Enel, nei primi nove mesi del 2023 utile netto 5 mld (+65,2%): “Risultati solidi”

Nei primi nove mesi del 2023 il Gruppo Enel consolida la propria posizione con “risultati solidi. Il Consiglio di amministrazione, presieduto da Paolo Scaroni, approva infatti il resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2023, oltre al prospetto contabile riferito alla stessa data e la relazione, da cui risulta che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della Società consente la distribuzione di un acconto sul dividendo per l’esercizio 2023 pari a 0,215 euro per azione, che verrà messo in pagamento a decorrere dal 24 gennaio 2024. Stando ai risultati, l’utile netto cresce del 65,2% arrivato a oltre 5 miliardi di euro: un aumento che riflette l’andamento positivo della gestione operativa ordinaria e la minore incidenza delle interessenze dei terzi sul risultato netto ordinario, che hanno più che compensato l’incremento degli oneri finanziari netti dovuto all’evoluzione dei tassi di interesse e all’aumento del debito medio del periodo, nonché il maggior onere fiscale da ricondurre ai migliori risultati.

L’Ebitda ordinario è 16,3 miliardi (+29,3%), mentre l’Ebitda 15,2 miliardi e l’Ebit 9,8 miliardi (+62,1%). I ricavi registrati sono 69.534 milioni di euro, in calo del 34,1%, attribuibile principalmente alla Generazione Termoelettrica e Trading per i minori volumi di energia prodotti in un regime di prezzi medi di vendita decrescenti – spiega Enel – in un contesto caratterizzato da una maggiore stabilità dei prezzi rispetto ai nove mesi del 2022, in particolare in Italia e Spagna, e per il differente perimetro di consolidamento, nonché ai Mercati Finali per le minori quantità vendute in un contesto di prezzi decrescenti e per la cessione, avvenuta nel 2022, di Celg Distribuição (Enel Goiás) in Brasile. Il decremento dei ricavi di Enel X è riferibile essenzialmente alla rilevazione, nel corso dei nove mesi del 2022, dei proventi derivanti dalla cessione parziale della partecipazione detenuta in Ufinet per 220 milioni di euro e dalla cessione di alcune partecipazioni di Enel X a Mooney Group per 67 milioni di euro, nonché ai minori ricavi registrati in Colombia e in Italia.

I ricavi di Enel Green Power, poi, risultano in aumento rispetto all’analogo periodo del 2022, prevalentemente per l’incremento delle quantità prodotte da fonte idroelettrica e solare in Italia, Spagna e America Latina e per i proventi per 98 milioni di euro derivanti dalle cessioni parziali delle partecipazioni detenute in alcune società, prevalentemente in Australia. La diminuzione dei ricavi per Enel Grids è principalmente riconducibile alla variazione di perimetro derivante dalla cessione, nel 2022, di alcune società in America Latina. Tali effetti sono stati sostanzialmente compensati dagli adeguamenti tariffari in Italia e in America Latina.

L’indebitamento finanziario netto è a 63.312 milioni di euro (60.068 milioni di euro a fine 2022, +5,4%), riconducibile principalmente ai positivi flussi di cassa generati dalla gestione operativa, dalla cessione di alcune società ritenute non più strategiche e dall’emissione di prestiti obbligazionari non convertibili subordinati ibridi perpetui, che hanno solo parzialmente compensato il fabbisogno generato dagli investimenti del periodo e il pagamento dei dividendi, nonché lo sfavorevole andamento dei tassi di cambio. Gli investimenti risultano 8,7 miliardi di euro (-5,9%), inoltre è stato deliberato un acconto sul dividendo 2023 pari a 0,215 euro per azione, in pagamento dal 24 gennaio 2024, in crescita del 7,5% rispetto all’acconto distribuito a gennaio 2023. Il Cda, peraltro, conferma la politica di acconto sui dividendi per l’esercizio 2023, prevista dal Piano Strategico 2023-2025. E ancora, alla luce della solida performance operativa registrata nei nove mesi del 2023, la guidance relativa all’esercizio 2023, fornita ai mercati finanziari in occasione della presentazione del Piano Strategico 2023-2025, è stata rivista al rialzo.

