Meloni lancia il ‘Piano Mattei’. Descalzi: Liberi dal gas russo nel 2024-25

Un Piano per azzerare la dipendenza dal gas russo, ma anche per rilanciare l’Italia in Europa. Giorgia Meloni vola in Algeria per la sua quinta missione all’estero con in mano il dossier più importante di tutti, quello energetico.

Stringe, accompagnata dall’ad di Eni Claudio Descalzi, dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi e dall’ambasciatore italiano Giovanni Pugliese, cinque accordi. Pone le basi per il Piano Mattei per l’Africa, in cui l’Algeria sarà leader africano e mondiale in alcune produzioni e l’Italia sarà la porta dell’approvvigionamento di questa energia. Un ponte che, assicura, sarà “utile all’Europa intera, soprattutto in termini di approvvigionamento”. Un modello di cooperazione con l’Africa nuovo e “non predatorio, rivendica la premier. Lancia la sfida a Bruxelles, sarà utile che sostenga il piano: “Lo vediamo tutti, si chiudono opportunità, come i flussi energetici, per questo si deve guardare a Sud, e penso che andava fatto anche prima“.

L’Algeria è al momento il principale esportatore di gas in Italia e la premier sigilla in realtà un percorso iniziato da Mario Draghi. Ma, con il progetto dell’Hub italiano dell’energia, alza l’asticella. La cooperazione si estenderà anche alla transizione e alle fonti rinnovabili.

Le intese firmate da Eni e Sonatrach, la sua omologa algerina, sono due: una per ridurre le emissioni di gas serra, l’altra per incrementare le esportazioni di gas e realizzare un nuovo gasdotto per l’idrogeno. L’exit strategy dalla crisi passa quindi per il mix energetico.

Gli accordi di Algeri “aggiungono nuovi tasselli al mosaico energetico che stiamo portando avanti dal primo giorno: diversificare le fonti e la loro provenienza, acquisendo una storica centralità nel Mediterraneo sugli approvvigionamenti”, fa sapere da Roma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Dalle infrastrutture che servono a incrementare il flusso di gas allo sviluppo delle rinnovabili, fino ai progetti per ridurre le emissioni, i memorandum, commenta, “ci aprono uno sguardo sul futuro ambientale ed energetico non solo dell’Europa, ma anche del continente africano, la cui stabilità si costruisce portando sviluppo e crescita sostenibile, secondo la visione di un grande italiano come Enrico Mattei”.

Quello con l’Algeria è uno dei “tanti rapporti bilaterali” con il Nordafrica allo studio di Palazzo Chigi: “In futuro ce ne saranno altri – parola di premier -, li stiamo già programmando“.

Auto elettrica

Ue, boom auto elettriche e pompe di calore mettono sotto pressione reti

Boom di auto elettriche e boom di acquisti di pompe di calore mettono in difficoltà le reti elettriche di mezza Europa, soprattutto in Germania, con il timore in alcune zone addirittura di black-out. A lanciare l’allarme è stato Klaus Müller, il presidente della Federal Network Agency tedesca, la Bundesnetzagentur, ovvero l’autorità delle reti: “Se continueranno ad essere installate molte nuove pompe di calore e stazioni di ricarica, si dovranno temere problemi di sovraccarico e interruzioni di corrente locali nella rete di distribuzione“, ha dichiarato domenica scorsa alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung. Proprio domenica – rivela il sito specializzato Euractiv – l’operatore di rete della Germania meridionale, TransnetBW, ha lanciato un appello ai cittadini affinché riducano il loro consumo energetico durante la sera per evitare un blackout.

In Germania le linee locali a bassa tensione sono particolarmente a rischio di esaurire la capacità di trasmissione, continua Euractiv, tant’è che proprio Müller dovrebbe varare un regime di razionamento dell’elettricità dal 1° gennaio 2024, che toccherà stazioni di ricarica per veicoli elettrici e pompe di calore, garantendo comunque una fornitura minima. Già adesso comunque i Paesi Ue hanno concordato sulla riduzione invernale del consumo di elettricità del 5% nelle ore di punta, per evitare collassi di rete. E qualche Stato è andato oltre: in Finlandia gli automobilisti sono stati invitati a evitare di caricare le proprie auto al mattino.
Il tema è che “la rete deve affrontare tre sfide principali: l’integrazione delle pompe di calore, la ricarica dei veicoli elettrici e la produzione sempre più decentralizzata di elettricità“, sottolinea Bram Claeys, senior associate del Regulatory Assistance Project (RAP), un think tank sull’energia pulita, come riporta ancora il sito Euractiv. Serviranno complessivamente investimenti sulla rete che Eurelectric aveva stimato in 375-425 miliardi di euro.

