Crolla l’industria in Italia. Opposizioni: “Urso si dimetta”. Il ministro: “Crisi in tutta Ue”

Crolla la produzione industriale in Italia. A dicembre 2024 l’Istat stima una perdita del 3,1% rispetto a novembre, del 7,1% su base annua. Nella media del quarto trimestre il livello della produzione si riduce dell’1,2% rispetto ai tre mesi precedenti, quando le stime erano solo per un -0,1% mensile dopo il +0,3% congiunturale di novembre.

Nel 2024, spiega l’istituto commentando i dati, la dinamica tendenziale dell’indice corretto per gli effetti di calendario è stata negativa per tutti i mesi, con cali in tutti i trimestri. Solamente per l’energia c’è un incremento nel complesso e, nell’ambito della manifattura, solo le industrie alimentari, bevande e tabacco sono in crescita rispetto all’anno precedente, mentre le flessioni più marcate si rilevano per industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e fabbricazione di mezzi di trasporto.

Una catastrofe secondo le opposizioni, che chiedono la testa del ministro delle Imprese e del Made in Italy. “La crisi della produzione industriale non è italiana, ma europea, a partire da Paesi come la Germania“, si difende Alfonso Urso. L’idea è quella di rafforzare la posizione italiana come seconda industria manifatturiera europea, anche perché, osserva, “la Germania ha problemi strutturali maggiori dei nostri“.

Intanto però i parlamentari del Movimento 5 Stelle ricordano i 42 miliardi di ricavi “bruciati” nel 2024, oltre al “calo eclatante” della produzione. Si tratta del 23esimo mese in fila di “crollo inesorabile” che per i pentastellati è ascrivibile in toto alla “inesistente politica industriale del governo Meloni“. I deputati M5S domandano le dimissioni del titolare del Mimit, accusando la premier di aver affidato un ministero chiave a “una figura assolutamente inadeguata“.
Di “desertificazione industriale” in Italia parla il responsabile Economia nella segreteria nazionale del Pd, Antonio Misiani, un “disastro” di fronte al quale qualunque governo correrebbe ai ripari. Nell’ultima legge di bilancio, denuncia l’esponente Dem, è stato “drasticamente tagliato non solo il fondo automotive (-75%) ma l’insieme delle risorse stanziate per le politiche industriali, che passeranno dai 5,8 miliardi del 2024 a 3,9 miliardi nel 2025 fino a 1,2 miliardi nel 2027“. Il parlamentare chiede che il governo riferisca in Parlamento per spiegare all’Italia cosa ha intenzione di fare.
L’Italia “non è il Paese delle meraviglie come vuoi farci credere“, tuona il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli, rivolgendosi alla premier: “E’ il Paese in cui la produzione industriale cala a picco, in cui il caro energia mette in ginocchio le famiglie italiane e la disoccupazione giovanile aumenta. Basta propaganda, Giorgia Meloni, comincia a raccontare il Paese reale“.

Ia, Urso: “Supercalcolatori e datacenter in Italia, ponte tra Ue e continenti del futuro”

L’Europa deve avere una propria visione e autonomia strategica sull‘intelligenza artificiale rispetto agli Stati Uniti e la Cina. Dal grande vertice sull’Ia di Parigi, Adolfo Urso lancia le proposte italiane sulla sfida del secolo. Ricorda la legge del governo Meloni sul tema, “anticipatrice di alcune decisioni europee“, rivendica, e insiste sull’urgenza di aggiornare la strumentazione per “recuperare i ritardi sugli investimenti che si realizzano in altri continenti“.

Il titolare di Palazzo Piacentini presenta un progetto che ripropone l’Italia come hub, questa volta mondiale. Propone di avere supercalcolatori quantum e datacenter (che “sono le miniere del futuro“) completamente nel nostro Paese. Un ponte della connettività tra l’Europa, l’Occidente e i “continenti del futuro, spiega il ministro, con le fibre ottiche che attraverso il Mediterraneo e che giungono e includono “l’Africa, il grande Medio Oriente, la Penisola Arabica, l’India, l’Oceania“.

Italia, dunque, al centro della trasmissione di dati e di informazioni : “Per questo – fa sapere – stiamo lavorando perché possa diventare il Paese ideale dove investire e realizzare attraverso l’intelligenza artificiale anche il suo sviluppo con il super computer, con il quantum“.

Dal palco del vertice, il ministro chiede all’Unione di prendere la “via antropocentrica” della tecnologia al servizio dell’uomo e non viceversa, in linea con la “terza via” evocata dal presidente francese Emmanuel Macron, alternativa ai modelli di Washington e Pechino. Una strada che sia “autonoma, equilibrata e sicura“.
Nello stesso contesto in cui si è caratterizzata anche la presidenza italiana del G7, che ha avviato l’AI Hub per lo Sviluppo Sostenibile, in linea con il Piano Mattei, un’iniziativa pionieristica che mira a favorire l’adozione dell’Ia nei Paesi emergenti, con un’attenzione particolare all’Africa, che opererà in sei settori chiave: energia, agricoltura, salute, acqua, istruzione e infrastrutture. “Vogliamo accompagnare le piccole e medie imprese africane verso un utilizzo sicuro e produttivo dell’intelligenza artificiale, che risponda alle loro esigenze locali”, scandisce Urso, che mette in luce la leadership italiana nei supercalcolatori e nelle tecnologie quantistiche. Due tra i più potenti supercalcolatori al mondo sono nel nostro Paese: il Cineca a Bologna e il Davinci di Genova, che oggi, ricorda, è “il terzo più performante a livello globale”.

