Gli aiuti per le comunità energetiche non diventino un altro Superbonus

Quasi sei miliardi di aiuti, per la precisione 5,7, è l’ammontare della somma destinata alle Cer, le comunità energetiche rinnovabili, e all’autoconsumo diffuso. Nel dettaglio, 2,2 miliardi di fondi garantiti dal Pnrr per quelli che sono i contributi a fondo perduto e 3,5 miliardi di oneri per gli incentivi in tariffa. L’ok di Bruxelles è stato festeggiato con (legittima) soddisfazione dal ministro per l’Ambiente e la Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che ha parlato di “svolta” e di “nuova fase storica”, dalla sua vice Vannia Gava che ne ha sottolineato i benefici a livello ambientale, dagli operatori di settore che intravvedono l’alba di un radicale cambio di passo. Evviva, insomma, si può stappare champagne. Tempi tecnici: 90 giorni per presentare domanda di accesso ai fondi. Cin-cin e amen.

Assorbita la notizia, il giorno dopo montano le riflessioni. Agrodolci. In effetti si tratta di un passaggio importante che porta in dote molti quattrini. Sarebbe bello e utile, però, che questa opportunità non venisse sprecata o, peggio, gettata al vento in capo a una propensione distorsiva tipicamente italiana. Quella, ad esempio, che ha trasformato l’opportunità del Superbonus in una grande, enorme chance per farsi gli affari propri e mandare gambe all’aria i conti dello Stato. Che, come non si stanca di evidenziare l’Europa, non sono proprio in ordine. Se errare è umano, perseverare sarebbe diabolico: un altro Superbonus, che per praticità chiamiamo Greenbonus, non possiamo permettercelo. Nè a livello finanziario né a livello etico. E. noi siamo già recidivi con il Reddito di cittadinanza.

Così, siccome ci conosciamo, a questo punto conviene domandarsi se saremo tanto stolti, ingordi e – aggiungiamo – disonesti da lucrare anche sulle Cer, oppure se per una volta avremo la schiena abbastanza dritta da saper cogliere ‘in toto’ questa eventualità a molti zeri che fa bene al Paese sotto il profilo della salute (pubblica) e dell’economia. Le comunità energetiche, sia chiaro, non sono l’unica risposta alla crisi di approvvigionamenti fossili che sta contraddistinguendo gli ultimi anni e che ci fa tenere il fiato sospeso a ogni sussulto di petrolio e gas, ma una delle soluzioni praticabili per il presente e il futuro. Sintetizzando, per dirla all’americana, ‘it’s up to us’, cioè dipende da noi. Anche vigilare più e meglio (rispetto al Superbonus) dipende da noi.

idrogeno

Al via prima asta europea per la produzione di idrogeno: pronti 800 milioni di euro

Prende il via oggi la prima asta – lanciata dalla Commissione Ue – nell’ambito della Banca europea dell’Idrogeno per sostenere la produzione di questa fonte rinnovabile nel Vecchio continente. L’importo iniziale è di 800 milioni di euro: si tratta di proventi derivanti dallo scambio di emissioni, convogliati attraverso il Fondo per l’innovazione. I produttori di idrogeno rinnovabile possono presentare domanda per ottenere un sostegno sotto forma di un premio fisso per chilogrammo di prodotto che ha lo scopo di colmare il divario tra il prezzo di produzione e quello che i consumatori sono attualmente disposti a pagare, in un mercato in cui l’idrogeno non rinnovabile è ancora più economico da produrre.

Con il piano per l’indipendenza energetica ‘REPowerEU’ l’Unione europea ha fissato l’obiettivo di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno a livello nazionale entro il 2030.  Una nota dell’Esecutivo comunitario spiega che le offerte dovrebbero basarsi su un sovrapprezzo proposto per chilogrammo di idrogeno rinnovabile prodotto, fino a un tetto di 4,5 euro/kg. Le offerte fino a questo prezzo, e che soddisfano anche altri requisiti di qualificazione, verranno classificate dal prezzo di offerta più basso a quello più alto e riceveranno il supporto in questo ordine, fino all’esaurimento del budget dell’asta. I progetti selezionati riceveranno il sussidio concesso in aggiunta ai ricavi di mercato generati dalla vendita di idrogeno, per un massimo di 10 anni. Una volta firmati gli accordi di sovvenzione, i progetti dovranno iniziare a produrre idrogeno rinnovabile entro cinque anni. Bruxelles precisa ancora che non sarà possibile accumulare i sussidi con altri tipi di aiuti provenienti dagli Stati membri partecipanti.

