Ok alla remissione in bonis per il Tax credit luce e gas

È possibile avvalersi della “remissione in bonis” al fine di sanare la mancata trasmissione della comunicazione che, originariamente, doveva essere trasmessa entro il 16 marzo 2023 al fine di poter proseguire nella compensazione dei tax credit luce e gas relativi al III e IV trimestre 2023 a partire dal 17 marzo 2023.
“La tanto attesa notizia arriva con la risoluzione n. 27 del 2023 dell’Agenzia delle Entrate – spiega Rosa Santoriello, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – con cui precisa che il mancato invio della comunicazione entro il 16 marzo 2023 non rappresenta un elemento costitutivo dei crediti richiamati. La sua omissione, infatti, non ne inficia l’esistenza, ma ne inibisce l’utilizzo in compensazione, qualora lo stesso non sia già avvenuto entro il 16 marzo 2023. Si tratta, dunque, di un adempimento di natura formale”.
“Per salvare i crediti non compensati – prosegue Santoriello – si rende quindi necessario presentare, prima di effettuare compensazioni, la comunicazione originariamente omessa e versare la sanzione dovuta, pari a 250 euro tramite F24 ELIDE”.

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Bollette, bonus sociale prorogato fino al 30 settembre 2023

Prorogato fino al 30 settembre 2023 il Bonus sociale per aiutare i meno abbienti a pagare le bollette.

Ricordiamo che l’art.1, commi da 17 a 19, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) ha modificato i requisiti di accesso nel settore elettrico e in quello del gas aumentando da 12.000 a 15.000 euro il valore soglia dell’ISEE per accedere alle agevolazioni per l’anno 2023 con riferimento ai clienti domestici economicamente svantaggiati.

Sono state prorogate le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica – sostiene Marco Cuchel, presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti – riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale deve essere rideterminata dall’Arera”.

La misura prevede inoltre la riduzione dell’aliquota IVA al 5% alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi nei mesi di luglio, agosto e settembre 2023.

Prevista la riduzione al 5 per cento dell’aliquota IVA anche in relazione alle forniture di servizi di teleriscaldamento nonché somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia.

“Per tutto il terzo trimestre inoltre – prosegue Cuchel – è previsto l’azzeramento delle altre aliquote degli oneri generali di sistema per il settore gas”.

Nessuna proroga per il contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale.

Meloni: “Sostenibilità, ma senza smantellare l’economia”. In arrivo il Piano Transizione 5.0

Transizione ecologica sì, ma “con criterio“. All’assemblea generale di Assolombarda, la premier Giorgia Meloni tranquillizza gli industriali e ribadisce che la strategia del governo è quella di puntare a una sostenibilità ambientale che cammini di pari passo con quella sociale ed economica: “Vogliamo difendere la natura, ma con l’uomo dentro – spiega -. Non si può ritenere che per avviare la transizione ecologica si possano smantellare la nostra economica e le nostre imprese”.

Il governo a Bruxelles è impegnato sul nuovo fronte della governance, la riforma del Patto di stabilità e crescita: “La sfida è sugli investimenti. Se l’Europa fa delle scelte strategiche, come transizione verde, digitale ma anche difesa, poi non si possono punire le nazioni che investono su questi temi con regole che non riconoscano il valore aggiunto di quegli investimenti“, afferma la premier. In altre parole, si tratta di scomputare le spese per gli investimenti dal calcolo del rapporto deficit/Pil.

Quanto ai soldi del Pnrr, “li metteremo a terra, costi quel che costi. Faremo tutto ciò che va fatto e metteremo tutti ai remi”, garantisce.

Mi è piaciuto sentire dalle parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: una narrazione diversa nei confronti dell’industria“, plaude il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Approva una visione di investimenti “con l’uomo al centro, che è quindi l’industria 5.0“.

