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Stop ai motori termici nel 2035, la battaglia in Europa

L’Unione europea si prepara a rendere obbligatoria entro il 2035 l’immissione sul mercato Ue di auto e furgoni nuovi a zero emissioni, con lo stop alla vendita dei veicoli a combustione interna, come benzina e diesel, entro tredici anni.

Prima la plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, poi gli Stati membri al Consiglio ambiente: entrambi i co-legislatori dell’Ue hanno finalizzato a giugno, durante la presidenza francese di turno dell’Ue, la rispettiva posizione negoziale su una delle principali proposte avanzate dalla Commissione europea a luglio di un anno fa, nel pacchetto sul clima ‘Fit for 55’. La proposta prevede l’introduzione graduale di standard più rigorosi sulle emissioni di CO2 per auto e furgoni per accelerare la transizione verso una mobilità a emissioni zero richiedendo che le emissioni medie delle auto nuove scendano del 55% a partire dal 2030 e del 100% dal 2035 rispetto ai livelli del 2021. Di conseguenza, tutte le nuove auto immatricolate a partire dal 2035 saranno a emissioni zero.

Il ‘Fit for 55’ è il pacchetto sul clima pensato per abbattere le emissioni del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), come tappa intermedia per la neutralità climatica entro metà secolo. L’Ue stima che i trasporti sono l’unico settore in cui le emissioni di gas serra sono in aumento e quelle del trasporto su strada non fanno eccezione: rappresentano quasi il 20% delle emissioni totali di gas serra nell’Unione Europea e sono aumentate in modo significativo dal 1990, con un aumento del traffico che continua a influenzare negativamente la qualità dell’aria.

Nella sua proposta, Bruxelles ricorda che l’industria automobilistica è oltre il 7% del Pil dell’Unione, impegnando direttamente o indirettamente, 14,6 milioni di europei nei settori della produzione, vendita, manutenzione e trasporto. L’iniziativa di Bruxelles sui motori a combustione è stata particolarmente sentita in Italia, che insieme a Bulgaria, Portogallo, Romania e Slovacchia, si era mossa nelle scorse settimane a livello di Consiglio proponendo di posticipare l’eliminazione dei motori a combustione di cinque anni, dal 2035 al 2040 e di ridurre quindi le emissioni di CO2 del 90% nel 2035 (invece del 100% come proposto dalla Commissione europea), lasciando, nei fatti, sul mercato una quota del 10% di veicoli con motori a combustione interna.

Nonostante le pressioni dei governi, la linea non è passata. Nella sostanza, lo stesso tentativo lo aveva fatto all’Eurocamera il Partito popolare europeo (PPE) con l’appoggio della destra conservatrice, presentando due emendamenti con la richiesta di applicare l’obbligo di emissione zero al 90% (non il 100%) nel 2035. Anche a Strasburgo la linea meno ambiziosa non è passata. Il nucleo duro della proposta avanzata un anno fa da Bruxelles, lo stop a benzina e diesel per auto e furgoni nuovi nel 2035, resta quindi invariata ed è un buon punto di partenza per avviare a settembre i negoziati a tre (il cosiddetto trilogo) tra Parlamento e Consiglio, mediati dalla Commissione europea.

Von der Leyen domani in Azerbaigian, l’Ue cerca l’intesa sul gas

Se all’inizio dell’invasione dell’Ucraina un’interruzione “grave” delle forniture di gas russo all’Europa era solo possibile, oggi l’Unione europea è sempre più certa che ci sarà e dunque accelera il lavoro per diversificare i fornitori di energia. Lunedì 18 luglio, ha confermato venerdì (15 luglio) l’esecutivo comunitario, la presidente Ursula von der Leyen e la sua commissaria per l’energia, Kadri Simson, voleranno in Azerbaigian per “rafforzare ulteriormente la cooperazione esistente” tra i due partner. Cooperazione sopratutto energetica, di fronte a un possibile taglio alle forniture di gas dal principale fornitore all’Europa, la Russia.

