Tra mercato elettrico e pacchetto gas si chiude il semestre di presidenza spagnola dell’Ue

Materie critiche, riforma del mercato elettrico e pacchetto per decarbonizzare il mercato del gas. La Spagna chiuderà il prossimo 31 dicembre il suo semestre di presidenza alla guida dell’Ue dopo aver portato a traguardo oltre 50 accordi politici e anche molti dossier legislativi cruciali per la competitività economica e per la transizione energetica, molti dei quali arrivati sul filo di lana.

Dalla reindustrializzazione alla transizione energetica, dalla giustizia sociale ed economica all’unità dell’Unione sui dossier sul clima. Quattro in tutto le priorità che dallo scorso primo luglio fino al 31 dicembre hanno segnato la presidenza spagnola, alla guida dell’Ue per la quinta volta dopo il 1989, il 1995, il 2002 e il 2010. Oltre 50 gli accordi politici raggiunti, con circa 150 file da completare sotto la prossima presidenza belga che avrà il compito di traghettare le istituzioni di Bruxelles verso le elezioni europee in programma nei ventisette Paesi dal 6 al 9 giugno.

Ultimo, ma non meno importante, lo scorso 14 dicembre la presidenza spagnola del Consiglio ha raggiunto un accordo con l’Europarlamento sulla tanto attesa riforma del mercato elettrico, proposta dalla Commissione europea lo scorso 14 marzo, dopo un’intensa crisi energetica che ha messo alla prova i governi europei fortemente dipendenti dal gas russo. La riforma del mercato elettrico è anche il primo dei tre pilastri del Piano industriale per il Green Deal che ha caratterizzato la sfida della reindustrializzazione della Commissione europea. Madrid ha contribuito a trovare l’intesa anche sulla prima legge sulle materie prime critiche (ovvero il secondo pilastro), mentre progressi sono stati compiuti anche sul terzo pilastro, ovvero il Net-Zero Industry Act, su cui ora sarà la presidenza belga ad avviare il negoziato a tre tra Parlamento e Consiglio (mediato dalla Commissione europea) per cercare di raggiungere un accordo.

Intesa a dicembre, poi, sul pacchetto per decarbonizzare le reti esistenti del gas per introdurre l’idrogeno nel mercato, facilitare l’accesso dei gas rinnovabili (come il biometano, l’idrogeno o il metano sintetico) e a basso contenuto di carbonio (low carbon) e migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento in Ue, proposto dalla Commissione a dicembre 2021. Il pacchetto di decarbonizzazione del mercato del gas è anche l’ancoraggio normativo con cui l’Unione europea intende rendere permanente il meccanismo di acquisti congiunti di gas, introdotto durante la crisi energetica, che diventerà su base volontaria.

Sul fronte ambientale, negli ultimi sei mesi di presidenza Madrid ha contribuito a trovare un accordo sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Building Directive), la cosiddetta direttiva case green tanto criticata in Italia e proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue, dal momento che gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico europeo e del 36% delle emissioni di CO2. Accordo anche su uno dei dossier diventati più controversi negli ultimi mesi dell’agenda verde dell’Ue, la proposta di regolamento sul ripristino della natura avanzata dalla Commissione europea a giugno 2022 e al centro di critiche da parte del centrodestra europeo intenzionato a cavalcare l’onda di risentimento degli agricoltori contro i piani verdi di Bruxelles. La prima legge Ue sulla natura è anche uno dei pilastri chiave della Strategia europea per la biodiversità, che allineerà l’Unione europea agli impegni assunti con l’accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità nel 2022.

Spetterà, invece, alla presidenza belga raggiungere un accordo con l’Eurocamera sul nuovo regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, su cui gli Stati membri hanno raggiunto un accordo lo scorso 18 dicembre per aprire i negoziati (con il voto contrario dell’Italia). La presidenza belga ha fissato la transizione verde e giusta tra le sei priorità del suo semestre, promettendo che “lavorerà per proteggere meglio i cittadini europei, rafforzare la nostra cooperazione e preparare il nostro futuro condiviso. Si concentrerà su sei aree tematiche e presterà particolare attenzione al mantenimento del nostro fermo sostegno all’Ucraina”.

