Usa 2024, Meloni sente Musk: “Amico Elon risorsa importante”. Ma aleggia spettro dazi

Il giorno dopo la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane, Giorgia Meloni sente anche “l‘amico Elon Musk” che, dopo essere stato cruciale in campagna elettorale, nell’amministrazione del tycoon dovrebbe ricoprire un ruolo di primo piano. “Sono convinta che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future“, scrive la premier su X, il social del patron di Tesla. La frase fa da commento a una foto in cui i due sorridono e si abbracciano, in una delle visite di Musk a Palazzo Chigi.

Occhi puntati sui dazi ai prodotti italiani per il vicepremier Antonio Tajani, che continua a dirsi sicuro dell’amicizia con gli Stati Uniti: “Il governo italiano e la nuova amministrazione americana sapranno lavorare insieme per proteggere i nostri popoli“, scandisce sulle colonne del Corriere della Sera, mentre è impegnato nel viaggio in Cina con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La partnership tra i due Paesi non cambieranno, garantisce, perché “i rapporti fra Stati Uniti e Italia sono talmente profondi, complessi e importanti che nulla potrebbe indebolirli“. Trump però, ammette il vicepremier, ha vinto la sua sfida con messaggi che “promettono un cambiamento radicale“.

L’incubo dei dazi aleggia, perché con questi l’imprenditore vorrebbe ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’estero, alzandoli del 10% o addirittura del 20. Con la Cina si è parlato anche di dazi del 60% su tutti i loro prodotti. Ma anche per Paesi europei esportatori netti (Germania, Francia, Italia, Olanda) la nuova amministrazione vorrebbe queste penalizzazioni. “Dovremo evitare uno scontro“, chiosa il ministro degli Esteri, che punta al dialogo, perché l’interscambio Ue-Usa nel 2023 ha sfiorato gli 850 miliardi di euro, con un saldo commerciale a favore dell’Europa di 156 miliardi di euro.

La sola Italia ha avuto nel 2023 un saldo positivo di 40 miliardi di euro: “L’export è la vita stessa dell’Italia – ricorda Tajani -. Trump ha sempre dimostrato di guardare con occhio attento all’Italia, già in passato ha fatto scelte diverse per noi rispetto ad altri Paesi“.

L’elezione di Trump è una sfida di “alto profilo” per quanto riguarda la politica industriale e commerciale per l’Europa, fa eco il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, perché prevede “accentuerà quello che ha già fatto Biden nei confronti della Cina“. Se Biden ha aumentato i dazi alle auto elettriche cinesi al 100%, osserva Urso “verosimilmente questo accadrà sempre più in altri settori“, costringendo nel contempo l’Europa a riesaminare da subito la sua politica industriale e commerciale “come a nostro avviso deve fare”.

Da Pechino arriva l’invito di Xi Jinping alla collaborazione e al “rispetto reciproco” e quello, ancora più esplicito, della portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning: “Come questione di principio – avverte -, vorrei ribadire che non ci sarebbero vincitori in una guerra commerciale, che non sarebbe nemmeno positiva per il mondo”.

Urso: Nuovo tavolo Stellantis. Orsini: Impensabile aspettare modifiche Green Deal

Il confronto tra il governo e Stellantis non si ferma. Adolfo Urso, convoca un nuovo tavolo con l’azienda: “Ci vogliamo confrontare con la nostra multinazionale“, spiega, assicurando che farà capire al gruppo che “deve restare in Italia, perché l’ecosistema che c’è qui non c’è da nessun’altra parte nel mondo“.

Il ministro si dice soddisfatto dell’unità d’intenti che si è trovata in Parlamento, in occasione dell’audizione dell’ad Carlos Tavares: “Cancelliamo il passato, è nata unità nel Parlamento nelle condizioni da porre a Stellantis. Questa unità va mantenuta e crediamo sia un bene prezioso del Paese”, scandisce.

Urso parla dal palco dell’assemblea generale di Assolombarda. Spiega che da due anni tutta la politica industriale messa in campo è stata “assertiva” e che l’Italia in Europa ha guidato la battaglia contro l’Euro 7 (“sarebbe stata una tagliola impossibile”) e quella sul regolamento del packaging (“sempre a tutela dell’industria”).

Oggi, soprattutto sull’anticipo della revisione sullo stop ai motori endotermici a partire dal 2035, ancora una volta, la parola d’ordine è “velocità“. Per questo motivo il ministro italiano ha presentato in Europa un non-paper sull’auto. “Se vogliamo mantenere gli obiettivi del green deal, dobbiamo creare le condizioni per raggiungerli“, sostiene Urso. Si tratta, per l’inquilino di Palazzo Piacentini, di “cambiare le condizioni” per raggiungere questi obiettivi. La ricetta di Roma passa per un fondo con risorse comuni regolato da un piano automotive europeo, una piena visione di neutralità tecnologica (“perché nessuno aveva previsto la pandemia, la rottura degli approvvigionamenti, l’aggressione della Russia in Ucraina e l’escalation in Medio Oriente“, ricorda Urso) e per l’indipendenza sulle materie prime critiche, estraendo dal sottosuolo europeo quello che serve al Continente.