Soluzione industriale vicina per Portovesme. Urso: “Possibile un nuovo investitore”

Si intravede la luce in fondo al tunnel per la Portovesme Srl, società del Cagliaritano unica produttrice di zinco e piombo​ in Italia, controllata​ del gruppo Glencore.​
Se Glencore, che il 23 dicembre ha deciso di fermare la linea zinco per gli alti costi energetici, deciderà di continuare la produzione, sarà supportata. In caso contrario, alcuni operatori primari del settore si sono detti disponibili a rilevare l’intero impianto. Adolfo Urso lo annuncia tirando un respiro di sollievo durante il tavolo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il primo incontro dal 27 dicembre quando il ministro ha visitato la fabbrica nel Sulcis per rassicurare i lavoratori.

Riprendere la produzione di zinco “risponderebbe agli interessi strategici del Paese e consentirebbe di meglio tutelare l’occupazione”, osserva Urso. Il titolare di Palazzo Piacentini non esclude inoltre nuove prospettive di crescita, qualora si realizzasse anche il progetto di recupero del litio, “per il quale abbiamo supportato la richiesta di Glencore alla Commissione europea”, fa sapere il ministro, parlando su una “soluzione industriale” all’orizzonte.

Nella ricerca di nuovi investitori, Glencore ha dato disponibilità ad aprire gli impianti e rendere accessibile la data room, per consentire una due diligence adeguata. La linea dello zinco è “strategica” per il Paese, ribadisce Urso, garantendo massimo impegno per la continuità produttiva.

Oltre allo zinco e al piombo, Mimit e Mase lavorano per consentire la realizzazione del progetto sul litio, con l’obiettivo di rafforzare il polo produttivo del Sulcis e tutelare i livelli occupazionali e dotare il Paese di una struttura industriale in grado di produrre materie prime fondamentali per la transizione.
Il governo è poi impegnato anche sul fronte energetico, prossimo a un’intesa per dotare la Sardegna di una rete per l’approvvigionamento e per la distribuzione del gas. Il progetto prevede lo stazionamento di due navi rigassificatrici e un collegamento che garantirà il rifornimento di gas all’area del Sulcis, a partire da Eurallumina, per rendere possibile la sua riapertura. Un risultato “atteso da tempo”, rivendica Urso, per poter assicurare all’isola un approvvigionamento di gas continuo e a costi contenuti, in modo da ridurre il divario nel costo dell’energia rispetto ad altre aree del Paese.
“Così mettiamo in sicurezza l’intero sito di Portovesme”, spiega il ministro, convinto che il governo abbia fatto la sua parte “con coerenza e convinzione”: “Ora tocca all’azienda fare la sua”.

 

 

Moda, governo lavora a rilancio. Urso: 250 mln per imprese

Continua il lavoro del governo per il rilancio del comparto moda, un “asset strategico per il Made in Italy, con 100 miliardi circa di fatturato e un export atteso di 90 miliardi nel 2024“. Il ministro Adolfo Urso presiede un nuovo tavolo permanente sul settore, al Mimit, per un confronto con imprese, ministeri, sindacati ed enti locali che trovi un punto di caduta per affrontare la sfida della duplice transizione green e digitale. “La battaglia per la sostenibilità industriale si vince o si perde in Europa“, mette in chiaro Urso, al lavoro sull’intero fronte della revisione e della attuazione dei regolamenti europei, insieme al Mase.

Nella riunione il ministro annuncia che per il 2025 il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha destinato al settore 250 milioni di euro: 100 milioni per i Contratti di sviluppo, 100 milioni ai Mini contratti di sviluppo, 15 milioni per accompagnare la transizione ecologica e digitale, e 30,5 milioni per promuovere la sostenibilità nel settore moda. Una “cifra significativa”, spiega, messa a disposizione attraverso “strumenti concreti per dare alle aziende della moda la stabilità e la fiducia di cui hanno bisogno per tornare a crescere”. Nel corso dell’anno, poi, saranno destinate alle imprese di tutti i settori produttivi risorse per oltre 22 miliardi di euro. “Massimo sforzo” per il rilancio industriale, rivendica Urso, illustrando le misure messe in campo dal governo, che annoverano circa 9 miliardi per le misure fiscali Piano Transizione 4.0 e 5.0 e Ires premiale; 2,2 miliardi per il credito d’imposta nella ZES unica; oltre 7,5 miliardi tra contratti e mini contratti di sviluppo; 1,7 miliardi della Nuova Sabatini.

