orologio

Torna l’ora legale: risparmi per circa 220 milioni di euro

Risparmiare energia spostando l’orario di lavoro o di normale occupazione nelle ore in cui c’è più luce. È con questa logica che è nata l’ora legale, entrata ufficialmente in vigore in Italia con una legge del 1965. E proprio nella notte tra sabato 25 e domenica 26 marzo le lancette dovranno essere spostate un’ora avanti: l’ora legale terminerà il 29 ottobre, con il ritorno di quella solare. Secondo le stime di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, nei sette mesi in cui sarà in vigore l’ora legale l’Italia risparmierà circa 220 milioni di euro, grazie a un minor consumo di energia elettrica pari a circa 410 milioni di kWh che genererà, inoltre, un rilevante beneficio ambientale, quantificabile nella riduzione di circa 200 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica in atmosfera.
Inizialmente il periodo ‘legale’ era di quattro mesi, da maggio a settembre. Nei primi anni ’80 fu allungato a sei mesi e nel 1996, in accordo con gli altri Paesi europei, portato fino all’ultima domenica di ottobre.

L’ora legale fu però introdotta per la prima volta nel 1916 in Gran Bretagna e venne poi adottata anche da altri Paesi. Finora tutti i Paesi europei hanno alternato la regola dell’orario solare e dell’orario legale, ma nel 2018 gli Stati del Nord (come Finlandia, Lituania, Svezia ed Estonia), quelli che meno beneficiano dello spostamento di un’ora, hanno deciso di abolire questo sistema. Il Parlamento europeo approvò dunque una risoluzione legislativa sull’abolizione dell’ora legale con 410 voti a favore, 192 contrari e 51 astensioni. Non si è raggiunta, però, una soluzione univoca che accontentasse tutti i Paesi. Tra il 4 e il 16 agosto 2018 la Commissione Europea ha svolto sul proprio sito una consultazione pubblica aperta sulle disposizioni relative all’ora legale. Agli utenti si chiedeva se, nel caso di abolizione del cambio orario, mantenere o meno sempre l’ora solare o quella legale. Le risposte furono 4,6 milioni, il numero più alto mai ricevuto da una consultazione pubblica. Ma al momento, in pratica, si è lasciata ad ogni Paese la libertà di mantenere o abolire l’ora legale.

In Italia, spiega Terna, dal 2004 al 2022, il minor consumo di energia elettrica dovuto all’ora legale è stato complessivamente di circa 10,9 miliardi di kWh e ha comportato, in termini economici, un risparmio per i cittadini di circa 2 miliardi di euro.

Bollette, si va verso decreto legge urgente. Giorgetti: “Iva sul gas al 5% e bonus sociale”

Il prezzo del gas è sceso dopo il varo del price cap europeo, ma gli incentivi servono ancora perché l’emergenza rincari non è rientrata. Sulle bollette, infatti, si sta limando “un provvedimento di urgenza” sulle bollette, che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri non più tardi della prossima settimana, forse già martedì, prima comunque del 31 marzo, data in cui scadranno le misure previste con l’ultima legge di Bilancio. Ne ha parlato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time in Senato. Rispetto alle indiscrezioni circolate nelle ultime settimane non ci sono sostanziali novità. Il responsabile del Mef specifica che “le misure allo studio devono tenere conto delle risorse attualmente disponibili e avranno una durata temporale differenziata, anche in attesa del nuovo quadro economico che emergerà dal Def”, in arrivo ad aprile, e “del perfezionamento del dibattito relativo al RePowerEu e al Pnrr”, oggetto dei negoziati con la Commissione Ue.

In concreto, la direttrice su cui si sta muovendo l’esecutivo è quello di fornire ossigeno ai meno abbienti. “Considerato che i rincari energetici colpiscono in maggior modo le famiglie a basso reddito”, dice Giorgetti, sarà riproposto “il bonus sociale elettricità e gas per i nuclei familiari in condizioni di disagio economico o fisico con Isee fino a 15mila euro”, che ha una platea “di oltre 4,5 milioni di famiglie”. Inoltre, “è allo studio una misura che decorrerà dal 1 ottobre, con l’inizio dell’anno termico, e che consisterà in un contributo a compensazione delle spese di riscaldamento: sarà erogato tramite la bolletta elettrica” e non avrà limiti legati al reddito. Il ministro dell’Economia ribadisce che ci sarà la conferma “anche per il secondo trimestre 2023 della riduzione al 5% dell’aliquota Iva sul gas metano ad uso civile e industriale” rispetto al 10 o al 22%, in base alla tipologia del cliente. Ma anche un intervento “per la somministrazione di energia termica in esecuzione di contratti di servizio energia nonché per le forniture di servizi di teleriscaldamento”.

