Terna, il 15 marzo il Piano decennale rete elettrica. L’ad: Transizione richiede equilibrio

Il 15 marzo verrà presentato il piano di sviluppo decennale 2023-2032 della rete elettrica di trasmissione nazionale. E’ quanto annunciato dall’amministratore delegato di Terna, Stefano Donnarumma, a margine della presentazione dell’edizione 2023 del premio ”Driving Energy’. Per l’ad, “la transizione ecologica ed energetica, nella quale siamo tutti più immersi di quanto possiamo immaginare, è un processo che senza equilibrio non va da nessuna parte”. “L’equilibrio tra la produzione, la generazione di energia e il suo consumo – continua -, l’equilibrio tra l’energia disponibile in una rete e i sistemi di accumulo che dovranno garantirne una equa distribuzione nel tempo, compensando i picchi e le valli. Nella gestione di una impresa così complessa, che è il mio mestiere da 30 anni, l’equilibrio è un altro elemento molto importante, non solo mentale ma anche organizzativo. Come l’equilibrio tra la produttività e la sicurezza”.

Dopo il successo della prima edizione, Terna ha infatti lanciato il ‘Premio Driving Energy 2023 – Fotografia Contemporanea‘, il concorso gratuito aperto a tutti i fotografi in Italia, finalizzato alla promozione dello sviluppo culturale del Paese e dei nuovi talenti del settore. Il Premio propone quest’anno il tema ‘Elogio dell’equilibrio’. Da oggi e fino al 30 giugno, i fotografi sono invitati a interpretare uno dei concetti-chiave della nostra cultura che, per ricchezza di significati e accezioni, può fornire i più diversi spunti di riflessione artistica e creativa. L’equilibrio è anche un asse portante della mission di Terna che, 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, garantisce, attraverso l’attività del dispacciamento, l’equilibrio tra energia prodotta e consumata, permettendo al sistema elettrico il migliore funzionamento per abilitare la transizione energetica e trasmettere tutta l’energia di cui il Paese ha bisogno

Enel lancia progetto ‘Energie per la scuola’: ponte tra lavoro e formazione

Un programma formativo che promuova un ‘ponte’ tra imprese e scuola, favorendo un efficace inserimento degli studenti nel mondo del lavoro. E’ questo l’obiettivo del progetto ‘Energie per la scuola’ presentato da Enel, per fornire ai giovani le competenze utili per abbracciare le nuove professioni della transizione energetica e aprire così un percorso professionale nelle aziende della filiera elettrica, una volta portato a compimento il ciclo di studi. “Vogliamo dare una risposta concreta al problema del disallineamento tra domanda e offerta di professionalità tecniche e fornire una formazione in linea con le necessità della transizione energetica, anche in vista delle opportunità offerte dal Pnrr”, spiega il direttore di Enel Italia, Nicola Lanzetta.

“Energie per la scuola rappresenta una straordinaria occasione di crescita per il Paese a più livelli – aggiunge -: per i giovani, a cui è garantita la possibilità di accedere al mondo del lavoro con un una qualifica spendibile; per le scuole, in grado di migliorare la propria offerta formativa rendendola al passo con le richieste del mercato; infine, per le stesse aziende della filiera elettrica, che, attraverso il programma, possono avvalersi di personale specializzato al fine di realizzare progetti a beneficio di tutti”.

Dopo un primo avvio sperimentale nel 2022 che ha interessato 11 istituti, 8 aziende e creato le condizioni per l’assunzione di 100 ragazzi, quest’anno il progetto viene ampliato coinvolgendo più di 500 giovani, oltre 60 scuole in tutta Italia e 25 tra imprese e consorzi. “Le grandi aziende come la nostra hanno una responsabilità in più, perché quando si opera nel sistema bisogna fare due cose: anticipare i trend, ma anche contenere il sistema nella sua completezza. Questa iniziativa è straordinaria, perché integra il mondo del lavoro e quella della formazione, ma si inquadra in una strategia più ampia”, dice l’amministratore delegato di E-Distribuzione, Vincenzo Ranieri. ‘Energie per la scuola’ è infatti rivolto agli allievi dell’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali, consentendo loro di acquisire le conoscenze e le abilità tecniche necessarie per svolgere i lavori maggiormente richiesti dalle aziende della filiera elettrica ed essere così assunti nelle imprese fornitrici di Enel subito dopo aver conseguito il diploma.

“Il mondo del lavoro è profondamente cambiato post pandemia, abbiamo abbandonato i canoni classici di un lavoro vecchio stile, da svolgere in un luogo definito e con orari e giorni della settimana ben definiti. Quello che le persone vogliono adesso è un lavoro sostenibile”, sottolinea la responsabile People and organization Italia di Enel, Francesca Valente. Spiegando che “la formazione è un potente abilitatore naturale di benessere, inclusione e crescita”, oltre che “un asset strategico” per l’azienda. ‘Energie per la scuola’ è caratterizzato da un approccio didattico innovativo che permette ai ragazzi di consolidare le conoscenze acquisite sui banchi attraverso l’esperienza pratica, in piena sicurezza, seguendo corsi ad alta specializzazione erogati dalla scuola in collaborazione con istituti di formazione certificati.

