‘Driving Energy’ 2023, l’arte di fotografare l’equilibrio tra energia e creatività

Energia e fotografia contemporanea, all’apparenza nulla lega questi due temi, ma i fatti dimostrano che non è così. A testimoniarlo è il premio ‘Driving Energy’ organizzato da Terna, l’azienda che si occupa la rete di trasmissione nazionale dell’energia, e curato da Marco Delogu, figura di rilievo internazionale nel mondo della fotografia e presidente di Azienda speciale Palaexpo. Dopo il successo del 2022, con oltre 1.300 candidati di ogni età, dai 18 agli 85 anni, il concorso arriva alla sua seconda edizione: fino al 30 giugno, i fotografi possono partecipare elaborando immagini che richiamino i valori del tema scelto per quest’anno, ‘Elogio dell’equilibrio’.

I lavori saranno valutati dalla giuria, presieduta da Lorenza Bravetta, consulente nel campo della fotografia, e di cui fanno parte Massimiliano Paolucci, direttore Relazioni Esterne, Affari Istituzionali e Sostenibilità di Terna; Maria Alicata, docente e curatrice; Diane Dufour, editrice e curatrice; Andrea Purgatori, giornalista e autore televisivo; e Francesco Zanot, curatore, saggista e docente. Toccherà agli esperti assegnare il Premio Senior, del valore di 15mila euro, aperto ai partecipanti dai 31 anni in su, il Premio Giovani, da 5mila euro, dedicato ai fotografi fino ai 30 anni, e la Menzione per l’Opera più votata da Terna, del valore di 2mila euro, aperta a tutte le categorie.

Ieri, a Roma, si è svolto uno degli eventi che rientrano tra le tappe dell’edizione 2023 di ‘Driving energy’, durante il quale la platea, oltre a poter ammirare alcuni degli scatti in mostra, è stato accompagnato dalla performance di due giovani musicisti dell’accademia di Santa Cecilia. “Tema del premio è l’elogio dell’equilibrio, che è una metafora molto forte”, ha detto il responsabile Advertising, Brand image e TernaCult di Terna, Michele Gaudenzi. Spiegando che l’azienda “oltre a essere il gestore della rete di trasmissione, quindi è regista della transizione energetica, gestisce la rete di oltre 75mila chilometri di cavi e svolge anche attività di dispacciamento per immettere in rete l’esatta quantità di energia che serve al Paese. In questo modo – ha sottolineato – mette in equilibrio domanda e offerta di energia e a questo concetto ci siamo ispirati”.

Una delle novità nella governance del Premio è il Comitato d’onore, che assegnerà uno dei premi ed è composto dai vincitori del premio ‘Driving Energy’ 2022: Paolo Ventura (Premio Senior con l’opera dal titolo ‘I Ginestra’), Gaia Renis (Premio Giovani con il lavoro fotografico ‘Stereocaulon vesuvianum’), Mohamed Keita (Menzione Speciale all’opera ‘Camminare e camminare…’ ispirata al tema ‘Normalità contemporanea’), Eva Frapiccini (Menzione Speciale al lavoro fotografico ‘La porta di luce alias hommage to D.M.’ ispirata al tema ‘Circolarità. Corsi e ricorsi’), e Andrea Botto (Menzione Speciale all’opera ‘Onda d’urto’, attribuita dalle persone di Terna). L’energia passa anche dalla creatività.

Industria eolica in crisi, colpa di Cina e burocrazia

Il produttore danese di turbine eoliche Vestas ha registrato perdite per 1,5 miliardi nel 2022 e i ricavi sono calati del 7% rispetto al 2021. E “nel 2023 prevediamo alti livelli di inflazione lungo tutta la filiera, mentre la riduzione degli impianti eolici influirà negativamente sui ricavi e sulla redditività”, avvertiva pochi mesi fa la società, riferendosi al lento processo di ottenimento dei permessi in Europa e negli Stati Uniti. L’acquisizione di ordini fermi di Siemens Gamesa, altro big dell’eolico, è diminuita del 35% su base annua a 1,61 miliardi di euro, con riduzioni avvertite in tutte e tre le divisioni: onshore, offshore e servizi. Negli ultimi tre mesi del 2022 aveva registrato una perdita di 884 milioni, per un aumento dei guasti delle componenti delle sue turbine eoliche installate onshore e offshore, innescando disposizioni di garanzia più elevate che hanno finito per affliggere anche Vestas. Numeri preoccupanti che non lasciano presagire un lieto fine in vista degli obiettivi climatici, di un aumento delle rinnovabili a tappe forzate verso il 2030.