Gli investimenti in rinnovabili e auto elettriche dovrebbero andare di pari passo con quelli nelle reti, ma non c’è questa correlazione. La situazione è complicata perché si sta inoltre assistendo a una forte crescita di energia rinnovabile, autoprodotta e intermittente: un fenomeno che è difficilmente gestibile se rapportato al crescente consumo di corrente, che necessità invece di un equilibrio tra domanda e offerta in tempo reale. “Abbiamo visto un aumento del 10% degli investimenti nelle reti di distribuzione tra il 2020 e il 2021″, ha detto Kristian Ruby, segretario generale di Eurelectric a Euractiv. “Quello che avremmo dovuto vedere sarebbe stato un aumento del 40%“, ha sottolineato. Infatti le vendite di veicoli elettrici in Europa sono aumentate del 27% a novembre 2022 rispetto all’anno precedente. E lo stesso vale per le pompe di calore, che sono cresciute a un tasso superiore al 20%, dopo un forte 2021 con una crescita del 34%.

In Italia gli interventi pianificati nel triennio 2022-2024 da E-Distribuzione corrispondono a circa 262 milioni di euro di investimenti, che vanno ad aggiungersi al programma “di investimenti in resilienza” di quasi 672 milioni di euro, già realizzato nel quinquennio 2017-2021. Gli interventi sono mirati a contenere il rischio di disalimentazione a fronte dei principali fattori critici che possono avere impatto sulla propria rete: formazione di manicotti di ghiaccio sui conduttori aerei nei mesi invernali, effetto del vento e della caduta di piante ad alto fusto sulle linee aeree, ondate di calore durante i mesi estivi. Ieri, parlando all’evento Laripartenza 2023, Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, ha rassicurato: “La rete è e sarà in grado di accompagnare lo sviluppo dei 70GW di energie rinnovabili previsti dal piano europeo Fit for 55”.

Meloni in Algeria

Meloni in Algeria: obiettivo la messa a terra del Piano Mattei

Secondo giorno di visita in Algeria per Giorgia Meloni. L’obiettivo di questo viaggio strategico della premier è consolidare i rapporti con il Paese che, attualmente, è il nostro principale fornitore di gas, avendo soppiantato la leadership russa nel 2022. La presidente del Consiglio, che ieri sera ha cenato con il primo ministro algerino alla presenza dell’ad di Eni Claudio Descalzi, vuole mettere a terra il ‘Piano Mattei per l’Africa’ in maniera che l’Italia diventi l’hub Mediterraneo per la fornitura di energia agli altri partner europei, in particolare a Germania, Austria e Ungheria. Anche perché, proprio nel Mediterraneo, “viaggia la stragrande maggioranza dei nostri interessi nazionali. Questo per noi è un territorio cruciale“, sintetizza la premier parlando a bordo della nave Carabiniere della Marina militare ormeggiata ad Algeri.

L’intesa con l’Algeria, considerato uno Stato ormai affidabile, non si restringere solo al gas ma coinvolge anche altre fonti di energia pulita, a cominciare dall’idrogeno verde e dalla bioraffinazione. Non sarà facile passare dalla fase teorica a quella pratica, molti tasselli di questo complicatissimo mosaico devono trovare la loro giusta collocazione, però Meloni proprio con questa visita in Algeria dimostra di voler fare sul serio.

Del resto, il problema energetico è stato il nodo cruciale della Manovra e sarà il vero cruccio dei prossimi mesi. La presidente del Consiglio vorrebbe sganciarsi dalla Russia (che ci fornisce ancora il 16% del gas) entro due anni. Per questa ragione, oltre alla liaison fortissima con l’Algeria, verranno intensificati i rapporti con Mozambico, Egitto e Angola, per quanto riguarda il continente Africano; poi c’è l’Azerbaijan che già ci fornisce gas in arrivo in Puglia: e non a caso di si ragiona sul raddoppio del Tap. Infine c’è il discorso legato alla Libia, che potrebbe diventare un ‘cliente’ molto interessante nell’istante in cui all’interno del paese la situazione politica sarà definitivamente stabilizzata.