Per le aziende, poi, si pensa a “misure strutturali di sostegno per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale”. E “nelle more di questa riforma – prosegue Giorgetti -, nel prossimo trimestre è al vaglio un’ipotesi di rimodulazione delle misure già riconosciute nel primo trimestre, sotto forma di credito di imposta, che tenga conto dei livelli di prezzo dell’energia elettrica e di gas che si sono verificati negli ultimi periodi”. Sugli oneri di sistema, invece, si va verso la reintroduzione per quello che riguarda l’energia elettrica, che in compenso avrà altri benefici. Secondo le previsioni dell’esecutivo, comunque, la situazione comunque rimane sotto controllo.

Restando sul tema, non entra ancora nel dibattito il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’energia elettrica. Una misura di cui proprio la premier, Giorgia Meloni, aveva parlato in campagna elettorale come possibile intervento urgente da poter mettere in campo per ridurre il peso delle bollette, ma che in questi mesi non ha trovato spazio nell’agenda di esecutivo e Parlamento. Anche per attendere le mosse dell’Europa, che aveva individuato proprio questo provvedimento come una delle possibili opzioni per la riforma del mercato dell’energia elettrica, salvo poi depennarlo.

Meloni tiene punto sulle auto elettriche e le case green: “Transizione la scegliamo noi”

Alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo, Giorgia Meloni torna a ribadire che i tempi e i modi della transizione verde non può stabilirli l’Europa.

Dopo le sue comunicazioni, l’Aula della Camera approva la risoluzione di maggioranza. Viene approvata anche una parte della risoluzione del Terzo Polo, mentre vengono respinti tutti gli altri testi presentati dalle opposizioni.

Sul fronte energia, l’Italia chiede all’Europa unità, diversificazione delle fonti, lotta contro la speculazione dei mercati, diffusione delle rinnovabili ma anche rapido riempimento degli stoccaggi.
La premier assicura di condividere gli obiettivi green, ma rivendica la neutralità tecnologica: “Quello su cui non siamo d’accordo – scandisce – è che l’Europa debba a monte dirci quali tecnologie siano necessarie per raggiungere gli obiettivi della transizione. Credo che la sfida debba essere stabilire la diversificazione tecnologica che ci consenta di non devastare il sistema produttivo e di lavorare sull’avanguardia che in questa nazione abbiamo“.

Il processo verso un’economia verde, dunque, deve essere sostenibile anche dal punto di vista sociale ed economico. Per questo il governo di Roma si oppone a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. “Il rischio è di passare dalla dipendenza da gas russo alla dipendenza dell’elettrico cinese. Non mi sembra intelligente. Questo è il tema che pongo“, spiega all’Aula della Camera. L’obiettivo, sul fronte automotive, è puntare sui biocarburanti, di cui l’Italia è all’avanguardia. “L’elettrico non è la panacea tutti mali. Non mi sfugge come i componenti vengano estratti con tecniche che devastano l’ambiente e vengano prodotti in Cina con le centrali a carbone“, afferma.

Quanto alla direttiva sulle Case green, l’assenza di contributi e risorse, avverte la leader di Fdi, rischia di risolvere anche questa fattispecie “in un ulteriore onere complesso in un momento particolarmente difficile“. In altre parole, “se da una parte ci sono gli obiettivi, dall’altra non vengono garantite le risorse necessarie. Mentre i primi target di efficientamento sono posti al 2027, la Commissione risponde che i primi contributi arriveranno dal 2028. Il tema non è se l’onere se lo debbano caricare la famiglie o lo Stato italiano. E’ uguale – insiste -, sono sempre soldi degli italiani“.