Anche gli industriali chiedono di non concentrarsi solo sull’elettrico. Propongono una riflessione molto più ampia sull’energia, considerata il problema numero uno dell’Italia, dove i costi sono di molto superiori agli altri Paesi competitor, anche europei.
La via individuata è quella del nucleare, con gli small modular reactor. Entro fine dell’anno, assicura Urso, sarà predisposto un quadro legislativo per garantire che anche in Italia si possano installare “reattori di terza generazione avanzata e di quarta generazione“: “Il nucleare deve tornare a essere l’orgoglio del Made in Italy“, afferma. L’impegno del Mimit è anche quello di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione.
L’energia per noi significa indipendenza strategica. Gli smr sono la via, lo hanno detto anche Google e Amazon”, osserva il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. E l’energia nucleare, precisa il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, “è un esempio concreto” del “cambio di passo necessario” per la futura politica industriale europea in un’ottica di transizione green. Per gli industriali lombardi è una “fonte imprescindibile“, insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all’idrogeno, per assicurare una “equilibrata e sostenibile strategia di transizione energetica“. L’investimento porterebbe anche un incremento significativo in termini di crescita e di posti di lavoro. Secondo alcuni studi, 20 impianti small modular reactor porterebbero a più di 50 miliardi di euro di Pil aggiuntivi, attivando fino a 117mila occupati dal 2030 al 2050. “Non possiamo rischiare di ritrovarci nel 2030 a vedere i risultati degli altri – mette in guardia Spada – mentre noi stiamo ancora discutendo“.

Ex Ilva, gip ordina chiusura ma Taranto va avanti. Urso: “Siderurgia irrinunciabile”

Per la magistratura l’ex Ilva di Taranto deve fermarsi, ma la produzione andrà avanti. La notizia viene rilanciata dalla ‘Gazzetta del Mezzogiorno’: la giudice per le indagini preliminari di Potenza emette un nuovo decreto di sequestro dell’area a caldo dello stabilimento. Il provvedimento è stato già notificato alla struttura commissariale di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria, ma per le norme approvate in questi anni le macchine continueranno a lavorare.

L’ambito in cui nasce il dispositivo è quello del processo ‘Ambiente svenduto’, dopo che la sezione distaccata di Taranto della Corte d’assiste d’appello di Lecce ha annullato, lo scorso settembre, la sentenza di primo grado per disastro ambientale a carico della gestione dell’ex Ilva da parte dei Riva, giudicando competente il tribunale di Potenza. Di fatto, accogliendo il ricorso del pool difensivo, che sin dalle prime battute aveva ritenuto indispensabile cambiare perché da ritenere “parti offese” i giudici togati e popolari che avevano emesso il verdetto di colpevolezza a carico di 37 imputati e tre aziende.

Il decreto di sequestro emesso dalla gip di Potenza, foro dove sono stati trasferiti gli atti, è dunque un atto dovuto. La richiesta di sigilli riguarda i reparti ritenuti causa di emissione nocive tra il 1995 e il 2012, ovvero l’Area Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Altiforni, Acciaierie e infine l’area Gestione Rottami Ferrosi. Il provvedimento, però, non troverà riscontro pratico in funzione della legislazione che nel frattempo è cambiata.

Sul rilancio dell’ex Ilva il governo sta puntando molte delle sue fiches politiche. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, proprio martedì scorso è stato a Taranto per la cerimonia di riaccensione dell’Afo1, che permetterà di incrementare la produzione in una fase cruciale della procedura che porterà alla cessione dell’azienda. Sottolineando che sono già 15 i player che hanno manifestato il loro interesse per AdI, di cui 3 per l’intero pacchetto di asset produttivo. Ora si dovrà procedere alla fase informativa e, successivamente, le aziende dovranno presentare la propria offerta. Nel frattempo, il governo ha annunciato che eserciterà la golden power, per porre prescrizioni vincolanti nella cessione. E il 30 ottobre prossimo i sindacati saranno a Palazzo Chigi per un “aggiornamento sulla situazione del Gruppo Acciaierie d’Italia”.