Siemens Gamesa e Vestas operano in perdita e denunciano la crescente concorrenza cinese, che vanta una posizione di vantaggio sulle materie prime come le terre rare, necessarie per fabbricare i magneti montati nelle turbine eoliche. Durante il recente WindEurope Annual Event 2023 di Copenaghen, i rappresentanti dell’industria eolica hanno lamentato di essere stati colpiti dall’aumento dei prezzi delle materie prime, dall’instabilità globale causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dall’aumento dei tassi di interesse. “In combinazione, questo è un mix piuttosto potente in termini di un ambiente commerciale stimolante”, ha affermato Anders Hangeland, vicepresidente di Equinor, la società energetica norvegese, secondo quanto riporta Euractiv.com. “Resi e guadagni sono sotto pressione lungo tutta la catena di approvvigionamento sia per gli sviluppatori che per i fornitori”.

Per questo il mondo dell’eolico chiede aiuto alle autorità europee e nazionali. “È tempo di accelerare l’autorizzazione dei progetti eolici. L’autorizzazione è il principale collo di bottiglia per l’espansione dell’energia eolica. Attualmente 80 GW di energia eolica sono bloccati nell’autorizzazione in tutta Europa. REPowerEU ha apportato miglioramenti. Lo sviluppo dell’energia eolica è ora di interesse pubblico prioritario. REPowerEU ha anche proposto utili modifiche ai permessi ambientali e ha definito scadenze chiare per l’autorizzazione. Questi cambiamenti devono ora essere applicati a livello nazionale e locale”, aggiunge WindEurope.

“La filiera dell’energia eolica è in difficoltà, troppo piccola quella europea. Gli investimenti in nuovi parchi eolici sono diminuiti nel 2022, così come gli ordini di turbine. E la Ue ha installato solo la metà del nuovo vento di cui ha bisogno per raggiungere gli obiettivi. Il Net Zero Industry Act dell’Ue – aggiunge Windeurope – vuole aumentare la capacità produttiva europea di turbine eoliche a 36 GW/anno. Ciò significa investimenti in stabilimenti esistenti e nuovi. Ma significa anche investimenti in infrastrutture di supporto come reti, porti, navi e nella forza lavoro qualificata necessaria per garantire che la transizione energetica sia veramente made in Europe”. E poi il Vecchio Continente “deve raddoppiare il tasso di investimenti annuali nella sua rete elettrica. Non ha senso produrre elettroni rinnovabili se non possono raggiungere le persone e le imprese che hanno bisogno di energia”.

Per Sven Utermöhlen, Ceo Offshore Wind di Rwe, bisogna “potenziare la catena di fornitura eolica offshore europea su larga scala. Ciò di cui abbiamo bisogno è un piano d’azione mirato e progetti di aste eoliche offshore che riflettano i costi. Solo con il giusto quadro di investimento l’eolico offshore può creare posti di lavoro preziosi in futuro e fornire elettricità a basso prezzo a lungo termine”. E Javier Rodriguez Diez, Executive Vice President e Cso di Vestas Wind Systems, conclude: “È ora di accelerare le autorizzazioni. Più progetti eolici consentiti possono stimolare investimenti su larga scala, mentre autorizzazioni più rapide per l’industria e le infrastrutture possono accelerare la crescita”.

