nucleare

Ue-Usa lanciano forum su piccoli reattori nucleari: “Importante per decarbonizzazione”

Il Consiglio Energia Ue-Usa “ha preso atto del ruolo che l’energia nucleare può svolgere nella decarbonizzazione dei sistemi energetici nei paesi che hanno deciso o decideranno di affidarsi all’energia nucleare”. Per questo, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno deciso di organizzare congiuntamente un forum ad alto livello sui piccoli reattori modulari (SMR) entro la fine dell’anno. E’ quanto si legge nella dichiarazione congiunta firmata da Bruxelles e Washington a seguito del 10° Consiglio sull’energia Ue-Usa che si è tenuto oggi nella capitale belga, co-presieduto dall’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, e la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, insieme al segretario di Stato americano Antony Blinken e il vice segretario americano per l’Energia, David Turk.

Intanto, la Commissione Europea ha firmato con le parti interessate dell’industria Nucleare una dichiarazione sui “piccoli reattori modulari (SMR) dell’Ue per il 2030: ricerca e innovazione, istruzione e formazione“, per lo sviluppo di ricerca e innovazione nel campo dei piccoli reattori modulari, reattori nucleari più piccoli, sia in termini di potenza che di dimensioni fisiche, rispetto ai tradizionali reattori nucleari su scala gigawatt. Questa tipologia di reattori utilizza reazioni di fissione nucleare per creare calore che può essere utilizzato direttamente o per generare elettricità e la Commissione europea li considera “un’opzione promettente per sostituire le vecchie centrali a carbone e per integrare la penetrazione delle energie rinnovabili”. La dichiarazione è stata firmata dalla commissaria europea per la Ricerca e l’Innovazione, Mariya Gabriel, e dalle parti interessate del settore Nucleare dell’Ue: nucleareurope, Piattaforma tecnologica per l’energia Nucleare sostenibile (SNETP), Società Nucleare europea (ENS) e Rete europea per l’educazione Nucleare (ENEN).

La sovranità tecnologica dell’Ue richiederà sforzi congiunti in materia di istruzione, formazione, ricerca e innovazione, per gestire correttamente i rifiuti radioattivi e il combustibile esaurito e sviluppare le tecnologie di domani”, ha spiegato la commissaria Gabriel. La Commissione osserva che di fronte a una “forte concorrenza internazionale, l’Ue deve essere all’avanguardia dei nuovi sviluppi, garantendo una catena del valore industriale europea e al tempo stesso essere al top degli standard di sicurezza e protezione dalle radiazioni per i piccoli reattori”. Aggiunge che per “garantire la leadership e l’indipendenza strategica dell’Ue è necessario sostenere i migliori standard normativi e istituzionali“.

La pressione di una decina di Stati membri Ue guidati dalla Francia spinge la Commissione europea ad aprire al nucleare di nuova generazione e poche settimane fa ha confermato che metterà a disposizione dei governi degli orientamenti con standard comuni che possano aiutare nello sviluppo di una industria europea dei piccoli reattori, sebbene la scelta del mix energetico sia esclusivamente dei Paesi membri. La conferenza di oggi è stata anche l’occasione per presentare il programma di lavoro Euratom (Comunità europea dell’energia atomica) per la ricerca e la formazione del periodo 2023-2025 che mobiliterà fino a 132 milioni di euro, dentro il quale la Commissione sta lanciando la prima azione per l’innovazione di 15 milioni di euro sostenere la sicurezza dei piccoli reattori modulari ad acqua leggera. Inoltre, questo programma di lavoro destinerà 12 milioni di euro al cofinanziamento di ricercatori e industria per lavorare insieme sulla sicurezza dei reattori modulari avanzati (AMR), compresi gli SMR, con gli Stati membri interessati.

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Pnrr: è tempo di concentrarsi sul fare, non sui ritardi

A Bruxelles chi deve verificare tutto sommato è soddisfatto. Certo, non tutto ciò che riguarda lo sviluppo e l’attuazione del Pnrr (parliamo, ricordiamo, di quasi 200 miliardi di finanziamenti) è perfettamente in linea, ma non lo è non solo per l’Italia. Le condizioni dell’economia europea e mondiale sono cambiate negli ultimi tre anni, l’inflazione galoppante mette i bastoni tra le ruote, la guerra della Russia in Ucraina ha creato nuove urgenze, e dunque è chiaro per tutti, anche per la Commissione europea, che aggiustamenti saranno probabilmente necessari.

