorrenza e commercio sono “la chiave per accelerare la tecnologia pulita e la neutralità climatica”.

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Energia, in vigore norme Ue per per proteggere le infrastrutture critiche

Due direttive per proteggere le infrastrutture critiche e digitali dell’Unione europea da futuri attacchi ibridi. In attesa del confronto tra i Paesi membri Ue sulla proposta di raccomandazione della Commissione per la resilienza di gasdotti e cavi marini, sono entrati in vigore sul territorio comunitario i pezzi cruciali della legislazione comunitaria per armonizzare la prevenzione e la risposta in particolare alle “minacce informatiche, criminalità, rischi per la salute pubblica e catastrofi naturali“.

Le recenti minacce alle infrastrutture critiche dell’Ue hanno tentato di minare la nostra sicurezza collettiva“, ha sottolineato la Commissione europea, facendo riferimento al sabotaggio di fine settembre dello scorso anno dei due gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico. A questo si aggiungono i “nuovi rischi derivanti dall’aggressione della Russia all’Ucraina” sulle infrastrutture energetiche e di sicurezza dei Ventisette, per cui Ue e Nato hanno deciso di istituire una task force congiunta e il gabinetto von der Leyen ha presentato cinque linee-guida per la loro protezione: stress test, aumento della capacità di risposta attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue, identificazione satellitare delle minacce, rafforzamento della cooperazione internazionale e implementazione della legislazione comunitaria. Proprio come dimostra l’entrata in vigore della direttiva Nis2 e della direttiva Cer, che dovranno essere recepite nel diritto nazionale dei Paesi membri entro 21 mesi.

La direttiva aggiornata Nis 2 (Network Information Systems) garantirà l’ampliamento dei settori e delle tipologie di entità critiche che rientrano nel campo di applicazione: energia, trasporti, salute e infrastrutture digitali, compresi fornitori di reti e servizi pubblici di comunicazione elettronica, servizi dei centri dati, gestione delle acque reflue e dei rifiuti, enti della pubblica amministrazione e settore sanitario. Lo scopo è definire le regole minime per un quadro normativo e stabilire i meccanismi per la cooperazione tra le autorità competenti in ogni Stato membro. Saranno rafforzati i requisiti di gestione del rischio che le aziende sono tenute a rispettare e saranno snelliti gli obblighi di segnalazione degli incidenti con disposizioni più precise sul contenuto e tempistica. Grazie alla direttiva Nis2 sarà anche istituita formalmente la rete dell’Organizzazione europea di collegamento per le crisi informatiche (Eu-CyCLONe), che sosterrà la gestione coordinata di incidenti e crisi di cybersicurezza su larga scala.

La direttiva sulla resilienza dei soggetti critici (Cer) sostituisce invece quella del 2008, per rafforzare la resilienza delle infrastrutture critiche da rischi naturali, attacchi terroristici, minacce interne e sabotaggio. Saranno coperti in totale 11 settori, dall’energia ai trasporti, dalla sanità all’acqua potabile e le acque reflue, fino a infrastrutture digitali, spazio e settore alimentare. Gli Stati membri dell’Unione dovranno adottare una strategia nazionale ed effettuare valutazioni periodiche almeno ogni quattro anni, per identificare le entità considerate critiche o vitali per la società e l’economia. A loro volta i soggetti critici dovranno identificare i rischi rilevanti che possono interrompere in modo “significativo” la fornitura di servizi essenziali, adottare misure appropriate per la sicurezza e notificare alle autorità nazionali gli incidenti che causano interruzioni. A questo si aggiunge l’identificazione degli enti “di particolare rilevanza europea“, ovvero quelli che forniscono un servizio essenziale a sei o più Stati membri: in questo caso la Commissione Ue può proporre – con l’accordo delle capitali interessate – di valutare le misure messe in atto per soddisfare gli obblighi previsti dalla direttiva Cer.

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Auto a zero emissioni, bici e treni: la strategia Ue per la mobilità sostenibile

Dalla scure sulle emissioni delle auto a treni più veloci, dal piano per l’espansione delle infrastrutture ciclabili all’installazione di milioni di punti di ricarica pubblici. Nel corso degli ultimi due anni è diventata sempre più stratificata e ambiziosa la strategia dell’Unione europea per accelerare la mobilità sostenibile, a partire da una serie di proposte che si stanno concretizzando e che diventeranno una realtà sul medio e lungo termine.