Poste lancia offerta luce e gas: elettricità da rinnovabili e prezzi bloccati 2 anni

L’offerta è fra le più competitive del mercato. Poste Italiane lancia Poste energia, che prevede una bolletta fissa per due anni sia per energia elettrica sia per il gas. Rata sempre uguale, anzi potenzialmente in diminuzione se dal secondo anno si scoprisse che il cliente ha pagato di più in quanto ha consumato di meno. “Con il lancio di Poste Energia – ha spiegato l’amministratore delegato di Poste Italiane, Matteo Del Fantecompletiamo il processo di ampliamento della gamma di servizi ai clienti di Poste Italiane puntando sulla forza della nostra piattaforma innovativa e omnicanale. Poste Energia è un servizio vicino alla nostra filosofia perché è trasparente, prevedibile, innovativa e sostenibile e fa leva sul fortissimo rapporto di fiducia che lega i cittadini a Poste Italiane. Si tratta di un altro passo in avanti del percorso definito nel Piano industriale 24SI Plus, con il potenziamento della strategia di azienda multi-piattaforma con business diversificato tra servizi postali e logistici, finanziari, assicurativi, di pagamento, telefonia e ora anche energia”.

ENERGIA ELETTRICA 100% GREEN. Oltre al prezzo, la caratteristica di Poste energia è la qualità dell’elettricità venduta. Infatti “vendiamo solo energia elettrica 100% green prodotta in Italia esclusivamente da fonti rinnovabili e certificata da garanzie d’origine”. Inoltre, sottolinea il gruppo, “compensiamo le emissioni di CO2 del gas venduto tramite l’acquisto di crediti di carbonio che attestano il nostro supporto a progetti internazionali volti a ridurre i gas serra e a migliorare le condizioni di vita delle persone”.

PREZZI COMPETITIVI. L’offerta di Poste è destinata a rivoluzionare il mercato per due motivi. Il primo riguarda la presenza capillare della società nel territorio. La soluzione luce e gas è disponibile in tutti gli uffici postali, su Poste.it e sulle app Postepay e BancoPosta. I clienti potenziali sono 35 milioni, ovvero le persone che utilizzano gli sportelli fisici e virtuali della più grande rete di distribuzione di servizi italiana. La seconda ragione è che i costi sono fra i più convenienti. Per chi entro il 7 marzo decidesse di scegliere Poste Energia, l’offerta Luce sarebbe formata da un prezzo componente energia monorario (comprensivo di perdite) di 0,290 euro/kWh  bloccato per 24 mesi, mentre il prezzo componente commercializzazione e vendita (PCV) è pari a 69,8818 euro/anno. L’offerta Gas invece è composta da un prezzo componente materia prima gas di 1,055 euro/Smc bloccato per 24 mesi, un prezzo componente commercializzazione e vendita fissa (QVD fissa) per 67,32 euro/anno, mentre il prezzo componente commercializzazione variabile (QVD variabile) è ora di 0,007946 euro/Smc.

IL CONFRONTO CON IL MERCATO. I prezzi sono fra i più economici confrontando le offerte di oggi dei concorrenti. Nell’elettricità, in base alle stime di www.luce-gas.it, la regina della convenienza sarebbe Next Energy ‘Sunlight di Sorgenia, con una tariffa a prezzo indicizzato rispetto al prezzo unico nazionale (PUN)’, in pratica PUN + 0,030 €/kWh. La convenienza scatta comunque in presenza di determinate condizioni commerciali. “Il prezzo in bolletta cambia ogni mese e segue l’andamento del mercato all’ingrosso, con lo scopo di sfruttare l’eventuale diminuzione dei prezzi nei prossimi mesi”. Tuttavia se i prezzi industriali dovessero crescere, salirebbe anche il costo della bolletta ovviamente. Più simile a quella di Poste è l’offerta di NeN, il nuovo gestore del gruppo A2A che propone un abbonamento mensile a rate costanti tutto incluso. La soluzione prevede un prezzo di 0,299 €/kWh oppure 62 euro/mese. Vale però per 12 mesi. Con Poste Energia invece, “se durante l’anno di fornitura hai pagato di più rispetto all’energia che hai consumato, hai diritto ad un rimborso e potrai scegliere se usarlo per abbassare la nuova rata o se riceverlo in accredito sul Conto BancoPosta o sulla Carta Postepay Evolution. Se hai pagato di meno, distribuiremo l’importo ancora dovuto nelle rate dei 12 mesi successivi”.
Anche sul gas l’offerta di Poste appare fra le più basse nel medio periodo, sempre in base al confronto effettuato da www.luce-gas.it. Le bollette bloccate per un anno partono ora da 88,6 euro al mese, prezzo comunque variabile e legato all’andamento del Psv (il punto di riferimento del prezzo industriale in Italia).

