Oggi in Cdm bollette e Nadef: si parte da un ‘tesoretto’ di 10 miliardi

Pochi soldi a disposizione, ma l’imperativo è farli fruttare. Oggi il Consiglio dei ministri sarà chiamato ad approvare la Nota di aggiornamento al Def, che contiene la pianificazione finanziaria annuale degli obiettivi che il governo si pone. Sarà il primo, importante banco di prova per Giorgia Meloni e la sua squadra, che al momento possono disporre di un ‘tesoretto’ da circa 10 miliardi di euro lasciato in eredità da Mario Draghi, al quale proveranno ad aggiungere altre risorse per varare una nuova serie di aiuti a famiglie e imprese per contrastare i rincari di gas, energia elettrica e carburanti. Il giro di ricognizione dei vari ministeri, fisiologicamente, visto che l’esecutivo è in carica da circa due settimane, non ha ancora prodotto risultati entusiasmanti, ma il margine per arrivare ad altri 5 miliardi aggiuntivi non è impossibile da raggiungere. Con molta probabilità si tratterà di prorogare gli strumenti messi in campo finora, ma comunque è un segnale in vista della prossima legge di Bilancio.

Della manovra la premier ha parlato anche ieri negli incontri avuti a Bruxelles con le massime cariche istituzionali del Vecchio continente. La costante è sempre lo scarso spazio di azione, visto che il varo dovrà avvenire entro e non oltre il 31 dicembre o l’Italia andrà in esercizio provvisorio. “Stiamo correndo contro il tempo“, sottolinea infatti Meloni nel colloquio con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Certo, se nel frattempo dall’Ue arrivasse un sostegno forte, magari con il via libera al price cap o al fondo comune per gli acquisti di gas, la strada sarebbe meno in salita. Ecco perché la premier assicura che “la voce dell’Italia in Europa sarà forte” aggiungendo che il governo è pronto “ad affrontare le grandi questioni, a partire dalla crisi energetica, collaborando per una soluzione tempestiva ed efficace al fine di sostenere famiglie e imprese e mettere un freno alla speculazione“.

In attesa che l’Europa faccia le proprie mosse, in Italia sono i sindacati a chiedere di dare priorità alle emergenze, come l’energia. “Abbiamo chiesto, con Cisl e Uil, un incontro con la presidente del Consiglio per discutere tutto questo e delineare un nuovo modello di sviluppo nella cui costruzione il sindacato e il mondo di lavoro siano pienamente coinvolti e non solo informati a cose fatte“, dice il segretario della Cgil, Maurizio Landini, a ‘La Stampa‘. In particolare le confederazioni si attendono un intervento sugli extra-profitti: “Non basta riscrivere la legge, bisogna alzare la soglia e ampliare la platea oltre il settore energetico. Tutto il gettito extra deve essere utilizzato per aiutare i lavoratori e le imprese che rischiano di chiudere. Subito. Anche con un contributo di solidarietà finalizzato a sostenere politiche di sviluppo e occupazione come fatto in questo in giorni in Germania“.

Le intenzioni del governo saranno più chiare dopo l’approvazione della Nadef, in cui Meloni dovrà tracciare la strada che vorrà seguire dal prossimo anno. Che inizia con una “corsa contro il tempo“.

Gas meno caro: cala del 12,9% il prezzo delle bollette nel mercato tutelato

Dopo mesi di passione c’è un primo calo delle bollette del gas. Almeno nel mercato tutelato. L’Arera, l’autorità per l’energia, ha deciso che i consumi di metano di ottobre costeranno il 12,9% in meno rispetto alle tariffe del terzo trimestre 2022. Tecnicamente, si legge nel comunicato diffuso da Arera, “in base al nuovo metodo di calcolo introdotto a luglio da Arera, la componente del prezzo del gas a copertura dei costi di approvvigionamento (CMEMm), applicata ai clienti ancora in tutela, viene aggiornata come media mensile del prezzo sul mercato all’ingrosso italiano (il PSV day ahead) e pubblicata entro i primi 2 giorni lavorativi del mese successivo a quello di riferimento. Per il mese di ottobre il prezzo della materia prima gas (CMEMm), per i clienti con contratti in condizioni di tutela, è quindi fissato in 78,05 €/MWh, pari alla media dei prezzi rilevati quotidianamente durante tutto il mese appena trascorso”.

D’altronde il prezzo del gas è calato drasticamente negli ultimi mesi, soprattutto ad ottobre. Basti pensare che lo scorso mese la media del prezzo scambiato in Italia, con consegna giornaliera, ha avuto una media di 80,7 euro/MWh, contro un 232,658 medio di agosto e 187,17 di settembre. E il prezzo che esce dalla borsa del Gme è diventato, dopo appunto la riforma della bolletta decisa dall’Arera a metà estate, il nuovo punto di riferimento per stabilire le tariffe del mercato tutelato, ovvero di pochi milioni di famiglie e piccole imprese, che fanno comunque tendenza anche nel mercato libero. Basta Ttf olandese, anche se pure l’indice dei Paesi Bassi si è più che dimezzato negli ultimi due mesi. E basta tariffe trimestrali.