Tutto a dimostrazione dell’importanza che ricopre per la politica industriale a cui mira l’esecutivo. Del resto, il concetto è ribadito dallo stesso Urso a poche ore dalla notizia del nuovo dispositivo di sequestro. “La siderurgia è il pilastro dell’industria manufatturiera a cui non si può assolutamente rinunciare, tanto più alla luce dei cambiamenti geopolitici”, dice in occasione della presentazione del nuovo rapporto Asvis.

Non cambia nemmeno la linea delle opposizioni, però. Dai Cinquestelle è il senatore pugliese e vicepresidente del partito, Mario Turco, ad attaccare: “Il sequestro disposto oggi dal Gip di Potenza nei confronti dell’ex Ilva di Taranto, che ha parlato di utilizzo ‘criminale’ degli impianti dell’acciaieria, è la controprova che anche su questo fronte il governo Meloni non ne azzecca una”. Perché, continua, “soltanto 48 ore fa, tutto il centrodestra italiano festeggiava la sconsiderata riapertura dell’altoforno 1 e il ripristino del ciclo integrale a carbone a Taranto. Guardare sempre indietro – accusa l’esponente M5S –: questo è l’imperativo di chi ci governa”. Intanto, la produzione va avanti.

Asvis: Italia insostenibile, urge cambio passo. Urso: Attenzione a tenuta sociale

L’Italia è insostenibile e non bastano neanche gli impegni presi con la firma del Patto sul Futuro per avvicinarla ai 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030, che appaiono lontanissimi. E’ quanto sostiene l’Asvis nel suo ultimo rapporto ‘Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile’.

Dei 37 obiettivi quantitativi legati a impegni europei e nazionali, solo otto sarebbero raggiungibili entro la scadenza del 2030, 22 non lo sarebbero affatto e per altri sette il risultato sarebbe incerto. “È urgente e necessario un profondo cambiamento di approccio e di passo, mettendo lo sviluppo sostenibile al centro di tutte le politiche, accelerando, non ritardando, le transizioni ecologica e digitale, lottando efficacemente contro le disuguaglianze, anche territoriali, sfruttando le opportunità derivanti dalle nuove normative europee sulla sostenibilità nelle imprese e sulla rigenerazione dei territori, e dalla modifica della Costituzione del 2022 per tutelare i diritti delle nuove e future generazioni“, sottolinea l’Alleanza.

La sostenibilità non è semplicemente una questione legata all’energia o al clima“, mette in guardia il direttore scientifico, Enrico Giovannini. Per l’ex ministro la costruzione dello sviluppo sostenibile richiede una “visione sistemica e la consapevolezza che ogni ritardo aumenta la portata delle crisi e i costi della transizione“.

Di raddrizzare la rotta senza “compromettere tenuta sistema sociale” parla il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Oggi siamo a ridosso della nascita della nuova Commissione europea“, ricorda, domandando di chiedersi come l’Europa possa sostenere il percorso delle transizioni anche con risorse comuni: “Il governo italiano sa che con maggiore responsabilità e consapevolezza dobbiamo raddrizzare la rotta, che dobbiamo affrontare questa sfida. Anticipiamo le analisi e i rapporti”. A partire da quello sui veicoli più inquinanti, per cui chiede un anticipo della revisione del Green Deal.

Tra il 2010 e il 2023, l’Italia ha registrato peggioramenti per cinque Goal: povertà, disuguaglianze, qualità degli ecosistemi terrestri, governance e partnership. Limitati miglioramenti ci sono stati per: cibo, energia pulita, lavoro e crescita economica, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico e qualità degli ecosistemi marini. Miglioramenti più consistenti riguardano cinque goal: salute, educazione, uguaglianza di genere, acqua e igiene, innovazione. Unico miglioramento molto consistente interessa l’economia circolare.

Sono numerose le proposte di Asvis per migliorare le politiche nazionali ed europee. L’Italia in particolare dovrebbe attuare con urgenza la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile e un Programma per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, mettendo l’attuazione dell’Agenda 2030 al centro delle decisioni politiche. Sarebbe inoltre “essenziale rispettare gli accordi internazionali e garantire una gestione sostenibile degli ecosistemi“. In questo contesto si inserisce la necessità di approvare una Legge sul Clima, per guidare il Paese verso la neutralità carbonica entro il 2050. È essenziale poi dare priorità all’attuazione della Dichiarazione sulle Future Generazioni approvata in sede Onu il 23 settembre: un impegno che dovrebbe coinvolgere maggiormente i giovani nella vita democratica e decisionale del Paese.

