Pichetto Fratin: “La volontà fondamentale è quella di tenere unita l’Europa”

“La volontà fondamentale è quella di tenere unita l’Europa”. Così Gilberto Pichetto Fratin, ministro della Transizione ecologica, dopo il Consiglio Energia a Bruxelles.

Pichetto Fratin: “Tetto al prezzo del gas evita le fiammate viste nei mesi scorsi”

“Il tetto al prezzo del gas evita le fiammate viste nei mesi scorsi”. Così Gilberto Pichetto Fratin, Ministro della transizione ecologica, dopo il Consiglio Energia che si è svolto a Bruxelles.

Digitalizzare il settore edile Ue per spingere sostenibilità ed efficienza

La digitalizzazione al centro della transizione verde e dell’efficienza energetica dell’industria europea. Tra Green Deal europeo e Next Generation Eu non è più una novità, ma ciò che si sta profilando all’orizzonte per le istituzioni comunitarie è la necessità di spingere in maniera significativa sull’uso dei dati generati dai diversi comparti industriali, per sfruttare appieno le potenzialità della transizione digitale. Ecco perché la Commissione Ue sta lavorando alla creazione di uno spazio europeo dei dati delle costruzioni, con l’obiettivo di aumentare la portata dei “percorsi di transizione” per affrontare la questione dell’impatto ambientale del settore edile.

È quanto emerge dal documento di lavoro dei servizi dell’esecutivo comunitario Scenari per un percorso di transizione verso un ecosistema edilizio resiliente, più verde e più digitale, che come riporta Euractiv ha aperto la strada verso la pubblicazione della versione finale nel primo trimestre del 2023. L’importanza del settore edile per l’economia del Mercato Unico emerge da alcuni dati evidenziati nel documento: l’ecosistema delle costruzioni industriali impiega circa 24,9 milioni di persone e fornisce un valore aggiunto di oltre un miliardo di euro (quasi un decimo del totale Ue). Tuttavia il settore è estremamente frammentato e dominato dalle micro e piccole imprese, pari al 99,9 per cento (5,3 milioni), che rappresentano il 90 per cento dell’occupazione. Ecco perché, per affrontare i problemi legati all’inefficienza della frammentazione del mercato – ma anche alla mancanza di manodopera qualificata, all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia e all’impatto ambientale – la chiave può essere proprio l’implementazione di uno spazio europeo dei dati industriali.

“La digitalizzazione è un mezzo, un fattore abilitante per ottenere un ambiente costruito migliore per il pianeta e per le persone”, precisa il documento della Commissione, sottolineando un altro fattore significativo: “È importante analizzare il ruolo della digitalizzazione per l’ecosistema industriale e per i processi di costruzione, piuttosto che la digitalizzazione dell’edificio stesso” – vale a dire edifici intelligenti ad alta efficienza energetica – dal momento in cui “la digitalizzazione trasforma l’intero ecosistema, portando all’efficienza dei processi, al supporto della circolarità, alla certificazione e alla tracciabilità”. In altre parole, lo spazio europeo dei dati nel settore edile potrebbe rappresentare il fattore di svolta per aumentare sostenibilità ed efficienza energetica in fase di progettazione e costruzione, affrontando le conseguenze della guerra russa in Ucraina sulle catene di approvvigionamento globale e senza stravolgere un mercato europeo frammentato.

Per fare tutto questo, l’esecutivo comunitario ha iniziato a definire nel proprio documento di lavoro le modalità per sfruttare l’enorme mole di dati prodotti dal settore delle costruzioni. La priorità è proprio “sostenere la creazione di uno spazio europeo dei dati sulle costruzioni” attraverso “prossimi programmi di finanziamento e altri database (per esempio, sulle prestazioni energetiche)”. A questo si aggiunge la promozione di “strumenti e protocolli europei per la condivisione, l’uso e l’organizzazione dei dati” – come i registri digitali degli edifici, i certificati di prestazione energetica (Epc) e i passaporti di ristrutturazione degli edifici (Brp) e l’indicatore di prontezza intelligente (Isr) – sfruttandone il potenziale “per realizzare la transizione verde e climatica”. Si potranno anche sfruttare i dati forniti dai programmi spaziali Ue (Copernicus e Galileo) “per il rilevamento precoce e il monitoraggio remoto dei cantieri o con un rilievo accurato delle costruzioni”.