Del viaggio a Baku dell’esecutivo comunitario aveva parlato per la prima volta lo scorso 27 giugno la commissaria Simson, al termine di un Consiglio dei ministri europei dell’energia in cui si era mostrata preoccupata della possibilità concreta di vedersi tagliare completamente il gas dalla Russia. Bruxelles si prepara dunque a siglare un memorandum d’intesa con l’Azerbaigian per aumentare le importazioni di gas provenienti dalla regione. “Il corridoio meridionale del gas ha un ruolo centrale da svolgere nell’approvvigionamento di gas naturale dell’Ue, in particolare per l’Europa sudorientale“, si legge in una nota dell’esecutivo comunitario in cui è stata comunicata la traversata.

Il memorandum dovrebbe spianare la strada al raddoppio della capacità del Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto TAP che trasporta in Europa il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio. Il gasdotto è lungo 878 km e si collega con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) al confine turco-greco a Kipoi, attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico, prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia). A gennaio 2022 ha erogato circa 8 miliardi di metri cubi standard, con la previsione di raggiungere i 10 miliardi di metri cubi nell’estate 2022. Le trattative con Baku sono iniziate già lo scorso febbraio – nell’ottica di diminuire la dipendenza delle forniture dalla Russia, da cui provengono il 40% delle importazioni di gas all’Europa – per aumentare la capacità di erogazione massima da 10 miliardi di metri cubi l’anno a circa 20, raddoppiandone quindi la capacità.

A metà giugno Bruxelles aveva già siglato un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. L’insicurezza per ulteriori tagli alla fornitura di gas russo è aumentata questa settimana quando è iniziata la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino al 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre. A quanto riferito da Bruxelles, l’Ue e l’Azerbaigian stanno anche lavorando insieme per costruire un partenariato a lungo termine sull’energia pulita e l’efficienza energetica e negoziando un nuovo accordo globale, che consentirà una cooperazione rafforzata in un’ampia gamma di settori, tra cui la diversificazione economica, gli investimenti e il commercio.

Draghi

L’Ue alla finestra: si guarda con preoccupazione alla crisi governo Draghi

Bruxelles guarda “con interesse” agli sviluppi della crisi di governo in Italia. Nessun commento dalla Commissione europea, ma traspare preoccupazione per la possibilità che con una – ancora non scritta – fine del governo Draghi siano arrivate al capolinea anche le ambizioni italiane sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e sulla transizione verde. “La Commissione non commenta mai gli sviluppi politici negli Stati membri“, aveva specificato a poche ore dallo scoppio della crisi il portavoce capo, Eric Mamer, e all’alba del giorno dopo la situazione non è diversa. La portavoce Dana Spinant non si è sbilanciata (“molte cose possono succedere“), ma ha precisato che la presidente Ursula von der Leyen ha condiviso con il premier dimissionario “molti progetti, come il Global Health Summit a Roma” e che “lavora molto bene” con Draghi.

È soprattutto dal Parlamento europeo che emergono con più chiarezza gli umori di Bruxelles. “Una notizia terribile per l’Italia e l’Europa, nel bel mezzo di una guerra e di una crisi energetica“, commenta l’eurodeputata portoghese del Partito Popolare Europeo, Maria Da Graça Carvalho. Una visione che si sposa con quella dei colleghi italiani di Forza Italia, come Salvatore De Meo: “L’Italia non può permettersi di perdere Draghi in questo momento storico e dopo il lavoro fatto per ridare al Paese la credibilità e la fiducia in Europa e nel mondo“. A seguire “con preoccupazione” le notizie da Roma sono anche i Socialisti e Democratici Europei, che per voce della presidente all’Eurocamera, Iratxe García Peres, sottolineano il bisogno di stabilità” per l’Italia e di “un governo forte e pro-europeo, in particolare “con la guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi e il difficile contesto geopolitico“. Sulla stessa linea d’onda anche i liberali di Renew Europe. Se l’italiano Nicola Danti (Italia Viva) chiede di “andare avanti” e “non darla vinta al populismo“, lo spagnolo José Ramón Bauza Diaz lancia un grido d’allarme per l’eventualità che questo sia solo il primo governo europeo a crollare, “e presto vedremo altre rivolte in Europa“.