Tutto ha avuto inizio il 9 dicembre 2020, con la presentazione da parte del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen della ‘Strategia per la mobilità sostenibile e intelligente’. Una serie di obiettivi da concretizzare entro la fine della legislatura nel 2024 per trasformare il sistema di trasporto dei 27 Paesi membri e allinearlo all’ambizione ‘neutralità climatica al 2050’ del Green Deal europeo. Dal momento in cui i trasporti sono responsabili complessivamente di almeno un quarto delle emissioni di gas a effetto serra registrate nell’Ue, la strategia scandisce tre tappe temporali. Entro il 2030 dovranno viaggiare sulle strade europee 30 milioni di automobili a emissioni zero (con 3 milioni di punti di ricarica pubblici installati) e la mobilità su ferro ad alta velocità dovrà essere raddoppiata rispetto ai livelli attuali. Entro il 2035 dovrà essere pronto il mercato degli aeromobili di grandi dimensioni a zero emissioni. Ed entro il 2050 tutte le automobili, i furgoni, gli autobus e i veicoli pesanti nuovi dovranno essere a zero emissioni.

È, però, nel 2021 che la strategia ha assunto contorni ben precisi. Il 14 luglio la Commissione ha adottato il pacchetto Fit for 55, con una serie di proposte che si inseriscono nel solco dell’implementazione della mobilità. La più significativa è la revisione del regolamento che stabilisce gli standard di prestazione in materia di emissioni di CO₂ per le autovetture e i veicoli commerciali leggeri nuovi: con l’intesa raggiunta tra i co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue è stato sancito lo stop ai motori a combustione interna – quindi benzina e diesel – entro il 2035 su tutto il territorio comunitario. Esattamente cinque mesi più tardi sono arrivate anche le proposte per modernizzare il sistema europeo del trasporto, spostando quanto più possibile passeggeri e merci su rotaia: il traffico ferroviario ad alta velocità dovrà essere raddoppiato entro il 2030, prima di portare a compimento nel 2050 la rete transeuropea di trasporto multimodale (Ten-T). Allo stesso tempo sarà sostenuta l’introduzione di punti di ricarica per carburanti alternativi come l’idrogeno e gli Stati membri dovranno sviluppare piani nazionali nazionali per assistere le città nello sviluppo dei loro piani di mobilità sostenibile, con particolare attenzione al problema della congestione del traffico urbano.

In questo contesto va ricordata una strategia che non è ancora stata presentata dalla Commissione Ue, ma che la titolare per l’Energia, Kadri Simson, ha recentemente anticipato essere al vaglio dell’esecutivo comunitario. Quella sull’incentivazione dell’uso della bicicletta per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili nel settore dei trasporti, “fino a un risparmio pari a cinque milioni di tonnellate di petrolio”. Una traccia di questa volontà si ritrova nella proposta di nuove regole per gli investimenti nella rete di trasporto transeuropea, in cui è stato incluso l’obbligo per ogni città con più di 100 mila abitanti di un piano entro il 2025 per rendere la mobilità urbana pulita, sostenibile e senza emissioni. Usare la bicicletta è però anche una questione di infrastrutture ed è per questo che i Paesi membri devono raddoppiare i chilometri di piste ciclabili, portandoli a 5 mila entro il 2030. Per quanto riguarda le bici elettriche si pone anche il problema della ricarica: non è un caso se nella revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia sono previsti punti di ricarica per bici elettriche e spazi dedicati alla necessità di parcheggiare un maggior numero di mezzi a due ruote nei nuovi edifici.

La Germania ci sta: la risposta ‘all’Ira’ Usa dovrà essere comune

E insomma, ce l’eravamo detto e l’avevamo scritto. La Germania, alla fine, ci sta. Fa sempre fatica il pachiderma tedesco (possente, intelligente, ma relativamente lento nel movimenti, scarsamente pronto alle innovazioni) a capire di dover tenere in considerazione anche le posizioni di altri, perché per quanto possente sia da solo non ha la forza di concorrere contro il resto del Mondo.

E’ stato così quasi sempre negli ultimi anni, dalla lotta alla pandemia al contenimento del prezzo del gas. Ed ora, di fronte alle mosse di un gigante, ben più gigante di lei, la Germania ha reagito, per rispondere al robusto piano Usa sui sussidi (nazionali) per la tecnologia verde.