Tra le prime misure che verranno finanziate con i fondi europei, per almeno 4 miliardi di euro, c’è proprio il Piano Transizione 5.0, per “avere un credito fiscale significativo, come quello che si aveva fino al 31 dicembre dello scorso anno per investimenti in green e digitale delle imprese. Fondamentale per incentivare le imprese a investire“, fa sapere il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

E’ reduce da un trilaterale importante a Berlino con i ministri di Francia e Germania, Bruno Le Maire e Robert Habeck, sulle materie prime critiche: “Stiamo agendo in sede europea per la politica industriale“, afferma. Lo definisce l’inizio di un nuovo format, in cui Roma, Parigi e Berlino, “le tre grandi economie europee“, decideranno insieme sulle grandi sfide della politica economica e industriale del Continente e sui dossier all’esame delle istituzioni europee, sia per il settore dell’Automotive sia sugli altri dossier che hanno un impatto sul sistema industriale.
Il ministro delle Imprese porterà in Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, nei primi giorni di agosto, anche il ddl sulla microelettronica, che “definirà il Piano Nazionale italiano in similitudine al chips act europeo per fare dell’Italia il paese ideale in cui investire sull’economia digitale e la tecnologia green“.

La politica sui semiconduttori “si inserisce in un piano più ampio che volto a rendere l’Italia competitiva in settori ad alto contenuto tecnologico“, conferma Meloni, che fa sapere di voler dare all’Hi-tech “particolare attenzione“, per attrarre nuove imprese dall’estero ed evitare fughe di quelle che operano in Italia.

L’inizio di agosto sarà anche il momento in cui Urso darà l’avvio ad altri due dossier fondamentali per la politica industriale italiana: il piano nazionale siderurgico per le principali acciaierie italiane (Terni, Piombino, Taranto in testa) e l’accordo con Stellantis sulla transizione per l’automotive. “Penso che nelle prossime settimane sia doveroso e possibile invertire la tendenza. Nello scorso anno in Italia si sono prodotte solo 473mila autovetture, quando 10 o 20 anni fa c’erano ben altri numeri – ricorda il ministro -. Il delta sul mercato interno è di un terzo di produzione nazionale e due terzi realizzate e importate dall’estero. In Francia siamo ai 2/3 di produzione interna, la Germania produce internamente il 119% delle auto. Questo delta italiano va assolutamente ridotto“. E nell’accordo con l’unica casa produttrice di auto in Italia, è convinto, lo spazio per “invertire la tendenza c’è“.

Pannelli solari

I tetti di 110mila industrie adatti a ospitare impianti fotovoltaici

Sono 110.000 in Italia gli stabilimenti e i capannoni industriali con tetti idonei ad ospitare impianti fotovoltaici di grande taglia, per ampiezza, posizione geografica, caratteristiche aziendali come i consumi energetici e la solidità finanziaria. Circa 300 km quadrati di superfici, sufficienti a realizzare 30 Gw di nuove installazioni che coprirebbero il 75% dell’obiettivo al 2030 di potenza fotovoltaica installata per impianti superiori ai 200 Kw e il 60% del target totale di 50 Gw, secondo l’accordo europeo Fit-for-55. Si tratta di un intervento in grado di attivare tra i 30 e i 36 miliardi di euro di investimenti e che porterebbe a un risparmio di emissioni di CO2 di circa 9.000 tonn/anno. Una manna dal cielo visto che la generazione da solare fotovoltaico in Italia dovrà triplicare nei prossimi 7 anni, passando dai circa 25 Gw attuali a 75 Gw.

Il calcolo dei tetti disponibili è stato fatto da Cerved, la tech-company che ha messo a sistema le tantissime informazioni di cui dispone – analisi satellitari per l’esame del territorio, consumo energetico delle aziende e loro robustezza finanziaria, costi degli impianti fotovoltaici – e investito in un’applicazione per elaborarle attraverso le tecnologie di intelligenza artificiale, favorendo così l’incontro tra aziende e istituti finanziari che vogliono supportare lo sviluppo della produzione di energia pulita. Obiettivo di Cerved infatti è aiutare il Sistema Paese a proteggersi dai rischi e a crescere in maniera sostenibile estraendo dai dati i segnali e gli insight necessari a prendere rapidamente le decisioni migliori per tutti.

“Molte aziende potrebbero produrre energia dal fotovoltaico ma non hanno idea del loro potenziale di produzione – spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved – le imprese energivore, ad esempio, che in questo momento stanno sostenendo degli elevati costi di approvvigionamento, potrebbero avere grandi benefici dall’installazione di impianti propri. Allo stesso tempo, anche le banche vorrebbero intercettare questi casi e sostenerli in maniera mirata”. 