Ma a sorprendere è il gruppo dei Verdi, per i commenti diametralmente opposti dei membri italiani e tedeschi. Damian Boeselager avverte che una crisi in questo momento “non è un bene, mentre meno criptico è il collega di partito Rasmus Andresen: “Abbiamo bisogno di un governo stabile nei prossimi mesi, l’instabilità politica in Italia è una minaccia per l’Ue e l’Eurozona“. Di ben altro tenore sono le prese di posizione delle due ex-eurodeputate M5S, Rosa D’Amato ed Eleonora Evi. “Il Movimento 5 Stelle fuori dal governo? Meglio tardi che mai“, dichiara senza mezzi giri di parole la prima, che si oppone alle “politiche energetica ed estera e soprattutto all’idea di fondo che, tutto sommato, l’Italia sta tenendo“. Anche per l’eurodeputata approdata in Europa Verde, “è chiaro che la maggioranza di governo non esiste più” e che la genesi di questa crisi” risiede nelle larghe intese, che “non possono dare risposte alla crisi sociale, economica e ambientale. In una nota congiunta con Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde, e Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana, Evi attacca in modo frontale il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, colpevole di aver definito la transizione ecologica “un bagno di sangue“. In vista delle prossime elezioni “serve un’alleanza che non consenta tentennamenti” sulla politica energetica, “che deve puntare sulle rinnovabili e certamente non sul nucleare“, è l’ultimo affondo al governo Draghi.

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Uniti nella biodiversità, Praga rilancia l’Ue ‘green’ in Consiglio

‘Uniti nella diversità’, e perché no?, ‘uniti nella biodiversità’. La Repubblica ceca rivisita il motto dell’Unione europea e lo coniuga in chiave ambientale, con una installazione floreale a richiamare la ricchezza naturale del club dei Ventisette in un chiaro invito a rispettare, preservare e sfruttare quanto offre l’ambiente. Dodici tappeti a forma di fiore, tutti diversi, tutti raffiguranti diverse varietà di steli, corolle e petali, sistemati nell’atrio del Justus Lipsius, l’edificio consacrato alle riunioni tecniche e politiche degli Stati membri dell’Ue. La presidenza di turno arricchisce e orna la sede del Consiglio dell’Unione europea con questa opera simbolica e politica.

È ormai prassi consolidata che ogni governo, in occasione dei sei mesi di presidenza di turno, porti a Bruxelles contributi artistico-culturali volti a promuovere il proprio Paese, la propria agenda, e accrescere il senso di appartenenza al progetto comune. Praga sceglie la via ‘green’. Dodici fiori quante le stelle nella bandiera dell’Unione, dodici tappeti realizzati con materiale recuperato e riciclato, chiara espressione dell’impegno per la lotta a sprechi e alla realizzazione di quell’economia circolare che vuole un sistema produttivo incapace di produrre rifiuti e scarti.

Una margherita, un girasole, una gerbera, stelle alpine. Tanti esempi di patrimonio naturale tipico di ogni Stato membro a tappezzare la casa degli Stati in un voluto riferimento e omaggio a bellezza, diversità e interconnessione della natura, in cui gli artisti vedono parallelismi con la cooperazione degli Stati dell’Ue. “Anche gli stati differiscono l’uno dall’altro, ma crescono dallo stesso terreno e insieme formano un’unione intrecciata, e la loro identità locale non preclude la loro unità complessiva e sono più forti grazie alla loro alleanza nell’Ue”, spiega la presidenza ceca.

Flower Union’, ovvero l’unione dei fiori, è il titolo del contributo artistico e non solo che Praga, alla seconda presidenza di turno da quanto ha avuto accesso all’Ue, ha deciso di organizzare per richiamare l’attenzione su diverse tematiche, tutte diverse e trasversali ma interconnesse, a cominciare dall’attenzione per ambiente, natura e biodiversità.

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Il palazzo ‘green’ della Commissione Ue per tagliare 60% di Co2 al 2030

Green Deal, Fit for 55, economia circolare, transizione verde. Nomi di dossier e strategie ‘made in EU’ che hanno tutti un elemento in comune, la Commissione europea che li ha messi sul tavolo in forza del potere di iniziativa legislativa. Per l’istituzione comunitaria che detta la linea, gli obiettivi di sostenibilità non possono rappresentare un’eccezione, e quindi l’esecutivo comunitario offre l’esempio con un rinnovato edificio a prova di impegni e sforzi green. Il palazzo Berlaymont, sede di lavoro e riunione del collegio, risponde agli imperativi di risparmio energetico, isolamento acustico, riduzione degli sprechi.

