Alawneh (Centro Energia Giordania): “Obiettivo è aumentare efficienza energetica”

“La Giordania ha emanato la legge sulle energie rinnovabili nel 2012 per aumentare la loro partecipazione nel mix energetico totale. E ci sono molte iniziative per aumentare la produzione elettricità da fonti rinnovabili al 50% dell’energia totale consumata in Giordania”. Così Firas Alawneh, direttore del Centro nazionale sulla ricerca energetica della Giordania, durante la MeetMed Week in corso ad Hammamet in Tunisia, organizzata da Medener (che vede Roberta Boniotti di Enea come segretario generale), Anme (l’Agenzia Nazionale tunisina per la Gestione dell’Energia) e in partnership con Aprue (l’Agenzia Nazionale algerina per la Promozione e la Razionalizzazione dell’Uso dell’Energia). “Anche per quanto riguarda l’efficienza energetica abbiamo molte iniziative e il piano di efficienza energetica è stato attuato e aggiornato tre volte per aumentare la quota di efficienza energetica nel mix energetico totale in Giordania. Questo è uno dei principali obiettivi del governo e del ministero dell’Ambiente per aumentare la crescita della green economy”.

Al via ad Hammamet la 3^ MeetMed week su cooperazione mediterranea per energia

Ad Hammamet, in Tunisia, è iniziato il terzo e ultimo ultimo appuntamento con le settimane di meetMED. L’evento di punta della cooperazone energetica dell’area mediterranea è organizzato da Medener (che vede l’italiana Roberta Boniotti di Enea come segretario generale) e Anme (l’Agenzia Nazionale tunisina per la Gestione dell’Energia) in partnership con Aprue (l’Agenzia Nazionale algerina per la Promozione e la Razionalizzazione dell’Uso dell’Energia). Il progetto Mitigation Enabling Energy Transition in the Mediterranean Region, appunto meetMED, è finanziato dall’Ue, sviluppato dall’Associazione Mediterranea delle Agenzie Nazionali per la Gestione Energetica (MEDENER) e dal Centro Regionale per le Energie Rinnovabili e l’Efficienza Energetica (RCREEE), una istituzione intergovernativa ufficiale del braccio tecnico sia della Lega degli Stati Arabi-Dipartimento dell’Energia che del Consiglio Ministeriale Arabo per l’Elettricità (AMCE).

Un centinaio tra decisori politici e stakeholder hanno iniziato oggi a scambiarsi esperienze e buone pratiche per intensificare il percorso verso una transizione energetica sostenibile. Ma attraverso dialogo e un consolidamento dei rapporti – si percepisce dai numerosi incontri informali tra esponenti italiani, egiziani, libanesi, giordani, tunisini o algerini – la cooperazione cerca in queste ore ad Hammamet anche di smussare le asperità che possono esserci fra le varie sponde del Mediterraneo a causa della guerra scoppiata in Israele, che coinvolge direttamente e indirettamente i Paesi vicini. Una guerra che rischia di rimandare indietro le lancette dell’orologio della cooperazione, anche in campo energetico. Gli obiettivi prioritari riguardano così il rafforzamento dello sviluppo di politiche di efficienza energetica e decarbonizzazione del mix energetico attraverso la diffusione su larga scala delle rinnovabili nei settori strategici dell’edilizia e degli elettrodomestici. Un’attività di formazione che tocca molti amministratori locali di Medio-Oriente e Nord Africa.

La prima settimana meetMED si era svolta al Cairo (Egitto), nel 2022, per promuovere l’impegno degli stakeholder e delle autorità nazionali verso gli obiettivi del progetto meetMED II, mentre la seconda edizione, organizzata a Marrakech (Marocco) nel 2023, si era concentrata sulla presentazione delle diverse attività svolte attraverso il progetto, la revisione delle politiche attuate e i risultati delle azioni dimostrative. La terza e ultima edizione della settimana meetMED, ad Hammamet, si concentra invece sull’efficienza energetica, che tutti i partecipanti ai numerosi panel evidenziano come la prima misura per abbattere le emissioni. Gli obiettivi dell’evento tunisino sono quelli di mobilitare e coinvolgere gli stakeholder nazionali, le autorità locali, gli operatori del settore privato, la società civile e la popolazione, a livello regionale e locale. Ma anche facilitare lo sviluppo e la replica di misure di efficienza energetica, oltre che aumentare la consapevolezza pubblica e gli investimenti.

