Stellantis, Pd-Avs-M5S per entrata dello Stato, c.destra e Iv frenano. Sindacati: Serve tavolo

La bomba Stellantis deflagra nel dibattito politico italiano. A far detonare la polemica è il botta e risposta dai toni decisamente duri tra l’ad del gruppo, Carlos Tavares, e il ministro Adolfo Urso. Al manager che, in sintesi, attribuisce ai governi lo scarso appeal del mercato delle auto elettriche per la scarsità degli incentivi, il responsabile del Mimit replica in maniera puntuta: “Se chiede che l’Italia faccia come la Francia, che ha cambiato la sua partecipazione statale, ce lo chieda e possiamo ragionare insieme”. Da qui parte, o per meglio dire riparte, il fuoco di fila delle dichiarazioni.

Carlo Calenda, che da tempo cavalca il tema, potendo mettere sul tavolo anche la sua esperienza al Mise, ingrana la marcia: “Oramai è chiaro che Stellantis è francese e che tratterà l’Italia come un qualsiasi altro mercato. Elkann rimane chiuso in uno sprezzante silenzio, parla Tavares perché comanda solo lui”. Il segretario di Azione ha un’idea chiara sul da farsi: “La risposta del governo al ricatto di Stellantis non deve essere quella di farsi trascinare in un’asta annuale a rialzo sui sussidi pubblici”, piuttosto serve un “Piano competitività nazionale per tutte le aziende articolato su tre punti: industria 4.0 allargata ad ambiente ed energia, formazione 4.0, messa a terra degli Its su cui si sta andando lentissimi e diminuzione del costo dell’energia attraverso la redistribuzione dei proventi delle aste Ets come fanno in Germania”.

Molto attivo è anche l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando. “E’ importante stabilire una linea, magari prendendo per buona la sfida di Tavares ed entrando nel capitale e nel Consiglio di amministrazione, ma mettendo condizionalità sugli incentivi e sui trasferimenti”. Dura anche la segretaria dem, Elly Schlein: “Il governo non può tacere di fronte alle minacce dell’ad, gli incentivi siano condizionati in modo vincolante alla tutela dei posti di lavoro e alla riduzione delle emissioni”. Inoltre, è il momento di “studiare concretamente la strada della partecipazione pubblica per incidere sulla strategia aziendale”. A Schlein, però, replica Calenda. “No Elly, Tavares non ha lanciato una sfida, ha lanciato una minaccia e un ricatto incentivi contro posti di lavoro sulla pelle di 40mila lavoratori. E’ ora che il Pd si faccia sentire”.

Anche Avs apre all’entrata dello Stato. “Con le condizioni di un piano industriale verso l’elettrico, sarebbe un’ipotesi da prendere in considerazione”, spiega Angelo Bonelli. Per il M5Ssenza uno straccio di politica industriale, il governo Meloni non può che fare la figura dello zimbello degli Elkann e dello Stato francese”, sostiene il vicepresidente pentastellato, Mario Turco, secondo il quale “una presenza dello Stato nel capitale della società si rende necessario, a patto che si sia in grado di impostare una politica industriale”.

Non la pensano così in maggioranza. Di sicuro non in Forza Italia: “D’accordo tutelare l’occupazione ma noi siamo per liberalizzazioni e privatizzazioni. Adesso che cosa facciamo, entriamo nel capitale delle aziende private?”, mette in chiaro il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, intervistato da Affaritaliani.it. Fratelli d’Italia se la prende con Tavares: “Continua a lamentarsi della mancanza di incentivi all’elettrico, ormai sembra un disco rotto”, dice il senatore Gianpietro Maffoni. La Lega non si esprime sulla partecipazione pubblica, ma fa sapere che sarà attenta alla difesa dei diritti di tutti i lavoratori: “Le aziende che per anni hanno incassato miliardi non si permettano di minacciare o ricattare”. Voce fuori dal coro delle opposizioni è quella di Italia viva: “Appartengo a quella sparuta minoranza che ritiene piuttosto che lo Stato sia stato più spesso un problema che una soluzione“, sostiene il deputato ed economista, Luigi Marattin.

Oltre alla politica ci sono anche i sindacati. Fiom e Cgil non sarebbero contrari a una partecipazione pubblica in Stellantis, ma chiedono che Meloniconvochi un incontro con Tavares e sindacati per parlare di quello che conta veramente: livelli di produzione e occupazione negli stabilimenti italiani”. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, chiede all’esecutivo di farsi “garante di un patto tra istituzioni, impresa e sindacati sul rilancio del settore auto nel nostro Paese”. Va più sul pratico il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri: “La nostra prima preoccupazione è sui livelli occupazionali, ma continuiamo a ritenere che questo governo abbia poche idee e confuse. Come si fa a dire che vendiamo pezzi di Eni e Poste ma compriamo un pezzo di Stellantis? – si domanda -. Si parla di incentivi, ma per cosa: per comprare auto che vengono dalla Cina? Incentivi alla produzione o agli investimenti? Occorre avviare un confronto con sindacati, azienda e governo chiarendo le linee di politiche industriali per i prossimi anni”. La partita, comunque, resta aperta e il triplice fischio decisamente molto lontano.