Un lavoro iniziato ben prima delle politiche eco-sostenibili dell’Ue. Il palazzo Berlaymont è stato realizzato negli anni Sessanta. Completato nel 1969, dovette subire un’imponente opera di bonifica per rimuovere tutto l’amianto utilizzato durante la costruzione, dopo che venne accertata la natura cancerogena della sostanza. Una nuova ristrutturazione dell’edificio è stata condotta dal 1991 al 2004. È in quell’occasione che la sede della Commissione è stata dotata con sistemi all’avanguardia di sostenibilità, attraverso l’installazione di un sistema di cogenerazione che consente di aumentare l’efficienza dell’energia utilizzata nell’edificio, soffitti radianti e raffrescanti per il controllo della temperatura negli uffici, serbatoi di ghiaccio che consentono lo stoccaggio del freddo al di fuori delle ore di punta per l’utilizzo durante l’orario di lavoro. A questo si aggiunge un sistema per il recupero dell’acqua usata e il riutilizzo nei circuiti dei serbatoi d’acqua per servizi igienici sistema di irrigazione degli impianti.

I lavori di ristrutturazione hanno inoltre dotato la facciata del Berlaymont di 21 mila metri quadrati di di lamelle mobili in vetro controllate da un computer collegato a sensori meteorologici, che riposiziona i pannelli in base alla posizione del sole, alla temperatura e alla velocità del vento. Questa facciata esterna, costruita attorno alla struttura esistente, funziona da coperta ad alta tecnologia che trattiene il calore durante i mesi invernali e ripara dal sole durante l’estate. Inoltre, questa doppia facciata riduce i livelli di rumore all’interno dell’edificio.

L’esecutivo comunitario vuole dare il buon esempio in fatto di lotta ai cambiamenti climatici, e si pone dunque l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 60% rispetto ai livelli del 2005. Per questo, oltre a quello che già offre l’edificio, altre azioni sono in corso d’opera per rendere ancor più verde la sede di lavoro. Nello specifico, è in atto uno studio di fattibilità per l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto, e in parallelo da marzo di quest’anno si sta procedendo alla ristrutturazione di lampade e impianti di illuminazione di tutti i 18 piani.

(Photo credits: EMMANUEL DUNAND / AFP)

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Stop gas da Nord Stream all’Ue? Mcphie: “Situazione seria, prepararsi a ogni scenario”

Il ‘panorama’ energetico sta cambiando. La notizia dell’interruzione, decisa da Gazprom, dei flussi dal gasdotto russo Nord Stream1 per operazioni di “manutenzione”, è un ulteriore allarme che impone all’Ue la necessità di “prepararsi a ogni scenario. Infatti, non è escluso che Mosca possa scegliere di chiudere totalmente – e senza troppi preavvisi – i rubinetti del gas verso l’Europa. Secondo il portavoce della Commissione europea, Tim Mcphie, si tratterebbe di “una situazione molto seria”, che rende urgente “una preparazione a ogni evenienza.

Siamo già di fronte a una situazione in cui la Russia ha interrotto parzialmente o completamente le forniture a 12 Stati membri” dell’Ue, Italia compresa. Nel corso del briefing quotidiano con la stampa, il portavoce ha poi ricordato che il 20 luglio la Commissione europea presenterà un piano per la preparazione e la riduzione della domanda di gas, che “si concentrerà in particolare sugli usi industriali dell’energia per la riduzione dei consumi e fornirà agli Stati membri delle linee guida per essere pronta a tagli più significativi delle forniture valutando anche le implicazioni sul mercato unico e cosa succede se uno Stato membro ha più forniture rispetto a un altro”. Mcphie ha anche annunciato che “l’Unione Europea sta lavorando sul piano REPower EU”, dopo la decisione politica presa a livello di leader di ridurre prima possibile la dipendenza dagli idrocarburi russi.

Intanto, da Eni arriva la notizia che Gazprom, per la giornata di oggi, fornirà alla compagnia italiana “volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi/giorno, rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi/giorno”.

nord stream

In Italia, la situazione stoccaggi continua a crescere. Secondo i dati – al 9 luglio – Gie Agsi, il nostro Paese è al decimo posto in Europa per quantità di gas stoccato. Infatti, la percentuale ha raggiunto il 63,77%, superiore alla media europea che è del 61,63%. In cima alla classifica c’è il Portogallo (100%), seguito da Polonia (97,23%), Danimarca (82,15%), Spagna (73,1%), Repubblica ceca (72,32%), Francia (67,54)%, Belgio (64,93%), Germania (63,98%), Slovacchia (63,88%). L’obiettivo Ue è arrivare a uno stoccaggio dell’80% entro il primo novembre 2022 e al 90% a partire dal 2023.