Di Maio inviato Ue nel Golfo, Lega-FI attaccano: “Scelta curiosa”

L’Italia conquista una casella nello scacchiere europeo. Luigi Di Maio, a meno di clamorose retromarce dell’ultimo secondo, sarà il nuovo inviato dell’Unione europea per il Golfo persico. Secondo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha tutte le carte in regola per ricoprire il ruolo. Per diversi partiti politici, invece, la sua nomina sarebbe da evitare. O almeno così la pensa la Lega, che a caldo aveva definito la scelta fatta a Bruxelles una “indicazione vergognosa, un insulto all’Italia e a migliaia di diplomatici in gamba“. Commento reiterato dopo 24 ore dal segretario federale del Carroccio, che è anche vice premier del governo Meloni: “Con tutti i diplomatici di carriera, che hanno fatto tanto in Italia e in Europa, mandare a mediare il signor Di Maio Luigi è curioso“, tuona Matteo Salvini. Garantendo che “non è una questione personale“, anche se in passato, soprattutto dalla fine dell’esecutivo gialloverde, nel 2019, ha spesso e volentieri incrociato le spade (politicamente, sia chiaro) con l’ex collega.

Per il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti “non è l’unica iniziativa curiosa da parte di alcune istituzioni europee, che sono più ideologiche che pragmatiche, penso alle direttive case e auto green, carni sintetiche, vini farlocchi“. Ecco perché fa sapere di contare sul fatto “che ci ripensino, ci sono persone con curriculum superiori“. Nemmeno il suo attuale omologo, Antonio Tajani, ha gradito la nomina, ma con realismo ammette: “L’iter è avviato e non è facilmente modificabile“. In Forza Italia, comunque, sono in tanti a pensarla come il ministro degli Esteri. La notizia della nomina europea sempre più vicina per Di Maio non fa fare i salti di gioia, ma neanche le barricate, ai partiti di centro. A domanda, il leader di Azione, Carlo Calenda, ad esempio risponde senza troppi giri di parole: “Non lo avrei designato, ma Borrell avrà fatto le sue analisi. Io ho visto Di Maio prendere molte decisioni, sempre in coincidenza con il suo interesse personale. Detto questo, non faremo una battaglia contro, se sta bene a Borrell sono fatti suoi“.

Nel frattempo l’ex responsabile della Farnesina ha ridotto al minimo i contatti. Anche i suoi fedelissimi hanno difficoltà a raggiungerlo, non foss’altro per fargli gli in bocca al lupo di rito. Mentre i suoi ex colleghi del Movimento 5 Stelle restano in silenzio. Lo strappo consumato alla fine della scorsa legislatura, con l’addio alla casa-madre per fondare prima il gruppo Insieme per il futuro e, successivamente, Impegno civico con Bruno Tabacci, non si è mai sanato. Difficilmente, quindi, potrà contare sul sostegno pentastellato nel suo nuovo incarico. Mentre nel Partito democratico qualche vecchio amico su cui contare ce l’ha ancora. E per il momento può anche bastargli così.

Enel a emissioni zero entro il 2040: la roadmap di decarbonizzazione

Zero emissioni di gas a effetto serra entro il 2040 con una roadmap che porterà l’Enel a eliminare tutte quelle climalteranti dirette e indirette, intraprendere una serie di azioni di contrasto al cambiamento climatico e promuovere la transizione per un’elettrificazione sostenibile.

L’azienda pubblica il suo ‘Zero Emissions Ambition Report’ che “descrive la scelta di Enel di fissare un obiettivo ambizioso rispetto all’originario target global ‘net zero’ per il 2050, sottolineando il nostro forte impegno verso un futuro sostenibile e decarbonizzato per tutti nel contesto della transizione energetica globale“, spiega Ernesto Ciorra, Head of Innovability del gruppo. Un documento che comprende anche tutte le iniziative che coinvolgono gli stakeholder di Enel e che, ribadisce, “evidenzia come la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico modellino le nostre decisioni strategiche e di business, in linea con l’esigenza di promuovere la transizione verso processi industriali più sostenibili, resilienti, neutrali dal punto di vista climatico e intrinsecamente meno rischiosi, coniugando equità e inclusività“.

La roadmap si basa su obiettivi specifici di riduzione dei gas serra validati dalla Science Based Target initiative (SBTi) nel dicembre 2022 e allineati alla limitazione del riscaldamento globale a 1,5ºC, che comprendono: la riduzione delle emissioni dirette derivanti dalla generazione di energia elettrica dell’80% nel 2030 e del 100% nel 2040; la riduzione delle emissioni dirette e indirette derivanti dalla vendita di energia del 78% nel 2030 e del 100% nel 2040; la riduzione delle emissioni indirette derivanti dalla vendita di gas nel mercato retail del 55% entro il 2030 e del 100% nel 2040.

