Auto elettrica

Le auto elettriche risalgono a ottobre: +2,4% delle vendite nell’Ue. Quota mercato a 14,4%

Le immatricolazioni di nuove auto elettriche a ottobre sono cresciute leggermente nell’Unione Europea (+2,4% su base annua), mentre le vendite di modelli ibridi hanno registrato un consistente aumento (+17,5%), secondo i dati pubblicati giovedì dall’Associazione dei costruttori di automobili (ACEA). Con quasi 125.000 unità vendute, le auto elettriche hanno subito una flessione in ottobre sui principali mercati (Germania, Francia, Italia), ma hanno tenuto bene nei Paesi già ben elettrificati (Paesi Bassi, Danimarca, Belgio). Al di fuori dell’Europa, il Regno Unito continua a registrare un numero sempre maggiore di auto elettriche (+24,5% in ottobre).A livello mondiale, ottobre 2024 è stato un nuovo mese record per le vendite di auto elettriche, con 1,7 milioni di veicoli venduti (+50% rispetto all’anno precedente), due terzi dei quali in Cina, secondo l’azienda britannica Rho Motion.

Secondo l’ACEA, i dati europei “sottolineano la necessità urgente e critica di intensificare gli sforzi per sostenere la transizione verso i veicoli a emissioni zero”. Sebbene i produttori abbiano incrementato l’offerta di veicoli elettrici, l’acquisto è ancora molto più costoso rispetto agli equivalenti a combustione e ibridi. Tesla, il pioniere delle auto elettriche e numero due del settore in Europa dopo Stellantis, ha visto le sue vendite diminuire del 21% rispetto all’anno precedente. Secondo l’ACEA, l’aumento dei costi dell’energia, la mancanza di sovvenzioni all’acquisto e una rete inadeguata di punti di ricarica impediscono agli europei di passare alle auto elettriche.

I modelli ibridi, più economici, continuano a conquistare il mercato (+17,5%): per il secondo mese consecutivo rimangono i modelli più venduti in Europa, con un terzo del mercato, davanti ai modelli a benzina e diesel che sono in calo (rispettivamente -6,8 e -7,6%). La continua crescita delle vendite di ibridi ha avvantaggiato soprattutto Toyota e Renault.

Considerando tutti i tipi di alimentazione, dopo tre mesi di calo, il mercato europeo è tornato in lieve crescita (con un modesto aumento dell’1,1%), con una ripresa delle vendite in particolare in Spagna e Germania. Tuttavia, il mercato europeo è rimasto a un livello molto basso dall’inizio del 2024, con 8,9 milioni di auto immatricolate (+0,7% su base annua).

Il numero uno europeo Volkswagen ha tenuto bene e ha difeso la sua quota di mercato (28,7% a ottobre, +16,7% su base annua), mentre il numero due Stellantis ha avuto un altro mese negativo (15,1% del mercato, -16,9%), frenato dal calo delle immatricolazioni di Fiat e Citroën in particolare.

 

Urso: Stop ecobonus, fondo auto in Manovra a 400 mln. Stellantis: Lotteremo per leadership

Stop a ecobonus e fondo automotive in Manovra aumentato da 200 a 400 milioni. Adolfo Urso porta sul tavolo Stellantis al ministero delle Imprese e del Made in Italy la posizione del governo e i piani futuri per il settore. Ma anche l’impegno in Europa, dove comunica che Roma cercherà di scongiurare la “follia delle euromulte“, che scatteranno dal 1 gennaio prossimo e che si tradurranno in sanzioni sulle case automobilistiche dai 15 ai 17 miliardi di euro.

Nel complesso, fa sapere il ministro, al comparto auto in Italia saranno destinati 1,64 miliardi per il 2025-26. Ma la convocazione di Stellantis a Palazzo Chigi non ci sarà ancora. Almeno finché non si avranno le condizioni per arrivare a un accordo di “alto profilo“. Per il momento, il prossimo tavolo è convocato al Mimit il 16 dicembre. “L’industria automobilistica europea è al collasso“, ammette Urso, che cita il report sulla competitività di Mario Draghi chiedendo di fare squadra per “intervenire subito, subito, subito“. Pensa agli annunci fatti in questi mesi da Volkswagen, che prevede la chiusura di 3 stabilimenti in Germania, di Audi, che dismetterà le attività in Belgio e di importanti aziende della componentistica europea che cesseranno le proprie attività, con il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti. “È il momento delle scelte – insiste -, altrimenti nei prossimi mesi, senza un cambio di rotta in Europa, dopo gli agricoltori anche gli operai bloccheranno le capitali europee e imporranno un cambio di rotta“.