Per tutelare operatori che rischiavano di finire gambe all’aria, l’Arera – l’authority per l’energia – aveva stabilito che le bollette del gas sarebbero state mensili, il cui costo sarebbe stato fissato ex ante ovvero all’inizio del mese successivo. Per questo oggi l’ente presieduto da Stefano Besseghini ha stabilito i costi di ottobre. Magari per il cliente cambierà poco, dipende dal mercato, però gli operatori potranno adeguare subito le bollette in caso di oscillazioni tali da costringerli ad alzare bandiera bianca: ad esempio, se compravano a 300, con le tariffe trimestrali sarebbero stati costretti magari a inviare il bollettino a 100, mentre con calcoli mensili i famosi 300 possono subito essere trasferiti al cliente. Ora, specifica Arera, “per chi avesse ricevuto, nelle scorse settimane, una bolletta con il valore in acconto della componente CMEMm, il ricalcolo sarà effettuato nella prima bolletta utile con il valore effettivo (più basso) pubblicato oggi. Lo stesso valore CMEMm dovrà essere usato dai venditori per fatturare, a titolo di acconto, i consumi del mese di novembre nelle bollette inframensili”.

Al governo Meloni 8 vice e 31 sottosegretari, Gava all’Ambiente

La squadra c’è. Con la nomina avvenuta oggi in Cdm di 8 vice ministri e 31 sottosegretari, Giorgia Meloni completa il suo governo e ora può dedicarsi ai dossier più urgenti. In primis la Nota di aggiornamento al Def, che sarà nel prossimo Consiglio dei ministri, venerdì prossimo. Dove la premier spera di “discutere anche di energia“, oltre al fatto che in quell’occasione saranno assegnate le deleghe ai vari ministeri.

Tutti passaggi propedeutici all’appuntamento più importante per ogni esecutivo: la legge di Bilancio. Cosa non facile per la presidente di FdI, che avrà a disposizione una finestra davvero risicata per far combaciare tutte le tessere del puzzle. Infatti, non a caso, nella prima conferenza stampa dall’ingresso a Palazzo Chigi usa proprio un’espressione plastica: “Stiamo facendo una corsa contro il tempo“.

Entrando nel dettaglio, sono 18 le nuove figure di governo provenienti dalle file di Fratelli d’Italia, mentre la Lega ottiene 11 nomine, Forza Italia 8 e Noi moderati 1. Entra anche Vittorio Sgarbi, che sarà al ministero della Cultura. All’Ambiente e la sicurezza energetica fa il suo ritorno Vannia Gava, che riceve i galloni di vice del ministro Gilberto Pichetto Fratin: l’esponente della Lega era già stata sottosegretaria sia con Sergio Costa ai tempi del governo giallo-verde con premier Giuseppe Conte, sia con Roberto Cingolani con Mario Draghi alla guida di Palazzo Chigi. Nella squadra dell’ex Mite entra anche Claudio Barbaro, come sottosegretario, in quota FdI: romano, 67 anni, una lunga carriera come dirigente sportivo ma anche una buona esperienza politica. Entrato nel Consiglio comunale di Roma nel 1993 con il Msi, fu rieletto con An nel 1997; mentre dal 2008 al 2013 è deputato con il Pdl e dal 2018 al 2022 senatore prima con la Lega e poi con Fratelli d’Italia, dopo una breve parentesi al gruppo Misto. Al ministero dell’Agricoltura e sovranità alimentare saranno due sottosegretari ad affiancare Francesco Lollobrigida. Si tratta di Patrizio La Pietra, 61 anni, coordinatore di FdI per la provincia di Pistoia dal 2014, deputato nella legislatura 2018-2022, rieletto ma al Senato lo scorso 25 settembre; e Luigi D’Eramo, della Lega, classe 1976, deputato dal 2018 fino alle scorse elezioni politiche. Alle Infrastrutture e mobilità sostenibili Matteo Salvini avrà al suo fianco, come vice, Edoardo Rixi, altro leghista, fortemente voluto dal segretario federale a Porta Pia, e Galeazzo Bignami (FdI). In squadra, come sottosegretario, ci sarà anche Tullio Ferrante (FI), classe 1989, avvocato originario della provincia di Napoli, eletto deputato lo scorso mese di settembre per la sua prima esperienza parlamentare. Al ministero dell’Economia, poi, nessuna sorpresa: in quota Fratelli d’Italia Maurizio Leo è il nuovo vice ministro, che affiancherà Giancarlo Giorgetti assieme ai sottosegretari Lucia Albano (sempre FdI), Federico Freni della Lega, che resta dunque al Mef dopo l’esperienza con il governo Draghi, e Sandra Savino, new entry da Forza Italia. Al ministero delle Imprese e made in Italy, l’ex Mise, un vice ministro, Valentino Valentini (FdI), e due sottosegretari: Fausta Bergamotto (FdI) e il leghista Massimo Bitonci.

