Eolico

Pichetto accelera su eolico offshore: Entro 2030 impianti per 1,4 Gw in Sicilia

La situazione esplosiva in Medio Oriente si riverbera, inevitabilmente, su tutta la comunità internazionale. Anche sull’Europa e, dunque, sull’Italia. L’energia è uno dei temi più caldi dall’inizio del 2022: quasi due anni vissuti letteralmente sulle ‘montagne russe’, sia per gli effetti su prezzi e stoccaggi, sia per la corsa alla diversificazione delle fonti. In questi mesi, infatti, è emersa con forza la necessità di non affidarsi solo alle fonti tradizionali, ma di guardare finalmente, e concretamente, anche alle rinnovabili. Anche per non rischiare di bucare gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050. Il governo, però, oltre alle conseguenze della guerra in Ucraina adesso deve fare i conti pure con le tensioni tra Israele e Palestina che coinvolgono una regione fondamentale per gli approvvigionamenti.

Altra ragione per accelerare altre forme di energia. Sulle Fera livello europeo si sta supportando e sviluppando la tecnologia innovativa degli impianti eolici galleggianti, sia su acque interne sia offshore” e “in Italia l’interesse verso tale tecnologia è molto forte“, assicura il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Che in audizione davanti alla commissione sull’Insularità, ricorda che “secondo le previsioni del gestore di rete, in Sicilia al 2030 saranno installati 1,4 giga di impianti di produzione di energia elettrica da eolico off-shore“.

Servono comunque le norme per favorire questo settore e il responsabile del Masaf ribadisce che il decreto sulle aree marine idonee a installare gli impianti sarà emesso a breve, anche se dalle opposizioni è soprattutto il M5S a chiedere che il ministro parli “solo quando avrà i provvedimenti in mano”, facendo riferimento anche al dl sulle Comunità energetiche rinnovabili. Il problema sull’eolico, però, è che “bisogna raccordarsi con gli altri Paesi, dal Nordafrica fino al Portogallo, per definire le aree di competenza – spiega Pichetto -. Servono porti attrezzati (occorrono almeno due anni) e navi attrezzate”, poi “per avere cavi adeguati ci vogliono da 2 a 4 anni. Poi bisogna costruire le piattaforme”, dunque “è un percorso per cui ci va qualche anno“.

In questo scenario non è fuori contesto nemmeno l’operazione per provare a ridurre le criticità sull’approvvigionamento di acqua potabile nelle isole minori, dove ancora oggi è “un bene limitato e le soluzioni per accedervi sono ad alto impatto ambientale“. Ecco perché il ministro rivela che è allo studio un progetto per un “dissalatore marino mobile“.
Tutti temi che saranno utili in vista della Cop28, in programma a Dubai tra la fine del prossimo mese di novembre e la metà di dicembre. Dell’appuntamento Pichetto ha parlato anche nella giornata conclusiva della Youth4Climate che si è svolta a Roma questa settimana. “Oggi è ancora più forte l’impegno dell’Italia a sostegno dei giovani nella lotta alla crisi climatica“, dice. Garantendo: “Andremo alla Cop28 per sostenere le soluzioni presentate e lì lanceremo il bando per i progetti del prossimo anno”.

L’intelligenza artificiale farà triplicare il consumo di energia dei data center

Secondo un nuovo rapporto della società di venture capital Accel, i giganti tecnologici statunitensi hanno aggiunto 2,4 trilioni di dollari alle loro capitalizzazioni di mercato in un anno grazie anche al boom dell’intelligenza artificiale generativa. Accel, nel suo rapporto annuale Euroscape , ha indicato i valori dei prezzi delle azioni di grandi aziende tecnologiche come Apple, Microsoft, Alphabet, Amazone Nvidiaè aumentato in media del 36% anno su anno. Proprio Nvidia è entrata per la prima volta nel club dei trilionari, con il colosso statunitense dei chip che ora vale oltre mille miliardi di dollari.

I chip ad alte prestazioni di Nvidia alimentano molti modelli avanzati di intelligenza artificiale generativa, che producono nuovi contenuti da enormi volumi di dati di addestramento. Tutti questi movimenti di dati potrebbero però far lievitare di molto e in fretta il consumo globale di elettricità, che ora secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, vale tra l’1 e l’1,5% considerando i data center. E David Groarke, amministratore delegato del consulente Indigo Advisory Group, in una recente intervista a S&P, ha rivelato: “In termini di numeri macro, entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare dal 3% al 4% della domanda globale di energia. Google ha affermato che in questo momento l’intelligenza artificiale rappresenta dal 10% al 15% del loro consumo energetico, ovvero 2,3 TWh all’anno”.