“La Banca europea dell’idrogeno – dice il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Maros Sefcovicrappresenta una grande opportunità per sostenere la transizione a zero emissioni nette dell’industria europea”. “Il lancio di oggi riguarda il collegamento tra domanda e offerta di idrogeno rinnovabile. Si tratta di creare trasparenza sui prezzi, il che aiuterà a rilanciare un mercato europeo dell’idrogeno”, spiega, aggiungendo di sperare in “una risposta positiva da parte del mercato”.

Per il commissario europeo per l’azione per il clima, Wopke Hoekstra “l’idrogeno sarà una tecnologia chiave per decarbonizzare l’industria europea e contribuire a raggiungere i nostri obiettivi climatici per il 2030 e il 2050. La prima asta europea di oggi per la produzione di idrogeno rinnovabile invia un chiaro segnale che l’Europa è il luogo dove investire nella produzione di idrogeno rinnovabile e nelle industrie basate sull’idrogeno. Lo sviluppo di un solido mercato dell’idrogeno nell’UE ci renderà più competitivi, offrirà nuove opportunità di crescita all’industria e fornirà posti di lavoro di qualità alle aziende e ai cittadini europei”. 

Energia, Bardi lancia la Basilicata: “Regione ‘pilota’ a livello internazionale”

L’energia è uno dei temi più caldi degli ultimi due anni, per l’Italia, per l’Europa e per la comunità internazionale. In questo scenario, il nostro Paese può vantare un ‘gioiello’ del settore: la Basilicata. E proprio dalla provincia di Matera la Regione lancia una grande sfida: fare “da pilota in un contesto internazionale“. Questo è l’obiettivo fissato dal governatore, Vito Bardi, alla prima Conferenza Energia e Ambiente ‘Strategia energetica e traiettorie di sviluppo’, promossa dalla Regione con la collaborazione di Enea e Feem, che si svolge al Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella. “Il nostro è un territorio di riferimento per il Paese, perché qui abbiamo il fossile, l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico e grandi potenzialità che deriveranno anche dalle biomasse – spiega il presidente -. La Basilicata si pone come luogo indispensabile per la sperimentazione dei processi innovativi di decarbonizzazione anche con il contributo del fossile“.

Il percorso fatto finora, ha detto Bardi, “è quello di avere una transizione energetica“. Perché “il fossile c’è, tra 100 anni non ci sarà più, nel frattempo bisogna pensare alle alternative e alle azioni da mettere in atto per far diventare la Basilicata un hub energetico“. In questo contesto “pubblico, istituzioni e privato devono collaborare tra di loro per avere un orizzonte temporale che non sia limitato al domani“. Concetto ripreso e ribadito anche dall’assessore Ambiente, energia e territorio della Regione Basilicata, Cosimo Latronico. “La transizione energetica non è una cosa che si fa dalla mattina alla sera, ma un tempo nuovo che si costruisce insieme tra tutti gli attori pubblici e privati“. L’esponente della giunta Bardi, infatti, sottolinea che il gruppo è al lavoro “per costruire alternative fattibili e concrete” e per questo il percorso è stato “messo a terra” perché “la rivoluzione ecologica e tecnologica è in corso“. Secondo Latronico “si aprono scenari nuovi per le imprese, per le istituzioni e per le università” e visto che il futuro della Basilicata “non è il declino, ma lo sviluppo è fondamentale “costruire comunità per fronteggiare le crisi ambientale ed energetica, che devono rappresentare un’occasione per fare sviluppo“. E la regione “ha il diritto di avere una prospettiva di futuro attorno alle sue risorse“.

Un’idea che sembra sposarsi perfettamente con la visione del governo. “A seguito dei fatti che si sono verificati con la guerra in Ucraina si è ribaltato il nostro sistema di approvvigionamento dell’energia“, dice il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. “Prima il fulcro era nel centro Europa, mentre oggi il Sud assume una centralità veramente rilevante – continua -. E’ questa la base di sviluppo che se il Mezzogiorno saprà cogliere sarà una nuova rivoluzione“. Parlando del Piano Mattei, il responsabile del Mase ricorda che “l’Europa ha bisogno di circa 20 milioni di tonnellate di idrogeno al 2030: 10 di produzione nazionale europea e altri 10 di importazione“, quindi il Sud “può avere altra centralità“. E la Basilicata “che ha dato tanto per il petrolio e il gas, può fare altrettanto anche nella produzione di idrogeno per il futuro“.

Di possibilità ce ne sono molte, anche per le ‘materie prime’ di cui il Sud dispone come sole, mare e vento, per l’idroelettrico, il fotovoltaico. A questo proposito, Pichetto annuncia: “Firmerò a breve il decreto Agrivoltaico che ha in dote 1,1 miliardi, ho ricevuto l’ok proprio ieri mattina“.