Le vendite di energia elettrica nei nove mesi del 2023, ancora, ammontano a 228,8 TWh, con un decremento di 13,5 TWh (-5,6%, -2% circa a parità di perimetro) rispetto all’analogo periodo dell’esercizio precedente. In particolare, si rilevano: (i) maggiori quantità vendute in Argentina (+0,6 TWh), Cile (+0,5 TWh), Perù (+0,3 TWh) e Colombia (+0,1 TWh) e (ii) minori quantità vendute in Italia (-7,7 TWh), Brasile (-5,6 TWh), Spagna (-0,6 TWh) e Romania (-1,2 TWh). Le vendite di gas naturale sono pari a 6,0 miliardi di metri cubi nei nove mesi del 2023, in diminuzione di 1,5 miliardi di metri cubi (-20,0%) rispetto all’analogo periodo dell’esercizio precedente. Nei nove mesi del 2023, la potenza efficiente installata netta totale del Gruppo Enel è pari a 82,9 GW, mentre l’energia netta prodotta è pari a 158,3 TWh.

Piano Mattei, in Cdm arriva il decreto sulla governance con cabina di regia e struttura di missione

di Dario Borriello

La partita entra nella fase caldissima. Domani, 3 novembre, alle ore 11, in Consiglio dei ministri arriverà il decreto legge che definisce la governance del Piano Mattei, il progetto su cui il governo, e la premier Giorgia Meloni, puntano per ampliare la cooperazione con l’Africa e fare dell’Italia l’hub energetico d’Europa, favorendo lo sviluppo delle popolazioni locali per frenare i flussi migratori dal sud del Mediterraneo. Gli obiettivi del Piano, infatti, sono quelli di costruire un “nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza“.

Sono diversi anche gli ambiti di intervento. Dalla cooperazione allo sviluppo alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, l’istruzione e formazione professionale, la ricerca e innovazione, la salute, l’agricoltura e sicurezza alimentare, l’approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche, ma anche la tutela dell’ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, l’ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture, anche digitali, nonché la valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico anche nell’ambito delle fonti rinnovabili, il sostegno all’imprenditoria, in particolare a quella giovanile e femminile. Il governo, però, allo stesso tempo intende promuovere l’occupazione sul territorio africano, anche per prevenire e contrastare l’immigrazione irregolare.

Il Piano Mattei prevede, poi, “strategie territoriali riferite a specifiche aree del continente africano, anche differenziate a seconda dei settori di azione“, e avrà una durata quadriennale, con possibilità di rinnovo e aggiornamento “anche prima della scadenza“.

Per portare avanti il progetto sarà istituita una cabina di regia, guidata dal presidente del Consiglio e composta dal ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, con funzioni di vicepresidente, e dagli altri ministri, oltre al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dal direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, dai presidenti dell’Ice-Agenzia italiana per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, di Cassa depositi e prestiti e Sace. Inoltre, ne faranno parte i rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica, del sistema dell’università e della ricerca, della società civile e del terzo settore, rappresentanti di enti pubblici o privati, esperti nelle materie trattate, individuati con un Dpcm che sarà varato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Per assicurare “supporto al presidente del Consiglio dei ministri per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell’azione strategica del governo” sul Piano Mattei verrà istituita, sempre presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche una struttura di missione, alla quale è preposto un coordinatore, articolata in due uffici di livello dirigenziale generale, compreso quello del coordinatore, e in due uffici di livello dirigenziale non generale, il cui coordinatore sarà individuato tra gli appartenenti alla carriera diplomatica. Alla sdm è assegnato pure un contingente di esperti e avrà a disposizione risorse annue per 500mila euro.

Altro punto importante del decreto è la relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano Mattei, che il governo dovrà trasmettere alle Camere (con l’ok della cabina di regia) entro il 30 giugno di ogni anno.

Buzzella è il neo leader Federchimica: “Bisogna arrivarci al 2030, serve fondo Ue per la transizione”

Francesco Buzzella da oggi è ufficialmente il nuovo presidente di Federchimica. E’ stato votato all’unanimità dall’assemblea riunita a Milano. Cinquantacinque anni e comproprietario della Coim, multinazionale fondata nel 1962 che conta 20 siti in 4 continenti e un giro d’affari di 1,4 miliardi, Buzzella non ha usato giri di parole per chiedere un cambio di rotta del percorso verso la transizione, perché “senza una chimica forte si rischia un insuccesso”.