Price cap, vittoria italiana ma non bisogna abbassare la guardia

Finalmente, dopo più di sei mesi di tira e molla, il price cap è realtà. Sopra il 180 euro a megawattora, scatterà (da febbraio) un meccanismo protettivo in grado di mettere al riparo imprese e famiglie da ulteriori sacrifici e creare un argine alla crisi energetica. La ratifica a livello europeo è stata salutata dal governo di Giorgia Meloni come una battaglia vinta perché, in effetti, tante sono state le resistenze da piegare tra i 27 che alloggiano a Bruxelles, in particolare Germania e Olanda, i meno teneri con noi e con gli altri.

Un successo italiano che porta anche la ‘griffe’ di Mario Draghi. L’ex premier, infatti, è stato il primo a insistere – assieme all’allora ministro Roberto Cingolani – sulla necessità di fissare un tetto al prezzo del gas. Non stupisce che al Cremlino l’abbiano presa malissimo e non dovrà stupire se, nelle prossime settimane, Vladimir Putin metterà in atto delle strategie ritorsive. Fa tutto parte di una storia abbastanza prevedibile. L’angosciante vicenda del gasdotto Nord Stream deve essere di insegnamento. Aver vinto, per citare la presidente del Consiglio e il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, non significa abbassare la guardia sul gas e, più in generale, sulla situazione energetica. Che resta ad altissimo rischio per una serie di congiunture negative. O, comunque, non positive.

Senza esagerare, la medaglietta del successo in chiave europea va giustamente appuntata al petto: è stato un braccio di ferro, quello italiano. E’ stata la goccia che, alla fine, ha scavato la pietra. Da un rinvio all’altro, da un proposito all’altro, da un discorso all’altro della presidente Ursula von der Leyen, si era persa la speranza che davvero potesse accadere qualcosa di positivo. L’Europa è stata sorda per tanti mesi, incapace di trovare un punto di gravità permanente, scossa dai ricatti della Russia e dagli interessi di ciascuno. Poi però ha ritrovato il senno e il senso di un operare comune. Così Bruxelles ha ritrovato la sua compattezza, così Bruxelles ha ritrovato la sua credibilità. Ma adesso dovrà trovare pari solidità per non prendere paura di fronte alle ripicche di Mosca. Facile a dirsi, più difficile a farsi.

Nel caso, dovrà essere di nuovo l’Italia la capofila del buonsenso. L’abbiamo fatto, possiamo eventualmente rifarlo.

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Price cap gas, l’Ue trova l’accordo: scatterà sopra i 180 euro/MWh

Accordo. Quasi otto ore dopo l’avvio dei lavori del Consiglio Ue a Bruxelles, i ministri dell’energia hanno raggiunto nel pomeriggio un’intesa politica per fare entrare in vigore da febbraio 2023 un meccanismo di correzione del mercato in caso di picchi di prezzo del gas, il ‘price cap’ tanto richiesto dai governi Ue quanto divisivo e a lungo rimandato.

L’accordo politico sul tetto al prezzo del gas ha permesso ai ministri di sbloccare oggi anche il via libera ufficiale ad altri due regolamenti di emergenza rimasti in ostaggio del Consiglio per il mancato accordo sul tetto al prezzo del gas: il regolamento per l’accelerazione delle autorizzazioni delle energie rinnovabili (proposto il 9 novembre) e il pacchetto anti caro-energia, che include acquisti congiunti di gas, il nuovo benchmark per il Gnl e le misure di solidarietà tra Stati membri (datato 18 ottobre). Dopo molte difficoltà e riunioni infruttuose, i ministri lasciano Bruxelles con un’intesa politica per attivare automaticamente il ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporaneamente: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi.