Poste Energia costerà comunque di più rispetto ai prezzi sopra elencati, perché ci sono altre componenti che concorrono alla spesa sono connesse ai costi trasporto gestione del contatore e oneri generali, e sono applicate nella misura definita e aggiornata dall’Arera. Ad esempio, per la luce sono previsti anche i costi di dispacciamento (PD: 0,01993€/kWh e DISPbt: – 18,3418€/anno).
In ogni caso, per i clienti che ritenessero ulteriori possibili ribassi sulle quotazioni di elettricità e gas, Poste Energia offre l’opzione di versare un “importo variabile. Pagherai le bollette di luce e gas in maniera tradizionale, ognuna con un importo diverso in base ai consumi del mese precedente”.

San Valentino

Caro San Valentino: il caro energia trascina i rincari dei regali, cioccolatini +45%

Caro San Valentino, questa volta è proprio il caso di dirlo. La festa degli innamorati quest’anno porta con sé anche tutti i rincari e l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha effettuato il monitoraggio sui costi dei regali più gettonati e sulle tendenze per il 2023. L’aumento medio del costo dei regali ammonta al 13,7%, trainato dal rincaro dei cioccolatini. Il caro energia, infatti, ha fatto schizzare alle stelle i costi di molti prodotti. Dalle pasticcerie, alle serre, ai ristoranti: gli aumenti per le materie prime non risparmiano nessuno e incidono sui costi di produzione e su quelli al consumo. Proprio per questo il prezzo medio di una scatola di cioccolatini è aumentato del 45% rispetto allo scorso anno. Rincari più moderati riguardano anche gli altri prodotti che tradizionalmente vengono regalati in questa giornata: dai fiori (+6,4%) ai gioielli (+7,1%).

Una tendenza sempre più diffusa è il progressivo abbandono dei classici regali, per scegliere piuttosto delle attività da svolgere insieme, all’insegna del buon cibo o del relax, come il trattamento di coppia presso una SPA, il corso di cucina o di degustazione, un breve weekend fuori casa. In voga anche la ricerca di regali originali: tra i più gettonati una coppia di alberi da piantare, il quadro della mappa del luogo del primo incontro e targhe luminose con QR code della canzone di coppia. Meno popolare dello scorso anno regalare una stella con il nome della persona amata. Sempre più coppie, scelgono di dedicare questa giornata alla solidarietà, aiutando enti e associazioni a portare avanti i propri programmi educativi, sanitari, di ricerca, nonché sostenendo associazioni animaliste.

San Valentino è sinonimo anche di cena romantica: i prezzi variano da città a città, ma pure su questo fronte si registrano rincari dal +7% al +30% circa. Nonostante l’aumento dei costi e la fase critica per i bilanci familiari saranno molte le coppie che decideranno di cenare comunque fuori casa (1 su 3), magari rinunciando al regalo per condividere un momento insieme. Chi cenerà fuori, in molti casi, approfitterà di app e promozioni per ottenere sconti sulla cena. I più estrosi prepareranno manicaretti fatti in casa per il proprio partner degustati a lume di candela.

Bonaccini: “Investire nelle rinnovabili come se non ci fosse un domani”

“Noi dobbiamo lavorare per una transizione ecologica che sia la più rapida possibile, cercando di contrapporre ambiente e lavoro, perché dobbiamo salvaguardare la produzione industriale, manifatturiera. Io vengo dalla Regione prima per export pro capite nel mondo e gran parte della nostra occupazione è dettata da quei settori manufatturieri così straordinari. Ma, certamente, dobbiamo investire nelle energie rinnovabili come se non ci fosse un domani, altrimenti un domani non ci sarà davvero”. Lo ha detto il presidente della Regione Emilia Romagna e candidato alla segreteria del Pd, Stefano Bonaccini, nel corso della visita al Parlamento europeo a Bruxelles.

Fontana ci riprova in Lombardia: “Più economia circolare, solare e sostenibilità alimentare”

Attilio Fontana ci riprova. Il presidente della Regione Lombardia, domenica e lunedì alle elezioni, punta al bis. L’avvocato ex sindaco di Varese ed ex presidente del Consiglio Regionale lombardo è sostenuto da 5 liste: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Moderati-Sgarbi e la civica che porta il nome del governatore. In questi cinque anni ha superato emergenza pandemica e crisi energetica, ciò nonostante – in base a numerosi osservatori nazionali e internazionali – la Lombardia ha aumentato la sua leadership in Europa.