L’Italia deve definire un Piano d’accelerazione nazionale per conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, affidandone la responsabilità direttamente alla Presidenza del Consiglio“, precisa la presidente dell’Asvis, Marcella Mallen che, sul fronte sociale, chiede di contrastare la povertà e la precarietà del lavoro, garantire l’assistenza agli anziani non autosufficienti e redistribuire il carico fiscale. “Occorre poi ottimizzare le risorse e l’organizzazione dei servizi sanitari, mitigare l’impatto della crisi climatica sulla salute e affrontare problemi interconnessi come il disagio psichico, le dipendenze e le violenze familiari e di genere. Di pari passo occorre promuovere l’inclusione, potenziare i servizi per l’infanzia. È necessario inoltre aumentare l’occupazione femminile e prevenire le discriminazioni multiple, oltre a ridurre la fragilità sul mercato del lavoro di donne, giovani e immigrati”.

Sul fronte europeo, “riteniamo che il programma 2025 delle attività della Commissione debba essere strutturato come un vero e proprio ‘Piano di accelerazione trasformativa’ per il raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030, come richiesto dal vertice ONU del settembre 2023 a tutti i Paesi“, sottolinea il presidente dell’Alleanza, Pierluigi Stefanini. “Il Green Deal europeo rappresenta un elemento irrinunciabile delle politiche dell’Unione – ribadisce -, così come il Pilastro dei diritti sociali“.

G7 Industria, 10/10 secondo vertice a Roma. Urso: Lavoriamo a sicurezza settori strategici

Africa, intelligenza artificiale, catene di approvvigionamento al centro della seconda ministeriale ‘Industria e Innovazione tecnologica’, il 10 ottobre a Roma.

Il vertice tira le somme di un percorso svolto nel corso dell’anno di presidenza italiana del G7, dal quale “emerge quanto importante sia l’industria, in questo contesto difficile e in evoluzione”, spiega Adolfo Urso presentando il summit.
Nella dichiarazione di Verona i Paesi del G7, ricorda il ministro, “hanno concordato sulla necessità di unire competizione e coordinamento per le catene del valore” e riflette: “I Paesi dell’Occidente devono ragionare su sicurezza e affidabilità in settori considerati strategici, come i semiconduttori, l’Ia, le infrastrutture di interconnessione”.

Nella ministeriale di Roma non si farà solo il punto sui risultati raggiunti dallo scorso marzo, ma si porterà la discussione in avanti.
La prima sessione in programma è sullo sviluppo digitale, per rafforzare la catena del valore tra i paesi del G7 e dell’Africa.
La Presidenza italiana del G7 e l’Undp stanno lavorando alle ultime fasi in vista del lancio dell’AI Hub per lo Sviluppo Sostenibile, che mira a rafforzare gli ecosistemi locali di Ia all’interno dei Paesi africani e accelerare l’innovazione e i partenariati nel settore privato. L’hub aprirà nel 2025 e avrà sede in Italia. Al centro della discussione, le possibili collaborazioni tra i Paesi del G7 e quelli africani per la diffusione dell’Ia nei processi produttivi. Nel corso della sessione, interverranno i rappresentanti di quattro startup africane con Nasrallah Hassan, Co-Founder di Birrama (Etiopia), Tonee Ndungu, Ceo di Kytabu (Kenya), Marouen Hammami, Cto di IrWise (Tunisia), Karim Beguir, Ceo di InstaDeep (Tunisia). Affianco alle startup, interverranno i rappresentanti di alcune grandi aziende, nazionali e multinazionali, che presenteranno ipotesi progettuali da far confluire all’interno dell’Hub: Julien Groues, vice president di Amazon Web Services; Maximo Ibarra, Ceo di Engineering; Farrukh Hussain, Investment Director di Sony Group.

Nella seconda sessione si valuterà la politica industriale come strumento per rispondere a una nuova era di sfide globali. A Verona si era affermata la necessità di lavorare a 7 attraverso la costituzione di un Punto di Contatto sui Semiconduttori dedicato a scambiarsi informazioni e buone pratiche nel settore, per aumentare il coordinamento tra i Sette e rendere questa catena più resiliente, affidabile e colmarne le vulnerabilità. La sessione vedrà i ministri discutere il lavoro del Punto di Contatto e i risultati ottenuti su: come coordinarsi sulla ricerca industriale precompetitiva per garantire che i nostri settori critici rimangano innovativi come richiede la concorrenza globale; come coordinarsi in caso di crisi negli approvvigionamenti; come far fronte alle politiche e pratiche non di mercato. La sessione discuterà anche di come il lavoro svolto sui semiconduttori sia o meno applicabile ad altre filiere interessate da simili dinamiche. Alla riunione, rivolta ai soli rappresentanti governativi, parteciperanno anche i rappresentanti di Paesi Bassi e Repubblica di Corea.