Queste le due condizioni (‘trigger’) per attivare il meccanismo vero e proprio di correzione del mercato (che si attiverà in automatico con solo un “avviso di correzione del mercato” da parte dell’agenzia Acer), che avrà invece una componente dinamica, come richiesto da alcuni Paesi come l’Italia. Una volta soddisfatte le condizioni e attivato il meccanismo, in sostanza non saranno consentite transazioni sul gas al sopra di un cosiddetto “limite di offerta dinamica“, che si definisce come il prezzo di riferimento calcolato sulla base degli indici globali dei prezzi del Gnl, più un massimo di 35 euro/MWh. L’intesa prevede però che se il prezzo di riferimento del GNL è sotto ai 145 euro, il limite di offerta dinamica rimarrà comunque pari alla somma di 145 euro e 35 euro (per arrivare alla soglia di 180). Disattivazione e sospensione: Una volta attivato, il limite dell’offerta dinamico sarà applicato per almeno 20 giorni lavorativi, ma con la possibilità di disattivarlo o sospenderlo in ogni momento attraverso due procedure diverse. Quando il limite di offerta dinamica è inferiore a 180 euro/MWh per tre giorni lavorativi consecutivi, verrà automaticamente disattivato, così come di fronte a un’emergenza regionale o dell’intera Ue dichiarata dalla Commissione europea (ad esempio, in caso di razionamento del gas). Di fronte a rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la stabilità finanziaria, i flussi di gas all’interno dell’UE o rischi di aumento della domanda di gas, invece alla Commissione europea resta il potere di adottare un decisione di esecuzione e sospendere il meccanismo di correzione del mercato nell’immediato.

L’accordo raggiunto a fatica a Bruxelles è salutato dall’Ue con molta soddisfazione. Per il ministro ceco per il commercio e l’industria, Jozef Síkela, che ha presieduto la riunione in veste di presidente di turno l’accordo è un “bilanciato compromesso tra due fazioni opposte: da un lato, abbiamo concordato su un meccanismo efficace che proteggerà i cittadini e le imprese dagli eccessi che abbiamo visto quest’estate; dall’altro, abbiamo assicurato salvaguardie per far sì che il mercato europeo resti attrattivo per i fornitori di gas“. Per la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, le decisioni adottate oggi consentiranno all’UE “di prepararsi per il prossimo inverno in modo più efficace e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili“, ha scritto in un tweet.

Da Mosca, la reazione è stata tutto meno che di soddisfazione. “L’accordo dei ministri Ue sul tetto al prezzo del gas è inaccettabile”, ha riferito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, spiegando che l’intesa “è contraria ai principi di mercato“. Si tratta di “una violazione del processo di determinazione dei prezzi di mercato, un’invasione del processo di mercato, qualsiasi riferimento al massimale non può essere accettabile“, ha detto Peskov. Ci vorrà del tempo, ha detto, per “soppesare a fondo i pro e i contro” per elaborare una risposta adeguata da parte della Russia. Per il ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, invece si tratta di una vittoria su tutta la linea e le “reazioni della Russia sono la dimostrazione che questo tetto serve ed è efficace”.

 

emissioni industriali

Intesa Ue sulla riforma Ets, nasce il Fondo sociale clima da 86 mld

Dopo trenta ore di discussione, i negoziatori dell’Unione europea hanno raggiunto domenica mattina presto un accordo per riformare il sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue (l’Ets – Emission Trading System), il mercato europeo del carbonio, sbloccando anche l’intesa per creare un Fondo sociale per il clima per ammortizzare i costi della transizione e finalizzando i dettagli rimasti da definire per l’entrata in vigore della tassa sul carbonio alle frontiere.

I negoziatori dell’Eurocamera e del Consiglio, con la mediazione della Commissione Ue, hanno iniziato venerdì pomeriggio una vera e propria maratona negoziale (a Bruxelles viene chiamato ‘trilogo jumbo’) per chiudere una volta per tutte la partita su tre dei dossier più importanti del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, il piano presentato a luglio 2021 per abbattere le emissioni di CO₂ del 55 per cento entro il 2030: la revisione del sistema di scambio di quote di emissioni dell’Ue (l’Ets), il fondo sociale per il clima e le parti ‘mancanti’ dell’accordo trovato la scorsa settimana sul meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (CBAM).