Pnrr, ok Ue a quarta rata e RePowerEu. Meloni esulta: “21 miliardi, una seconda manovra”

Era nell’aria, ma ora è ufficiale. La Commissione approva le modifiche presentate dal governo al Pnrr italiano legato alla quarta rata e, contestualmente, anche il capitolo aggiuntivo del RePowerEu. Proprio il documento strategico per l’indipendenza energetica, secondo Bruxelles, “copre in modo completo i sei pilastri dello strumento” di rilancio economico, vale a dire transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, sanità e resilienza economica, sociale e istituzionale e politiche per le generazioni future.

Ci sono anche altre novità legate al RePower, perché “aumenta di dimensioni” in termini di risorse, spiega il ministro titolare del dossier, Raffaele Fitto, passando dai 2,7 miliardi di euro iniziali a 2,88 miliardi grazie all’aggiunta di “una piccola unità di calcolo di altri 100 milioni di euro”; e aumenta come contenuti: “Ora esistono sette nuove riforme che si aggiungono alle cinque già previste”. Il surplus, però, non avrà effetti immediati. “Non cambia l’importo della quarta rata” da 16,5 miliardi di euro, chiarisce l’esecutivo comunitario: “Le modifiche del totale da destinare all’Italia riguardano gli importi dalla quinta rata in poi”.

La sostanza comunque non cambia, perché tirando le somme, il governo “mette a disposizione della crescita economica italiana altri 21 miliardi di euro”, in pratica “una seconda manovra economica in gran parte destinata allo sviluppo e alla competitività del tessuto produttivo italiano”, dice la premier, Giorgia Meloni, alle associazioni datoriali, convocate a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Bilancio 2024. “Abbiamo lavorato a una manovra consapevoli che parallelamente stavamo trattando con la Commissione europea la revisione del Pnrr”, spiega ancora la presidente del Consiglio. Lasciando intendere che la strategia dell’esecutivo è sempre stata quella di viaggiare su un doppio binario: “Abbiamo verificato le criticità e le abbiamo superate, abbiamo fatto in modo che tutti i soldi del Pnrr venissero spesi nei tempi e quindi abbiamo concentrato le risorse sulla crescita e la modernizzazione della nazione e mi pare che il risultato, sul quale in pochi scommettevano, dice che non era una scelta sbagliata”, rivendica ancora Meloni. Che ringrazia Bruxelles: “La Commissione è stata sicuramente rigida per certi versi, ma molto aperta alla possibilità che queste risorse fossero spese nel migliore dei modi”.

Entrando nel concreto, ci sono “12,4 miliardi di euro assegnati al sistema delle imprese, 6,3 miliardi alla transizione 5.0, 320 milioni per il supporto alle pmi per l’autoproduzione di energia e fonti rinnovabili e 2 miliardi per i contratti di filiera in agricoltura”, elenca Fitto. E ancora: “2,5 miliardi di euro per il supporto al sistema produttivo, 850 milioni di euro per il parco agrisolare e 308 milioni per il fondo tematico per il turismo”. Inoltre, “un’altra proposta molto qualificante è quella della rimodulazione, d’intesa con la struttura commissariale, di 1,2 miliardi destinati nella gestione destinati all’alluvione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Esistono poi investimenti per 5,2 miliardi sul fronte delle reti delle Infrastrutture, 1,8 miliardi per la realizzazione e il rafforzamento strategico delle reti elettriche e del gas, oltre 1 miliardo agli interventi per la perdita e la riduzione idrica, oltre 1,1 miliardi per l’acquisto di nuovi treni ad emissioni ridotte, 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali e 920 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove scuole”.

Nella rimodulazione ci sono anche “1,380 miliardi destinati alle famiglie a basso reddito per l’efficientamento energetico e l’edilizia abitativa”. Fitto assicura che “nei prossimi giorni definiremo gli ultimi aspetti per giungere alla definizione del pagamento della quarta rata del Pnrr entro il 31 dicembre”, stessa data entro cui il governo è convinto di poter “raggiungere i target della quinta rata” e quindi “fare la richiesta di pagamento”.

A esultare è tutta la squadra di Meloni. “Con la riprogrammazione del Pnrr sono ulteriori 12,4 i miliardi per le imprese, di cui quasi 10 miliardi sui progetti del Mimit”, dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che vede lievitare al 30% la quota di fondi per il suo dicastero. “Quasi 10 miliardi che si aggiungono ai 19 miliardi già assegnati e agli 8 del fondo complementare, per un totale di 37 miliardi in dotazione al Mimit – riepiloga Urso -. Risorse decisive per sostenere la competitività del sistema produttivo. Destineremo così altri 6.4 miliardi a transizione 5.0 per un totale di 13,3 miliardi per l’innovazione tecnologica tra fondi Pnrr e nazionali (6.8 miliardi) già in Bilancio nel biennio 2024/2025“.