Il prossimo passo per l’Italia, secondo il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è “raggiungere l’indipendenza dalle forniture russe entro la seconda metà del 2024”. E un’altra priorità consiste nell’arrivare ad “avere gli stoccaggi al 90% entro gli ultimi mesi dell’anno”. Questo per non rimanere in carenza di energia il prossimo inverno, che si preannuncia “un pochino più delicato”.

Stop motori diesel e benzina entro il 2035: c’è l’ok del Consiglio Ue

Il Consiglio europeo dei ministri dell’Ambiente dice sì allo stop alla vendita dei motori diesel e benzina entro il 2035. L’obiettivo? Ridurre le emissioni di CO2 del 100% entro lo stesso anno per nuove auto e furgoni Inoltre, il Consiglio ha deciso – sempre per i neo-veicoli – di aumentare i target relativi alle emissioni di carbonio entro il 2030, portandoli al 55% per le auto e al 50% per i furgoni.

Niente sarà lasciato al caso. Come si legge in una nota del Consiglio, i possessori delle nuove auto elettriche avranno la possibilità di ricaricare i propri veicoli in tutti gli Stati membri della Ue grazie alla diffusione di un’infrastruttura unica per i carburanti alternativi.

Il work in progress del piano verso il ‘net zero’ sarà monitorato dalla Commissione, che nel 2026 valuterà i progressi compiuti e la necessità di rivedere tali obiettivi tenendo conto dei futuri sviluppi tecnologici. Inoltre, il meccanismo di incentivi normativi per i veicoli a zero e basse emissioni (ZLEV) sarà eliminato a partire dal 2030.

Andando oltre, i ministri hanno trovato l’accordo anche su altre proposte del pacchetto ‘Fit for 55’, come:

  • Il sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue (Ets);
  • La condivisione degli sforzi tra gli Stati membri nei settori non Ets;
  • Le emissioni e gli assorbimenti derivanti dall’uso del suolo e la creazione di un fondo per il clima sociale.

Queste decisioni aprono la strada ai negoziati con il Parlamento europeo.

(Photo credits: DAVID HECKER / AFP)

La strategia dell’Ue contro i tumori causati dall’inquinamento

Le politiche europee in direzione ‘inquinamento zero’ possono contribuire notevolmente a ridurre il numero dei tumori – e dei decessi – causati da fattori ambientali. Ne è certa l’Agenzia europea per l’Ambiente, che nel rapporto ‘Sconfiggere il cancro: il ruolo dell’ambiente in Europa’ evidenzia come il 10% di tutti i casi di cancro nel Vecchio Continente siano causati proprio dall’inquinamento.

Il piano europeo di lotta contro il cancro riconosce il ruolo dei rischi ambientali e professionali nel favorire l’insorgenza di tumori e le potenzialità insite in strategie efficaci di prevenzione per salvare vite umane. In linea con questo obiettivo, il Piano d’azione per l’inquinamento zero, del maggio 2021, si pone come obiettivo quello di ridurre l’inquinamento atmosferico e idrico, e quindi l’esposizione umana all’inquinamento ambientale nonché gli effetti sulla salute, tra cui l’incidenza dei tumori di origine ambientale e professionale. L’Unione europea ha già adottato misure rigorose in materia di inquinamento atmosferico e ha previsto revisioni della direttiva per allineare meglio gli standard di qualità dell’aria ai più recenti orientamenti in materia a cura dell’Organizzazione mondiale della sanità.

In particolare, la strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili, pubblicata a ottobre 2020, mira a vietare l’uso nei prodotti delle sostanze più nocive, incluse quelle che provocano il cancro, e a promuovere il ricorso a sostanze chimiche che siano sicure e sostenibili fin dalla progettazione.

Per quanto riguarda il radon, la direttiva sulle norme fondamentali di sicurezza ha introdotto requisiti giuridicamente vincolanti per la protezione dall’esposizione a fonti di radiazioni naturali, imponendo agli Stati membri di istituire piani d’azione nazionali per questa sostanza. Altri interventi includono il coordinamento degli sforzi europei per combattere il fumo passivo e la sensibilizzazione in merito ai pericoli posti dai raggi ultravioletti.