Il governo, insomma, si sta muovendo. Al netto della politica di espansione delle rinnovabili che a livello burocratico dovrebbe avere meno lacci e lacciuoli nell’immediato futuro. Intanto, però, Meloni tratta con Algeri: oggi è il secondo, importantissimo giorno di dialogo per tornare a Roma non a mani vuote.

Photo Credit: Palazzo Chigi

Fs verso autoproduzione di energia: bando da 130 milioni per 20 impianti fotovoltaici

Prosegue la corsa di Fs verso la transizione energetica, così come previsto dal Piano industriale 2022-2031. Il gruppo ha lanciato un bando di gara europeo per realizzare 20 nuovi impianti fotovoltaici, dal Piemonte alla Sicilia, passando per Toscana, Lazio, Campania e Puglia. Un altro bando sarà lanciato il prossimo autunno, per altri 40 impianti. Entra così nel vivo il programma per la produzione di energia elettrica da fonti green del gruppo Fs Italiane. Il bando, tramite la controllata Ferservizi, ha un valore totale di 130 milioni di euro per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei primi venti “impianti di produzione di energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici – come si legge nel bando – da eseguirsi presso le aree di proprietà del Gruppo Fs Italiane limitrofe alle sottostazioni elettriche ferroviarie”.

OBIETTIVO AUTOPRODUZIONE. L’obiettivo è quello dell’autoproduzione perché, come ha ricordato l’ad Luigi Ferraris nel corso di un evento organizzato a Milano da Nicola Porro, “noi come Ferrovie dello Stato movimentiamo il Paese e siamo grandi consumatori di energia, i primi in Italia, con il 2% del consumo nazionale. Abbiamo quindi una grande responsabilità con il fine di contribuire al risparmio energetico”. Il progetto del fotovoltaico, quindi, “ci consentirà di diventare uno dei maggiori produttori di energia rinnovabile”.

INVESTIMENTI DA 1,6 MILIARDI DI EURO. Già dal 2024 il gruppo inizierà a generare energia, grazie ad investimenti che “oltre a produrre un vantaggio aziendale importante, rappresenteranno un beneficio significativo per tutta la collettività”. E nel 2027, secondo il piano, Fs coprirà il 40% del proprio fabbisogno energetico, producendo fino a 2,6 TWh, con un investimento di oltre 1,6 miliardi di euro. Il primo lotto del bando, dal valore di 20 milioni, prevede la realizzazione di impianti fotovoltaici in tre regioni del nord Italia: Ostiglia e Padova in Veneto, Strassoldo e Pontebba nel Friuli-Venezia Giulia e Chivasso in Piemonte. Il secondo raggruppamento comprende la realizzazione di impianti in quattro regioni del centro-sud, per un valore di 40 milioni: Arezzo e Grosseto (Toscana), Santa Severa (Lazio), Avezzano (Abruzzo), Benevento e Contursi (Campania). Il terzo lotto, sempre da 40 milioni, comprende quattro località della Puglia: Foggia, Brindisi, Nasisi e Lecce. Infine, l’ultimo gruppo di impianti (30 milioni di euro) copre le aree di Cassano allo Ionio, Contesse, Mileto, Saline Joniche (Calabria) e Agira (Sicilia).

Gli impianti saranno tutti connessi ai sottosistemi delle gallerie Anas e alle sottostazioni elettriche di Rfi, quindi la loro produzione immessa direttamente nella rete permetterà di utilizzarla per la trazione dei treni. Fs punta a raggiungere nell’arco del Piano Industriale 2022-2031 una produzione di energia dal fotovoltaico pari a circa il 10% di quella attualmente prodotta in tutta Italia dagli impianti a energia solare offrendo così un contributo concreto alla transizione green del Paese.