Lo sviluppo dell’autoconsumo diffuso, infatti, è un’opportunità per il settore industriale, in particolare per le PMI, che possono partecipare alle Comunità energetiche rinnovabili (Cer). Si tratta di realizzare 5 GW di potenza entro il 2027: questo permetterebbe incentivi in tariffa per energia condivisa tra i 60-120 €/kWh (fino a 5 GW per 20 anni) e incentivi in conto capitale (fondo perduto PNRR) pari a 2,2 miliardi di euro, destinati alle Comunità energetiche rinnovabili per Comuni sotto i 5 mila abitanti.

“In pratica – conclude Mignanelli – l’incrocio e l’elaborazione di tre dataset completamente diversi – dati satellitari, consumi energetici delle imprese, proiezioni dei bilanci per stabilirne la solidità – ci hanno restituito una lista di 110.000 imprese, con indirizzo e ragione sociale, su cui si possono installare 30 GW di potenza fotovoltaica, oltre la metà di quelli che occorrono all’Italia per centrare gli obiettivi al 2030, con investimenti per 30-36 miliardi di euro. Oltre ai fondi del Pnrr anche i privati sono chiamati a fare la loro parte per trovare i fondi necessari presso le banche e sfruttare gli incentivi più adeguati”.

Entrando nel dettaglio, attraverso dati satellitari e tecnologie di Image Detection basate su AI è stato possibile geolocalizzare gli immobili e i siti produttivi con una copertura unitaria superiore ai 2.000 mq, sufficientemente ampi per installare impianti di almeno 200 KW, soglia che li rende attrattivi per gli operatori specializzati. Quindi sono stati selezionati i tetti piani oppure orientati a sud/sud ovest, ideali per l’irraggiamento, che rappresentano il 65% circa del totale e sono state tolte eventuali ostruzioni, in media il 3% delle superfici. Da ultimo si sono analizzate le caratteristiche del territorio (precipitazioni, distanza dalla rete elettrica, vincoli paesaggistici, rischio idrogeologico, comunità energetiche). Tutte queste informazioni sono poi state integrate con il ricco ecosistema di dati sulle imprese italiane di cui Cerved dispone, che comprende il consumo energetico delle aziende e la loro affidabilità creditizia, i profili Esg, i costi degli impianti fotovoltaici e l’esigenza di finanziamenti.

A maggio i consumi di energia elettrica calano del 6,3%. Crescono le rinnovabili

Cala la domanda di energia elettrica in Italia. Secondo quanto emerge dai dati raccolti da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale guidata da Giuseppina Di Foggia, a maggio la richiesta complessiva si è assestata sui 24,3 miliardi di kilowattora, facendo così registrare una diminuzione del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2022. Allo stesso modo scendono anche i consumi industriali, con una riduzione dell’8,1% rispetto allo stesso periodo di 12 mesi fa. Entrando nel dettaglio dei settori, c’è il segno positivo per i mezzi di trasporto, le ceramiche e vetrarie, oltre agli alimentari. Mentre gli altri settori sono in flessione, soprattutto quello dei metalli non ferrosi.

Scorporando il dato, la riduzione è confermata anche prendendo in esame i primi cinque mesi del 2023, durante i quali la richiesta di energia elettrica in Italia è calata del 4,5%, sempre rispetto allo stesso periodo del 2022 (-4,1% il dato rettificato).

Maggio ha avuto lo stesso numero di giorni lavorativi (22) e una temperatura media mensile inferiore di 1,8°C rispetto allo stesso mese del 2022, sottolinea Terna, mostrando il dato della domanda elettrica destagionalizzato e corretto dall’effetto della temperatura, risultata in calo del 5,6%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di maggio 2023 è risultata negativa dovunque: -7,3% al Nord, -6,2% al Centro e -4,3% al Sud e Isole. In termini congiunturali, il valore della richiesta elettrica, destagionalizzato e corretto dall’effetto temperatura, risulta in flessione dell’1,7% rispetto ad aprile 2023. L’indice Imcei elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1000 imprese cosiddette ‘energivore’, ha registrato una diminuzione congiunturale rispetto ad aprile del 2,5%.