Il rapporto descrive anche le tappe fondamentali che il Gruppo prevede di percorrere per raggiungere le zero emissioni entro il 2040: entro il 2025 le rinnovabili dovrebbero rappresentare circa il 75% della produzione totale di Enel; entro il 2027, Enel completerà la dismissione di tutte le sue centrali a carbone; entro il 2040, tutta la capacità installata sarà al 100% rinnovabile.

Enel avrà cessato le attività di generazione termoelettrica e di vendita di gas nel mercato retail e il 100% dell’elettricità venduta sarà prodotta da fonti rinnovabili. Il Piano strategico 2023-2025, annunciato da Enel lo scorso novembre, indica il percorso per raggiungere questi traguardi.

Il Gruppo investirà un totale di circa 37 miliardi di euro nei prossimi tre anni, principalmente per promuovere un’elettrificazione pulita e sostenibile. Di questi, 17 miliardi di euro saranno dedicati alle energie rinnovabili e 15 miliardi di euro alle reti. Di conseguenza, oltre il 94% degli investimenti sarà allineato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, soprattutto per il contributo alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Per sostenere la decarbonizzazione dell’economia globale, Enel collabora con diversi stakeholder e con 20 associazioni internazionali, tra cui il Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC) e il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), per sostenere la mitigazione dei cambiamenti climatici. Per garantire una transizione giusta a tutti i suoi stakeholder, il Gruppo ha creato programmi di sviluppo di nuove capacità e competenze necessarie nel passaggio a un’economia decarbonizzata, coinvolgendo anche i fornitori nell’affrontare le sfide della transizione energetica e mette i clienti in condizione di convertire gradualmente all’elettricità i propri consumi energetici, consentendo anche l’accesso all’elettricità nelle aree più svantaggiate.

Mattarella in Slovacchia: “Cooperazione su energia, sfida ambientale è globale”

Un “impegno di collaborazione crescente tra Italia e Slovacchia” anche sull’energia. Sergio Mattarella chiude a Bratislava il viaggio diplomatico in Polonia e Slovacchia, con la conferma di una cooperazione “importante” per l’Italia, e un invito a lavorare su una delle leve di crescita e sviluppo per il futuro prossimo. Perché “quello delle energie da fonti rinnovabili è un tema da coltivare con concretezza e rapidità“, avverte il presidente della Repubblica. Anche in funzione della “quantità di sfide” che “abbiamo difronte nel mondo”. Perché “abbiamo avuto quella della salute, della pandemia, che ha colpito tutto il mondo e i popoli nella stessa misura e non possiamo escludere che si ripresenti qualcosa del genere in futuro“. E ancora “la sfida ambientale, che rischia di rendere inabitabile la Terra da qua a qualche tempo ed è anch’essa globale”, così come “la sfida dei fenomeni migratori, che sempre più ampiamente sì presentano in ogni continente” e la “sfida di un mondo sempre più interconnesso e ristretto, in cui la vita economia supera i confini e richiede risposte globali“.

Davanti a tutto questo, sottolinea Mattarella, occorrono “risposte di grande collaborazione dei grandi soggetti sovranazionali”, perché “nessun Paese da solo è in grado di rispondere“. Sono i motivi per cui non è possibile lasciare spazio a quello che definisce il “virus insidioso” della “esasperazione del nazionalismo”, che illude con la sovranità per poi “in realtà azzerare la capacità di risposta ai problemi, che richiedono invece un concorde impegno solidale di carattere sovranazionale”. Concetti che si legano a doppio nodo all’idea di Unione europea di cui parla assieme a Zuzana Caputova, presidente della Slovacchia: “collaborazione internazionale” per contrastare un “virus pericoloso che rischia di contrapporre anziché indurre a collaborare, come sempre più evidentemente è necessario”. Per vincere.