“Abbiamo una strategia congiunta con i Paesi, quelli che noi chiamiamo neighborhood, di vicinato, e quindi lavoriamo essenzialmente su alcuni elementi che sono fondamentali nella transizione green”, fa sapere Cristina Casella, programme manager della Dg Near (direzione generale Vicinato e negoziati di allargamento) dell’Unione Europea. “Una delle cose che facciamo è cercare di sviluppare tutto quello che è energie rinnovabili, perché c’è un grandissimo potenziale qua in Nord Africa: c’è molto sole, c’è molto vento, c’è molto spazio, quindi c’è la possibilità” di crescere, “però effettivamente non siamo ancora a livello di quello che sono le politiche e i regolamenti, quindi c’è tutto questo lavoro da fare per poter sviluppare le energie”. C’è anche un tema di formazione, continua Casella. “Parlo di assistenza che molte volte è assistenza tecnica e delle volte si tratta di finanziamenti che possono essere sotto forma di grants (sovvenzioni, ndr) o insieme lavoriamo con degli organismi finanziari che danno dei loans (prestiti, ndr)… Molto adesso è sull’efficientamento energetico, perché sarebbe proprio la prima cosa da fare, cioè evitare la perdita di energia”, aggiunge la programme manager della Dg Near (direzione generale Vicinato e negoziati di allargamento) dell’Unione Europea. “Stiamo cercando di lavorare su politiche nazionali” per migliorare l’efficientamento delle case nel Nord Africa e in Medio-orientale. “Alcuni Stati hanno piani nazionali sull’efficientamento energetico e sulle case green, altri no. Lavoriamo dunque sia sulle politiche, sia sugli investimenti con un approccio globale che ha come obiettivo il raggiungimento dei target climatici”.

Buono (Newcleo): “Il nucleare è alleato delle rinnovabili. Meeting dell’industria a margine del G7”

La guerra in Ucraina e la necessità di un’autonomia energetica. Gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030. La spinta alle rinnovabili e il tema dei costi delle materie prime. Tutto in Italia sta riaprendo il dibattito sul nucleare, quello pulito, quello di quarta generazione. Un tema a cui, già 5 anni fa, in tempi lontanissimi, qualcuno a Torino stava già pensando. E’ Stefano Buono che nel 2019 inventa la startup Newcleo che si pone la mission impossibile di rilanciare il nucleare in un paese che lo ha abolito 40 anni fa. “All’inizio il mondo delle rinnovabili ci vedeva in contrapposizione invece ha capito che forse siamo degli ottimi alleati perché avere una piccola porzione di nucleare aiuta a stabilizzare e tenere i prezzi bassi”, spiega a GEA a margine dell’evento ‘Energie possibile’ organizzato da Unione industriali Torino nell’ambito di Biennale Tecnologia 2024.

Ci avviciniamo al giorno del G7 a Torino. Quali sono un po’ le aspettative e che cosa sta cambiando? Magari si sta cambiando qualcosa anche in relazione al nucleare nel nostro paese. Insomma, si coglie un clima diverso, una un’aspettativa diversa.
“Assolutamente sì. Stiamo organizzando un meeting dell’industria nucleare del G7 qui a Torino. Che è un po’ il termometro dell’interesse anche dell’Italia sul tema. Quindi ci sarà una dichiarazione degli industriali del G7 che verrà ufficializzata poco prima dell’inizio del meeting dei ministri. Il nostro meeting sarà il giorno prima e metteremo in evidenza quali sono i temi più importanti per noi in questa fase storica”.

In questo senso le interlocuzioni col Governo vi sono?
“Sono continue perché il Governo ha fatto questi tavoli di lavoro per studiare un ritorno possibile del nucleare in Italia. Ci stiamo lavorando perché vediamo un continuo interessamento. Io ormai credo che tutti siano convinti che ci sia bisogno di questa componente, all’interno del mix energetico. All’inizio il mondo delle rinnovabili ci vedeva in contrapposizione invece ha capito che forse siamo degli ottimi alleati perché avere una piccola porzione di nucleare aiuta a stabilizzare e tenere i prezzi bassi, perché rispetto alla parte rinnovabile non c’è bisogno dell’accumulo. E perché le reti sono meno stressate della variabilità delle fonti rinnovabili”.