“Un impegno importante a fronte delle ristrettezze del Bilancio, a cui possono usufruire anche le imprese del comparto moda, di cui 3 miliardi dedicati esclusivamente alle PMI e 4 miliardi destinati esclusivamente alle imprese del Mezzogiorno”. Riguardo il tema del credito d’Imposta Ricerca e Sviluppo, Urso ha annunciato la presentazione di un emendamento al Dl Milleproroghe per migliorare la misura già predisposta in Legge di Bilancio “per dare una soluzione, per quanto sostenibile, a quanto accaduto nel passato, che pesa come un macigno anche sulle imprese della moda”. L’emendamento, tra l’altro, riapre i termini di adesione alla procedura di riversamento e prevede uno sconto in sostituzione del contributo – che avrebbe penalizzato imprese che devono riversare somme rilevanti – nei limiti di uno stanziamento complessivo di 250 milioni. Sull’occupazione, il ricorso delle aziende della moda alla cassa integrazione straordinaria nell’ultimo anno è stato particolarmente limitato. Secondo il monitoraggio dell’Inps per il 2024 e il 2025 per il settore della moda, su cui il governo ha stanziato circa 110 milioni di euro, si evince che sono stati erogati allo stato attuale solo 2,9 milioni per la CIG. Mimit e Ministero del Lavoro avvieranno un confronto con le Regioni affinché, nel prorogare la misura sulla cassa integrazione, si possa anche riperimetrare il raggio di azione.

Mentre le Regioni spingono per estendere gli ammortizzatori sociali, i sindacati di settore (Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil) avanzano una propria proposta in cinque punti: una politica industriale complessiva che valorizzi il comparto moda, con interventi a sostegno delle imprese e degli investimenti in Italia; una riforma e un rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori del settore; attenzione alle politiche di filiera e di sostenibilità, che considerino legalità, salute e sicurezza come elementi prioritari; impegno diretto e costante del Ministero delle Imprese e del Made in Italy sui singoli Tavoli di crisi; un Tavolo permanente per concordare eventuali azioni correttive, che a partire da casi di deindustrializzazione dei distretti, valuti atti concreti per contrastare il fenomeno.

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Imprese, ok in cdm al primo ddl sulle Pmi. Urso: Svolta strategica”

Via libera in consiglio dei ministri al primo disegno di legge annuale sulle Pmi, che introduce misure strategiche incentivando l’aggregazione, l’innovazione del sistema produttivo e l’accesso al credito.

Tra gli interventi principali, spiccano i ‘Mini Contratti di Sviluppo’ per il settore Moda, le Centrali consortili per coordinare le filiere produttive e nuovi incentivi fiscali per le reti d’impresa. Vengono promossi il ricambio generazionale con assunzioni agevolate di giovani, la tutela della concorrenza con norme contro le false recensioni online e il riordino della disciplina dei Confidi per semplificare l’accesso al credito.

Una svolta per la politica industriale del nostro Paese che valorizza il ruolo delle piccole e medie imprese, cuore pulsante dell’economia nazionale e dell’identità produttiva del Made in Italy, attraverso un sistema normativo mirato all’innovazione, alla competitività e alla crescita“, spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Il ddl rappresenta la prima attuazione dell’art. 18 della Legge 180 del 2011, che aveva previsto l’adozione di una legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, “impegno disatteso da tutti i governi che ci hanno preceduto e che noi intendiamo rispettare puntualmente ogni anno, come stiamo facendo per la legge annuale sulla concorrenza, secondo una chiara visione strategica“, afferma Urso.

Nel dettaglio, vengono introdotte misure per incentivare forme di aggregazione tra imprese del settore Moda, per consentire alle Pmi del comparto di unire le forze e affrontare con maggiore efficacia le sfide del mercato globale, incrementando la capacità di investimento, di innovazione e la propria presenza sui mercati internazionali. A questo scopo sono destinati alle filiere del comparto Moda fino a 100 milioni di euro per i ‘Mini Contratti di Sviluppo’, finalizzati a sostenere programmi di investimento di importo non inferiore a 3 milioni di euro e non superiore a 20 milioni. Il disegno di legge introduce inoltre le ‘Centrali consortili’, nuovi enti giuridici che fungono da strutture di indirizzo e coordinamento per le micro, piccole e medie imprese già organizzate in consorzi di filiera. Questi enti mirano a rafforzare la competitività e l’innovazione delle imprese attraverso modelli di cooperazione efficienti e solidali. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy esercita la vigilanza esclusiva per garantire il rispetto delle finalità mutualistiche. La norma delega il Governo a disciplinare il funzionamento e la vigilanza delle Centrali consortili entro 12 mesi. Per favorire l’accesso al credito delle micro, piccole e media imprese, il disegno di legge attribuisce al Governo una delega per il riordino normativo della disciplina dei Confidi, a oltre vent’anni dall’emanazione della legge in materia. L’obiettivo dell’intervento è semplificare e riorganizzare le regole che disciplinano questo strumento, attraverso la revisione dei requisiti di iscrizione all’albo previsto dall’articolo 106 del Testo Unico Bancario (TUB), l’ampliamento delle attività consentite, la promozione di processi di aggregazione tramite agevolazioni normative e l’estensione delle possibilità operative per i Confidi iscritti. Sono inoltre previste misure per ridurre i costi di istruttoria nella valutazione del merito creditizio delle imprese e interventi volti a favorire l’integrazione tra consorzi, consentendo loro di partecipare ad altri enti senza modificare il proprio oggetto sociale.