Il mercato europeo del carbonio è operativo dal 2005 e copre il settore energetico, industriale e i voli commerciali dentro l’Ue, obbligando poco più di 10mila centrali elettriche e fabbriche ad alta intensità energetica (come l’acciaio o la chimica) a comprare un permesso per ogni tonnellata di CO₂ emessa, come disincentivo finanziario per far inquinare di meno: meno inquini, meno paghi. Finora ha coperto circa il 40 per cento di tutte le emissioni dell’Ue. Il mercato si fonda su un numero assoluto di certificati di carbonio, che devono essere acquistati all’asta e possono quindi essere scambiati dai partecipanti al mercato, creando un prezzo per la CO₂ (che attualmente si aggira a 85 euro per tonnellata). Il sistema conserva un numero annuale di permessi che vengono assegnati gratuitamente alle industrie, per non svantaggiarle troppo.

Con il sistema attuale, le emissioni di CO₂ nei settori coperti dall’Ets dovrebbero diminuire del 43 per cento entro il 2030, per questo la Commissione Ue ha promosso una revisione per portare ad aumentare il target. L’accordo raggiunto nella notte tra i colegislatori i settori coperti dovranno ridurre le proprie emissioni del 62 per cento rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, un aumento significativo rispetto all’attuale ambizione. Parte centrale della riforma Ets sarà la creazione di un secondo mercato del carbonio separato per gli edifici e il trasporto su strada (ETS2), che sarà operativo dal 2027 con un prezzo del carbonio limitato a 45 euro fino al 2030. La creazione del secondo Ets sarà accompagnata da un Fondo sociale per il clima da 86,7 miliardi di euro da mobilitare tra 2026 e 2032 finanziato con parte delle entrate di questo secondo mercato del carbonio, pensato per ammortizzare i costi per le famiglie di questa rivoluzione dell’Ets. Punto centrale nei negoziati è stata la tempistica e la traiettoria per ridurre gradualmente le quote gratuite che ancora vengono conservate nel mercato del carbonio, preservando la competitività delle industrie e in attesa dell’entrata in vigore della tassa sul carbonio alle frontiere (che in maniera speculare all’Ets tasserà le emissioni dei beni che vengono importati nell’Ue). In base all’accordo, quasi la metà (48,5 per cento) delle quote gratuite nell’Ets sarà annullata entro il 2030, mentre saranno completamente eliminate entro il 2034 in contemporanea all’entrata in attività della tassa sul carbonio ai confini dell’Ue – che applicherà inizialmente a ferro e acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno -, pensata per scoraggiare la tendenza delle imprese a delocalizzare la produzione dove i vincoli climatici sono meno stringenti.

A partire dal 2024 saranno monitorate anche le emissioni derivanti dall’incenerimento dei rifiuti, per essere incluse nel mercato di emissioni dal 2028. Tuttavia, gli Stati membri hanno la possibilità di posticipare l’applicazione al 2030 dopo una dichiarazione. L’accordo prevede inoltre che maggiori fondi siano stanziati per tecnologie innovative, attraverso l’Ets: il Fondo per l’Innovazione passerà dagli attuali 450 a 575 milioni di quote; mentre il Fondo per la modernizzazione sarà aumentato mettendo all’asta un ulteriore 2,5 per cento di quote che sosterranno i paesi dell’Ue con un PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media dell’UE. Gli Stati saranno ora obbligati a spendere tutte le entrate nazionali derivanti dalla vendita all’asta delle quote Ets per attività legate al clima.