All’ultimo Consiglio Ue Energia, la ministra belga per la Transizione ecologica, Tinne van der Straeten, si è detta pronta a finalizzare i testi a livello tecnico, ma anche a lavorare sull’agenda strategica della prossima Commissione Europea che si insedierà il prossimo anno. Ha anticipato agli omologhi che in termini di energia, i prossimi sei mesi si concentreranno sulla “finalizzazione dell’agenda legislativa in corso”, sulla promozione delle infrastrutture energetiche sostenibili, sul fornire a tutti energia rinnovabile offshore. Focus in particolare sull’idrogeno e il commercio internazionale, inquadrandosi bene nei piani della Commissione europea di lanciare nel 2024 una seconda asta attraverso la Banca europea dell’idrogeno. Alla presidenza belga alla guida dell’Ue spetterà anche il compito di portare avanti le discussioni tra gli Stati membri sul target climatico intermedio al 2040, una volta che la proposta di Bruxelles sarà sul tavolo (per ora è in programma il 6 febbraio).

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Ue versa IV rata Pnrr a Italia: 16,5 mld. In Cdm approvata norma ad hoc sul Superbonus

Una boccata d’ossigeno per l’Italia. La Commissione europea, infatti, ha versato la quarta rata del Pnrr e il nostro Paese porta in cassa altri 16,5 miliardi di euro. Cifra che aggiorna il totale delle risorse ottenute finora a circa 102 miliardi, ovvero più la metà dei 209 miliardi previsti dagli accordi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il percorso, però, non è stato facile. Ci sono volute settimane di negoziati, a volte con qualche tensione di troppo, ma il governo ha portato comunque a casa la modifica degli obiettivi senza perdere un centesimo delle risorse europee. Il nuovo pagamento, infatti, è legato al conseguimento di tutti i 28 obiettivi e traguardi legati alla quarta rata, come accertato dall’Ue. “Ciò dimostra i grandi progressi fatti dall’Italia nel raggiungimento delle misure previste”, si legge in una nota di Palazzo Chigi.

I target raggiunti riguardano misure necessarie per proseguire l’attuazione delle riforme in materia di giustizia e pubblica amministrazione, oltre a quelle relative all’inclusione sociale e gli appalti pubblici. I principali investimenti sono legati alla digitalizzazione, in particolare per quanto riguarda la transizione dei dati delle Pubbliche Amministrazioni locali verso il cloud, lo sviluppo dell’industria spaziale, l’idrogeno verde, i trasporti, la ricerca, l’istruzione e le politiche sociali.

Grande soddisfazione per l’erogazione avvenuta oggi da parte della Commissione europea della quarta rata del Pnrr del valore di 16.5 miliardi”, commenta sui suoi canali social il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, che ha il compito di seguire il dossier. “L’impegno del presidente Meloni e del governo era di ricevere i fondi entro la fine del 2023 e lo abbiamo rispettato – sottolinea -. Questo è il risultato di un grande impegno collettivo e di una costante e costruttiva collaborazione la Commissione europea”.

Ma ora, come scrive ancora Fitto, “il lavoro prosegue”. Palazzo Chigi fa sapere che “sulla base del Piano così come recentemente modificato dal Consiglio Ue, il governo proseguirà nell’opera di piena e tempestiva attuazione del Pnrr, nel quadro della continua e stretta collaborazione con la Commissione europea”. L’obiettivo è chiudere anche la partita della quinta rata, accelerando sull’iter di verifica dei 52 obiettivi connessi, indispensabile per inviare a Bruxelles la richiesta di pagamento entro il 31 dicembre.

