Tra Pnrr ed efficienza, la battaglia dell’Ue contro la povertà energetica
Transizione verde, ma senza lasciare nessuno indietro. Zero emissioni di gas serra ma anche zero povertà energetica nell’Unione europea entro il 2030. Nel 2019 secondo Eurostat, l’ufficio statistico dell’Ue, erano quasi 35 milioni gli europei a non essere in grado di mantenere le proprie case adeguatamente calde d’inverno o fresche d’estate, mentre il 6,2% di loro non poteva permettersi di pagare le bollette o di accedere ai servizi energetici di base, dall’illuminazione all’energia per alimentare gli elettrodomestici.
Si definisce così la povertà energetica, una condizione che affligge, se pure in gradi diversi, tutti i Paesi dell’Unione Europea, che rischia di aggravarsi ulteriormente nei prossimi anni per effetto indiretto della transizione energetica che l’Unione europea porta avanti attraverso il Green Deal, il piano di trasformazione economica lanciato dalla Commissione europea nel 2019 per abbattere le emissioni di gas serra entro il 2050. Il tema dell’accesso all’energia e soprattutto all’energia pulita sarà dominante nel dibattito europeo dei prossimi anni, esacerbato anche dalla guerra di Russia in Ucraina, che ha spinto l’Ue a ripensare il suo approvvigionamento energetico mettendola di fronte a una grande sfida. Ma il costo delle spese energetiche e della transizione può rappresentare nei fatti una barriera che rischia di creare ancora più povertà e disuguaglianze sociali.
La condizione di povertà energetica è dovuta a vari fattori, dai prezzi elevati dell’energia ai bassi redditi. Ma una componente importante è data anche dalla scarsa efficienza energetica degli edifici dell’Ue, case male isolate con impianti vecchi che influiscono negativamente sul clima e sono anche la causa di costi elevati dell’energia. L’aumento negli ultimi anni dei prezzi dell’elettricità nella maggior parte dei Paesi Ue, frenato durante la pandemia ma rincarato con la crisi del gas che oggi affligge l’Europa, insieme alle scarse prestazioni energetiche del patrimonio immobiliare europeo fanno temere un aumento della povertà energetica nei prossimi mesi.
Proprio l’ammodernamento degli edifici per renderli più efficienti dal punto di vista energetico è parte centrale dei piani di Bruxelles per combattere il fenomeno. Attraverso l’iniziativa Renovation Wave (letteralmente, ‘ondata di rinnovamento’), pubblicata nel 2020, la Commissione ha fissato l’obiettivo di raddoppiare il tasso di rinnovamento energetico annuale delle abitazioni e degli edifici non residenziali dell’Ue entro il 2030, dopo aver stimato che il patrimonio edilizio del Continente è responsabile del 40% dei consumi energetici d’Europa e del 36% dei gas a effetto serra provenienti dal settore energetico.
L’Esecutivo prevede di riuscire a ristrutturare 35 milioni di edifici entro il 2030 (oggi solo l’1% viene sottoposto ogni anno a ristrutturazioni di efficientamento energetico) e con una una revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (EPDB – ‘Energy Performance of Building Directive’) pubblicata a dicembre ha proposto l’introduzione di standard minimi obbligatori di prestazione energetica per gli edifici dell’Ue da introdurre gradualmente dal 2027, vincolando gli Stati a individuare almeno il 15% del proprio patrimonio edilizio con le peggiori prestazioni e a ristrutturarlo passando dalla classe energetica più bassa ‘G’ al grado ‘F’. Questa letterale ‘ondata di rinnovamento’, secondo Bruxelles, andrà in parte finanziata con i piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr), con cui gli Stati devono dettagliare come spenderanno le risorse mobilitate da Bruxelles dal fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro Next Generation Eu, nel quale l’Ue ha vincolato gli Stati a investire il 37% del fondo in azioni per il clima. Lo stimolo della ripresa dalla crisi economica avvertita con lo scoppio della pandemia, secondo l’Ue, offre l’occasione unica di affrontare anche la povertà energetica.