Il resto della squadra è composto da Edmondo Cirielli (FdI) vice ministro, Giorgio Silli (Noi moderati) e Maria Tripodi (FI) sottosegretari alla Farnesina; Emanuele Prisco (FdI), Wanda Ferro (FdI) e Nicola Molteni (Lega) al Viminale; Francesco Paolo Sisto (FI) vice ministro, Andrea Delmastro delle Vedove (FdI) e Andrea Ostellari (Lega) alla Giustizia; Isabella Rauti (FdI) e Matteo Perego (FI) alla Difesa; Maria Teresa Bellucci (FdI) vice ministro e Claudio Durigon (Lega) sottosegretario al Lavoro e politiche sociali; Paola Frassinetti (FdI) all’Istruzione e merito; Augusta Montaruli (FdI) a Università e ricerca; Gianmarco Mazzi (FdI), Lucia Borgonzoni (Lega) e Vittorio Sgarbi alla Cultura; Marcello Gemmato (FdI) alla Salute; Giuseppina Castiello (Lega) e Matilde Siracusano (FI) ai rapporti con il Parlamento. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri arrivano, poi, 4 sottosegretari: all’Innovazione Alessio Butti (FdI), all’Attuazione del programma di governo Giovanbattista Fazzolari (FdI), all’Editoria Alberto Barachini (FI) e al Cipe Alessandro Morelli (Lega). Ora la palla passa al Parlamento, dove nei prossimi giorni, al massimo una settimana – suggeriscono i rumors – dovranno essere composte le commissioni di Camera e Senato, con relativi presidenti e uffici di Presidenza. Dopodiché il quadro sarà completo e toccherà ai dossier, soprattutto energia e bollette, prendere la luce dei riflettori.

mattarella

Inflazione, Mattarella: “Difesa dei redditi e risparmio compito primario Repubblica”

Difendere il valore dei redditi e del risparmio. E’ il messaggio lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della 98esima Giornata mondiale del Risparmio organizzata dall’Acri. “Contro la crescita dell’inflazione, dovuta all’impennata del costo dell’energia e degli altri beni di prima necessità, appare più che mai un compito primario al quale la Repubblica è tenuta per Costituzione“, avverte il capo dello Stato. Che ricorda il “clima di incertezza” che caratterizza l’edizione 2022 della Gmr, con le “sfide molto impegnative che si presentano davanti a noi”, prima fra tutte “la condizione di guerra intrapresa dalla Federazione Russa contro l’Ucraina con le sue conseguenze”. Per Mattarella “la pace va pazientemente costruita e garantita ogni giorno in ogni società civile“, rendendo “evidente, in questo senso, il ruolo del risparmio e dei suoi impieghi come motore di stabilità, sviluppo e strumento di coesione sociale”. Il monito tocca anche gli istituti di credito, ma non solo: “Una responsabilità accresciuta deve essere percepita dalle banche e dagli altri operatori finanziari in questa direzione: non si farà mai abbastanza per rafforzare la resilienza di individui e imprese, specie del tessuto medio-piccolo”, sottolinea. Perché “nell’era dell’incertezza la fiducia è merce preziosa, indispensabile per la ripartenza: offrire un clima positivo e una rete di sicurezza è responsabilità che non può essere evasa”.

Così come, scrive ancora il presidente della Repubblica nel suo messaggio, “il coraggio dell’innovazione deve sapersi accompagnare alla grande attenzione alle povertà vecchie e nuove, non ultima la povertà educativa che determina intollerabili esclusioni“. Mentre “l’inclusione, anche quella finanziaria, appare un obiettivo da non trascurare, per accrescere nei risparmiatori la consapevolezza delle opportunità e dei rischi offerti dal mercato, per consentire la crescita del Paese“. Inoltre, “le Fondazioni bancarie sono state un veicolo molto prezioso e la loro funzione è accentuata in questa stagione per attenuare gli impatti sociali negativi, senza che debba venir meno il primario compito delle istituzioni pubbliche in questa direzione“. La situazione economica di famiglie, cittadini e imprese merita, dunque, attenzione particolare da chi ha il compito di gestire non solo il risparmio, ma anche il credito utile allo sviluppo e alla crescita. L’invito di Mattarella serve proprio a non dimenticare le priorità nella difficile condizione in cui versa l’economia globale. Un tema che tocca tutto e riguarda tutti, nessuno escluso.

Con RePowerEu spazio di manovra per Meloni sul Pnrr

Il nuovo governo Meloni non ha intenzione di “riscrivere” o “stravolgere” il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ma è convinto che, di fronte agli scenari mutati dalla guerra, sarà necessario valutare alcuni aggiustamenti per renderlo a prova di futuro. La replica a Palazzo Madama, nel tradizionale momento di chiedere la fiducia al Senato, è l’occasione per la neo premier di chiarire (di nuovo) la sua posizione sul piano nazionale di ripresa e resilienza, che sarà anche il banco di prova delle relazioni dell’esecutivo italiano con Bruxelles. Meloni evita lo strappo con l’Ue, ma si dice pronta a far sentire la voce dell’Italia nelle istituzioni.

Non abbiamo mai detto che il Pnrr andasse stravolto, non abbiamo mai detto che andasse riscritto. Abbiamo detto che vogliamo rivederlo sulla base dell’articolo 21 del Next generation Eu che consente agli Stati di fare degli aggiustamenti se cambiano gli scenari di valutare quegli scenari”, ha chiarito Meloni di fronte ai senatori, chiedendo loro la fiducia al nuovo governo (ottenuta a Palazzo Madama con 115 sì, 79 voti contrari 3 5 astenuti, dopo aver già incassato il via libera della Camera). Il punto, secondo il governo, è che il Pnrr è stato scritto in un tempo “in cui non c’erano la guerra in Ucraina e gli aumenti dei costi delle materie prime e dell’energia”. E dunque oggi per Meloni è “lecito ragionare se le risorse e gli interventi immaginati siano ancora validi in questo tempo mutato”. E il rischio è che “le gare vadano deserte e così le risorse non siano messe a terra”, ha messo in guardia, sottolineando di dover accelerare anche sull’attuazione del piano.

