Bollette tornano a salire nel 2023: l’elettricità aumenterà fino al 25% e il gas fino al 15%

Non è finita l’emergenza bollette. Dopo la tregua degli ultimi mesi, i prezzi di luce e gas torneranno a salire  Per l’elettricità, famiglie e piccole imprese saranno destinate a spendere il 10% in più nel terzo trimestre dell’anno rispetto alla tariffe del trimestre in corso, mentre i rincari saliranno del 25% nel periodo che va da ottobre a dicembre. Stessa dinamica, ma più contenuta, per il gas naturale: le tariffe sono previste al rialzo “per il terzo e quarto trimestre in rialzo, rispettivamente del 5% e del 15% rispetto alle quotazioni per il secondo trimestre”. E’ quanto si legge nella memoria depositata dalla Arera (Authority per energia, reti e ambiente) nelle commissioni Finanze e Affari sociali in occasione dell’audizione del presidente, Stefano Besseghini, sul decreto Bollette. “A gennaio 2023 – ha detto – si è registrata una riduzione pari al 34,2% del prezzo del gas naturale per la famiglia tipo (quella con consumi medi di 1.400 mc/annui) rispetto a dicembre 2022. Ciò è stato determinato dalla riduzione della spesa per la materia gas naturale (-35,9%), dovuta al calo della componente relativa ai costi di approvvigionamento del gas naturale, dal lieve aumento legato alla spesa per il trasporto e per la gestione del contatore (+0,3%) e dal nuovo livello di copertura degli oneri di sistema prevista dalla Legge di bilancio per l’anno 2023 (+1,4%)”. A febbraio si è determinata un’ulteriore diminuzione del 13% del prezzo del gas naturale mentre a marzo 2023 si è registrato un ulteriore calo del 13,4% (inclusi gli effetti delle misure di aiuto). Ciononostante, ricorda l’Arera, le quotazioni dei mercati all’ingrosso del gas naturale per i prossimi mesi “hanno recentemente nuovamente mostrato volatilità crescente”. Sul gas, infatti, “incide la stagionalità”, ricorda Besseghini. “Quando si avvicina l’inverno, probabilmente vedremo un po’ di rimbalzi del prezzo, anche per effetto della rimozione di quegli elementi di protezione che erano stati introdotti precedentemente ma in una spesa complessiva per le famiglie che andrà comunque riducendosi, per l’inevitabile ed evidente avvicinarsi ed inoltrarsi nella stagione calda”.

Nella memoria, i vertici dell’Authority segnalano anche elementi critici sul provvedimento annunciato dal governo per il prossimo inverno. In particolare, sulla norma che prevedono aiuti alle famiglie nel caso in cui il prezzo medio mensile del gas all’ingrosso dovesse superare i 45 euro al megawattora. Un intervento che potrebbe riguardare oltre 18 milioni di utenze (pari a 23,5 milioni di clienti domestici residenti meno circa 5 milioni di titolari di bonus sociale). L’orizzonte della misura bonus riscaldamento limitato al solo trimestre ottobre-dicembre 2023 “presenta criticità sotto il profilo sia della protezione dei consumatori nell’intero periodo invernale 2023/24, dato che eventuali prezzi elevati del gas nei mesi tra gennaio e marzo 2024 non darebbero luogo al contributo previsto, sia per il rapporto benefici/costi dell’implementazione della misura che – come visto – richiede importanti aggiustamenti dei sistemi informativi dei venditori”, si legge nella memoria. Inoltre, precisa il presidente, “dobbiamo avere consapevolezza, ed è importante che la Commissione ne condivida il percorso anche con il Mase, da valutare per il prossimo inverno la definizione del decreto attuativo per questo elemento di supporto alle spese di riscaldamento, che ha naturalmente una sua tempistica”. 

Descalzi resta a Eni, Cattaneo-Scaroni alla guida di Enel e Cingolani ad Leonardo

Non è stato facile, ma alla fine le forze di maggioranza una quadra sulle nomine dei nuovi board delle società partecipate la trovano.

Si parte dall’unica certezza che ha accompagnato queste settimane di discussione: Claudio Descalzi resta amministratore delegato di Eni. Per proseguire il lavoro di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, non solo per liberare l’Italia della dipendenza russa, ma soprattutto per costruire quel progetto che la premier, Giorgia Meloni, ha chiamato ‘Piano Mattei‘, che nelle intenzione di Palazzo Chigi dovrebbe trasformare l’Italia nell’hub di riferimento per l’Europa, facendo leva sulla posizione geografica (e geopolitica) del nostro Paese rispetto all’area del Mediterraneo.