Presidente, nella sua relazione ha parlato di idrogeno e nucleare come fonti di energia del futuro, però allo stesso tempo ha detto che con questi prezzi dell’energia c’è il rischio di deindustrializzazione europea. Siccome idrogeno e nucleare sono obiettivi al 2030, 2040 e 2050 mentre i prezzi alti sono adesso, non c’è un rischio di non farcela?
“Sì, bisogna arrivarci al 2030. Oltretutto l’idrogeno non è una fonte energetica ma un vettore energetico che va prodotto e l’idea di poter produrre l’idrogeno magari con una fonte nucleare a basso costo sarebbe l’ideale. Però noi dobbiamo fronteggiare un presente estremamente difficile, per quello chiediamo un minimo di aiuti soprattutto per i settori più energivori”.

I conti pubblici sono quello che sono…
“Conosciamo le finanze pubbliche, per quello ci vorrebbe un grande fondo europeo per la transizione. La Cina e gli Usa stanno predisponendo grandi fondi per la transizione. La Commissione Ue ha dichiarato che il costo per la transizione da qui al 2030 è di 3500 miliardi di cui 650-700 a carico dell’Italia. Non penso che oggi ci siano delle finanze, a livello di aziende o privati, per sostenere spese di questo tipo. Dovrebbero essere portate avanti all’interno di una governance europea”.

A livello finanziario, per attrarre investimenti, serve una quantificazione di un rendimento. Lei nella sua relazione dice che le rinnovabili non possono sostituire in tutto e per tutto i combustibili fossili.
“Sì, è passata un po’ questa idea che le rinnovabili possano in qualche modo possano soppiantare nel giro di breve tempo tutte le fonti fossili. Ma ci sono fonti fossili e fonti fossili. C’è l’idea di dire ‘non voglio usare più il carbone’ o ‘non voglio più usare gli oli pesanti’ ma bisogna allora prendere in considerazione passaggi come l’utilizzo del metano come fonte energetica di transizione. Non si può dire tout-court ‘basta metano’, ‘basta tutto’ o dire montiamo un po’ di pale eoliche e qualche pannello solare e ci salviamo…”

Il mondo però continua ad andare a petrolio…
“L’80% delle fonti energetiche sono ancora fossili. Possiamo benissimo essere degli apripista perché essere i primi in tema di definizione in materia di emissione può essere anche un vantaggio, se gli altri però ti seguono. Perché comunque sono tecnologie più costose. Insisto: vogliamo far la transizione? Bene, ma non possiamo farla pagare tutta ai cittadini e alle imprese, le quali scaricherebbero comunque i maggiori costi sui consumatori”.

E quindi più inflazione.
“Vedo un po’ di contraddizioni di carattere generale”.

Pichetto alla Pre-Cop28: “Politiche climatiche e scelte energetiche sono facce della stessa medaglia”

La parola d’ordine è realismo. Alla pre-Cop28 di Abu Dhabi il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, porta la posizione italiana. Ribadendo che è un “dovere di tutti noi contribuire all’attuazione dell’Accordo di Parigi con la massima ambizione possibile, agendo con risolutezza entro il 2030 per ridurre le emissioni globali e procedere verso una traiettoria chiara di neutralità climatica”. Ma, allo stesso tempo, “un’azione ambiziosa per il clima è una azione equa, poiché riduce i rischi associati al riscaldamento globale, proteggendo i più vulnerabili dagli impatti peggiori”. Dunque, portare avanti la sostenibilità ambientale, ma anche quella economica e sociale. Sebbene, puntualizza Pichetto, “Tutti dobbiamo contribuire, e certamente in particolare quelli che attualmente emettono quote elevate di emissioni globali”.

Il responsabile del Mase esorta a sfruttare le occasioni che la scienza mette a disposizione dei governi e degli Stati, fornendo “soluzioni realizzabili per affrontare questa sfida globale”, anche se “la finestra di opportunità per agire per limitare gli effetti del cambiamento climatico – avverte – è molto stretta e non possiamo perdere altro tempo”.

Serve pragmatismo nelle scelte, quindi una delle basi di discussioni da cui l’Italia suggerisce di partire è quella di considerare politiche climatiche e scelte energetiche sul medesimo binario: “Sono facce di una stessa medaglia, non si può parlare delle prime senza affrontare il tema della riduzione della nostra dipendenza dai combustibili fossili e al contempo assicurare la sicurezza energetica”, sottolinea Pichetto. Che poi aggiunge: “In questo contesto, riteniamo che la Cop28, attraverso il Global stocktake, possa e debba dare indicazioni chiare verso percorsi realistici che portino ad obbiettivi tangibili”.