Un’analisi pubblicata recentemente su Joule è una delle prime a quantificare la domanda che si sta rapidamente materializzando. Il proseguimento delle attuali tendenze in termini di capacità e adozione dell’intelligenza artificiale porterà Nvidia a spedire 1,5 milioni di unità server di intelligenza artificiale (Ai) all’anno entro il 2027. Questi 1,5 milioni di server, funzionanti a piena capacità, consumerebbero almeno 85,4 terawattora di elettricità all’anno: più di quello che molti piccoli paesi consumano in un anno, secondo la nuova valutazione.

L’analisi è stata condotta da Alex de Vries, data scientist presso la banca centrale dei Paesi Bassi e Ph.D. candidato alla Vrije University Amsterdam, dove studia i costi energetici delle tecnologie emergenti. In precedenza de Vries era diventato famoso per aver lanciato l’allarme sugli enormi costi energetici del mining e delle transazioni di criptovalute. Ora ha rivolto la sua attenzione all’ultima moda tecnologica. De Vries ha stimato che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa come ChatGPT in ogni ricerca su Google richiederebbe più di 500.000 server A100 HGX di Nvidia, per un totale di 4,1 milioni di elaborazioni unità grafiche o GPU. Con una richiesta di potenza di 6,5 kW per server, ciò comporterebbe un consumo giornaliero di elettricità di 80 GWh e un consumo annuale di 29,2 Twh. Ma un’adozione così diffusa con gli attuali hardware e software è improbabile a causa dei vincoli economici e della catena di fornitura dei server, ha affermato de Vries nel commento. Quel volume di server Nvidia attualmente non esiste e il costo per produrne un numero simile potrebbe arrivare fino a 100 miliardi di dollari. “In sintesi, mentre la rapida adozione della tecnologia AI potrebbe potenzialmente aumentare drasticamente il consumo energetico di aziende come Google, ci sono vari fattori legati alle risorse che potrebbero impedire il verificarsi di scenari peggiori“, ha sottolineato De Vries a S&P.

Dal 2023 al 2030, prevediamo un aumento dell’80% circa nella domanda di energia dei data center statunitensi, passando da circa 19 GW a circa 35 GW“, ha affermato Stephen Oliver, vicepresidente del marketing aziendale e delle relazioni con gli investitori di Navitas Semiconductor. La domanda di energia iniziale per l’addestramento dell’intelligenza artificiale è elevata ed è più concentrata rispetto alle applicazioni tradizionali dei data center. “Un tipico rack (la struttura meccanica di sostegno su cui sono poi montate le parti hardware vere e proprie, ndr) che consuma da 30 kW a 40 kW, con processori AI, come Nvidia Grace Hopper H100, è 2-3 volte la potenza nello stesso rack, quindi abbiamo bisogno di una nuova tecnologia nei convertitori di potenza“, ha continuato Oliver intervistato da S&P. “Lo vediamo spuntare in tutto il mondo e mentre nomi familiari come Amazon Web Services, Microsoft e Google gestiscono i data center stessi, l’hardware è progettato e costruito da aziende con sede a Taiwan come Delta, Lite On e Chicony“.

Nel dettaglio per David Groarke, amministratore delegato del consulente Indigo Advisory Group, la fascia di applicazioni che consuma davvero molta energia è quella relativa all’apprendimento delle lingue, che necessita di più memoria e spazio di archiviazione. Queste sono cose come le reti neurali che necessitano di migliaia di GPU. Constance Crozier, assistente professore presso la H. Milton Stewart School of Industrial and Systems Engineering della Georgia Tech, ha affermato che l’addestramento di qualcosa come ChatGPT utilizza circa 1 miliardo di volte la potenza necessaria per eseguirlo, ma per usi finali così popolari, la potenza aggregata consumata dall’esecuzione può diventare significativo o addirittura più grande.

energia

L’Aie spinge sull’acceleratore: servono 600 miliardi all’anno per rinnovare le reti elettriche

Entro il 2030 gli investimenti per “rinnovare o integrare” 80 milioni di chilometri di reti elettriche nel mondo “dovrebbero raddoppiare fino a oltre 600 miliardi di dollari all’anno”. Lo rivela l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel nuovo rapporto ‘Electricity Grids and Secure Energy Transitions’, secondo il quale le reti “non stanno tenendo il passo con la rapida crescita” di queste tecnologie, delle auto elettriche o delle pompe di calore. Per il direttore esecutivo Faith Birol, con l’aumento della produzione di elettricità, generata da energie rinnovabili destinate a sostituire i combustibili fossili responsabili dei gas serra, l’importanza delle reti “non potrà che aumentare”. Solo quest’anno, “in tutto il mondo, l’80% delle nuove centrali riguardava progetti di energia rinnovabile, in particolare solare ed eolica”, spiega.
Per l’Agenzia il mondo dovrà aggiungere o rinnovare 80 milioni di chilometri di rete elettrica entro il 2040 se vuole raggiungere gli obiettivi di neutralità rispetto alle emissioni di carbonio e garantire la sicurezza energetica. Ma c’è un rischio: “la mancanza di ambizione e di attenzione rischia di rendere le reti elettriche l’anello debole della transizione verso l’energia pulita”, avverte l’Aie.