E’ però necessario mostrare buona volontà e capacità di spesa e realizzazione. I ‘no’ preventivi preoccupano chi osserva, anche perché l’Italia non ha un ruolino di marcia storico di quelli immacolati, di soldi europei ne abbiamo sprecati tanti, di cantieri avviati e mai chiusi è piena la Penisola. Il timore che si ripetano storie già viste è legittimo.

Questa volta i soldi sono davvero tanti, non bastano ovviamente a “rivoltare il paese come un calzino”, ma son un bell’aiuto, in particolare per l’Italia, di gran lunga il maggior beneficiario del Piano di ripresa europeo, per scrollarsi di dosso le debolezze del passato ed affrontare da protagonista la transizione. Perché il tema non è, qui, affermare la “sovranità decisionale” del nostro Paese, ma è quello di dargli le gambe per partecipare alla corsa verso la transizione irrobustendo la propria economia, e di conseguenza anche la situazione sociale, l’occupazione, la formazione, il problema demografico e così via.

Ci si deve dunque concentrare, questo è il messaggio che viene dai partner dell’Unione europea, sull’ammodernare il Paese, sul creare le condizioni perché sia competitivo, perché non perda la corsa con gli altri grandi Paesi industriali restando arretrata tecnologicamente e dunque debole economicamente.

La ‘transizione‘ non è solo una meritevole lotta per la difesa del clima, è oramai una condizione fondamentale della crescita economia. Chi resta indietro ora lo sarà sempre più nei prossimi anni, perché altri produrranno a costi più bassi, produrranno merci che avranno più mercato, occuperanno gli spazi che saranno lasciati liberi da chi non avrà le gambe per partecipare alla corsa,

Dunque iniziamo a realizzare i progetti, dimostriamo la capacità di farlo, e poi, se sarà obiettivamente necessario cambiare qualcosa, come prevedono le stesse regole del programma Next Generation Eu, lo si cambierà. Ma la base non può essere lo scontro politico (o polemico), non può essere dare l’immagine di voler mettere le mani avanti scaricando colpe e ritardi su altri (che sia vero o meno, non è questo il punto). La base deve essere dimostrare che le cose le si vogliono fare, che ci si attrezza per farle e che le si fanno. Nell’interesse dell’Italia, non di altri, per permettere all’Italia di sedersi ai tavoli internazionali ed essere vista con rispetto, quel rispetto che poi permette di far ascoltare la propria voce.

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auto elettriche

Via libera dal Consiglio Ue: stop a motori diesel e benzina dal 2035. L’Italia si astiene

Lo stop ai motori a combustione dal 2035 diventa legge. Dopo settimane di stallo, dal Consiglio Energia europeo riunito a Bruxelles è arrivato oggi l’ultimo via libera al regolamento per ridurre le emissioni di CO2 nelle nuove autovetture, parte cruciale del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’. E il testo è passato con l’astensione dell’Italia, della Bulgaria e della Romania. Solo la Polonia ha votato contro il provvedimento, mentre la Germania ha confermato il sì dopo aver strappato alla Commissione Ue una deroga per i carburanti sintetici, gli e-fuels.

La norma – su cui Parlamento e Consiglio europeo avevano già raggiunto un accordo a ottobre – prevede una riduzione graduale delle emissioni di CO2 dalle nuove autovetture immatricolate: devono diminuire del 55% entro il 2030 e del 100% entro il 2035. Questo significa la fine dei motori a combustione interna entro quella data. In una intesa annunciata nel fine settimana, la Commissione europea ha promesso a Berlino di creare un quadro di approvazione per i motori a combustione alimentati da carburanti sintetici, gli e-fuels. E questo ha portato la Germania a sbloccare lo stallo e dare via libera alla normativa.

L’Italia aveva chiesto la stessa apertura sui biocarburanti, ma nonostante non ci sia stata ha deciso di astenersi, anziché votare contro come aveva annunciato fino a poche ore fa.
Astensione, non voto contrario. Ai fini del raggiungimento della maggioranza qualificata (necessaria al via libera) in seno al Consiglio non cambia molto. Il cambio di passo dell’Italia è però significativo dal punto di vista politico. A spiegare le ragioni dell’astensione è il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, subito dopo il voto al Consiglio. Da un lato, l’apertura sui carburanti sintetici voluta dalla Germania per l’Italia significa “salvare” il motore endotermico dopo il 2035. “Abbiamo apprezzato il cambiamento di direzione da parte della Commissione nell’accogliere la possibilità di immatricolare anche motori endotermici dopo il 2035 e non più solo elettrici”, ha sintetizzato Pichetto.