Provvedimento che può risultare molto interessante, anche alla luce delle capacità di un territorio come la Basilicata: “Rappresenta un’eccellenza nel campo delle rinnovabili, ha già superato tutti gli obiettivi del 2020, con un +28% rispetto al target prefissato“, rivela infatti il presidente Enea, Gilberto Dialuce. “Ci sono oltre 2.100 megawatt di potenza installata in rinnovabili, solo l’anno scorso sono stati 77 i megawatt. Anche le biomasse sono una fonte importante perché coprono quasi il 95% del settore termico – prosegue -. E’ una regione tra le più virtuose, anche sull’efficienza energetica. Ed è interessante come laboratorio per nuove forme di sviluppo a livello locale. Ha anche un primato: 83 comuni su 131, oltre il 60% , sono esportatori di energia. E anche la regione esporta energia“. Domani seconda giornata di lavori a Rotondella, con le conclusioni affidate a Raffaele Fitto, ministro che ha nelle mani il dossier Pnrr, altro capitolo di forte interesse per il Sud e la Basilicata.

Meloni si prepara a vedere Scholz: piano d’azione Roma-Berlino

Giorgia Meloni si prepara a incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz tornando a Berlino scortata da ben sette ministri. La giornata di domani è carica di impregni: un collegamento con la riunione dei capi di Stato e di governo del G20. Quindi l’apertura dei lavori del Business Forum e del Vertice intergovernativo.

Ad accompagnare la premier, i ministri Antonio Tajani (Esteri), Matteo Piantedosi (Interno), Guido Crosetto (Difesa), Giancarlo Giorgetti (Economia), Adolfo Urso (Imprese), Marina Elvira Calderone (Lavoro), Anna Maria Bernini (Università). Chi non sarà coinvolto nel Business Forum avrà i bilaterali separati, nelle diverse cancellerie.

Nel pomeriggio, il vertice Meloni-Scholz e la firma del Piano d’Azione per la cooperazione strategica tra i due Paesi, prima della plenaria conclusiva del vertice.
Comunanza di interessi strategici e di sicurezza, vicinanza e profondità di rapporti fra la società civile e le culture, sistemi produttivi simili: la Germania è il primo partner economico dell’Italia, primo mercato di destinazione dell’export italiano al mondo, primo fornitore dell’Italia e ospita una comunità di oltre 870mila italiani residenti, la seconda comunità italiana all’estero in assoluto, dopo quella in Argentina. Le due nazioni vantano un interscambio superiore ai 100 miliardi di euro, cresciuto dai 112,6 miliardi del 2016 al valore record di 168,5 miliardi del 2022 (+16,7% rispetto al 2021), e i primi sette mesi del 2023 confermano questa tendenza. E’ la prima Nazione straniera per numero di imprese in Italia (1.712) con 193.000 occupati.
Anche per questo, sono diversi i temi su cui i due leader si impegnano a cooperare. Filtra la volontà di approfondire l’asse tra i Paesi, portandolo a un livello nuovo e più strutturato.

Il Piano d’Azione che Roma e Berlino si preparano a firmare prevede un’intensificazione del dialogo bilaterale in tutti i settori. Un preambolo e cinque capitoli tematici, focalizzati su: economia, innovazione e coesione sociale; clima, energia e ambiente; politica estera e di Difesa; agenda europea e migrazione; contatti people-to-people e cultura.

La cooperazione energetica è un ambito a elevato potenziale. Il ruolo che l’Italia si propone di vestire, come hub energetico del Mediterraneo, porterebbe benefici anche alla Germania. Roma sfrutterà le interconnessioni esistenti, tra cui l’oleodotto Tal, che serve la Germania da Trieste. Tra le nuove iniziative, la Commissione ha incluso tra i Progetti di Comune Interesse Ue il ‘South H2 Corridor’, per il trasporto dell’idrogeno che collega il Nord Africa, l’Italia, l’Austria e la Germania. Partendo dall’energia, l’Africa è un dossier sempre presente per l’Italia: il consolidamento di pace, stabilità e crescita è al centro dell’impegno che il Paese ha preso verso il Continente, con iniziative a tutto campo.

Italia e Germania lavorano a livello europeo anche sul settore automotive, per assicurare competitività ai rispettivi settori industriali caratterizzati da un crescente livello di complementarietà. Accanto alla tradizionale integrazione produttiva, c’è dinamismo nella cooperazione bilaterale in campo della difesa e dell’aerospazio. Altri settori di interesse sono i servizi e le infrastrutture e quelli più innovativi come intelligenza artificiale o biotecnologie, che possono beneficiare di una crescente collaborazione a livello di ricerca scientifica.