Ha aspettato un po’ Berlino, ma quando ha avuto chiaro che l’amministrazione Biden sta giocando duro, parlando direttamente alle aziende internazionali ed invitandole ad investire sotto la bandiera a stette e strisce, quando ha visto che il grande processo innovatore messo in moto in Europa ben prima che negli Usa rischiava di incepparsi, ha deciso di intervenire.

Al momento siano solo al livello di autorevoli indiscrezioni giornalistiche (non smentite però dalla fonti ufficiali), ma sembra oramai chiaro il percorso: Berlino chiederà all’Unione europea di lanciare nuovi strumenti di finanziamento comuni per rispondere al piano di Biden. Le indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg spiegano che Scholz sosterrà l’annunciata e attesa riforma delle attuali regole sugli aiuti di stato che la Commissione europea dovrebbe proporre già a gennaio ma mettendo a disposizione altri fondi in modo che gli Stati membri con spazi di bilancio più limitati, come ad esempio l’Italia, strozzata dal debito pubblico, possano anche loro partecipare alla partita.

Ora si dovrà vedere nel dettaglio cosa ci sarà sul tavolo e cosa la Germania davvero accetterà, ma la strada sembra segnata: si dovrà andare verso un nuovo fondo europeo, una forma di debito condiviso e garantito dall’Unione stessa. Non si può rispondere ad un plurimiliardario piano Usa (quasi 370 miliardi) con mosse “di nicchia” o che non favoriscano una crescita complessiva della forza d’urto dell’Unione. Per farlo da una parte si dovrà dare fiducia ai partner, e dall’altro si dovrà mostrare di meritarla.

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Simson: “Se ci saranno più rischi che benefici, Ue pronta a sospendere ex ante il price cap”

A distanza di quasi un mese dall’accordo difficile sul tetto al prezzo del gas, l’Unione europea guarda alle priorità energetiche dei prossimi mesi e si prepara a un’ampia riforma del mercato elettrico per disaccoppiare i prezzi del gas e dell’elettricità. Una riforma necessaria, ne è convinta la commissaria europea all’energia, Kadri Simson (nella foto), che in un’intervista a GEA assicura che la Commissione Ue “sta lavorando a pieno ritmo per presentare le proposte entro la fine di marzo” e presto avvierà una consultazione pubblica per avviarne le discussioni.

Gli Stati membri hanno faticato a trovare un accordo per introdurre un tetto massimo del prezzo del gas dopo mesi di discussioni. Secondo lei, l’accordo raggiunto lo scorso 19 dicembre dai ministri dell’energia è stato il miglior compromesso possibile?

“L’accordo che abbiamo raggiunto è un passo coraggioso per rispondere con unità alla crisi energetica e in cui tutti hanno dovuto scendere a compromessi. L’importante è che ora disponiamo di uno strumento per prevenire episodi di prezzi del gas eccessivi in ​​Europa che non riflettono i prezzi del mercato mondiale. I prezzi del gas elevati ed estremamente volatili sono dannosi per la nostra economia, per le nostre persone e le nostre imprese. Non potevamo semplicemente stare a guardare e aspettare. Ora abbiamo un altro importante strumento nella nostra cassetta degli attrezzi per proteggere i nostri cittadini e le nostre imprese dai picchi dei prezzi dell’energia”.

Quali saranno i vantaggi, in concreto?

“Con un tale meccanismo in atto, l’Europa sarà meglio preparata per la prossima stagione invernale e per un nuovo ciclo di riempimento dei depositi, che sarà più impegnativo di quanto non sia stato quest’anno. Penso che il modo in cui il mercato ha reagito alla nostra decisione sia un buon indicatore del fatto che abbiamo imboccato la strada giusta e che è positivo semplicemente prendere una decisione. Come tutte le misure adottate nel 2022, stiamo offrendo stabilità e certezza al mercato, e questo di per sé aiuta a ridurre al minimo la volatilità. I prezzi potrebbero risalire una volta che i nostri livelli di stoccaggio scenderanno e se il clima invernale si farà più rigido, ma credo che l’accordo raggiunto fosse necessario per evitare il ripetersi di episodi di prezzi eccessivi”.