Alla presidenza del Cane a sei zampe, invece, arriva Giuseppe Zafarana, in uscita dalla Guardia di finanza, dove ha svolto il ruolo di comandante generale. Il Mef, titolare del 4,34% del capitale e per il tramite della Cassa depositi e prestiti (partecipata all’82,77% dal Mef) di un ulteriore 25,76%, comunica, poi, che il nuovo collegio sindacale di Eni sarà composto dagli effettivi Giulio Palazzo, Andrea Parolini e Marcella Caradonna e dai supplenti Giulia de Martino e Riccardo Bonuccelli. L’assemblea degli azionisti di Eni è convocata per il 10 maggio prossimo.

La vera sorpresa di questa partita è Enel. Flavio Cattaneo è infatti il nuovo ad, mentre Paolo Scaroni torna, ma nel ruolo di presidente. In vista dell’assemblea degli azionisti (10 maggio prossimo), il ministero dell’Economia, titolare del 23,59% del capitale, indica per il Consiglio di amministrazione i consiglieri Alessandro Zehenter, Johanna Arbib Perugia, Fiammetta Salmoni e Olga Cuccurullo.

Confermate, invece, le indiscrezioni sul board di Leonardo, che avrà come ad l’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e come presidente Stefano Pontecorvo. Nella lista del Mef (titolare del 30,2% del capitale), per l’assemblea degli azionisti del 9 maggio, ci sono anche Elena Vasco, Enrica Giorgetti, Francesco Macrì, Trifone Altieri, Cristina Manara e Marcello Sala come consiglieri.

Nessuna ‘sorpresa’ nemmeno al timone di Poste Italiane, perché Matteo Del Fante resta amministratore delegato, ma con Silvia Rovere come presidente. Il dicastero di via XX Settembre, titolare del 29,26% del capitale e per il tramite di Cdp di un ulteriore 35%, nomina anche consiglieri Wanda Ternau, Matteo Petrella, Paolo Marchioni e Valentina Gemignani.

Le nomine dei nuovi vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste sono frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze. È un ottimo risultato del lavoro di squadra del governo“, commenta Meloni. Che ringrazia “chi ha servito l’Italia con passione in queste aziende“, mentre augura “ai prossimi amministratori buon lavoro. Il loro compito è quello di ottenere risultati economici solidi e duraturi nell’interesse della nazione che rappresentano in tutto il mondo“.

Resta ora da sciogliere il nodo di Terna. L’attuale ad, Stefano Donnarumma, per mesi dato in procinto di assumere la guida di Enel, al momento non si muove. Anche se i rumors indicano che al suo posto, nella società che gestisce la rete di trasmissione nazionale dell’energia, potrebbe arrivare Giuseppina Di Foggia, oggi ceo e vice presidente di Nokia Italia. Sarebbe la prima donna a capo di una società partecipata, un primato che Giorgia Meloni pare proprio voglia realizzare nella sua esperienza da presidente del Consiglio.

Imprese agricole, le misure contro il ‘caro bollette’

Con il Decreto Bollette, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 marzo scorso, vengono approvate e rinnovate misure contro il caro energia per tutte le imprese, comprese le società agricole.

L’articolo 6 del decreto in commento punta a garantire che la tassazione della produzione di energia, realizzata dalle aziende agricole, avvenga sulla base dei valori del 2021, ovvero prima dell’impennata dei costi energetici. Senza questo intervento – sostiene Salvatore Baldino, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – le aziende agricole, a fronte di una tariffa onnicomprensiva che non tiene conto del vertiginoso aumento dei costi energetici, sarebbero state soggette a un prelievo con un’imposizione superiore di oltre 5 volte a quanto incassato”.

Perché le attività si considerino produttive di reddito agrario, la componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta è data dal minor valore tra il prezzo medio di cessione dell’energia determinato dall’Arera, e il valore di 120 euro/MWh.

Non è stato confermato invece per il secondo trimestre – prosegue Baldino – il credito d’imposta alle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 per alleggerire il costo dell’energia”.