Senza “maggiore attenzione politica e investimenti”, le carenze nella qualità delle reti “potrebbero rendere irraggiungibile l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale” a +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e “compromettere la sicurezza energetica”, afferma l’Agenzia.

Il tempo, insomma, stringe: l’Aie ha identificato “un’ampia e crescente coda di progetti di energia rinnovabile” in attesa di essere collegati alla rete, equivalente a 1.500 GW di capacità futura, ovvero cinque volte la capacità di energia solare ed eolica aggiunta a livello mondiale nel 2022. Circa il 50% di questi progetti si trova negli Stati Uniti, il 20% in Europa, seguito dal Giappone e dal resto del mondo.

Per l’Agenzia, il ritardo nella diffusione delle energie rinnovabili dovuto a misure insufficienti nelle reti comporterebbe emissioni aggiuntive di CO2 pari a circa 60 miliardi di tonnellate cumulativamente tra il 2030 e il 2050. Questo scenario porterebbe “l’aumento della temperatura globale ben oltre l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 1,5°C, con una probabilità del 40% di superare i 2°C”.

Meloni in Mozambico e Congo: “Piano Mattei va scritto insieme, allargare cooperazione”

Credit Photo: Palazzo Chigi

La situazione geopolitica rallenta ogni progetto, anche quelli dell’Italia ovviamente. Meglio, quindi, ribadire la volontà di andare avanti nel Piano Mattei di cooperazione con l’Africa, e farlo di persona. Perciò Giorgia Meloni ha compresso al massimo la sua visita diplomatica accorpando Mozambico e Congo in un’unica giornata, pur di lasciare un segno tangibile ai partner della sponda sud del Mediterraneo sulle intenzioni del suo governo.

È stata anche l’occasione giusta per spiegare ai suoi interlocutori, de visu, le motivazioni che hanno indotto l’esecutivo a rinviare la Conferenza Italia-Africa dal prossimo mese di novembre ai primi di gennaio del nuovo anno. “Per cercare di capire meglio il quadro della situazione internazionale, che intanto sta evolvendo”, spiega Meloni a Maputo, nel punto stampa con il presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Nyusi. Durante il quale lancia altri segnali ai Paesi del continente con cui sono state intavolate negoziazioni in questi mesi. “Il Piano Mattei va scritto insieme. Perché non ci sarebbe niente di nuovo se pretendessimo di scrivere uno da presentare all’Africa”. Che, tradotto dal linguaggio diplomatico, significa: nonostante tutto quello che sta accadendo in Medio Oriente, la strada è tracciata e non ci tireremo indietro.

Soprattutto in uno quadro geopolitico come quello attuale, dove l’energia, che è il fulcro del progetto governativo, rischia di vivere una nuova fase di crisi dopo quella attraversata con la guerra in Ucraina. Meloni, infatti, non nasconde di essere “abbastanza preoccupata dallo scenario generale”, ovvero il conflitto tra Israele e Palestina. Anche se poi aggiunge che “c’è un lavoro da poter fare, come stiamo facendo, per evitare un’escalation che porti a un conflitto regionale, quindi molto più esteso” e che rischierebbe di finire fuori controllo.

In questo risiko, dunque, torna ad assumere un peso ancora maggiore il lavoro diplomatico con l’Africa, ripartendo dalle nazioni con cui c’è già una porta ben aperta. Come il Mozambico: “Le nostre nazioni – dice Meloni – hanno lunghissimo portato di cooperazione e sono legate da un’amicizia profonda”. Al punto da poter spiegare pubblicamente che dal suo punto di vista “e da quello del presidente Nyusi” i rapporti “possono allargarsi a nuove e maggiori forme di collaborazione”.

Sebbene “il fiore all’occhiello è il settore energetico, soprattutto grazie alla presenza sul territorio di Eni”, perché “i giacimenti scoperti al largo delle coste settentrionale del Mozambico sono una enorme enorme opportunità”, ci sono comunque altri campi da esplorare. L’agricoltura, ad esempio. L’Africa, sottolinea la premier, “ha il 60% di terre coltivabili che non sempre vengono coltivate”, dunque “il know-how e la tecnologia italiana possono aiutare a rendere le aziende più grandi e più competitive anche a livello internazionale”. Così come si può “sviluppare un partenariato che consenta al continente africano di poter valorizzare di più le tante risorse di cui dispongono: dalle materie prime e la capacità di processarle sul territorio al turismo”. Sempre con un approccio che la premier definisce “non predatorio”, ragion per cui “il Piano Mattei, peraltro, è sostenuto dal nostro Fondo clima”, con “il 70% dedicato all’Africa: parliamo di circa 3 miliardi di euro, un investimento sicuramente importante con il quale vorremmo anche spingere a un nuovo approccio e a una nuova cooperazione con l’Ue”. Ovviamente, con la leadership nel Mediterraneo affidata all’Italia.