Quanto alla competitività europea, internamente si punta a creare un quadro regolatorio ‘fit for business’, che alleggerisca le imprese e stimoli l’innovazione per rafforzare la resilienza e la competitività della Ue. Esternamente, invece, l’obiettivo è promuovere una politica commerciale aperta capace di rafforzare la sicurezza economica dell’Italia attraverso la diversificazione di approvvigionamenti e dei mercati di esportazione. Ecco perché il governo Meloni chiede processi di riconversione e transizione che tengano conto anche della sostenibilità economica e sociale.

Il prezzo del pellet torna alla normalità e il colosso americano Enviva finisce in crisi

Il denaro non cresce sugli alberi. Il prezzo del pellet si è praticamente dimezzato rispetto al boom dell’autunno di un anno fa e il più grande produttore mondiale di ‘trucioli’ per riscaldamento ha annunciato una crisi finanziaria dai risvolti pericolosi per la continuità stessa della società.

La quotazione del pellet è tornata su livelli simili alla primavera 2022, prima della fiammata che aveva dato il via al rally che aveva toccato i 10,5 euro/sacco a settembre 2022 e i 9,2 euro/sacco a gennaio 2023. Ora sul mercato si trovano offerte intorno a quota 6 euro. La discesa dei prezzi è globale, spinta da un’attenuarsi della domanda (per la riduzione dei timori sul gas) e da una ricostituzione della catena di approvvigionamento. Nel luglio 2022, l’Unione Europea aveva risposto alla guerra in Ucraina vietando anche l’importazione di biomassa legnosa russa utilizzata per produrre energia. E, più o meno nello stesso periodo, la Corea del Sud aveva drasticamente aumentato le sue importazioni di biomassa legnosa russa, diventando l’unico importatore ufficiale di pellet di Mosca per uso energetico industriale. La Ue ufficialmente ha sostituito le sue forniture russe importando pellet dagli Stati Uniti e dall’Europa orientale, ma secondo più fonti i dati commerciali hanno indicato una violazione dell’embargo europeo, con pellet di legno russo riciclato che è arrivato nel Vecchio Continente attraverso la Turchia, il Kazakistan e il Kirghizistan.

Le importazioni di pellet dalla Turchia sono cresciute infatti da 2.200 tonnellate mensili della scorsa primavera a 16.000 tonnellate a settembre 2022. Anche le importazioni dal Kazakistan e dal Kirghizistan sono aumentate, sebbene nessuno dei due abbia un’industria forestale. Secondo un’indagine di Montel, testata europea specializzata nell’informazione energetica, l’import di pellet russo vietato via Turchia è andato avanti per mesi. Mosca ha esportato 39.000 tonnellate di pellet di legno in Turchia nei primi quattro mesi del 2023, rispetto a zero nello stesso periodo dello scorso anno, sulla base dei dati forniti a Montel da WhatWood, agenzia dell’industria forestale con sede a Mosca. E le esportazioni della Turchia, principalmente verso destinazioni Ue, sono state pari a 4.200 ton/mese nel periodo gennaio-marzo, in netto calo rispetto alle 21.000 ton/mese del quarto trimestre del 2022, ma comunque superiori alla media di 3.400 ton/mese del primo trimestre dello scorso anno, rivela Montel.

In particolare, l’Italia ha prelevato dalla Turchia circa 1.300 tonnellate al mese nel primo trimestre e ben 5.200 tonnellate mensile negli ultimi tre mesi del 2022, rispetto alle sole 36 tonnellate/mese del primo trimestre del 2022. Prima del divieto di materiale russo e bielorusso, l’Italia importava circa 5.200 tonnellate/mese direttamente dalla Russia, secondo i dati Eurostat. Un trader europeo di biomasse aveva detto a inizio estate – secondo quanto riferiva Montel – che è stato “divertente” vedere come gli acquirenti italiani abbiano “improvvisamente preso in simpatia” la biomassa turca, notando poi notato che i prezzi del pellet di legno erano diventati “molto più bassi” negli ultimi mesi, “quindi gli italiani possono acquistare pellet altrove”.