L’altra ragione è che l’Italia pensa di poter dimostrare il principio di neutralità tecnologica “anche ai biocarburanti in una valutazione prima del 2026”, quando il regolamento ha previsto la clausola di revisione. L’Italia – ha detto Pichetto – “è produttore di biocarburanti e abbiamo ottenuto di poter aprire la discussione nel provare che i biocarburanti” possono bilanciare l’emissione con la cattura di CO2 “provenendo da vegetali”. La realtà dei fatti è che la Germania, una volta ottenuta la garanzia da parte della Commissione sui carburanti sintetici, ha lasciato l’Italia sola nell’opposizione al provvedimento con un gruppo minore di Paesi, incapaci di raggiungere la soglia per rappresentare una minoranza di blocco. A quel punto, più che dare un parere contrario ha preferito astenersi, anche se da parte della Commissione europea non c’è stata alcuna apertura sui biocarburanti come richiesto dal governo di Roma.

In base all’intesa con la Germania annunciata sabato mattina, la Commissione europea presenterà un atto delegato sul ruolo dei carburanti sintetici, e-fuels, per ridurre le emissioni di CO2. I carburanti sintetici vengono realizzati utilizzando elettricità rinnovabile e anidride carbonica catturata dall’atmosfera, dunque compensano la quantità di CO2 emessa. Dopo l’intesa con Berlino, la Commissione europea ha chiarito in una dichiarazione i termini del ‘considerando 11’ del testo del regolamento, impegnandosi a proporre “in linea con l’abilitazione legale nell’autunno del 2023, un atto delegato che specifichi come i veicoli alimentati esclusivamente con carburanti sintetici (e-fuels) contribuiranno agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, in relazione alla regolamentazione degli standard di emissione di CO2 per le automobili e i veicoli commerciali leggeri. Nel caso in cui i colegislatori respingano la proposta, la Commissione seguirà un altro percorso legislativo, come la revisione della normativa sulle emissioni di CO2, per attuare almeno il contenuto giuridico dell’atto delegato”, si legge. L’atto delegato riguarderà solo i sintetici, nessuna apertura sui biocarburanti.

auto elettrica

C’è accordo Ue su stazioni ricarica e rifornimento di carburanti alternativi

È arrivato nella notte l’accordo tra i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Ue sugli obiettivi nazionali obbligatori per la diffusione di infrastrutture per carburanti alternativi per auto e camion entro il 2050, all’interno del quadro del pacchetto sul clina ‘Fit for 55’. Nell’accordo provvisorio sono previste stazioni di ricarica elettrica per le auto almeno ogni 60 chilometri e per i camion ogni 120, stazioni di rifornimento di idrogeno almeno ogni 200 chilometri e prezzi chiari per chilowattora o chilogrammo per la ricarica e il rifornimento.

Per quanto riguarda le stazioni di ricarica e rifornimento, l’accordo tra i co-legislatori stabilisce obiettivi nazionali minimi obbligatori e chiede ai Paesi membri di presentare i loro piani su come raggiungerli: entro il 2026 lungo la rete centrale Ten-T sarà prevista l’installazione di stazioni di ricarica elettrica per autovetture con una potenza di almeno 400 kW (con la potenza della rete che aumenterà a 600 kW entro il 2028). L’obbligo di stazioni di ricarica ogni 120 chilometri per camion e autobus (con una potenza da 1400 kW a 2800 kW, a seconda della strada) riguarda “metà delle strade principali dell’Ue” entro il 2028, si legge nell’accordo. Il testo sancisce anche l’installazione di due stazioni di ricarica per autocarri in parcheggi “sicuri e protetti” a partire dal 2028. Entro il 2031 lungo la rete centrale Ten-T sarà invece prevista l’installazione di stazioni di rifornimento di idrogeno almeno ogni 200 chilometri. Saranno concesse esenzioni per le regioni ultraperiferiche, le isole e le strade con traffico molto scarso.