Mobilità, Castagna (Duferco): “Piano da 40 mln per 4mila nuovi punti di ricarica”

“Abbiamo in corso di implementazione un piano per installare 4mila nuovi punti di ricarica entro il 2025. E’ un piano che è partito da circa un anno e mezzo e ha un valore complessivo di circa 40 milioni di euro che è stato sostenuto sia dalla Bei, con un contributo a fondo perduto per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica ultra fast, sia da un finanziamento di Cassa Depositi e Prestiti e di Crédit Agricole con una garanzia Sace fino all’80% proprio perché si tratta di un investimento green”. Lo ha detto Marco Castagna, presidente di Duferco energia e Amministratore unico di Elettra Car Sharing a margine del convegno ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’, organizzato a Roma da Gea, Eunews e Fondazione Art.49.

“Duferco energia – ha aggiunto – è uno dei principali operatori dell’energia in Italia e naturalmente è presente anche nel settore della mobilità elettrica. Da diversi anni affrontiamo questo tema in azienda con un approccio verticale che guarda all’installazione delle infrastrutture di ricarica come principale asset, ma poi ci occupiamo anche della gestione delle infrastrutture stesse e della vendita dei servizi. Abbiamo anche sviluppato la tecnologia necessaria alla gestione dei servizi stessi”.

“Nell’ambito dei servizi che Duferco eroga, come venditore di energia elettrica e gas e come soggetto che opera nel mondo dell’efficienza energetica, sia per i privati sia per le aziende – ha detto ancora Castagna – quello della mobilità elettrica per noi è un settore altrettanto importante, per aiutare i nostri clienti a intraprendere e completare quel cammino di decarbonizzazione che è lo scopo, oggi, di tutte le imprese italiane. E il tema della mobilità entra a pieno titolo in questa tematica”.

“Sicuramente se guardiamo ai numeri, quello di auto elettriche circolanti in Italia è ancora limitato e i pochi bonus che ci sono – ha proseguito – sono a disposizione soltanto dei cittadini e per importi tutto sommato limitati, mentre noi sappiamo che il mondo dell’automotive vive, per la gran parte, legato al mondo delle flotte e delle imprese. Servono, quindi, contributi e bonus per abbattere il costo delle auto elettriche, che è ancora alto”.

Dalla Svezia alla Spagna: l’Europa in cerca della ‘sobrietà energetica’ verso l’inverno

Tutta l’Europa sta cercando di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di idrocarburi, dalla Spagna, che punta sull’energia eolica, alla Finlandia, che ha acquisito il suo nuovo reattore nucleare EPR. L’obiettivo è duplice: abbassare i prezzi dell’elettricità e del gas, che sono saliti alle stelle dopo la cessazione, dal 2022, di gran parte delle forniture di gas russo a causa della guerra in Ucraina, e raggiungere gli obiettivi del piano climatico dell’Unione Europea che mira a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030.

GERMANIA. A settembre il Bundestag ha adottato una legge sull’efficienza energetica che impone alle aziende piani di riduzione dei consumi e alle amministrazioni di risparmiare il 2% di energia all’anno. I consumatori sono oggetto di una campagna denominata “80 milioni insieme per cambiare l’energia”. Nel 2022, il consumo di elettricità è diminuito del 4% su base annua, attestandosi a 484,2 TWh. Quello del gas è diminuito del 17,6% in un anno, secondo l’Ufficio federale delle reti.

SPAGNA. Nell’estate 2022, il governo ha imposto ad aziende, uffici, cinema, teatri, stazioni ferroviarie e aeroporti di limitare l’aria condizionata a un minimo di 27°C e il riscaldamento a un massimo di 19°C. I negozi devono tenere le porte chiuse. A queste misure si è aggiunto un piano di ‘sobrietà’ che prevede aiuti alle Pmi che desiderano investire in dispositivi di risparmio energetico e nell’installazione di contatori ‘intelligenti’, per controllare meglio i propri consumi. Secondo i gestori delle reti gas ed elettricità, lo scorso anno la Spagna ha ridotto il consumo di gas a 364,4 TWh (-3,7%) e di elettricità a 250,5 TWh (-2,4%).

ESTONIA. Gli estoni sono incoraggiati a staccare la spina degli elettrodomestici inutilizzati, a ristrutturare le loro case e a installare pannelli solari. Il consumo di energia elettrica è aumentato nel 2022 a 9,6 TWh, mentre quello di gas naturale è diminuito del 27%, a 352 milioni di m3.