Intanto, sul fronte della maggioranza, si allentano le tensioni interne dopo l’accordo trovato tra i partiti che sostengono il governo che porta all‘approvazione, nell’ultimo Cdm dell’anno, a un provvedimento specifico sul Superbonus. Stavolta a esultare è Forza Italia, dopo settimane di trattative lontane dai riflettori e dichiarazioni pubbliche per spingere a rivedere la decisione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, avallata dalla premier, Giorgia Meloni, sulla fine della misura per l’efficientamento energetico degli edifici. Per i cittadini “meno abbienti, di fatto ci sarà una sorta di ‘sanatoria’ per il 2023, cioè per chi ha superato il 30% dei lavori: se non ha raggiunto la conclusione non dovrà pagare nulla, anche per eventuali omissioni – spiega il vicepremier, Antonio Tajani -. Quindi, di fatto, né l’impresa si rivarrà sui clienti, sui condomini, né dovrà versare penali allo Stato e restituire i soldi“. Inoltre, “per i lavori che non sono stati conclusi al 100% e che usufruivano del Superbonus 110, con il secondo stato di avanzamento lavori già fatto prima del 31 dicembre“, sempre “per le persone meno abbienti, sarà lo Stato a pagare la differenza tra il 70 e il 110%“, sottolinea il segretario nazionale degli azzurri.

Continuerà ad esistere il bonus al 70% per tutti coloro che proseguiranno i lavori nel 2024 ed è prevista una sanatoria che permetterà di evitare la restituzione delle somme per tutti coloro che non hanno completato i lavori entro il 31 dicembre“, entra ancora nei dettagli il capogruppo di FI alla Camera, Paolo Barelli. “Il bonus edilizio al 110% resterà comunque in vigore per coloro che hanno reddito basso e non hanno completato i lavori“.

Critiche le opposizioni. Per il Pdsulla questione Superbonus maggioranza e governo stanno dando vita a un indecoroso teatrino sulla pelle di cittadini e imprese“, attacca il capogruppo del Partito democratico in commissione Bilancio alla Camera, Ubaldo Pagano. Aggiungendo: “Le possibilità sono due: o hanno preso in giro il parlamento bocciando le nostre proposte per poi inserirle in un nuovo provvedimento. Oppure quella che stanno costruendo è una norma vuota e inutile per risolvere i problemi aperti dalle loro scelte miopi e dannose“. Duro anche l’affondo di Angelo Bonelli: “Per mesi il governo ha criticato il provvedimento, con dichiarazioni che lo hanno definito una ‘allucinazione’ da parte del ministro Giorgetti e addirittura la ‘più grande truffa ai danni dello Stato’ secondo Meloni. Tuttavia – continua il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avsoggi assistiamo a un cambio di rotta, con la maggioranza che dichiara di aver raggiunto un accordo. Siamo nel circo della politica“.

Manovra, scintille in commissione ma il governo tira dritto: “Il Superbonus è un’allucinazione”

Le opposizioni chiedono a gran voce un confronto e Giancarlo Giorgetti non si sottrae, presentandosi in commissione Bilancio per dare spiegazioni sulla legge di Bilancio 2024. Ma soprattutto sul ‘no’ al Mes in Parlamento e sul ‘sì’ alla riforma del Patto di stabilità in Europa. Il ministro dell’Economia sceglie la linea dura, ascolta poi contrattacca. Rivendicando tutte le scelte compiute, a partire da quelle degli unici emendamenti passati in Senato in prima lettura, a firma dell’esecutivo: “Hanno portato un miglioramento di tutti i saldi di finanza pubblica”.

Altro passaggio delicato è il Ponte sullo Stretto, con la decisione di spostare una parte delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione destinate a Calabria e Sicilia per assegnarle alla realizzazione dell’opera. Giorgetti ne parla quasi subito, ma parte con un approccio soft: “Abbiamo mantenuto l’impianto originario, non mi sono perso in quelle piccole situazioni che in qualche caso evidentemente suscitano curiosità. E’ stata modificata solo la spalmatura sulle annualità”. Poi, però, il tono sale di intensità politica: “Non trovo per nulla scandaloso che alcune Regioni, soprattutto quelle interessate, contribuiscano alla realizzazione dell’opera”.