Sulla ricarica e il pagamento, l’accordo tra i co-legislatori mette nero su bianco il fatto che gli utenti di veicoli a combustibile alternativo dovranno essere in grado di utilizzare carte di pagamento, dispositivi contactless o codice QR presso i punti di ricarica o di rifornimento. Il prezzo dovrà essere “ragionevole, facilmente e chiaramente comparabile, trasparente e non discriminatorio”, e indicato per kWh, per minuto/sessione o per kg. La Commissione europea dovrà creare una banca dati Ue sui dati relativi ai carburanti alternativi entro il 2027, per fornire ai consumatori informazioni sulla disponibilità, tempi di attesa e prezzi nelle diverse stazioni.

autostrade

Consiglio Energia al voto su auto inquinanti. Salvi efuels, fuori Italia con biocarburanti

Italia chiama e Bruxelles non risponde. Alla riunione dei 27 ambasciatori dell’Ue che si è tenuta questa mattina, il governo italiano ha chiesto di far rinviare ancora il voto sullo stop ai motori a combustione, diesel e benzina, dal 2035 ma senza successo. Dopo l’accordo annunciato nel fine settimana tra Commissione Ue e Germania per esentare i carburanti sintetici dal divieto, Roma ha tentato questa mattina un nuovo rinvio per prendere ancora tempo e negoziare sui biocarburanti. Ma proprio l’accordo tra Bruxelles e Berlino dovrebbe garantire il via libera all’accordo sul dossier del ‘Fit for 55’ senza grandi sorprese.

Il regolamento sulle emissioni CO2 delle nuove auto sarà dunque domani in agenda al Consiglio Energia come punto ‘A’, che tecnicamente significa che i ministri voteranno senza una discussione anche se questo non gli impedirà di prendere la parola. Caduto il veto di Berlino, la presidenza svedese alla guida dell’Ue sa che non dovrebbe esserci margine per creare una minoranza di blocco in seno al Consiglio e ha annunciato il dossier al voto domani dopo la riunione degli ambasciatori. L’accordo con la Germania chiarisce i termini del ‘considerando 11’ del regolamento per l’immatricolazione dopo il 2035 di veicoli che funzionano con i carburanti sintetici, gli efuels. La Commissione europea dovrebbe presentare ai governi una dichiarazione scritta sui prossimi passi per l’attuazione di questa parte del regolamento in cui si impegna a presentare una “proposta per l’immatricolazione dopo il 2035 dei veicoli alimentati esclusivamente con carburanti neutri”, per quanto riguarda le emissioni di CO2. Su questo ha fatto pressione la Germania per far considerare alla Commissione europea i carburanti sintetici tra i carburanti a zero emissioni, dal momento che si tratta di carburanti realizzati con elettricità rinnovabile e anidride carbonica catturata dall’atmosfera, che compensano dunque le emissioni emesse. L’accordo offre alla Germania maggiori dettagli su come l’Ue intende attuare la disposizione sugli efuels. L’Italia ha chiesto a Bruxelles la stessa apertura sui biocarburanti, che però non danno la stessa garanzia in termini di emissioni zero.

Alla riunione di questa mattina, l’Italia avrebbe chiesto più tempo per studiare l’accordo, dal momento che l’intesa con la Germania sebbene non alteri formalmente il testo normativo del nuovo regolamento, “cambierebbe le condizioni per la sua interpretazione ed attuazione”. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, l’Italia avrebbe sottolineato nel corso della riunione che una interpretazione restrittiva dei carburanti neutri in termini di CO2 (che include cioè efuels ma esclude altri carburanti rinnovabili come i biocarburanti) “non è accettabile” in quanto non in linea con il principio di neutralità tecnologica. Bruxelles ha in più occasioni chiarito di non volere e non potere (dal momento che sul dossier c’è già un accordo tra Parlamento e Consiglio) rinegoziare i termini dell’accordo ma solo chiarire la parte relativa al considerando 11. Alla conta domani al Consiglio Energia a votare contro dovrebbero rimanere l’Italia e la Polonia – a meno di cambiamenti dell’ultima ora -, mentre la Bulgaria ha deciso di astenersi. Con i soli voti contrari di Roma e Varsavia e l’astensione di Sofia l’accordo avrebbe ottenuto comunque il via libera con voto a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55 % degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue. Con l’astensione o l’opposizione della Germania (che rappresenta circa il 18 per cento della popolazione europea) si era creata una minoranza di blocco in seno al Consiglio Ue, costringendo la presidenza svedese dell’Ue a rimandare finora il voto. Il problema della minoranza di blocco ora non dovrebbe esserci più.