FRANCIA. Nel 2022, secondo il governo, il consumo finale di elettricità è diminuito di quasi il 5% rispetto al 2021, attestandosi a 414 TWh. Dal 1 agosto 2022 al 31 luglio 2023 è diminuito del 7,4% rispetto alla media 2014-2019. Lato gas il calo dei consumi è del 9,5% rispetto al periodo 2018-2019. Engie ed EDF offrono “sfide” ai propri clienti per incoraggiarli a risparmiare elettricità quest’inverno, premiati con bonus (Engie) o posti per partecipare agli eventi dei Giochi Olimpici (EDF).

REGNO UNITO. Il Regno Unito punta a ridurre il proprio consumo energetico del 15% entro il 2030. Quest’inverno, i gestori delle reti elettriche e del gas dovranno rinnovare gli incentivi finanziari per incoraggiare gli utenti a restare sobri. British Gas ha prolungato fino a dicembre la sua promozione che offre una riduzione del 50% sulla bolletta per i consumi elettrici effettuati tra le 11 e le 16 della domenica, periodo in cui la domanda delle imprese è minore mentre gli impianti eolici offshore del Nord continuano a girare.

GRECIA. Secondo l’operatore di rete nazionale, il consumo di elettricità da gennaio ad agosto 2023 è diminuito del 4,15% rispetto allo stesso periodo del 2022. Non sono state annunciate misure per incoraggiare ulteriori riduzioni dei consumi quest’inverno.

POLONIA. Nel 2022, secondo l’agenzia di regolamentazione dell’energia, il consumo di energia elettrica è sceso dello 0,5% rispetto al 2021, a 173,4 Twh, e quello di gas è sceso a 17 miliardi di m3.
Il governo ha annunciato una misura che offre una riduzione del 10% sulla bolletta energetica delle famiglie che riducono i consumi tra il 1° ottobre 2022 e il 31 dicembre 2023 rispetto al periodo equivalente precedente.

REPUBBLICA CECA. Secondo l’Ufficio di regolamentazione dell’energia, il consumo di elettricità è diminuito del 3,9% nel 2022 a 60,4 Twh rispetto al 2021, con il consumo delle famiglie in calo del 9% nel corso dell’anno, il calo più forte mai registrato in 20 anni.

SVEZIA. Il governo ha annunciato alla fine di settembre che le emissioni di CO2 del paese aumenteranno entro il 2030, principalmente a causa della riduzione delle tasse sul carburante.
Secondo l’Agenzia svedese per l’energia, nel 2022 il consumo di elettricità è diminuito del 4,45% a 137 TWh. Un calo dovuto soprattutto ai “prezzi molto alti dell’energia elettrica”, ha spiegato.

Ue, Parlamento e Consiglio cercano l’accordo sulle case green. Ma la strada è in salita

Nuova direttiva case green, Parlamento e Consiglio ci riprovano. E’ previsto per oggi un nuovo incontro tra i negoziatori di Parlamento e Consiglio Ue, mediato dalla Commissione europea (in gergo si chiama ‘trilogo’) per raggiungere un accordo politico sulla revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Energy Performance of Building Directive) proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue.

Sarà un incontro in cui i due negoziatori tenteranno di raggiungere un accordo politico, ma a Bruxelles sono in molti a pensare che difficilmente si possa arrivare già adesso a chiudere il compromesso. Ad ogni modo, Commissione europea e entrambi i co-legislatori incalzano a trovare un’intesa politica prima della fine dell’anno.

A dicembre 2021 la Commissione europea ha proposto di introdurre standard minimi obbligatori di prestazione energetica per il parco immobiliare dell’Ue da introdurre gradualmente dal 2027, portando gli Stati a individuare almeno il 15% del proprio patrimonio edilizio con le peggiori prestazioni e a ristrutturarlo passando dalla classe energetica più bassa “G” al grado “F” entro il 2027 per gli edifici non residenziali e entro il 2030 per gli edifici residenziali.

L’edilizia è responsabile del 40% dei consumi energetici d’Europa e del 36% dei gas a effetto serra provenienti dal settore energetico. La Commissione propone un intervento per arrivare al 2050 con un parco immobiliare europeo a zero emissioni nette, sia sugli edifici vecchi e che su quelli ancora da costruire. Sulla proposta della Commissione europea, gli Stati membri al Consiglio Ue hanno concordato la loro posizione negoziale a ottobre scorso mentre l’Europarlamento ha concordato il mandato in plenaria a marzo. Entrambe le istituzioni hanno apportato modifiche sostanziali alla proposta della Commissione europea, e ora stanno cercando di trovare un terreno comune.

Il nodo politico resta ancorato all’articolo 9 che riguarda gli standard minimi di rendimento energetico degli edifici, su Parlamento e Consiglio hanno posizioni diverse.