Altro capitolo delicato è il Superbonus, misura varata negli anni del governo giallorosso M5S-Pd e oggi di fatto archiviato dall’esecutivo di Giorgia Meloni. La questione è nota: oltre ad una parte di opposizioni, c’è anche un pezzo di maggioranza (Forza Italia) a non rassegnarsi all’idea che la serranda sul provvedimento venga tirata giù di colpo. Pd e M5S (in particolare) chiedono di ripristinarla, mentre gli azzurri sono disposti anche ad accettare una prorogare per chi ha già completato parte di lavori di riqualificazione energetica nel 2023.

Purtroppo per loro, il muro resta alto: “I dati degli ultimi mesi sul Superbonus dicono che, dal punto delle uscite di finanza pubblica, vanno peggio rispetto alla Nadef”, mette subito in chiaro Giorgetti. Riconoscendo che “il Parlamento deciderà, ma per quanto riguarda il ministro dell’Economia, in cuor mio so quale il limite entro il quale non si può andare e lo proporrò al Cdm”. Anche in questo caso, l’affondo arriva qualche secondo dopo. Dopo aver confermato di definire il 110% “radioattivo” , rincara la dose: “Tutti quanti noi ci lamenteremo al momento in cui entreremo l’anno prossimo al 70% delle detrazioni” ma “quello che a noi da dentro sembra poco, visto da fuori è tantissimo”. Ragion per cui “dico che dobbiamo uscire da questa allucinazione vissuta negli ultimi anni in cui tutto ci sembra dovuto. Quando fai debito lo paghi, e caro. Sono soldi sottratti alle famiglie italiane”.

Ovviamente non ci stanno le opposizioni: “Giorgetti in commissione Bilancio si attacca a tutto per cercare un alibi ad una Manovra ingiusta e senza prospettive”, commenta la capogruppo Pd a Montecitorio, Chiara Braga. Per il M5S, invece, “paragonare una misura che ha generato valore economico, occupazione e maggiori entrate fiscali all’Lsd definisce bene il personaggio, lo stesso che da un anno parla di buchi di bilancio immaginari senza fornire numeri e soprattutto senza approntare correzioni”.

Forza Italia tenta invece una mediazione, facendo sapere al ministro di stare “stimolando a trovare una soluzione per il comparto edilizia sul Superbonus, su cui non c’è contrarietà degli alleati ma solo una criticità riguardo la copertura economica”, spiega il portavoce nazionale, Raffaele Nevi. Magari con una proroga (anche di due o tre mesi) per chi ha già completato lavori oltre il 70%, come sostiene anche il segretario nazionale, Antonio Tajani.

Giorgetti per ora vuole portare a casa il risultato senza brutte sorprese e per il futuro spiega che “buona parte della possibilità di crescita di questo Paese dipende da come riusciamo a spendere le importanti risorse del Pnrr e della componente RePowerEu, che deve essere considerata a tutti gli effetti come parte integrante della legge di Bilancio a favore delle imprese”. Inoltre, “le previsioni e le correzioni della Nadef sono coerenti con quello che è previsto dal nuovo Patto di stabilità”, quindi “non sono previste manovre diverse o aggiuntive”. La legge di bilancio compirà, quindi, il suo ultimo giro di boa alla Camera come previso. Il testo è atteso in aula oggi, ma è praticamente scontato che il governo porrà la questione di fiducia per chiudere la partita entro la serata di venerdì 29 dicembre. Le polemiche, invece, quasi sicuramente non se le porterà via il voto.

Ue, Ciafani: “Polemiche su ambiente per elezioni, de-partiticizzare discussione”

“Tutte le polemiche sulle politiche europee, rispetto ai pacchetti di direttive o proposte di regolamenti come Case green, imballaggi o lo stop alla produzione e commercializzazione delle automobili a motore endotermico entro il 2035, sono state viziate dal fatto che siamo entrati in campagna elettorale per le europee”. Lo dice il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ai microfoni di GEA per #GeaTalk. “L’Italia ha dato un contributo importante nel polemizzare contro le politiche ambientaliste messe in campo dalla Commissione europea – continua -. Ma io credo che occorra ‘de-partiticizzare’ queste discussioni”.

