Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 18 febbraio), l’Italia resta sotto quota 60%, mentre la media Ue si attesta a 65,32%. Nelle ultime due posizioni Ue, Francia (49,45%) e Croazia (45,61%), mentre il Portogallo cala di oltre il 2,4% rispetto al giorno precedente ma resta in testa a 98,64%.
Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 14 febbraio), l’Italia cala al 60,34% di riempimento, mentre la media Ue si attesta a 65,94%. Nelle ultime due posizioni Ue, Francia (51,04%) e Croazia (46,58%), mentre il Portogallo resta in testa, stabile a 105,16%.
Il ripristino dell’esenzione dell’Irpef è un “piccolo passo“, ma in agricoltura “la montagna è ancora da scalare“. Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori italiani, venerdì 9 febbraio è stato convocato dal governo con le altre associazioni di categoria a Palazzo Chigi.
Sul tavolo c’era anche l’Irpef, la punta di un iceberg di problemi. Il ripristino è comunque un segnale, spiega durante il #GeaTalk: “Tante aziende agricole, soprattutto medio piccole, già erano esentate. Però, ce ne sono anche altre che invece dovevano pagarla, dunque questo è un passo verso queste aziende che devono stare sul mercato proprio come le altre”. Cia aveva presentato un emendamento per una esenzione completa per tutti. “Si è trovata questa mediazione, che approviamo, rispetto all’enormità dei problemi che abbiamo va nella giusta direzione. Dobbiamo affrontare tante altre problematiche, la montagna è ancora da scalare”, scandisce.
Il tavolo con il governo sarà aggiornato?
C’è stata una grande disponibilità da parte del presidente Meloni a incontrarci in futuro, non abbiamo fissato date. Credo debba essere fatto perché abbiamo bisogno di seguire passo dopo passo le proposte fatte dal governo e controllare che vengano messe in pratica. Molte contenevano nostre rivendicazioni, fatte nell’assemblea nazionale del 30 novembre, nella manifestazione del 26 ottobre e ancora prima a febbraio, durante la conferenza economica. Dovremo vigilare perché .le proposte si trasformino in fatti.
Il ripristino dell’esenzione è stato accolto piuttosto tiepidamente dagli agricoltori senza bandiera, che non accennano a indietreggiare sulle proteste dei prossimi giorni. Voi domani sarete in piazza a Roma?
No. C’è una parcellizzazione e anche una certa frammentazione di questi movimenti nati in maniera spontanea: alcune sigle hanno portato avanti rivendicazioni solo agricole, altre invece si sono aperte a temi diversi, che non condividiamo. Sono movimenti spontanei, autonomi che non hanno voluto alcuna bandiera sindacale. Anzi, a volte si sono scagliati, in maniera ingiusta secondo noi, contro le rappresentanze agricole. Non saremo in piazza ma rivendichiamo anche noi alcuni temi che vengono posti. Dunque, vediamo in maniera positiva questa attenzione sul mondo agricolo, è un fatto positivo che sia centrale nel dibattito.
Il ministro Francesco Lollobrigida e il governo hanno fatto abbastanza in Europa o si poteva fare di più?
Hanno posto grande attenzione sull’agricoltura. Sono state fatte cose molto positive, alcune per certi versi insperate. Mi riferisco in particolare al Pnrr, dove sono state stanziate risorse molto importanti nei confronti dell’agricoltura. Hanno tenuto posizioni decise a livello europeo che hanno portato risultati importanti per tutto il sistema Italia, perché la Commissione ha portato avanti scelte scellerate che andavano contro gli agricoltori e il Parlamento europeo ha dovuto metterci una pezza per evitare il tracollo del settore. In questo il governo ha lavorato bene. Ma restano sul tavolo alcuni temi che dovremo affrontare con urgenza, credo che su questo si possa e si debba migliorare.
Pensa anche lei che i trattori siano nelle piazze per colpa del Green Deal?