Il secondo Ets per edifici e dei trasporti – su cui, nei mesi, si sono riversate le principali preoccupazioni di entrambi i colegislatori – sarà introdotto a partire dal 2027, con un prezzo limitato a 45 euro fino al 2030. Per ammortizzare i costi sociali di questo secondo Ets, un anno prima (nel 2026) nascerà il Fondo sociale per il clima (‘Climate Social Fund), con cui nel periodo 2026-2032 circa 86,7 miliardi di euro saranno assegnati all’azione sociale per il clima che va dalla ristrutturazione degli alloggi sociali al sostegno diretto al reddito. La Commissione europea proponeva un fondo da 72,2 miliardi di euro per sette anni (2025-2032), di cui quasi 8 miliardi sarebbero andati all’Italia in quanto terzo beneficiario. I negoziatori si sono accordati su una clausola per cui se i prezzi dell’energia (petrolio e gas) sono superiori a 99 euro, il nuovo Ets non sarà introdotto nel 2027, ma solo un anno dopo. Per ricevere i finanziamenti, gli Stati membri dovranno presentare a Bruxelles dei ‘Piani per il clima sociale’, previa consultazione con le autorità locali e regionali, le parti economiche e sociali e la società civile.

Prima che possa entrare in vigore, l’accordo dovrà essere approvato singolarmente da Parlamento e Consiglio, quindi non prima dell’inizio 2023. L’intesa è però stata salutata da molti come un passo fondamentale nei negoziati in corso a Bruxelles sull’ambizioso ‘Fit for 55’ e sarà di certo ricordato come uno dei traguardi più importanti dell’attuale presidenza della Repubblica ceca alla guida semestrale dell’Ue. “L’accordo è una vittoria per il clima e per la politica climatica europea e ci consentirà di raggiungere gli obiettivi climatici nei principali settori dell’economia, assicurandoci al tempo stesso che i cittadini e le microimprese più vulnerabili siano efficacemente supportati nella transizione climatica”, ha sottolineato Marian Jurečka, ministro dell’ambiente ceco.

L’Italia leader del riciclo rifiuti in Europa: è il Paese più virtuoso

E’ un primato tutto italiano quello sul riciclo di rifiuti. Dal 1997 – anno in cui è cominciata la riforma del settore – a oggi il nostro Paese ha fatto un enorme balzo in avanti, tanto da diventare il primo in Europa per la percentuale di rifiuti riciclati che, nel 2020, ha raggiunto il 72%. Un dato decisamente superiore alla media europea, che è appena del 52%, e che fa segnare un grande distacco anche dalla Germania (55%), dalla Spagna (49%), dalla Francia (48%) e dalla Polonia (27%). E’ quanto emerge dal Rapporto ‘Il Riciclo in Italia 2022’, realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile e presentato in occasione della Conferenza Nazionale dell’Industria del Riciclo.
Nel 1997 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani era solo del 9,4% e l’80% della spazzatura finiva in discarica. I dati oggi sono decisamente positivi anche sul fronte dei rifiuti industriali: 25 anni fa se ne riciclava il 21% e il 33% era destinato alla discarica, mentre nel 2020 il recupero è salito al 70% e lo smaltimento in discarica è sceso al 6%. Anche per la gestione dei rifiuti d’imballaggio l’Italia è un’eccellenza europea, con più di 10,5 milioni di tonnellate avviate a riciclo, con un tasso pari al 73,3% nel 2021, superiore non solo al target europeo del 65% al 2025 ma, con 9 anni di anticipo, anche al target europeo del 70% al 2030.
Questo cambiamento nella gestione di rifiuti, spiega il rapporto, “ha alimentato la crescita dell’industria italiana del riciclo, diventata un comparto rilevante e strategico del sistema produttivo nazionale” che conta 4.800 imprese, 236.365 occupati, genera un valore aggiunto di 10,5 miliardi (aumentato del 31% dal 2010 al 2020) e che produce ingenti quantità di materiali riciclati. Si tratta di 12milioni e 287 mila tonnellate di metalli, in gran parte acciaio, di 5 milioni e 213 mila tonnellate di carta e cartone, di 2 milioni 287 mila tonnellate di pannelli di legno truciolare. E, ancora, di 2 milioni e 229 mila tonnellate di vetro riciclato, di un milione e 734 mila tonnellate di compost e 972 mila tonnellata di plastica riciclata. Nel complesso la produzione di materiale riciclato è aumentata del 13,3% tra il 2014 e il 2020.
Il settore del riciclo, pilastro fondamentale di un’economia circolare – spiega Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – è strategico per non sprecare risorse preziose, per non riempire il Paese di discariche, per recuperare materiali utili all’economia e ridurre le emissioni di gas serra”. Per questo, è il suo ragionamento, in un momento di congiuntura economica negativa “servono misure incisive per rafforzare la domanda di MPS, le materie prime seconde prodotte col riciclo e interventi strutturali per affrontare il forte aumento dei costi dell’energia che per l’industria del riciclo costituiscono la quota maggiore dei costi di produzione”.