Energia, da Consiglio nazionale geologi via libera al decreto ‘Geoscambio’

Lo scorso dicembre si è riunita la ‘Piattaforma Geotermia’, gruppo di lavoro costituito dal Consiglio nazionale dei geologi, che raggruppa Enti di Ricerca, associazioni, ordini professionali che si occupano di Geotermia Nazionale e internazionale. Oggetto del confronto è stato il decreto ministeriale “Geoscambio”, firmato lo scorso 30 settembre dal ministro della Transizione ecologica (pubblicato il 14 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale), un provvedimento salutato con soddisfazione dai componenti della Piattaforma Nazionale Geotermia e che ha lo scopo di normare a livello nazionale il settore delle “piccole utilizzazioni geotermiche” in Italia, con particolare riferimento agli impianti geotermici a circuito chiuso.

Il Decreto era atteso dal 2011 – ha dichiarato in una nota Emanuele Emani, membro del Consiglio nazionale geologi con delega al coordinamento della piattaforma geotermia – quale attuazione del Decreto Legge 2011/28 e della Direttiva Europea DEC 2009/28, ed ha come obiettivo quello di regolamentare l’installazione delle pompe di calore geotermiche. In particolare, risponde alla necessità di semplificare e accelerare il processo autorizzativo, soprattutto in questa fase di forte spinta verso la transizione energetica ed ambientale, nei confronti della geotermia, fonte energetica rinnovabile e programmabile che concorre in modo sostanziale alla diminuzione delle emissioni climalteranti, oltre ad essere strategica in termini di contributo economico, occupazionale e di risparmio ed efficienza energetica”.

Nel testo del decreto ministeriale – evidenzia Emani – viene esplicitata l’importanza e la necessità di una corretta modellazione geologica e idrogeologica, in particolare per sonde oltre i 50 kW, nonché la presenza, in ogni caso, di una direzione dei lavori da parte di un esperto iscritto all’Albo (DPR 328/2001). Diviene quindi di fondamentale importanza la figura del professionista in grado di curare gli aspetti idro-geologici, geotecnici, ambientali e di impatto termico connessi alla realizzazione di un impianto geotermico. Questo strumento rappresenta il primo traguardo importante raggiunto dalla Piattaforma Geotermia, grazie al lavoro e alla costanza di tutti i partecipanti al tavolo coordinati dal Consiglio Nazionale dei Geologi: Aicarr, Airu, Anighp, Anim, Anipa, Anisig, Associazione Acque Sotterranee, Consiglio Nazionale Ingegneri, Consiglio Nazionale Periti Industriali, Cosvig, Enea, Finco, Gse, Rse, Iah Italia, Ugi, Feg, Ispra, Itaca, Ingv e Cnr. L’impegno della Piattaforma e dei suoi componenti continuerà con l’obiettivo di proporre un miglioramento al testo sopracitato, prevedendo un ampliamento degli interventi non contemplati, estendendo la normativa anche agli edifici di nuova costruzione ed infine proponendo linee guida per i sistemi geotermici a circuito aperto”, ha concluso.

Sperduto (Faib): Sciopero benzinai per far prendere coscienza e posizione al governo

E’ fiducioso che il Parlamento possa migliorare il decreto Trasparenza? “Me lo auguro, non fosse altro perché non abbiamo alcuna intenzione di portare avanti uno sciopero fine a se stesso, ma serve fondamentalmente a far prendere coscienza e posizione al governo”. Risponde così il presidente di Faib Confesercenti, Giuseppe Sperduto, ai microfoni di GEA, al termine della conferenza stampa con le altre sigle dei gestori (Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio) che hanno proclamato lo sciopero dei benzinai dalle 19 del 24 gennaio alla stessa ora del 26 gennaio, compresi i distributori self service.

Greta Thunberg attacca Davos: E’ il Forum di chi alimenta la distruzione del pianeta

Al Forum di Davos “sono riunite le persone che alimentano la distruzione del pianeta, quelle che sono al centro della crisi climatica e quelle che investono nei combustibili fossili”, eppure “in qualche modo, sono queste le persone a cui affidiamo la soluzione dei nostri problemi. Anche se hanno dimostrato più volte di non essere in grado di farlo”. Lo ha detto l’attivista per il clima Greta Thunberg durante un evento organizzato a margine dell’incontro del World Economic Forum nella località svizzera. “Sembra – ha aggiunto – che ascoltiamo loro piuttosto che le persone che sono effettivamente colpite dalla crisi climatica, le persone che vivono in prima linea, e questo ci dice quanto sia assurda la situazione”. I big presenti al Forum di Davos, ha detto ancora Greta, “hanno dimostrato più e più volte di dare la priorità all’avidità e ai profitti economici al di sopra delle persone e del pianeta”.