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Gli italiani dicono ‘no’ a gas fossile e nucleare ‘verdi’

Gas fossile e energia nucleare sono ‘verdi’? Per la maggioranza dei cittadini italiani no. Un nuovo sondaggio del Wwf mostra che solo il 29% della popolazione pensa che l’Unione Europea dovrebbe classificare l’energia nucleare come sostenibile dal punto di vista ambientale. Per quanto riguarda il gas fossile, solo il 35% ritiene che l’Ue dovrebbe assegnare a questa fonte energetica un’etichetta verde. Plebiscitario invece il sì all’energia solare (92%) e a quella eolica (88%). In particolare, in Italia, solo il 26% degli intervistati ritiene che l’energia nucleare dovrebbe essere classificata come energia ambientalmente sostenibile, mentre il 96% dei cittadini è d’accordo che l’etichetta verde sia assegnata all’energia solare e il 91% pensa altrettanto per l’eolico. Solo il 38% degli intervistati pensa che l’Unione Europea dovrebbe ritenere il gas fossile una fonte sostenibile.

Non c’è assolutamente alcun consenso pubblico per il piano della Commissione di considerare come ’sostenibili’ il gas fossile e gli impianti nucleari. Ciò che i cittadini considerano ‘verdi’ sono l’energia solare ed eolica, non i combustibili sporchi e obsoleti”, ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, lanciando un appello agli eurodeputati, ovvero quello di ascoltare il loro elettorato e di bloccare questa proposta. L’Ue sta per approvare, infatti, l’elenco di fonti di energia ‘verdi’ come parte della sua nuova guida agli investimenti, la Tassonomia Ue. Di conseguenza, c’è il forte rischio che miliardi di euro siano dirottati dall’eolico, dal solare e da altre tecnologie verdi verso il gas fossile e l’energia nucleare, di fatto rallentando ancora la transizione e con essa la sicurezza e l’indipendenza energetica. Se gli eurodeputati non respingeranno l’Atto sulla tassonomia verde, questa diventerà legge dell’Ue.

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Draghi: “Dipendenza da gas russo scesa al 25%, stoccaggi procedono bene”

Stanno arrivando i primi risultati provenienti dagli sforzi fatti per diversificare le forniture di gas, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’energia russa. Durante la conferenza stampa che si è tenuta al termine del Consiglio europeo, il premier Mario Draghi ha analizzato con una certa soddisfazione gli sviluppi di una situazione da monitorare costantemente per colpa della guerra russo-ucraina: “Voglio ricordare che l’anno scorso dipendevamo per il 40% dal gas russo, oggi siamo arrivati al 25%, quindi le misure che il governo ha messo in campo già dall’inizio della guerra si stanno rivelando utili“, l’annuncio. In altre parole gli altri fornitori di gas cominciano a sostituire il flusso in arrivo dalla Russia. E non solo: “Per gli stoccaggi ci stiamo preparando per l’inverno e, al momento, stanno andando molto bene“.

Per quanto riguarda invece il discorso relativo al price cap, l’obiezione è solo una: “La paura di nuovi tagli da Mosca”, avverte Draghi. “Ci deve essere solidarietà, ma anche una risposta alle richieste di controllare il tetto sul prezzo del gas”. Nonostante la proposta avanzata dal premier di convocare un vertice straordinario a luglio per affrontare l’argomento, i piani per la Ue restano quelli di discuterne solo all’Eurosummit, che avrà luogo a ottobre. Ma c’è comunque soddisfazione: “Immaginavo – spiega l’ex presidente Bce – che alla fine saremmo finiti nel solito rinvio, con un linguaggio un po’ vago“. Al contrario, “le cose si stanno muovendo, ma le cose non vengono da sole e spesso non subito o non così rapidamente”. In ogni caso, Draghi è sicuro che al G7 se ne parlerà: “Gli Usa sono consapevoli delle difficoltà che stiamo incontrando per le sanzioni, che sono molto pesanti per noi. Gli Stati Uniti hanno già deciso qualche misura di aiuto nel portare gas liquido in Europa, ma sono cifre molto contenute ancora. Sono preoccupati soprattutto del prezzo del petrolio, in quel senso è stata avanzata l’ipotesi di un price cap” anche per il greggio.

(Photo credits: JOHN THYS / AFP)