Von der leyen

Intesa Ue sui nuovi capitoli Pnrr per indipendenza energetica

Intesa Ue per aggiornare i piani di ripresa e resilienza con capitoli aggiuntivi dedicati a centrare gli obiettivi del ‘REPowerEU’, il piano presentato a maggio scorso per affrancare l’Unione dai combustibili fossili russi.

Dopo neanche sette mesi dalla proposta della Commissione, i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo hanno raggiunto nella notte un accordo provvisorio sul ‘REPowerEU’, per dare modo agli Stati membri di aggiungere un nuovo capitolo dedicato a centrare gli obiettivi di indipendenza energetica (ad esempio, aumentare l’efficienza energetica negli edifici e nelle infrastrutture energetiche critiche o aumentare la produzione di biometano sostenibile) ai loro piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) varati nel quadro del fondo di ripresa Next Generation Eu.

Accolgo con favore l’accordo politico sul REPowerEu. Mentre l’Europa sta voltando le spalle al gas russo, REPowerEU è il nostro piano per garantire un futuro di energia pulita. Questo accordo sblocca risorse significative per implementare il nostro piano, a beneficio dell’intera Ue”, ha salutato l’accordo in un tweet la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

L’intesa tra colegislatori – che deve essere formalizzata da entrambe le istituzioni – chiarisce come il piano dovrebbe essere finanziato. Nell’idea della Commissione Europea, il piano dovrà essere finanziato con quasi 300 miliardi di euro, di cui circa 72 miliardi in sovvenzioni che arriveranno in sostanza dalla possibilità concessa ai governi (facoltativa) di dirottare fino a 26,9 miliardi di euro dai fondi di coesione e fino a 7,5 miliardi di euro dalla Politica agricola comune (Pac).

Le uniche sovvenzioni fresche in senso proprio saranno 20 miliardi di euro che colegislatori dell’Ue hanno deciso di finanziare per il 60% con risorse dal Fondo per l’innovazione (12 miliardi di euro) e per il 40% dall’anticipazione delle quote del mercato del carbonio, il sistema Ets (8 miliardi), che oggi sono ferme nella riserva di stabilità del mercato.

Tutte queste risorse saranno in maniera obbligatoria vincolate, spiegano fonti comunitarie, all’attuazione del capitolo aggiuntivo al PNRR che tutti gli Stati membri dovranno redigere per l’attuazione del REPower. Quanto alla chiave di ripartizione dei fondi – spiega una nota del Consiglio – sarà una formula che terrà conto della politica di coesione, della dipendenza degli Stati membri dai combustibili fossili e dell’aumento dei prezzi degli investimenti.