Durante l’incontro, Greta e le altre attiviste per il clima – Vanessa Nakate, Helena Gualinga e Luisa Neubauer, hanno mostrato una lettera inviata ai ceo dei grandi gruppi energetici, con la quale chiedono di “interrompere immediatamente l’apertura di qualsiasi sito di estrazione di petrolio, gas o carbone” e di “smettere di bloccare la transizione verso l’energia pulita di cui abbiamo urgentemente bisogno”. I big dell’energia, hanno spiegato le firmatarie, “da decenni sanno che i combustibili fossili sono la causa dei catastrofici cambiamenti climatici” e “hanno ingannato” i cittadini.

(Photocredit: AFP)

200 milioni contro il caro energia per le famiglie in difficoltà

In arrivo un nuovo contributo contro il caro energia a favore delle famiglie e basso reddito, vengono infatti sbloccati 200 milioni del Fondo Sviluppo e Coesione per alimentare il Fondo nazionale reddito energetico.

Il reddito energetico vede l’impiego di 200 milioni di euro per l’incentivazione dell’utilizzo di pannelli fotovoltaici da installare prevalentemente sui tetti di abitazioni e condomini. L’iniziativa – osserva Maria Vittoria Tonelli, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – è indirizzata soprattutto alle fasce di popolazione meno abbienti, identificate da soglie di reddito”.

I beneficiari hanno l’obbligo di sottoscrivere una convenzione con il GSE, attivando il servizio di scambio sul posto dell’energia prodotta dagli impianti: un meccanismo di compensazione dell’energia prodotta e immessa in rete con quella prelevata e consumata in un momento diverso da quello della produzione. Allo stesso tempo – prosegue Tonelli – gli utenti si impegnano a cedere alla regione gli eventuali crediti maturati verso il GSE, in ragione del servizio di scambio sul posto”.

Vestager: “Per poter accelerare transizione verde c’è bisogno di una risposta europea”

È un momento decisivo per la tenuta del mercato unico di fronte alle sfide dell’Inflation Reduction Act (Ira) degli Stati Uniti, il piano contro l’inflazione che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese dell’Unione Europea. La competitività industriale, così come l’unità nell’implementazione della transizione verde e nell’affrontare gli alti prezzi dell’energia, richiede una “risposta comune europea” e non un approccio autonomo di ogni Stato membro negli investimenti nei settori strategici. È quanto ribadisce la vicepresidente esecutiva della Commissione Ue e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, in un’intervista rilasciata a GEA in vista del vertice dei leader Ue di febbraio, quando i Ventisette discuteranno di una revisione temporanea degli aiuti di Stato e di un fondo di sovranità industriale.

Quali sono le sfide che deve affrontare l’industria europea?
“Sono due. Un’impennata senza precedenti dei prezzi dell’energia e l’Ira che, con i suoi sostanziali sussidi verdi, rischia di trasferire gli investimenti e i posti di lavoro europei negli Stati Uniti. Dobbiamo portare avanti a pieno ritmo i nostri sforzi verso un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale, con prezzi energetici bassi. Questa è la nostra soluzione per una maggiore competitività nel lungo periodo”.

Come si sta impostando il confronto con gli Stati Uniti?
“Stiamo lavorando con gli Stati Uniti per trovare soluzioni concrete per limitare, e idealmente invertire, i danni. Abbiamo accolto con favore le nuove linee guida emanate alla fine del 2022, che ribadiscono che le aziende dell’Ue possono beneficiare del programma di credito per i veicoli commerciali puliti nell’ambito della legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione. È il frutto di un impegno costruttivo nell’ambito della task force Ue-Usa per la riduzione dell’inflazione a livello di alti funzionari. Tuttavia, mentre parliamo con i nostri partner internazionali, dobbiamo anche fare i compiti a casa”.