Ma ci sono dei nodi?
“Il grande sforzo da risolvere è il trilemma energetico: il nucleare è ottimo per la sicurezza dell’approvvigionamento (basta pochissima materia e un reattore va avanti per decine di anni); per la sostenibilità ambientale, perché l’impatto è minimo in termini di superficie utilizzata per esempio ed è energia decarbonizzata. E però, il fattore costo e quello è sotto gli occhi di tutti: non è competitivo rispetto ai fossili, in termini economici. La modularità aiuta nei costi, ma ciò che aiuta di più è quanto si investe: stiamo passando da un nucleare governativo a un nucleare finanziato privato e i privati hanno bisogno di un ritorno dell’investimento rapido. Un impianto deve essere costruito in tre anni, velocemente, che è il tempo che ci si impiega a costruire una grossa nave. Quindi, è più vantaggioso costruire piccoli impianti che entrano in funzione velocemente, che è il principio degli small reactor. Con investimenti più piccoli si può dare un accesso più ampio al mercato a chi può finanziare. Se tutto questo funzionerà bene il nucleare sarà attraente anche dal punto di vista economico”.

Vede resistenze?
“Il nucleare è complicato in Italia dal punto di vista dell’accettazione, anche se i giovani sono molto a favore in questo momento, lo dicono le statistiche. Il grande problema sarà quando si dovrà mettere l’impianto da qualche parte, ma questo problema c’è con l’eolico, il solare e con qualsiasi impianto. Si sta già pensando a quello di quarta generazione, in modo da bypassare il referendum superandolo con la tecnologia e la geopolitica (c’è sempre maggiore richiesta di autonomia energetica). Da parte mia sto incontrando ogni forza politica per evitare che si trasformi in un dibattito solo politico., Sono ottimista, c’è percorso lungo da fare”.

Francia, Inghilterra, Italia, Svizzera. Siete ovunque?
“Abbiamo ormai quasi 700 impiegati in tre fabbriche. A Torino circa 100 e ci stiamo per spostare in una sede più grande proprio in questi giorni. Abbiamo anche un fatturato che quest’anno speriamo di portare a una cinquantina di milioni di euro. Abbiamo costruito un’attività industriale attraverso acquisizioni che stiamo potenziando con investimenti e che crescerà in parallelo con il nuovo progetto quindi siamo siamo già diventati fornitori dell’industria nucleare attraverso queste acquisizioni. E però stiamo anche formando la nostra supply chain di cui facciamo parte con queste aziende. Lavoriamo bene dove c’è, soprattutto in questo momento, forse più attenzione per questo tipo di innovazioni, quindi in Francia”.

Il ministro Pichetto ha ipotizzato reattori nucleari a Mirafiori.
“Sono tutte buone idee da mettere in pratica. Però c’è molta industria che ha bisogno di aiuto e di riconversione in Italia non solo Mirafiori quindi secondo me c’è da ricostruire una supply chain nel nucleare, ricostruire rinforzare moltissimo perché esiste competenza esiste l’industria siamo in un mercato in espansione quindi dobbiamo anche cogliere dal punto di vista industriale questa opportunità”.

Il direttore degli Scavi di Pompei punta in alto: “Sito è laboratorio di sviluppo sostenibile”

Gli Scavi di Pompei possono essere “un vero laboratorio per lo sviluppo sostenibile”. A dirlo è Gabriel Zuchtriegel, direttore del sito archeologico, che da tempo lavora per rendere più ‘green’ uno dei luoghi culturali più conosciuti al mondo. Da qualche mese sono stati installati pannelli fotovoltaici che assomigliano alle tradizionali tegole di terracotta. Contengono celle fotovoltaiche, consentendo al sito archeologico, dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, di conservare il suo fascino estetico e di produrre energia pulita per illuminare gli splendidi affreschi

Sebbene il progetto sia ancora in fase iniziale, gli esperti ritengono che queste piastrelle high-tech potrebbero un giorno contribuire a rendere più verdi i centri storici di tutta la penisola. Sono “esattamente uguali alle antiche piastrelle romane” che si trovano nei siti archeologici e nelle città del Mediterraneo, spiega Zuchtriegel. Ma mentre “Pompei è un sito unico per le sue dimensioni e la sua complessità (…) spero che questo progetto non sia unico”, dice il direttore, che spera di trasformare il parco in un “vero laboratorio per lo sviluppo sostenibile”.