Logistica, Confetra: Serve piano per decarbonizzare movimentazione urbana merci

La parola d’ordine è “decarbonizzazione della movimentazione urbana delle merci“. L’assemblea pubblica 2023 di Confetra, la Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica, dedicata alla sostenibilità, indica la rotta per un settore che ha bisogno di una “transizione verde che parta da un progetto nazionale“. I numeri indicano il sentiero, perché “ci sono forti motivazioni per concentrare l’attenzione sulla decarbonizzazione del trasporto urbano e, in particolare, di merci, per la forte concentrazione di emissioni“. A livello nazionale, rispetto al complessivo trasporto stradale, “secondo i dati del Cluster Trasporti, quello urbano presenta una quota del 23,1% di veicoli/km e del 30,7% di emissioni di gas serra. Se si guarda al solo trasporto urbano, quello riguardante le merci ha una quota di veicoli/km del 17,3% e di emissioni del 32,5%“.

Inoltre, va considerato che “ci sono anche favorevoli condizioni di contesto“, per cui “lanciare un progetto nazionale di sperimentazione nei centri urbani e metropolitani di decarbonizzazione della distribuzione delle merci sarebbe certamente utile e propedeutica alla complessiva politica di transizione energetica“, spiega Confetra. “A patto che tutto non si risolva solo con l’allargamento delle Ztl o l’aumento delle tariffe di accesso – spiega il presidente, Carlo De Ruvoserve anche una trasformazione tecnologica e un quadro coerente e compatibile con i flussi di merci a monte e la distribuzione a valle. Bisogna stabilire dei principi fondamentali sui quali poi costruire una politica dedicata e ridurre la disomogeneità di regolamentazione (criteri tecnici, tariffazione, orari di accesso per il carico e lo scarico) della mobilità delle merci nei centri urbani“. Ma il messaggio principale che esce dall’assemblea 2023 è che occorre “fare molta chiarezza“, come dice il direttore generale, Giuseppe Mele. Perché “Molte aziende non sanno ancora esattamente come orientarsi sulla sostenibilità, mentre c’è l’esigenza di capire quali tecnologie utilizzare e quali costi dover sostenere. E le istituzioni dovrebbero cercare di rendere più chiaro il quadro, approfondire, su settori molto complessi come il trasporto e la logistica, gli elementi di base per poter procedere ad una effettiva decarbonizzazione delle loro attività”.

In questo contesto, uno dei punti su cui il governo ripone le maggiori aspettative è il piano Industria 5.0: “Nella legge di Bilancio ci sono le risorse“, sottolinea il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Intendiamo incrementarle con la riprogrammazione dei fondi del Pnrr, così da giungere a una dotazione, nel 2024 e 2025, di 6 miliardi l’anno, tra risorse nazionali e quelle del Pnrr provenienti dal RePowerEu“. Fondi che “riteniamo possano essere decisivi per supportare e incentivare le imprese nell’ammodernamento tecnologico e nella formazione del proprio personale, quello che abbiamo definito Transizione 5.0“.

Poi c’è la sfida della tecnologia, di cui parla il vicepremier, Matteo Salvini. “Io sto finanziando l’installazione delle colonnine per la ricarica delle auto, l’anno prossimo in Lombardia ci sarà il primo treno a idrogeno, ma se mi domandano ‘possiamo trasformare tutta la logistica in elettrico o idrogeno?’ rispondo che è una fesseria: l’elettrico può essere una delle componenti“, avverte il responsabile del Mit. Secondo valutazioni della Confetra su scenari possibili di immatricolazione di nuovi veicoli elettrici di trasporto merci (Motus E), nel periodo 2024-2030 potrebbero entrare in esercizio poco meno di mezzo milione di veicoli leggeri e poco meno di centomila veicoli pesanti, con un investimento complessivo, in termini di Tco (Total Cost of Ownership per tipologia di veicolo), stimato in oltre 45 miliardi di euro, la cui sostenibilità richiederebbe, ipotizzando un’incidenza media del 20-25% degli incentivi diretti e indiretti, sui costi di acquisto ed esercizio dei veicoli, per circa 9-11 miliardi di euro. “Cifre significative, anche se da verificare, sulle quali occorre riflettere attentamente sui relativi impatti sul bilancio pubblico e soprattutto su quelli aziendali“, mette in chiaro la Confederazione.

C’è poi un altro nodo da sciogliere, che riguarda i valichi alpini. “Un tema per noi importantissimo – avvisa De Ruvo -. Ogni limitazione al transito delle merci risulta davvero critico. Oggi, con la crisi climatica e l’aumento delle frane, stanno aumentando in modo esponenziale le chiusure, anche parziali o temporanee, e questo sta ulteriormente aggravando la situazione. Almeno per il contenzioso con l’Austria sul Brennero andrebbe risolto da un’iniziativa dell’Ue che deve poter garantire il libero accesso delle merci nel mercato unico europeo“.