In che modo?
“Dobbiamo trovare nuove soluzioni per continuare ad attrarre in Europa innovazioni e investimenti nella transizione verde. Per quanto riguarda gli aiuti di Stato, dobbiamo rendere le nostre regole più semplici, più rapide e più mirate. E dobbiamo farlo senza mai mettere a repentaglio la parità di condizioni tra i Paesi europei, perché non c’è transizione verde redditizia per l’Europa nel suo complesso se alcuni Paesi vincono su altri. Il Mercato unico è il nostro bene più prezioso, dobbiamo continuare a proteggerlo ed evitare le corse ai sussidi dannosi. In altre parole, il controllo degli aiuti di Stato è necessario per preservare il Mercato unico e la coesione all’interno dell’Unione e per consentire all’economia europea di riprendersi dall’attuale crisi”.

Gli Stati membri sembrano avere necessità di un nuovo approccio agli aiuti di Stato.
“Siamo ben consapevoli delle difficoltà causate dall’attuale crisi energetica e della necessità per gli Stati membri di sostenere le proprie economie in queste circostanze eccezionali. Abbiamo bisogno di una risposta europea che acceleri la transizione verde, elimini le barriere esistenti nel Mercato unico e, allo stesso tempo, consenta agli Stati membri di fornire un sostegno rapido e mirato ai settori chiave. Abbiamo già un Quadro di crisi temporaneo, che comprende una serie di importanti salvaguardie per garantire che gli aiuti non comportino indebite distorsioni della concorrenza e della parità di condizioni nel Mercato unico. Il quadro ha già permesso agli Stati membri di sostenere l’economia mobilitando finora 672 milioni di euro di finanziamenti nazionali, ma potrebbe essere necessario fare di più”.

Su quale fronte?
“Soprattutto nell’attuale situazione, è importante trovare il giusto equilibrio tra il mantenimento degli incentivi al risparmio energetico e la possibilità di fornire un sostegno mirato per evitare che la crisi faccia uscire dal mercato aziende altrimenti di successo. Abbiamo quindi deciso di consultare gli Stati membri su questo punto. Nessuno è nella posizione migliore per dirci dove e come le nostre norme sugli aiuti di Stato dovrebbero essere semplificate. Gli Stati membri ci daranno anche il loro parere su come bilanciare al meglio la necessità di sostenere la produzione in alcuni tipi di settori, che sono strategici per la transizione verde, con il possibile rischio di frammentazione del Mercato unico”.

Cosa si aspetta dalla consultazione?
“Sulla base di ciò che ci dirà il sondaggio, effettueremo gli adattamenti necessari per trasformare il nostro quadro esistente in un quadro temporaneo di crisi e di transizione. Vogliamo rendere queste regole temporanee più rapide, semplici e prevedibili, a vantaggio di tutti gli Stati membri, al fine di accelerare gli investimenti pubblici per alimentare la transizione, preservando al contempo condizioni di parità nel mercato unico”.

L’Italia è uno dei Paesi con uno spazio fiscale ridotto. Non c’è il rischio di penalizzare questi Stati membri?
“È ovvio che non tutti i Paesi membri hanno la stessa possibilità di erogare aiuti di Stato, alcuni hanno molto più spazio fiscale di altri. Ma dobbiamo anche garantire nel nostro Mercato unico le stesse condizioni di parità che chiediamo agli Stati Uniti. Se da un lato è fondamentale che gli Stati membri abbiano la flessibilità di investire i loro bilanci in settori strategici, dall’altro questo approccio non può essere autonomo, perché favorirebbe gli Stati con tasche profonde e porterebbe a distorsioni che finirebbero per minare il Mercato unico”.

La soluzione può essere un nuovo fondo comune?
“Abbiamo bisogno di una risposta europea comune a questa sfida. Per questo proponiamo di introdurre un nuovo fondo europeo di sovranità. Questo finanziamento complementare garantirà che tutti i Paesi europei possano beneficiare della transizione verde, e non solo alcuni. Già oggi il nostro bilancio dell’Ue, così come strumenti quali il Recovery and Resilience Facility e RePowerEu, forniscono mezzi finanziari per sostenere l’economia dell’Ue nel raggiungimento degli obiettivi del Green Deal”.