Stellantis, dal canto suo, garantisce che non intende chiudere gli stabilimenti in Italia né fare licenziamenti collettivi. Ribadisce che il Piano per l’Italia c’è. Che a Melfi arriveranno cinque modelli (nel 2025 uscirà nel primo trimestre la prima Ds e, nel terzo, la nuova Jeep Compass elettrica. Nel 2026 arriverà nel primo trimestre la seconda vettura Ds, nel secondo la Jeep Compass Ibrida e nel terzo la nuova Lancia Gamma). Che, per lo stabilimento di Atessa di Pro One, la divisione dei veicoli commerciali del gruppo, ci saranno novità nel 2030, nonostante l’impianto abbia appena rinnovato interamente la gamma dei van. “Lo stabilimento storico in cui si producono i furgoni di grandi dimensioni del gruppo e il più grande impianto europeo di veicoli commerciali leggeri continua a essere centrale per Stellantis”, assicura Giuseppe Manca, responsabile Risorse Umane. “Lotteremo per difendere la nostra leadership“, aggiunge Daniela Poggio, vicepresidente Communication & Public Affairs Italia, ricordando che Fiat, primo marchio all’interno del Gruppo, è “leader in Brasile, Turchia, Algeria, e in Italia”. Ma la transizione verso l’elettrificazione è stata indicata dalle istituzioni europee: “La politica fa le leggi, noi le rispettiamo“, commenta Poggio, precisando che la riconversione comporta un maggiore costo dei veicoli elettrici del 40%, e che la concorrenza cinese ha il 30% di vantaggio sulla competitività dei costi. “Modificare la regolamentazione in corsa non è una buona idea perché il mondo non tornerà indietro sulla elettrificazione e l’Italia è un Paese esportatore“, avverte.

Ai sindacati però tutto questo non basta. Chiedono di spostare immediatamente il confronto a Palazzo Chigi, “oppure ci autoconvocheremo“, minaccia Fiom. “Oggi al Mimit non c’è stato nessun passo in avanti né da parte del Governo, né da parte dell’azienda“, osservano Samuele Lodi, segretario nazionale, e Maurizio Oreggia, coordinatore nazionale automotive, al termine del confronto fiume, durato oltre cinque ore. Il rischio, mettono in guardia, è quello di un “contro effetto domino“: “Stanno tutti fermi ad aspettare gli impegni degli altri; ma si avranno effetti negativi, in particolare sulle lavoratrici e sui lavoratori di Stellantis e delle aziende della componentistica, se non si interviene nel breve periodo“, affermano, considerando i 200 milioni di euro ripristinati in manovra per il 2025 come “del tutto insufficienti“.

Bisogna “alzare il livello di interlocuzione“, fa eco Ferdinando Uliano, segretario di Fim, perché il piano industriale presentato da Stellantis “lo conoscevamo già“. Serve, afferma, “una spinta in più“, cioè il tavolo alla presidenza del Consiglio, e un “intervento forte di potenziamento delle risorse a disposizione in Europa”. Fim chiede quindi una “partita europea a tutto campo, perché quello che sta succedendo in Germania dimostra che da soli non andiamo da nessuna parte“.

Il tavolo auto aperto da oltre un anno al Mimit si è dimostrato “non solo inefficace, ma addirittura controproducente” per Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto. L’aggiornamento al 16 dicembre al ministero, chiosa, “rischia di rappresentare una ennesima pericolosa dilazione, né si può pensare di coinvolgere Palazzo Chigi solo in caso di esito positivo di una discussione che invece sembra in procinto di naufragare”. La richiesta è di intraprendere con il governo un “confronto effettivo” e di ripristinare nella sua interezza il fondo automotive. A Stellantis la richiesta è di ottenere lanci di vetture non esclusivamente elettriche, la conferma degli investimenti a Termoli, l’assegnazione della vettura small a Pomigliano e garanzie su tutti gli stabilimenti italiani, con specifici contratti di sviluppo e la valorizzazione del proficuo lavoro svolto con alcune delle Regioni interessate. Così come misure straordinarie per supportare la filiera dell’indotto “ridotta allo stremo“. “Dobbiamo unire le forze per contrastare quel processo di deindustrializzazione dell’Italia e della Europa – scandisce Ficco -, che è partito proprio dall’automotive”.

Il caso Norvegia: stop alle auto a motore endotermico dieci anni prima dell’Ue

In un sobborgo residenziale di Oslo, quasi una casa su due ha un’auto elettrica parcheggiata nel vialetto: tutti segnali che indicano che il tentativo della Norvegia di diventare il primo Paese al mondo a diventare completamente elettrico è vicino. Residente a Baerum, un comune con una delle più alte percentuali di auto elettriche del Paese (43%), Bård Gundersen ha fatto il grande passo nel 2016 e ora è alla sua seconda auto. “È stato un gioco da ragazzi”, dice il direttore d’azienda al volante della sua scintillante BMW iX. “Era molto più conveniente acquistare un’auto come questa che un’auto tradizionale – quasi la metà del prezzo, visto che volevo un SUV”. Con l’obiettivo più ambizioso al mondo, la Norvegia, nonostante sia un importante produttore di idrocarburi, vuole vendere solo nuove auto a emissioni zero a partire dal 2025, con dieci anni di anticipo rispetto all’obiettivo fissato dall’Unione Europea, di cui la Norvegia non fa parte.