Sono inoltre introdotti incentivi fiscali per le imprese che aderiscono a un contratto di “rete soggetto”, consentendo la sospensione d’imposta sulla quota di utili destinata a investimenti previsti dal programma comune di rete. L’agevolazione, finanziata fino a 45 milioni di euro dal 2027 al 2029, riguarda gli utili realizzati tra il 2026 e il 2028, destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio dedicato all’affare.

Per incrementare l’occupazione giovanile, il Ddl contiene una disposizione sulla “staffetta generazionale” nelle imprese, che mira a liberare in anticipo nuovi posti di lavoro mediante un sistema di pensionamento flessibile, che consenta al lavoratore anziano una migliore conciliazione vita/lavoro e, al contempo, attui il trasferimento delle competenze professionali a favore di giovani lavoratori assunti in sua parziale sostituzione. Viene quindi introdotto, per le imprese fino a 50 dipendenti, un sistema di trasferimento generazionale con part-time incentivato per l’accompagnamento alla pensione e assunzioni agevolate di giovani under 35, garantendo così il passaggio di know-how. Il neoassunto potrà sostituire integralmente la posizione lavorativa del lavoratore anziano, una volta cessato il rapporto di lavoro di quest’ultimo.

Per contrastare il fenomeno delle false recensioni online nel mercato della ristorazione e del turismo e per garantire una concorrenza leale ed equa, il Ddl interviene prevedendo l’obbligo di verificare l’attendibilità della recensione, assicurandosi che questa sia realmente scritta da un consumatore che abbia effettivamente usufruito del servizio o acquistato il prodotto recensito. La disposizione definisce che il consumatore potrà rilasciare una recensione motivata entro 15 giorni dalla data di utilizzo del servizio. L’impresa interessata potrà richiederne la cancellazione nel caso in cui il giudizio risulti falso o ingannevole, o qualora il commento non dovesse più essere attuale trascorsi i due anni dalla sua pubblicazione o in ragione dell’adozione di misure idonee a superare le criticità che avevano dato origine al giudizio espresso. Infine, a tredici anni dal primo “Startup Act”, il Ddl delega al Governo l’adozione di un decreto legislativo per la redazione di un testo unico in materia di startup, incubatori e Pmi innovative. L’obiettivo è coordinare le norme vigenti, apportando modifiche per migliorarne la coerenza giuridica, logica e funzionale, e abrogare espressamente le disposizioni obsolete o prive di contenuto normativo. Viene consolidata la figura del Garante per questo comparto di imprese e ampliati i suoi compiti, con lo scopo di promuovere la cultura, la formazione e la crescita dell’ecosistema italiano dell’innovazione tecnologica per massimizzarne la competitività.

Tavolo Ast Terni, accordo di programma entro febbraio. Sindacati: “Agitazione resta”

Un passo avanti e un orizzonte temporale. Dal tavolo sul futuro di Arvedi-Acciai Speciali Terni emergono due sentieri: il primo porterà alla firma di un accordo di programma entro il prossimo mese di febbraio; l’altro, invece, riguarderà la nuova gara per la concessione della centrale idroelettrica nella cittadina umbra.

I problemi nascono proprio dal costo dell’energia, arrivato a toccare quote così alte da costringere l’azienda a spegnere, nel settembre scorso, uno dei suoi forni con notevoli ripercussioni sulla produzione. Un rischio, dunque, che a cascata può riverberarsi sul lavoro. Ragion per cui i sindacati avevano chiesto di anticipare il tavolo di confronto al ministero delle Imprese e del Made in Italy, inizialmente programmato per la metà del mese di gennaio 2025. “Abbiamo fatto il punto su una vertenza così importante e significativa e abbiamo condiviso un cronoprogramma che ci porterà entro il mese di febbraio a firmare l’accordo di programma con l’azienda e le varie istituzioni per il lancio di questo importante, significativo sito per siderurgico italiano”, spiega alla fine dei lavori Adolfo Urso.

Alla riunione, cui hanno preso parte, oltre al ministro, anche il sottosegretario con delega alle crisi industriali, Fausta Bergamotto, i massimi livelli del ministero, il neo assessore regionale umbro allo Sviluppo economico, Francesco De Rebotti, il sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, i rappresentanti dell’azienda e le organizzazioni sindacali, ha definito una roadmap che porterà a gennaio a un nuovo tavolo, questa volta puramente tecnico, per definire il quadro delle agevolazioni a sostegno dell’investimento siderurgico nel rispetto delle regole europee.

Non solo, perché, come spiega il Mimit, è stato concordato un secondo ambito di intervento, in formato multilaterale con l’azienda, la Regione Umbria e il Comune, collegato all’approvvigionamento energetico, “in relazione alla gara per la nuova concessione della centrale idroelettrica di Terni che avverrà nel 2029 e su cui la Regione dovrà fornire i suoi intendimenti”. Perché l’obiettivo, sottolineato da Urso, è “convocare per febbraio un tavolo conclusivo per la sottoscrizione dell’accordo di programma”.