Intanto, Meloni continua il confronto con gli altri Leader europei. Dopo aver sentito il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Primo Ministro greco Kyriakos Mitsotakis e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in serata la premier italiana sente anche il Primo Ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, sulla priorità del sostegno all’Ucraina, sull’urgenza di attuare le decisioni del Consiglio Europeo di febbraio per una risposta europea nella gestione della migrazione e sull’importanza di adottare soluzioni per la competitività delle economie europee attraverso il pieno utilizzo di tutti gli strumenti Ue.

La ‘Golar Tundra’ è a Piombino. Giani: “E’ nave della libertà”

La ‘Golar Tundra’ è in porto. La nave rigassificatrice è arrivata a Piombino nella notte tra il 19 e il 20 marzo e servirà a trasformare il gas naturale liquido proveniente dai nuovi accordi con l’Algeria, per poi immetterlo nelle pipeline che porteranno gas ai stoccaggi e, da lì, nelle case degli italiani.

Il governatore della Toscana e commissario per l’opera, Eugenio Giani, la definisce “nave della libertà”: “Perché ci libera, almeno in parte, dalla dipendenza che più ci preoccupa, quella dal gas russo, e ci consente di non pagare alla Russia commesse i cui ricavi potrebbero essere utilizzati per la guerra in Ucraina”, spiega. Di sicuro, l’impianto potrà garantire una diversificazione degli approvvigionamenti di Roma e “la maggiore sicurezza energetica del Paese”, ribadisce.

Il passaggio è stato tutt’altro che semplice. Da mesi, si registrano tensioni con i territori, con la cittadinanza ma anche con le istituzioni locali, perché il Comune di Piombino si è sempre opposto all’arrivo, almeno senza compensazioni per la popolazione e la città. Finora i ricorsi sono stati quasi tutti respinti. Se andrà tutto come previsto dal governo, la nave Fsru – una delle due comperate da Snam, l’altra è a Ravenna – dovrà essere sistemata e messa in funzione entro la metà della primavera per garantire gli approvvigionamenti utili a mettere in sicurezza i prossimi inverni.

Il sindaco, Francesco Ferrari, però non molla: “La questione è tutt’altro che risolta“, precisa. C’è ancora un ricorso pendente al Tar, ricorda e, “checché ne dica il Presidente della Regione Giani, se il tribunale deciderà di accoglierlo, la Golar Tundra dovrà disormeggiare e andarsene dalla nostra città”, tuona il primo cittadino. “La giustizia amministrativa non è uno scherzo e credo fermamente che il Tar prenda il suo compito molto seriamente: che il presidente Giani, nonché commissario straordinario per l’opera, affermi pubblicamente che a prescindere dalla risposta del Tribunale, essendo la nave in funzione quando arriverà la sentenza, continuerà ad operare, non è solamente falso ma anche offensivo nei confronti della città“. I dubbi che il Comune ha sollevato in merito alla sicurezza dell’impianto non sono stati chiariti, l’Aia non è ancora stata concessa, “nonostante i ‘tutto apposto’ di Giani, manca ancora il parere definitivo del Comitato tecnico regionale. Tutte circostanze che fanno sì che quella nave non possa entrare in funzione“.

Ai cittadini di Piombino, Giani promette massimo impegno per le compensazioni. Risorse per la bonifica dei siti ex siderurgici della città: “Ai 40 milioni di euro frutto di un accordo di programma da tempo firmato con lo Stato ne vanno aggiunti almeno altrettanti e il primo atto di buona volontà sarebbe l’approvazione di un emendamento su questo già presentato in Parlamento“, afferma. Ma le compensazioni che chiede riguardano anche lo sconto in bolletta per imprese e cittadini, investimenti sulle fonti di energia rinnovabili in loco, il sostegno al parco archeologico della Val di Cornia e alla realizzazione della strada, la 398, attesa da tempo per collegare l’Aurelia al porto senza passare dal centro della città. “Le avevamo discusse con il precedente Governo Draghi e ritengo che il nuovo Governo le confermerà, una volta che ci siederemo attorno ad un tavolo”, assicura.