Spinte in particolare da Tesla, le auto completamente elettriche hanno rappresentato il 96,4% delle nuove immatricolazioni in Norvegia a settembre, rispetto al 17,3% in Europa. Si tratta di una quota di mercato molto lontana da quella del 2012, pari ad appena il 2,8%. Questo boom è il risultato di una politica proattiva, inizialmente un po’ fortuita. In un Paese che non ha mai avuto una casa automobilistica nazionale, all’inizio del secolo le autorità hanno esentato le auto elettriche dalle tasse (IVA, certificato di immatricolazione, tassa sul peso), sperando in questo modo di mettere in sella un campione nazionale. Invano, però: il gruppo Pivco (poi diventato Think), che per un certo periodo è stato di proprietà del gigante americano Ford, è fallito nel 2011. Ma le esenzioni fiscali sono rimaste, anche se sono state ridotte negli ultimi anni, rendendo l’acquisto di auto completamente elettriche competitivo con i motori a combustione, che sono pesantemente tassati. “Abbiamo usato il bastone per i veicoli fossili e la carota per le auto elettriche”, afferma Cecilie Knibe Kroglund, Segretario di Stato presso il Ministero dei Trasporti. “È possibile che altri Paesi debbano utilizzare altri tipi di incentivi, a seconda dell’uso, della geografia e del modo in cui funziona il trasporto pubblico. Ma per quanto ci riguarda, i nostri incentivi hanno funzionato molto bene”, sottolinea.

Oltre a questo vantaggioso sistema di bonus-malus, le auto elettriche beneficiano da tempo di privilegi come il pedaggio urbano gratuito e la sosta gratuita nei parcheggi pubblici. Questo è stato il risultato di una campagna di disobbedienza civile condotta negli anni ’90 da un attivista ambientale, Frederic Hauge, cofondatore dell’ONG Bellona, e dal cantante del gruppo A-ha, Morten Harket, autore della hit ‘Take on me’. A bordo di una Fiat Panda elettrica riconvertita, i due uomini, desiderosi di promuovere questo modo di trasporto, si sono ostinatamente rifiutati di pagare i pedaggi e i parcheggi, accumulando una montagna di multe che si sono rifiutati di pagare. Il loro veicolo fu sequestrato, ma qualche anno dopo le autorità concessero finalmente il libero accesso ai veicoli elettrici, che all’epoca erano ancora una rarità. “Non mi sentivo un ribelle, in realtà”, ha detto Harket alla BBC. “Ma era semplicemente necessario”.

In un’altra misura storica, nel 2005 il governo ha permesso alle auto elettriche di utilizzare i corridoi del trasporto pubblico, evitando così gli ingorghi. Anche questi vantaggi occupazionali sono stati erosi nel tempo, ma le auto elettriche sono diventate la norma. In dieci anni, la loro tecnologia è migliorata notevolmente, l’autonomia si è diversificata ed è nata una vasta rete di stazioni di ricarica. A settembre, per la prima volta, il numero di auto elettriche sulle strade norvegesi ha superato quello delle auto a benzina, e ora si stanno avvicinando a quelle diesel. A Oslo, dal 1° novembre tutti i taxi devono essere a emissioni zero.

Volkswagen ha consegnato la sua ultima auto a combustione, una Golf, a luglio. “Dal 1° gennaio abbiamo eliminato dalla nostra gamma tutte le auto a combustibile fossile”, spiega Kim Clemetsen, responsabile marketing di una concessionaria che importa il marchio. “Ora vendiamo solo auto elettriche“. Alcuni marchi, come Toyota, stanno opponendo resistenza progettando di mantenere i modelli a combustione e ibridi nella loro gamma nel 2025. Il ministro delle Finanze Trygve Slagsvold Vedum, strenuo difensore degli interessi rurali, ha messo il bastone tra le ruote affermando che “non è affatto un problema” se l’anno prossimo saranno venduti ancora “alcuni” veicoli a combustione. Ma il Paese dovrebbe, come minimo, essere molto vicino alla sua ambizione di emissioni zero al 100%. “La Norvegia non aveva particolari possibilità di raggiungere questo obiettivo: è un Paese grande, con lunghe distanze e temperature invernali molto basse, che influiscono sull’autonomia delle auto”, sottolinea Christina Bu, segretario generale dell’Associazione norvegese dei veicoli elettrici. “Quindi non c’è alcun motivo per cui noi possiamo farlo e gli altri Paesi no”.