La modifica al Pnrr e la sua attuazione in linea con gli standard di Bruxelles è stata uno dei punti più controversi della campagna elettorale del centrodestra per le elezioni del 25 settembre. E così rischia di mettere alla prova i rapporti del governo di Roma con Bruxelles, anche se molto dipenderà da quanto Meloni rivendicherà la battaglia in sede a Bruxelles. Meloni chiede più spazio di manovra, dal momento che il piano “non è intoccabile“, ma lo spazio di manovra è minimo. Su richiesta dei giornalisti a Bruxelles, l’esecutivo comunitario (pur non volendo commentare direttamente le parole pronunciate da Meloni sulla possibile revisione dei piani), con la voce della portavoce per gli Affari economici, Veerle Nuyts, ha chiarito ieri che “in via prioritaria gli Stati membri devono attuare il piano di recupero e resilienza approvato dal Consiglio, che già comprendono tappe e obiettivi con tempistiche chiare. Modifiche possono essere richieste dai governi “ma solo in casi eccezionali”, dimostrando “di non poter più attuare parti o l’intero piano a causa di circostanze oggettive“, ha precisato la portavoce, mettendo in chiaro che in questo caso sarà necessaria una “valutazione molto attenta” da parte di Bruxelles.

Secondo l’Ue, il margine di modifica non è ampio, ma c’è un altro fronte su cui l’Italia (come gli altri Paesi membri) può lavorare per aggiornare il Pnrr ed è quello dato dalla transizione. Nel quadro del piano ‘REPowerEu’, presentato a maggio per affrancare l’Ue dalla dipendenza energetica dalla Russia, Bruxelles propone di aggiungere un nuovo capitolo ai loro Pnrr dedicato solo a centrare gli obiettivi del Repower, quindi l’indipendenza dai fossili russi al più tardi entro il 2027. La proposta della Commissione è ora al vaglio dei due co-legislatori (Parlamento e Consiglio Ue), con l’idea di trovare un accordo entro la fine dell’anno.

Nei piani dell’Ue, il capitolo aggiuntivo al Pnrr per l’attuazione del REPowerEU avrà un regime di valutazione speciale e l’Esecutivo ha previsto anche una deroga a uno dei principi fondanti del piano stesso, quello del non arrecare danno significativo all’ambiente (Dnsh, acronimo di ‘Do No Significant Harm’) per le misure che “migliorano le infrastrutture energetiche per soddisfare le esigenze immediate di sicurezza dell’approvvigionamento di petrolio e gas naturale”, spiegano fonti dell’Ue. Mettere in pausa il principio significa poter costruire nuove infrastrutture per il passaggio e il trasporto del gas e del petrolio, in alternativa alle vie che collegano l’Europa al fornitore russo. In sostanza, oleodotti e gasdotti che possano sostenere gli Stati membri nella diversificazione dei fornitori di risorse energetiche.

Meloni finora non ha chiarito nello specifico in quali termini vorrebbe apportare modifiche all’attuale piano, ma in Aula al Senato ha sottolineato che dal Pnrr può esserci una “piccola grande occasione che riguarda il Mezzogiorno d’Italia, dove tutto manca fuorché vento, mare e sole per produrre rinnovabili”. E l’idea è quella di fare “del Sud Italia l’hub di approvvigionamento energetico del Sud Europa”, sfruttando le risorse del Pnrr. E’ verosimile che l’attuazione del Pnrr sarà centrale nella prima visita in veste di premier che farà Meloni a Bruxelles nei prossimi giorni. Un incontro che, secondo varie fonti, potrebbe tenersi già nelle prossime settimane.

Energia, fondazione Guido Carli lancia Manifesto per superare crisi

Un Manifesto con idee e proposte per supportare il nuovo governo nella sfida del nostro tempo: superare la crisi energetica senza rinunciare a portare avanti con determinazione la transizione ecologica, cruciale per lo sviluppo del Paese e la tutela dell’equilibrio ambientale. Il documento sarà il punto di approdo della Convention inaugurale della Fondazione Guido Carli, “Energie coraggiose. Forze che fanno muovere il mondo”, in programma a Roma, a Villa Blanc, il 2 dicembre. Al centro il tema delle energie, intese nel loro duplice significato di beni economici primari e motori di un’innovazione giusta e inclusiva.

“Negli ultimi due anni segnati dalla pandemia e dalla ripartenza – spiega Romana Liuzzo, Presidente della Fondazione Guido Carli – avevo individuato come parole chiave Ri-Nascita e Mondo Nuovo. Nel 2023 saranno fondamentali le Energie Coraggiose. Per spiegarle, prendo a prestito dal vocabolario greco la parola ‘meraki’. Significa ‘fare qualcosa con tutto te stesso, con passione, creatività e amore’. I cittadini e le imprese hanno superato così la tragedia del Covid, permettendo all’Italia di crescere a livelli record nel 2021. Fondamentale è stata la solidarietà europea. Una solidarietà che non può e non deve mancare oggi: davanti al buio della guerra e ai costi sociali ed economici della crisi energetica, chiusure ed egoismi vanno abbandonati. Ci si salva e si innova solo insieme, raccogliendo tutte le forze ‘generative’. A questo servirà il nostro Manifesto”.