Se entrerà in funzione, la ‘Golar Tundra’, stando a quanto dichiarato dal governo e dal ministro competente, Gilberto Pichetto Fratin, resterà in Italia per tre anni, “anche meno se ce ne sarà la possibilità”, ha sempre assicurato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. La soluzione fu individuata dall’esecutivo guidato da Mario Draghi, con la strategia d’urgenza messa in atto dall’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, all’indomani dell’invasione russa in Ucraina che aveva creato problemi alle forniture di gas per il nostro Paese e l’intera Europa. Allargando gli accordi con quelli che all’epoca erano fornitori minori rispetto a Mosca, Draghi e Cingolani, assieme al ceo di Eni, Claudio Descalzi, riuscirono a invertire la rotta e a stilare un cronoprogramma che potrebbe portarci all’indipendenza dalle fonti fossili russe addirittura entro l’anno. O almeno è quello che prospetta il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Che non vede “allarmi” sui prezzi del gas nel prossimo futuro: “Gli stoccaggi dell’anno scorso sono ancora sufficientemente pieni, perché l’inverno è stato mite”, ma in ogni caso “c’è l’accordo in Europa sul price cap”.

La Golar Tundra, costata 350 milioni di dollari, circa 330 milioni di euro, può operare sia come metaniera per il trasporto del gas naturale liquefatto, sia come Fsru. La nave, costruita nel 2015, ha una capacità di stoccaggio di circa 170mila metri cubi di gas naturale liquefatto e una capacità di rigassificazione continua di 5 miliardi di metri cubi l’anno. “L’Italia deve dire grazie a Piombino e alla Toscana“, sostiene il presidente della Regione, Eugenio Giani, che ha seguito sul posto le operazioni di arrivo della nave. “Dobbiamo renderci autosufficienti dalla Russia per il gas e questa opera contribuirà in modo determinante con 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Adesso – conclude – avanti con le compensazioni per il territorio”.

Enel

Enel chiude 2022 con utile sopra previsioni: più dividendo e investimenti in rinnovabili

Gli eccellenti risultati che Enel ha registrato nel 2022 evidenziano la capacità del gruppo di creare valore per i propri stakeholder anche a fronte del contesto altamente sfidante che ha caratterizzato gli ultimi tre anni”. Commenta così Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, il bilancio 2022 del gruppo energetico che si è chiuso con ricavi per 140,517 miliardi (+63,9% sul 2021) e un risultato netto ordinario a 5,391 miliardi, superiore alla guidance (la previsione) comunicata ai mercati finanziari pari a 5-5,3 miliardi di euro. Così il dividendo complessivo sale a 0,40 euro per azione (di cui 20 cent già corrisposti quale acconto a gennaio), in crescita del 5,3% rispetto alla cedola totale di 0,38 pagata per l’esercizio 2021. “Nei prossimi mesi dell’anno, continueremo a crescere nelle rinnovabili e a digitalizzare le reti di distribuzione, contribuendo a decarbonizzare il mix di generazione e ad aumentare l’indipendenza energetica nelle geografie in cui operiamo – ha aggiunto Starace –, migliorando la qualità del servizio, abilitando l’elettrificazione dei consumi finali e tutelando i nostri clienti dalla volatilità dei mercati energetici. Concentreremo gli investimenti soprattutto in Italia e negli altri Paesi core, in modo tale da accelerare il percorso di crescita sostenibile del gruppo, riducendone ulteriormente il profilo di rischio”.

Come sottolinea Enel, in riferimento all’utile netto, “il miglioramento della performance dei business, parzialmente compensato dall’incremento degli ammortamenti dell’esercizio, la più efficiente gestione finanziaria connessa alle attività di liability management dello scorso anno, e il minor carico fiscale sui risultati ordinari del gruppo, hanno parzialmente compensato gli effetti della maggiore incidenza delle interessenze dei terzi dovuta alla compressione dei risultati in Italia per il particolare scenario energetico dell’anno”. L’Italia, però, rimane il faro dei piani del gruppo. Basta vedere gli investimenti dello scorso anno, pari a 14,347 miliardi, che coinvolgono sempre il nostro Paese. Enel Green Power ha puntato principalmente su Italia, Canada, Perù, Spagna, Cile, Australia e Brasile, investendo meno in India, Sudafrica, Messico, Panama e Guatemala. Anche Enel Grids si è focalizzata soprattutto su Italia, Brasile e Perù, principalmente in manutenzione correttiva e affidabilità della rete. Investimenti poi sui mercati finali in Italia e Spagna, per attività di digitalizzazione dei processi operativi di gestione della clientela. Infine Enel X si è concentrata in Italia nei business di e-City ed e-Home, in Nord America e Australia nel Battery Energy Storage, in Brasile nei business di Smart Lighting, e-Home e Distributed Energy, in Perù nel business dell’illuminazione pubblica, in Colombia nel business Distributed Energy e in Spagna nel business e-Home.