Auto, nel 2023 Ue ha importato il 48% di mezzi elettrici da Cina

Nel 2023 i primi 3 Paesi extra-Ue da cui l’Ue ha importato auto elettriche sono stati la Cina, con 9,7 miliardi di euro (corrispondenti al 48% del totale delle importazioni di auto elettriche), seguita dalla Corea del Sud (4,3 miliardi di euro) con una quota percentuale del 21% e dal Regno Unito (2,1 miliardi di euro) con una quota del 10%. I primi 3 principali Paesi extra-Ue per esportazioni sono stati invece il ​​Regno Unito e gli Stati Uniti, con una quota ciascuno del 24% (rispettivamente 7,1 miliardi di euro e 6,9 ​​miliardi di euro), seguiti dalla Norvegia con l’11% (3,1 miliardi di euro). Lo riferisce uno studio di Eurostat riportato nell’infografica INTERATTIVA di GEA.

Auto, Ue rende definitivi dazi su import elettriche cinesi ma si continua a trattare

La Commissione europea ha deciso: sulle auto elettriche cinesi importate nell’Unione europea i dazi compensativi diventano definitivi. Pur “rimanendo impegnato a trovare una soluzione negoziata“, come ricordano da giorni e settimane da Palazzo Berlaymont, l’esecutivo Ue ha concluso oggi la sua indagine anti-sovvenzioni, che ha rilevato che la filiera dei veicoli elettrici a batteria (Bev) in Cina beneficia di sovvenzioni ingiuste che stanno causando una minaccia di danno economico ai produttori dell’Ue.

Per questo motivo, l’esecutivo Ue impone dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria (Bev) dalla Cina per un periodo di cinque anni. Le tariffe, che si aggiungeranno a quelle già esistenti del 10%, entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. “Parallelamente, l’Ue e la Cina continuano a lavorare per trovare soluzioni alternative compatibili con l’Omc che sarebbero efficaci nell’affrontare i problemi identificati dall’indagine. La Commissione rimane inoltre aperta a negoziare impegni sui prezzi con singoli esportatori, come consentito dalle norme dell’Ue e dell’Omc”, riporta una nota ufficiale.

A partire dall’entrata in vigore delle misure, i produttori esportatori cinesi inclusi nel campione saranno soggetti a dazi compensativi. Nello specifico, si tratta del 17% per BYD; del 18,8% per Geely; del 35,3% per SAIC. Le altre società che hanno collaborato saranno soggette a un dazio del 20,7%, mentre a tutte le altre società che non l’hanno fatto saranno imposte tariffe del 35,3%. A seguito di una richiesta motivata di esame individuale, a Tesla verrà assegnato un dazio del 7,8%. I dazi definitivi saranno riscossi a partire dall’entrata in vigore e la Commissione monitorerà che non vengano elusi. “Ogni produttore esportatore che ha collaborato ed è soggetto al dazio medio del campione, o che è un nuovo esportatore, ha il diritto di richiedere una revisione accelerata per stabilire un’aliquota di dazio individuale“, precisa ancora la Commissione. Inoltre, “gli importatori possono richiedere un rimborso se ritengono che il loro produttore esportatore non sia sovvenzionato o se il margine di sovvenzione è inferiore ai dazi pagati dagli importatori. Tale richiesta deve essere debitamente comprovata e supportata dalle rispettive prove“.

Le misure adottate saranno valide per un periodo di 5 anni, a meno che non venga avviata una revisione della scadenza prima. “L’Ue rimane il campione mondiale del commercio aperto, equo e basato sulle regole. Accogliamo con favore la concorrenza, anche nel settore dei veicoli elettrici, ma deve essere sostenuta dall’equità e da condizioni di parità“, ha evidenziato il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis. “Adottando queste misure proporzionate e mirate dopo un’indagine rigorosa, stiamo difendendo pratiche di mercato eque e la base industriale europea. Parallelamente, rimaniamo aperti a una possibile soluzione alternativa che sarebbe efficace nell’affrontare i problemi identificati e compatibile con l’Omc“, ha puntualizzato.

La decisione di oggi arriva dopo mesi di negoziati per tentare di trovare una soluzione amichevole e concordata con Pechino. Ma se a parole le due parti hanno più volte evidenziato la volontà di raggiungerla, nei fatti i tentativi sono andati a vuoto. Con Bruxelles ferma sul punto, ora, ma anche preoccupata per l’attuale procedimento anti-dumping cinese contro il brandy e per le azioni avviate su carne di maiale e latticini, che la parte Ue ritiene infondate.