La Convention – aperta dalla Presidente Liuzzo, cui seguirà un saluto istituzionale – vedrà la partecipazione di esponenti di primissimo piano del mondo delle istituzioni, delle imprese e della cultura. Moderata dalla giornalista e conduttrice televisiva Veronica Gentili, si articolerà in tre momenti.

Il primo, dedicato a “Crisi e innovazione”, avrà come protagonista Claudio Descalzi, amministratore delegato Eni, intervistato dalla direttrice del Tg1, Monica Maggioni.

Il secondo, “Editoria in movimento”, prevede un faccia a faccia tra Urbano Cairo, Presidente Cairo Communication e Rcs, e Gentili.

Il terzo, “Energie pro-positive: tra etica e sviluppo”, vedrà la moderatrice guidare un dibattito con Domitilla Benigni, Ceo & Coo Elettronica, lo psichiatra Paolo Crepet, Sergio Dompè, presidente Dompè Farmaceutici SpA, Luigi Ferraris, amministratore delegato Ferrovie dello Stato, Stefano Sala, amministratore delegato Publitalia ’80 e Giovanni Malagò, presidente Coni.

L’evento si svolgerà in presenza, nel rispetto delle norme anti-Covid e sarà trasmesso anche in diretta streaming su ansa.it, corriere.it, tgcom24.it e sulla pagina Facebook della Fondazione Guido Carli.

Torino Wireless diventa Piemonte Innova: al servizio di imprese e Pa per la transizione

Accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni nella gestione dell’impatto economico e sociale delle grandi transizioni (digitale, ambientale ed energetica) che caratterizzeranno i prossimi anni a partire da tre grandi temi: Sostenibilità, Intelligenza Artificiale e Cybersecurity. Il riconoscimento nazionale e non solo più regionale della Fondazione, inoltre, offre ulteriori opportunità di miglioramento competitivo. Sono gli obiettivi di Piemonte Innova, brand rinnovato di Torino Wireless, che dalla fondazione mette a fattor comune in ambito digitale soggetti pubblici, enti di ricerca e imprese. Uno staff di 35 persone impegnate su oltre 40 progetti di cui 8 europei, un cluster nazionale, un polo regionale e un ecosistema dedicato all’innovazione. Piemonte Innova mette a disposizione competenze nella gestione dei bandi sui temi dell’innovazione europei e italiani, sostiene e affianca Pmi e piccoli comuni nella transizione digitale, risponde alle richieste di partecipazione ai progetti promossi dagli enti territoriali, individuando fabbisogni e collaborazioni per progetti di ricerca collaborativa pubblico-privata. A queste funzioni storiche dei 20 anni di Torino Wireless, Fondazione Piemonte Innova aggiunge, grazie all’ingresso dei nuovi soci e al rinnovato patto tra i fondatori, nuove competenze e il mandato di agire, in collaborazione con gli altri Stakeholder, come soggetto facilitatore dei processi di innovazione e di sviluppo della digitalizzazione dei cosiddetti soggetti digitalmente fragili: piccoli comuni e micro e piccole imprese dei settori meno tecnologici.

Piemonte Innova mantiene la gestione del Polo di Innovazione ICT, una rete che traina dal 2009 l’innovazione del Piemonte attraverso eventi di networking, supporto a bandi regionali e nazionali, finanziamenti europei. Il polo è strutturato su cinque filiere che interpretano le sfide del futuro: Blockchain, Digital4Social, Green&Circular, Intelligenza Artificiale e Smart Mobility. Ne fanno parte quasi 300 aderenti tra cui 252 Imprese, 17 università e organismi di ricerca e 21 enti e associazioni in qualità di partner o end user. In questi 15 anni il Polo ICT ha portato a finanziamento 316 progetti di ricerca, per un investimento sul territorio pari a 150 milioni di euro.

Ha una dimensione nazionale sin dalla sua fondazione, un’altra eccellenza che Piemonte Innova eredita nella gestione: il Cluster SmartCommunitiesTech, la rete nazionale che dal 2012 promuove progetti di innovazione e soluzioni tecnologiche applicative per la gestione di aree urbane e metropolitane. Tredici soci territoriali, 119 organizzazioni aderenti e 46 città, animano questa comunità che integra e sviluppa competenze, fabbisogni e interessi per lo sviluppo tecnologico e sociale delle città.

Piemonte Innova è, inoltre, uno dei partner dell’Ecosistema Nodes (Nord Ovest Digitale e Sostenibile) finanziato a giugno 2022 dal ministero dell’Università e della Ricerca su una proposta presentata dal Politecnico e dall’Università di Torino insieme a una rete di 24 partner pubblici e privati. È uno degli 11 Ecosistemi dell’Innovazione che il ministero ha individuato al fine di supportare la crescita sostenibile e inclusiva dei territori di riferimento in quella che viene identificata come la doppia transizione (digitale ed ecologica), che tramite il Pnrr porterà 110 milioni di euro tra Piemonte, Valle d’Aosta e le province più occidentali della Lombardia, Como, Varese e Pavia. Nodes punta a creare in tre anni, filiere di ricerca e industriali in sette settori legati alle vocazioni del territorio. Delle risorse già individuate 54 milioni di euro saranno impiegati in ‘bandi a cascata’ per accrescere le competenze, valorizzare la ricerca e trasferimento tecnologico.