Chi aveva festeggiato per l’embargo sul pellet russo era stata subito l’americana Enviva, il più grande produttore mondiale di biomassa legnosa, che opera principalmente nel sud-est degli Stati Uniti: dall’inizio della guerra aveva aumentato le spedizioni verso la Ue e aveva anche annunciato un maxi contratto di 10 anni con un cliente europeo per consegnare 800.000 tonnellate di pellet all’anno entro il 2027. L’aggiramento dell’embargo e un clima più mite hanno però scombussolato le prospettive del colosso statunitense del pellet, che ora sta perdendo liquidità e attraversando seri problemi finanziari, hanno detto i dirigenti dell’azienda in una conferenza sugli utili del terzo trimestre 2023. “Queste condizioni ed eventi nel complesso sollevano dubbi sostanziali riguardo alla capacità della società di continuare”, si legge in un rapporto del gruppo inviato alla Sec, gli sceriffi di Wall Street. Enviva ha registrato una perdita netta di 85,2 milioni di dollari nel terzo trimestre di quest’anno, rispetto a un -18,3 milioni di dollari nel terzo trimestre del 2022. Anche se l’azienda ha venduto più tonnellate di pellet di legno quest’estate, un “ambiente di prezzi sfavorevole” ha portato a un calo dei guadagni del 50%. La crisi finanziaria potrebbe persistere fino al 2025, afferma il rapporto Sec della società. “Enviva generalmente registra un aumento del consumo di pellet di legno in inverno, quando la domanda di riscaldamento è elevata”, continua il report. “Questa dinamica, particolarmente pronunciata nel quarto trimestre del 2022, fino ad oggi non si è concretizzata nel 2023”. Ad aprile 2022 il prezzo delle azioni di Enviva aveva raggiunto il picco di 89,64 dollari per azione, ora è sceso a 1,6 dollari.

Meloni: “Su governace Ue passi avanti, ma insufficienti. Escludere le transizioni”

Zagabria, Europa. Forse di quella con la visione che Giorgia Meloni sente più vicina alla sua. Dalla Croazia, al termine dell’incontro bilaterale con il primo ministro della Repubblica croata, Andrej Plenković, la premier torna a lanciare messaggi alle istituzioni continentali, mentre la partita del negoziato sulla nuova governance è più o meno alla metà del tempo regolamentare. Parole decisamente chiare, quelle della presidente del Consiglio: “Mi pare che dei passi avanti si facciano, ma per per quello che riguarda l’Italia sono ancora insufficienti, quindi bisogna lavorare molto di più”.

Meloni spinge sul fatto che “il ritorno ai vecchi parametri, che scatterebbero molto presto, sarebbe esiziale per la nostra economia”. Tradotto, se dal 1 gennaio del prossimo anno si ritornasse ai vincoli pre-pandemia del Patto di stabilità e crescita, il tetto del 3% del rapporto tra Deficit e Pil difficilmente verrà raggiunto. Molto probabilmente, non solo dal nostro Paese. Ma questo Meloni non può saperlo, né può dirlo. Il capo del governo italiano si ‘limita’ a ricordare che “il tema delle nuove regole della governance è fondamentale per l’agenda strategica Ue”, perché “se pensiamo di poter rafforzare la nostra competitività, il nostro ruolo strategico senza adeguare le regole alle strategie che ci diamo, rischiamo di sembrare miopi”.

La premier ribadisce un concetto già espresso molte volte: “Siamo impegnati a portare avanti delle transizioni che sono scelte strategiche per rafforzare la competitività del continente: penso alla transizione verde e alla transizione digitale, così come, all’indomani dell’aggressione russa all’Ucraina, ci siamo resi conto del fatto che anche il tema difesa necessitava di un rafforzamento”. Ergo: “E’ evidente che gli investimenti fatti su queste materie devono essere presi in considerazione nel momento in cui si discute la governance, altrimenti è come se indicassimo una strategia e contemporaneamente la facessimo pagare alle nazioni virtuose nel realizzarla. Questo sarebbe miope”.

Intanto, a proposito di transizione energetica, dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica arrivano buone notizie. Perché c’è il via libera ad uno stanziamento di 502 milioni di euro per promuovere, nel triennio 2024-2026, la ricerca e lo sviluppo di tecnologie energetiche innovative a zero emissioni di carbonio. Questo è il target che si pone il decreto firmato dal ministro, Gilberto Pichetto, che fissa le linee di attività e le modalità attuative del programma internazionale ‘Mission Innovation‘ a cui l’Italia aderisce insieme ad altri 24 Paesi. “Il nostro impegno per sostenere la transizione energetica del Paese si rafforza ulteriormente con un consistente aumento di risorse pubbliche dedicate al sostegno della ricerca e dell’innovazione di tecnologie pulite per contenere le emissioni climalteranti”, commenta il responsabile del Mase. Che poi conclude: “Andiamo avanti su questa strada con convinzione e pragmatismo per arrivare con ancora maggiore determinazione al negoziato della Cop 28 di Dubai”.