La misura non è ancora in vigore ma è già stata criticata non solo dalla Russia ma anche da altri fornitori di gas dell’Ue, come l’Algeria. La Commissione è in contatto con i partner per fornire rassicurazioni?

“Durante l’intero processo di accordo su un meccanismo di correzione del mercato, siamo stati trasparenti con i nostri partner e ovviamente siamo stati in contatto con loro. Il meccanismo è concepito in modo da mantenere l’attrattiva dell’Europa come mercato per i fornitori. È fondamentale continuare a collaborare con partner affidabili per diversificare le nostre forniture”.

Il primo rapporto preliminare di Esma e Acer sul meccanismo di correzione del mercato è atteso entro gennaio 2023. Lei ha detto che se i rischi del meccanismo supereranno i benefici, la Commissione è pronta a sospenderne ex ante l’attivazione. Questo significa che il tetto al prezzo del gas potrebbe non essere mai implementato?

“La Commissione è sempre stata molto chiara sul fatto che questo meccanismo porta benefici ma non è privo di rischi. Per questo prevede presidi specifici per attrarre l’approvvigionamento di GNL, assicurare liquidità sui mercati finanziari ed evitare aumenti dei consumi di gas. Prima dell’entrata in vigore del meccanismo il 15 febbraio, ACER ed ESMA presenteranno un rapporto, per informare sui possibili effetti negativi. Ascolteremo gli esperti, compresa anche la Banca centrale europea. Nel caso in cui le condizioni per l’attivazione siano soddisfatte, ma i rischi superino i benefici, la Commissione è pronta a sospendere ex ante l’attivazione del meccanismo”.

Il 2023 sarà un anno importante sul fronte energetico, a breve è attesa la prima consultazione sulla riforma del mercato elettrico. Cosa dovremmo aspettarci da questa riforma, oltre al disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità e del gas?

“L’attuale struttura del mercato dell’energia elettrica ha prodotto un mercato efficiente e ben integrato, consentendo all’Europa di raccogliere i vantaggi economici di un mercato unico dell’energia, garantendo la sicurezza dell’approvvigionamento e sostenendo il processo di decarbonizzazione, in tempi normali. Tuttavia, durante la crisi energetica, abbiamo anche assistito alla vulnerabilità dell’attuale struttura del mercato dell’elettricità dell’UE”.

Quali sono le criticità e quando arriverà la proposta?

“Dipendiamo troppo dal gas, anche nella produzione di energia. Pertanto, nonostante la crescente quota di energie rinnovabili nel mix energetico, i consumatori non vedono ancora, in misura sufficiente, i vantaggi in termini di costi della transizione energetica. L’attuale struttura del mercato ha garantito la sicurezza dell’approvvigionamento, anche durante la crisi. Ma dobbiamo fornire prezzi prevedibili per i consumatori sulla base di tecnologie pulite e convenienti, e allo stesso tempo certezza degli investimenti e ricavi sostenibili e prevedibili per le imprese. Stiamo lavorando a pieno ritmo per presentare le nostre proposte entro la fine di marzo e presto avvieremo una consultazione pubblica per consentire a tutte le parti interessate di esprimere le proprie opinioni. Dobbiamo rendere il nostro mercato dell’elettricità pienamente adatto a un sistema energetico decarbonizzato e facilitare l’adozione di energia rinnovabile. L’obiettivo principale della riforma sarà quello di mettere a disposizione di tutti i vantaggi di una produzione di energia pulita ed economica”.

Sulla riforma del mercato elettrico le posizioni degli Stati membri sono distanti quanto lo erano sul price cap. Vede il rischio di ripetere lunghe trattative anche sul disaccoppiamento tra prezzi gas ed energia elettrica?

“Stiamo lavorando duramente a una proposta volta a offrire i vantaggi della transizione verso l’energia pulita ai consumatori di tutti gli Stati membri dell’Ue. Il 2022 ha chiaramente dimostrato che la cooperazione ti porta oltre il fare le cose da soli o, peggio ancora, l’uno contro l’altro. Ho visto una notevole disponibilità al compromesso attorno al tavolo dei ministri dell’energia dell’Ue, non solo sul meccanismo di correzione del mercato, ma su tutti gli strumenti che abbiamo introdotto quest’anno per affrontare questa crisi energetica senza precedenti. Perché i ministri capiscono il motivo per cui lo stiamo facendo e quali sono le conseguenze geopolitiche. Mi aspetto che una riforma cruciale per il nostro futuro energetico, come la revisione del disegno del mercato elettrico, sarà gestita con lo stesso spirito”.