Per le imprese agricole, tali crediti riguardano: gasolio agevolato per autotrazione, riscaldamento serre, allevamenti e attività agromeccaniche: 20% della spesa; gas naturale: 45% della spesa; energia elettrica: del 35% della spesa.

Tali crediti dovranno essere utilizzati in compensazione o ceduti a terzi entro il 31 dicembre 2023.

A Pantelleria torna il festival The Island

Ambiente e musica a braccetto nello stesso luogo: un’isola che è anche un paradiso terrestre. E’ possibile? A scommetterci per il secondo anno consecutivo è ‘The Island’: il festival torna infatti a Pantelleria da giovedì 1 a domenica 3 giugno per far vivere ai suoi ospiti delle nuove esperienze diurne immerse nella natura all’insegna del benessere, che culmineranno in speciali live notturni in un universo fatto di musica di ricerca presso il resort Zubebi, headquarter del festival.

Anche a livello energetico il festival sarà sostenibile: verrà infatti alimentato da energia proveniente anche da fonti rinnovabili, al fine di ridurre l’impatto sull’ambiente delle attività collegate al festival stesso. Durante la prima edizione, il sustainability partner Plenitude (Eni) ha installato a Pantelleria un impianto di pannelli fotovoltaici che sarà utilizzato per contribuire ad alimentare anche l’edizione 2023 del festival, insieme a una turbina eolica residenziale installata proprio quest’anno, che andrà ad amplificare la produzione di energia rinnovabile.

Le giornate si concluderanno con i live e i DJ set di grandi artisti internazionali. Fra quelli già annunciati ci sono Palm Trax, Dj Tennis, Danilo Plessow, Young Marco e Saoirse.

Caro energia, le regole per l’utilizzo dei crediti d’imposta del primo trimestre 2023

All’indomani della proroga al primo trimestre 2023 dei crediti d’imposta sul ‘caro energia’, con il provvedimento n.116285/2023 l’Amministrazione finanziaria estende a tali crediti le medesime disposizioni applicate per la cessione e la tracciabilità degli analoghi crediti d’imposta relativi ai periodi precedenti.

In alternativa all’utilizzo in compensazione, i crediti d’imposta relativi al primo trimestre 2023 a favore delle imprese a forte consumo di energia elettrica, delle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle imprese energivore, delle imprese a forte consumo di gas naturale e diverse da quelle a forte consumo di gas naturale, nonché delle imprese esercenti attività agricola e della pesca e attività agromeccanica, in relazione alla spesa sostenuta per l’acquisto di carburante – sostiene Fedele Santomauro, vicepresidente dell’Istituto nazionale Esperti Contabili – possono essere ceduti secondo le modalità del provvedimento n. 253445/2022”.

La comunicazione di cessione dovrà essere inviata all’Agenzia delle Entrate dal 5 aprile al 18 dicembre 2023.

Ogni credito d’imposta potrà essere ceduto, solo per intero, ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari, i quali – prosegue Santomauro – potranno utilizzare i crediti d’imposta, tramite modello F24, entro il 31 dicembre 2023”.

Viene inoltre previsto che per il credito d’imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca, relativo all’acquisto di carburante effettuato nel terzo trimestre del 2022, l’utilizzo in compensazione dovrà avvenire entro il 30 giugno 2023.

Duferco e il nuovo laminatoio: basso impatto ambientale, alto risparmio energetico

Il nuovo laminatoio Duferco, grazie alle più moderne tecnologie utilizzate, è a bassissimo impatto ambientale, ad alto risparmio energetico e utilizza energie rinnovabili grazie anche alla stipula di PPA (power purchase agreement a lungo termine). Ma la sua storia viene da lontano. L’investimento strategico in grado di cambiare il mercato della produzione delle travi in Europa è stato infatti progettato nel 2019. Il progetto prevedeva la realizzazione di nuovo laminatoio integrato a valle dell’acciaieria per consentire la verticalizzazione ottimale dell’acciaio prodotto a San Zeno. Grazie alla localizzazione geografica, ai livelli di efficienza e qualità raggiunti dall’acciaieria e all’utilizzo delle più moderne tecnologie per la realizzazione del nuovo treno di laminazione, l’investimento punta a consolidare la posizione dell’azienda come best cost producer di travi in Europa.