Trimestre anti-inflazione su carrello spesa da ottobre: firmata intesa Mimit-Gdo

L’obiettivo è ridurre l’inflazione, che in questi mesi sta colpendo soprattutto i beni di largo consumo, dunque le fasce più deboli. Dal 1 ottobre prossimo, dunque, scatterà il ‘trimestre anti-inflazione’ sul carrello della spesa, frutto di un protocollo di intesa siglato oggi dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con i rappresentanti delle associazioni della distribuzione moderna e del commercio tradizionale, che servirà a contenere i prezzi di alcuni prodotti, oltre a specifiche politiche di sostegno al settore. Tra i firmatari ci sono Federdistribuzione, Associazione nazionale cooperative dei consumatori Coop, Associazione nazionale cooperative fra i dettaglianti, Confcommercio-Imprese per l’Italia, Fiesa Confesercenti, Federfarma, Assofarm, Federazione farmacisti e disabilità onlus, Mnlf, Culpi, Federazione nazionale parafarmacie italiane e Unaftisp.

Entrando nel dettaglio, alla data del 10 settembre prossimo, assieme alle associazioni che hanno sottoscritto l’accordo, dovranno essere definite le modalità del trimestre, che durerà fino 31 dicembre. Il protocollo riguarda anche beni primari non alimentari come i prodotti per l’infanzia e prevede prezzi calmierati su una selezione di articoli che rientrano nel cosiddetto ‘carrello della spesa’ attraverso differenti modalità. Ad esempio prezzi fissi, attività promozionali sui prodotti individuati, o iniziative sulla gamma di prodotti a marchio come carrelli a prezzo scontato o unico. “Con il paniere calmierato siamo convinti di poter dare un definitivo colpo all’inflazione riconducendola a livelli naturali“, commenta Urso. Che, cita gli ultimi dati dell’Ocse, secondo i quali “l’inflazione in Italia nell’ultimo mese scende dal 7,6% al 6,4%, con un calo di 1,2 punti percentuali, maggiore a quello registrato nell’area Ocse dove l’indice dei prezzi al consumo si è ridotto in media dello 0,8%. Un trend consolidato – sottolinea – proprio grazie all’effetto del costante monitoraggio dei prezzi effettuato dal ministero, con i nuovi poteri conferiti dal decreto trasparenza di gennaio”.

Ma anche, riconosce Urso, “all’impegno già in atto della filiera della distribuzione e del commercio, che in questi mesi ha svolto un ruolo importante nel contenimento dei prezzi e nella tutela del potere di acquisto delle famiglie“. Per il responsabile del Mimit, però, “un contributo centrale in questo processo lo svolgono anche le associazioni dei consumatori, con cui condividiamo un percorso virtuoso nell’affrontare questa sfida”. Oltre al trimestre, il ministero delle Imprese e del Made in Italy istituirà anche un tavolo permanente che potrà coinvolgere altri dicasteri, con l’obiettivo di approfondire tematiche specifiche del settore della distribuzione moderna e del commercio tradizionale, per superare gli ostacoli che impediscono una maggiore efficienza nelle attività d’impresa. “La prima riunione si svolgerà entro settembre“, annunciato Urso.

Differenti le reazioni all’iniziativa. “Avevamo condiviso con il governo i contenuti di un protocollo anti-inflazione ed eravamo pronti a firmare, ma abbiamo dovuto prendere atto del no da parte dell’industria di trasformazione“, spiega il presidente di Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli. “Ciononostante – continua -, con grande senso di responsabilità, abbiamo deciso di proseguire il percorso già iniziato per trovare insieme alle istituzioni soluzioni concrete di contrasto all’inflazione, con l’obiettivo di tutelare le famiglie e la tenuta dei consumi“. Per l’Unione nazionale consumatori si tratta di “una sceneggiata”, tuona il presidente, Massimiliano Dona. “Un’operazione di marketing e di facciata fatta dal ministro Urso solo per poter dire agli italiani, attraverso spot su tutti i canali media, di essere intervenuto contro l’inflazione ma che è priva di qualunque impegno concreto e di effetti reali per le tasche degli italiani“, rincara la dose. Mentre Confapiapprezza il lavoro sinora svolto dal ministro e dal Mimit per cercare soluzioni che mitighino gli effetti dell’inflazione“, afferma il presidente, Cristian Camisa.

Fiesa Confesercenti, che partecipa all’accordo, sottolinea il ruolo fondamentale delle imprese della distribuzione, ma “allo stesso tempo – spiega il presidente Daniele Erasmi – ci aspettiamo un’operazione di monitoraggio su tutta la filiera, perché la distribuzione non sia lasciata sola ad affrontare la spinta dei prezzi. L’auspicio, anzi, è che l’intera filiera aderisca all’iniziativa”. Infine, Assoutenti plaude all’esecutivo, cui chiede di “mettere in campo ogni sforzo possibile, attribuendo più poteri a Mister prezzi e bloccando le speculazioni che si registrano in settori strategici e poco concorrenziali come carburanti, energia, assicurazioni e banche”. Ma, anticipa il presidente, Furio Truzzi, “contro produttori e industrie che si oppongono al paniere anti-inflazione stiamo valutando un esposto all’Antitrust, per la possibile fattispecie di cartello a danno dei consumatori”.