Tra questi cita “triplicare la capacità di energia rinnovabile globale e raddoppiare il tasso di efficienza energetica attuale, ridurre drasticamente le emissioni di metano, eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili e adottare misure di mitigazione ambiziose in tutti i settori economici”. Obiettivi che definisce “tutti alla nostra portata”. Per questo “è evidente che il successo della Cop28 sarà misurato anche se saremo in grado di definire e contestualizzare l’obbiettivo globale per l’adattamento”.

Ma Pichetto avvisa i partner internazionali anche su altri fattori da tenere bene a mente: “Il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine dell’Accordo di Parigi richiede una trasformazione fondamentale di tutte le economie e un grande cambiamento nella struttura dell’economia globale, dei mercati finanziari e degli investimenti”. Ragion per cui, ammonisce, “dobbiamo lavorare insieme per rimuovere le barriere che ostacolano l’accessibilità e la sostenibilità dei Paesi vulnerabili e indebitati nell’attrarre finanziamenti per la transizione energetica e rafforzare la resilienza”.

Infine, altra parola d’ordine è sostenibilità. “La mitigazione e l’adattamento devono essere integrati in ogni decisione economica e finanziaria a livello nazionale e globale, oltre che nei bilanci nazionali”, ribadisce ancora Pichetto. Che conclude: “Solo in questo modo possiamo realmente coniugare la lotta al cambiamento climatico con le esigenze di sviluppo che i nostri cittadini ci richiedono”.

 

Photo credit: Mase

Dopo il salvataggio di Uniper, Germania pronta a spendere 16 mld per Siemens Energy

Sale del 9% Siemens Energy alla Borsa di Francoforte, dopo il tonfo di -35% di giovedì e dopo il -70% rispetto a soli sei mesi fa. A far tornare gli acquisti sulla società che opera nelle turbine eoliche la volontà del governo federale tedesco di sborsare 16 miliardi di euro pubblici a garanzia della continuità aziendale della società nata nel 2020 da uno scorporo deciso dalla casa madre Siemens, che aveva precedentemente rilevato l’azienda spagnola specializzata in parchi eolici onshore, Gamesa. Il ministero dell’Economia tedesco è pronto a sostenere Siemens Energy perché considera l’azienda come un asset strategico che svolgerà un ruolo importante nella protezione delle forniture energetiche. “Il governo vuole evitare di ripetere gli errori che di fatto hanno ucciso la sua industria solare più di dieci anni fa. Questa visione sta spingendo le trattative per 16 miliardi di euro in garanzie sui prestiti”, scrive Bloomberg.

Siemens Energy è entrata in crisi per i crescenti problemi con le turbine eoliche onshore difettose: un guasto a migliaia di apparecchi ha lasciato l’azienda con un costo di riparazione di almeno 1,6 miliardi di euro insieme a una perdita netta prevista di 4,5 miliardi di euro per l’anno. Le banche sono attualmente riluttanti ad assumersi ulteriori rischi in un contesto già complicato per l’eolico: Siemens Energy e i concorrenti come Vestas, General Electric e Nordex si sono impegnati negli ultimi anni in una concorrenza “rovinosa” – scrive Spiegel – e hanno immesso sul mercato in rapida successione turbine eoliche sempre più grandi. A ciò si aggiunge la crescente concorrenza dei fornitori cinesi che entrano nel mercato globale con prezzi notevolmente più bassi.

Secondo il ministero dell’Economia, guidato dal verde Robert Habeck, il sostegno statale sarebbe a basso rischio, poiché la società ha ancora un portafoglio ordini di 110 miliardi di euro. La decisione sulla concessione di garanzie pubbliche a Siemens Energy deve avere comunque l’approvazione dei liberali, che controllano il ministero delle Finanze e hanno adottato una linea dura sulla spesa e sull’ingerenza statale nell’economia. I due ministeri stanno negoziando congiuntamente in queste ore con Siemens Energy, aggiunge Bloomberg.