Un ruolo importante sarà svolto dalla nuova presidenza di Svezia alla guida dell’Ue dal primo gennaio…

“Sono già stata in contatto con la ministro svedese dell’Energia (Ebba Busch, ndr) che presiederà le riunioni del Consiglio Energia durante la sua presidenza, e credo che trovare un compromesso adeguato su tale questione sarà in cima alla loro lista di priorità”.

Basterà per affrontare la crisi dei prezzi? È ancora viva l’idea di una soluzione più strutturale alla crisi, come un nuovo ‘Sure’ finanziato dal nuovo debito comune, come suggerito dai commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton?

“Il 2022 è stato un anno straordinario per la politica energetica dell’Ue. Abbiamo agito su molti fronti per affrontare questa crisi. Non solo affrontandone i sintomi e sostenendo finanziariamente coloro che lottano per pagare le bollette, ma anche affrontandone le cause alla radice, in particolare lo squilibrio tra domanda e offerta sui mercati globali del gas. Abbiamo diversificato le nostre forniture, ridotto la domanda di energia in modo coordinato, creato uno stoccaggio comune nell’Ue e accelerato la diffusione delle energie rinnovabili. Quest’anno avremo a disposizione anche altri strumenti, come l’acquisto in comune del gas, nuove regole per la solidarietà e un meccanismo di correzione del mercato per evitare impennate del prezzo del gas. Inoltre, continueremo con l’attuazione del nostro piano REPowerEU, che ci aiuterà a riconquistare la nostra indipendenza energetica con investimenti nella sicurezza dell’approvvigionamento, nonché nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica. Potenzieremo la sua potenza di fuoco finanziaria. È in corso una valutazione delle necessità”.

Parlando di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi, l’Ue sta cercando di compensare il gas russo affidandosi a Paesi come Israele o il Qatar, che, finito al centro dello scandalo di presunta corruzione di eurodeputati e funzionari del Parlamento Ue, ha minacciato un impatto negativo sui negoziati in corso con Bruxelles. La Commissione non vede il rischio di spostare la dipendenza energetica dell’Ue verso altri partner inaffidabili?

“Per troppo tempo l’Ue è stata oltremodo dipendente dalle importazioni russe di combustibili fossili. Vediamo l’impatto dell’eccessiva dipendenza da un fornitore con i consumatori che ne pagano il prezzo. Penso che con questa crisi senza precedenti, stimolata dall’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo imparato la lezione. Questo è il motivo per cui abbiamo rapidamente diversificato le nostre rotte di approvvigionamento, in modo che nessun fornitore possa mai più danneggiarci in questo modo. Quest’anno abbiamo notevolmente aumentato i volumi di gas in arrivo nell’Ue da Stati Uniti, Norvegia, Egitto, Azerbaigian e altri paesi. E siamo molto grati per questa collaborazione. Ma dobbiamo assicurarci di non dipendere troppo da una linea di approvvigionamento o da una rotta e, infine, eliminare gradualmente la nostra dipendenza dai combustibili fossili tutti insieme. Questo è il motivo per cui stiamo anche ponendo molta enfasi sulla promozione di soluzioni rinnovabili autoctone, che possono essere diverse in ogni stato membro, ma ci aiutano proprio là dove sono necessarie”.

In Svezia il più grande giacimento di terre rare in Europa: essenziali per transizione ‘green’

Il più vasto ‘deposito conosciuto’ di terre rare in Europa. Si trova nella regione mineraria di Kiruna, nell’estremo nord della Svezia, ed è stato scovato dal gruppo minerario LKAB. Oltre un milione di tonnellate che fanno ben sperare verso una maggiore autonomia del Vecchio Continente ansioso di ridurre la sua dipendenza dalla Cina per i metalli essenziali per la transizione verde. “Questo è il più grande deposito conosciuto di elementi di terre rare nella nostra parte del mondo, e potrebbe diventare un elemento importante per la produzione delle materie prime fondamentali assolutamente cruciali per la transizione verde“, ha infatti dichiarato Jan Moström, CEO dell’azienda svedese.