La capacità di attrarre investimenti, imprese e idee è diventata nevralgica per rendere più competitivi i territori che si contendono i circa 300 miliardi disponibili per l’Italia tra Programmazione europea 2021-2027 e PNRR. L’innovazione digitale è il processo abilitante grazie a cui queste risorse si trasformeranno in un beneficio concreto per cittadini e imprese, generando sviluppo e competenze diffuse”, spiega Massimiliano Cipolletta, presidente di Piemonte Innova. “Noi siamo al servizio di queste strategie, pienamente supportati dai nostri fondatori pubblici che hanno voluto sancire questo rinnovamento con un nuovo accordo di programma: Regione Piemonte, Città Metropolitana e Comune di Torino, Politecnico e Università di Torino, Camera di commercio di Torino.  A loro si affiancano i nostri fondatori privati: Fondazione Links e Unione Industriali di Torino con cui abbiamo rinnovato accordi di collaborazione mirati e a cui si sono aggiunti nel 2022 tre nuovi enti che hanno aderito e con cui sono già partite collaborazioni strategiche: Camera di commercio di Cuneo, CSI Piemonte e Unioncamere Piemonte”.

Siamo di fronte a un nuovo paradigma che ha imposto un cambiamento di dimensione e funzioni che ci ha convinto anche a cambiare nome assumendo una dimensione più ampia. Piemonte Innova però mantiene inalterata la sua natura di partenariato pubblico-privato. Vent’anni di storia certificano una competenza radicata che poggia su una conoscenza reale di oltre 3.000 imprese, di cui almeno due al giorno, per un totale di circa 400 all’anno, si rivolgono a noi e utilizzano almeno una delle nostre funzioni”, conclude Laura Morgagni, direttore di Piemonte Innova.

Bozza vertice Ue: Corridoio dinamico gas e acquisti congiunti

Esplorare un corridoio di prezzo dinamico temporaneo per il gas naturale e sviluppare un nuovo benchmark che rifletta più accuratamente le condizioni del mercato del gas in Europa. Poi ancora, fare acquisti congiunti di gas e negoziare con i partner affidabili dell’Ue forniture a prezzi vantaggiosi per entrambi. E’ quanto proporranno i capi di stato e governo dell’Ue riuniti a Bruxelles giovedì e venerdì (20-21 ottobre), secondo l’ultima bozza di conclusioni del vertice Ue (datata 16 ottobre) di cui GEA ha preso visione.

Il documento è solo una bozza, sarà discussa tra gli ambasciatori dei 27 nel comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue e subirà verosimilmente delle modifiche da qui alla riunione di giovedì dei leader dell’Ue, ma è indicativo di quali saranno i temi al centro della riunione. Per accelerare la risposta dell’Ue contro il caro bollette, il Consiglio europeo propone una serie di misure, tra cui acquistare congiuntamente il gas” e “accelerare i negoziati con partner affidabili per cercare partenariati reciprocamente vantaggiosi”; sviluppare un nuovo parametro di riferimento per il gas naturale liquefatto “che rifletta più accuratamente le condizioni del mercato del gas”, quindi alternativo al mercato olandese Ttf di Amsterdam; “esplorare un corridoio di prezzo dinamico temporaneo per il gas naturale per limitare i prezzi fino all’introduzione del parametro di riferimento”.

Si apre anche all’idea di “esplorare un quadro temporaneo dell’UE per limitare il prezzo del gas nella produzione di elettricità”, ovvero pensare di estendere il modello di price-cap iberico (introdotto da Spagna e Portogallo) a tutta l’Ue (diversi Stati membri, come l’Italia, sono contrari a questa misura perché andrebbe finanziata con risorse nazionali). Nella bozza si legge ancora che l’Ue dovrebbe “aumentare gli investimenti in infrastrutture energetiche pronte per il futuro, comprese le interconnessioni” e “accelerare i lavori sulla riforma strutturale del mercato dell’energia elettrica”, una proposta che la Commissione europea dovrebbe avanzare nel primo trimestre del 2023.

Sulla questione energetica la bozza apre quindi a diverse opzioni, ma lo fa perché i governi sono nei fatti in attesa della presentazione da parte della Commissione europea della nuova proposta legislativa contro il caro energia, che avverrà dopo l’adozione del collegio riunito a Strasburgo. La proposta dell’esecutivo, secondo le indiscrezioni, dovrebbe prevedere un limite di prezzo dinamico e temporaneo a tutte le transazioni nel Dutch Title Transfer Facility (Ttf), il mercato olandese di riferimento per gli scambi del gas in Europa; una misura temporanea fino all’introduzione di un nuovo parametro di riferimento per il gas naturale liquefatto (GNL) da rendere operativo entro la fine del 2022 e acquisti congiunti di gas obbligatori per il riempimento di almeno il 15% delle riserve europee. Per ora Bruxelles sembra invece escludere l’idea di estendere il ‘cap’ iberico applicato in Spagna e Portogallo anche al resto dell’Ue.