Sembra un film già visto in Germania. Lo scorso anno l’importatore di gas tedesco Uniper, finito in crisi di liquidità per l’impennata dei prezzi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, fu salvato dal crac grazie a un intervento di 18 miliardi di euro deciso da Berlino. A luglio però la società ha dichiarato di aspettarsi profitti per miliardi di euro nel 2023 per il forte calo delle quotazioni del metano. E ora il direttore generale Michael Lewis ha dichiarato al ‘Rheinische Post’ che restituirà alla banca statale Kfw “l’ultima tranche di ciò che abbiamo utilizzato, per un valore di 2 miliardi di euro”. Lewis ha poi sottolineato che l’azienda ha anche bisogno di meno capitale di quello previsto dallo Stato del previsto: finora ha ricevuto 13,5 miliardi di euro di capitale proprio, altri 20 miliardi erano previsti entro il 2024, ma non sarebbero necessari.

Questo precedente sostiene il pensiero del ministro dell’Economia. “In termini di politica industriale, siamo a un punto di svolta e sarebbe sbagliato pensare che se non si affronta la concorrenza, l’economia ne trarrà vantaggio”, ha detto Habeck in un evento ad Ankara, come riporta Bloomberg. “Queste tecnologie verranno prodotte comunque e la domanda è se l’Europa dovrà importarle”. I tedeschi erano stati in prima linea a livello globale nella produzione di pannelli fotovoltaici nei primi anni 2000 grazie a finanziamenti governativi strategici, con oltre 150.000 dipendenti nel 2011. Poi il taglio ai sussidi, che portò al crollo di installazioni solari e alla perdita di circa 100.000 posti di lavoro. Al contrario la Cina da anni sovvenziona da anni la sua industria solare. Risultato: gli operatori cinesi sono diventati leader mondiali nel solare e annoverano pure 9 dei 15 maggiori produttori di turbine al mondo che costano tra il 20 e il 50 per cento in meno delle turbine europee.

Crediti d’imposta energia e gas, anticipata la scadenza

Con l’approvazione del Decreto Proroghe è stata anticipata la scadenza per utilizzare in compensazione i crediti di imposta energia e gas maturati nel I° e II° trimestre 2023.

La scadenza, prevista per il 31 dicembre 2023, è stata anticipata al 16 novembre 2023.

“Tali crediti, ricordiamo – spiega Salvatore Baldino, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile Irap, non rilevano ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi di reddito. Sono cumulabili con altre agevolazioni, a condizione che il cumulo non determini il superamento del costo sostenuto”.
“Inoltre, i crediti sono cedibili esclusivamente per intero ad altri soggetti – prosegue Baldino – con possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di soggetti qualificati, come ad esempio banche e intermediari finanziari”.

Tale scadenza vale sia per le imprese che hanno sostenuto le spese agevolabili sia per i soggetti cessionari che hanno acquisito il credito.

eolico

Industria eolica nel panico: la tedesca Siemens Energy chiede aiuti di Stato

A giugno la tedesca Siemens Energy aveva comunicato che “a seguito del sostanziale aumento dei tassi di guasto dei componenti delle turbine eoliche, il consiglio di amministrazione ha avviato un’estesa revisione tecnica della flotta installata e dei progetti di prodotti. Lo stato attuale della revisione tecnica suggerisce che per raggiungere la qualità del prodotto mirata di alcune piattaforme onshore, saranno sostenuti costi significativamente più elevati di quanto precedentemente ipotizzato”. E ancora: “È troppo presto per avere una stima esatta del potenziale impatto finanziario dei temi di qualità e per valutare l’impatto della revisione delle nostre ipotesi sui nostri piani aziendali”. Ebbene, in queste ore la stessa Siemens Energy – come anticipato dallo Spiegel – sta chiedendo aiuti di stato al governo federale di Berlino sotto forma di garanzie per diversi miliardi di euro.

Le banche sarebbero attualmente riluttanti ad assumersi ulteriori rischi con Siemens Energy. Ciò è dovuto alle ingenti perdite che il gruppo accumula da anni presso la sua controllata nel settore dell’energia eolica Siemens Gamesa. Nel 2017 Siemens rilevò l’azienda spagnola specializzata in parchi eolici onshore. Nel 2020 il gruppo ha scorporato l’intero business energetico e da allora Siemens Energy è quotata in borsa in modo indipendente. Dopo le rivelazioni dello Spiegel, il titolo ha perso il 35% alla Borsa di Francoforte.