Siamo europeisti convinti e altrettanto convintamente pensiamo che sulle tematiche agricole vada cambiato il paradigma degli ultimi anni. Timmermans ha avuto carta bianca per portare avanti all’interno della Commissione alcune politiche scellerate fatte contro gli agricoltori e non con gli agricoltori, come invece andavano fatte. Se si vuole portare avanti il Green Deal europeo, le politiche vanno fatte con gli agricoltori. Sogno davvero un’Europa che finalmente possa mettere al centro l’agricoltura come settore economico fondamentale e produttore del bene primario che è il cibo, ma anche come presidio del territorio e dell’ambiente, di aree fragili del Paese che senza agricoltura non avrebbero un futuro. Su quei territori dovremmo accendere un faro.
Siete disposti quindi ad accettare la sfida della transizione ecologica?
Siamo rimasti in balia delle ideologie per troppi anni. Come per le Tea, per alcuni anni paragonate agli ogm, in maniera ideologica. Abbiamo perso tantissimo tempo. Metterle a disposizione significa andare verso il compromesso tra ambiente e agricoltura. Ci sono tanti temi su cui l’agricoltore accetta la sfida climatica, a parte di avere gli strumenti per contrastarla. Il grande errore della Commissione europea è stata anteporre la sfida ambientale quando i due settori dovevano andare di pari passo.
Cosa pensa della nuova Pac?
Su questa Pac credo ci sia una responsabilità a livello europeo nella costruzione di un impianto che non dà risposte agli agricoltori, ma anche a livello nazionale. Da un calcolo fatto, solo il 70-75% dei contributi arriva agli agricoltori rispetto al passato, quindi manca nelle casse un 20-25% di denari che erano comunque importanti, soprattutto in alcune realtà, come nelle are più fragili del Paese. Va rivisto l’impianto per la futura Pac, perché quella di oggi non risponde per tanti aspetti alle richieste del settore agricolo e quindi dobbiamo avere una visione futuristica rispetto alla crisi climatica che stanno affrontando le aziende agricole. Tutto il tema legato alla gestione del rischio è fondamentale, poi c’è quello legato alle aziende più fragili, che si occupano di una agricoltura che deve resistere.
Cosa risponde a chi dice che il settore dell’agricoltura gode già di molti sussidi?
A chi punta il dito contro l’agricoltura perché riceve molti sussidi – aggiunge Fini parlando con Gea -, dico che la Pac è stata impostata anni fa per sostenere i redditi degli agricoltori da un lato e dall’altro per cercare di riequilibrare i prezzi sul mercato. Credo ci siano ancora oggi queste esigenze, ma il sussidio viene dato perché l’agricoltore non riesce ad avere un reddito adeguato perché non riesce a formare lui stesso il prezzo di mercato delle proprie produzioni e dall’altro lato c’è una grande valenza ambientale e sociale dell’agricoltura che va riconosciuta e che il mercato non è in grado di riconoscere. Rivendico che gli agricoltori non stanno percependo sussidi, ma il giusto compenso per quello che fanno.
Teme la concorrenza dell’Ucraina e del Mercosur?
Se l’Ucraina dovesse entrasse nell’Ue sarebbe un grosso problema da gestire. E’ un Paese molto grande e importante dal punto di vista agricolo, che metterebbe una concorrenza spietata per certi aspetti. Lì la mano d’opera costa molto meno, i prodotti sarebbero immessi nel mercato senza dazi. Sarebbe una concorrenza importante. Dal punto di vista agricolo sarebbe grosso problema. Dal punto di vista del Mercosur, ci sono poche opportunità e tanti punti critici. Primo il fatto di poter immettere sul mercato a livello europeo prodotti che hanno regole diverse rispetto ai nostri. Noi continuiamo a sostenere una regola di reciprocità negli scambi commerciali europei, è chiaro che questo trattato va nella direzione opposta. Questo dobbiamo modificarlo, creerebbe una concorrenza sleale che non ci possiamo più permettere. La regola di reciprocità significa che noi a livello europeo produciamo con regole che vanno verso la transizione ecologica dell’agricoltura, non possiamo continuare a importare produzioni che non hanno le nostre regole e ci fanno concorrenza sleale.