La Basilicata spinge sulla transizione energetica: 21/22 novembre evento a Rotondella

L’obiettivo è quello di fare il grande salto in direzione decarbonizzazione, valorizzando “il nostro territorio” e impiegando “nel modo migliore le risorse di cui disponiamo”. Vito Bardi, governatore della Basilicata conta molto sulla prima conferenza ‘Strategia energetica e traiettorie di sviluppo’, promossa dall’assessorato all’Ambiente, territorio ed energia in collaborazione con Enea e Feem, in programma il 21 e 22 novembre al centro ricerche della Trisaia di Rotondella. Perché l’agenda del governo regionale è intensa e le risorse sul piatto sono tante. Tra queste, ha ricordato l’assessore all’Ambiente, territorio ed energia Cosimo Latronico, i 90 milioni di euro “per andare incontro alle famiglie che, in mancanza di gas, desiderano dotarsi di un impianto autonomo”, ma anche 18 milioni destinati al bando sulla produzione di idrogeno, “rispetto al quale abbiamo già selezionato le prime tre pratiche e abbiamo chiesto al ministero dell’Ambiente di consentirci di scorrere la graduatoria con le altre tre pratiche che valgono ulteriori 32 milioni di euro”. Progetti che, ha ricordato durante la presentazione, “darebbero un grande impulso allo sviluppo delle rinnovabili”.

L’ambizione è quella di “diventare un hub energetico per le rinnovabili”, in primo luogo come “produttori”, cominciando con il bando – che dovrebbe essere portato in giunta a breve – dedicato ai Comuni, ha spiegato Latronico, che “vogliono realizzare uno studio di fattibilità sulle Comunità energetiche e passare, quindi, dalla teoria alla pratica”.

La Basilicata, inoltre, è al lavoro sul percorso sulla decarbonizzazione, insieme a Fondazione Mattei, ENEA, università e altri players che operano sul territorio, ha ricordato l’assessore l’Ambiente, “per l’importante questione legata ai crediti di carbonio derivanti dai nostri boschi e dalle nostre foreste, fabbriche d’aria naturale indispensabili per la loro capacità di catturare il carbonio”. Foreste come “nuovi strumenti di finanza creativa da impiegare per rafforzare la transizione energetica valorizzando la bioenergia”.

Latronico ha ricordato che “l’evento in programma il 21 e 22 novembre ricade nel sessantesimo anniversario della fondazione dell’Enea, tra i principali centri di ricerca del Mezzogiorno d’Italia che dobbiamo ulteriormente potenziare e rilanciare”.

Una conferenza che punta proprio ad analizzare i punti di forza “del nostro sistema e a immaginare gli scenari futuri. L’energia derivante dalle nostre risorse naturali deve di certo contribuire al fabbisogno energetico del Paese, ma soprattutto deve rientrare in una strategia di sviluppo dei nostri territori e delle nostre comunità”.

“Come Enea siamo molto contenti di ospitare un evento della portata di questa prima conferenza Energia e Ambiente nel nostro centro di Trisaia che da oltre 30 anni concentra le proprie attività di ricerca e sviluppo tecnologico sui temi della green economy, della decarbonizzazione e della transizione energetica. Si tratta di temi di forte attualità anche per la Regione Basilicata e di cui l’ENEA può costituire un interlocutore privilegiato per la loro attuazione in ambito regionale” ha sottolineato Giacobbe Braccio, Responsabile della Divisione Bioenergia, Bioraffineria e Chimica Verde dell’Enea. “Questa iniziativa – ha aggiunto – rientra pienamente in quelle che sono le nostre attività e i nostri obiettivi nel più ampio contesto della transizione energetica e della sostenibilità che ci vedono impegnati con progetti a livello nazionale ed europeo”.

Energia, sicurezza è indipendenza. Elettricità futura: “143 GW rinnovabili entro 2030”

La geopolitica mondiale ha insegnato negli ultimi due anni che l’indipendenza energetica è una questione di sicurezza nazionale. E’ l’obiettivo che governo e settore elettrico si sono dati, insieme, con l’obbligo di conciliarlo a quello della decarbonizzazione, per far fronte al cambiamento climatico che incalza. “Non è qualcosa che ormai qualcuno può mettere in dubbio”, osserva Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. L’accelerazione del riscaldamento globale è “molto più veloce di quanto si pensasse”, scandisce. L’unica opportunità per restare nel +1,5 gradi di riscaldamento rispetto all’era pre-industriale, è quindi “accelerare sulle rinnovabili”. “E’ un invito che ci rivolgono Iea, Bce e Bei affinché l’Europa rimanga una potenza mondiale”, avverte.