Siemens Energy e i concorrenti come Vestas, General Electric e Nordex si sono impegnati negli ultimi anni in una concorrenza “rovinosa” – scrive Spiegel – e hanno immesso sul mercato in rapida successione turbine eoliche sempre più grandi. A ciò si aggiunge la crescente concorrenza dei fornitori cinesi che entrano nel mercato globale con prezzi notevolmente più bassi, del 20%. Vattenfall e Iberdrola hanno già abbandonato alcuni sviluppi quest’anno e le prospettive fosche minacciano di ostacolare gli sforzi di Xinjiang Goldwind Science & Technology, il più grande produttore di turbine eoliche, e di altri produttori cinesi di espandersi al di fuori del loro mercato interno, evidenzia Bloomberg. Infatti la stessa Xinjiang Goldwind Science & Technology ha comunicato che i profitti sono crollati del 98% a 9,4 milioni di yuan (1,29 milioni di dollari) nel terzo trimestre sebbene le installazioni siano in aumento.

Tornando al Vecchio Continente già durante il WindEurope Annual Event 2023 di Copenaghen che si è tenuto in primavera, i rappresentanti dell’industria eolica hanno lamentato di essere stati colpiti dall’aumento dei prezzi delle materie prime, dall’instabilità globale causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dall’aumento dei tassi di interesse. E poi “è tempo di accelerare l’autorizzazione dei progetti eolici. L’autorizzazione è il principale collo di bottiglia per l’espansione dell’energia eolica. Attualmente 80 GW di energia eolica sono bloccati nell’autorizzazione in tutta Europa. REPowerEU ha apportato miglioramenti. Lo sviluppo dell’energia eolica è ora di interesse pubblico prioritario. REPowerEU ha anche proposto utili modifiche ai permessi ambientali e ha definito scadenze chiare per l’autorizzazione. Questi cambiamenti devono ora essere applicati a livello nazionale e locale“, sottolineava WindEurope. “Il Net Zero Industry Act dell’Ue vuole aumentare la capacità produttiva europea di turbine eoliche a 36 GW/anno. Ciò significa investimenti in stabilimenti esistenti e nuovi. Ma significa anche investimenti in infrastrutture di supporto come reti, porti, navi e nella forza lavoro qualificata – concludeva Windeurope – necessaria per garantire che la transizione energetica sia veramente made in Europe“.

Edso, Zangrandi lascia: Esser è il nuovo segretario generale. Carone (aReti) nel board

Cambio al vertice di European Distribution System Operators, l’associazione che riunisce 35 principali operatori del sistema di distribuzione elettrica. Roberto Zangrandi (nella foto a sinistra) lascia la carica di segretario generale e al suo posto arriverà Charles Esser (nella foto in basso a destra), dall’aprile del 2019 segretario generale del Consiglio dei regolatori europei dell’energia (Ceer), una sorta di Arera continentale. C’è anche un nuovo ingresso nel Board of Directors, che accoglie Giulio Antonio Carone, amministratore delegato di aReti e responsabile della Business Unit Reti & Smart Cities del Gruppo Acea. “E’ finito il mandato del Parlamento Ue, la Commissione europea cambierà alla fine del prossimo anno, stiamo dunque entrando in un semestre bianco per le istituzioni europee e le grandi misure legislative per energia e i distributori del mercato elettrico sono state approvate: era il momento giusto per lasciare”, spiega a GEA Zangrandi. Che comunque sottolinea: “Non mi ritiro completamente, rimarrò molto attivo”. Sarà infatti “headhunter della Htp, una società internazionale specializzata nella ricerca di executives, nella digitalizzazione, nell’intelligenza artificiale, il cloud, e l’Ict: mi occuperò ancora di energia”.

In questi anni Edsoha dato un fortissimo profilo non solo nell’interlocuzione con i legislatori e i regolatori europei al settore della distribuzione elettrica, rappresentando le principali aziende dell’energia, ma ha consolidato il profilo industriale della distribuzione, aspetto che spesso a Bruxelles viene dimenticato – spiega ancora a GEA Zangrandi -. La nostra ambizione è sempre stata quella di dimostrare che siamo via via diventati la Confindustria dei distributori dell’energia, perché abbiamo sempre difeso il carattere industriale e imprenditoriale di un settore composto da diversi elementi che hanno a Bruxelles i loro interlocutori primari”. L’avvicendamento sarà graduale: dal 1 dicembre, infatti, Esser entrerà in carica e per tre settimane è previsto un passaggio di consegne articolato, per poi dal 1 gennaio 2024 essere completamente operativo. “E’ una figura di alto profilo istituzionale nel campo dell’energia – dice ancora il segretario generale uscente di Edso -. E sono orgoglioso che la ricerca mio successore sia stata affidata a me, è un attestato di fiducia molto importante nei miei confronti”.