Presidente, i prossimi 5 anni saranno decisivi per la transizione energetica ed ecologica. Ha tre progetti se rimanesse alla guida della Regione?

“Scegliendone tre, direi che prima di tutto Regione Lombardia deve continuare a essere un’eccellenza nell’economia circolare, dove siamo già a un ottimo livello, grazie a un sistema di gestione dei rifiuti molto efficiente, con una raccolta differenziata al 73% e programmato che arrivi all’83% entro il 2030; con il 62% dei rifiuti urbani e il 85% dei rifiuti delle attività produttive che vengono avviati a recupero e la gran parte di questi effettivamente riciclati. La seconda linea di interventi è legata da un lato alla produzione di energia pulita, con il fotovoltaico, scelto come tecnologia più adatta – e per questo obiettivo dovrà raddoppiare la capacità di produzione -, dall’altro saranno le riduzioni di consumi, tramite una forte azione di efficientamento energetico. Inoltre, dobbiamo diventare competitivi anche con l’idrogeno verde. Terzo il contenimento del consumo di suolo da cui dipende anche la sostenibilità alimentare, lo sviluppo del settore agricolo e l’assorbimento di CO2″.

L’aumento delle auto elettriche implica anche una trasformazione urbana e non solo di città e centri abitati. La Regione come può aiutare i Comuni?

“La parola chiave deve essere sostenibilità, sia ambientale, sia economico-sociale. Crediamo infatti che la transizione debba essere prima di tutto un processo da governare più che da subire. Negli anni scorsi abbiamo fatto la nostra parte con incentivi per l’acquisto di questi veicoli o con bandi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica. I fatti dimostrano quindi la nostra propensione allo sviluppo di questo settore, ma con i suoi tempi, legati anche al potenziamento delle fonti rinnovabili capaci di alimentare i nuovi fabbisogni energetici. Nel frattempo, in attesa del potenziamento di queste reti, non possiamo nemmeno vietare l’endotermico al quale la nostra economia è fortemente legata e che può, con la ricerca sui combustibili sintetici e sui biocombustibili, rappresentare un’altra via verso la sostenibilità. Quello che possiamo fare è continuare a investire sull’efficientamento energetico e sulla possibilità di produrre energia in modo sostenibile e capillare anche nei Comuni più piccoli. Lo sviluppo di questo settore, come di tutta la nostra economia, non è slegato ai costi dell’energia, anche e soprattutto elettrica”.

Bollette alle stelle e imprese in difficoltà. Per usare meno gas e abbassare i costi della luce servono più rinnovabili. La Regione, attraverso le commissioni Via-Vas, è determinante nelle autorizzazioni. Come si possono accelerare?

“In Regione Lombardia abbiamo rafforzato la Commissione VIA e tutte le strutture tecniche di supporto, ma soprattutto abbiamo introdotto il Procedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR), che consente con un unico provvedimento di ottenere tutte le autorizzazioni regionali, provinciali e comunali per la realizzazione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili. E questo consente di accelerare i tempi medi, che per le vie statali sono fino a 18 mesi, mentre in Regione Lombardia sono al massimo di 7 mesi”.

Capitolo infrastrutture: nell’ultimo decennio sono nate grandi arterie autostradali, tuttavia l’alta velocità per, ad esempio, Venezia, va a rilento… Serviranno più trasporti su ferrovia piuttosto che su strada?

“Le infrastrutture della mobilità devono essere pensate per le necessità del futuro. Il nostro modo di muoversi sta già cambiando e lo farà sempre di più in futuro. Pensate anche solo a quali ricadute avranno tecnologie come la guida autonoma e i sistemi di condivisione dei veicoli. Per questo immaginiamo che la rete di trasporto ferroviaria sarà sempre più strategica nel collegare i territori, non solo per estendere le reti di trasporto urbano negli hinterland. Saranno quindi importanti interventi di potenziamento e ammodernamento della rete ferroviaria capaci di permetterci di raggiungere obiettivi di sostenibilità economica, sociale e ambientale”.

Il Po navigabile, i Navigli a Milano… secondo lei servono più investimenti per avviare progetti di trasporto fluviale?

“La rete di trasporti deve essere sempre più multimodale e, in Lombardia, le merci possono percorre anche le strade dell’acqua. Servono tuttavia poli logistici trimodali, in grado di smistare le produzioni lombarde su ferro acqua e gomma. Non sono nemmeno secondari accordi e intese con territori vicini per rendere navigabili alcune tratte tutto l’anno. È un sistema che riveste un’importanza strategica e non mancheremo di fare la nostra parte anche in questo settore pensando anche che la navigazione su fiumi e navigli, insieme a quella sui laghi, costituisce un elemento di attrattività turistica e fruizione sostenibile del nostro territorio”.