Ue, accordo su riforma Patto di stabilità. Giorgetti: “Regole più realistiche”

Le transizioni verde e digitale sono salve e non sono in discussione. Gli Stati avranno modo e tempo di poter spendere per quelle che sono le grandi priorità dell’agenda a dodici stelle. Ma il percorso di rientro dagli sforamenti di deficit e debito sono chiari, vincolanti, e impegnativi. I ministri dell’Economia e delle finanze trovano l’accordo sulla riforma del patto di stabilità. “Una buona notizia per l’economia europea”, ragiona ed esulta a voce alta Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia, preoccupato per un calendario che vede il 2023 agli sgoccioli e la necessità di ridare certezze a investitori e mercati. Ma questa buona notizia rischia di non esserlo troppo per Paesi come l’Italia, con i conti più in disordine di altri. Tra le salvaguardie introdotte al nuovo patto i Paesi con un rapporto debito/Pil superiore al 90% dovranno ridurre ogni anno questo rapporto dell’1%, mentre per i Paesi con un deficit/Pil tra il 60% e il 90% dovranno tagliarlo di uno 0,5% l’anno.

L’Italia dovrà dunque ridurre di un punto percentuale l’anno il proprio debito. Non solo. Come tutti dovrà ridurre anche il deficit, perché passa l’altra salvaguardia, cara ai tedeschi, che prevede di creare margini di spesa preventivi. Cancellare i tetti massimi nei rapporti deficit/Pil e debito/Pil al 3% e al 60% non è possibile perché incardinati nei trattati sul funzionamento dell’Ue. Restano inevitabilmente i punti di riferimento, con una novità: l’accordo prevede che anche chi non sfora il tetto del 3% deve ridurlo, per creare uno spazio dell’1,5% così da essere pronti in caso di shock, senza dover mettere sotto pressione i conti. Certo, resta ferma la possibilità per gli Stati di scegliere se intraprendere una traiettoria di riduzione a quattro o a sette anni, con un carico meno duro di lavoro. Per chi è oltre la soglia del 3% del deficit/Pil l’aggiustamento richiesto è dello 0,4% l’anno in quattro anni, che diventa dello 0,25% l’anno sui sette anni.

L’Italia ottiene comunque una clausola transitoria che tiene conto dell’aumento del costo degli interessi sul ripagamento dei titolo di debito pubblico a seguito dell’innalzamento dei tassi operato dalla Bce. Stabilito che fino al 2027 le regole di bilancio comuni saranno applicate con flessibilità, con la Commissione che terrà conto del maggior onere dovuto all’aumento dei tassi senza così incidere sui margini di spesa, soprattutto utili alla doppia transizione. “Ci sono alcune cose positive e altre meno”, il bilancio tracciato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.L’Italia ha ottenuto molto e soprattutto quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese volto da una parte a una realistica e graduale riduzione del debito mentre dall’altra guarda agli investimenti specialmente del Pnrr con spirito costruttivo”. Magari non è il libro dei sogni, ma “abbiamo partecipato all’accordo politico per il nuovo patto di stabilità e crescita con lo spirito del compromesso inevitabile in un’Europa che richiede il consenso di 27 Paesi”.

Ue, al via Consiglio Ambiente: focus su imballaggi e target clima 2040

Al via a Bruxelles il Consiglio Ue Ambiente in cui i ministri europei cercheranno di raggiungere un accordo politico sulla proposta di regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, criticata dall’Italia principalmente per gli obiettivi di riuso. La presidenza spagnola alla guida dell’Ue ha presentato venerdì ai 27 ambasciatori dell’Ue un testo di compromesso, che tiene conto anche di un documento informale (non paper) presentato la scorsa settimana da Italia e Finlandia per introdurre maggiore flessibilità e deroghe nel regolamento, proposto dalla Commissione europea a fine novembre 2022 nel quadro del più ampio pacchetto sull’economia circolare.