Nella terza sessione, si discuterà di come favorire l’adozione dell’Ia nelle aziende. Il ministro Urso presenterà il Rapporto predisposto dalla Presidenza italiana sulla diffusione dell’Ia nei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese. Perché ci sono alcuni settori, come le tecnologie emergenti (ad esempio l’intelligenza artificiale), in cui le catene di approvvigionamento stanno appena iniziando a svilupparsi. La sessione si propone quindi di discutere come ciascuno dei membri del G7 stia affrontando il tema individualmente, quali azioni si stanno promuovendo e come si potrebbe lavorare per promuovere una visione comune delle filiere tecnologiche emergenti.

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Piano Mattei, Urso in missione in Kenya: Ia, digitale e spazio sul tavolo

Spazio, digitale e intelligenza artificiale sul tavolo della missione di Adolfo Urso in Kenya. Prosegue la missione del ministro delle Imprese e del Made in Italy a Nairobi, per sviluppare il Piano Mattei per l’Africa.

Un programma in cui la transizione digitale riveste “grande rilevanza“, spiega Urso al presidente dell’Assemblea Nazionale, Moses Wetang’ula. Il Kenya potrà giocare nell’intera regione, assicura, “un ruolo da protagonista nello sviluppo di investimenti abilitanti l’intelligenza artificiale“, anche attraverso il progetto dell’AI Hub for Sustainable Development. Urso rilancia l’importanza del Gruppo di amicizia parlamentare tra Italia e Kenya e manifesta disponibilità a sviluppare una cooperazione, a partire dall’esperienza italiana, su come valorizzare il Made in Kenya.

Dopo Wetang’ula, il ministro incontra il ministro della Difesa keniota, Soipan Tuya, in vista della visita, prevista per domani, al Centro Spaziale ‘Luigi Broglio’ di Malindi, ricordando l’esperienza ormai più che sessantennale in materia, che “testimonia l’importanza di relazioni strategiche”, sottolinea. Con lui, in visita ufficiale, ci sono l’ambasciatore Roberto Natali, il presidente dell’Asi, Teodoro Valente, il consigliere militare del presidente del Consiglio e segretario del comitato interministeriale sullo Spazio, Franco Federici. Non manca una rappresentanza di grandi imprese italiane del settore aerospaziale (l’ad di Avio, Giulio Ranzo, il direttore del settore spazio di Leonardo, Massimo Claudio Comparini, l’ad di Telespazio, Gabriele Pieralli, e il delegato per l’Aerospazio di Confindustria, Giorgio Marsiaj).

Possibili forme di cooperazione sull’intelligenza artificiale e in campo digitale sono anche il focus del bilaterale con la ministra dell’Informazione, Margaret Ndung’u. “Il Kenya è il Paese che ha maggiormente risposto al programma pilota di accelerazione per startup africane ‘AI Hub for Africa‘”, ricorda Urso. Si tratta della prima applicazione pratica delle conclusioni della ministeriale G7 a Verona di marzo scorso: 117 candidature, da parte di altrettante startup keniane, per iniziative nel campo dell’Ia che comporteranno riflessi positivi sulle aree prioritarie del Piano Mattei per l’Africa, tra cui l’agricoltura sostenibile, l’istruzione e la formazione e l’azione per il clima. Il governo del Kenya è tra quelli invitati alla seconda ministeriale G7 Industria e Innovazione Tecnologica, in programma a Roma il prossimo 10 ottobre.

Tra gli incontri istituzionali del ministro, anche quello con il responsabile degli Investimenti, del Commercio e delle Industrie, Salim Mvurya. La comunità imprenditoriale italiana nel Paese africano “è vasta“, ricorda Urso, e “ben integrata nel tessuto economico-sociale keniano“. Nell’ambito del Piano Mattei, Roma valuta collaborazioni con Nairobi su nuovi settori, ulteriori a quello dello spazio per il quale quest’anno ricorrono i primi 60 anni di cooperazione tra i due Paesi, tra cui la produzione di biocarburanti o l’approvvigionamento delle materie prime critiche necessarie alla duplice transizione, ecologia e digitale.

Auto, Germania frena su revisione target. Ma Urso festeggia: “Si allarga consenso su iniziativa”