Nella sua posizione l’Europarlamento ha rafforzato i target di efficienza rispetto alla proposta originaria della Commissione, garantendo però più flessibilità agli Stati membri per raggiungerli attraverso i piani nazionali. Le case dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica ‘E’ entro il 2030 e ‘D’ entro il 2033 (la Commissione Ue proponeva di raggiungere la classe “F” entro il primo gennaio 2030 e la classe “E” entro il primo gennaio 2033). Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto ‘F’ ed ‘E’). Il testo adottato prevede che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero dal 2028 (la Commissione proponeva il 2030) e tutti i nuovi edifici dovranno disporre di impianti solari entro il 2028.

Gli Stati membri, come spesso accade, nella loro posizione hanno di fatto annacquato in molte parti la proposta dell’esecutivo comunitario, chiedendo maggiore flessibilità anche nel negoziato con l’Eurocamera. Per gli edifici residenziali esistenti gli Stati membri vogliono fissare norme minime di prestazione energetica “sulla base di una traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050”. Fissando solo due ‘tappe’ intermedie: che il consumo medio di energia primaria sia entro il 2033 equivalente alla classe di prestazione energetica D ed entro il 2040, a un valore “determinato a livello nazionale derivato da un graduale calo del consumo medio di energia primaria dal 2033 al 2050”.

Nucleare, Pichetto: “Pronti dai primi anni del 2030”. Salvini: “Vorrei centrale a Milano”

Il governo va avanti sul nucleare, nel mix energetico considerato fondamentale per l’indipendenza e per la transizione energetica. L’esecutivo è “convintamente impegnato” sul tema, assicura il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto, “questa è la scelta di fondo”. Secondo il responsabile del Mase, “dai sondaggi il quadro nel Paese è cambiato molto”. Si riferisce ai referendum con cui gli italiani hanno detto No alla tecnologia, bloccando il piano italiano iniziato nel 1959 con la costruzione di quattro centrali, per due volte: prima nel 1987, dopo il disastro di Chernobyl, poi nel 2011. Nel 2022 però l’Europa ha inserito il nucleare tra le attività considerate sostenibili dalla tassonomia verde. La decisione è avvenuta dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e la corsa al gas per l’Unione, che si riforniva principalmente dalla Russia. Per la quarta generazione del nucleare, secondo il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, bastano sei o sette anni, se si parte nel 2024: “Ho chiesto ad alcuni tecnici, se noi domani superiamo il dibattito ideologico, il primo interruttore si può accendere nel 2032”, afferma. L’obiettivo è che per quell’anno “tutti i protagonisti siano attorno allo stesso tavolo, perché se ogni ministero fa il suo tavolo non si arriva da nessuna parte”, precisa il ministro. Sulla sicurezza non ha dubbi: “Io da milanese lo vorrei un reattore di ultima generazione nella mia città, perché sono convinto che sia energia pulita, sicura e costante”, sostiene. “L’ho detto 2-3 anni fa, la prima centrale la vorrei a Milano, apriti cielo“, ricorda il vicepremier, che lancia un segnale politico: “è facile dire sì al nucleare, ma nella provincia a fianco”.

E’ d’accordo Pichetto: “Non ho assolutamente problema a dire a dire di sì a un reattore nella mia città, perché sono il primo a dire che deve avere garanzie di sicurezza e la ricerca dice che arriveremo qualcosa di molto sicuro“, garantisce. Anche il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo guarda ai primi anni trenta per l’inizio delle attività: “Non parliamo di terza generazione, noi parliamo di quarta e di reattori che sono un orizzonte che gli esperti tecnici mi dicono fattibile, realizzabile in quegli anni”, conferma. “Non è immaginabile un sistema energetico decarbonizzato, stabile e sicuro, senza la garanzia che offrono gli avanzamenti scientifici e tecnologici in questo settore“, scandisce la viceministra del Mase, Vannia Gava. Si dice pronta: “Archiviamo la stagione dei no e dei timori, apriamo quella dei sì. Le imprese ci sono, le istituzioni ci sono. Noi ci siamo”.

Le opposizioni però dissentono. “Salvini, l’uomo barzelletta, oggi ne ha sparata un’altra: vuole costruire una centrale Nucleare a Milano. Bene, lo sfido a fare un confronto pubblico con me in Piazza Duomo a Milano a spiegare che vuole la centrale a Milano e dove prenderà i soldi per finanziare la realizzazione delle centrali e io spiegherò perché quello che lui dice sul nucleare, e non solo, è una barzelletta”, tuona il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli. Alleanza Verdi Sinistra si prepara a due iniziative in piazza a Milano e Torino con cartonati di centrali nucleari. Bonelli ricorda che in Francia, Paese all’avanguardia dal punto di vista della tecnologia, a Flamanville hanno iniziato a costruire una centrale Nucleare terza generazione plus nel 2006 e dopo 17 anni i lavori non sono ancora terminati. “In più i costi da 3.7 miliardi di euro sono lievitati a 20 miliardi“, fa sapere.