Pnrr. Che progetti ha in mente? Le Regioni non sono protagoniste nella cosiddetta messa a terra, ma non crede che dovrebbero diventare protagoniste nella regia dei progetti?

“Vero, le Regioni non giocano un ruolo di primo piano nella gestione dei fondi del Pnrr. C’è stato un confronto, ma nella gestione siamo comunque abbastanza esclusi. È una decisione che abbiamo cercato di contrastare anche in sede di Conferenza delle Regioni. Nella ripartizione delle competenze, è indubbio che l’ente più vicino al cittadino è quello che più è in grado di rispondere ai bisogni dei territori. Non per niente è costante il nostro confronto con i Comuni: modello che avremmo potuto replicare con successo anche con il Pnrr”.

Sostenibilità. La manifattura lombarda è la prima in Europa. E’ possibile aiutare le imprese verso minori risparmi energetici e, allo stesso tempo, mantenere una leadership mondiale o europea? Secondo lei non c’è rischio deindustrializzazione?

“Abbiamo visto negli ultimi anni come la competitività delle nostre imprese sia stata messa a rischio dai costi dell’energia. Ricordo che Regione Lombardia è stata la prima a lanciare l’allarme su questi costi e insieme a tutti gli stakeholder lombardi è stato predisposto un manifesto, con proposte concrete, inviato all’allora governo Draghi e all’Europa. È infatti un problema che richiede interventi su vasta scala. Noi possiamo tuttavia continuare a mettere a disposizione risorse per l’efficientamento energetico e continuare a favorire le nuove fonti di energia. Il nostro Paese sconta già la carenza di alcune materie prime, per non perdere posizioni dobbiamo essere capaci di spingere almeno sulla produzione di energia. Nel breve termine resta importante continuare a intervenire a livello centrale con risorse per calmierare i prezzi, così come ha fatto anche il governo Meloni”.

Transizione energetica, correggere il tiro prima che sia troppo tardi

Il dibattito politico ed economico internazionale è segnato da tempo dal tema della ‘transizione energetica’, ma gli ultimi diciotto mesi hanno mostrato chiaramente come questo obiettivo sia molto più sfidante e complesso di quello che si poteva immaginare. Da molte parti, senza mettere in questione l’obiettivo della decarbonizzazione che tutti condividono, si sottolinea che esso va perseguito con razionalità e pragmatismo, abbandonando visioni estremiste e unilaterali che hanno messo in secondo piano problemi importantissimi come la sicurezza energetica e la disponibilità di materie prime necessarie per la transizione.

Anche negli Usa e in Europa, aree nelle quali sono state adottate misure imponenti per perseguire l’obiettivo della transizione e della decarbonizzazione (come ad esempio l’Inflation Reduction Act negli Usa e il RePowerEu in Europa), lo sviluppo, la diffusione e la crescita delle nuove tecnologie su cui si basa la transizione avverrà in un tempo molto più lungo di quello inizialmente previsto. E ciò perché le economie sviluppate non sono in grado di passare in pochi anni da un modello economico basato sugli idrocarburi ad un altro basato esclusivamente sulle energie rinnovabili.

E la recente crisi energetica causata dall’aggressione russa dell’Ucraina lo ha mostrato con chiarezza. Il mondo, ad esempio, sta usando oggi tre volte più carbone di quanto ne usasse dieci anni fa, e nel 2022 si è raggiunto il record storico nel consumo di questa fonte di energia. Ciò si deve certamente alla crescita dei fabbisogni energetici di molti Paesi del mondo in via di sviluppo che hanno trovato nel carbone la fonte più conveniente, ma anche al fatto che molti paesi europei, Germania e Italia in testa, che avevano deciso di chiudere le loro centrali elettriche a carbone, hanno dovuto fare marcia indietro per fronteggiare la mancanza di gas e l’esplosione dei prezzi energetici causati dalla guerra.

Alla luce di ciò è lecito porsi la domanda: ma perché le famiglie e le imprese europee, che sono responsabili di non più del 9% delle emissioni mondiali di CO2, devono essere quelle che sopportano di più il peso della transizione? Se per ipotesi tutte le industrie europee, che sono responsabili di meno del 4% di tutte le emissioni mondiali di CO2, chiudessero i battenti contemporaneamente, l’effetto sulle emissioni mondiali e quindi sulla causa primaria del climate change sarebbe insignificante.

In un interessante paper del 2021 del Peterson Institute for International Economics un importante economista francese, Jean Pisani-Ferry, ha affermato che muoversi troppo rapidamente verso l’obiettivo di emissioni zero potrebbe provocare una drammatica crisi dell’offerta industriale, ancora più grave di quella creata dallo shock energetico dell’inizio degli anni 70 conseguente alla  guerra arabo-israeliana. L’economista mette in guardia dal fatto che un processo di transizione energetica precipitoso potrebbe provocare disastri, e sollecita i policy makers a rendersene conto e ad assumere le decisioni adeguate.