In questo scenario, assume rilevanza ancora maggiore il memorandum of understanding firmato tra Eni e Spp, il più grande fornitore di energia della Slovacchia, a margine della visita del capo dello Stato. Al centro dell’accordo c’è la cooperazione commerciale nei settori del gas e del Gnl, volto a individuare iniziative che permettano alla Slovacchia di diversificare le forniture di gas. Le due compagnie valuteranno iniziative nelle aree del trading e della gestione delle capacità di rigassificazione e trasporto, per garantire e rafforzare l’approvvigionamento strategico di gas naturale da utilizzare nella Repubblica Slovacca. Questa firma, come rimarca il Cane a sei zampe, evidenzia potenziali aree di cooperazione e collaborazione tra gli attori energetici europei per migliorare l’accesso del continente a fonti energetiche sicure, affidabili e sostenibili. Una delle grandi sfide di questa fase storica europea e internazionale.

Dal G7 l’impegno per accelerare l’uscita dai combustibili fossili

I Paesi industrializzati del G7 si sono impegnati domenica ad “accelerare” la loro “uscita” dai combustibili fossili in tutti i settori, senza però fissare una nuova scadenza, e hanno deciso di puntare congiuntamente all’azzeramento dell’inquinamento da plastica entro il 2040. L’impegno ad abbandonare i combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) non si applica però a quelli con impianti di cattura e stoccaggio della CO2, secondo il comunicato congiunto dei ministri del clima, dell’energia e dell’ambiente del G7, riuniti da sabato a Sapporo (Giappone settentrionale). Invece di un calendario preciso, i principali Paesi industrializzati (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Canada) hanno vagamente incluso questo obiettivo nei loro sforzi per raggiungere la neutralità energetica del carbonio entro il 2050 “al più tardi“. L’anno scorso si erano già impegnati a decarbonizzare la maggior parte dei loro settori elettrici entro il 2035, obiettivo riconfermato domenica.

A dimostrazione della difficoltà dei negoziati, i Paesi non si sono impegnati a fissare una data per la graduale eliminazione del carbone nel settore elettrico, anche se il Regno Unito, sostenuto dalla Francia, aveva proposto il 2030. Sul fronte ambientale, i Paesi del G7 si sono impegnati a ridurre a zero l’inquinamento aggiuntivo da plastica entro il 2040, in particolare attraverso l’economia circolare, riducendo o abbandonando la plastica monouso e non riciclabile. Germania, Francia, Ue, Regno Unito e Canada fanno già parte di una coalizione internazionale che ha assunto lo stesso impegno lo scorso anno. Ma è la prima volta che Stati Uniti, Giappone e Italia si uniscono a loro. La questione è cruciale: la quantità di rifiuti di plastica è raddoppiata a livello mondiale in vent’anni e solo il 9% di essi viene effettivamente riciclato, secondo l’OCSE. E le Nazioni Unite stimano che la quantità di plastica scaricata negli oceani sarà quasi triplicata entro il 2040.

I membri del G7 hanno dovuto dimostrare unità e determinazione dopo l’ultimo allarmante rapporto di sintesi del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), pubblicato a marzo. Secondo l’IPCC, il riscaldamento globale causato dall’attività umana raggiungerà 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro il 2030-2035. Ciò mette ulteriormente a rischio l’obiettivo dell’Accordo di Parigi del 2015 di limitare l’aumento della temperatura a questo livello, o almeno ben al di sotto dei 2°C.

Domenica il G7 ha anche riaffermato il suo impegno a lavorare con altri Paesi sviluppati per raccogliere 100 miliardi di dollari all’anno per i Paesi emergenti per combattere il riscaldamento globale, un impegno che risale al 2009 e che originariamente doveva essere raggiunto entro il 2020. Un vertice per migliorare l’accesso ai finanziamenti per il clima per i Paesi in via di sviluppo, una questione delicata e cruciale, è previsto per la fine di giugno a Parigi.

Dato il contesto geopolitico globale molto teso, con la guerra in Ucraina dall’anno scorso e le proposte conservatrici del Giappone sul gas naturale, le ONG ambientaliste temevano che la riunione di Sapporo si sarebbe risolta in una regressione. Il G7 ha convenuto, come l’anno scorso, che gli investimenti nel gas naturale “possono essere appropriati” per aiutare alcuni Paesi a superare l’attuale crisi energetica. Ma allo stesso tempo è stato sottolineato il primato di una transizione energetica “pulita” e la necessità di ridurre la domanda di gas. Anche l’altra proposta giapponese di far riconoscere l’ammoniaca e l’idrogeno come co-combustibili “puliti” per le centrali termoelettriche è stata circondata da garanzie. Il G7 ha insistito sul fatto che queste tecnologie devono essere sviluppate da fonti “a basse emissioni di carbonio e rinnovabili“.