Al momento resta ancora da stabilire l’esatta estensione del deposito ma, secondo le stime attuali, rappresenterebbe meno dell’1% delle riserve mondiali, stimate finora in 120 milioni di tonnellate dall’US Geological Survey. La scoperta è comunque una buona notizia per un’Unione Europea la cui industria ha bisogno di metalli per fabbricare veicoli elettrici o più turbine eoliche. Attualmente, il 98% delle terre rare utilizzate nell’Ue viene importato dalla Cina, che ha quindi un monopolio virtuale nel settore.

Il nostro fabbisogno di terre rare da solo aumenterà di cinque volte entro il 2030“, aveva affermato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione lo scorso settembre. “Dobbiamo evitare di ritrovarci di nuovo in una situazione di dipendenza, come per petrolio e gas“, aveva avvertito, annunciando per l’occasione lo sviluppo di un regolamento europeo sulle materie prime critiche.

Nei suoi sforzi per frenare il riscaldamento globale, l’Ue ha anche posto fine alle vendite di nuove auto a benzina e diesel a partire dal 2035, da sostituire con modelli elettrici. “L’elettrificazione, l’autosufficienza e l’indipendenza dell’Ue nei confronti di Russia e Cina partiranno dalla questa miniera“, ha affermato la vicepremier svedese e ministra dell’Economia e dell’energia, Ebba Busch. Oltre ai magneti permanenti delle turbine eoliche e delle auto elettriche, alcuni di questi metalli rari sono utilizzati nella composizione di schermi televisivi, droni o persino dischi rigidi.
Per sostituire gli idrocarburi e raggiungere la neutralità del carbonio nel 2050, l’Ue avrà bisogno di 26 volte più terre rare entro quella data rispetto ad oggi, ha calcolato l’Università KU Leuven.
E non è un caso che l’annuncio di LKAB, un gruppo pubblico, si avvenuto durante una visita a Kiruna della delegazione della Commissione Europea. A breve termine, Busch ha sottolineato l’importanza per l’Ue di “diversificare” l’origine delle sue importazioni. “Ma a lungo termine, non possiamo fare affidamento esclusivamente su accordi commerciali“, ha detto.

Tuttavia, secondo LKAB, resta da percorrere “un lungo cammino” prima che il giacimento possa essere sfruttato. Alla domanda sulla data prevista, l’ad Moström ha risposto che dipenderà dalla richieste delle case automobilistiche e dalla velocità di ottenimento delle necessarie autorizzazioni che, secondo la sua esperienza, richiedono “tra i 10 e i 15 anni“. “Sono fiducioso che questo avrà un impatto considerevole” per ridurre la dipendenza dalla Cina, ha spiegato, stimando che il giacimento di Kiruna consentirebbe di fabbricare “una parte significativa” dei magneti utilizzati nei motori delle auto elettriche prodotte in Europa entro il 2035.

La Svezia aveva già un deposito di questo tipo, ma più piccolo, a Norra Kärr, nel sud del paese, attualmente inutilizzato. In Europa, comunque, non esiste alcuna miniera di terre rare.

Polvere di grillo, il via libera Ue e la polemica tutta italiana

Dal 24 gennaio la polvere di grillo domestico (Acheta domesticus) si potrà trovare sugli scaffali dei supermercati italiani, francesi, tedeschi, spagnoli e di tutti i 27 Stati membri dell’Ue. Nessuna imposizione sulle tavole degli europei, la decisione della Commissione è semplicemente un’autorizzazione all’immissione nel Mercato unico della polvere parzialmente sgrassata di grillo domestico, secondo l’elenco degli alimenti commerciabili nell’Unione.

L’autorizzazione è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Ue il 4 gennaio, con la firma della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Dopo l’entrata in vigore – prevista dopo 20 giorni – la società Cricket One Co. Ltd sarà l’unica a godere dell’apertura del mercato Ue alla farina di grillo per 5 anni. Il motivo è semplice: proprio l’azienda vietnamita aveva presentato la domanda di autorizzazione a Bruxelles nel luglio 2019, per consentire l’uso della polvere animale come alimento. La richiesta è stata accompagnata da una descrizione dettagliata del processo di produzione e dei risultati delle analisi sui contaminanti, sui parametri microbiologici e sulla digeribilità delle proteine.