Buone notizie anche dai dati relativi alle fonti rinnovabili, che hanno prodotto complessivamente 10,4 miliardi di kWh, coprendo il 42,8% della domanda elettrica (a maggio 2022 era del 35,6%). La produzione si divide per il 40,3% da idrico, il 28,1% da fotovoltaico, il 14,6% da eolico, il 12,6% da biomasse e il 4,4% da geotermico. Secondo le rilevazioni Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi cinque mesi dell’anno l’incremento di capacità in Italia è pari a 2.001 MW. Il valore è superiore di 1.110 MW (+125%) rispetto allo stesso periodo del 2022. Complessivamente, rispetto a maggio dell’anno scorso, sono stati installati ulteriori 4.200 MW.

In crescita risulta la produzione da fonte idrica (+33,4%) ed eolica (+33,8%), mentre è in flessione quella da fonte termica (-19,8%) e fotovoltaica (-5,4%). Resta sostanzialmente stabile, invece, la produzione geotermoelettrica (+0,2%).

Sempre a maggio 2023, la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’82,1% con la produzione nazionale e per la quota restante (17,9%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta, inoltre, è pari a 20,1 miliardi di kWh, in calo del 6,7% rispetto a maggio 2022. Infine, il saldo import-export, la variazione è -4,8% per un effetto combinato di una diminuzione dell’import (-3,3%) e un aumento dell’export (+28,5%).

Via libera Ue al decreto Parco Agrisolare: 1 miliardo di finanziamenti

La Commissione europea dà il via libera al nuovo decreto del bando Agrisolare. La misura del Pnrr, che libera un miliardo di euro, prevede finanziamenti a fondo perduto fino all’80% per la realizzazione di impianti fotovoltaici.

Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, firma il decreto che sarà pubblicato a breve in Gazzetta Ufficiale e istituisce il nuovo regime di aiuti per interventi su edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale. L’obiettivo, spiega il ministro, è “favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili e la riduzione dei costi di produzione delle imprese“. Le spese per l’energia, in media, pesano per oltre il 20% dei costi variabili a carico delle aziende. La possibilità di autoprodurre energia da fonti rinnovabili utilizzando i propri fabbricati, e quindi senza consumo di suolo, è “non solo un grande passo verso la sostenibilità del comparto ma anche un’occasione per abbassare le spese di produzione e, allo stesso tempo, di crescita, in competitività, della nostra Nazione”, scandisce Lollobrigida.

Nel dettaglio, la misura prevede: l’80% di contributo a fondo perduto va alle imprese agricole di produzione primaria su tutto il territorio nazionale nei limiti dell’autoconsumo, con la nuova fattispecie dell’autoconsumo condiviso (con una dotazione finanziaria pari a circa 700 milioni di euro); fino all’80% di contributo a fondo perduto con la possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese di trasformazione di prodotti agricoli. La dotazione finanziaria pari a circa 150 milioni di euro); il 30% di contributo a fondo perduto (con maggiorazioni per piccole e medie imprese e per aree svantaggiate) e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese agricole di produzione primaria (con una dotazione finanziaria pari a circa 75 milioni); il 30% di contributo a fondo perduto (con maggiorazioni per piccole e medie imprese e per aree svantaggiate) e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese della trasformazione da agricolo in non agricolo; raddoppio della potenza massima installabile che passa da 500 kw/p a 1.000 kw/p; il raddoppio della spesa ammissibile per accumulatori che passa da 50mila a 100mila euro; il raddoppio della spesa ammissibile per dispositivi di ricarica che passa da 15mila a 30mila; raddoppio della spesa massima ammissibile per beneficiario che passa da 1 milione di euro a 2,330 milioni incluse le spese accessorie (ad esempio rimozione amianto).

Consentirà l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di circa 20mila stalle e cascine ed è “importante per contribuire in modo sostenibile alla sovranità energetica del Paese“, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Un sostegno per le imprese agricole e zootecniche che possono avvantaggiarsi del contenimento dei costi energetici ma anche per il Paese che può beneficiare di una fonte energetica rinnovabile, in una situazione di forti tensioni internazionali“, ricorda. “Riconosciamo il valore del lavoro fatto in questi mesi dal ministero, ascoltando le nostre sollecitazioni perché venisse superato il limite dell’autoconsumo e dato spazio alle Comunità energetiche rurali“, fa eco il presidente nazionale di Cia-Agricoltori italiani, Cristiano Fini. “È chiaro che bisognerà continuare a spingere per vedere ampliate, in modo significativo e davvero efficace, le opportunità di ammodernamento ed efficientamento del sistema produttivo agricolo – sottolinea -. Il settore è ormai in pista per essere sempre più sostenibile anche da un punto di vista energetico, ma va supportato con garanzie di reddito e nel processo culturale all’interno delle comunità“.