Questo progetto pilota permette di valorizzare uno straordinario affresco murale ritrovato nel 1909 sotto metri di cenere vulcanica nella Villa dei Misteri, che fu sepolta insieme al resto della città dall’eruzione del Vesuvio quasi 2.000 anni fa. Raffigura donne che adorano Dioniso, il dio del vino e della festa, mentre si dedicano a riti misteriosi. Il soggetto di questo affresco ha incuriosito a lungo gli studiosi, alcuni dei quali hanno ipotizzato che la proprietaria della villa fosse una sacerdotessa le cui schiave partecipavano ai riti di culto. L’affresco a tre pareti, uno dei meglio conservati di Pompei, è illuminato da speciali lampade a led progettate per dare vita alle scene di rosso intenso, viola e oro senza danneggiarle.

Da ottobre, queste lampade sono alimentate dall’elettricità generata da tegole fotovoltaiche. Ahlux, l’azienda che ha brevettato il sistema nel 2022, ha installato i pannelli sul tetto della villa tra le tradizionali tegole in terracotta. Coprono circa 70 m2 e sono collegati a una batteria al sodio a basso impatto ambientale, secondo il responsabile del progetto Alberto Bruni. Pompei, che gode di oltre 15 ore di sole al giorno in piena estate, intende estendere il loro utilizzo ad altre ville, assicura.
“Diverse istituzioni hanno espresso interesse per queste tegole di nuova generazione, dal museo d’arte moderna MAXXI di Roma alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano”, spiega il fondatore di Ahlux Augusto Grillo. “Il problema è trovare i fondi”, osserva, dal momento che molti degli edifici storici italiani sono pubblici o appartengono a istituzioni cattoliche.

“Le tegole fotovoltaiche, che hanno una durata di vita compresa tra i 20 e i 25 anni, costano poco più del prezzo combinato di un tetto nuovo e dei pannelli fotovoltaici tradizionali, anche se hanno un duplice scopo, in quanto vengono utilizzate anche per la copertura del tetto”, sottolinea Grillo.

Il nostro Paese è attualmente sotto pressione per rendere le sue città con tetti in tegole, come Firenze e Bologna, più rispettose dell’ambiente, come parte degli sforzi europei per combattere il cambiamento climatico. Secondo la nuova legislazione dell’Ue, gli Stati devono adeguare gli edifici per ridurre le emissioni di carbonio del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.

Si tratta di una sfida enorme per l’Italia, dove circa il 60% degli edifici rientra nelle due categorie energetiche meno virtuose, rispetto al 17% della Francia e al 6% della Germania, secondo l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance). “Abbiamo bisogno di un co-investimento nazionale e forse europeo per garantire che le scadenze molto ambiziose abbiano una possibilità di essere rispettate”, dice Angelica Donati, presidente dell’associazione dei giovani costruttori Ance Giovani. “Abbiamo le città più belle del mondo, il che significa che abbiamo bisogno di interventi molto più ponderati e rapidi. C’è ancora molto da fare”, conclude.

G7, a Venaria summit su Energia e Clima. Pichetto: “Idee chiare e risultati veri”

Materie prime critiche, economia circolare, Africa e Piano Mattei, biodiversità della terra e dei mari. Sul tavolo del G7 Clima, Energia e Ambiente, il 28 e 29 aprile nella Reggia di Venaria a Torino, c’è tanto di cui discutere. Sui temi energetici, terrà banco il passaggio dai fossili alle energie pulite. Nelle intenzioni di Gilberto Pichetto, il summit sarà “un ponte tra la Cop28 e la Cop29, con uno sguardo al prossimo G20“.

Tra gli invitati, infatti, oltre ai paesi del G7 e alla Commissione europea, ci saranno anche la delegazione emiratina che ha guidato Cop28 e quella azera che guiderà Cop29, così come il Brasile, prossima presidenza del G20. E, data l’importanza che assume il continente africano in ottica del Piano Mattei, saranno presenti la Mauritania, presidenza di turno dell’Unione Africana, il Kenya in rappresentanza dell’Africa subsahariana, l’Algeria, in rappresentanza del Maghreb, e la Banca Africana di Sviluppo.