Gli Stati membri avranno la possibilità di trasferimenti volontari dalla Riserva di aggiustamento della Brexit. Oltre alle sovvenzioni, la proposta della Commissione punta a mettere a disposizione i 225 miliardi di euro di prestiti non spesi dai governi dal ‘Next Generation Eu’ e redistribuirli tra i governi. Per ora non è possibile fare un calcolo preciso di quante risorse potrebbero spettare all’Italia. Dopo l’entrata in vigore del regolamento (presumibilmente da gennaio) i governi avranno trenta giorni di tempo per dichiarare se intendono utilizzare la loro quota di prestiti non utilizzati. Una volta avanzate tutte le richieste, Bruxelles potrà calcolare quanti di questi 225 miliardi di prestiti potranno essere finalmente utilizzati allo scopo. L’Italia, che ha già usato tutti i prestiti del Recovery, potrebbe usufruire di 2,7 miliardi dalla quota dei 20 miliardi di euro di fondi aggiuntivi e per ora è l’unica cifra definita. Inoltre, l’accordo prevede che gli Stati membri che dispongono di fondi di coesione non spesi del precedente quadro finanziario pluriennale (2014-2020) avranno la possibilità di utilizzarli per sostenere le PMI e le famiglie vulnerabili particolarmente colpite dagli aumenti dei prezzi dell’energia. Secondo la Commissione Ue i fondi non spesi per l’esercizio finanziario 2014-2020 potrebbero arrivare fino a 40 miliardi di euro.

Al via Consiglio Ue tra price cap e fondo di sovranità industriale

Dal tetto al prezzo del gas, al fondo di sovranità per finanziare con risorse comunitarie l’industria europea. I 27 capi di stato e governo dell’Ue si riuniscono oggi a Bruxelles in un Vertice europeo – il primo di Giorgia Meloni da premier dell’Italia e l’ultimo dell’anno – in cui i temi in agenda sono tanti, ma sulla maggior parte dei quali non c’è interesse da parte dei leader a intavolare negoziati lunghi e difficili.

A partire dall’energia e dal tetto al prezzo del gas che tanto divide i governi. Dal momento che i ministri europei dell’energia non sono riusciti ieri a trovare un’intesa sul cosiddetto ‘price cap’, i capi di stato e governo affideranno alle conclusioni del Vertice europeo solo l’invito ai ministri a concludere un accordo lunedì 19 dicembre al Consiglio energia. E’ quanto si è appreso a Bruxelles da fonti diplomatiche, alla vigilia del Vertice europeo che avrà luogo nella capitale belga. I leader dell’Ue discuteranno della questione, ma a quanto si apprende, non c’è interesse ad affrontarla in maniera approfondita dal momento che i negoziati continuano a livello politico bilaterale e a livello di capitali in vista del Consiglio Energia di lunedì. Sono i dettagli tecnici che mancano, perché c’è un’intesa di massima sull’impianto generale del meccanismo di correzione del mercato.

Secondo fonti diplomatiche una discussione però si terrà, dovrebbe essere sollevata insoddisfazione generale da parte dei Paesi più favorevoli al tetto sullo “scopo” e sulla soglia oltre la quale fare attivare il ‘cap’, che restano i nodi da sciogliere: quanto alla soglia, i Paesi più favorevoli al tetto – l’Italia e altri 14 Stati membri – insistono per “scendere simbolicamente” sotto la soglia dei 200 euro/Megawattora (la richiesta originaria della Commissione Ue era 275 euro/MWh) mentre sullo “scopo” del meccanismo, i Paesi chiedono di estendere il ‘cap’ non solo al TTF di Amsterdam ma anche ad altri mercati. Sull’estensione ad altri mercati ci sono ancora varie resistenze, anche da Paesi come la Francia. Nella sostanza, al Vertice Ue non si aspettano negoziati lunghi sul tetto al prezzo del gas ma “verrà ribadita la necessità di chiudere la questione” lunedì al Consiglio energia.

La premier Meloni si è già detta decisa a portare la questione sul tavolo del Consiglio europeo. “Immagino che la questione a questo punto sia portata al Consiglio europeo di domani, o comunque la porteremo noi“, ha affermato in fase di replica al Senato dopo le Comunicazione in vista del Consiglio europeo. “E’ un errore l’incapacità dell’Europa, in tempi rapidi, di trovare una soluzione efficace sulla vicenda energetica”. Nonostante le intenzioni di Meloni, fonti riferiscono che da parte dei maggiori Paesi Ue non c’è interesse ad aprire la questione nel dettaglio.