Quanto agli obiettivi di riuso, previsti dall’articolo 26 del regolamento, il testo di compromesso, a quanto apprende GEA, abbassa gli obiettivi di riutilizzo e prevede una deroga per vini e cartoni. Esenti dagli obblighi gli imballaggi per il trasporto. Quanto al divieto di utilizzare determinati formati di imballaggio, il testo di compromesso prevede il divieto di uso di plastica monouso per frutta e verdura fresca, ma escluderebbe la frutta e la verdura biologica, se si può dimostrare che l’imballaggio è necessario per evitare di rovinare la frutta e la verdura. Rispetto alla proposta della Commissione, dal divieto saranno esentate anche le mini confezioni monouso di prodotti da bagno (shampoo, gel doccia, lozione per il corpo) per uso individuale nel settore ricettivo.

Per arrivare a un compromesso sul testo è necessario raggiungere la maggioranza qualificata in seno al Consiglio, che si ottiene quando vota a favore il 55% degli Stati membri (15 paesi su 27) che rappresentano il 65% della popolazione totale dell’Ue. L’Eurocamera ha adottato la sua posizione lo scorso 22 novembre a Strasburgo, annacquando a sua volta la proposta della Commissione su spinta degli eurodeputati italiani. I ministri terranno anche un primo scambio di idee sull’obiettivo climatico al 2040, durante un pranzo di lavoro informale.

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Fumata nera a Bruxelles sul bilancio. Orban blocca accordo, decisione a gennaio

Nessun accordo a Ventisette sulla revisione del bilancio comunitario e la decisione (che va presa all’unanimità) slitta a gennaio in un Vertice straordinario. “Ventisei leader sono concordi su tutte le componenti della proposta di revisione di bilancio che abbiamo presentato, solo uno non è d’accordo”, sintetizza il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in un punto stampa al termine della prima giornata di lavori del vertice Ue che proseguiranno questa mattina.

Dopo ore di negoziato, a livello politico e tecnico tra gli sherpa, il capo del Consiglio europeo prende atto che c’è “un forte sostegno per tutte le componenti” della revisione di bilancio “da parte di 26 leader, dal sostegno all’Ucraina alle migrazioni, al fondo di solidarietà alla difesa”. Ma per un accordo sul bilancio serve una decisione all’unanimità, quindi a 27. “Torneremo sulla materia a inizio del prossimo anno per cercare di raggiungere l’unanimità per attuare questo accordo”, conferma Michel. A mettersi contro la revisione del quadro finanziario dell’Ue fino al 2027 è l’Ungheria, come dichiarato dallo stesso premier, Viktor Orban. “E’ sempre difficile quando si parla di soldi e di solidarietà finanziaria”. Contrario in sostanza ai 50 miliardi di sostegno a Kiev dal bilancio comunitario.

Sostegno all’Ucraina, migrazione e dimensione esterna, piattaforma Tecnologie strategiche per l’Europa, il fondo di ripresa NextGenerationEU, i pagamenti di interessi, strumenti speciali, nuove risorse proprie ed elementi che riducono l’impatto sui bilanci nazionali. Questo il pacchetto di compromesso messo sul piatto dal politico belga. Cifre, soprattutto in termini di risorse fresche, che il capo del Consiglio europeo rivede al ribasso.

Secondo la proposta di Michel, che sarà ora ridiscussa a gennaio, l’aumento di budget arriverebbe a un totale di 64,6 miliardi di euro, di cui 33 miliardi di prestiti e 10,6 miliardi di riallocazioni dalle risorse del quadro esistente esistente. Michel propone di mantenere le risorse per l’Ucraina a 50 miliardi di euro (di cui 17 miliardi di euro di sussidi a fondo perduto e 33 miliardi di euro di prestiti); 2 miliardi per la gestione dell’immigrazione e delle frontiere e 7,6 miliardi per il vicinato e il mondo; 1,5 miliardi destinati al Fondo europeo per la difesa nell’ambito del nuovo strumento Step (Piattaforma di tecnologie strategiche per l’Europa); altri 2 miliardi di euro per lo strumento di flessibilità e infine 1,5 miliardi per la riserva di solidarietà e aiuto.