L’Ue verso nuova strategia farmaceutica tra sostenibilità e innovazione

Una riforma e sei obiettivi chiave. Dall’accesso ai medicinali a prezzi bassi, all’innovazione e la sostenibilità dell’industria farmaceutica, passando per un quadro normativo a prova di crisi. Dopo averne a lungo rimandato la presentazione (era attesa entro fine 2022), la Commissione europea dovrebbe svelare la prossima settimana la sua proposta di revisione della legislazione farmaceutica, uno dei pilastri per la costruzione di un’Unione europea con più competenze in materia di sanità.

Ad anticipare quali saranno le sfide a cui questa revisione cercherà di rispondere è stata la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, confermando nelle scorse settimane che una delle priorità della strategia sarà ridurre l’impatto ambientale dell’industria del pharma. A detta di Bruxelles, valutazioni del rischio ambientale saranno parte integrante dei dossier di autorizzazione dei nuovi farmaci. Già nella strategia farmaceutica presentata a novembre 2020, una parte del piano d’azione è dedicato proprio all’ambizione di far contribuire l’industria farmaceutica all’obiettivo “inquinamento zero” per un ambiente privo di sostanze tossiche, in particolare attraverso l’impatto delle sostanze farmaceutiche sull’ambiente.

La strategia farmaceutica europea sarà uno dei temi che verranno trattati durante l’evento ‘Il nuovo approccio europeo alla salute e le ricadute per il sistema italiano’, organizzato da Withub, con la direzione editoriale di GEA ed Eunews, che si svolgerà a Roma, presso l’Europa Experience David Sassoli, il prossimo 13 aprile.

La strategia farmaceutica apre la strada all’industria per contribuire alla neutralità climatica dell’Ue, con particolare attenzione alla riduzione delle emissioni di gas serra lungo la catena del valore. Tra gli altri pilastri della revisione, Bruxelles vuole garantire che tutti gli europei possano accedere a farmaci innovativi quando ne hanno bisogno. Mentre ora – prende atto la Commissione – la realtà è quella di un mercato interno frammentato in cui i medicinali non raggiungono i pazienti abbastanza rapidamente e non in tutti gli Stati membri allo stesso momento. Poi, la comunicazione prevederà incentivi all’innovazione, per migliorare la competitività del comparto. E ancora, la riforma cercherà di affrontare la sfida della carenza di medicinali, che negli ultimi mesi ha attanagliato l’Europa da una parte a causa del forte aumento della domanda di medicinali a causa di più infezioni respiratorie, dall’altra una capacità produttiva insufficiente. Ci saranno obblighi più severi in materia di approvvigionamento e trasparenza delle scorte. Carenze e ritiri dovranno essere comunicati in anticipo e l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) avrà un ruolo più incisivo nel coordinare le azioni contro le carenze.

L’ultimo punto sarà come combattere la resistenza antimicrobica, che secondo Bruxelles fa attualmente più di 35mila vittime all’anno. La revisione dovrebbe includere misure sia per stimolare nuovi prodotti antimicrobici, sia per un uso più prudente. Poi ancora uno spazio nella riforma sarà garantito alla semplificazione, modernizzazione normativa e digitalizzazione. Un contesto normativo più snello per gli investimenti con procedure di autorizzazione all’immissione in commercio semplificate e più rapide, un sostegno più forte per i farmaci promettenti e un migliore utilizzo dei dati e della digitalizzazione.

commissione ue

L’Europa verso l’Unione della Salute: i pilastri della strategia

Approccio comune di risposta alle emergenze sanitarie, più potere al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e rafforzamento della capacità di difesa dell’Unione Europea dalle minacce trans-frontaliere. Tre pilastri normativi e una nuova agenzia europea di risposta alle crisi sanitarie: è su queste basi che la Commissione europea sta rafforzando le competenze in materia sanitaria per dare vita a una nuova Unione della Salute, con l’obiettivo di creare un sistema comune di reazione alle crisi e più poteri all’Ue in materia di sanità. Da quando la pandemia da Covid-19 ha colpito l’Europa, Bruxelles ha avviato una profonda riflessione sulla necessità di rafforzare il ruolo dell’Ue in alcune materie in cui ha scarse o poche competenze rispetto agli Stati membri, come la salute.