Quali sono i fatti nuovi che hanno cambiato così radicalmente la prospettiva? Innanzitutto la sicurezza energetica, come detto, è tornata ad essere la priorità. E la sicurezza energetica è fatta di disponibilità di fonti e di prezzi ragionevoli dell’energia. Il Presidente degli Usa Biden ad esempio, benché sia molto concentrato sugli obiettivi della transizione, nel corso dell’ultimo anno ha sollecitato le compagnie petrolifere nazionali a incrementare la produzione, così da aumentare le Strategic Petroleum Reserve come non era mai avvenuto con le precedenti Amministrazioni.

I verdi tedeschi al governo della Germania hanno spinto moltissimo per aumentare la capacità di impianti di rigassificazione del Paese, così da incrementare significativamente le importazioni di LNG (gas naturale liquido) dagli Stati Uniti. E in non più di 200 giorni la Germania è stata capace di dotarsi di nuovi rigassificatori galleggianti come quelli che dobbiamo fare anche in Italia, ma che sono in ritardo a Piombino per l’opposizione del Sindaco, che proviene dalle fila del partito del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

La seconda questione riguarda la dimensione del problema. Oggi 100 trilioni di dollari Usa (centomila miliardi di dollari!) dell’economia mondiale dipendono da più dell’80% di approvvigionamento energetico da idrocarburi, e nulla come un così gigantesco e complesso sistema energetico mondiale può essere rapidamente e facilmente cambiato. In un interessante volume fresco di stampa, ‘How The World Really Works’, di uno studioso di economia dell’energia, Vaclav Smil, si sottolinea come i quattro pilastri della moderna civilizzazione – cemento, acciaio, plastica e ammonio (per i fertilizzanti) – siano ciascuno fortemente dipendente dall’attuale sistema energetico.

C’è poi un terzo punto fondamentale: la divisione tra Nord Sud del mondo. Nell’emisfero Nord del mondo, in particolare Stati Uniti d’America e Europa, il tema del climate change è al primo posto dell’agenda politica. Ma nell’emisfero Sud questa priorità coesiste con altre priorità come la promozione della crescita economica, la riduzione della povertà e il miglioramento della qualità della vita e della salute con la riduzione della combustione di legno e rifiuti attraverso un uso più intenso del gas naturale.

Questa divisione è stata plasticamente rappresentata lo scorso anno da un voto di denuncia e censura del Parlamento Europeo (di cui i media a dire il vero hanno parlato assai poco) relativo alla costruzione di una nuova pipeline per il gas dall’Uganda attraverso la Tanzania fino all’Oceano Indiano.

Il Parlamento Europeo ha stigmatizzato e condannato la realizzazione di questa infrastruttura perché il progetto poteva avere aspetti negativi per il clima, l’ambiente e ‘i diritti umani’. Nello stesso tempo lo stesso Parlamento dava il suo voto favorevole per un’infrastruttura analoga tra la Francia e il Belgio, paesi nei quali il reddito pro-capite è rispettivamente 50 e 60 volte maggiore di quello dell’Uganda, dove la nuova pipeline è vista come un fattore determinante per lo sviluppo del Paese. La risoluzione europea ha provocato in Africa reazioni furiose. Lo speaker del parlamento dell’Uganda ha denunciato l’atteggiamento europeo come il migliore esempio “dell’alto livello di neocolonialismo e di imperialismo contro la sovranità dell’Uganda e della Tanzania”.

Il quarto nodo è rappresentato dai fabbisogni di nuovi materiali per la transizione. L’elettrificazione dei sistemi energetici, industriali e di trasporto alla base della transizione richiede un’enormità di nuove materie prime: rame, cobalto, nickel, litio e terre rare, che possono essere reperite soltanto con nuove e intensive attività minerarie enormemente energivore. Si pone il serio problema dell’aumento esponenziale della loro produzione, che se si guardano i numeri è stato giustamente definito sconvolgente: entro il 2040 la produzione di nickel dovrà crescere di 41 volte, quella di cobalto 21 volte, quella di rame di 28 volte e quella di graffite di 28 volte. Perché un così grande consumo di queste materie prime? Semplice: in termini di chilogrammi di minerali necessari per la produzione di un megawatt di energia elettrica gli impianti eolici offshore ne richiedono 16 tonnellate, il solare fotovoltaico 6,8, quando una centrale turbogas chiede appena 1,1 tonnellate. Le energie convenzionali compreso il nucleare sembrano tutte essere assai meno consumatrici di minerali di quanto non siano le fonti rinnovabili (naturalmente solo per la costruzione degli impianti).