La questione dell’autorizzazione non è una novità, né lo è l’esito della procedura. Il 23 marzo dello scorso anno l’Autorità per la sicurezza alimentare – interpellata dalla Commissione – ha adottato un parere scientifico positivo sull’utilizzo della farina di grillo. “La polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) è sicura alle condizioni e ai livelli d’uso proposti”, si legge nelle conclusioni, che elencano gli utilizzi consentiti in diversi prodotti: pane e panini multicereali, cracker e grissini, barrette ai cereali, premiscele secche per prodotti da forno, biscotti, prodotti secchi a base di pasta farcita e non farcita, salse, prodotti trasformati a base di patate, piatti a base di leguminose e di verdure, pizza, prodotti a base di pasta, siero di latte in polvere, prodotti sostitutivi della carne, minestre concentrate o in polvere, snack a base di farina di granturco, bevande tipo birra, prodotti a base di cioccolato, frutta a guscio e semi oleosi, snack diversi dalle patatine e preparati a base di carne.

La pubblicazione dell’autorizzazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue ha creato però un’ondata di polemiche in particolare in Italia, con gli attacchi di Coldiretti, Filiera Italia e anche del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini: “Se qualcuno in Europa ha piacere a mangiare insetti faccia pure, per i miei figli preferisco i sapori e i profumi della nostra terra e li difendo”, ha attaccato il segretario federale della Lega. “L’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte”, scrive invece Coldiretti: “Bisogna fare chiarezza sui metodi di produzione, sulla provenienza e tracciabilità, considerato che la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra-Ue come Vietnam, Thailandia e Cina, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari”. Più duro il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia: “Mangi pure gli insetti chi ha voglia di esotico, ma è un gioco in malafede promuoverli per una dieta sostenibile in alternativa alla nostra”.

La Svezia alla guida della presidenza del Consiglio Ue: sul tavolo la crisi energetica

Europa più verde, più sicura e più libera. Dal primo gennaio (e per i successivi sei mesi) la Svezia è alla guida semestrale del Consiglio Ue e dovrà confrontarsi con la sfida dei prezzi dell’energia e le nuove iniziative che la Commissione europea ha previsto per il 2023 sul fronte energetico. Sicurezza e unità, competitività, transizione verde ed energetica, valori democratici e stato di diritto. Sono i quattro pilastri della presidenza di Stoccolma, che nel logo del semestre sceglie di mettere in relazione le parole “Svezia”, “2023” e “UE” a simboleggiare “la solidarietà e la comunità”, di cui gli Stati membri dovranno dar prova nei prossimi dodici mesi. Per la Svezia si tratta della terza volta alla testa della presidenza (la prima risale al 2001, la seconda al 2009) e dal primo luglio lascerà il testimone alla Spagna.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, riconosce che la Svezia assume la presidenza del “Consiglio in un momento cruciale”, così come cruciale dovrà essere la “leadership per preservare la nostra unità europea a sostegno dell’Ucraina. Potete contare su di me per portare avanti la vostra ambiziosa agenda per la nostra Unione”, ha scritto in un tweet.

Nel documento programmatico che illustra quali saranno le priorità del semestre, Stoccolma assicura che continuerà “a impegnarsi per affrontare i prezzi elevati e volatili dell’energia, affrontando al contempo la riforma a lungo termine del mercato energetico”, raccogliendo dunque il testimone della presidenza ceca (che si è chiusa il 31 dicembre). Una proposta di riforma strutturale del mercato elettrico, che dovrebbe includere anche il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia, è attesa da parte della Commissione europea nel primo trimestre 2023. La proposta della Commissione Ue sarà centrale nella prima parte dell’anno, ma sulla riforma del disegno del mercato elettrico gli Stati hanno aspettative diverse: alcuni (come l’Italia e la Francia) vogliono una riforma di tipo strutturale, altri (come Germania) evocano piccole modifiche. La presidenza dovrà iniziare a conciliare le posizioni dal momento che l’idea è quella di arrivare a fine legislatura, nel 2024, con un accordo politico sul tema.