Con il nuovo impianto l’intero sistema produttivo Duferco TP raggiunge il milione di tonnellate di prodotti laminati. I laminatoi di Pallanzeno (Verbania) e Giammoro (Messina) sono destinati alla specializzazione: il primo prevalentemente sui profili speciali e il secondo prevalentemente sui mercati geografici del Mediterraneo. Si tratta del coronamento di un sogno e il risultato di una lunga attività di miglioramento continuo, in cui tutti gli uomini di Duferco sono stati impegnati in questi anni.

La scommessa della Germania: addio al nucleare dal 15 aprile

Nonostante la crisi energetica, la Germania mantiene la rotta per quanto riguarda l’abbandono del nucleare: sabato il Paese staccherà la spina dei suoi ultimi tre reattori, scommettendo sul successo di una transizione verde senza energia nucleare. Sulle rive del fiume Neckar, non lontano da Stoccarda, il vapore bianco che fuoriesce dalla centrale nucleare del Baden-Württemberg sarà presto un ricordo. Lo stesso vale, più a est, per il complesso bavarese di Isar 2 e per quello di Emsland (nord), all’altro capo del Paese, non lontano dal confine olandese. Mentre molti Paesi occidentali dipendono dall’energia nucleare, la più grande economia europea sta voltando pagina. Anche se il tema rimarrà controverso fino alla fine.

La Germania sta attuando la decisione di eliminare gradualmente l’energia nucleare presa nel 2002 e accelerata da Angela Merkel nel 2011, dopo il disastro di Fukushima. Fukushima ha dimostrato che “anche in un Paese ad alta tecnologia come il Giappone, i rischi associati all’energia nucleare non possono essere controllati al 100%“, giustificò all’epoca l’ex cancelliera. L’annuncio ha convinto l’opinione pubblica di un Paese in cui il potente movimento antinucleare è stato alimentato inizialmente dai timori di un conflitto da Guerra Fredda e poi da incidenti come quello di Chernobyl. L’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 avrebbe potuto rimettere tutto in discussione: privata del gas russo, il cui flusso è stato sostanzialmente interrotto da Mosca, la Germania si è trovata esposta ai peggiori scenari possibili, dal rischio di chiusura delle fabbriche a quello di rimanere senza riscaldamento in pieno inverno.

A pochi mesi dalla scadenza iniziale per la chiusura degli ultimi tre reattori, fissata al 31 dicembre, l’opinione pubblica ha iniziato a cambiare idea: “Con i prezzi elevati dell’energia e la questione scottante del cambiamento climatico, ci sono state ovviamente richieste di prorogare gli impianti“, afferma Jochen Winkler, sindaco di Neckarwestheim, dove l’omonima centrale è ai suoi ultimi giorni di vita. Il governo di Olaf Scholz, di cui fa parte il partito dei Verdi, il più ostile al nucleare, ha infine deciso di prolungare il funzionamento dei reattori per garantire l’approvvigionamento. Fino al 15 aprile.

Ci sarebbe potuta essere una nuova discussione se l’inverno fosse stato più difficile, se ci fossero state interruzioni di corrente e carenze di gas. Ma abbiamo avuto un inverno senza troppi problemi“, grazie alla massiccia importazione di gas naturale liquefatto, osserva Winkler. Per il sindaco della cittadina di 4.000 abitanti, di cui oltre 150 lavorano nell’impianto, “la ruota è già girata” e non c’era tempo per “tornare indietro“. Dal 2003 sono stati chiusi sedici reattori. Gli ultimi tre impianti hanno fornito il 6% dell’energia del Paese lo scorso anno, rispetto al 30,8% del 1997. Nel frattempo, la quota delle rinnovabili nel mix di generazione è salita al 46% entro il 2022, rispetto a meno del 25% di un decennio prima.

Tuttavia, l’attuale tasso di crescita delle rinnovabili non soddisfa né il governo né gli ambientalisti, e la Germania non raggiungerà i suoi obiettivi climatici senza una seria spinta. Questi obiettivi “sono già ambiziosi senza il phase-out del nucleare – e ogni volta che ci si priva di un’opzione tecnologica, si rendono le cose più difficili“, osserva Georg Zachmann, esperto di energia presso il think-tank Bruegel di Bruxelles. L’equazione è ancora più complessa se si considera l’obiettivo di chiudere tutte le centrali a carbone del Paese entro il 2038, molte delle quali entro il 2030. Il carbone rappresenta ancora un terzo della produzione elettrica tedesca, con un aumento dell’8% lo scorso anno per compensare l’assenza di gas russo. La Germania ha bisogno di installare “quattro o cinque turbine eoliche al giorno” nei prossimi anni per coprire il suo fabbisogno, ha avvertito Olaf Scholz. Si tratta di un’impresa ardua rispetto alle 551 unità installate nel 2022. Una serie di allentamenti normativi adottati negli ultimi mesi dovrebbe accelerare il ritmo. “Il processo di pianificazione e approvazione di un progetto eolico richiede in media quattro o cinque anni“, secondo la federazione di settore (BWE), per la quale guadagnare uno o due anni sarebbe già un “notevole progresso“.