A uscirne fortemente ridimensionato rispetto alla proposta della Commissione europea è il sostegno finanziario a Step, la piattaforma per le tecnologie pulite proposta da Bruxelles per la competitività industriale dell’Ue, in risposta all’Inflation Reduction Act statunitense e alla Cina. Nell’idea della Commissione europea doveva trattarsi di un vero e proprio Fondo sovrano, ma per metterlo in piedi ci sarebbero voluti anni e con la scadenza della legislatura non c’era margine per farlo. Nel quadro della revisione di bilancio, la Commissione europea ha quindi chiesto agli Stati membri Ue di mobilitare altri 10 miliardi di euro fino al 2027, aumentando la portata del bilancio a lungo termine dell’Unione, per aumentare il budget di alcuni programmi già esistenti: InvestEu (3 miliardi), Horizon Europe (0,5), Fondo per l’innovazione (5 miliardi) e Fondo europeo per la difesa (1,5) e dare vita alla piattaforma. Dal compromesso messo sul tavolo da Michel, la proposta ne esce fortemente ridimensionata.

Al Vertice Ue i leader cercano accordo sul bilancio ma puntano al ribasso

Sbloccata l’impasse sull’allargamento, al Vertice europeo di Bruxelles i capi di Stato e governo tornano a discutere di revisione intermedia del bilancio a lungo termine sperando di chiudere in poche ore la partita. “E’ un dibattito complesso, ma sono fiducioso che riusciremo a trovare un accordo sulle modifiche al quadro finanziario”, confida ai cronisti il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sceso irritualmente nella sala stampa per annunciare l’accordo sull’avvio dei negoziati di adesione con Ucraina e Moldova.

“Vogliamo sostenere l’Ucraina con maggiori finanziamenti ma anche tener conto delle priorità dell’Unione europea e adattare il nostro bilancio a lungo termine”, ha sintetizzato ai giornalisti.

I Ventisette tornano a discutere di bilancio, dopo aver “messo in pausa” le discussioni nel corso del primo pomeriggio, dando ai tecnici il compito di definire gli ultimi dettagli. A quanto si apprende, c’è un “sostanziale consenso” a 26 (con l’Ungheria ancora contraria) sul testo di compromesso messo questa mattina dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che prevede tra le priorità della revisione i “finanziamenti prevedibili e continui per l’Ucraina, le migrazioni, il fondo di solidarietà e i pagamenti di interessi”.

La base del compromesso è il pacchetto negoziale (in gergo ‘negobox’) che questa mattina Michel ha messo sul tavolo dei governi prima delle discussioni. Cifre, soprattutto in termini di risorse fresche, che il capo del Consiglio europeo rivede al ribasso, mantenendo circa un terzo delle risorse che la Commissione europea a giugno aveva proposto di stanziare per circa 66 miliardi di euro. Secondo la proposta di Michel, l’aumento di budget arriverebbe a un totale di circa 31,6 miliardi di euro, di cui circa 22 miliardi di euro di fondi freschi e 9,1 miliardi di euro di riassegnazione dalle risorse del quadro finanziario esistente.

Michel propone di mantenere le risorse per l’Ucraina a 50 miliardi di euro (di cui 17 miliardi di euro di sussidi) e si propone un ulteriore miliardo di euro per le spese di gestione della migrazione, per un totale di quasi 10 miliardi di euro. Ma il premier magiaro nelle ore scorse si è messo contro l’idea di usare le risorse del bilancio per il sostegno dell’Ucraina, quindi a Bruxelles guadagna terreno l’ipotesi di ‘staccare’ in uno strumento finanziario separato il sostegno a Kiev e lasciare alla revisione del bilancio solo la copertura delle priorità Ue. In questo modo, si potrebbe superare anche l’ostacolo dell’unanimità richiesta per il via libera alle materie finanziarie, spianando la strada a un accordo a 26 sul nuovo strumento per Kiev.