Al termine dell’incontro, però, i sindacati restano freddi. “E’ stato semplicemente paradossale con i diversi soggetti istituzionali che hanno fatto dichiarazioni ambigue e senza assunzioni di responsabilità effettive sul tema del costo dell’energia posto da Arvedi”, commentano Guglielmo Gambardella e Simone Lucchetti, rispettivamente segretario nazionale e segretario territoriale di Terni della Uilm. “Siamo preoccupati sul protrarsi dello stato di incertezza sulla competitività di Ast che potrebbe scaricarsi sui lavoratori che in questi anni hanno già subito la disastrosa precedente gestione dì Thyssenkrupp”, aggiungono. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Fiom: “Le incertezze restano irrisolte” per il responsabile Siderurgia nazionale, Loris Scarpa, e il segretario generale di Terni, Alessandro Rampiconi. “Non registriamo passi in avanti, anzi una riduzione degli investimenti pubblici e privati dovuta al rinvio della produzione di acciaio magnetico – spiegano -. Inoltre, c’è una stretta sull’arco temporale per la soluzione del costo dell’energia, nella fase transitoria, che sarà possibile eventualmente solo per gli anni 2027-2028”.

Fiom chiede, in merito al “fantomatico accordo di programma”, che “gli impegni istituzionali e aziendali siano garantiti a prescindere”. Perché “il governo ha preso l’impegno di trovare delle soluzioni temporanee, in sinergia con Regione Umbria e azienda, entro il 20 gennaio 2025”. Pertanto, “continua a rimanere in atto lo stato di agitazione dei lavoratori”.

Nella riunione a Palazzo Piacentini, Urso ha anche colto l’occasione per presentare il non paper italiano consegnato alla Commissione Ue lo scorso 27 dicembre con Austria, Bulgaria e Polonia, per chiedere la revisione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), che prevede la tassazione delle importazioni da Paesi extra-Ue con regolamentazioni climatiche meno rigorose, calcolata in base alla quantità di Co2 incorporata o emessa per la produzione dei beni. “Siamo ancora una volta in prima linea per cambiare la politica industriale europea a tutela della produzione e del lavoro nel nostro continente“, dice il ministro, confermando l’impegno Ue sulla tecnologia green ma rivedendo i criteri “folli” del Green deal.

Portovesme, Urso in Sardegna: Riveda piani o pronti ad attrarre nuovi investitori

Lo zinco e il piombo di Portovesme continueranno a essere prodotti in Italia. Adolfo Urso raggiunge i lavoratori sardi in presidio davanti al sito industriale della società controllata da Glencore, con la ministra del Lavoro Elvira Calderone, la presidente della Regione Alessandra Todde, tutti i sindaci del Sulcis per un incontro con i sindacati. Nessuna incertezza: le attività non si fermeranno o il governo valuterà altri investitori.

La Portovesme Srl ha deciso di anticipare al 23 dicembre lo stop della linea zinco, inizialmente previsto per il 31 dicembre: milleduecento sono gli operai che rischiano il posto.

Le istituzioni sono unite al fianco dei lavoratori”, garantisce il ministro delle Imprese, che parla di tutelare un’area industriale che è “cruciale per il futuro della Sardegna e del Paese“. Portovesme, ricorda Urso, rappresenta un sito importante per l’economia nazionale e regionale, “dove la produzione di zinco non può essere messa in discussione” e tranquillizza le famiglie: “Se l’azienda dovesse confermare la volontà di fermare l’attività, siamo pronti ad attrarre nuovi investitori capaci di valorizzare questa realtà ed eventualmente avviare un rilancio industriale all’altezza delle potenzialità del territorio“. Perché, ribadisce, “il Sulcis non è solo una questione locale, ma una partita decisiva per il sistema industriale italiano. Noi non molliamo“.
Zinco e piombo saranno infatti fondamentali anche per realizzare il programma nucleare di terza e quarta generazione avanzata che il governo intende perseguire.

Credo che sia importantissimo ciò che oggi è avvenuto“, osserva Calderone. “Ci siamo stretti la mano, simbolicamente e concretamente. Credo anche che la proprietà, l’imprenditore non possa non tenere conto di questa straordinaria unità di intenti che vede coinvolti i sindaci del territorio, tutto il territorio, ma ovviamente anche il governo e le istituzioni regionali e locali“, insiste la ministra sarda.

In questa situazione, osserva Todde, “non c’è Governo e non c’è Regione”: le istituzioni sono “unite in difesa del territorio e per la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro“, fa eco la governatrice che bolla la scelta non comunicata della Glencore di voler spegnere l’attività della linea di zinco anticipatamente come “totalmente inaccettabile”. “Abbiamo le carte che dicono delle cose molto precise e le faremo pesare in tutte le sedi opportune“, avverte.