Le colonnine per la ricarica delle auto elettriche raggiungono quota 60mila. Lombardia in testa

Al 30 settembre i punti di ricarica di auto elettriche a uso pubblico installati in Italia sono 60.339, in aumento di 13.111 unità nei 12 mesi e di 9.661 unità dall’inizio dell’anno (+3.347 nell’ultimo trimestre). Lo rivela Motus-E. Il tasso dei punti di ricarica in attesa di connessione risulta in lieve calo al 17,8%.

Le colonnine sulle autostrade alla fine del mese scorso sono pari 1.057 unità (dalle 851 del settembre 2023 e le 310 del settembre 2022), di cui l’86% è di tipo veloce in corrente continua e il 64% supera i 150 kW di potenza. Il 42% delle aree di servizio autostradali è dotato già di infrastrutture per la ricarica.

La classifica delle Regioni con più punti di ricarica continua a vedere la Lombardia davanti a tutti (11.687 punti di ricarica, +3.593 negli ultimi 12 mesi), seguita da Lazio (6.217 punti, +1.659 nei 12 mesi), Piemonte (6.035 punti, +1.322 nei 12 mesi), Veneto (5.690 punti, +1.126 nei 12 mesi) ed Emilia-Romagna (4.946, +896 nei 12 mesi). Tra le province, Roma conserva il primo posto per punti di ricarica installati (4.919 punti, +1.346 nei 12 mesi), seguita da Milano (3.999 punti, +1.295 nei 12 mesi), Napoli (2.879 punti, +236 nei 12 mesi), Torino (2.751 punti, +659 nei 12 mesi) e Brescia (1.764 punti, +518 nei 12 mesi).

“La crescita della rete è un’ottima notizia e denota il grande impegno degli operatori per dotare l’Italia di un’infrastruttura altamente strategica, essenziale per non perdere il contatto con gli altri grandi Paesi europei, nonostante il ritardo accumulato in termini di parco circolante elettrico”, commenta il presidente di Motus-E, Fabio Pressi.

“In un contesto in profonda evoluzione, in cui l’industria ha più che mai bisogno di certezze per pianificare gli investimenti, la rete di ricarica rappresenta un punto di partenza decisivo, a cui auspichiamo vengano affiancati quanto prima gli incentivi programmatici alla domanda di veicoli preannunciati dal Mimit nel Tavolo Automotive di agosto”, aggiunge Pressi, che sottolinea poi la centralità del PNRR a coronamento di un approccio multidisciplinare indispensabile per supportare le filiere protagoniste di questa transizione tecnologica.

Il mercato europeo delle auto elettriche alza la testa: a settembre +9,8% di vendite

Dopo mesi di declino, a settembre le vendite di auto elettriche in Europa hanno registrato una ripresa, rappresentando il 17,3% delle vendite di veicoli nuovi in Europa (+9,8% su base annua), rispetto al 14,8% del settembre 2023. Secondo i dati mensili pubblicati da Acea, l’associazione europea dei costruttori di automobili, i risultati restano comunque lontani dai livelli sperati.

In particolare, le vendite di elettriche sono aumentate in Germania, dove le immatricolazioni erano crollate dopo lo stop dei bonus di acquisto alla fine del 2023, ma anche in Belgio, Italia e Spagna. Tuttavia, diversi mesi deboli hanno frenato la transizione elettrica, molto attesa dal settore: le vendite di auto elettriche dall’inizio dell’anno sono inferiori del 5,8% rispetto ai primi 9 mesi del 2023.

“I dati di oggi dimostrano che siamo ancora lontani dal fiorente mercato elettrico di cui l’Europa ha bisogno”, dice Sigrid de Vries, direttore generale dell’Acea, secondo il quale “dovremmo assistere a una crescita mensile costante e sostanziale, soprattutto in questo momento cruciale per lo sviluppo di questa tecnologia”. Invece, la quota di mercato delle auto elettriche su base annua “è inferiore di quasi l’1% rispetto all’anno scorso, mentre i volumi sono ancora inferiori di quasi il 6%”.

A settembre molti produttori hanno avvertito che i loro risultati annuali sarebbero stati inferiori alle aspettative a causa di un mercato europeo molto debole, in un contesto economico complicato e con acquirenti riluttanti a passare ai modelli elettrici, ancora troppo costosi. Diversi produttori rischiano multe di diversi miliardi di euro se non ridurranno le emissioni medie di CO2 per auto entro la fine del 2024 e soprattutto entro il 2025, principalmente vendendo più modelli elettrici. Molti produttori del settore hanno chiesto alla Commissione Europea di rivedere gli obiettivi di emissione di CO2 a breve termine, in modo da poter continuare a vendere auto a combustione più a lungo.