Sospese le discussioni, la premier Giorgia Meloni a pochi minuti dalle 20 ha partecipato a una riunione ristretta sul bilancio con Francia, Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per cercare di risolvere le discussioni prima di ritornare al tavolo. L’Italia al Vertice si contrappone a Paesi come i Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Austria e anche Germania che vorrebbero mettere risorse fresche solo per lo strumento di sostegno finanziario all’Ucraina. Perché, per l’Italia, ci sono altre priorità, prima fra tutte l’immigrazione. I frugali che chiedono di dirottare risorse da programmi esistenti (ricerca, investimenti) per le necessità individuate dalla Commissione.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Energia, quota rinnovabili Ue a 37,5%

Nell’infografica interattiva GEA, su dati Eurostat, è illustrato l’andamento della quota di energia rinnovabile usata per produrre elettricità in Ue. Scorrendo con il cursore sulla linea, si può vedere come nel 2004 questa rappresenta appena il 15,8% del totale dell’energia usata per produrre elettricità. Al 2021 la quota è salita al 37,5%.

Industria Net-Zero, Consiglio Ue include nucleare tra tecnologie strategiche

Da otto a dieci tecnologie strategiche chiave per raggiungere lo ‘zero netto’, ovvero zero nuove emissioni entro il 2050. Gli Stati membri hanno adottato la posizione del Consiglio Ue sul ‘Net-Zero Industry Act’, il regolamento proposto lo scorso 16 marzo dalla Commissione europea per sviluppare un’industria a emissioni zero come pilastro centrale del Piano industriale per il Green Deal. Una risposta ‘Made in Europe’ al massiccio piano di sussidi verdi da quasi 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Usa per dare una spinta agli investimenti nelle tecnologie pulite.

La proposta si compone di permessi accelerati, progetti strategici per la decarbonizzazione dell’industria europea entro il 2030 e un elenco di tecnologie chiave con cui realizzarla. Gli Stati membri al Consiglio Ue hanno mantenuto i target fissati dalla proposta della Commissione europea, ovvero il parametro indicativo di raggiungere il 40 per cento della produzione per coprire il fabbisogno dell’Ue in prodotti tecnologici strategici, come pannelli solari fotovoltaici, turbine eoliche, batterie e pompe di calore e un obiettivo specifico per la cattura e lo stoccaggio del carbonio della CO2, con una capacità annua di iniezione di almeno 50 milioni di tonnellate di CO2 da raggiungere entro il 2030.

Se gli obiettivi principali della proposta sono rimasti invariati, il Consiglio Ue cambia l’approccio sull’elenco delle tecnologie strategiche. La proposta della Commissione europea ha individuato otto tecnologie net-zero ‘strategiche’ (distinte dalle semplici tecnologie net-zero) a cui garantire tempi accelerati per le autorizzazioni e verso cui incanalare gli investimenti (nello specifico: tecnologie solari fotovoltaiche e termiche; eolico onshore e energie rinnovabili offshore; batterie e accumulatori; pompe di calore e geotermia; elettrolizzatori e celle a combustibile per l’idrogeno; biogas e biometano; cattura e stoccaggio del carbonio; tecnologie di rete).

La posizione del Consiglio Ue porta la lista da otto a dieci, includendo anche il nucleare e i combustibili alternativi sostenibili. Inoltre il mandato amplia l’elenco delle tecnologie net-zero non strategiche, includendo le soluzioni biotecnologiche per il clima e l’energia, ad altre tecnologie nucleari e alle tecnologie industriali trasformative per le industrie ad alta intensità energetica.

Secondo la posizione del Consiglio, le tecnologie strategiche a zero emissioni beneficeranno di procedure di autorizzazione snelle e realistiche e di un sostegno aggiuntivo agli investimenti, pur rispettando gli obblighi dell’Ue e internazionali. Inoltre, l’approccio generale prevede che gli Stati membri designino aree specifiche per accelerare la produzione senza emissioni – chiamate ‘aree di accelerazione net-zero’ – per identificare sinergie tra i progetti strategici o i loro cluster, per testare tecnologie innovative net-zero, facilitare i processi di concessione dei permessi.

Il testo adottato dal Consiglio rappresenta il mandato negoziale degli Stati membri per il negoziato con il Parlamento europeo, che ha adottato la sua posizione in plenaria lo scorso 21 novembre. A quanto apprende GEA il negoziato a tre tra Parlamento e Consiglio, mediato dalla Commissione europea, dovrebbe iniziare già la prossima settimana, il 12 dicembre, con l’idea di proseguire a gennaio e febbraio.