gas Russia

Transizione energetica più lontana: nel 2023 aumentano investimenti e consumi nel gas

La transizione energetica mondiale sembra lontana leggendo il quarto rapporto annuale sul mercato del gas presentato a Doha, in Qatar, dal Forum dei Paesi esportatori di gas (Gecf) ovvero l’Opec del metano. I Paesi membri sono Algeria, Bolivia, Egitto, Guinea Equatoriale, Iran, Libia, Nigeria, Qatar, Russia, Trinidad e Tobago, Emirati Arabi Uniti e Venezuela. Invece Angola, Azerbaigian, Iraq, Malesia, Mozambico, Norvegia e Perù sono membri osservatori. In sintesi, dopo un 2022 nel quale il consumo globale di gas è diminuito, si prevede che riprenderà a crescere nel 2023 (+1%) e raggiungerà un livello massimo storico, con il settore della produzione di energia elettrica che rimane il più grande consumatore di gas. Stati Uniti, Cina e alcuni paesi emergenti dell’Asia Pacifico guideranno la crescita del consumo di gas. Inoltre gli investimenti nel petrolio e nel gas sono aumentati del 7% su base annua per raggiungere i 718 miliardi di dollari nel 2022 e dovrebbero aumentare ulteriormente nel 2023. Infine CCS/CCUS (ovvero le operazioni di Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio) e idrogeno hanno guadagnato slancio come potenziali percorsi per la decarbonizzazione, con un aumento significativo della capacità annunciata. Tuttavia, il numero di progetti operativi è ancora lontano dalla scala richiesta.

Gli sviluppi nel settore del gas sono un’indicazione delle brillanti prospettive per l’espansione dell’industria globale del gas, poiché il gas naturale è destinato a svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo socio-economico e verso transizioni energetiche giuste e inclusive“, ha commentato Mohamed Hamel, segretario generale del Gecf, proprio mentre la Ue chiede una riduzione sempre maggiore del gas. Quest’anno dovrebbe aumentare, oltre al consumo di gas, anche la produzione, l’utilizzo nella generazione di energia elettrica e nell’industria, senza scordare la crescita dell’import di Gnl. Innanzitutto la produzione è stimata 2in aumento di circa l’1% nel 2023, trainata da Nord America, America Latina e Caraibi, Medio Oriente e Africa. Lo scorso anno “sono stati scoperti oltre 600 miliardi di metri cubi di gas naturale, con un aumento del 16% su base annua, che rappresentano il 39% dei volumi totali di petrolio e gas scoperti. Tuttavia, il numero di pozzi di esplorazione è stato meno della metà del numero medio dei livelli pre-pandemici, evidenziando un continuo sottoinvestimento nell’esplorazione”, fa sapere l’Opec del gas.

A livello energetico/industriale “il settore della produzione di energia elettrica è ancora il principale consumatore di gas, con una quota del 44% del consumo globale di gas nel 2022. Il consumo di gas nel settore energetico è diminuito dello 0,2% su base annua, a 6.050 terawattora (TWh), a causa del passaggio dal gas al carbone in varie regioni e dei prezzi elevati del gas, che hanno reso il gas naturale meno competitivo rispetto altri combustibili. Tuttavia – segnala il report del Gecf – la produzione di energia elettrica rimarrà probabilmente il principale motore del consumo globale di gas a livello mondiale, dato che un numero sempre maggiore di Paesi sta abbandonando le centrali elettriche a carbone”. E poi, “con la prevista diminuzione dei prezzi del gas, il consumo di gas nel settore industriale dovrebbe aumentare nel 2023, poiché il gas naturale rimane una fonte di energia conveniente, affidabile ed ecologica per molte industrie“.