Allo stesso tempo, l’altro simbolo della transizione energetica del mercato, le auto ibride (con un motore a benzina e una piccola batteria elettrica), hanno raggiunto il 32,8% del mercato e ha superato per la prima volta le auto a benzina (29,8% del mercato, in calo del 17,9%). Le vendite (+12,5%) di questi modelli, che inquinano un po’ meno dei motori a combustione interna al 100% ma sono ancora molto più economici delle auto elettriche, sono aumentate in Francia e in Spagna. Toyota, pioniere della tecnologia ibrida, è stato il principale beneficiario di questo aumento.

Le auto diesel hanno continuato la discesa (-23,5%) e l’ex re dell’energia rappresenta ora solo il 10,4% del mercato. Considerando tutte le energie, il mercato europeo è rimasto debole, con un calo del 6,1% su base annua, dovuto in particolare ai mercati tedesco, francese e italiano. Il leader di mercato Volkswagen è rimasto stabile a settembre (+0,3%), mentre il gruppo Stellantis ha registrato un forte calo delle vendite (-27,1%, -5,9% dall’inizio del 2024).

Urso: Nuovo tavolo Stellantis. Orsini: Impensabile aspettare modifiche Green Deal

Il confronto tra il governo e Stellantis non si ferma. Adolfo Urso, convoca un nuovo tavolo con l’azienda: “Ci vogliamo confrontare con la nostra multinazionale“, spiega, assicurando che farà capire al gruppo che “deve restare in Italia, perché l’ecosistema che c’è qui non c’è da nessun’altra parte nel mondo“.

Il ministro si dice soddisfatto dell’unità d’intenti che si è trovata in Parlamento, in occasione dell’audizione dell’ad Carlos Tavares: “Cancelliamo il passato, è nata unità nel Parlamento nelle condizioni da porre a Stellantis. Questa unità va mantenuta e crediamo sia un bene prezioso del Paese”, scandisce.

Urso parla dal palco dell’assemblea generale di Assolombarda. Spiega che da due anni tutta la politica industriale messa in campo è stata “assertiva” e che l’Italia in Europa ha guidato la battaglia contro l’Euro 7 (“sarebbe stata una tagliola impossibile”) e quella sul regolamento del packaging (“sempre a tutela dell’industria”).

Oggi, soprattutto sull’anticipo della revisione sullo stop ai motori endotermici a partire dal 2035, ancora una volta, la parola d’ordine è “velocità“. Per questo motivo il ministro italiano ha presentato in Europa un non-paper sull’auto. “Se vogliamo mantenere gli obiettivi del green deal, dobbiamo creare le condizioni per raggiungerli“, sostiene Urso. Si tratta, per l’inquilino di Palazzo Piacentini, di “cambiare le condizioni” per raggiungere questi obiettivi. La ricetta di Roma passa per un fondo con risorse comuni regolato da un piano automotive europeo, una piena visione di neutralità tecnologica (“perché nessuno aveva previsto la pandemia, la rottura degli approvvigionamenti, l’aggressione della Russia in Ucraina e l’escalation in Medio Oriente“, ricorda Urso) e per l’indipendenza sulle materie prime critiche, estraendo dal sottosuolo europeo quello che serve al Continente.

Anche gli industriali chiedono di non concentrarsi solo sull’elettrico. Propongono una riflessione molto più ampia sull’energia, considerata il problema numero uno dell’Italia, dove i costi sono di molto superiori agli altri Paesi competitor, anche europei.
La via individuata è quella del nucleare, con gli small modular reactor. Entro fine dell’anno, assicura Urso, sarà predisposto un quadro legislativo per garantire che anche in Italia si possano installare “reattori di terza generazione avanzata e di quarta generazione“: “Il nucleare deve tornare a essere l’orgoglio del Made in Italy“, afferma. L’impegno del Mimit è anche quello di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione.
L’energia per noi significa indipendenza strategica. Gli smr sono la via, lo hanno detto anche Google e Amazon”, osserva il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. E l’energia nucleare, precisa il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, “è un esempio concreto” del “cambio di passo necessario” per la futura politica industriale europea in un’ottica di transizione green. Per gli industriali lombardi è una “fonte imprescindibile“, insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all’idrogeno, per assicurare una “equilibrata e sostenibile strategia di transizione energetica“. L’investimento porterebbe anche un incremento significativo in termini di crescita e di posti di lavoro. Secondo alcuni studi, 20 impianti small modular reactor porterebbero a più di 50 miliardi di euro di Pil aggiuntivi, attivando fino a 117mila occupati dal 2030 al 2050. “Non possiamo rischiare di ritrovarci nel 2030 a vedere i risultati degli altri – mette in guardia Spada – mentre noi stiamo ancora discutendo“.