I nuovi obiettivi proposti dall’esecutivo dell’Ue per ridurre i quasi 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari generati ogni anno dai Paesi membri non sono abbastanza. La commissione ambiente (Envi) del Parlamento europeo rilancia e chiede di aumentare i target, imponendo di tagliare gli sprechi del 20 per cento nella produzione e trasformazione alimentare e del 40 per cento nella vendita al dettaglio, nei ristoranti e nelle famiglie, entro il 2030. Con 72 voti favorevoli, nessun voto contrario e tre astensioni, gli eurodeputati hanno adottato la loro posizione sulla proposta di revisione della direttiva quadro sui rifiuti. La Commissione europea aveva indicato come obiettivi vincolanti la riduzione del 10 per cento per la trasformazione e la produzione e del 30 per cento per vendita al dettaglio, servizi di ristorazione e famiglie. Ma gli eurodeputati insistono per percentuali più ambiziose, sempre sulla base della media annuale generata tra il 2020 e il 2022. La commissione Envi ha chiesto inoltre che la Commissione valuti la possibilità e presenti proposte legislative adeguate per introdurre obiettivi più elevati per il 2035 (rispettivamente almeno 30 e 50 per cento).
Anche l’Eurocamera, così come già previsto nella proposta della Commissione, è d’accordo nell’escludere – almeno inizialmente – gli agricoltori dai vincoli sulla produzione dii rifiuti alimentari. Ma i deputati Envi hanno inserito nel testo la richiesta di una valutazione, entro il 31 dicembre 2025, dei “livelli appropriati per la definizione di obiettivi di riduzione di tutti i rifiuti alimentari di produzione primaria, compresi gli alimenti maturi non raccolti o utilizzati nelle aziende agricole”. Per arginare lo spreco alimentare – che va a braccetto con una perdita economica di 132 miliardi di euro all’anno, più 9 miliardi per la raccolta e il trattamento dei rifiuti – l’Ue è pronta ad adottare ulteriori misure, sintetizzate dalla relatrice per l’Eurocamera, Anna Zalewska: “Forniamo soluzioni mirate per ridurre gli sprechi alimentari, come promuovere frutta e verdura ‘brutte’, tenere d’occhio le pratiche di mercato sleali, chiarire la data di etichettatura e donare alimenti invenduti ma consumabili”.
Accanto ai 131 kg di rifiuti alimentari che ogni cittadino europeo produce all’anno, ci sono anche 12 kg pro-capite di rifiuti tessili. In totale, nei 27 Paesi membri vengono buttate 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, di cui ne viene riciclato meno dell’1 per cento. Le nuove norme, suggerite e adottate in commissione Envi, istituirebbero regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR), per rendere gli operatori economici che immettono i prodotti tessili nel mercato responsabili dell’intero ciclo di vita dei prodotti tessili. In altre parole: per fare in modo che siano loro a coprire i costi per la loro raccolta differenziata, cernita e riciclaggio. Gli Stati membri dovrebbero istituire questi regimi 18 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva, rispetto ai 30 mesi proposti dalla Commissione. E parallelamente dovrebbero garantire, entro il primo gennaio 2025, la raccolta separata dei rifiuti tessili – abbigliamento e accessori, coperte, biancheria da letto, tende, cappelli, calzature, materassi e tappeti – per il riutilizzo e il riciclaggio. Il percorso per l’adozione dei nuovi target è ancora lungo: l’intera Eurocamera voterà la sua posizione durante la sessione plenaria di marzo 2024, per poi lasciare il dossier – e le trattative con gli Stati membri – al nuovo Parlamento, che si insedierà dopo le elezioni europee del 6-9 giugno.
Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 10 febbraio), l’Italia cala a 60,99%% di riempimento, mentre la media Ue si attesta a 67,02%. Nelle ultime due posizioni Ue, Francia (53,68%) e Croazia (47,79%), mentre il Portogallo resta in testa, stabile a 105,16%.
Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 6 febbraio), l’Italia cala a 62,57%% di riempimento, mentre la media Ue si attesta a 68,29%. Nelle ultime due posizioni Ue, Francia (55,63%) e Croazia (48,9%), mentre il Portogallo resta in testa, stabile a 105,16%.
Nel corso di GeaTalk, il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ha manifestato con garbo la paura che le proteste di questi giorni con baricentro Roma possano degenerare, come se – usando una metafora – gli agricoltori sbandassero e perdessero il controllo dei loro trattori. Che fanno molto rumore e che si portano appresso una serie di rivendicazioni di buonsenso tipicamente contadino. Sempre Giansanti, con un filo in meno di garbo, ha sottolineato che se si è arrivati a questo punto la colpa è (anche) dell’Europa, incapace di ascoltare, chiusa nella sua bolla dell’irrealtà. Dunque: il fracasso dei trattori e l’orecchio duro di Bruxelles. Perché il punto è sempre lo stesso, e non vale solo per l’agricoltura ma per tanti altri settori: decarbonizzare, cioè essere virtuosamente green, senza per forza mettere in ginocchio comparti cruciali per la sopravvivenza dell’Europa stessa. L’incastro è complicato ma qualcuno comunque è ‘tuned’ in questa Ue sorda: prova ne sia che proprio oggi la Commissione ha fatto retromarcia sui pesticidi, allentando in parte la tensione. Eppure non basta.
Qualcosa d’altro deve ancora succedere affinché si smorzino i malumori, qualcosa di grande e di grosso. Perché si stanno per giocare partite importanti: quella dell’Ucraina, che nel momento in cui entrerà nella Ue sarà di difficile gestione (“uno spaccaghiaccio”, per citare sempre Giansanti); quella del Mercosur, che rappresenta una minaccia non tanto per la quantità e la qualità dei prodotti quanto per i parametri diversi che appartengono a mercati produttivi diversi. In un contesto di libera concorrenza è indispensabile che le regole siano uguali per tutti. In buona sostanza, se la Ue vuole aprire ai sudamericani bisogna che i sudamericani siano allineati con l’Europa. Più facile da dirsi che da farsi.
Il 26 febbraio si discuterà a Bruxelles della semplificazione della Pac, ma in queste tre settimane scarse sarà indispensabile un riallineamento anche in Italia, là dove i maggior fondi scaturiti dal Pnrr (da 5 a 8 miliardi) evidentemente non sono sufficienti, anche perché nella legge di Bilancio i fondi sono meno rispetto a quelli percepiti in precedenza. Si aspettano, gli agricoltori, di essere convocati dal governo, dal ministro Francesco Lollobrigida e dalla premier Giorgia Meloni. Si aspettano che vengano messe a terra provvedimenti concreti e non chiacchiere. Con una paura, esternata sempre da Giansanti: che la questione agricola diventi solo una faccenda elettorale.
Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 31 gennaio), l’Italia cala al 64,87% di riempimento, mentre la media Ue si attesta a 70,17%. Nelle ultime due posizioni Ue, Francia (59,35%) e Croazia (52,12%), mentre il Portogallo resta in testa, in aumento a 102,86%.
Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si mostra l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 30 gennaio), l’Italia cala al 65,48% di riempimento, mentre la media Ue si attesta a 70,60%. Nelle ultime due posizioni Ue, Francia (59,96%) e Croazia (52,91%) mentre il Portogallo resta in testa, in aumento a 102,20%.