L’Assemblea Pubblica 2023 di Elettricità Futura riunisce i rappresentanti delle Istituzioni e le imprese del settore elettrico, per sostenere lo sviluppo della filiera industriale nazionale, creando benefici per il clima, l’economia e l’occupazione. Per rispettare il target di +1,5 gradi, bisognerebbe triplicare le installazioni annue di nuove rinnovabili. Secondo Irena, è tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile passare dagli attuali 300 GW/anno di nuove rinnovabili nel mondo a mille GW/anno entro il 2030. Perché il Piano Elettrico 2030 sia coerente con il RePowerEu, abbiamo solo sette anni per portare la percentuale di rinnovabili nel mix energetico all’84%. Questo significa che occorrono 143 GW di potenza rinnovabile installata.

“Per arrivare a 143 Gw installati dobbiamo realizzare 12 Gw di nuova potenza all’anno in Italia. Quindi nel periodo 2024-2030 dobbiamo installare almeno 84 Gw, di cui 56 Gw di fotovoltaico, 26 Gw di eolico, 2 Gw di idroelettrico, bioenergie e geotermico. Occorrerà anche realizzare 84 Gwh di accumuli di grande taglia entro il 2030”, prevede Rebaudengo.

Il presidente di Elettricità Futura chiede di puntare sui grandi impianti, che in Italia scarseggiano. Sulla semplificazione delle autorizzazioni “è stato fatto un grande lavoro del governo”, ammette, ma “manca ancora la volontà sui territori perché davvero abbiano come obiettivo quello di farci realizzare questi impianti che diventino effettivamente produttivi. Si arriva alle autorizzazioni ma manca sempre un ultimo pezzo di consenso”. Serve quindi un “cambio culturale”. Bisogna pensare sì a non deturpare troppo il paesaggio, ma anche agli effetti collaterali: “Gli impianti rinnovabili non sono climalteranti”, ricorda. “Con razionalità e buon senso possiamo collaborare sulle singole questioni”.

Apre al dialogo il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Le soprintendenze sono il principale ostacolo per le rinnovabili nei centri storici delle città, ma ci sono delle eccezioni. “A Capodimonte garantiremo il 90% di autonomia energetica del museo, con le tegole fotovoltaiche che non sono impattanti. Per una nazione come l’Italia con due asset produttivi, l’impresa e la cultura, l’energia è un elemento chiave”, afferma il ministro. Quanto alle autorizzazioni, il decreto delle Comunità energetiche rinnovabili è davvero in dirittura d’arrivo. “Attendiamo dall’Ue la notifica dell’ok. La procedura tecnica è finita, manca la bollinatura finale”, fa sapere il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto

Antitrust sanziona per 15 milioni sei società energetiche: pratiche commerciali aggressive

L’Antitrust ha irrogato sanzioni per oltre 15 milioni di euro nei confronti di Enel Energia, Eni Plenitude, Acea Energia, Iberdrola Clienti Italia, Dolomiti Energia ed Edison Energia. Secondo l’Autorità le sei società hanno adottato “pratiche commerciali aggressive condizionando i consumatori ad accettare modifiche in aumento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas, in contrasto con la protezione normativa derivante dall’articolo 3 del Decreto Aiuti bis”. In un contesto caratterizzato da gravi criticità nel settore energetico con significativi aumenti dei costi per i consumatori finali, questa norma aveva vietato aumenti unilaterali dei prezzi per la fornitura di energia elettrica e gas dal 10 agosto 2022 al 30 giugno 2023.
Invece, secondo l’Autorità, le sei società “hanno inviato agli utenti lettere con le quali inducevano ad accettare modifiche dei prezzi nel periodo citato, con conseguenti significativi incrementi delle bollette per i loro clienti”.

Per l’Antitrust in particolare, Enel ed Eni – cui sono state irrogate sanzioni di 10 milioni e di 5 milioni – hanno modificato unilateralmente i prezzi di fornitura a oltre 4 milioni di consumatori sulla base delle clausole contrattuali che consentono alle stesse società di decidere a propria discrezione se e quando modificare le tariffe, una volta scaduti i prezzi dell’offerta economica scelta. “Così, i clienti – anche diversi anni dopo la scadenza dell’offerta economica – si sono visti recapitare lettere con cui Enel ed Eni aumentavano i prezzi in assenza di una scadenza nota al consumatore finale”. L’Autorità evidenzia, nel caso della sanzione ad Enel pari a 10 milioni, “che è la prima volta che si applica il massimo edittale da quando è stato modificato il Codice del Consumo.

Acea e Dolomiti hanno ritenuto che le comunicazioni di modifica unilaterale dei prezzi, inviate prima dell’entrata in vigore del divieto, si sarebbero perfezionate dopo 10 giorni dall’invio delle stesse senza rispettare il preavviso di 90 giorni. Queste società hanno quindi aumentato i prezzi prima della scadenza corretta e, nel caso di Acea, anche con modifiche unilaterali in violazione della norma. Per queste ragioni sono state irrogate, rispettivamente, sanzioni pari a 560 mila euro e 50 mila euro.