Con la crisi delle forniture via gasdotto in Europa, è esploso il mercato del Gnl, per il quale si prevede, nel 2023, “che le importazioni globali aumenteranno del 4-4,5% (16-18 Mt) su base annua, raggiungendo su base annua 416 Mt (milioni di tonnellate). La Cina e i Paesi del subcontinente indiano e del sud-est asiatico dovrebbero rappresentare la maggior parte delle importazioni di GNL, con ulteriori 13-15 Mt di importazioni di Gnl“, si legge nel 4° rapporto annuale. Questo nonostante lo scorso anno siano state “commissionate meno di 30 nuove metaniere, il che rappresenta l’aumento più lento dal 2013, mentre la flotta mondiale di metaniere ha superato le 670 unità. Le tariffe di noleggio per le metaniere hanno raggiunto livelli record nell’autunno del 2022. Questo, insieme all’aumento del costo dei combustibili per il trasporto del gas liquefatto, ha contribuito all’aumento dei costi di trasporto del Gnl“.

In ogni caso una previsione la dice lunga sulla transizione dal gas. Il Forum dei Paesi esportatori di gas prevede che crescano gli investimenti nel settore del petrolio e del gas, grazie ai maggiori investimenti nell’industria upstream e nei terminali di importazione di Gnl. Tuttavia, diverse incertezze incombenti, tra cui il rallentamento della crescita economica globale, le condizioni finanziarie rigide, l’inflazione e l’elevata volatilità dei prezzi dell’energia, potrebbero scoraggiare gli investimenti. Resta il fatto che il settore oil & gas nel solo 2022 ha mobilitato 718 miliardi di investimenti, una cifra superiore all’Ira di Biden per la svolta green.

Sud Sudan - giacinto - Bentiu

Sud Sudan, dal giacinto d’acqua nuova fonte di energia sostenibile

Nel Sud Sudan devastato dalle inondazioni e dal cambiamento climatico, dove non arriva la natura, l’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento. Roda Nyawuy è madre di sette figli e vive a Bentiu, città del nord tra le più colpite dalle piogge devastanti. E’ suo il compito di raccogliere legna da ardere, necessaria a cucinare e a scaldare l’acqua. E per farlo è costretta a guadare acque torbide, senza sapere cosa ci sia sotto la superficie. “Probabilmente serpenti e piante piena di spine”, racconta, “ma non possiamo permetterci né gas né carbone”. E legna asciutta non se ne trova più. Così, la donna, ha trovato una soluzione sicuramente innovativa, grazie a un’erba spontanea che cresce abbondantemente nella zona. A prima vista i bricchetti che ardono nella stufa assomigliano al carbone venduto al mercato di Bentiu, ma non derivano dal legno. Sono fatti di giacinto d’acqua, una pianta galleggiante invasiva a a crescita rapida che ha prosperato nel Sud Sudan negli ultimi quattro anni a causa delle inondazioni. E’ ricca di biomassa, un materiale organico che produce energia e che può essere utilizzato come combustibile sostenibile ed economico per le necessità domestiche.

A Bentiu il cambiamento climatico sta ridisegnando il paesaggio e il giacinto d’acqua si sta diffondendo a perdita d’occhio, ricoprendo di macchie di verde la pianura allagata. Quella che è considerata un’erbaccia invasiva nel resto del mondo qui sta aiutando le donne a far sopravvivere le loro famiglie. Il difficile e pericoloso compito di raccogliere legna da ardere, infatti, ricade su donne e ragazze, che devono avventurarsi su lunghe distanze per trovarla. Lontane dagli argini di terra che proteggono la città dalle inondazioni, sono spesso vittime di aggressioni e violenze sessuali. Il giacinto, invece, viene raccolto in modo rapido e sicuro dalle rive utilizzando lunghi rastrelli, prima di essere essiccato al sole. I gambi vengono posti in un tamburo di metallo sigillato e cotti sul fuoco per circa 20 minuti, quindi mescolati con acqua fino a diventare una pasta nera da modellare in piccoli bricchetti. Un procedimento che non richiede formazione o attrezzature specifiche.