Le ONG ambientaliste, tuttavia, sono rimaste deluse. “Ci sono alcune buone notizie” negli annunci del G7 “ma manca ancora l’ambizione” di affrontare le sfide, ha detto Daniel Read di Greenpeace.

Decreto Agrivoltaico: 1 GW di impianti avanzati entro giugno 2026

La missione è installare almeno 1,04 GW di impianti agrivoltaici entro il 30 giugno 2026. Con questo obiettivo, previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, approva una proposta di decreto e trasmette il testo alla Commissione europea, dalla quale si dovrà attendere il via libera per l’effettiva entrata in vigore.

L’autonomia energetica si costruisce anche puntando sulla “vocazione agricola di una grande parte del nostro Paese“, spiega Pichetto. La sfida, scandisce, è “far coesistere nei campi l’eccellenza agricola con soluzioni nuove per generare energia pulita, aprendo opportunità di crescita del settore nel segno della sostenibilità e dell’attenzione all’ambiente“. Dopo il provvedimento sulle Comunità Energetiche, questo è un altro passo per “cambiare dal territorio il paradigma energetico del nostro Paese e guardare al futuro”, afferma.

L’agrivoltaico combina le colture con i pannelli fotovoltaici, installati a un’altezza tale da consentire il passaggio delle macchine agricole. La sfida è quella di generare colture ed energia nello stesso momento e senza conflitti.

Il decreto del Mase prevede, nel dettaglio, il riconoscimento di un incentivo composto da un contributo in conto capitale per, al massimo, il 40% dei costi ammissibili e una tariffa incentivante sulla quota di energia prodotta e immessa in rete. A essere sostenute saranno in particolare soluzioni costruttive “innovative”, fa sapere il ministero, prevalentemente a struttura verticale e con moduli ad alta efficienza. Il Pnrr attribuisce a questo investimento risorse pari a quasi un miliardo e cento milioni di euro e l’intera misura sarà gestita da Gse.

Gli imprenditori agricoli avranno accesso a due distinti contingenti di potenza: un primo contingente da 300 MW destinato al solo comparto agricolo per impianti di potenza fino a 1 MW e un secondo aperto invece anche alle associazioni temporanee di imprese composte da almeno un soggetto del comparto agricolo per impianti di qualsiasi potenza. Fondamentale sarà il sistema di monitoraggio: è previsto che queste installazioni garantiscano la continuità dell’attività agricola e pastorale sottostante l’impianto per tutto il periodo di vita utile degli impianti e che siano monitorati il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture.

La proposta di decreto coniuga due esigenze primarie per l’Italia, osserva il vicepresidente della commissione Ambiente della Camera, Francesco Battistoni: “Sviluppare nuova energia green da un lato e rendere, dall’altro, sempre più sostenibile la nostra agricoltura”. L’autonomia energetica è fra le priorità del governo, conferma: “Trovare soluzioni di sviluppo sostenibile che tutelino l’ambiente prevedendo anche una crescita del settore agroalimentare in chiave green e di risparmio energetico è un provvedimento di visione e di programma che guarda al futuro dell’Italia e alla salvaguardia delle economie territoriali, con un’attenzione specifica verso le produzioni agricole e verso gli allevamenti italiani che sono fra i comparti produttivi più importanti del nostro sistema Paese”, conclude.