La giornata bruxellese del ministro Urso inizia con una mezza doccia fredda e finisce con una certa soddisfazione. Le dichiarazioni in mattinata del sottosegretario all’Economia e all’Azione climatica tedesco, Sven Giegold, non fanno partire con il piede giusto il Consiglio Competitività dell’Ue per il ministro delle Imprese e del Made in Italy: “Abbiamo visto la stampa italiana riportare alcune osservazioni dall’Italia, ma anche dalla Germania. Ma ci sono malintesi che vorrei chiarire: la Germania non vuole indebolire le norme sul clima, che fanno parte del regolamento. Per noi gli obiettivi climatici sono fondamentali e vediamo già nel mercato automobilistico il grande pericolo che i produttori di Auto europei vengano superati dai veicoli elettrici di altri Paesi. Quindi chiaramente non è nostro obiettivo mettere in discussione l’eliminazione graduale del motore a combustione al 2035; non chiediamo nuovi biocarburanti che, se si calcola veramente, non sono climaticamente neutri, producono gas serra dal suolo. E quindi ciò di cui abbiamo bisogno è la neutralità tecnologica, sì, ma per soluzioni climatiche a zero emissioni di carbonio anche per le Auto. C’è quindi una differenza“. E chiarisce ancora: “Tuttavia è prevista una revisione e naturalmente chiediamo, come ha annunciato la presidente della Commissione, che questa revisione venga effettuata ma c’è bisogno della raccolta di dati. Quindi abbiamo avuto una conversazione amichevole con il ministro Urso, ma non è lo stesso spirito: noi non prendiamo di mira il target 2035“.

Un piccolo intoppo, che però non frena il percorso di Urso. Che spiega che “non c’è stata nessuna incomprensione con Berlino” e che “la via maestra, quella di mantenere il target del 2035, va sostanziata con adeguate misure. Su quello tutti siamo d’accordo“. A fine giornata, poi, arriva una ventata di positività: una sufficiente maggioranza di Paesi potrebbe sostenere la proposta italiana di chiedere l’anticipazione ai primi mesi del 2025 dell’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2. Anzi, addirittura, segnala il Mimit, si è registrato un “largo consenso“. Per ora le interlocuzioni del ministro Urso sono a livello bilaterale e nella riunione del Consiglio di oggi non c’è stato un dibattito sulla questione. Come spiegato in conferenza stampa da Mate Loga, ministro per la Strategia economica dell’Ungheria, Paese che ricopre il semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue. “Il settore automobilistico, in relazione agli obiettivi climatici, non è stato al centro della discussione odierna”, ha detto. In generale, “la competitività, le sfide industriali e tecnologie e le sfide climatiche davanti al settore automobilistico, sono stati temi di discussione. Ma scadenze precise o argomenti come quello” relativo agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto “non sono stati oggetto della nostra discussione“, ha precisato. I colloqui di Urso ora andranno avanti perché possano sfociare in un documento da sottoporre poi al Consiglio.

Nello specifico, il ministro “ha incontrato il ministro della Spagna per Industria e Turismo, Jordi Hereu; il ministro dell’Austria del Lavoro e l’Economia, Martin Kocher; il ministro dei Paesi Bassi per l’Economia, Dirk Beljaarts; il ministro dell’industria della Romania, Ștefan-Radu Oprea; il ministro dell’industria di Malta, Silvio Schembri; il vice ministro della Polonia per lo Sviluppo economico e la tecnologia, Ignacy Nemczycki. In tutti i bilaterali si è segnata una convergenza sulla necessità di un intervento, raccogliendo anche le indicazioni del report Draghi, e si è registrato un largo consenso sulla opportunità di anticipare l’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2 ai primi mesi del 2025, passaggio necessario per rivedere e rafforzare per tempo il percorso per il raggiungimento dei target del regolamento. Proposta che sarà uno dei pilastri del ‘non paper’ che l’Italia condividerà con altri Paesi nelle prossime settimane“, ha specificato il ministero in una nota arrivata a fine giornata. Intanto, la posizione italiana ha trovato riscontro nel corso della discussione del Consiglio, anche da parte dei rappresentanti di Slovacchia, Repubblica Ceca e Lettonia, che hanno rilevato la necessità di dotarsi di strumenti adeguati a sostenere l’industria europea, così come avvenuto ieri nel corso del colloquio con il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. La medesima convergenza si è registrata, con diversi Paesi, anche sulla revisione delle regole del Cbam, con un focus sul settore siderurgico. Insomma, una giornata iniziata male si conclude con segnali positivi per il ministro, in attesa del responso degli altri Paesi sul suo non paper.

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Moda, nuovo sostegno da 15 mln per transizione green

Dopo il pacchetto di aiuti presentato ad agosto, va dalla moratoria sui debiti, alla cassa integrazione, passando per una sanatoria sui crediti R&S e la promozione all’estero, con il sostegno all’economia circolare, Adolfo Urso cala un’altra carta buona per il comparto moda.
In un decreto interministeriale a doppia firma con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro delle Imprese e del Made in Italy dispone le modalità di attuazione per sostenere la transizione ecologica e digitale delle imprese del settore tessile, della moda e degli accessori nel Paese. Alla misura sono destinati 15 milioni di euro.