Continua il calo delle auto elettriche: -12,3% immatricolazioni da gennaio a oggi

Se il 2023 si chiudeva con quasi un’auto elettrica su quattro immatricolate in Europa (23,4%), in ulteriore lieve aumento rispetto al 2022 (+0,5%) e in crescita anche in termini assoluti – 3 milioni di nuove auto elettriche (+16%) tra full electric (67%) e ibride plug-in – nonostante un campione come la Germania abbia segnato -6,2%, i primi otto mesi del 2024 mostrano un’inversione di tendenza: l’incidenza di nuove auto elettriche infatti è scesa a 21,2%, calo che si riscontra in tutti i principali mercati Auto europei tranne il Regno Unito. Anche in Italia, dove purtroppo la decrescita non si ferma e ci relega, insieme alla Spagna, agli ultimi posti per vetture elettriche circolanti: -0,2% di immatricolazioni nel 2023 sul 2022, anno già di stagnazione, e un ulteriore -12,3% tra gennaio e agosto 2024 rispetto allo stesso periodo precedente, nonostante il potenziamento delle infrastrutture di ricarica e le innovazioni tecnologiche.

Sono le principali evidenze emerse dallo Smart Mobility Report 2024, realizzato da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato oggi in un convegno a cui hanno partecipato le molte aziende partner della ricerca. Un vero boom, però, si è registrato in Italia a giugno grazie all’Ecobonus: +38,7% di nuove auto elettriche rispetto allo stesso mese 2023. Purtroppo non basta, per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 bisognerebbe immatricolarne più di 800.000 all’anno, una cifra decisamente poco realistica visto che nel triennio 2021-2023 si sono attestate a circa 130.000 annue.

“Gli alti costi d’acquisto iniziali, pur con gli incentivi, e una percezione ancora limitata dei benefici a lungo termine della mobilità elettrica, che invece andrebbero spiegati all’opinione pubblica con specifiche campagne di informazione, hanno rallentato le immatricolazioni – commenta Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy -. A questo si aggiunga una politica di sostegni economici discontinua, che ha contribuito a rendere incerto lo sviluppo del mercato. Per colmare il gap con gli altri Paesi europei e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030, l’Italia dovrà immatricolare in media più di 800.000 veicoli elettrici all’anno, un numero drasticamente superiore ai livelli attuali”.

Nemmeno la crescita delle infrastrutture di ricarica (+35% rispetto al 2022 quelle ad accesso privato, salite a 500.000 anche grazie al Superbonus e ora pari a un decimo di quelle ad accesso pubblico) ha convinto gli italiani a passare all’elettrico: “Se questo divario persiste – continua Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e responsabile dell’Osservatoriosi rischia di avere una rete di ricarica sottoutilizzata che non potrà supportare pienamente la transizione elettrica. Per garantire lo sviluppo coordinato del mercato e delle infrastrutture occorre una pianificazione strategica a lungo termine e vanno adottate politiche pubbliche più incisive e continuative per favorire concretamente l’acquisto di veicoli elettrici, anche sotto il profilo della semplificazione burocratica, e promuovere la fiducia dei consumatori. Diversamente, l’Italia non sarà mai protagonista della transizione verso la mobilità sostenibile”.

Le case automobilistiche, dal canto loro, continuano però a potenziare l’offerta di auto elettriche: anche in Italia, dove i modelli full electric nel primo semestre 2024 sono ormai oltre 100, il 20% in più rispetto al 2023, con un prezzo medio rimasto pressoché costante a fronte di significativi miglioramenti delle performance in termini sia di autonomia (una consistente quota di veicoli supera i 350 km) sia di potenza di ricarica.

Purtroppo, il costo di acquisto rimane lo scoglio che ancora blocca lo sviluppo delle auto elettriche nel nostro Paese, nonostante l’aumento del livello di incentivi disponibili. L’indagine svolta all’interno del rapporto ha modellizzato il Total Cost of Ownership per 5 diverse tipologie di utenti, caratterizzati da differenti percorrenze (da 7.000 a 23.000 km annui) e strategie di ricarica (prevalentemente pubblica o prevalentemente privata), a cui sono stati “assegnati” veicoli di varie categorie, dal segmento A al segmento D, arrivando a valutare 10 possibili combinazioni.

In generale, le determinanti più significative della competitività dei veicoli elettrici sono la percorrenza annua, cruciale per ammortizzare più rapidamente l’elevato costo di acquisto, le abitudini di ricarica degli utenti e il prezzo dell’energia ricaricata: la possibilità di ricaricare il veicolo a casa o sul posto di lavoro, a costi vantaggiosi o addirittura nulli, rappresenta ovviamente un significativo vantaggio economico.