Di “pantomima farsesca” parla il Movimento 5 Stelle: “Praticamente oggi il leader della Lega Salvini ci dice che vuole un reattore Nucleare nel cuore di Milano. Chissà, magari al posto del Teatro della Scala. Oppure dell’Arena Civica Gianni Brera. Sta di fatto che, fosse per lui, una mini-centrale se la metterebbe pure in garage. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i milanesi, e con loro tutti gli altri italiani“, scrivono in una nota i parlamentari M5s delle commissioni Ambiente di Camera e Senato Ilaria Fontana, Patty L’Abbate, Daniela Morfino, Agostino Santillo, Gabriella di Girolamo, Elena Sironi e Antonio Trevisi. Il governo, affermano, “spara promesse a casaccio su centrali nucleari da aprire tra dieci anni – dove e con quali soldi, non è dato sapere – ma sulle rinnovabili nel frattempo batte la fiacca“. Il discorso approda al question time della Camera, quando, in una interrogazione sulle Cer, la deputata del Pd, Sara Ferrari, chiede a Pichetto se “anche il suo governo creda davvero come il Partito democratico nelle comunità energetiche rinnovabili o preferisca invece puntare sulla centrale nucleare a Milano, come piacerebbe a Salvini”.

Piano Mattei, un mese al ‘D-Day’. Meloni: “In dirittura d’arrivo norma sulla governance”

Manca un mese al ‘D-day‘. Le lancette dell’orologio corrono veloci verso l’appuntamento del 5-6 novembre, quando a Roma si riunirà il vertice Italia-Africa: è quella la data indicata dalla premier, Giorgia Meloni, per la presentazione ufficiale del Piano Mattei a cui sta lavorando il suo governo da mesi e che dovrebbe portare il nostro Paese a diventare l’hub europeo del gas, ma anche di rinnovabili e idrogeno verde.

Al momento si conoscono le linee guida: un approccio non predatorio verso il continente africano, con accordi bilaterali da chiudere con i Paesi africani con alto potenziale energetico, per uno sviluppo delle infrastrutture da lasciare per l’80% sui territori di origine, con investimenti che creino lavoro e benessere per i cittadini dell’Africa, evitando così che fame, carestie e cambiamenti climatici impongano esodi di massa. In cambio, l’Italia diverrebbe la porta d’ingresso di una parte consistente degli approvvigionamenti di energia per il Nord Europa.

Un progetto ambizioso, sul quale la diplomazia è a lavoro su più tavoli. Quelli con i governi degli Stati africani e quelli con i partner Ue. C’è, però, una novità. A confermarla è la stessa Meloni, a margine dei lavori del summit della Comunità politica europea a Granada: “Siamo in dirittura d’arrivo con una norma sulla governance di questo nostro Piano”. La premier non si sbilancia, ma non è difficile ipotizzare che possa essere creata una cabina di regia apposita, che gestisca i vari negoziati sotto la guida della stessa presidente del Consiglio. I testi, comunque, saranno portati anche in Parlamento e all’attenzione delle istituzioni europee. Perché “per essere efficace” il Piano Mattei ha bisogno “di un’Europa che ci creda nel suo complesso. Da soli non possiamo risolvere tutti i problemi del continente”.

Dalle indiscrezioni circolate in questi mesi, non è escluso che il progetto possa includere anche un capitolo dedicato al reperimento delle materie prime critiche, di cui alcune zone dell’Africa sono ricche. Per i dettagli, però, toccherà attendere ancora qualche settimana, mentre Meloni e il suo governo continuano a tessere la tela del Piano Mattei.

Edison investe 10 miliardi per decarbonizzazione e punta a due centrali nucleari entro 2040

Dieci miliardi sul tavolo entro il 2030 per raddoppiare i clienti, i margini, l’energia rinnovabile prodotta e persino i punti luce dell’illuminazione pubblica, abbattendo le emissioni da 293 grammi per kilowattora al 2022 a 190 grammi per kilowattora entro il termine del decennio. Dal 2030 in poi l’attenzione dovrebbe essere invece tutta sulla ripartenza del nucleare, con la possibilità di mettere a terra due nuove centrali, arrivando così ad abbassare ulteriormente bollette e costi oltre che l’inquinamento dato che la previsione è di poter produrre il 90% dell’energia decarbonizzata. Questi i punti principali della nuova strategia di Edison, svelata questa mattina nella sala degli azionisti in Foro Bonaparte, sede storica di un gruppo che festeggia 140 anni di storia.

“I tre pilastri della nostra strategia puntano su aumento della produzione di energia rinnovabili, fotovoltaico ed eolico correlata a sistemi di flessibilità. Vogliamo poi giocare un ruolo rilevante nella transizione con il gas, settore che ci vede occupare il 20% del mercato dove andremo a inserire idrogeno e gas verde. Terzo pilastro: accompagnare i nostri clienti a consumare meno e meglio, fornendo commodity sempre più decarbonizzate”, ha spiegato l’amministratore delegato Nicola Monti.