Le agevolazioni alle imprese beneficiarie – identificate con i codici Ateco – saranno concesse sotto forma di contributo a fondo perduto, per (al massimo) il 50% delle spese ammissibili e nel limite di 60mila euro, per l’acquisizione di prestazioni specialistiche. Potranno cioè essere finanziate con questi fondi le attività di formazione del personale dipendente dell’impresa; l’ implementazione di una o più tecnologie abilitanti finalizzate a favorire lo sviluppo dei processi aziendali o i prodotti innovativi (come cloud computing, big data e analytics, intelligenza artificiale, blockchain, robotica avanzata e collaborativa, manifattura additiva e stampa 3D, Internet of Things, realtà aumentata, soluzioni di manifattura avanzata, piattaforme digitali per condivisione di competenze, sistemi di tracciabilità digitale della filiera produttiva), l’ottenimento di certificazioni di sostenibilità ambientale e i servizi di analisi di Life Cycle Assessment (LCA).

L’industria italiana della moda, “ha bisogno di particolare attenzione“, spiega Urso, descrivendo il provvedimento come un “tassello importante” di un più ampio piano di sostegno al settore, ma anche per accelerare gli investimenti nella transizione e sviluppare le competenze richieste per affrontare queste sfide.

La misura sarà gestita da Invitalia che, per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, svolgerà l’istruttoria per l’ammissione alle agevolazioni. Con successivo provvedimento del Mimit saranno fissati i termini per la presentazione delle domande di agevolazione e fornite eventuali ulteriori specificazioni per la corretta attuazione dell’intervento.

Il green di Draghi si sposa con le richieste di Urso e Pichetto

Nel presentare il suo rapporto sulla competitività dell’Unione, Mario Draghi ha lanciato un grido d’allarme: o l’Europa cambia e subito e senza tentennamenti, oppure è destinata a diventare marginale sul palcoscenico mondiale. Di per se stesso non è nulla di assolutamente inedito: che a Bruxelles e Strasburgo debbano modificare atteggiamenti, uscire dalla campana di vetro e mettersi al passo con i tempi (e i concorrenti: Cina, Usa, India, i Brics) lo avevano capito anche i sassi, come riuscirci invece è fardello di chi governa i vari Paesi. L’ex premier ed ex presidente della Bce ha scattato la sua fotografia della situazione e si è solo peritato di mettere fretta a chi – nei prossimi mesi – sarà chiamato a decidere che strada prendere. E’ finita la stagione dei tentennamenti e, forse, pure quella dell’ideologia estrema e della burocratizzazione.

Su tutto e sopra tutto c’è il problema dei denari: circa 750-800 miliardi di investimenti aggiuntivi annui in più rispetto a quelli pianificati per fare in maniera che la Ue non si sgonfi. E possa contare su innovazione e transizione. Nel silenzio quasi assoluto e proprio per questo assordante che è calato all’improvviso sulla questione green, Draghi ha avuto il coraggio di affrontare il tema dell’energia pulita, quindi della decarbonizzazione. Che, per l’ex presidente del Consiglio, è una opportunità da cogliere e non da gettare alle ortiche. Come? Abbassando i prezzi dell’energia di cui sopra e dando vita a un’innovazione verde che esalti il ruolo dell’economia circolare.

Numeri alla mano, dal report Draghi emergono cifre tanto grandi quanto ampiamente prevedibili perché la transizione green ha costi elevatissimi. Per le quattro maggiori industrie ad alta necessità di energia, le EII (chimica, metalli di base, minerali non metalliferi e carta), si prevede che la decarbonizzazione costerà complessivamente 500 miliardi di euro nei prossimi 15 anni, mentre per le ‘hard to abate’ del settore dei trasporti (marittimo e aereo) il fabbisogno di investimenti è di circa 100 miliardi di euro all’anno dal 2031 al 2050.

Una riflessione, quella di Draghi, che arriva il giorno dopo la richiesta avanzata dal ministro Adolfo Urso di spostare in avanti la ‘fine’ del motore endotermico (oltre il 2035) ‘spalleggiato’ dal ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e dal ministro Gilberto Pichetto Fratin di rivedere il meccanismo relativo alle case green. Anche qui, nulla di inedito ma anche nulla che si possa ulteriormente procrastinare perché certe posizioni oltranziste del precedente esecutivo di Bruxelles ormai sembrano vecchie di secoli e andranno (andrebbero) a gravare sulle tasche dei cittadini. Ai quali verrà già chiesto in qualche modo di contribuire ai quei 750-800 miliardi in più della ‘dieta’ Draghi.

Ultimatum Urso a Stellantis: “Risposte veloci o fondi altrove”. Il gruppo: “Governo crei le condizioni”

Il governo ha fatto la sua parte, Stellantis no“. Dal meeting di Rimini, le parole di Adolfo Urso trasudano stanchezza e suonano come un ultimatum per la multinazionale. L’obiettivo di produzione non è stato rispettato e le garanzie per impianti e lavoratori non arrivano. Così come non arrivano risposte sui piani produttivi in Italia, attese “da troppo, lungo, tempo“, scandisce il ministro.