Enel è sinonimo di rinnovabili. Infatti la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, includendo anche i volumi da capacità gestita, è stata ampiamente superiore rispetto alla produzione da fonte termoelettrica, raggiungendo i 123,7 TWh (118,4 TWh nel 2021, +4,5%), a fronte di una produzione da fonte termoelettrica pari a 88,8 TWh (88,3 TWh nel 2021, +0,6%). La produzione a zero emissioni ha raggiunto inoltre il 61% della generazione totale del gruppo considerando unicamente la produzione da capacità consolidata, mentre è pari al 62,8% includendo anche la generazione da capacità gestita.

L’obiettivo a lungo termine del gruppo Enel – si legge in una nota stampa – resta il raggiungimento del ‘Net Zero’ entro il 2040, sia per le emissioni dirette sia per quelle indirette. Ma prima del 2040 c’è da rispettare il nuovo Piano Strategico per il periodo 2023-2025 presentato alla comunità finanziaria a novembre, che prevede “di focalizzarsi su una filiera industriale integrata verso un’elettrificazione sostenibile, di conseguire un riposizionamento strategico dei business e delle aree geografiche, e di assicurare la crescita e la solidità finanziaria coniugando l’incremento dell’utile netto ordinario con un rafforzamento delle metriche creditizie già a partire dal 2023”. Di conseguenza Enel prevede di investire complessivamente circa 37 miliardi di euro, di cui il 60% a sostegno della strategia commerciale integrata del gruppo (generazione, clienti e servizi), e il 40% a favore delle reti, per sostenere il loro ruolo di abilitatori della transizione energetica. Si prevede che nel 2025 l’Ebitda (margine lordo) ordinario di gruppo raggiunga i 22,2-22,8 miliardi di euro, rispetto ai 19,7 miliardi nel 2022. L’Utile netto ordinario è atteso in crescita a 7,0-7,2 miliardi nel 2025, rispetto ai 5,4 miliardi nel 2022. Nel 2023 Enel intanto prevede “il proseguimento della politica di investimenti nelle energie rinnovabili a supporto della crescita industriale e nell’ambito degli obiettivi di decarbonizzazione” e punta sulla “prosecuzione della politica di investimenti dedicati all’elettrificazione dei consumi”.

A 10 anni dall’elezione di Francesco nasce la prima Cer interreligiosa

A dieci anni dall’elezione al Soglio di Pietro del Papa più ecologista di sempre, nasce la prima comunità energetica interreligiosa d’Italia.

L’intesa è siglata tra la Pontificia Università Antonianum e il Centro Islamico Culturale D’Italia.

Il centro di riferimento del pensiero francescano nel mondo e l’ente che sovrintende la Grande Moschea di Roma diventeranno due strutture green, con energia rinnovabile da pannelli solari per l’auto e per l’etero consumo: l’eccesso di energia verrà infatti donato ai quartieri limitrofi, per chi ha più bisogno.

Un progetto condiviso di comunità energetica come primo esempio di collaborazione e sinergia tra le comunità di appartenenza: una prima opportunità concreta per l’Italia, innesco aperto alle nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto.

Sullo sfondo della chiamata a cui rispondono le due fedi, la costituzione apostolica di Francesco ‘Veritatis gaudium’, il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da Bergoglio e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, l’Enciclica ‘Fratelli Tutti‘.

Alla firma dell’accordo, c’erano John Puodziunas, economo generale dell’Ordine dei Frati Minori, l’Imam Nader Akkad, della Grande Moschea, Abdellah Redouane, Segretario Generale del Centro Islamico Culturale d’Italia, Massimo Fusarelli, ministro generale dei Frati Minori, Augustin Hernandez Vidales, rettore dell’Antonianum.

All’interno dell’intesa, c’è anche l’impegno a collaborare nella ricerca scientifica, nella realizzazione di conferenze e corsi di aggiornamento, nei programmi accademici, culturali, di sviluppo e di orientamento. Occorre “Unire intenti per fare sì che le idee accademiche confluiscano insieme per un cambio di paradigma – osserva il rettore dell’Antonianum, Hernandez Vidales –, desiderio auspicato dal Papa per il bene di tutto il mondo”.