I leader dovrebbero fissare tra le priorità quella di proteggere famiglie e imprese dai rincari energetici. E farlo “coordinando strettamente le nostre risposte politiche” ma anche rimanendo pronti “a sviluppare soluzioni comuni a livello europeo”. La bozza di conclusioni del Vertice Ue del 20-21 ottobre sembra aprire all’idea di sviluppare soluzioni economiche comuni di fronte alle sfide energetiche che la guerra di Russia in Ucraina ha portato con sé. Il passaggio citato è parte del quarto paragrafo sulle ‘Questioni economiche’, in cui si legge che di fronte alla crisi la priorità immediata dell’Ue deve essere quella di proteggere famiglie e imprese, “in particolare i soggetti più vulnerabili delle nostre società, preservando la competitività globale dell’Unione e mantenendo condizioni di parità e integrità” del mercato unico. Il Consiglio europeo si impegna dunque “a coordinare strettamente le risposte politiche, rimanendo al contempo pronto a sviluppare soluzioni comuni a livello europeo”.

Una questione aperta ormai due settimane fa da una proposta dei commissari per l’Economia, Paolo Gentiloni, e per il mercato interno, Thierry Breton, di introdurre uno strumento simile a Sure (varato durante il Covid-19 per il sostegno temporaneo contro la perdita di posti di lavoro e rischi di disoccupazione) contro il caro bolletta. Nella sostanza, hanno evocato la necessità di emettere nuovo debito comune (come è stato fatto per il Next Generation Eu) per finanziare la risposta alla crisi dei prezzi dell’energia attraverso nuovi prestiti ai governi, dopo il varo da parte della Germania dello scudo da 200 miliardi di euro per famiglie e aziende. Una questione aperta ma al momento divisiva, su cui, stando alla bozza di conclusioni, i leader si confronteranno.

Cese-Cnel: “Sulla questione energia misure ancora insufficienti dalla Ue”

Il tema energia è centrale, ad ogni latitudine e in ogni settore. Non solo per i passi in avanti che le istituzioni comunitarie potrebbero compiere, perché in un quadro come quello attuale vanno valutati anche (soprattutto) gli errori o, peggio ancora, il rischio di una pericolosa stasi. A lanciare l’allarme sono i protagonisti della Conferenza congiunta Cese-Cnel su ‘Geopolitica delle strategie energetiche nella regione euromediterranea’, che si è svolta il 17 ottobre, a Roma: “Nel 2023 c’è il rischio concreto di una pesante recessione come emerge dai primi segnali sull’inflazione altissima registrati nell’area euro“, è l’avviso. “Per uscire dalla crisi energetica serve un’azione congiunta Ue-Stati membri con un Piano simile al Next Generation adottato per contrastare la crisi dovuta all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia – fanno sapere i relatori –. Nessun Paese può agire in proprio mettendo in campo iniziative singole per il contrasto al caro energia e all’aumento delle materie prime. La guerra in Ucraina e la crisi del gas hanno posto in evidenza il tema della ricerca dell’autonomia energetica anche nell’area euromediterranea. Tra i Paesi europei e quelli africani della sponda mediterranea è necessario un reale partenariato improntato a criteri condivisi di sviluppo e sostenibilità. E il metodo è quello del dialogo sociale al fine di instaurare una politica comune per la lotta ai cambiamenti climatici, per la garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti in armonia con gli obiettivi legati alla sostenibilità e per un benessere veramente comune”.

Le misure finora ipotizzate come la possibilità di utilizzare le risorse residue dei Fondi UE 2014-2020 non impegnate o la tassazione degli extraprofitti non sono sufficienti a fronteggiare la crisi energetica. L’Europa, dove i vertici politici formali e informali si susseguono senza esito, deve fare di più, deve decidere su una risposta unitaria e solidale di fronte alla crisi energetica, che appare peggiore della crisi pandemica”, ha detto il presidente Cnel, Tiziano Treu. “La guerra in Ucraina ha posto l’energia al centro delle relazioni euromediterranee. Dobbiamo intensificare la nostra cooperazione in tutta la regione e garantire una transizione di successo verso un sistema energetico sostenibile in grado di migliorare la sicurezza energetica e la nostra autonomia. Tali riforme possono essere realizzate solo con il pieno coinvolgimento della società civile organizzata. In questo settore, serve maggiore solidarietà all’interno dell’Ue e nei rapporti con i Paesi terzi”, ha dichiarato la presidente del Cese, Christa Schweng.

Molti settori economici sono in ginocchio e centinaia di imprese rischiano la chiusura con conseguente aumento della disoccupazione. Migliaia di famiglie sono in difficoltà. Come avvenuto durante la pandemia serve urgentemente un piano emergenziale e soprattutto un’Europa unita e solidale capace di impegnare il proprio bilancio per sostenere tutti i Paesi membri. E’ questo l’unico modo che consentirà di proseguire il percorso di sviluppo delle fonti rinnovabili per realizzare una autonomia energetica europea – ha il Consigliere Gian Paolo Gualaccini, Coordinatore della Commissione Cnel per le Politiche Europee e la Cooperazione internazionale -. Bisogna fissare un tetto al prezzo del gas, come sostenuto dai 15 Paesi membri dell’Ue, disaccoppiando il prezzo da quello dell’elettricità, sui mercati all’ingrosso e al dettaglio, e introdurre una reale borsa europea del gas sganciata dalle tendenze speculative di quella di Amsterdam”.