Iberdrola, cui è stata irrogata la sanzione di 25 mila euro, da maggio a ottobre 2022 ha inviato comunicazioni con cui “minacciava la risoluzione contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta in caso di mancata accettazione di un nuovo contratto di fornitura con condizioni economiche peggiorative”. Anche questa condotta era volta ad aggirare l’articolo 3 del decreto, “facendo pressione – dice l’Antitrust – sui consumatori ad accettare la modifica unilaterale per aumentare i prezzi”.

Edison, infine, ha applicato l’incremento dei prezzi prima della scadenza delle tariffe prevista dal contratto. Visto che la società ha ristorato i propri clienti e dato il numero marginale di consumatori coinvolti, è stato irrogato il minimo edittale di 5.000 euro.

Snam chiude i primi 9 mesi dell’anno con ricavi per 2,8 miliardi. Emissioni di metano giù del 25%

Ricavi totali in crescita, investimenti sempre più green, riduzione delle emissioni climateranti e una finanza sostenibile in crescita. Si chiudono in positivo per Snam i primi novi mesi dell’anno, con ricavi totali pari a 2,8 milioni di euro, in crescita del 17% rispetto ai primi nove mesi del 2022. Crescita, spiega il gruppo, dovuta ai “ricavi regolati collegati alla realizzazione degli investimenti e agli incentivi “output-based” e per “il significativo contributo del business dell’efficienza energetica”. L’utile netto adjusted è stato di 942 milioni di euro, in aumento di 10 milioni di euro (+1,1%), rispetto all’utile netto adjusted dei primi nove mesi del 2022, per effetto della solida performance operativa in parte assorbita dall’aumento degli oneri finanziari e delle imposte sul reddito.

APPROVVIGIONAMENTI AL SICURO. Risultati che, come ricorda l’amministratore delegato Stefano Venier, “mostrano la solidità del gruppo e il ruolo di primo piano svolto nel garantire la sicurezza degli approvvigionamenti in uno scenario globale incerto e in costante evoluzione. Abbiamo incrementato i nostri investimenti tecnici su progetti infrastrutturali fondamentali per contribuire alla resilienza e alla transizione del sistema energetico del Paese, che oggi è in una condizione adeguata ad affrontare la stagione invernale”.  Anche se – è il timore –  la guerra in Medioriente “potrebbe dar luogo ad ulteriori tensioni a livello internazionale, con il loro conseguente impatto sui prezzi dei beni energetici per i quali l’Italia, ed in generale l’Europa, sono fortemente dipendenti dalle importazioni estere”. Turbolenze che “potrebbero pesare sull’economia mondiale, aumentando i costi di produzione e influenzando ulteriormente la stabilità economica e la crescita nazionale ed europea, oltre che determinare ulteriori sfide nella gestione delle fonti di approvvigionamento energetico”.

INVESTIMENTI SOSTENIBILI. Nei primi 9 mesi dell’anno, Snam ha investito 1,32 miliardi di euro (erano 1,3 nei primi 9 mesi del 2022, compreso l’acquisto della nave rigassificatrice Golar Tundra), di cui 1,14 miliardi per investimenti tecnici (+29,4%). Il 53% degli investimenti totali è allineato ai Sustainable Development Goals e il 37% alla Tassonomia Europea. A questi investimenti, si aggiungono 410 milioni di euro relativi all’acquisizione del 49,9% di SeaCorridor. “La nostra strategia volta ad una transizione energetica giusta e credibile – dice Venier – ci vede impegnati a realizzare investimenti importanti, per oltre il 50% allineati agli SDGs della Unione Europea, e a sviluppare progetti rilevanti come quello di SoutH2Corridor e per la Carbon Capture and Storage, a Ravenna, il cui ruolo chiave è stato riconosciuto anche nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima”. Prosegue anche ” l’impegno nel ricorrere a strumenti di finanza sostenibile e innovativa come il primo EU Taxonomy-aligned Transition Bond convertibile collocato con successo in settembre, che ci ha consentito di raggiungere in anticipo di tre anni l’obiettivo dell’80% di finanza sostenibile sulle fonti di finanziamento disponibili del Gruppo”.

SCENDONO LE EMISSIONI DI METANO. Buoni risultati anche per quanto riguarda l’ambiente. Nei primi nove mesi del 2023 Snam ha ridotto le emissioni di metano – classificate come Scope1 – del 25% rispetto allo stesso periodo del 2022. Proseguono, spiega il gruppo, “gli sforzi” per ridurre le emissioni e “l’impegno a supporto della transizione energetica”.

 

 

 

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