Carburanti, aumenti di 4 cent: niente taglio accise. Urso: “Prezzo medio cambierà tutto”

Non ci sarà un nuovo intervento sulle accise, contro l’aumento dei carburanti il governo punta tutto sul cartello del prezzo medio. La conferma arriva dalla viva voce del ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, che fa il punto assieme al Garante dei prezzi, Benedetto Mineo, per spiegare che la situazione italiana è migliore di molte altre a livello europeo. Il costo “è cresciuto di 4 centesimi nell’ultima settimana“, mette subito in chiaro il responsabile del Mimit, mostrando grafici che dimostrano la differenza con Paesi dell’eurozona come Spagna, Francia e Germania. Gli aumenti “sono conseguenza dell’incremento delle quotazioni internazionali, che comunque rimangono ben lontane da quelle precedenti al momento in cui siamo riusciti a convincere la Commissione Ue a porre tetto al prezzo del gas“, sottolinea Urso.

Di rimettere mano alle accise, dunque, non se ne parla. O meglio, il governo non ne vede la necessità. “Ci fu un intervento del precedente governo quando i prezzi erano schizzati alle stelle“, dice ancora il ministro, mentre “oggi i dati sono molto diversi, dunque riteniamo che le risorse pubbliche debbano essere destinate laddove ci siano davvero delle emergenze“. La decisione scatena le opposizioni, con Matteo Renzi (Iv) che attacca: “Questo governo ha aumentato la benzina per dare soldi alle squadre di serie A. E per me questa è la dimostrazione più netta di come governino i populisti“. Picchia duro anche il M5S: “I patrioti delle accise fanno cassa sulla pelle degli italiani”. E non è da meno Avs: “Aumenta il costo dei carburanti e Meloni non fa niente”.

I numeri che determinano la scelta li fornisce Mineo: “Secondo i dati di questa mattina, la tendenza che si era già manifestata da metà maggio, nelle ultime due settimane ha subito accelerazione: abbiamo la benzina a 1,91 centesimi per litro e il gasolio a 1,76 centesimi“. Per il Codaconsgli aumenti all’approssimarsi dell’estate rappresentano ormai una tassa occulta”. Figisc-Confcommercio indica la “pressione sui fondamentali di mercato” come causa dei prezzi dei carburanti: nel 2023 le quotazioni del greggio “vanno da un massimo 79,96 euro/barile (87,33 dollari) del 12 aprile ad un minimo di 65,47 (72,50) del 4 maggio; le quotazioni di venerdì 27 luglio sono di 77,19 euro/barile (84,99 dollari)“, quelle dei raffinati, invece, per la benzina registra “un massimo di 0,657 euro/litro il 12 aprile ed un minimo pari a 0,514 il 3 maggio, il 26 luglio si è eguagliato il precedente massimo, ancora con 0,657 euro/litro; per il gasolio si segnala un massimo di 0,794 euro/litro il 23 gennaio ed un minimo di 0,493 ancora il 3 maggio, il dato per il 26 luglio è di 0,663, ma venerdì 27 il mercato segnala un ulteriore aumento nell’ordine di +0,020 euro/litro, portando questo prodotto al valore massimo dall’inizio anno“.

Secondo il ministro, però, se ci sono stati rialzi oltre la media sono da attribuire all’azione di singoli distributori. Ma, assicurano, la musica cambierà dalle prossime 24 ore. Quando entrerà in vigore la norma del decreto Trasparenza del gennaio scorso, dunque tutti gli esercenti saranno obbligati a esporre un cartello aggiuntivo con il prezzo medio dei carburanti, che i consumatori potranno confrontare con quello di vendita applicato dalle singole aree di servizio su indicazione dalle compagnie petrolifere. “C’è un allarmismo assolutamente esagerato”, avvisa il sottosegretario al Mimit, Massimo Bitonci, collegato alla conferenza stampa convocata dal ministro. “Da domani cambia tutto – continua – con la scelta positiva di imporre una maggiore trasparenza dai distributori: il singolo cittadino potrà verificare il prezzo medio giornaliero sia dal sito sia dal tabellone che dovrà essere esposto in tutti i distributori italiani”. Poi, aggiunge Bitonci, “c’è un tema strutturale: da mesi lavoriamo, al tavolo carburanti, alla ristrutturazione della rete”.

Urso e il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, infatti, domani incontreranno “tutti gli attori della filiera, ai quali presenteremo il quadro normativo che intendiamo realizzare per dare un assetto significativo al settore“, spiega. Per il responsabile del Mimit “finalmente stiamo esaudendo le esigenze che gli operatori si attendevano dai tanti governi precedenti“. Sarà una misura “a 360 gradi”, però. Questo vuol dire che per il reperimento delle risorse, dunque per l’approdo in Consiglio dei ministri, “occorrerà qualche settimana in più”, anche se il lavoro con il Mef prosegue in maniera costante.