cingolani

Ipotesi incentivi per Regioni che autorizzano installazioni rinnovabili

Chi può autorizza più guadagna. La ratio del progetto a cui lavora il governo per aumentare sensibilmente le installazioni di impianti per le energie rinnovabile è comunque questa. Al centro c’è il rapporto con le Regioni, soprattutto quelle del Sud, che da mesi chiedono di rivedere la norma che concede solo il 3% dell’energia a compensazione delle installazioni sul proprio territorio, allargando il raggio d’azione all’ente regionale, con royalties o lasciando la maggior parte dell’energia ricavata per il sostentamento dei propri cittadini. Il primo a sollevare la questione, con metodi molto spicci ma efficaci, è stato Renato Schifani, che ad aprile era pronto a sospendere le autorizzazioni per eolico e fotovoltaico senza adeguate contropartite per la sua Sicilia.

A ruota fu seguito dal governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, e a stretto giro di posta anche dal presidente della Basilicata, Vito Bardi. Rivendicazioni che avevano alla base un solo concetto: “Le rinnovabili non creano posti di lavoro e al momento non lasciano benefici sul territorio”, dunque bisogna cambiare registro. Inizialmente, la risposta del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, fu tiepida. Non che rigettasse le rivendicazioni, ma non poteva passare l’ipotesi di contrattazioni locali: “La valutazione va fatta sull’interesse nazionale“. Da quello che filtra in queste ore, il responsabile del Mase sembra essere stato di parola. Perché nel progetto che prevede il ribaltamento del paradigma attuale, ovvero arrivare a produrre i due terzi dell’energia da fonti rinnovabili e solo un terzo dalle fonti fossili meno inquinanti entro il 2030, dovrebbero trovare spazio nuovi incentivi per quelle Regioni che concederanno più autorizzazioni a impianti solari ed eolici. Il criterio dovrebbe essere applicato solo alla nuova energia prodotta, però. Dunque, uno stimolo (forte) a fare sempre meglio sulle fonti alternative.
Per ora le Regioni, interpellate da GEA, non prendono posizione. E’ probabile che attendano di conoscere nei dettagli il progetto del governo prima di esprimere un giudizio, positivo o negativo che sia. E nel frattempo attendono il decreto che individua le aree idonee alle installazioni, atteso già da un po’ ma che dovrebbe arrivare entro poche settimane. Pichetto aveva promesso entro l’inizio dell’estate, anche se più probabilmente avverrà nei primi giorni della stagione.

Tornando alle rinnovabili, per una volta potrebbe verificarsi anche un doppio risultato, quasi parallelo, con le istituzioni europee. Perché dopo il via libera degli ambasciatori Ue venerdì al Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Unione europea, gli eurodeputati della commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) dell’Europarlamento voteranno mercoledì 28 giugno il nuovo testo di compromesso sulla revisione della Direttiva sull’energia rinnovabile (Red). Dopo il voto in commissione, il testo dovrà essere approvato dall’intero Parlamento europeo a settembre in sessione plenaria. La notizia fa tirare un sospiro di sollievo dopo circa un mese di stallo al Consiglio, a causa delle pressioni francesi sul nucleare, gli ambasciatori dei 27 hanno convalidato l’accordo raggiunto con l’Eurocamera a fine marzo per la revisione della direttiva includendo un nuovo ‘considerando’ al testo di compromesso che riguarda gli impianti di ammoniaca.

Caldo record

Europa continente più caldo: +2,3 gradi e 16mila vittime nel 2022

L’Europa è il continente caldo il doppio rispetto alla media mondiale. Il 2022 infatti è stato l’anno più caldo di 2,3 gradi rispetto al clima della fine del XIX secolo (1850-1900) l’era preindustriale utilizzata come riferimento per l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Come ha certificato il rapporto sullo stato del clima in Europa 2022, il secondo di una serie annuale, prodotto congiuntamente dall’Organizzazione meteorologica mondiale e dal Servizio sui cambiamenti climatici Copernicus dell’Unione europea, il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato per Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito. In generale, in tutta la regione meteorologica europea, il 2022 è stato il secondo anno più caldo, o il quarto se si includono la Groenlandia e parti più a est. Ma quasi l’intera regione ha sperimentato temperature superiori a 0,5 gradi sopra il normale (1991-2020).