Vogliamo imprimere una forte spinta allo sviluppo delle rinnovabili e allargare gli orizzonti a tutte le fonti che, con il supporto scientifico, possano garantirci la sicurezza energetica, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi ambientali”, spiega Pichetto presentando l’iniziativa nella nuova sede della Stampa Estera, a Roma. A Venaria, garantisce, “l’Italia arriva con idee chiare e con la determinazione necessaria per rendere questo G7 portatore di risultati reali e ambiziosi”.

I gruppi di lavoro a cui hanno preso parte i negoziatori dei rispettivi Paesi hanno definito in questi mesi i temi al centro del Comunicato finale, che traccerà il percorso verso le prossime scadenze globali. Per la parte Ambiente, il focus sarà su consumo e produzione sostenibili, economia circolare ed efficienza delle risorse, con particolare riferimento al tema del riciclo delle materie prime critiche e della circolarità nell’industria tessile e nella moda. Verranno poi affrontati gli ambiti legati al contrasto dell’inquinamento per natura e persone, la biodiversità, gli ecosistemi, il mare e gli oceani. Centrale sarà il tema dell’uso sostenibile delle risorse idriche. Particolare rilievo avrà la collaborazione con Paesi terzi, in particolare con l’Africa su temi trasversali quali il contrasto al degrado del suolo e la lotta alla desertificazione, l’uso delle tecnologie avanzate per il monitoraggio e la prevenzione degli effetti dei cambiamenti climatici e la sostenibilità delle filiere produttive.

Nella sessione Clima ed Energia, si affronterà il tema della ‘Net-zero’ agenda, con obiettivi volti a potenziare i sistemi di accumulo e flessibilità, in modo da gestire il forte apporto delle rinnovabili. Al centro anche il potenziamento dell’efficienza energetica e il rafforzamento della sicurezza, in particolare per la catena di approvvigionamento dei minerali critici necessari per lo sviluppo delle rinnovabili. E ancora, puntare su nuove tecnologie energetiche tra cui ricerca e sviluppo del nucleare sostenibile, ridurre le emissioni di metano e promuovere la collaborazione con i Paesi terzi, specie con quelli più vulnerabili e con gli Stati africani, sul fronte dello sviluppo di risorse energetiche, infrastrutture locali e adattamento.

energia

Il Parlamento Ue approva le riforme del mercato elettrico e del gas

Un voto a larghissima maggioranza, che sancisce il via libera definitivo del Parlamento Europeo a un pacchetto di riforme cruciali per il futuro energetico a medio e lungo termine dell’Unione Europea. Gli eurodeputati hanno approvato in sessione plenaria quattro file del pacchetto per la riforma del mercato elettrico e dell’energia (ciascuno con oltre 400 voti a favore), confermando le intese raggiunte a dicembre 2023 con il Consiglio dell’Ue sul mercato elettrico e sulla decarbonizzazione del mercato del gas. Ora si attende solo il timbro finale dei 27 governi Ue, prima dell’entrata in vigore di tutta la legislazione.

L’elemento centrale della riforma del mercato elettrico è l’introduzione di strumenti di finanziamento per le energie rinnovabili e a zero emissioni di carbonio, compreso il nucleare, rendendo i prezzi dell’elettricità meno dipendenti dalla volatilità di quelli dei combustibili fossili. Il sostegno pubblico diretto alla produzione di energia elettrica rinnovabile (eolica, solare, idroelettrica senza serbatorio, geotermica) e da nucleare avverrà attraverso un contratto per differenza a due vie, in cui ai produttori viene pagato un prezzo di esercizio fisso per la loro elettricità, indipendentemente dal prezzo nei mercati dell’energia a breve termine. Il Consiglio avrà il potere di dichiarare una crisi dei prezzi (su proposta della Commissione), in base al prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso o a un forte aumento dei prezzi al dettaglio dell’elettricità: in caso di crisi i prezzi possono essere fissati fino al 70 per cento del consumo di elettricità per le piccole e medie imprese e fino all’80 per cento per le famiglie.