Da una parte, affrontare le sfide urgenti della crisi energetica; dall’altra, portare avanti il lavoro di rivoluzione ‘verde’ del Green Deal. Sul piano legislativo, la promessa di Stoccolma è quella di mettere “in atto il pacchetto sul clima ‘Fit for 55’”, l’ambizioso pacchetto climatico presentato a luglio 2021 dalla Commissione europea come tabella di marcia per abbattere le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. Priorità di Stoccolma sarà chiudere i negoziati con l’Europarlamento sugli ultimi dossier rimasti in sospeso nel ‘Fit for 55’, come la revisione della direttiva sull’efficienza energetica e la revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (entrambe del 2018).

Nella sua agenda verde, Stoccolma prevede di portare avanti anche i lavori per un accordo con l’Eurocamera (che ancora non ha adottato la posizione negoziale) sulla proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Energy Performance of Building Directive – Epbd) e sulla seconda metà di proposte legislative del ‘Fit for 55’ presentata a dicembre 2021, ovvero il pacchetto che riguarda il mercato dell’idrogeno e del gas decarbonizzato su cui gli Stati membri devono trovare la loro posizione negoziale. Dovrà lavorare inoltre a un accordo politico con l’Eurocamera sulle norme per la riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico.

La Svezia riconosce di assumere le redini dell’Ue in un momento di sfide storiche particolarmente difficile per gli Stati membri e per l’Unione nel suo complesso. “L’invasione illegale, inaccettabile e non provocata della Russia dell’Ucraina è una minaccia per la sicurezza europea, con conseguenze disastrose per la migrazione, nonché per le forniture globali di cibo ed energia”, si legge sul sito della presidenza. Sebbene siano state intraprese “azioni decisive” per fronteggiare la crisi, “è imperativo rimanere saldi nella nostra transizione verso l’economia verde e salvaguardare le basi del nostro modello economico per una crescita a lungo termine”. Per questo, Stoccolma ha fissato tra i quattro pilastri del suo semestre di presidenza l’obiettivo di mantenere la rotta sulla transizione verde, affrontando allo stesso tempo l’aumento dei prezzi dell’energia.

“Durante un inverno freddo, l’UE deve restare unita per far fronte al duplice compito di realizzare la transizione energetica e riscaldare le case europee”, ha sottolineato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, in un intervento al Parlamento del 14 dicembre in cui ha indicato le priorità della presidenza. Dalle parole del primo ministro emerge che priorità andrà ad accelerare l’elettrificazione dell’UE, e a portare “avanti i lavori sulle proposte del pacchetto sul mercato del gas per sostituire l’energia fossile russa con altre fonti energetiche a basse emissioni di carbonio”.

Anche sul fronte ambientale, la presidenza di turno si prende l’impegno di chiudere i dossier rimasti aperti del pacchetto ‘Fit for 55’ e portare avanti i negoziati tra gli Stati Ue sulla proposta di un quadro di certificazione della rimozione del carbonio e sulla direttiva sugli imballaggi, entrambi presentati dalla Commissione Ue il 30 novembre scorso.

Il semestre di presidenza è ufficialmente iniziato, ma la prima riunione ufficiale della presidenza si terrà nella piccola città Kiruna, e non nella capitale Stoccolma, dal 12 al 13 gennaio. Kiruna è la città più settentrionale della Svezia e ospiterà, come da tradizione, il primo incontro della Commissione Europea, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, con il primo ministro Kristersson e il governo svedese.
La visita della Commissione europea nel paese che detiene la Presidenza all’inizio del semestre è una tradizione consolidata. Insolita la scelta di ospitare la presentazione del programma in una città che non è la capitale, ma la futura presidenza dell’Ue spiega la scelta dal momento che Kiruna “è all’avanguardia nell’innovazione, nella ricerca spaziale e nella transizione verde” e ospita la miniera sotterranea di ferro più grande del mondo, dove ogni giorno vengono estratte 75.000 tonnellate di minerale di ferro a una profondità di 1.600 metri. “Abbiamo scelto di tenere questo incontro a Kiruna per presentare un’area unica della Svezia, una regione unica dell’UE in cui è attualmente in corso una transizione industriale verde di portata storica”, afferma Kristersson. Kiruna non è solo una città mineraria, è anche una città spaziale. Ospita l’unico centro spaziale della Svezia, che – si legge ancora – è stato fondato oltre 50 anni fa e uno degli unici due centri spaziali in tutta Europa. Oggi il centro spaziale è utilizzato principalmente per la ricerca sulla microgravità e sulle condizioni atmosferiche.

 

(Photocredit: AFP)