Già a novembre l’Omm aveva già annunciato che l’Europa si era riscaldata a un tasso di +0,5 gradi per decennio dal 1990, il doppio della media delle altre cinque regioni meteorologiche globali. “Nel 2022, molti paesi dell’Europa occidentale e sud-occidentale hanno avuto il loro anno più caldo mai registrato. L’estate è stata la più calda mai registrata: le alte temperature hanno esacerbato le gravi e diffuse condizioni di siccità, alimentato violenti incendi che hanno provocato la seconda più grande area bruciata mai registrata e portato a migliaia di morti eccessive associate al calore”, ha affermato il segretario generale dell’Omm, Petteri Taalas. Il 2022 “purtroppo non è un caso unico o una stranezza climatica“, ha commentato Carlo Buontempo, direttore dell’Osservatorio sui cambiamenti climatici Copernicus (C3S) dell’Unione europea. L’anno “fa parte di una tendenza che renderà gli episodi di stress da caldo estremo più frequenti e intensi in tutta la regione”.

Ma, in segno di speranza per il futuro, per la prima volta l’anno scorso l’energia rinnovabile ha generato più elettricità del carbon fossile inquinante. L’energia eolica e solare ha generato il 22,3% dell’elettricità dell’Unione Europea (Ue) nel 2022, superando il gas fossile (20%). “Per la prima volta, nell’Ue è stata generata più elettricità dall’eolico e dal solare che dal gas fossile. L’aumento dell’uso di fonti energetiche rinnovabili e a basse emissioni di carbonio è fondamentale per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili“, ha affermato Taalas. Una buona notizia se si pensa che nel 2021, ultimo anno disponibile per i dati consolidati, le concentrazioni in atmosfera dei tre principali gas serra (carbonio, metano e protossido di azoto) hanno raggiunto i massimi livelli. Nel 2022, i dati provenienti da più siti mostrano che le emissioni di tutti e tre i gas hanno continuato ad aumentare.

Secondo l’Emergency Situations Database (EM-DAT), i pericoli meteorologici, idrologici e climatici in Europa nel 2022 hanno colpito direttamente 156mila persone e causato 16.365 morti, quasi esclusivamente a causa delle ondate di calore. Il danno economico, per lo più legato ad alluvioni e tempeste, è stimato complessivamente in circa 2 miliardi di dollari per l’anno 2022, lontano dai 50 miliardi per l’anno 2021 dopo le alluvioni eccezionali.

Mentre il termometro saliva, le precipitazioni erano al di sotto del normale in gran parte dell’Europa. “Questo è il quarto anno consecutivo di siccità nella penisola iberica e il terzo nelle regioni montuose delle Alpi e dei Pirenei”, indica il rapporto.

La Francia ha vissuto il periodo gennaio-settembre 2022 più secco dal 1976, così come il Regno Unito nel periodo gennaio-agosto, causando “considerevoli impatti sull’agricoltura e sulla produzione di energia”.

I ghiacciai delle Alpi europee hanno subito “una perdita di massa record in un solo anno, causata da quantità molto basse di nevicate in inverno, un’estate molto calda e depositi di polvere sahariana“. Dal 1997 tutti i ghiacciai europei hanno perso circa 880 km3 di ghiaccio.

Le temperature superficiali medie nel Nord Atlantico sono state le più calde mai registrate, con ogni ondata di caldo che ha portato a migrazioni ed estinzioni di specie e alla distruzione di interi ecosistemi marini.

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Italgas - Gallo

Italgas presenta Piano al 2029, investimenti per 7,8 mld: raddoppia impegno nell’idrico

Innovazione, crescita e sostenibilità, con l’obiettivo finale dichiarato di raggiungere il target di neutralità carbonica entro il 2050. Sono le direttrici fondamentali sulle quali si sviluppa il Piano Strategico 2023-2029 di Italgas, presentato a Londra ad analisti e investitori, che “mira a favorire la transizione ecologica garantendo al contempo la sicurezza energetica e la competitività dei costi dell’energia”. Per raggiungere gli obiettivi, il nuovo Piano, che secondo l’amministratore delegato Paolo Gallo “va capito prima di valutarlo” perché più complicato dei precedenti, prevede investimenti complessivi per 7,8 miliardi di euro principalmente dedicati agli interventi per lo sviluppo di asset e attività di distribuzione del gas in Italia e in Grecia, alle attività di efficienza energetica e allo sviluppo nell’idrico.