E con riferimento all’offerta? Scrive Marcello Minenna su ‘Il Sole 24 Ore’ di domenica scorsa: “…al ritmo attuale di estrazione e considerati i progetti di espansione della produzione già avviati, la domanda globale di rame supererà l’offerta già nel 2025. Non solo. Senza un nuovo piano aggressivo di incremento della capacità produttiva (che vuol dire nuovi giganteschi investimenti minerari) l’offerta comincerà a declinare a partire dal 2024, amplificando il gap con le necessità dell’economia globale. Stesso destino è previsto per il cobalto, con la domanda che supererà l’offerta nel 2024 e nel 2030 dovrebbe essere 2,5 volte maggiore della capacità produttiva globale, prevista sostanzialmente stabile. Per il litio nel 2030 senza uno sforzo senza precedenti per espandere l’estrazione il fabbisogno globale sarebbe 2,5 volte l’offerta”.

Tutto ciò significa come detto nuovi giganteschi investimenti minerari, con altissimi consumi di energia connessi, che la cultura ambientalista vede come il fumo negli occhi. Senza contare che tali fabbisogni sono destinati a creare nuove influenze geo-politiche e nuove dipendenze in particolare a favore della Cina. L’industria chimica cinese raffina il 40% del rame, il 35% del nickel, il 65% del cobalto e il 58% del litio prodotti a livello mondiale. Sulle terre rare si può parlare di monopolio cinese non solo nella produzione ma anche nella raffinazione. Quanto detto dimostra ancora una volta che un approccio ideologico e dogmatico alla transizione energetica rischia di provocare disastri economici e sociali alle economie dell’occidente. Occorre al contrario perseguire la via della neutralità tecnologica, che significa non privilegiare solo le fonti rinnovabili e l’elettrificazione ma anche le altre tecnologie che conducono alla decarbonizzazione di processi, e prodotti  come il nucleare di nuova generazione, i biocombustibili e il biogas, le tecnologie di cattura, stoccaggio e utilizzo delle CO2.

La politica deve prendere nota di queste contraddizioni e correggere il tiro sui metodi e sui tempi della transizione energetica prima che sia troppo tardi.

Energia, Meloni: “Adesso Roma può diventare porta del gas in Europa”

L’Italia ha un’occasione. E Giorgia Meloni, quell’occasione, promette di “giocarsela tutta“. L’Europa ha un problema legato all’energia: non può più guardare a Est, deve guardare a Sud. L’Italia deve sfruttare la sua posizione nel Mediterraneo.

Il progetto di Italia hub del Mediterraneo va avanti. La premier presenterà il suo Piano Mattei per l’Africa anche domani, nel suo viaggio di due tappe in un solo giorno, a Stoccolma prima, a Berlino poi. In Europa, rivendica, “ci vado senza cappello in mano”. In Svezia e Germania porterà le istanze italiane sulla difesa dei confini d’Europa e sul contrasto all’Inflation reduction act americano, sostenendo le imprese.

La situazione energetica è difficile perché il Vecchio Continente ha deciso di dipendere, quasi esclusivamente, da un unico attore, la Russia. “Qualcuno lo diceva da prima che andava fatta attenzione, ma questa è la ragione per cui sto spendendo molto tempo all’estero, ad esempio nel Nordafrica“, puntualizza la presidente del Consiglio. La sfida è diversificare le fonti dalle quali si prende l’energia come dimostrano “gli accordi fatti con l’Algeria o con la Libia”, spiega. L’Italia può diventare non solo “autonoma e forte”, ma anche la porta attraverso la quale passare per avere il gas in Europa.

In casa, la premier raccoglie i frutti della battaglia sul price cap, perché il prezzo del gas si è abbassato (è notizia è che il calo certificato da Arera si attesta al 34,2%) , le bollette sono in caduta. Abbattere i prezzi dell’energia era un “impegno” ed è “dove abbiamo investito la stragrande maggioranza delle nostre risorse, ampliando abbastanza rispetto a quello che era stato fatto in precedenza”. Per me “è molto importante che abbiamo allargato molto la platea delle famiglie che potevano accedere al sostegno del governo per vedere le bollette scendere”, fa sapere.

CHRISTINE LAGARDE BCE

La Bce alza i tassi dello 0,5% e annuncia nuovo aumento a marzo

Dopo il rialzo dei tassi della Fed, ora tocca alla Bce. La Banca Centrale Europea ha deciso di alzare i tassi di interesse per la quinta volta di fila dello 0,5% arrivando al 3%. “Continueremo ad alzare i tassi d’interesse in misura significativa e a un ritmo costante e a mantenerli su livelli restrittivi per assicurare il ritorno dell’inflazione al 2%“, assicura in conferenza stampa la presidente Christine Lagarde, spiegando che “alzeremo i tassi di interesse di altri 50 punti base nella prossima riunione di marzo, poi valuteremo la successiva evoluzione“.