Non è come produrre carbone, che può richiedere tre mesi”, spiega Simon Riak, che sovrintende all’iniziativa finanziata dal Programma Alimentare Mondiale (WFP). Il carbone della varietà ampiamente utilizzata nei Paesi in via di sviluppo viene prodotto riscaldando lentamente la legna nei forni di terra. Ma questo processo richiede grandi quantità di materia prima, fattore che incide pesantemente nella deforestazione. Il legno è scarso e difficile da trovare, anche perché gli alberi marciscono nell’acqua.
I prezzi del carbone sono raddoppiati in appena un anno a Bentiu mettendo a dura prova la popolazione locale, che sta già lottando per ottenere i beni di prima necessità. Alla fine, i bricchetti di giacinto potrebbero essere venduti a metà del prezzo del carbone e fornire reddito ai piccoli produttori. Circa 300 persone, per lo più donne, hanno già avviato questa attività. Di fronte allo scetticismo, vengono organizzate manifestazioni pubbliche. Venditori di tè lungo la strada e ristoratori sono stati invitati a testare l’efficacia delle bricchette. “È una sorpresa per la maggior parte delle persone. Non sanno che il giacinto d’acqua può essere usato in questo modo”, afferma Riak
Gli esperti stimano che le inondazioni intorno a Bentiu potrebbero richiedere anni o addirittura decenni per placarsi. “Ne ho parlato con i miei vicini. Sono pronti a vedere come si fa e come lo usiamo“, assicura Roda Nyawuy. “Quelli di noi che imparano a fare questi bricchetti avranno un vantaggio“, conclude.

 

 

Photocredit: Afp

La Camera (Irena): “Golfo pronto a rifornire Europa di idrogeno verde. Italia sia hub”

Investire sulle rinnovabili in maniera massiccia (fino a 10mila gigawatt di potenza installata nel mondo al 2030) per liberarsi dal giogo delle energie fossili e non far saltare l’accordo di Parigi, puntare molto sull’idrogeno verde, ridisegnare completamente le reti elettriche, per terra e per mare, non escludere i Paesi in via di sviluppo nella transizione energetica. Al suo primo giorno del secondo mandato da Dg di Irena, l’agenzia internazionale delle energie rinnovabili, Francesco La Camera lascia Abu Dhabi per un giro di incontri istituzionali a Roma e fa il punto della situazione energetica mondiale con Gea. A partire dalle ricadute della guerra in Ucraina: “Nessuno si sarebbe aspettato, tre anni fa, che le rinnovabili sarebbero diventate la soluzione per la sicurezza energetica”, osserva.

La decentralizzazione dell’offerta, chiarisce, “è diventata il modo attraverso il quale si può assicurare più resilienza al sistema nel suo complesso ed evitare che l’offerta di energia possa essere cartellizzata o usata geopoliticamente”. Questo può avvenire solo attraverso le rinnovabili, ribadisce il DG, che “creano un mercato più libero, meno soggetto ad avere una caratterizzazione forte dal punto di vista geopolitico”. Lo sguardo è già rivolto alla Cop28 di Dubai, il 12 dicembre: “Dirà che i governi non hanno mantenuto le promesse degli accordi di Parigi e dovrà anche dire come rimetterci in rotta, chiudere il gap tra dove dovremmo essere e dove siamo adesso”.

In quanto tempo e come, verosimilmente, ci libereremo dal gas?

“A Irena stiamo cercando, nel disegnare il futuro, di dare la possibilità ai governi di individuare dei target precisi da raggiungere. Il primo che abbiamo messo a punto è 1000 GW di energia rinnovabile installata ogni anno. In questo momento, la domanda è soddisfatta per il 75-80% da Oil&gas e per il 20% dalle rinnovabili. Per aumentare la quota di rinnovabili nel sistema occorre avere almeno 10mila GW di rinnovabili installate al 2030, questo vuol dire avere 1000 GW l’anno di capacità installata. Questo sta già avvenendo, sono 8-9 anni ormai che la capacità installata di rinnovabili supera quella tradizionale, con nuovi record, l’ultimo anno 295 GW ed è l’84% della nuova capacità installata”.

Come dovrebbero essere distribuite le nuove installazioni di rinnovabili nel mondo?

“Bisogna riequilibrare il rapporto con i Paesi in via di sviluppo. Nello scorso anno, di tutta la capacità di rinnovabili installate, solo l’1% è stata in Africa. Se non acceleriamo la transizione energetica, con la crescita economica dell’Africa e del Sud Est asiatico dovremo abbandonare l’accordo di Parigi”.

L’Italia in questo percorso di transizione avrà un ruolo centrale, dettato dalla sua posizione geografica?