Oltre al problema dei carburanti, però, c’è sempre quello dell’aumento dei prezzi dei beni primari, soprattutto quelli alimentari. Altro dossier su cui il governo è al lavoro per quello che Urso chiama il “patto anti-inflazione, che spero possa essere presentato questa settimana“. Perché con “un paniere calmierato di beni di largo consumo, di natura alimentare ma non solo, studiato per le famiglie grazie all’impegno di tutta la filiera, pensiamo di poter dare un colpo decisivo all’inflazione”. A subire le conseguenze dei rincari di benzina e gasolio, però, è l’intero sistema agroalimentare dove i costi della logistica arrivano ad incidere attorno ad 1/3 sul totale dei prezzi al consumo per frutta e verdura che fanno registrare rispettivamente un aumento del 13,9% e del 20%, denuncia Coldiretti, commentando i dati Istat sull’inflazione di luglio.

Travaglia: “Nestlé investirà 250 milioni in tre anni, 100% imballaggi riciclabili entro il 2050”

Nestlé ha ufficializzato anche pubblicamente dei commitment che vanno in una serie di direzioni, la prima delle quali è la riduzione degli imballaggi. Dobbiamo arrivare ad avere entro il 2025 il 100% degli imballaggi riciclabili, e in Italia siamo già oltre il 97%“. Lo dice a GEA il presidente e amministratore delegato del Gruppo Nestlé in Italia, Marco Travaglia, a margine dell’inaugurazione della mostra dedicata ai marchi iconici Baci Perugina e San Pellegrino al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Inoltre, “vogliamo arrivare ad avere zero emissioni entro il 2050, con un dimezzamento al 2025 – continua -. Anche sotto questo aspetto devo dire che in Italia siamo messi bene rispetto al sentiero di diminuzione che dobbiamo fare per arrivare a questo risultato“.

Il manager spiega che sono “a previsione una serie di investimenti, nell’ordine direi superiore ai 250 milioni di euro per i prossimi tre anni“. E anche se non può ancora dettagliare specificamente dove saranno fatti, anticipa che “saranno legati sia a nuove tecnologie sia a importanti investimenti industriali per rafforzare i nostri asset produttivi che avranno anche degli importanti riflessi sull’occupazione“.

Travaglia, infine, parlando delle sfide per il settore agroalimentare, sottolinea il suo punto di vista: “Credo che transizione digitale e transizione ambientale rappresentino oggi i due assi per garantire un futuro alle imprese“. Per il presidente e ad del Gruppo Nesté in Italia “le imprese che non affronteranno queste due grandi sfide, che sono complicate, a mio avviso non avranno un futuro sostenibile. Per questo motivo – conclude – stiamo investendo in maniera consistente per attrezzarci bene“.

Meloni: “Sostenibilità, ma senza smantellare l’economia”. In arrivo il Piano Transizione 5.0

Transizione ecologica sì, ma “con criterio“. All’assemblea generale di Assolombarda, la premier Giorgia Meloni tranquillizza gli industriali e ribadisce che la strategia del governo è quella di puntare a una sostenibilità ambientale che cammini di pari passo con quella sociale ed economica: “Vogliamo difendere la natura, ma con l’uomo dentro – spiega -. Non si può ritenere che per avviare la transizione ecologica si possano smantellare la nostra economica e le nostre imprese”.

Il governo a Bruxelles è impegnato sul nuovo fronte della governance, la riforma del Patto di stabilità e crescita: “La sfida è sugli investimenti. Se l’Europa fa delle scelte strategiche, come transizione verde, digitale ma anche difesa, poi non si possono punire le nazioni che investono su questi temi con regole che non riconoscano il valore aggiunto di quegli investimenti“, afferma la premier. In altre parole, si tratta di scomputare le spese per gli investimenti dal calcolo del rapporto deficit/Pil.

Quanto ai soldi del Pnrr, “li metteremo a terra, costi quel che costi. Faremo tutto ciò che va fatto e metteremo tutti ai remi”, garantisce.

Mi è piaciuto sentire dalle parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: una narrazione diversa nei confronti dell’industria“, plaude il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Approva una visione di investimenti “con l’uomo al centro, che è quindi l’industria 5.0“.

Tra le prime misure che verranno finanziate con i fondi europei, per almeno 4 miliardi di euro, c’è proprio il Piano Transizione 5.0, per “avere un credito fiscale significativo, come quello che si aveva fino al 31 dicembre dello scorso anno per investimenti in green e digitale delle imprese. Fondamentale per incentivare le imprese a investire“, fa sapere il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

E’ reduce da un trilaterale importante a Berlino con i ministri di Francia e Germania, Bruno Le Maire e Robert Habeck, sulle materie prime critiche: “Stiamo agendo in sede europea per la politica industriale“, afferma. Lo definisce l’inizio di un nuovo format, in cui Roma, Parigi e Berlino, “le tre grandi economie europee“, decideranno insieme sulle grandi sfide della politica economica e industriale del Continente e sui dossier all’esame delle istituzioni europee, sia per il settore dell’Automotive sia sugli altri dossier che hanno un impatto sul sistema industriale.
Il ministro delle Imprese porterà in Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, nei primi giorni di agosto, anche il ddl sulla microelettronica, che “definirà il Piano Nazionale italiano in similitudine al chips act europeo per fare dell’Italia il paese ideale in cui investire sull’economia digitale e la tecnologia green“.