Gas, Meloni punta a Israele. Netanyahu: “Esportazioni in Ue attraverso l’Italia”

Vincere insieme la sfida energetica. Dopo aver incontrato la comunità ebraica, al suo secondo giorno a Roma il premier israeliano Benjamin Netanyahu vede Giorgia Meloni e partecipa al Forum per le imprese organizzato dal ministro Adolfo Urso. Ne viene fuori un consolidamento della storica cooperazione bilaterale, che ha radici “profonde e solide“, ricorda Urso, ed è quasi coetanea alla Costituzione italiana e allo stato di Israele.

Sul fronte energetico, l’Italia vuole poter contare sui grandi giacimenti offshore del piccolo Stato ebraico: il Karish, poco a nord di Haifa, il Tamar, il Leviathan, che insieme hanno una riserva di gas stimata in 900 miliardi di metri cubi. In attesa del gasdotto EastMed, per esportarlo in Europa senza passare da altri Paesi, Netanyahu annuncia un condensatore, che permetta di trasformarlo in gas liquido e in modo da poter usare le navi. Il progetto di EastMed prevede circa 1.900 chilometri di tubi sottomarini da Israele alla Grecia, per collegarsi poi al tratto offshore del gasdotto Poseidon dalla Grecia a Otranto. “Il destino dell’Europa si gioca nel Mediterraneo“, osserva Urso. Nelle intenzioni, l’Italia con il Piano Mattei di Meloni diventerà l’hub del gas europeo, mentre Israele sarà uno dei fornitori non solo di gas, ma anche di idrogeno e punta di diamante per le tecnologie green. “Anche noi abbiamo delle riserve di gas che stiamo esportando e vorremmo accelerare ulteriormente le esportazioni verso l’Europa attraverso l’Italia“, spiega Netanyahu al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con la premier, ricordando “la partecipazione dell’Eni nel nostro progetto“.

Gli ambientalisti, però, protestano: “La scelta di Meloni di includere il gas tra i temi dell’incontro testimonia l’implacabile sete di gas del nostro governo che, con buona pace degli accordi di Parigi, continua a investire sulle fonti fossili e su infrastrutture pericolose per la pace e per il clima“, denuncia Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il governo è sempre più nemico del cima“, fa eco il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. “Giorgia Meloni con oggi ammazza le politiche sul clima trasformando l’Italia per i prossimi decenni in un Paese dipendente dal gas“. Per il deputato di Avs il progetto di EastMed “minaccia il clima e rischia di scatenare nuovi conflitti“.

Ma sul tavolo c’è anche un’altra questione, per la quale Israele può essere estremamente utile a tutta l’Europa: l’emergenza siccità. Lo stato è all’avanguardia nella gestione dell’acqua, da sempre tallone d’Achille della Mezzaluna: “Può servire in questo periodo di grandi cambiamenti climatici”, scandisce Urso. Nel 2009, lo Stato ebraico ha attraversato una crisi enorme, dalla quale è uscito, in particolare, con il riciclo delle acque e con tre impianti di desalinizzazione: “Saremmo felicissimi di condividere con voi questa esperienza”, è l’offerta del premier israeliano.

Sicurezza, energia, digitalizzazione, agricoltura, innovazione, transizioni, industria. Sono tanti i settori in cui la cooperazione può essere rafforzata: “Abbiamo condiviso la necessità di un nuovo incontro intergovernativo, su una decina di argomenti, che si terrà presto, in Israele“, fa sapere Meloni.

Al Forum per le imprese, c’erano i rappresentanti di oltre 50 tra aziende ed enti italiani che hanno interessi in Israele. Si è parlato di “naturale complementarietà“: la forte vocazione manifatturiera italiana ha bisogno dell’avanguardia delle tecnologie israeliane e viceversa. Sempre più aziende italiane partecipano a gare, pubbliche e private, nell’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica che ha finanziato oltre 200 progetti di interesse comune. “I nostri Paesi insieme possono indicare la strada da percorrere anche perché hanno sistemi economici e produttivi complementari, particolarmente congeniali per affrontare le nuove frontiere tecnologiche”, osserva Urso. Nel 2021, l’interscambio commerciale tra Italia e Israele si è attestato a 4 miliardi di euro, con esportazioni italiane pari a 3,1 miliardi (+25,9%) e importazioni pari a 910 milioni di euro.