In attesa di una più ampia riforma dei trattati dell’Ue (su cui i governi sono divisi), Bruxelles ha lanciato la strategia per l’Unione della Salute, e conta queste tre novità legislative importanti: il rafforzamento del mandato dell’EMA, quello dell’ECDC di Stoccolma per conferirgli più margine di manovra per raccogliere dati da parte degli Stati ed emettere raccomandazioni e una nuova proposta di legge per far fronte in maniera unitaria alle minacce sanitarie transfrontaliere. I tre pilastri normativi sono stati suggellati a settembre 2021 dalla nascita della nuova HERA, l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, la novità più importante nella riflessione di Bruxelles sulla sanità. HERA è il nucleo centrale della riflessione un’agenzia interna alla Commissione Europea, non sarà “indipendente” come l’EMA o l’ECDC che invece sono autorità indipendenti e meno “controllabili” da Bruxelles. Ha una cabina di regia e un comitato per le crisi (crisis board), in cui vengono coinvolti direttamente gli Stati membri, la presidente della Commissione europea e quattro commissari e a cui è stato invitato a partecipare anche un “osservatore” da parte del Parlamento europeo in qualità di autorità di bilancio (insieme al Consiglio).

L’autorità è tra attività di prevenzione (dove l’Ue ha dimostrato di essere molto carente) e risposta rapida. Una prima fase di “preparazione” ordinaria e quotidiana a eventuali crisi e minacce sanitarie, che si articola in un lavoro di routine a contatto con altre agenzie sanitarie nazionali e dell’Ue, l’industria e i partner internazionali, con valutazioni delle minacce e raccolta di informazioni, modelli per prevedere un focolaio, ricerca. Di fronte a un’emergenza sanitaria e minacce per la salute pubblica, invece, attraverso il comitato di crisi, HERA potrà passare rapidamente alle operazioni di emergenza, con un rapido processo decisionale e l’attivazione di misure di emergenza: potrà sbloccare nuovi finanziamenti di emergenza e lancerà azioni di monitoraggio, ma svolgerà anche il ruolo di centro di acquisto unico per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di medicinali, vaccini, o altro materiale sanitario, che nella prima fase di pandemia scarseggiavano.

Frans Timmermans

L’Ue chiude sui biocarburanti: “Non riapriremo l’accordo, stop al 2035”

A Bruxelles non c’è margine per riaprire il negoziato sullo stop all’immatricolazione di auto a combustione interna, diesel e benzina, a partire dal 2035. Su questo, la Commissione europea è chiara. Nei colloqui in corso con Berlino per sbloccare lo stallo sul dossier fermo da settimane in Consiglio “non stiamo ampliando il quadro” normativo. Il testo “dell’accordo prevede un ‘considerando’ sugli e-fuels e tutto quello che stiamo facendo è essere più espliciti sul significato di quella” parte del testo, ha spiegato il vicepresidente della Commissione per il Green Deal, Frans Timmermans, a margine del pre-vertice del Partito socialista europeo che si è tenuto a Bruxelles. “Qualsiasi altra cosa riaprirebbe l’intero accordo, e non è quello che stiamo facendo”, ha assicurato. “Stiamo parlando all’interno dell’accordo per il quale c’è stata una maggioranza in Parlamento europeo e in Consiglio“.

Non solo, dunque, non c’è margine per riaprire l’accordo sullo stop alla vendita di auto a combustione interna, diesel e benzina, dal 2035, su cui Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico a ottobre. Ma secondo Bruxelles non c’è spazio di manovra neanche per includere una deroga sui biocarburanti oltre che agli e-fuels, come richiede il governo Meloni. “La tesi che continuiamo a sostenere è che, fermi restando gli obiettivi della transizione che condividiamo, non riteniamo che l’Unione debba occuparsi anche di stabilire quali siano le tecnologie con cui arrivare a quegli obiettivi“, ha sottolineato la premier all’arrivo al Consiglio europeo in corso a Bruxelles. Ha aggiunto che “ci sono tecnologie su cui l’Italia e l’Europa sono potenzialmente all’avanguardia e decidere di legarsi a tecnologie che invece di fatto sono detenute come avanguardia da nazioni esterne all’Unione è una scelta che non favorisce la competitività del nostro sistema“, ha detto, presumibilmente in riferimento al motore elettrico. Per la premier si tratta di “una tesi di buon senso, confidiamo possa passare anche per quel che riguarda i biocarburanti“, ha aggiunto.