Ed è proprio in quest’ultimo settore che il Gruppo si aspetta di “cogliere ulteriori opportunità di crescita”. Soprattutto alla luce dei recenti accordi di acquisizione degli asset di Veolia, al cui perfezionamento sono destinati circa 115 milioni di euro, in società attive in Lazio, Campania e Sicilia. Con questa operazione, il Gruppo arriverà a servire, direttamente e indirettamente, 6,2 milioni di persone, circa il 10% della popolazione italiana. Ma l’obiettivo è ancora più ambizioso: viene infatti raddoppiato l’impegno nell’idrico, con oltre 400 milioni di euro per selezionate operazioni di M&A e l’applicazione alle reti idriche delle tecnologie sviluppate nell’ambito della distribuzione del gas. Secondo Gallo, in questo campo Italgas ha “un’opportunità unica”, avendo la capacità tecnica ed economica per digitalizzare la rete con “benefici del 15-20% sulle perdite”. Al momento, per ampliare l’attività, il Gruppo non guarda all’estero ma all’Italia, “soprattutto al centro-sud, dove ci sono gestioni più sparpagliate e meno efficienti“: “Questo è il nostro modo di operare – spiega l’ad -: preferiamo prima diventare i migliori in Italia e poi guardare all’estero”. Grande attenzione anche all’efficienza energetica, con la conferma dell’investimento previsto di oltre 300 milioni di euro per lo sviluppo della ESCo del Gruppo. Nel complesso alla diversificazione del business sono dedicati 800 milioni di euro.

Intanto Italgas procede nella sua strategia di digitalizzazione delle reti, in modo da essere sempre più pronta a gestire le fonti energetiche del futuro. Per lo sviluppo e l’upgrade del network italiano della distribuzione del gas sono previsti 4,6 miliardi di euro. Di questi, 1,6 miliardi (100 milioni in più rispetto al precedente Piano) sono destinati alla prosecuzione dei programmi di trasformazione digitale della rete con l’obiettivo di disporre già nel 2024 di un network interamente digitalizzato. L’obiettivo è creare le condizioni per allacciare alla rete di distribuzione italiana e greca circa 400 impianti di biometano. Lo stesso accade in Grecia: dopo l’acquisto di Depa Infrastructure nel 2022, il Piano destina 0,9 miliardi di euro all’estensione della rete e alla sua trasformazione digitale.

Sempre più sfidanti gli obiettivi ambientali del Gruppo. Se il target finale dichiarato è il net zero al 2050, gli step intermedi sono tutti confermati: riduzione del 27% dei consumi energetici netti al 2028 e del 33% al 2030, rispetto al 2020; taglio del 34% delle emissioni climalteranti (Scope 1 e Scope 2) al 2028 e del 42% al 2030 e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra Scope 3 del 30% al 2028 e del 33% al 2030.
Per il 2023 Italgas prevede investimenti tecnici di circa 900 milioni di euro e ricavi superiori a 1,75 miliardi di euro. Al 2029 si prevede un fatturato superiore a 2,7 miliardi di euro. Alla luce dei risultati attesi la politica dei dividendi è estesa al 2026, con l’obiettivo di garantire agli azionisti una remunerazione attrattiva, sostenibile e la possibilità di continuare a beneficiare della crescita

offshore

Elettricità 100% green al 2035? Si può, ma serve cambio marcia

Decarbonizzare il sistema elettrico italiano al 2035 non è una missione impossibile. Si può fare, a patto che si cambi marcia urgentemente. Lo assicura uno studio presentato oggi a Roma, commissionato da Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia e realizzato dal think tank Ecco e Artelys. “La mancanza di un governance sul clima, di meccanismi di monitoraggio e correzione delle politiche, a partire dal processo autorizzativo, ha determinato uno sviluppo ridicolo delle rinnovabili negli ultimi anni. Le perdite di tale ritardo sono cifre a nove zeri“, denuncia Matteo Leonardi, co-fondatore e direttore delle politiche nazionali di Ecco.