L’altra grande novità è l’ingresso di Carone nel board. A GEA il manager commenta: “Sono particolarmente lieto di entrare a far parte del Board of Directors di Edso for Smart Grids, associazione con la quale condividiamo molta della nuova Vision di Areti sulla centralità delle iniziative di Smart Cities per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e sostenibilità ambientale”. Perché, spiega, “Areti ed Edso sono, infatti, impegnate in numerosi progetti europei di successo, come Platone, Flow e BeFlexible nei quali esprimiamo eccellenza tecnologica nella digitalizzazione delle reti e assoluta avanguardia nell’implementazione di mercati evoluti di servizi energetici e di Demand Response“. Sull’avvicendamento al vertice di Edso interviene anche Francesco Buresti, responsabile della Business Unit Smart Infrastructures di A2A e membro del Board of Directors. “Dobbiamo ringraziare Roberto Zangrandi per aver creato Edso e averci lavorato, in questi anni, con professionalità e passione – dice a GEA –. E’ sicuramente una persona che lascia il segno”. Sul nuovo segretario generale, Charles Esser: “Non lo conosco personalmente, ma da quello che mi dicono si tratta di una persona capace e che può fare bene. Non mi aspetto cambi strategici, ma che continui a portare a Bruxelles le istanze di questo mondo, facendo in modo che vengano comprese e accolte”.

 

Photo credit: profilo X Christian Buchel

Italgas

Italgas, ricavi per 1,3 miliardi nei primi nove mesi. Gallo: “Avanti su transizione green”

Nei primi nove mesi del 2023 Italgas ha registrato ricavi totali per 1,36 miliardi di euro, in crescita del 26% (+282,8 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo rende noto il gruppo, che ieri ha approvato i risultati consolidati dei primi nove mesi e del terzo trimestre 2023. I ricavi totali si riferiscono a quelli  regolati distribuzione gas (1.086,7 milioni di euro) e a ricavi diversi (283,1 milioni di euro). Al 30 settembre 2023, i ricavi derivanti del Gruppo DEPA Infrastructure sono pari a 130,4 milioni di euro, mentre quelli delle attività nell’efficienza energetica ammontano a 263,7 milioni di euro, trainati dal progressivo avanzamento dei cantieri connessi al Super ecobonus. I ricavi regolati distribuzione gas aumentano di 119,4 milioni di euro rispetto al corrispondente periodo del 2022 per effetto dell’aumento dei ricavi di vettoriamento (+128,5 milioni di euro) in parte compensato dalla diminuzione degli altri ricavi regolati distribuzione gas (-9,1 milioni di euro).

Al 30 settembre l’utile operativo lordo (EBITDA) di Italgas ammonta a 910,5 milioni di euro, in aumento di 125,1 milioni di euro (+15,9%) rispetto al corrispondente periodo del 2022 (785,4 milioni di euro). Questa variazione comprende 85,1 milioni di euro derivanti dal consolidamento del Gruppo DEPA Infrastructure, 37,6 milioni di euro risultanti dalle attività ESCo2 e dalla crescita della distribuzione gas in Italia al netto della cessione dell’ATEM Napoli. L’utile netto adjusted attribuibile al gruppo al  ammonta a 316,7 milioni di euro, in crescita del 10,8% rispetto ai primi 9 mesi dello scorso anno.

Il gruppo prosegue lungo la strada verso la transizione green, puntando sulle rinnovabili. “Con quasi 600 milioni di euro investiti nei primi nove mesi, la società – spiega l’amministratore delegato Paolo Gallo – ha intensificato le attività di estensione e trasformazione digitale delle reti del gas, sia in Italia che in Grecia, continuando a favorirne l’evoluzione anche come elemento strategico di stimolo alla produzione di gas rinnovabili come biometano, metano sintetico e idrogeno“.

I primi nove mesi del 2023, spiega il gruppo, “hanno visto intensificarsi l’attività operativa volta a raggiungere i target fissati nel Piano Strategico 2023-2029 e nel Piano di Creazione di Valore Sostenibile, con particolare riguardo agli obiettivi di trasformazione digitale del network, principale abilitatore della transizione energetica“. Per Gallo, sono state conseguite “performance solide e di valore che hanno permesso di continuare a crescere anche in un contesto socio-economico instabile a causa del protrarsi delle tensioni internazionali. Un risultato reso possibile da diversi fattori”, tra cui “la nostra visione che ha confermato la centralità delle reti di distribuzione del gas – smart, digitali e flessibili – per una transizione ecologica sicura, sostenibile e competitiva”. I risultati, aggiunge, sono stati ottenuti anche grazie “ai traguardi già maturati in Grecia con anche la fusione dei tre DSO in un unico operatore, e nel settore idrico il perfezionamento dell’acquisizione delle concessioni di Veolia”.