Il ‘no’ secco di Meloni sulle auto è motivo di scontro con l’opposizione al governo e lo ha ricordato la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, alla sua prima riunione pre-vertice del Partito socialista europeo. Sul ‘no’ allo stop ai motori tradizionali dal 2035 i partiti di maggioranza “si sbagliano”, ha dichiarato secca. Per il Pd la sfida vera sfida non è fare la transizione, ma capire “come accompagnare la conversione ecologica” su cui ha assicurato che “l’ambizione delle proposte della Commissione continuerà ad avere il nostro pieno supporto affinché si creino le competenze per riprofessionalizzare lavoratrici e lavoratori“. Aggiornare le competenze, creare nuovi posti di lavoro dedicati alla doppia transizione verde e digitale. E’ tutto necessario, come lo è accompagnare questa riconversione dell’economia italiana e europea con ulteriori risorse. E’ necessario che “ci siano risorse in più anche da parte dell’Unione europea per accompagnare le imprese, le famiglie, i lavoratori, per accompagnare le imprese a innovare i loro processi produttivi e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente“, ha avvertito la segretaria.

La Germania blocca da settimane ormai il dossier del ‘Fit for 55’ chiedendo alla Commissione europea di scrivere nero su bianco che anche dopo il 2035 ci sarà la possibilità di vendere le auto con motore a combustione, purché alimentate da combustibili sintetici, gli e-fuels. Nelle scorse settimane, Bruxelles ha messo a punto un piano per convincere la Germania a dire ‘sì’ al dossier su cui invece da settimane ormai sta puntando i piedi. Ma sull’idea di non riaprire un accordo già chiuso è d’accordo anche la stessa cancelleria di Berlino. “Ci sono chiare intese in Europa. Ciò include anche l’idea, sottoscritta da tutti, che dovrebbe esserci un regolamento proposto dalla Commissione europea che garantisca che dopo il 2035 i veicoli che possono essere utilizzati solo con e-fuel possano continuare a essere immatricolati“, ha chiarito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in arrivo al Vertice. “Questo è il risultato di un dialogo” tra le istituzioni europee e dunque “in realtà si tratta solo di trovare il modo giusto, in modo molto pragmatico, per attuare effettivamente la promessa che la Commissione ha fatto molto tempo fa“, ha spiegato.

Meloni tiene punto sulle auto elettriche e le case green: “Transizione la scegliamo noi”

Alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, Giorgia Meloni torna a ribadire che i tempi e i modi della transizione verde non può stabilirli l’Europa.

Dopo le sue comunicazioni, l’Aula della Camera approva la risoluzione di maggioranza. Viene approvata anche una parte della risoluzione del Terzo Polo, mentre vengono respinti tutti gli altri testi presentati dalle opposizioni.

Sul fronte energia, l’Italia chiede all’Europa unità, diversificazione delle fonti, lotta contro la speculazione dei mercati, diffusione delle rinnovabili ma anche rapido riempimento degli stoccaggi.
La premier assicura di condividere gli obiettivi green, ma rivendica la neutralità tecnologica: “Quello su cui non siamo d’accordo – scandisce – è che l’Europa debba a monte dirci quali tecnologie siano necessarie per raggiungere gli obiettivi della transizione. Credo che la sfida debba essere stabilire la diversificazione tecnologica che ci consenta di non devastare il sistema produttivo e di lavorare sull’avanguardia che in questa nazione abbiamo“.

Il processo verso un’economia verde, dunque, deve essere sostenibile anche dal punto di vista sociale ed economico. Per questo il governo di Roma si oppone a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. “Il rischio è di passare dalla dipendenza da gas russo alla dipendenza dell’elettrico cinese. Non mi sembra intelligente. Questo è il tema che pongo“, spiega all’Aula della Camera. L’obiettivo, sul fronte automotive, è puntare sui biocarburanti, di cui l’Italia è all’avanguardia. “L’elettrico non è la panacea tutti mali. Non mi sfugge come i componenti vengano estratti con tecniche che devastano l’ambiente e vengano prodotti in Cina con le centrali a carbone“, afferma.

Quanto alla direttiva sulle Case green, l’assenza di contributi e risorse, avverte la leader di Fdi, rischia di risolvere anche questa fattispecie “in un ulteriore onere complesso in un momento particolarmente difficile“. In altre parole, “se da una parte ci sono gli obiettivi, dall’altra non vengono garantite le risorse necessarie. Mentre i primi target di efficientamento sono posti al 2027, la Commissione risponde che i primi contributi arriveranno dal 2028. Il tema non è se l’onere se lo debbano caricare la famiglie o lo Stato italiano. E’ uguale – insiste -, sono sempre soldi degli italiani“.