Accordo Ue su efficienza energetica, risparmi dell’11,7% al 2030

Dopo 16 ore di negoziati (iniziati ieri alle 14), Parlamento europeo e Consiglio Ue hanno raggiunto un accordo sulla revisione della direttiva efficienza energetica, fissando l’obiettivo di ridurre il consumo finale di energia a livello dell’Ue dell’11,7% nel 2030, rispetto alle previsioni del consumo energetico per il 2030 formulate nel 2020. La revisione della direttiva è parte centrale del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, in cui la Commissione europea aveva proposto nel 2021 un obiettivo di risparmio energetico del 9%, poi aumentato al 13% a maggio scorso, nel piano ‘REPowerEU’ nel tentativo di abbandonare più rapidamente i combustibili russi. “Ora disponiamo di un solido quadro Ue per aiutarci a decarbonizzare completamente l’economia. L’efficienza energetica non è un costo, piuttosto un investimento per il futuro“, ha scritto su twitter la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson

L’obiettivo da raggiungere collettivamente del l’11,7% – spiega una nota del Consiglio – si traduce in un limite massimo al consumo energetico finale dell’Ue (ovvero l’energia consumata dagli utenti finali) di 763 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e di 993 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio per il consumo primario. Tutti gli Stati membri contribuiranno al raggiungimento dell’obiettivo generale dell’Ue attraverso contributi e traiettorie nazionali indicativi, stabiliti nei rispettivi piani nazionali integrati per l’energia e il clima (PNEC), che dovranno essere aggiornati per il 2023 e il 2024. Sarà la Commissione europea a calcolare se tutti i contributi si sommano all’obiettivo dell’11,7% e, in caso contrario, apporterà rettifiche ai contributi nazionali inferiori.

L’intesa prevede inoltre un aumento graduale dell’obiettivo di risparmio energetico annuale per il consumo finale di energia dal 2024 al 2030. Gli Stati membri assicureranno nuovi risparmi annuali dell’1,49% del consumo finale di energia in media durante questo periodo, raggiungendo gradualmente l’1,9% il 31 dicembre 2030. Previsto inoltre un obbligo specifico per il settore pubblico di ottenere una riduzione annuale del consumo energetico dell’1,9% che possa escludere i trasporti pubblici e le forze armate. Inoltre, gli Stati membri sarebbero tenuti a rinnovare ogni anno almeno il 3% della superficie totale degli edifici di proprietà di enti pubblici. L’accordo politico provvisorio deve essere formalmente approvato da entrambe le istituzioni, prima dell’entrata in vigore.

Eni spinge sulla fusione nucleare con il Mit: accordo per accelerare

Eni spinge sulla fusione nucleare e lo fa in collaborazione con il Mit. O meglio, con il Csf (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del Massachusetts Institute of Technology. L’obiettivo dell’accordo è quello di accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione. Eni ha investito per la prima volta in Cfs nel 2018 e ne è azionista strategico. Questo accordo rafforza la partnership tra le due società, unendo l’esperienza ingegneristica e di project management di Eni ad una serie di progetti a supporto di CFS, e lo sviluppo e distribuzione dell’energia da fusione su scala industriale.

Intanto, i progetti vanno avanti. E Sparc, che punta ad essere il primo impianto pilota a confinamento magnetico al mondo a produzione netta di energia da fusione, è in costruzione e sarà operativo entro il 2025. Si prevede che Sparc, a sua volta, farà da banco di prova per lo sviluppo di Arc: la prima centrale elettrica industriale da fusione in grado di immettere elettricità in rete, che dovrebbe essere operativa nei primi anni del 2030. Proprio Arc è al centro dell’accordo siglato, con l’obiettivo di lavorare insieme per accelerare lo sviluppo industriale, una serie di progetti attualmente in fase di sviluppo che includono supporto operativo e tecnologico, esecuzione progettuale attraverso la condivisione di metodologie mutuate dall’industria energetica, nonché rapporti con gli stakeholder. Per Eni la fusione a confinamento magnetico occupa un ruolo centrale tra le tecnologie per la decarbonizzazione in quanto potrà in prospettiva consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia a zero emissioni e con un processo sicuro e virtualmente illimitato, cambiando per sempre il paradigma della generazione energetica.