Bollette tornano a salire nel 2023: l’elettricità aumenterà fino al 25% e il gas fino al 15%

Non è finita l’emergenza bollette. Dopo la tregua degli ultimi mesi, i prezzi di luce e gas torneranno a salire  Per l’elettricità, famiglie e piccole imprese saranno destinate a spendere il 10% in più nel terzo trimestre dell’anno rispetto alla tariffe del trimestre in corso, mentre i rincari saliranno del 25% nel periodo che va da ottobre a dicembre. Stessa dinamica, ma più contenuta, per il gas naturale: le tariffe sono previste al rialzo “per il terzo e quarto trimestre in rialzo, rispettivamente del 5% e del 15% rispetto alle quotazioni per il secondo trimestre”. E’ quanto si legge nella memoria depositata dalla Arera (Authority per energia, reti e ambiente) nelle commissioni Finanze e Affari sociali in occasione dell’audizione del presidente, Stefano Besseghini, sul decreto Bollette. “A gennaio 2023 – ha detto – si è registrata una riduzione pari al 34,2% del prezzo del gas naturale per la famiglia tipo (quella con consumi medi di 1.400 mc/annui) rispetto a dicembre 2022. Ciò è stato determinato dalla riduzione della spesa per la materia gas naturale (-35,9%), dovuta al calo della componente relativa ai costi di approvvigionamento del gas naturale, dal lieve aumento legato alla spesa per il trasporto e per la gestione del contatore (+0,3%) e dal nuovo livello di copertura degli oneri di sistema prevista dalla Legge di bilancio per l’anno 2023 (+1,4%)”. A febbraio si è determinata un’ulteriore diminuzione del 13% del prezzo del gas naturale mentre a marzo 2023 si è registrato un ulteriore calo del 13,4% (inclusi gli effetti delle misure di aiuto). Ciononostante, ricorda l’Arera, le quotazioni dei mercati all’ingrosso del gas naturale per i prossimi mesi “hanno recentemente nuovamente mostrato volatilità crescente”. Sul gas, infatti, “incide la stagionalità”, ricorda Besseghini. “Quando si avvicina l’inverno, probabilmente vedremo un po’ di rimbalzi del prezzo, anche per effetto della rimozione di quegli elementi di protezione che erano stati introdotti precedentemente ma in una spesa complessiva per le famiglie che andrà comunque riducendosi, per l’inevitabile ed evidente avvicinarsi ed inoltrarsi nella stagione calda”.

Nella memoria, i vertici dell’Authority segnalano anche elementi critici sul provvedimento annunciato dal governo per il prossimo inverno. In particolare, sulla norma che prevedono aiuti alle famiglie nel caso in cui il prezzo medio mensile del gas all’ingrosso dovesse superare i 45 euro al megawattora. Un intervento che potrebbe riguardare oltre 18 milioni di utenze (pari a 23,5 milioni di clienti domestici residenti meno circa 5 milioni di titolari di bonus sociale). L’orizzonte della misura bonus riscaldamento limitato al solo trimestre ottobre-dicembre 2023 “presenta criticità sotto il profilo sia della protezione dei consumatori nell’intero periodo invernale 2023/24, dato che eventuali prezzi elevati del gas nei mesi tra gennaio e marzo 2024 non darebbero luogo al contributo previsto, sia per il rapporto benefici/costi dell’implementazione della misura che – come visto – richiede importanti aggiustamenti dei sistemi informativi dei venditori”, si legge nella memoria. Inoltre, precisa il presidente, “dobbiamo avere consapevolezza, ed è importante che la Commissione ne condivida il percorso anche con il Mase, da valutare per il prossimo inverno la definizione del decreto attuativo per questo elemento di supporto alle spese di riscaldamento, che ha naturalmente una sua tempistica”. 

Descalzi resta a Eni, Cattaneo-Scaroni alla guida di Enel e Cingolani ad Leonardo

Non è stato facile, ma alla fine le forze di maggioranza una quadra sulle nomine dei nuovi board delle società partecipate la trovano.

Si parte dall’unica certezza che ha accompagnato queste settimane di discussione: Claudio Descalzi resta amministratore delegato di Eni. Per proseguire il lavoro di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, non solo per liberare l’Italia della dipendenza russa, ma soprattutto per costruire quel progetto che la premier, Giorgia Meloni, ha chiamato ‘Piano Mattei‘, che nelle intenzione di Palazzo Chigi dovrebbe trasformare l’Italia nell’hub di riferimento per l’Europa, facendo leva sulla posizione geografica (e geopolitica) del nostro Paese rispetto all’area del Mediterraneo.