Sui meccanismi di capacità (strumenti di incentivi alla generazione a disposizione degli Stati membri per contrastare potenziali carenze di elettricità) gli Stati membri possono sostenere finanziariamente le strutture per la fornitura di capacità, trasformandoli da una soluzione di emergenza a una componente strutturale dell’approvvigionamento energetico. Rimane fino alla fine del 2028 l’eccezione del finanziamento alle centrali elettriche a carbone o a gas già in funzione che emettono emissioni superiori allo standard di emissione (più di 550 g di CO2 per KWh). Sul fronte dei consumatori, ci sarà libera scelta di stipulare contratti a prezzo fisso (con durata minima di un anno) o contratti a prezzo flessibile, e soprattutto viene introdotto il divieto di interruzione della corrente per le persone colpite dalla povertà energetica.

Per quanto riguarda la decarbonizzazione del mercato del gas, il punto centrale riguarda la creazione di un modello di mercato per l’idrogeno in Europa con regole per l’accesso alle infrastrutture, la separazione della produzione e delle attività di trasporto e la fissazione delle tariffe. È prevista a partire da quest’anno – ma pienamente operativa dal 2027 – una nuova entità europea indipendente che riunirà gli operatori delle reti a idrogeno (Ennoh) accanto alle altre due strutture esistenti per il gas (Entsog) e l’elettricità (Entsoe). Diventerà permanente, ma su base volontaria, il meccanismo di acquisti congiunti di gas introdotto durante la crisi energetica, mentre l’idrogeno sarà incluso sotto forma di progetto pilota quinquennale per riunire la domanda e l’offerta e per garantire trasparenza di mercato nell’ambito della Banca europea dell’idrogeno.

È il 2049 la data per lo stop ai contratti a lungo termine per il gas fossile non abbattuto, ovvero le cui emissioni di gas serra non sono state lavorate per essere eliminate attraverso tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio, in vista degli obiettivi di emissioni nette zero emissioni nell’Ue alla metà del secolo. Resta la possibilità di contratti fornitura a breve termine (inferiori a un anno) perché sono considerati importanti per la sicurezza dell’approvvigionamento e per ragioni di liquidità del mercato. In linea con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi, sarà introdotto un meccanismo che consente agli Stati membri di limitare le offerte anticipate per la capacità di accesso alla rete e ai terminali per il gas naturale e il Gnl provenienti da Russia e Bielorussia.

idroelettrico

INFOGRAFICA INTERATTIVA Energia, come sono cambiati i consumi globali per tipo di fonte

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA su dati dell’Energy Institute, è illustrato l’andamento globale del consumo di energia per tipo di fonte. Il petrolio resta la fonte prediletta anche se è diminuita sensibilmente da metà anni 80. Stabile invece il ricorso all’energia idroelettrica.
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Trilaterale Italia-Francia-Germania, Urso: “Passare a un’economia Ue dei produttori”

Sostegno mirato alle imprese, soprattutto Pmi, meno burocrazia e più competitività per non perdere la sfida con Cina e Usa. Dalla nuova riunione trilaterale Italia-Francia-Germania si delinea in maniera ancora più definita l’idea di politica industriale per l’Europa post elezioni. A Parigi i tre ministri che nei rispettivi governi gestiscono la delega rinforzano la partnership e concordano sulla necessità di andare avanti con la doppia transizione, ecologica e digitale, seppur con meno vincoli rispetto al Green Deal originario, e sulla “necessità di un’azione urgente per sbloccare il potenziale tecnologico e innovativo delle imprese europee“. Noi “non vorremo che l’Europa, da continente della tecnologia e dello sviluppo diventasse un museo all’aria aperta“, spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al termine dell’incontro. Sottolineando che occorre “passare da un’economia dei consumatori a un’economia dei produttori“, perché “in questi anni abbiamo sviluppato e incentivato i consumi e questo è andato sempre più questo a beneficio dei prodotti e delle imprese di altri continenti, che non rispondono alle nostre stesse regole in termini di standard ambientali e sociali, quindi spesso anche attraverso concorrenza sleale“.