Quale dovrebbe essere l’obiettivo del fondo europeo di sovranità industriale?
“Nel medio termine dobbiamo rafforzare le risorse disponibili per la ricerca a monte, l’innovazione e i progetti strategici a livello europeo. Ciò significa garantire, da un lato, nuovi e ulteriori finanziamenti a livello europeo e, dall’altro, un più alto livello di coordinamento delle politiche, come l’idrogeno, i semiconduttori, l’informatica quantistica, l’intelligenza artificiale e le biotecnologie. Detto questo, resta un fatto: il sostegno pubblico non può fare tutto. Gli aiuti di Stato sono una soluzione efficace alle sfide attuali, ma non si può costruire la competitività a partire dai sussidi. Soltanto un Mercato unico forte e ben funzionante può garantire una crescita sostenibile e a lungo termine”.

Energia, Pichetto: “Dipendenza è freno”. Confindustria: Più infrastrutture, 182 miliardi al 2030

Sicurezza e costi contenuti. E’ questa la strategia energetica del governo e non solo per superare la crisi, ma anche per gli anni a venire. Perché se c’è una cosa che le vicende geopolitiche recenti hanno insegnato è che la dipendenza energetica è il vero “freno a mano sulla crescita della nostra economia”, sottolinea Gilberto Pichetto Fratin. È cambiato il quadro di riferimento internazionale e questo esecutivo politico, assicura il ministro dell’Ambiente, “ha intenzione di affrontare seriamente la questione della sicurezza energetica“: “Non possiamo perdere un minuto“, insiste. Via i paraocchi ideologici e rispetto degli impegni internazionali assunti in materia di decarbonizzazione. La direzione presa è questa, anche se passa dai rigassificatori, dalle estrazioni di gas dai giacimenti già noti lungo le coste. Tutto per avere respiro che porti gradualmente ad abbandonare i fossili a vantaggio delle fonti rinnovabili. L’accelerazione sulla semplificazione per installare gli impianti lo dimostra.

In questo scenario, le infrastrutture hanno un ruolo centrale, “devono accompagnare la transizione ecologia, assecondarla, renderla possibile attraverso un sistema di distribuzione dell’energia che sia in linea con le mutate condizioni di generazione dell’energia stessa“, sostiene Pichetto. Parla della “sfida della generazione diffusa“, dove non c’è più un centro erogatore e una ramificazione verso la periferia ma molteplici fonti di energia che vanno messe in rete e “devono fare i conti con la discontinuità dell’accumulo di fonti come il solare o l’eolico“. Servirà creare infrastrutture in grado di sostenere l’affiancamento della mobilità elettrica a quella dei motori termici e sistemi di interscambio locale fra l’energia autoprodotta e quella diffusa in rete: “Sono tutti passaggi chiave per costruire un futuro di sostenibilità, indipendenza e sicurezza energetica“, ripete il ministro.

Lo scenario “sostenibilità integrata” elaborato da Confindustria Energia, per le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore, valuta in 182 miliardi di euro gli investimenti previsti nel periodo 2022-2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 miliardi di euro, nell’impiego di 380 mila ULA (unità di lavoro annue) ed in una riduzione di emissioni pari a -127 Mton CO2/anno nel 2030. “Un piano integrato di investimenti che presenta benefici sul sistema Paese in termini di crescita economica, di ricadute ambientali e occupazionali con investimenti valutati secondo criteri di neutralità tecnologica, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, di sicurezza energetica e di sostenibilità sociale, attraverso infrastrutture energetiche flessibili e resilienti”, osserva il presidente, Giuseppe Ricci. È la proposta di Confindustria Energia in vista dell’elaborazione del nuovo PNIEC e dell’adeguamento del PNRR al REPowerEU. Dal piano integrato, spiega il vicepresidente e coordinatore dello studio, Roberto Potì, emergono diverse “leve complementari tra di loro” che mirano ad una transizione sostenibile, a partire da una “posizione geografica ottimale per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazione del gas“. L’Italia, è convinto, “può contare su riserve di gas naturale non utilizzate, su capacità di stoccaggio incrementabili e su reti di trasporto e trasmissione diffuse nel territorio. La sua leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e le importanti eccellenze nei processi di economia circolare, completano il quadro delle opportunità disponibili“.