Per la società, la decisione di mettere la linea di zinco in manutenzione il 23 dicembre è “in linea con gli impegni presi in precedenza di prolungare l’operatività della linea di zinco fino alla prevista visita del Mimit del 20 dicembre e di adoperarsi per farla funzionare più a lungo e, nella migliore delle ipotesi, fino alla fine del 2024“. Il 5 settembre Portovesme ha annunciato la transizione verso un’attività esclusivamente Waelz e ha iniziato a preparare progressivamente la messa in manutenzione della linea di zinco.
La decisione si è basata principalmente su due fattori critici: un ambiente operativo che la società definisce “molto difficile” per gli smelter europei, che sono stati drasticamente colpiti dagli alti prezzi dell’energia e l’aumento della concorrenza asiatica. “Ci concentriamo ora sulla linea di Waelz e sull’esplorazione delle opportunità di riconvertire parte del sito in un impianto di riciclo di materiali per batterie“, fa sapere la Portovesme srl. La priorità è, spiegano, “operare in modo sicuro e responsabile e sostenere i dipendenti colpiti dalle operazioni di cura e manutenzione”.

Stellantis, maxipiano per l’Italia da 2 mld. Urso: “Cambiamo rotta, ma battaglia è in Ue”

Prende forma il nuovo piano industriale di Stellantis per l’Italia. Un progetto che promette di rimettere il Paese al centro delle strategie con l’aumento dei modelli in produzione, elettrici e ibridi, e la salvaguardia dei livelli occupazionali, in linea con gli investimenti produttivi. Da parte sua, il governo mette a disposizione del comparto auto oltre un miliardo di euro nel 2025, per supportare le imprese nella transizione in corso, con gli strumenti di politica industriale. Lo annuncia Adolfo Urso durante il tavolo al Mimit consapevole, confessa, che “il settore auto è in una fase di profondi cambiamenti“. La ratio è governare una transizione “senza traumi“. Per questo l’esecutivo chiede a Stellantis di “assumersi la piena responsabilità sociale” e di collaborare con tutti gli attori.

La collaborazione sembra esserci. “Il treno della storia non si ferma due volte. Il tempo è venuto per noi di fare squadra con l’Italia per affrontare le sfide esistenziali che affrontiamo e sottovalutate da alcuni in Europa“, spiega Jean Philippe Imparato, Responsabile europeo di Stellantis. “Odio le promesse non mantenute e non voglio essere smentito dai fatti“, garantisce.

Due anni di lavoro “intenso“, osserva Urso, “ci permettono finalmente di segnare una svolta, in Italia e in Europa“. Due anni di confronto con l’azienda “serrato, continuo, nel merito“. Il ministro delle Imprese crede in un cambio di rotta, per rimettere sulla giusta strada l’auto italiana ed europea, “possiamo farlo da oggi in Italia, dobbiamo farlo insieme in Europa. È il momento delle decisioni”.

Al tavolo, con lui, ci sono il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la ministra del Lavoro Marina Calderone, i presidenti delle Regioni in cui insistono gli stabilimenti, i segretari generali dei sindacati, l’Anfia, le confederazioni di impresa. “Il Sistema Italia può agire insieme per il rilancio del settore automotive nella difficile fase di rinnovamento tecnologico e transizione industriale“, afferma. Ma la battaglia per la sopravvivenza dell’automotive, mette in chiaro il ministro, si deve fare soprattutto a Bruxelles, dove Roma è “in prima linea per superare le ideologie del green deal e realizzare finalmente un approccio pragmatico e realistico, capace di coniugare la sostenibilità ambientale con le esigenze produttive e sociali del nostro sistema industriale”. Di fronte al collasso dell’industria auto del continente, il ministro chiede “un grande sforzo di sistema” per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione. A questo punta il ‘non paper’ presentato al Consiglio competitività che, ricorda, “ha subito raccolto un ampio consenso tra i Paesi dell’Unione, oltre al sostegno esplicito delle associazioni imprenditoriali di Italia, Germania e Francia, delle maggiori associazioni europee delle Pmi e dell’Acea“. Tanto che anche il gruppo parlamentare del PPE, maggioritario a Strasburgo, ha elaborato un documento in sintonia la linea italiana.

Tutti gli stabilimenti italiani rimarranno attivi“, tranquillizza Imparato, che promette, già dal 2026, una crescita delle produzioni grazie ai nuovi modelli. Il piano Italia di Stellantis non prevede aiuti pubblici: tutti gli investimenti sono finanziati con risorse proprie. Per il Paese c’è un “forte impegno“, garantisce: 2 miliardi di investimenti nel solo 2025, oltre a 6 miliardi di acquisti da fornitori che operano in Italia. Stellantis, precisa Imparato “è il gruppo industriale che ha investito di più in Italia: 10 miliardi nel 2021-2025, che salgono a 40 miliardi considerati anche gli acquisti da fornitori operanti nel Paese“. Ogni stabilimento ha un piano di produzione di modelli che coprono i prossimi anni e arrivano al 2032. Tra le novità più significative c’è l’installazione, a Pomigliano, dal 2028, della nuova piattaforma (STLA-SMALL), sulla quale è prevista la produzione di due nuovi modelli compatti. E ancora la nuova 500, la nuova Pandina, nuovi modelli ibridi ed elettrici.