I leader discuteranno inoltre l’idea annunciata dalla presidente della Commissione europea di lanciare un fondo di sovranità europea per l’industria, da finanziare con risorse comuni. Pochi ancora i dettagli, ma da quanto ha scritto von der Leyen in una lettera indirizzata ai 27, l’idea sarebbe quella di sfruttare la revisione intermedia del bilancio pluriennale (2021-2027) per avanzare una proposta concreta. Un’esigenza diventata più urgente, spiega von der Leyen, da quando gli Stati Uniti hanno presentato la legge contro l’inflazione, l’Inflation reduction act (Ira), che secondo Bruxelles ha il rischio di penalizzare le imprese europee. Contestualmente, a gennaio la Commissione Ue dovrebbe presentare anche un nuovo quadro di aiuti di stato per accelerare la transizione verde. Soprattutto il tema dei finanziamenti del fondo con risorse comuni potrebbe creare attriti tra le capitali, anche se non formalmente nell’agenda dei leader.

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Ue, Consiglio pronto al negoziato col Parlamento su eco-crimini

Nuovi reati e soprattutto nuove pene, in nome dell’ambiente. Il Consiglio dell’Ue ha approvato la posizione per direttiva sulla criminalità ambientale, e può procedere adesso al negoziato inter-istituzionale con il Parlamento. I 27 Stati membri sostengono il principio per cui il patrimonio faunistico e floreale dell’Ue vada protetto e, in caso di azioni che lo compromettano, rendere indagini più snelle per una migliore certezza della pena.

Una delle principali novità è l’armonizzazione a livello europeo delle sanzioni persone fisiche e, per la prima volta, giuridiche. Nel caso di persone fisiche si prevede la reclusione non inferiore a dieci anni per i delitti colposi che causano la morte di chiunque; reclusione fino a cinque anni per i delitti commessi con “negligenza almeno grave” che cagiona la morte di chiunque. Prevista poi reclusione massima di cinque anni per gli altri reati dolosi. Nel caso delle persone giuridiche, invece, il testo prevede per i reati più gravi una sanzione pecuniaria massima non inferiore al 5% del fatturato mondiale complessivo della persona giuridica, o in alternativa 40 milioni di euro.

Per tutti gli altri reati scatterà una sanzione pecuniaria non inferiore al 3% del fatturato mondiale complessivo della persona giuridica, o in alternativa 24 milioni di euro.

In base al testo su cui i rappresentanti degli Stati membri hanno saputo trovare l’intesa, possono inoltre essere adottati anche ulteriori provvedimenti, tra cui l’obbligo per il trasgressore di ripristinare l’ambiente o di risarcire il danno, l’esclusione dall’accesso a finanziamenti pubblici o la revoca di permessi o autorizzazioni.

In aggiunta il testo contempla la necessità di fornire formazione a coloro che lavorano per individuare, indagare e perseguire i reati ambientali e di destinare risorse adeguate. Include anche disposizioni sul sostegno e l’assistenza alle persone che denunciano reati ambientali, ai difensori dell’ambiente e alle persone colpite da tali reati.

L’intervento legislativo dell’Unione europea si è reso necessario per un fenomeno, quello degli eco-reati, in aumento e difficile da rilevare, perseguire e punire. Una libertà che fa male all’ambiente e, di conseguenza sulla salute umana. In tal senso, recita il testo, i sistemi sanzionatori esistenti allo stato attuale “non sono stati sufficienti in tutti i settori della politica ambientale per garantire la conformità con il diritto dell’Unione per la protezione dell’ambiente”. Da qui la necessità di intervenire e porre rimedio. “Oggi abbiamo compiuto un passo avanti verso l’ottenimento di uno strumento giuridico per proteggere l’ambiente”, sottolinea un soddisfatto Pavel Blazek, ministro della Giustizia della Repubblica ceca, Paese con la presidenza di turno del Consiglio Ue . “La protezione dell’ambiente è una delle principali sfide della nostra generazione, sia nell’UE che nel resto del mondo”. Come Unione europea, aggiunte, “dobbiamo assicurare alla giustizia gli individui e le organizzazioni che traggono profitto da attività che mettono a rischio la nostra salute e danneggiano i nostri ecosistemi”.