La difficoltà a trovare un adeguato razionale economico nell’acquisto delle auto elettriche è evidente anche nel mondo delle flotte aziendali, che è stato approfondito nell’ambito del rapporto. La survey condotta su 300 imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, distribuite sull’intera penisola, rivela come le autovetture elettriche oggi giochino un ruolo ancora marginale, anche perché nelle flotte aziendali il parco auto è caratterizzato da alti tempi di permanenza (più di 6,5 anni) e da percorrenze annue maggiori di 35.000 km. Le autovetture più diffuse nelle flotte sono quelle a combustione interna, benché il numero di BEV sia in aumento in medie e grandi imprese. In particolare, le auto diesel sono preponderanti: dal 70,8% del totale nelle grandi imprese all’82,8% nelle piccole imprese. Seguono le auto a benzina, dal 7,8% del totale nelle medie imprese al 16,1% nelle piccole imprese, mentre tutti gli altri tipi hanno una diffusione molto limitata.

In termini assoluti, le immatricolazioni di auto elettriche in Italia si sono attestate a poco più di 130.000 unità annue nel triennio 2021-2023 (115.000 nel 2022 anche a causa della carenza di materie prime post-covid) e questo significa che per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione bisognerebbe immettere nel mercato circa 800.000 auto all’anno da qui al 2030: una sfida decisamente ardua.

Nello scenario di sviluppo “inerziale” delineato nel Report (BAU, cioè proseguendo alle condizioni attuali) si raggiungeranno al 2030 a mala pena 2,8 milioni di auto elettriche (cui vanno sommati 4,3 milioni di vetture ad alimentazione alternativa), contro i 7,7 milioni dello scenario “full decarbonization” (FD) che addirittura oltrepasserebbe i target europei. Un obiettivo possibile è quello intermedio, identificato nello scenario “policy driven” (PD), che vedrebbe 6,6 milioni di auto elettriche al 2030 nel nostro Paese ma richiederebbe un insieme di misure normative, economiche e culturali – individuate insieme ai partner della ricerca – capaci di guidare l’azione politica dei prossimi anni.

Ferrari spegne l’impianto di trigenerazione di Maranello e punta sulle energie rinnovabili

Ferrari ha spento l’impianto di trigenerazione nello stabilimento di Maranello per proseguire nella sostituzione di una quota significativa di gas metano con fonti energetiche rinnovabili. L’approvvigionamento di energia elettrica continuerà ad essere garantito infatti, tra le diverse soluzioni, anche dal raddoppio degli impianti fotovoltaici installati, con l’obiettivo di raggiungere al 2030 circa 10 megawatt di picco (MWp) a partire dai 5 MWp attuali.

Lo spegnimento del trigeneratore alimentato a gas, che dal 2009 ha generato energia elettrica, termica e frigorifera, è avvenuto con un anticipo di tre mesi rispetto a quanto precedentemente programmato. In coerenza con il piano di decarbonizzazione annunciato al Capital Markets Day nel 2022, assicurerà una riduzione annua del 60% delle emissioni di CO2 di Scopo 1 e 2 e del 70% del consumo di gas metano rispetto ai livelli precedenti .

Il trigeneratore, che fino al 2022 ha prodotto a pieno regime circa 120 GWh/anno di elettricità grazie a due motori endotermici a gas metano, è stato un esempio di tecnologia ad alta efficienza (Cogenerazione ad Alto Rendimento), che nel corso degli anni ha ottenuto riconoscimenti dal Gestore Servizi Energetici (GSE) sotto forma di certificati bianchi, attestando il conseguimento di risparmi energetici.

“Oggi è una data storica per il nostro viaggio verso la carbon neutrality al 2030. Abbiamo spento il trigeneratore, non useremo più gas per produrre elettricità in questo impianto ma energia elettrica da fonti rinnovabili. Questo è un altro importante tassello dopo l’installazione dell’impianto a fuel cell, i nuovi edifici con massima efficienza energetica e le soluzioni per l’efficientamento energetico nei processi produttivi. Sono orgoglioso di lavorare insieme a un team così impegnato nel percorso verso la carbon neutrality”, commenta il ceo di Ferrari, Benedetto Vigna.

Attualmente la quota di energia rinnovabile autoprodotta nello stabilimento e la fornitura mediante PPA (Power Purchase Agreement) da fonti rinnovabili coprono nel complesso circa il 40% del fabbisogno della sede di Maranello. La restante parte viene alimentata dalla rete, attraverso l’acquisto di sola energia con garanzia di origine da fonte rinnovabile.

Per supportare questo cambiamento nel mix energetico, Ferrari ha adottato le tecnologie più avanzate. Ad esempio, è stata rafforzata l’infrastruttura elettrica generale degli impianti di Maranello, con la completa ristrutturazione della sottostazione elettrica e l’installazione di tre nuovi trasformatori da 40 MVA ciascuno.

Il consumo totale di energia all’interno del Gruppo per il 2023 è stato di 1.520 TJ, con una diminuzione del 4% rispetto al 2022 (1.580 TJ), all’interno di un percorso di continua innovazione tecnologica e di processo per l’approvvigionamento e l’efficienza energetica.