Per Grammenos Mastrojeni, vicesegretario generale Unione per il Mediterraneo responsabile per l’energia e il clima: “Nessuno dei Paesi della regione euromediterranea, neanche i più ricchi, ha risorse sufficienti per affrontare da solo una crisi di tale ritmo e ampiezza. Ma insieme bisogna farlo. Se lo capiamo, oltre ad affrontare efficacemente il cambiamento climatico, costruiremo quell’economia condivisa e più equa che potrà finalmente raggiungere anche una pace stabile in tutti gli angoli della nostra regione”.

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Consorzio Compostatori: “Caro energia ci stressa, ma non pesiamo su Comuni”

Non solo compost. Energie rinnovabili, biometano sostenibile, captazione di anidride carbonica. “Da recuperatori di materia siamo diventati degni rappresentanti dell’economia verde e circolare“, spiega a GEA Lella Miccolis, da luglio prima donna alla guida del Consorzio Italiano Compostatori.

Ridurre, riutilizzare, riciclare, recuperare. Le 4 R della circolarità vestono alla perfezione la filosofia del Cic, che guarda ben oltre i confini nazionali: “Con i cambiamenti climatici e la desertificazione spinta sarebbe davvero un peccato se da ogni rifiuto organico non si producesse compost“, afferma.

Il caro energia piega anche il comparto: “Siamo molto energivori perché le autorizzazioni ci costringono ad avere elevatissimi standard di processo e non dobbiamo impattare. Questi aumenti stanno stressando le nostre performance economico-finanziarie ma non possiamo tradurli in aumenti di tariffe, perché anche i Comuni sono già vessati, non li stiamo appesantendo, stiamo subendo in silenzio“, afferma.

Il settore è cambiato moltissimo negli ultimi 30 anni. Come si è evoluto?
Quando abbiamo iniziato, i primi operatori che hanno trattato il rifiuto organico trattavano la frazione organica stabilizzata dai rifiuti indifferenziati, producendo un compost grigio. La normativa non l’ha più consentito, perché si erano avviate le raccolte differenziate. Il compost che si produce oggi è derivato dalla raccolta differenziata dei rifiuti a monte, ma in questi anni sono stati trattati tantissimi rifiuti organici, ma anche i fanghi agroalimentari e civili, così come gli scarti della manutenzione del verde e quelli dalle aziende di trasformazione dei beni agricoli primari. Non demonizziamo nessuna delle materie matrici del compost. Con la digestione anaerobica, si è prodotta inoltre energia pulita, poi il biogas, che può subire un ulteriore processo ed essere trasformato in biometano sostenibile, al momento un valido combustibile alternativo ai fossili. Abbiamo saputo valorizzare il compost anche economicamente, perché è cominciato a diventare materia prima di formulazione di fertilizzanti e per poterlo impiegare in altri settori è stato confezionato e pellettizzato. Quando il settore si è avviato, gli impianti erano molto semplificati, ora c’è tutto un discorso di sostenibilità, perché l’efficienza di un impianto passa dalla sua capacità di essere sostenibile. A un certo punto siamo diventati delle bioraffinerie, ricicliamo e rigeneriamo.

Qual è il ruolo del compost in agricoltura, in un momento in cui c’è emergenza fertilizzanti?
La carenza di fertilizzanti e il caro prezzi sono dovuti principalmente alla guerra. Ma questo trend è iniziato prima ed è legato alla congiuntura internazionale della pandemia da Covid-19. Il compost ha un ruolo importante per il suo valore agronomico che è indubbio, ma anche per il suo valore ambientale, non dimentichiamo l’effetto carbon sink (la captazione dell’anidride carbonica dal suolo, ndr). Viene prodotto tutti i giorni dell’anno e ha prezzi contenuti. I fetilizzanti minerali nutrono le piante ma non il suolo.

Il compost può essere una soluzione per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti organici nelle città in modo ecologico?
Sì, assolutamente. Ha un valore ecologico di per sé, consente un riciclo, e ha anche per il diver di fertilità naturale insito.

A che punto sono i comuni con la differenziata dell’organico?
Si è un po’ fermata. Dal primo gennaio 2022 è obbligatoria la differenziata dei rifiuti organici, ma non abbiamo assistito a un incremento della quantità, non è stato compreso l’obbligo e anche in quei comuni che erano lontani dagli obiettivi questo atteso incremento non c’è stato. Alcune città capoluogo soprattutto hanno ancora grandi difficoltà. Quello che serve è uniformare le prassi adottate , redigendo un vademecum di come si imposta un sistema di raccolta, una campagna di informazione per l’effettivo riciclo dei rifiuti. Non basta separare a monte, ma se la differenziata non viene fatta bene, gli impianti si ritrovano rifiuti non compostabili, scarti da smaltire, il problema si sposta dal Comune all’impianto. Un accorgimento è l’utilizzo dei sacchetti biodegradabili certificati, sperando che i comuni tornino a distribuirli ai cittadini.

Cosa suggerite al nuovo governo?
Presenteremo le nostre linee programmatiche ad Ecomondo, ma posso anticiparvi che la Cic promuove la centralità industriale del ciclo del carbonio, il recupero di materia da ogni rifiuto compostabile, avalla la produzione di biometano ma dà la priorità al compost. Diciamo insomma di no ai digestori senza la fase di compostaggio perché il digestato è un prodotto intermedio, non dobbiamo dimenticarci che il recupero di materia viene prima del recupero di energia.