La politica sui semiconduttori “si inserisce in un piano più ampio che volto a rendere l’Italia competitiva in settori ad alto contenuto tecnologico“, conferma Meloni, che fa sapere di voler dare all’Hi-tech “particolare attenzione“, per attrarre nuove imprese dall’estero ed evitare fughe di quelle che operano in Italia.

L’inizio di agosto sarà anche il momento in cui Urso darà l’avvio ad altri due dossier fondamentali per la politica industriale italiana: il piano nazionale siderurgico per le principali acciaierie italiane (Terni, Piombino, Taranto in testa) e l’accordo con Stellantis sulla transizione per l’automotive. “Penso che nelle prossime settimane sia doveroso e possibile invertire la tendenza. Nello scorso anno in Italia si sono prodotte solo 473mila autovetture, quando 10 o 20 anni fa c’erano ben altri numeri – ricorda il ministro -. Il delta sul mercato interno è di un terzo di produzione nazionale e due terzi realizzate e importate dall’estero. In Francia siamo ai 2/3 di produzione interna, la Germania produce internamente il 119% delle auto. Questo delta italiano va assolutamente ridotto“. E nell’accordo con l’unica casa produttrice di auto in Italia, è convinto, lo spazio per “invertire la tendenza c’è“.

Il 5 e 6 luglio tornano a Roma gli Stati generali moda sostenibile

Un abito realizzato in ‘Biofeel eleven‘, filato di origine naturale con performance tecniche, estetiche e ambientali elevate; una ‘Id Shirt‘, camicia prodotta con un cotone coltivato interamente in Puglia, in campi biologici, senza alcun uso di prodotti chimici e con musica a frequenze benefiche per la pianta (il polsino è frutto di una tecnologia intelligente che permette alla camicia di comunicare con chiunque tramite Nfc); coloranti prodotti da microbi e microrganismi derivanti da comunità ricche di biodiversità, che possano rappresentare una fonte alternativa per i colori realizzati a partire da combustibili fossili. Sono solo alcune delle novità in tema di moda che saranno presentate il 5 e 6 luglio, nei mercati di Traiano a Roma, al Phygital Sustainability Expo.

La kermesse è esclusivamente dedicata alla transizione ecosostenibile dei brand di moda e di design ed è giunta alla quarta edizione. Panel, momenti di dibattito, una ‘Sfilata Narrata’ e attività interattive: l’obiettivo è coinvolgere e sensibilizzare il pubblico verso una cultura sostenibile nella moda e nel Made in Italy. L’evento sarà premiato alla Cop28 di Dubai.

Una iniziativa indispensabile, considerando che ogni anno, nel mondo, vengono prodotti 150 miliardi di capi di abbigliamento, il 20% rimane invenduto e meno dell’1% viene riciclato in nuovi indumenti. Il settore della moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra, che si stima aumenteranno del 60% nei prossimi dieci anni. Per questo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso invoca una “rivoluzione verde” per “rivedere il modo di produrre, raccogliere le materie prime e ripensare i modelli a noi familiari“.

Per Valeria Mangani, presidente di Sustainable Fashion Innovation Society, si tratta dell'”evento di riferimento per il settore perché riunisce istituzioni, imprese e territorio in modo da valorizzare il sistema produttivo, creativo e manifatturiero del Made in Italy, accelerando così il processo della transizione ecosostenibile nella moda e nel design”.

Un format trasversale con una ‘Sfilata Narrata‘, in cui i brand potranno esibire i loro capi più all’avanguardia e sostenibili, raccontati da una voce fuori campo che ne descrive le innovazioni tecnologiche e ne stima la carbon footprint. Nella cornice dei Mercati di Traiano si snoderà poi un’esposizione museale immersiva sulla via Biberatica: ogni brand esporrà i propri prodotti ecosostenibili, spiegandone le caratteristiche e i punti di forza nell’ambito tutela ambientale. Inoltre, saranno suddivisi per aree tematiche e per Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda ONU 2030. L’esposizione sarà accompagnata da una componente di deep technology: gli occhiali Lenovo e il codice QR. Questi strumenti daranno la possibilità agli ospiti di vedere attraverso immagini riprodotte in modo realistico e immersivo, l’impatto negativo dell’acquisto compulsivo e del fast fashion, proiettando i visitatori in varie aree del mondo, degradate a causa dei rifiuti generati dal fast fashion shopping.

Il sistema di etichette su alcolici è legge in Irlanda. Italia insorge: “Dà false informazioni”

Nuovo passo sulla strada dell’entrata in vigore del contestato sistema di etichettatura delle bevande alcoliche in Irlanda e nuova ondata di polemiche in Italia contro quella che viene letta come una misura che impatterà negativamente il commercio di vino nazionale nel mercato di uno dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea. Il ministro della Salute irlandese, Stephen Donnelly, ha firmato il Regolamento 2023 sulla salute pubblica, introducendo così ufficialmente le disposizioni sull’indicazione di informazioni sanitarie sui prodotti alcolici venduti su tutto il territorio nazionale. “Questa legge è stata concepita per dare a tutti noi consumatori una migliore comprensione del contenuto alcolico e dei rischi per la salute associati al consumo di alcol“, ha commentato lo stesso ministro annunciando l’entrata in vigore delle nuove misure dal 22 maggio 2026.