La sfida che abbiamo davanti è non per i prossimi tre mesi, ma per i prossimi 15 giorni“, ammette Imparato. “Per noi è una giornata seria, di alto livello. Non abbiamo presentato un piano di difesa, ma di sviluppo in Italia. Il 2025 sarà tosto, non lo nascondiamo, ma tutti gli stabilimenti in Italia – ripete – saranno attivi“. La produzione nel 2025 sarà più o meno come nel 2024, ma nel 2026, sostiene, “vedo un +50%“.

C’è cambio passo importante, vigileremo su attuazione piano“, garantisce il governatore del Piemonte, Alberto Cirio. Bene anche per Vito Bardi, presidente della Basilicata: “Melfi resta strategico nello scacchiere produttivo dell’azienda e il piano di rilancio industriale apre interessanti scenari per il futuro dello stabilimento lucano”, afferma.

I sindacati chiedono di passare dalle parole ai fatti. Senza, avverte Rocco Palombella di Uilm, “non ci sono le condizioni per parlare di una nuova fase“. Per la Fiom-Cgil quello di oggi “è un primo confronto di ripartenza“, ma Michele De Palma e Samuele Lodi comunicano che la mobilitazione non si ferma: “L’Ue dovrà prevedere un pacchetto straordinario di risorse per garantire i livelli occupazionali, la produzione e la rigenerazione dell’occupazione. È ora che a Palazzo Chigi siano convocate imprese e sindacati”.

Soddisfatta l’Anfia per gli impegni presi dall’azienda sulle produzioni nei diversi stabilimenti nazionali. La previsione di portare a Pomigliano una nuova piattaforma small oltre alla nuova Pandina o anche di produrre modelli ibridi a Melfi e a Cassino sono per il presidente Roberto Vavassori “novità importanti, che offrono alla filiera italiana delle opportunità sia in termini di volumi più significativi rispetto agli ultimi anni, che in termini di pluralità tecnologica“.

Stellantis, commessa indotto prorogata di un anno: stop a 249 licenziamenti

Dramma scongiurato, almeno per ora. I licenziamenti annunciati nell’indotto di Stellantis per 249 lavoratori vengono ritirati e la commessa dell’azienda verso la componentistica italiana prorogata di 12 mesi.

L’accordo si chiude al Ministero delle Imprese e del Made in Italy tra Stellantis e Trasnova, con i sindacati confederali e di categoria, i rappresentanti delle Regioni in cui insistono gli stabilimenti e degli enti locali dove opera l’azienda dell’indotto. Un “segnale concreto di responsabilità in un momento cruciale per il settore automobilistico“, festeggia Adolfo Urso al termine del tavolo, assicurando che la bussola che orienta il governo è “la tutela del lavoro e della produzione italiana, gestendo nel modo più condiviso possibile la transizione in atto”. Per il ministro l’intesa segna “l’inizio di un nuovo e fattivo percorso anche con Stellantis”.

L’accordo nasce “nel solco del senso di responsabilità di Stellantis“, rivendica il gruppo che, nei giorni scorsi, aveva dato la propria disponibilità a supportare Trasnova per risolvere la situazione. “È stata la stessa Stellantis – spiega l’azienda – che ha proposto questo tipo di soluzione che permetterà a Trasnova, nell’arco dei prossimi 12 mesi, di poter intervenire per realizzare una soluzione complessiva e definitiva nei confronti dei lavoratori coinvolti con gli appositi strumenti che regolano le situazioni di crisi e trovare, secondo l’accordo, anche misure di diversificazione della clientela“. L’azienda riferisce che l’accordo di oggi è una “soluzione specifica” per Trasnova e che le problematiche della filiera del settore auto saranno comunque affrontate nel tavolo al Mimit che sarà la “sede naturale in cui tutti gli attori coinvolti dovranno definire le strategie per superare questa difficile fase di transizione“. Stellantis comunica comunque che proseguirà con i piani finalizzati a “valorizzare i propri asset e le proprie risorse all’interno dei singoli stabilimenti” per “tutelare il lavoro delle proprie persone e ridurre il ricorso agli ammortizzatori sociali nel processo di transizione verso la mobilità elettrica”.

I licenziamenti dei lavoratori di Trasnova, Logitech, Teknoservice e Csa dopo la comunicazione di recesso di tutte le commesse da parte di Stellantis, sono stati scongiurati grazie alla proroga di 12 mesi dei contratti di servizio “richiesta dai sindacati”, rivendicano Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr. Ma anche, ricordano, “grazie alle iniziative dei lavoratori in presidio da giorni“. Il tempo conquistato dovrà però insistono le parti sociali “essere utile per trovare soluzioni strutturali per Trasnova e per l’intero settore, adottando le giuste politiche industriali“.

Occhi puntati sui prossimi appuntamenti: l’incontro a Torino del 12 dicembre tra il responsabile Stellantis Europa Jean Philippe Imparato e i sindacati e, soprattutto, al tavolo ministeriale del prossimo 17 dicembre. In vista dell’appuntamento, Urso ha incontrato al ministero i presidenti dell’Abruzzo Marco Marsilio, dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale, della Basilicata Vito Bardi, del Lazio Francesco Rocca, del Molise Francesco Roberti, del Piemonte Alberto Cirio, dell’Umbria Stefania Proietti e della Campania Vincenzo De Luca.