Ben venga, dunque, anche la proposta del ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale della Francia, Bruno Le Maire: una sorta di ‘preferenza’ alle imprese continentali negli appalti Ue. Anche se non è l’unica soluzione che incontra il favore dell’Italia: “Abbiamo detto con chiarezza ai nostri colleghi che condividiamo tutte quelle misure che possono consentire di passare dall’Europa dei consumatori all’Europa dei produttori. Quindi, a una politica industriale che tuteli, rafforzi e rilanci il sistema delle imprese europee“, spiega ancora Urso. Aggiungendo che “questo lo si può fare con misure come quella proposta da Le Maire, ma anche con il nuovo focus della Commissione Ue per accertare se c’è concorrenza sleale e dumping nella vendita di macchine elettriche cinesi” o “con i criteri di qualità, come stiamo facendo noi in Italia, sugli incentivi pubblici per realizzare impianti fotovoltaici ai fini dell’autoconsumo”. Dunque, “da questo punto di vista il governo è neutrale sugli strumenti da utilizzare, ma ben consapevole di quale sia la rotta da determinare per il continente europeo“.

Il ministro federale tedesco dell’economia e dell’azione per il clima, Robert Habeck, parla di “tecnologie innovative, come le biotecnologie e le tecnologie verdi nell’industria eolica, solare e di trasformazione, che sono fondamentali per la crescita economica. La neutralità climatica e la nostra sovranità tecnologica nel prossimo futuro e necessitano quindi di un ambiente favorevole agli investimenti – sottolinea -. Il nostro scambio ha anche sottolineato la necessità di maggiori sinergie europee nelle nostre industrie della difesa, che a mio avviso è fondamentale“.

Tra le soluzioni studiate al vertice di Parigi c’è quella sulla semplificazione e accelerazione delle autorizzazioni e l’accesso ai programmi di finanziamento europei e agli aiuti di Stato, in particolare per le pmi, eliminando le sovrapposizioni normative e riducendo gli obblighi di rendicontazione “ben oltre l’obiettivo della Commissione Ue del 25%. O ancora “incrementare gli investimenti pubblici e privati per rafforzare l’innovazione, la produttività e la competitività” e portare a compimento, con successo, la doppia transizione. Con un “sostegno mirato alle imprese dei settori industriali più strategici“. In questo senso, dunque, vanno rafforzati i finanziamenti dell’Ue per i beni pubblici europei e le infrastrutture e coinvolgendo maggiormente la Banca europea per gli investimenti. Ma serve anche un “ampio mix di nuove risorse proprie“, con un’Unione europea capace di “finanziare progetti tecnologici di innovazione, in particolare per le tecnologie pulite e net zero, l’intelligenza artificiale dai chip alla capacità di calcolo e ai modelli di grandi dimensioni, i semiconduttori e la cybersicurezza“.

Altro punto rilevante, messo nero su bianco nella dichiarazione congiunta finale, riguarda la necessità di “applicare meglio, approfondire e rafforzare il mercato unico per sfruttare appieno i vantaggi dell’integrazione economica europea, garantendo regole comuni e una forte supervisione, nonché l’applicazione delle norme, in particolare per i prodotti importati“. L’obiettivo, infatti, è “garantire una concorrenza efficace nel mercato unico e affrontare adeguatamente i problemi strutturali della concorrenza nel contesto globale, in particolare nei settori che hanno una dimensione internazionale e sono di grande importanza per l’economia generale dell’Ue“. Urso, Le Maire e Habeck, infine, auspicano “un controllo efficace delle fusioni che impedisca le ‘acquisizioni killer’ con certezza giuridica e chiedono un’attuazione e un monitoraggio approfonditi della legge sui mercati digitali“.

 

Photo credit: account X Adolfo Urso

Mattarella torna in Africa: visita in Costa d’Avorio e Ghana, energia e istruzione tra i temi

Costa d’Avorio e Ghana: sono le due tappe del nuovo viaggio istituzionale del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Africa. Da oggi, 2 aprile, a sabato 6, accompagnato dal vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, il capo dello Stato tornerà nel continente africano, stavolta visitando due Paesi molto importanti dal punto di vista geostrategico e per il programma di cooperazione italiano, che si collega anche al Piano Mattei varato dal governo. Dopo essere stato in Etiopia e nell’area australe (Mozambico e Zambia), ora Mattarella visiterà la parte occidentale: per dare un ulteriore segnale a un continente che da sempre ha ricevuto l’attenzione italiana, ma che ora assume un ruolo sempre più centrale. Ovviamente, con questa doppia visita completa ma non esaurisce la geografia politica del Quirinale.