Dopo un periodo di transizione di tre anni per dare alle aziende un tempo “significativo” per prepararsi al cambiamento, la legge prevederà una serie di indicazioni in materia di salute pubblica: non solo che le etichette indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol presenti nei prodotti alcolici, ma anche i rischi di malattie epatiche, tumori mortali e per la gravidanza dovuti al consumo di alcol. “Le confezioni di altri prodotti alimentari e bevande contengono già informazioni sulla salute e avvertenze sanitarie, questa legge mette in linea anche i prodotti alcolici”, ha precisato il ministro, esortando “altri Paesi a seguire il nostro esempio“.

L’Irlanda aveva notificato il 21 giugno 2022 alla Commissione Europea e agli altri 26 Paesi membri l’intenzione di introdurre le nuove norme. La proposta di Dublino si basa sul fatto che, per quanto riguarda la prevenzione oncologica, “il livello più sicuro di consumo di alcol non esiste”, come rileva l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Nel periodo di sei mesi previsto dal Regolamento Ue 1169 del 2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori sono emersi i “pareri circostanziati sfavorevoli” di nove Stati membri, tra cui Francia e Italia, ma il silenzio-assenso dell’esecutivo comunitario è durato fino alla scadenza del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa. Il 22 dicembre è arrivato il via libera all’Irlanda ad apporre etichette con ‘health warning’ sulle bottiglie di alcolici.

E l’Italia insorge: “Abbiamo già chiesto di intervenire, perché è in contrasto con le regole del Mercato interno”, ha commentato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani:Riteniamo che le informazioni contenute nel bollino rosso irlandese siano fuorvianti”. La questione aveva già sollevato a gennaio aspre polemiche in particolare in Italia, capofila di un gruppo di Stati membri che ha provato a spingere l’Irlanda a fare un passo indietro e trovare una soluzione di compromesso. “Non condividiamo assolutamente queste false informazioni che vengono date ai consumatori globali”, è l’attacco ancora più duro del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Secondo la Coldiretti “l’entrata in vigore della legge sulle etichette allarmistiche del vino in Irlanda è un precedente pericoloso che mette a rischio il record nelle esportazioni di vino Made in Italy di 7,9 miliardi realizzati lo scorso anno“. In attesa che la misura possa essere ridiscussa nel comitato barriere tecniche dell’Organizzazione mondiale del commercio (Oms) il prossimo 21 giugno, il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamglia, ha definito quello dell’Irlanda un “comportamento inaccettabile” e un “aperto gesto di sfida“.

Tavolo Stellantis, Urso: Rilanciare produzione. Per azienda Italia e sostenibilità centrali

Un tavolo per verificare gli impegni di Stellantis su investimenti, produzione e occupazione, per salvaguardare la filiera dell’automotive, che resta “asse centrale dell’industria italiana”. È l’obiettivo che si pone il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso. L’incontro, cui hanno preso parte anche il vice ministro, Valentino Valentini, la sottosegretaria, Fausta Bergamotto, i rappresentanti dell’azienda, i sindacati nazionali e quelli di categoria, “conferma l’importanza che il governo riserva al settore”, sottolinea il responsabile del Mimit. Che durante il suo intervento ribadisce come il confronto continuo sarà utile a tutti per verificare gli sviluppi degli investimenti e le ricadute sul sistema industriale.

Per Urso è un fattore importante indirizzare la domanda, infatti ricorda le risorse pubbliche di cui conferite a Stellantis con i contratti di sviluppo e gli accordi per l’innovazione, per oltre 2,7 miliardi, così come il fondo pluriennale automotive da 8,7 miliardi di euro fino al 2030: strumenti che consentono il rafforzamento della produzione in Italia, soprattutto nei modelli e componenti che assicurano lo sviluppo tecnologico secondo gli obiettivi della sostenibilità ambientale e “devono essere indirizzati anche a rafforzare la filiera nazionale”.

Stellantis fa sapere che dal proprio punto di vista “l’incontro rappresenta un momento di dialogo produttivo e costruttivo per confermare il ruolo centrale dell’Italia nelle strategie del Gruppo”. Che “in poco più di due anni dalla sua costituzione, continua a sviluppare con ritmo sostenuto il proprio piano strategico Dare Forward 2030 sul fronte della transizione ecologica e digitale con l’obiettivo di garantire la sostenibilità e la competitività dei propri siti italiani”. La convinzione della società è quella di “continuare a lavorare su un piano strutturale e coordinato per accompagnare la transizione dell’intero comparto automotive, compresa la filiera, affrontando le criticità legate alla formazione e alla competitività, cominciando dal costo dell’energia al supporto agli investimenti per l’installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile”. Per questo motivo Stellantis apprezza l’approccio propositivo del governo a rivedere entro la fine del mese lo schema degli incentivi alla domanda e il supporto alle infrastrutture di ricarica, alla luce del quadro molto critico del mercato delle vetture elettrificate in Italia.