Per quanto riguarda la produzione elettrica, l’obiettivo è arrivare al 2030 con 5 GW di capacità rinnovabile installata tra eolico, fotovoltaico e idroelettrico rispetto agli attuali 2 GW. Questo significa incrementare la capacità fotovoltaica di 2 GW, quella eolica di 1 GW rispetto all’esistente e mantenere stabile 1 GW di idroelettrico. Si punta poi ad avere almeno 2 nuovi impianti termoelettrici di ultima generazione altamente efficienti e flessibili con una potenza installata complessiva di circa 2 GW totali, per compensare l’intermittenza delle fonti rinnovabili e rispondere alla loro crescente penetrazione. Inoltre il gruppo lavorerà per raggiungere 500 MW di sistemi di accumulo tra sistemi di pompaggio e batterie, a compendio della produzione rinnovabile e per dare stabilità alla rete, e ad almeno 1 sistema di cattura della CO2 approvato, da installare entro il 2035 presso una centrale termoelettrica.

Altro pilastro è quello del gas. “Vogliamo mantenere il 20% della copertura nazionale di gas ma puntiamo a una maggiore flessibilità sulla fornitura. Arriverà Gnl dagli Usa, abbiamo Porto Tolle, ma l’obiettivo è anche avere idrogeno e biometano. L’obiettivo è essere protagonisti nel gas liquido, vogliamo avere due depositi in funzione nel decennio. L’ambizione al 2040 è quella di avere una quota di gas verde al 15%”, ha evidenziato Monti. Terzo pilastro: i clienti. “Abbiamo raggiunto quest’anno 2 milioni di contratti, ma puntiamo a 4 milioni di contratti al 2030. Possiamo farcela rafforzando la nostra rete territoriale. L’obiettivo è dare vita a 1000 negozi. Vogliamo poi sviluppare oltre 2mila comunità energetiche condominiali e conquistare l’8% dell’energia necessaria per la ricarica”, ha sintetizzato l’amministratore delegato aggiungendo infine che “nell’illuminazione pubblica vogliamo raddoppiare i punti luce, arrivando a quota 2 milioni”.

In tutto ciò il gruppo ha anche l’obiettivo di raddoppiare l’Ebitda – l’utile lordo – in una forchetta tra 2 e 2,2 miliardi di euro al 2030 rispetto a 1,1 miliardi di euro nel 2022. Un target che sulla carta verrà raggiunto grazie a un significativo cambiamento del portafoglio industriale che porterà le attività a emissioni dirette nulle o quasi nulle a rappresentare il 70% dell’Ebitda rispetto alla media dell’ultimo triennio pari al 35%. Una evoluzione che sarà finanziata tramite flussi di cassa operativi e un livello di debito in linea con rating investment grade.

Il clou della strategia verso il 2040 è però il nucleare. La nuova tecnologia degli Small Modular Reactor (Smr) può essere utilizzata per produrre energia elettrica e termica, rispondendo in modo versatile alle esigenze dei distretti energivori e dei territori ed Edison ha l’ambizione di sviluppare il nuovo nucleare, se si creeranno le condizioni per il suo ritorno in Italia. In particolare, la società punta ad avviare due impianti da 340 MW ciascuno con tecnologia Smr tra il 2030 e il 2040, valorizzando in particolare le distintive competenze tecnologiche dell’azionista Edf. Nei prossimi anni “l’Italia dovrà spendere 300 miliardi per arrivare agli obiettivi vincolanti di decarbonizzazione”, ha ricordato Monti. Ebbene, ha fatto sapere Lorenzo Mottura, vicepresidente Edison area Strategy, Corporate Development & Innovation, “in uno scenario ottimizzato con rinnovabili, nucleare e produzione a gas decarbonizzata emerge che si può raggiungere il target di decarbonizzazione al 2050 con una riduzione degli investimenti pari a 400 miliardi di euro”.

“La stima è che per realizzare 15 nuovi impianti nucleari in Italia serviranno 30 miliardi”, ha aggiunto Mottura. “La centrale però avrà una durata di vita di 60 anni, e il costo sarà inferiore rispetto a quello delle rinnovabili, più adeguamento delle reti e stoccaggio”. E poi “gli Smr (i mini reattori nucleari, ndr) sono in grado di modulare molto di più rispetto alle centrali nucleari attuali. Sanno spostare la produzione tra energia elettrica e calore, che serve i distretti industriali e la produzione di idrogeno. Gli Smr sono poi modulabili in potenza. Nel complesso vediamo un nucleare flessibile al Nord e stoccaggi di energia che riequilibra le rinnovabili rendendo meno costosa l’interconnessione tra Nord e Sud Italia”.