Stellantis, pioggia di licenziamenti nell’indotto. Schlein a Pomigliano: “Tavolo passi a Chigi”

Arrivano come una scure i licenziamenti di Trasnova, azienda che fornisce la componentistica a Stellantis. Fuori dallo stabilimento di Pomigliano D’Arco, gli operai si mobilitano con un albero di Natale decorato con i nomi di chi resta a casa. Ma le lettere arrivano anche a Melfi, Cassino e Torino.

La situazione è grave, tanto che il tavolo al ministero delle Imprese su Trasnova, che doveva tenersi il 17 dicembre nello stesso giorno del tavolo generale su Stellantis, viene anticipato al 10 dicembre. Tra le due date, il 12 dicembre, i sindacati incontreranno il responsabile Europa di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, che guiderà la delegazione aziendale al Mimit.

Diventa fondamentale non solo la presenza di Stellantis al Mimit il 10 dicembre, ma c’è bisogno di una concreta disponibilità a rivedere le scelte fatte e trovare soluzioni per dare continuità lavorativa al lavorativa di Trasnova“, spiegano Samuele Lodi e Ciro D’Alessio di Fiom-Cgil. Quella di Trasnova, ricordano, “è solo una delle tante aziende della filiera che rischiano di chiudere se il Governo non interviene in maniera decisa perché il gruppo riveda le proprie strategie per l’Italia“. I sindacati chiedono investimenti in ricerca e sviluppo, nuovi modelli per rilanciare gli stabilimenti e la tutela dell’occupazione per i lavoratori diretti e indiretti. “E’ per questo che ribadiamo la richiesta alla Presidente del Consiglio a convocare a Palazzo Chigi il presidente di Stellantis”, insistono.

La richiesta è la stessa che fanno le opposizioni. La segretaria del Pd, Elly Schlein, raggiunge i lavoratori in presidio a Pomigliano: “Siamo qui per bloccare questa procedura, abbiamo chiesto e ottenuto l’anticipazione del tavolo a martedì prossimo, abbiamo chiesto che ci fosse la presenza di Stellantis, che si deve assumere le proprie responsabilità davanti ai lavoratori e davanti al Paese, chiediamo che sia bloccata la procedura di licenziamento di questi operai e che sia assicurato loro un futuro“, perché si tratta di “400 famiglie che rischiano di essere lasciate per strada: non lo possiamo accettare“, tuona. Insiste perché il tavolo Stellantis si sposti a Palazzo Chigi, perché “quello al Mimit si è rivelato inutile“, denuncia.

Dove sta Giorgia Meloni? Perché l’incapacità di Urso l’abbiamo vista, ma c’è tutta Italia che sta chiedendo a Meloni di intervenire, lei ascolta o fa finta di niente anche qui e scappa?“, domanda la vicepresidente del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino. Tre le mosse che suggerisce: “Convocare il tavolo automotive presso la Presidenza dei Consiglio, rimettere subito i 4,6 miliardi che hanno tolto al fondo automotive e aiutare i lavoratori. Siccome chi è in cassa integrazione risulta tra gli occupati di cui Meloni ama riempirsi la bocca, li aiuti: noi abbiamo fatto un emendamento alla legge di bilancio con le coperture per aiutare chi è in cassa integrazione a mettere insieme il pranzo con la cena“, rivendica l’ex sindaca di Torino.

In vista del 17 dicembre, il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, vede il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. Al centro dell’incontro le prospettive e le sfide dell’automotive italiano, con particolare attenzione a Mirafiori. Cirio si dice “molto soddisfatto dell’incontro“, che, sostiene, “conferma l’attenzione e in lavoro congiunto con il governo e in particolare con il ministro con il quale abbiamo condiviso il convincimento che questa situazione possa davvero aprire ad una fase nuova e possa essere l’occasione per il rilancio della produzione in Italia e in particolare in Piemonte, garantendo la centralità dei nostri stabilimenti e la salvaguardia dei posti di lavoro“.

Dal governo, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini addossa la responsabilità della crisi di Stellantis all’Europa: “Il mercato dell’elettrico è fermo, ma non per colpa della politica, perché il cittadino non ha tutti quei soldi da spendere e non abbiamo, neanche facessimo miracoli, la possibilità di riempire in pochi anni di colonnine di ricarica elettrica tutta la strada italiana“, osserva. E’ una battaglia che il vicepremier porta avanti da anni a Bruxelles: “Fino a poco tempo fa ero da solo. Se voi andate a leggere i giornali, tre o quattro anni fa, quando la Lega diceva che convertirsi al solo elettrico è un suicidio, gridavano al negazionismo, mi davano del matto, dell’inquinatore, adesso sono in buona compagnia“, assicura, ripetendo che “mettere fuori legge dal 2035 l’auto a benzina e a diesel è una follia“. La linea è opposta a quella francese: “Mi spiace aver sentito ieri il collega che forse vive sulla luna e dice che va tutto bene, dice di andare avanti con il consumo elettrico. Probabilmente non si accorge che stanno licenziando migliaia di operai“.