L’inquilino di palazzo Piacentini ricorda che, a giugno dell’anno scorso, Carlos Tavares gli aveva avanzato due richieste: la prima era di di rimuovere l’ostacolo dell’Euro 7 (“ci siamo riusciti, ribaltando la maggioranza in Europa“, rivendica), la seconda di elaborare un piano incentivi commisurato alla produzione in Italia (“abbiamo fatto un piano incentivi da un miliardo”). Entrambe le richieste sono state soddisfatte, la contro-richiesta era di produrre in Italia almeno un milione di veicoli. Così non è stato.

Ma con lavoratori e sindacati col fiato sul collo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy non può fare altro: “Stellantis deve dare una risposta e a breve. Se non ci risponde sulla Gigafactory a Termoli, le risorse destinate, provenienti dal Pnrr, saranno dirottare altrove“, assicura. La joint venture ACC (Automotive Cells Company composta da Stellantis, Mercedes e TotalEnergies) aveva infatti concordato con i sindacati l’obiettivo di assumere i dipendenti Stellantis presenti nel comune molisano in via prioritaria per il nuovo stabilimento in cui si produrranno batterie elettriche.

Urso non risparmia frecciate ai vertici del gruppo, recentemente sommersi dalle polemiche sugli stipendi da capogiro dei manager. “Io credo che un po’ responsabilità sia in vostra“, ironizza con gli organizzatori del Meeting. “Se aveste invitato il Tavares, forse avrebbe compreso meglio cosa significa a fare impresa sociale, perché io penso che il compenso dei manager dovrebbe essere commisurato non soltanto ai dividendi degli azionisti, ma anche alla sostenibilità sociale del Paese, agli occupati che impiega“, affonda. In altre parole, come ripete spesso, “profitto sì, ma non a tutti i costi“.

La risposta di Stellantis non si è fatta attendere. Il gruppo, infatti, “rimane concentrato sull’esecuzione del piano per l’Italia per i prossimi anni, già comunicato ai partner sindacali, che include progetti importanti come quello per Mirafiori 2030”. Sostanzialmente, l’obiettivo “è quello di lavorare insieme a tutte le parti interessate per affrontare i principali impatti dell’elettrificazione e della crescente concorrenza nel contesto di un mercato europeo che è ben al di sotto dei livelli pre-pandemia e che non consentirà alla produzione di tornare a crescere immediatamente come la nostra industria sta affrontando a livello globale in Europa”.

Poi, la stoccata all’esecutivo. “È essenziale che tutti gli attori della catena del valore, compreso il Governo – è l’affondo di Stellantis – contribuiscano a creare le giuste condizioni per la competitività, la dinamica del mercato e anche per la tranquillità, indispensabili per realizzare la transizione epocale che la mobilità sta vivendo”.

Per quanto riguarda ACC per Termoli, il gruppo assicura che “attualmente sta potenziando il progetto della Gigafactory, oltre a quella in Germania, al fine di introdurre una nuova tecnologia per la produzione di celle e moduli, in modo da essere in linea con l’evoluzione del mercato”. Da parte di Stellantis, “sono state prese diverse decisioni per aumentare il carico di lavoro dei componenti ibridi a Termoli”.

Stellantis è al momento l’unico produttore in Italia. “Da lì dobbiamo partire, ma sappiamo che non basterà“, afferma Urso, che non ha mai negato di essere in trattativa con altre case automobilistiche interessate a produrre in Italia. “Un’unica casa – sottolinea il ministro – non può fornire a un Paese comunitario tanti modelli da soddisfare tutte le esigenze che noi speriamo che produca“. Per sostenere la filiera dell’automobile, “serve almeno un altro produttore”, perché, insiste, “si deve raggiungere un livello produttivo di almeno 1.400.000, 1.500.000 di autoveicoli prodotti e non solo assemblati nel nostro Paese“.

Accanto, Luigi Sbarra rincara la dose: “Aspettiamo qualche segnale preciso da Stellantis, tirare troppo la corda è pericoloso“, chiosa. Per il segretario generale della Cisl, tutti gli stabilimenti italiani sono in questo momento in sofferenza: “C’è sofferenza a Melfi, paura a Mirafiori e Cassino, c’è difficoltà a Pomigliano“. La richiesta al Gruppo è di presentare un progetto “chiaro” di visione industriale e dare garanzie sugli occupati. Quella al governo è di “accelerare” sull’accordo trilaterale, perché “incertezza e silenzio non sono più tollerabili. Mentre il medico studia, il malato rischia di morire“.