Intanto, Meloni continua il confronto con gli altri Leader europei. Dopo aver sentito il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Primo Ministro greco Kyriakos Mitsotakis e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in serata la premier italiana sente anche il Primo Ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, sulla priorità del sostegno all’Ucraina, sull’urgenza di attuare le decisioni del Consiglio Europeo di febbraio per una risposta europea nella gestione della migrazione e sull’importanza di adottare soluzioni per la competitività delle economie europee attraverso il pieno utilizzo di tutti gli strumenti Ue.

autostrade

Auto, Roma all’Ue: “Non escludere i biocarburanti”. Bruxelles punta sugli e-fuels per convincere Berlino

Non escludere i biocarburanti dai futuri piani Ue per le auto a zero emissioni. Roma chiama Bruxelles e cerca di inserirsi nei colloqui in corso tra la Commissione europea e la cancelleria di Berlino per sbloccare lo stallo sullo stop alla vendita dei motori a combustione interna, diesel e benzina, a partire dal 2035. Uno dei dossier cruciali del pacchetto climatico ‘Fit for 55’ che Berlino tiene in ostaggio al Consiglio per ottenere un riconoscimento da parte della Commissione che anche dopo il 2035 potranno essere vendute le auto a combustione interna con carburanti neutri per il clima, come i biocarburanti e gli e-fuels, ovvero combustibili liquidi o gassosi, di origine sintetica, che vengono prodotti attraverso processi alimentati da energia elettrica.

Per cercare di superare il veto tedesco, la Commissione europea ha messo a punto una proposta vista da Reuters che – confermano fonti, ha raggiunto solo la cancelleria di Berlino nelle scorse ore – per modificare il regolamento e consentire la vendita di nuove auto con motori a combustione oltre il 2035, ma solo alimentati da combustibili elettrici a impatto climatico neutro. Bruxelles spera così di convincere la Germania a dire ‘sì’ al dossier su cui invece da settimane ormai sta puntando i piedi. Secondo media tedeschi, il governo di Berlino avrebbe già respinto nei fatti la proposta di Bruxelles ma per ora non ci sono conferme ufficiali. Il voto in Consiglio Ue sulle auto a combustione è tenuto in ostaggio da settimane da Berlino, che chiede alla Commissione europea un impegno più vincolante di quello attuale a presentare una proposta per aprire la strada ai veicoli alimentati con carburanti sintetici (e-fuel) anche dopo il 2035. Un mercato ancora poco sviluppato in Europa, su cui però Berlino punta e che al momento potrebbe costare più dell’elettrico.

Sul dossier auto Parlamento e Consiglio Ue avevano già raggiunto un accordo a ottobre, che ora è in attesa dell’ultimo via libera tra gli Stati membri. L’intesa tra i co-legislatori prevede un riferimento al fatto che la Commissione europea presenti una proposta per l’immatricolazione dei veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili CO2 neutrali dopo il 2035 e a un impegno della Commissione europea a valutare i progressi verso il target di zero emissioni per le auto, valutando anche se e-fuel e biocarburanti possano contribuire all’obiettivo. Berlino preme però per un impegno da parte di Bruxelles che le nuove norme siano vincolanti, non lasciate ai confini indefiniti di due ‘considerando’ (dunque non vincolanti) all’interno del regolamento.
La proposta di Bruxelles per sciogliere la controversia con Berlino parla però solo di e-fuels, non dei biocarburanti. Qui si inserisce la lettera che il vicepremier ai Trasporti Matteo Salvini e i ministri dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin e del Made in Italy, Adolfo Urso, hanno indirizzato al vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ribadendo che l’Italia non è disposta ad accettare “una interpretazione indebitamente ristretta da parte della Commissione del concetto di carburanti neutri”, con l’esclusione dei biocarburanti. L’Italia – continua la lettera – ha sponsorizzato (insieme alla Germania) l’utilizzo di carburanti CO2 neutrali per consentire immatricolazioni anche dopo il 2035. Per questo, scrivono i ministri, “abbiamo proposto il considerando 11 del nuovo regolamento CO2 in buona fede e ci aspettiamo che la Commissione lo attui ben prima della revisione del 2026, proponendo un atto giuridicamente vincolante. Un impegno in tal senso da parte della Commissione, con l’indicazione di una tempistica, sarebbe molto apprezzato e permetterebbe di concludere positivamente il dossier”.