Alla presidenza del Cane a sei zampe, invece, arriva Giuseppe Zafarana, in uscita dalla Guardia di finanza, dove ha svolto il ruolo di comandante generale. Il Mef, titolare del 4,34% del capitale e per il tramite della Cassa depositi e prestiti (partecipata all’82,77% dal Mef) di un ulteriore 25,76%, comunica, poi, che il nuovo collegio sindacale di Eni sarà composto dagli effettivi Giulio Palazzo, Andrea Parolini e Marcella Caradonna e dai supplenti Giulia de Martino e Riccardo Bonuccelli. L’assemblea degli azionisti di Eni è convocata per il 10 maggio prossimo.

La vera sorpresa di questa partita è Enel. Flavio Cattaneo è infatti il nuovo ad, mentre Paolo Scaroni torna, ma nel ruolo di presidente. In vista dell’assemblea degli azionisti (10 maggio prossimo), il ministero dell’Economia, titolare del 23,59% del capitale, indica per il Consiglio di amministrazione i consiglieri Alessandro Zehenter, Johanna Arbib Perugia, Fiammetta Salmoni e Olga Cuccurullo.

Confermate, invece, le indiscrezioni sul board di Leonardo, che avrà come ad l’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e come presidente Stefano Pontecorvo. Nella lista del Mef (titolare del 30,2% del capitale), per l’assemblea degli azionisti del 9 maggio, ci sono anche Elena Vasco, Enrica Giorgetti, Francesco Macrì, Trifone Altieri, Cristina Manara e Marcello Sala come consiglieri.

Nessuna ‘sorpresa’ nemmeno al timone di Poste Italiane, perché Matteo Del Fante resta amministratore delegato, ma con Silvia Rovere come presidente. Il dicastero di via XX Settembre, titolare del 29,26% del capitale e per il tramite di Cdp di un ulteriore 35%, nomina anche consiglieri Wanda Ternau, Matteo Petrella, Paolo Marchioni e Valentina Gemignani.

Le nomine dei nuovi vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste sono frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze. È un ottimo risultato del lavoro di squadra del governo“, commenta Meloni. Che ringrazia “chi ha servito l’Italia con passione in queste aziende“, mentre augura “ai prossimi amministratori buon lavoro. Il loro compito è quello di ottenere risultati economici solidi e duraturi nell’interesse della nazione che rappresentano in tutto il mondo“.

Resta ora da sciogliere il nodo di Terna. L’attuale ad, Stefano Donnarumma, per mesi dato in procinto di assumere la guida di Enel, al momento non si muove. Anche se i rumors indicano che al suo posto, nella società che gestisce la rete di trasmissione nazionale dell’energia, potrebbe arrivare Giuseppina Di Foggia, oggi ceo e vice presidente di Nokia Italia. Sarebbe la prima donna a capo di una società partecipata, un primato che Giorgia Meloni pare proprio voglia realizzare nella sua esperienza da presidente del Consiglio.

Imprese agricole, le misure contro il ‘caro bollette’

Con il Decreto Bollette, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 marzo scorso, vengono approvate e rinnovate misure contro il caro energia per tutte le imprese, comprese le società agricole.

L’articolo 6 del decreto in commento punta a garantire che la tassazione della produzione di energia, realizzata dalle aziende agricole, avvenga sulla base dei valori del 2021, ovvero prima dell’impennata dei costi energetici. Senza questo intervento – sostiene Salvatore Baldino, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – le aziende agricole, a fronte di una tariffa onnicomprensiva che non tiene conto del vertiginoso aumento dei costi energetici, sarebbero state soggette a un prelievo con un’imposizione superiore di oltre 5 volte a quanto incassato”.

Perché le attività si considerino produttive di reddito agrario, la componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta è data dal minor valore tra il prezzo medio di cessione dell’energia determinato dall’Arera, e il valore di 120 euro/MWh.

Non è stato confermato invece per il secondo trimestre – prosegue Baldino – il credito d’imposta alle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 per alleggerire il costo dell’energia”.

Per le imprese agricole, tali crediti riguardano: gasolio agevolato per autotrazione, riscaldamento serre, allevamenti e attività agromeccaniche: 20% della spesa; gas naturale: 45% della spesa; energia elettrica: del 35% della spesa.

Tali crediti dovranno essere utilizzati in compensazione o ceduti a terzi entro il 31 dicembre 2023.