“Mi sembra evidente, dal punto di vista della collocazione naturale dell’Italia, un ponte naturale dell’Europa verso l’Africa, è che l’Africa ha il più grosso potenziale di idrogeno verde al mondo. L’Italia potrebbe sfruttare questa sua caratteristica geografica per diventare la piattaforma dell’idrogeno verde in Europa. Il problema delle infrastrutture sarà cruciale per accelerare il passo della transizione energetica”.

Come lo facciamo viaggiare questo idrogeno, se i tubi per il gas non vanno ancora bene?

“La Snam dice che con poche correzioni le pipeline esistenti possono essere adattate per trasportare idrogeno. C’è poi il progetto di un elettrodotto sottomarino che attraverso Cipro raggiunga l’Italia. E’ un altro modo per prendere energia prodotta in Africa e portarla in Europa. Ritengo che i Paesi del Golfo, l’Arabia Saudita, gli Emirati siano prontissimi a dare all’Europa tutto l’idrogeno verde di cui hanno bisogno ma occorre la logistica e l’Italia è in una posizione straordinaria per svolgere questo ruolo”.

In un futuro in cui l’energia solare coprirà una percentuale importante dei mix energetici, assisteremo a una inversione di polarità negli investimenti, nella ricchezza e nelle migrazioni, dal Nord al Sud del mondo? Possiamo immaginare nuovi migranti economici verso l’Africa?

“Il riequilibrio fra Paesi sviluppati e in via di sviluppo è importante. Se si crea ricchezza e capacità di vivere in maniera decente il problema delle migrazioni può essere attenuato o addirittura invertito. Bisogna riscrivere le regole della cooperazione. Abbandonare l’approccio predatorio nei confronti dei Paesi in via di sviluppo e riuscire a costruire una industria verde in quei Paesi. Anche per la catena di offerta per la transizione energetica sarebbe importante ridurre la dipendenza da una sola fonte, ma si riesca a decentralizzare in modo che ci sia più mercato e che si crei sviluppo per l’Africa e il Sud Est asiatico, in modo che si traduca in un bilanciamento tra Paesi ricchi e poveri. Come l’Europa ha ricostruito la propria economia grazie al Piano Mashall, l’Africa avrebbe bisogno di un Piano, un intervento importante, noi diciamo del sistema multilaterale e bancario, per costruire le infrastrutture di cui hanno bisogno. L’Africa è una power house dell’idrogeno verde, ma ha pochissimi porti che possono consentire lo smercio sotto forma di ammonio, anche il mercato regionale non può essere alimentato. Occorre costruire tutte le strutture”.

Nucleare, sì o no?

“Il nucleare non è una tecnologia che serve a combattere il cambiamento climatico. Quello che è molto importante nella tradizione energetica, e non mi sembra chiaro, è che la variabile più importante è il tempo. Se la scienza e i Paesi concordano nel dire che questi sette anni sono decisivi nella lotta al cambiamento climatico, che bisogna raggiungere dei risultati al 2030, le nuove centrali potranno portare energia elettrica non prima del 2035-2038. A quel punto le sorti dell’accordo di Parigi saranno già decise”.

Una buona quota di energia, quella dell’idroelettrico, lavora a scartamento ridotto a causa della siccità, che è uno dei tanti effetti del cambiamento climatico.

“Il problema dell’idroelettrico non è solo l’aumento delle temperature, che sicuramente esiste, ma c’è un problema di rinnovo di impianti esistenti. Chi ce l’ha è fortunato perché è la più grande batteria esistente. Chi ce l’ha ha una capacità di bilanciamento del sistema estremamente forte”.

Esiste una necessità di modificare le reti, per poter far viaggiare più facilmente l’energia da una parte all’altra della Terra?

“Sì. Occorre ridisegnare l’intera struttura delle reti, sia le reti a terra che le rotte del mare. Tutta l’infrastruttura fisica deve essere rivista e potenziata. Per dare un’idea di quanto sia importante, non riusciamo in Europa a utilizzare tutta l’energia eolica che viene dall’offshore wind del Mare del Nord, non abbiamo la logistica per portare quell’elettricità nelle nostre reti. Uno sforzo l’Europa lo sta facendo col connettore Portogallo-Spagna- Francia-Centro Europa ma questo dev’essere fatto in maniera strutturale, forte e importante. Perché le reti devono essere interconnesse, assicurare flessibilità e bilanciamento. Questo elemento è particolarmente importante per l’Africa e per il Sud Est asiatico”.