Vedremo realizzata la prima centrale elettrica di CFS basata sulla fusione a confinamento magnetico all’inizio del prossimo decennio, avendo poi davanti a noi quasi vent’anni per diffondere la tecnologia e raggiungere gli obiettivi di transizione energetica al 2050. Questo vorrà dire disporre a livello industriale di una tecnologia in grado di fornire grandi quantità di energia senza alcuna emissione di gas serra prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile fornendo un contributo sostanziale alla transizione energetica. Per questo siamo di fronte a una potenziale svolta tecnologica epocale”, ha commentato l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. “Da diversi anni – ha aggiunto – Eni sta ponendo la leadership tecnologica, con un approccio di neutralità e diversificazione, alla base del proprio percorso di decarbonizzazione. Consapevoli del grande valore strategico di questa tecnologia e della solidità di CFS, fin dal 2018 Eni ha investito nella società ed è stata la prima azienda energetica ad impegnarsi concretamente in questo settore. Oggi rafforziamo ulteriormente questa collaborazione con le nostre competenze ed esperienza con l’obiettivo di accelerare il più possibile il percorso di industrializzazione della fusione”.

Italgas

Italgas supera le aspettative: nel 2022 ricavi a 1,5 mld. Gallo: Gruppo è solido

Italgas supera le aspettative. I conti del 2022 battono le attese degli analisti. I ricavi totali nella configurazione adjusted, ammontano a 1,5 miliardi di euro, in aumento di 166,5 milioni di euro rispetto al 2021 (+12,1%). L’EBITDA adjusted a fine 2022 ammonta a 1.082,7 milioni di euro (+7,3% rispetto 31 dicembre 2021) e l’utile netto adjusted attribuibile al Gruppo è pari a 395,7 milioni di euro (+7,6% rispetto 31 dicembre 2021).

I risultati consolidati sono stati approvati dal Consiglio di Amministrazione, riunitosi sotto la presidenza di Benedetta Navarra, che ha deliberato di proporre all’Assemblea degli Azionisti, convocata per il 20 aprile 2023, la distribuzione di un dividendo di 0,317 euro per azione (+7,5% rispetto al 2021). Italgas, però, nel 2022 ha anche investito molto, soprattutto nella trasformazione digitale, nella metanizzazione della Sardegna e nel repurposing delle reti per abilitarle alla distribuzione di gas rinnovabili: nell’immediato biometano e nel medio periodo idrogeno e metano sintetico. Sono stati 814,3 i milioni di euro investiti. Quello della digitalizzazione rete è un tema caro all’amministratore delegato Paolo Gallo, che spiega come il network è già “pronto ad accogliere gas rinnovabili come il biometano, già in rete, e l’idrogeno e il metano sintetico che lo saranno nel medio periodo. Con particolare attenzione al biometano, Italgas sta investendo per favorire l’allacciamento degli impianti di produzione alle reti di distribuzione, introducendo la tecnologia del reverse flow verso il network del trasporto al fine di aumentare ulteriormente la flessibilità del sistema gas”. Nel 2022 sono stati posati 332 km di nuove condotte in tutta Italia. La realizzazione di nuove reti ‘native digitali’ in Sardegna ha, invece, raggiunto un’estensione complessiva di 909 km su un totale da realizzare di circa 1.110 km e sono stati messi in servizio 13 nuovi depositi criogenici di GNL per un totale di 66 impianti al servizio dei Bacini in concessione.

Risultati che, secondo l’amministratore delegato Paolo Gallo, “sono l’ulteriore prova della grande solidità di un Gruppo capace di continuare a crescere in un contesto condizionato dal forte incremento dei costi delle materie prime e dalla necessità di centrare gli obiettivi di sicurezza energetica per il Paese”.

Una parte dei risultati, Italgas la dedica a snocciolare i numeri in generale dell’impatto ambientale e dell’apporto di emissioni di gas ad effetto serra del Gruppo. E, anche qui, i i dati sono positivi. Le emissioni infatti, nel 2022 rispetto al 2021, sono calate del 12,1%, principalmente grazie alla riduzione delle emissioni fuggitive (-10%) grazie ai minori tempi di localizzazione ed eliminazione delle dispersioni stesse.