Sono principalmente tre i temi che saranno affrontati. Innanzitutto, Costa d’Avorio e Ghana, trovandosi a sud di un’area turbolenta come quella del Sahel, messa a durissima prova negli ultimi anni tra colpi di Stato e terrorismo, fungono anche da ‘cerniera’ grazie al fatto di aver sviluppato modelli e strutture democratiche nella regione. Soprattutto il Ghana, che ha una storia ‘esemplare’ anche sui processi elettorali. Ma entrambi i Paesi possono vantare economie dinamiche e aperte, dunque nonostante risentano delle turbolenze cercano comunque di portare avanti un’azione moderatrice e stabilizzatrice. Il 3 aprile Mattarella sarà ricevuto al Palazzo Presidenziale di Abidjan, dove incontrerà il presidente della Repubblica della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara. Nel pomeriggio, poi, sarà alla cerimonia di consegna delle Chiavi del Distretto di Abidjan, molto sentita dalla comunità locale: un’onorificenza riconosciuta a personalità ritenute di alto valore. Nella mattinata del 5 aprile, invece, ad Accra, Mattarella sarà alla Jubilee House, dove avrà un incontro con il presidente della Repubblica del Ghana, Nana Addo Dankwa Akufo-Addo. A seguire, si recherà al Memoriale di Kwame Nkrumah e successivamente al Castello di Christiansborg.

La visita in Africa sarà anche l’occasione per portare il saluto al comandante e ai membri dell’equipaggio del Pattugliatore d’altura ‘Bettica‘ della Marina Militare italiana, impegnata in operazioni di monitoraggio nel Golfo di Guinea, nell’ambito di un programma di lotta alla pirateria e ad altre forme di criminalità in mare, come contributo al quadro di sicurezza di Paesi come Costa d’Avorio e Ghana, appunto, che essendo rivieraschi dipendono molto dai commerci e, quindi, dal transito delle imbarcazioni. Mattarella sarà a bordo della nave, attraccata al porto di Tema, ad Accra, il 6 aprile, prima di rientrare in Italia.

Altro argomento sarà la formazione e l’istruzione, molto centrale nel programma di cooperazione con l’Africa e ora anche con il Piano Mattei. Il 4 aprile, in Costa d’Avorio, Mattarella (primo presidente della Repubblica italiana in visita nel Paese) farà tappa al complesso scolastico di Canal Vridi, ristrutturata grazie all’impegno della Ong Avsi e dell’Eni, mentre sabato 6 aprile, sarà al Centro di formazione professionale don Bosco di Ashaiman, in Ghana, gestito dai padri salesiani e creato grazie al contributo di Confindustria Alto Adriatico: un progetto legato allo sviluppo dei flussi regolari dell’immigrazione, necessari alla nostra economia, che prevede la preparazione dei giovani africani, che poi saranno chiamati a fare pratica in Italia.

Si parlerà anche di energia nel viaggio del capo dello Stato. Sempre il 4 aprile, infatti, Mattarella visiterà la stazione a terra del giacimento di olio e gas associato di Baleine, scoperto nel 2021 dall’Eni a 70 chilometri dalla costa di Abidjan e a 1.200 metri di profondità, che ha potenzialità di 2,5 miliardi di barili di olio in posto e dall’entrata in produzione ha prodotto 100 miliardi di metri cubi di gas associato. Nell’area il Cane a sei zampe è molto attivo e ha in cantiere diversi progetti, non solo per le estrazioni ma anche per lo sviluppo delle comunità locali, che saranno illustrate del managing director Eni Costa d’Avorio e dall’intervento del ministro delle Miniere, del Petrolio e dell’Energia ivoriano.

 

 

Photo credit: sito internet ufficiale del Quirinale

Rigassificatore

INFOGRAFICA INTERATTIVA Stoccaggio gas, l’Italia sale al 58% e media Ue cala al 59,03%

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA viene mostrato l’aggiornamento degli stoccaggi di gas nei Paesi dell’Ue. Secondo la piattaforma Gie Agsi-Aggregated Gas Storage Inventory (aggiornata al 25 marzo), l’Italia aumenta ancora la propria quota e si porta al 58%, mentre la media Ue è in lieve calo a 59,03%. Francia e Croazia restano nelle ultime posizioni, mentre in testa c’è sempre il Portogallo, in calo a 88,32%.