Mantenere i tassi di interesse su livelli restrittivi farà diminuire nel corso del tempo l’inflazione frenando la domanda e metterà inoltre al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione. In ogni caso – precisa la Bce – anche in futuro le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione“.

Fra le componenti chiave dell’inflazione alle quali Lagarde spiega di essere particolarmente attenta c’è, ovviamente, l’energia e il suo costo. E anche se oggi “i colli di bottiglia si sono ridotti, la fornitura di gas è più sicura e la fiducia sta migliorando”, “le pressioni sui prezzi rimangono forti, in parte perché gli alti costi dell’energia si stanno diffondendo in tutta l’economia. L’inflazione al 14% è legata all’energia, ma al netto dell’energia e dei generi alimentari è rimasta al 5,2% a gennaio, con l’inflazione dei beni industriali non energetici salita al 6,9% e quella dei servizi scesa al 4,2%“. E’ importante, però, che “man mano che la crisi energetica diventa mento acuta”, vengano tolte “le misure fiscali di sostegno in linea con il calo dei prezzi”, perché “le misure che non dovessero aiutare potrebbero spingere a un rialzo dell’inflazione, che richiederebbe una risposta di politica monetaria più potente“.

A margine dell’annuncio, la Bce spiega inoltre che “nell’ambito degli acquisti di obbligazioni societarie da parte dell’Eurosistema, i restanti reinvestimenti saranno orientati maggiormente verso emittenti con risultati migliori dal punto di vista climatico“. “Fatto salvo l’obiettivo della Bce della stabilità dei prezzi, tale approccio sosterrà la graduale decarbonizzazione delle consistenze di obbligazioni societarie dell’Eurosistema, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi“, conclude.

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Energia, l’esperienza norvegese: gas, petrolio e stoccaggio di Co2

Leader nell’estrazione di gas e petrolio, ma anche capofila nella Ccs, la Carbon Capture and Storage (cattura, trasporto e stoccaggio di anidride carbonica).

Sono decenni che la Norvegia corre più veloce degli altri per coniugare sviluppo ed ecologia. Così, dalla sua residenza romana, l’ambasciatore Johan Vibe riunisce il gotha della ricerca e rivendica l’esperienza e la creatività di Oslo “quando si tratta di trasformare la transizione energetica in realtà“. Il paese è “importante partner energetico per l’Europa“, osserva il diplomatico: “Si parla dell’Italia come futuro hub energetico d’Europa, noi lo siamo già nel mare del Nord“.

La Norvegia aderisce agli stessi obiettivi climatici dell’Unione Europea e ha già compiuto passi fondamentali verso un futuro a basse emissioni. Nella corsa verso la transizione, ha attivato strumenti diversi e diverse tecnologie. Per anni, ad esempio, è stata uno dei principali partner nei progetti forestali per salvaguardare i pozzi di carbonio naturali. Però il Paese individua anche un grande bisogno di “pozzi tecnici di carbonio“, quelli dedicati alla cattura e stoccaggio, appunto. Soprattutto nei settori “difficili da abbattere” dell’industria, che contribuiscono a circa il 30% delle emissioni globali.

Oltre 20 anni di esperienza nella Ccs e un grande potenziale per lo stoccaggio offshore. Nella residenza di Porta Pinciana, l’ambasciatore apre le porte ad Anne-Mette Cheese, senior advisor di Gassnova, l’azienda di Stato controllata dal ministero dell’Energia norvegese, che lavora ad assicurare che cattura, trasporto e stoccaggio della Co2 possano diventare una soluzione rilevante nella mitigazione dei cambiamenti climatici; Jan Theulen, direttore tecnologie di Heidelberg Materials, azienda che prevede di catturare 400mila tonnellate di Co2 all’anno per lo stoccaggio permanente e realizzerà il primo progetto al mondo di Ccs su scala industriale in un impianto di produzione del cemento a Brevik; Olav Oye, senior advisor di Bellona Foundation, una no profit indipendente fondata nel 1986, che punta a combattere i cambiamenti climatici implementando soluzioni soluzioni sostenibili; Renata Menguolo, principal geologist di Northern Lights, primo progetto commerciale al mondo per la ‘fase 2’, che fornisce servizio aperto a clienti di trasporto e stoccaggio di Co2.

Sono tutti coinvolti nella costruzione della catena del valore necessaria per trasformare questa tecnologia in “un vero punto di svolta“, scandisce Vibe: “Proteggerà e creerà posti di lavoro, aiutandoci a garantire una giusta transizione verso Net Zero”. L’obiettivo è informare e condividere le esperienze sulla Ccs in Europa. La cooperazione con i vicini nel Mare del Nord è già partita, con il trasporto del carbonio per lo stoccaggio nella piattaforma norvegese e l’invio di idrogeno in cambio. Sull’esperienza è già partito un tavolo di stakeholder tra Oslo e Roma per discutere di come si possa esportare nel Mediterraneo.