Lo studio mostra quali caratteristiche dovrà avere un sistema elettrico italiano sostanzialmente decarbonizzato al 2035, con uno step intermedio al 2030. Un obiettivo che permetterà all’Italia di rispettare gli impegni G7, presi a maggio 2022, per il settore elettrico e rafforzato sotto la recente presidenza giapponese.
Emerge la necessità di un incremento di oltre 90 GW di rinnovabili rispetto alla capacità installata del 2021. Una cifra di poco superiore agli 85 GW già prefigurati da Elettricità Futura. Ma anche l’urgenza di un netto cambio di passo rispetto agli attuali livelli di installazione annua di capacità rinnovabile (circa 8 volte di più). L’obiettivo è arrivare al 2035 a circa 250 GW di capacità installata rinnovabile (circa 160 nel 2030), per quasi 450 TWh di produzione nazionale (quasi 350TWh nel 2030). La flessibilità avrà un ruolo decisivo su diverse scale temporali (giornaliera, settimanale, stagionale) e richiederà un mix di tecnologie. Secondo gli esperti, il contributo del gas fossile nel 2035 “sarà pressoché nullo (54 TWh nel 2030)”. Alcuni impianti di generazione termoelettrica saranno ancora usati con alimentazione a idrogeno e biogas.

“I climatologi sono chiari: abbiamo pochissimi anni per abbattere le emissioni climalteranti ed evitare che il riscaldamento globale raggiunga livelli davvero molto pericolosi e ingestibili“, mette in guardia Luciano Di Tizio, presidente di Wwf Italia. Le fonti rinnovabili, ricorda, soprattutto fotovoltaico ed eolico, garantiscono indipendenza, sicurezza energetica, maggiore resilienza agli impatti ormai in atto del cambiamento climatico. “Nel contempo, dobbiamo accelerare la dismissione delle infrastrutture fossili, dal carbone e al gas. La ricetta c’è, gli ingredienti anche, ora serve la volontà politica: è questo che serve nel prossimo Pniec”, afferma.

Lo scenario dello studio non prevede alcun ricorso al Carbon Capture and Storage (Ccs), tecnologia definita “eccessivamente onerosa e dipendente da sinergie con la filiera di petrolio e gas”, e pone limiti alla quantità di energia importata, per evitare che il sistema si affidi eccessivamente ad approvvigionamenti energetici dall’estero. Si presuppone un livello di investimento in batterie non inferiore alle stime fatte dai gestori di rete europei e di porre un tetto alla capacità di generazione elettrica da biomasse, oltre che una sufficiente produzione di idrogeno verde per l’industria. “La transizione energetica passa prima di tutto attraverso le rinnovabili, l’efficienza e l’innovazione”, conferma Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Le fonti pulite, insiste, “sono la strada giusta da percorrere ma il nostro Paese deve accelerare il passo, velocizzando gli iter autorizzativi”. Ciafani parla dei nuovi progetti di fotovoltaico ed eolico, accelerando la realizzazione dei grandi impianti, lo sviluppo dell’agri-voltaico, di reti e accumuli, della diffusione delle comunità energetiche e degli impianti di digestione anaerobica, replicando le esperienze virtuose e dell’apertura di cantieri che vanno nella giusta direzione della transizione ecologica. “L’Italia ha tutte le caratteristiche per diventare un hub strategico delle rinnovabili, e non del gas come invece vuole il Governo Meloni, ma per farlo deve trovare il coraggio di archiviare gli ingenti sussidi alle fonti fossili e deve essere capace di autorizzare in pochi mesi i nuovi impianti a fonti pulite”, afferma.

Affinché il sistema elettrico decarbonizzato al 2035 sia fattibile al costo più basso possibile, saranno dunque necessarie alcune politiche abilitanti. A partire dalla coerenza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) con gli obiettivi di decarbonizzazione. “L’analisi che presentiamo dimostra come, anche in Italia, la transizione energetica verso una base completamente rinnovabile del sistema elettrico sia ampiamente possibile e con tecnologie già disponibili“, osserva Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. Combattere la crisi climatica implica, ricorda, “soprattutto un cambio di paradigma energetico: occorre elettrificare progressivamente gli usi dell’energia e produrre idrogeno da rinnovabili ove necessario. Si può fare, si deve fare. Chi continua a negarlo, si attesta su posizioni ideologiche a conservazione del sistema fossile“.