Digitalizzazione, decarbonizzazione, economia circolare e formazione, dice ancora l’amministratore delegato, “si confermano fattori strategici per il raggiungimento dei nostri obiettivi di crescita. Target che dipenderanno dalla nostra capacità di spingere sempre più in alto l’asticella dell’innovazione continuando a fare leva o sulla nostra risorsa principale, le persone”.

L’attenzione alla transizione è ben rappresentata anche dalla riduzione dei consumi energetici netti, diminuiti del 14,1%.

Pichetto esclude proroga secca mercato tutelato. E rilancia ruolo rigassificatori

L’energia torna centrale nel dibattito politico. Le tensioni tra Israele e Palestina fanno riaffiorare i dubbi su approvvigionamenti, anche se il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ai microfoni di Rainews a margine del Med Energy di Ravenna, rassicura: “La situazione in Medio Oriente certamente non lascia tranquilli e va monitorata costantemente, però lo stoccaggio nel nostro Paese è tale per cui dovremmo mantenerci sulla quantità“.

Semmai, avverte, la questione mediorientale “rischia di avere degli effetti, purtroppo negativi, sul prezzo” dell’energia. Ecco perché il nuovo decreto che sarebbe dovuto andare ieri in Consiglio dei ministri, assume ancora più importanza in questa fase storica. Il testo è slittato alla prossima riunione del Cdm, che dovrebbe essere il 31 ottobre, ma sul punto più cruciale, ovvero la fine del mercato tutelato, l’orizzonte inizia a schiarirsi. “Dal 10 gennaio, per i non vulnerabili, sarà automatica la gara, nessuno ha mai pensato di spostarla – spiega infatti Pichetto -. La valutazione che si sta facendo, a livello tecnico, è quello di trovare un percorso affinché tutti siano bene informati e non sia traumatico il passaggio“. Ma alla domanda se ci sarà una proroga secca alla misura, la risposta è perentoria: “La escludo“.

La partita, comunque, si gioca su più campi. Con una sola certezza: con “i recenti fatti di Gaza, e in precedenza la crisi ucraina, il quadro energetico è completamente cambiato“, dice il responsabile del Mase al Med Energy.  Dunque, occorre “coniugare i termini di questo trilemma, perché non riusciamo a parlare di mitigazione” dei rischi dovuti al cambiamento climatico “senza considerare di energia: la questione ambientale va vista anche sul fronte sociale e sul fronte economico” e “questo vale per tutti i Paesi della sponda mediterranea“. In questo scenario, dunque, assumono grande rilevanza temi come la diversificazione delle forniture e l’infrastrutturazione. “Abbiamo le pipeline con il gas che arriva da Algeria, Libia e Azerbaijan, poi Tarvisio con il gas dalla Russia e Passo Gries dove attualmente arriva gas norvegese – elenca Pichetto -. Ma la sfida della sicurezza è data anche dai rigassificatori, che possono permetterci di garantire un approvvigionamento diversificato“. Ragion per cui conferma che dopo Piombino e Ravennac’è una valutazione sulla previsione di rigassificatori al sud Italia“. Sul progetto di Gioia Tauro, infatti, c’è grande attenzione. Così come Vado Ligure, che dovrà accogliere la nave Fsru ‘Golar Tundra’ una volta terminato il periodo di permanenza in Toscana. L’opera di diversificazione, comunque, non si ferma delle fonti e prosegue esplorando tutte le possibilità di collaborazione. Come quella con Cipro. Pichetto, infatti, a Ravenna incontra il ministro dell’Energia, del Commercio e dell’Industria della Repubblica di Nicosia, George Papanastasiou. Nel colloquio si è parlato di progetti infrastrutturali e del contributo che può venire nel campo della sicurezza energetica e della diversificazione dagli operatori interessati alle opportunità di sviluppo del settore “anche con l’obiettivo di rafforzare il ruolo di hub dell’Italia nella regione mediterranea“.